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La lirica greca<br />
I d<strong>it</strong>irambi<br />
Coro d<strong>it</strong>irambico che si svolge<br />
intorno a un sottile palo di legno<br />
con tre gambe, che è per<br />
metà coperto d'edera. Cratere a<br />
campana attico, a figure rosse,<br />
del P<strong>it</strong>tore di Cleofonte. Circa<br />
425 a.C. Copenhagen, Gliptoteca<br />
Ny Carlsberg.<br />
Per le composizioni tramandateci come d<strong>it</strong>irambi è problematica l’appartenenza a tale genere<br />
corale, in quanto in esse manca ogni riferimento dionisiaco. D’altronde il d<strong>it</strong>irambo, da<br />
canto corale in onore di Dioniso (soprattutto nella festa ateniese delle Grandi Dionisie, dove<br />
si svolgeva un importante agone d<strong>it</strong>irambico) divenne presto compatibile con altre divin<strong>it</strong>à<br />
(Apollo, Atena) fino a «laicizzarsi» e a rappresentare in generale il «canto corale della<br />
c<strong>it</strong>tà» (Cingano). Genere narrativo per eccellenza verrà defin<strong>it</strong>o il d<strong>it</strong>irambo da Platone<br />
(Rep. III, 394c). Nel D<strong>it</strong>irambo XVII (Teseo o I giovani) Teseo e Minosse sono sulla nave<br />
che trasporta a Creta i sette giovani e le sette fanciulle da dare in pasto all’orrendo Minotauro.<br />
Una libertà che Minosse si prende con una delle fanciulle innesca la contesa con Teseo:<br />
i due si sfidano ad esibire le rispettive patern<strong>it</strong>à divine. Su richiesta di Minosse Zeus fa<br />
balenare per il figlio la folgore nel cielo sereno, mentre Teseo recupera l’anello gettato in<br />
mare dall’avversario dopo una lunga immersione negli abissi marini, dimostrando così la<br />
protezione del padre Posìdone. Il riferimento finale al coro dei Cei chiarisce la cornice cultuale,<br />
rappresentata dalle feste apollinee di Delo, luogo dove il m<strong>it</strong>o voleva che Teseo<br />
avesse sostato dopo avere salvato i giovinetti e ucciso il Minotauro. A ricordo dell’impresa<br />
avvenivano, durante le Delie, esecuzioni corali e danze di fanciulli in onore di Apollo.<br />
Il senso del pathos caratterizza anche i d<strong>it</strong>irambi, in particolare il D<strong>it</strong>irambo XVIII (Teseo). Si<br />
tratta di un dialogo nel quale il re ateniese Egeo informa i sudd<strong>it</strong>i, convocati dall’araldo, di un<br />
evento miracoloso: un giovane sconosciuto – che poi si rivelerà essere Teseo – avanza verso<br />
Atene compiendo prodigi di valore. Al coro che incalza con domande il re introduce ex<br />
abrupto la descrizione del giovane, di cui esalta la bellezza, il valore, il fulgore delle armi:<br />
trad. di F.M. Pontani D’intorno agli omeri lucenti cinge una spada che d’avorio ha l’elsa … sul petto lo<br />
scarlatto della tunica, il crespo d’un mantello tessalico … Un ragazzo in pubertà,<br />
ma teso a marziali trastulli, al bronzeo cozzo delle battaglie: e punta verso la ridente<br />
Atene.<br />
La poesia di Bacchilide<br />
La scena si chiude all’improvviso prima dell’entrata di Teseo, quando ancora il re ignora che<br />
si tratta di suo figlio. Il contesto cultuale della performance d<strong>it</strong>irambica parrebbe essere – data<br />
la central<strong>it</strong>à di Teseo, l’eroe attico per eccellenza – quello delle feste Targalie o Tesee.<br />
A un’equanime considerazione dell’arte di Bacchilide ha nociuto il continuo, ossessivo<br />
paragone con Pindaro, dalla cui tensione concettuale e audacia espressiva egli è ben lontano.<br />
Di differente tenore e attestante una diversa autostima è anche il «sigillo» (sphraghìs)<br />
dei due: mentre Pindaro si paragona all’aquila, Bacchilide si considera più modestamente<br />
«l’usignolo di Ceo dalla voce di miele». A dispetto della stroncatura dell’autore Del Sublime<br />
(33, 5), che anteponeva senza incertezze Pindaro a Bacchilide, il poeta di Ceo si rivela artista<br />
colto e raffinato, capace di slanci lirici. Diversamente da Pindaro, Bacchilide affida la<br />
sua arte alla seduzione di un racconto lineare, piano, che non richiede strumenti di orientamento.<br />
Nella capac<strong>it</strong>à di narrare sta il suo talento peculiare: un narrare disteso e fluente,<br />
ben diverso da quello desultorio, tutto baleni e scorci potenti di Pindaro.<br />
La lirica d’età ellenistica<br />
L’elegia nel IV e III secolo a.C.<br />
Nel corso del V secolo quasi cessa la produzione elegiaca, in concom<strong>it</strong>anza con la fior<strong>it</strong>ura<br />
della poesia drammatica. Solo alla fine del secolo segna una ripresa del genere Antimaco<br />
di Colofone, autore di una Lide, dal nome della donna amata prematuramente scomparsa.<br />
Dai pochi frammenti rimasti non è dato capire se si tratti di un poemetto in distici o di una<br />
raccolta sul tipo della Nannò di Mimnermo. Il carattere innovativo dell’opera risiede nel fatto<br />
che essa anticipa l’elegia ellenistica, di contenuto amoroso ed erud<strong>it</strong>o, il procedimento<br />
eziologico, lo stile ricercato e barocco (tumidus lo definirà Catullo nel carme 95).<br />
Non dissimili dalla Lide dovevano essere i libri di elegie di Fileta di Cos e di Ermesianatte di<br />
Colofone, vissuti a cavallo tra IV e il III secolo.