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VERSO IL SECONDO PIANO STRATEGICO - Urbact

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Come è stato ben messo in luce negli studi di Martinotti 5 , la base sociale della città contemporanea ha subito<br />

importanti trasformazioni. In primo luogo, i centri urbani maggiori hanno perso e continuano a perdere residenti<br />

a favore di aree sempre più decentrate. Si tratta di un fenomeno che interessa ormai da tempo anche Firenze<br />

e che si sta estendendo anche ai comuni di prima cintura. Le cause di questo fenomeno sono molteplici, ma due<br />

aspetti in particolare sono rilevanti: l’accresciuta attrattività delle aree periurbane grazie alla maggiore diffusione<br />

territoriale di molti servizi e al decentramento di buona parte delle attività manifatturiere; l’emergere di diseconomie<br />

crescenti della vita urbana, tra cui si possono citare i maggiori costi dell’abitare e la complessità della<br />

qualità ambientale.<br />

Il risultato più evidente dello “spopolamento” urbano è il forte indebolimento della funzione residenziale, spiazzata<br />

da funzioni più redditizie (uffici, alberghi, affitti per residenze temporanee), ma anche il ricambio fortemente<br />

selettivo della popolazione urbana: abbandonano i centri, infatti, soprattutto le classi medie, le famiglie di<br />

nuova costituzione e quelle con figli piccoli, mentre arrivano in città flussi fortemente polarizzati di lavoratori terziari,<br />

da un lato i livelli direzionali, gli imprenditori, i liberi professionisti, dall’altro la manodopera non specializzata<br />

del terziario banale.<br />

Infine, importanti cambiamenti hanno interessato anche i flussi giornalieri di popolazione che gravitano sui centri<br />

urbani. Alla mobilità tradizionale, costituita da spostamenti centripeti in entrata e centrifughi in uscita, contenuti<br />

in fasce orarie ben delimitate, tipici del pendolarismo industriale, si sono affiancati sempre più movimenti<br />

erratici tra i vari nodi della rete urbana, mentre le gravitazioni aventi come destinazione il centro si sono diffuse<br />

lungo tutto l’arco della giornata.<br />

In sintesi, mentre gli abitanti permanenti della città sono diminuiti e hanno subito una forte selezione, quelli<br />

mobili sono aumentati e fanno un uso sempre più intenso della città, chiedendo nuovi servizi o utilizzando fortemente<br />

quelli presenti, ma partecipando in misura molto ridotta al loro finanziamento, che resta quasi esclusivamente<br />

a carico dei residenti, con costi pro capite sempre più elevati.<br />

I residenti<br />

Secondo molti studi di sociologia urbana, i tratti principali dei residenti della città contemporanea possono essere<br />

brevemente sintetizzati come di seguito: nelle aree centrali prevalgono le persone anziane, affiancate da un<br />

numero crescente di classi medio-alte; mentre la popolazione più giovane e le nuove famiglie si concentrano<br />

prevalentemente nelle fasce metropolitane, dove i costi dell’abitare sono relativamente più bassi; infine gli immigrati<br />

non mostrano ancora un chiaro pattern localizzativo, dirigendosi in parte verso porzioni del centro (magari<br />

verso le tipologie di alloggio più disagiate) e in parte verso aree della periferia metropolitana. Si tratta di un<br />

quadro che non risulta molto distante dalle caratteristiche dell’area metropolitana fiorentina.<br />

Firenze ha raggiunto il massimo di popolazione nel 1975, con un totale di 462.000 abitanti, che sono da allora<br />

costantemente diminuiti fino agli attuali 366.000. La città ha sperimentato, come molte altre città italiane, una<br />

prima fase di forte popolamento (sostanzialmente dal dopoguerra al 1975) e una seconda fase di continuo spopolamento.<br />

Dato, però, il peculiare modello di industrializzazione della Toscana, basato sulle aree distrettuali e il<br />

policentrismo (la “campagna urbanizzata” di Becattini) sia la fase di crescita accentrata che quella di declino<br />

demografico sono avvenute in maniera meno accentuata e più diffusa sul territorio.<br />

Nella fase di massima espansione demografica del capoluogo, infatti, sono cresciuti molto anche i comuni della<br />

cintura, in un primo tempo quelli sul versante occidentale (Scandicci, Sesto Fiorentino, Campi Bisenzio, Signa e<br />

Lastra a Signa) e in un secondo tempo quelli sul versante orientale (Bagno a Ripoli, Impruneta, Fiesole) e quelli di<br />

seconda cintura (Calenzano e Pontassieve). Nella fase di declino, iniziata a partire dagli anni ’80, la perdita di<br />

popolazione del capoluogo è stata compensata dalla fase ancora espansiva dei comuni di prima e seconda cintura,<br />

fino a che, a partire dagli anni ’90 anche i comuni di prima cintura hanno cominciato a perdere popolazione,<br />

con poche eccezioni (Campi Bisenzio, Signa e Sesto Fiorentino, seppur in misura molto ridotta, oltre ai comuni<br />

di seconda cintura Calenzano e Lastra a Signa) (tab.1.6).<br />

4 Con il termine terziario banale, definito così in contrapposizione<br />

al terziario avanzato, si indicano tutte quelle attività di servizio<br />

che non richiedono alta specializzazione, né alti investimenti in<br />

formazione e innovazione. Un esempio tipico di attività di terziario<br />

banale è rappresentato dal commercio tradizionale al detta-<br />

glio, mentre un esempio di terziario avanzato può essere costituito<br />

da un servizio di assistenza informatica per le imprese.<br />

5 Martinotti G., Metropoli: la nuova morfologia sociale della città,<br />

Il Mulino, 1993<br />

<strong>VERSO</strong> <strong>IL</strong> <strong>SECONDO</strong> <strong>PIANO</strong> <strong>STRATEGICO</strong> L’AREA URBANA FIORENTINA: DALLA CITTÀ MONOCENTRICA ALLA CITTÀ POLICENTRICA 23

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