Don Ennio Innocenti - Sindacato Libero Scrittori Italiani
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LA CROCE E LA SPADA 115<br />
E lo fu perché Roma era la capitale dell’Impero e là dunque doveva<br />
essere predicato l’Evangelo e organizzate stabilmente le strutture<br />
atte a svolgere l’azione missionaria in tutta l’Ecumene; lo fu perché<br />
Romani, e Romani di primo livello, convertitisi generosamente alla<br />
Buona Novella, contribuirono al suo sviluppo, al suo ordinamento,<br />
alla sua primigenia cultura - non soltanto di amministrazione e di<br />
governo -, alla sua diffusione; lo fu perché Roma possedeva in sé l’universalismo<br />
(cattolicismo) che il popolo ebraico aveva sistematicamente<br />
e gelosamente negato; lo fu perché Roma possedeva lo spirito<br />
della retta integrazione dei popoli, cioè entro il quadro della res<br />
publica fondata sul bene comune e regolata da leggi naturali e razionali;<br />
lo fu perché Roma aveva elaborato gli strumenti culturali e<br />
intellettuali per fare fiorire la religiosità, la spiritualità, la teologia<br />
cristiana e per diffonderla su tutto l’orbe conosciuto con il prestigio<br />
della sua civilitas.<br />
In questa prodigiosa realtà, della quale s’impadronì la Chiesa<br />
di Gesù, don <strong>Innocenti</strong> scorge pure un disegno provvidenziale, quella<br />
pienezza dei tempi nella quale era stabilita l’Incarnazione del<br />
Salvator mundi. È quanto icasticamente esposto già nel 1975, come<br />
conseguenza dapprima induttiva della “fede romana” vissuta da don<br />
<strong>Innocenti</strong>: “per adempiere sul serio al suo compito Pietro aveva bisogno<br />
di strumenti e di aiuti adeguati, atti a facilitare le comunicazioni,<br />
a collegare prudentemente le Chiese sparse dappertutto, a permettergli<br />
d’intervenire prontamente, misuratamente ed efficacemente<br />
dovunque ci fosse bisogno di lui, ossia della grazia a lui solo confidata.<br />
Egli ebbe buone ragioni per ritenere che i cristiani di Roma avrebbero<br />
potuto offrire un prezioso e stabile contributo al suo servizio<br />
pastorale; perciò venne a Roma. Da Roma, infatti, riuscì a compiere il<br />
proprio dovere. Gli strumenti del governo ecclesiale, dunque, si<br />
approntarono qui e vi rimasero; diventarono, infatti, strutture; il<br />
Capo di quella Chiesa particolare che era in Roma fu così - subito<br />
dopo Pietro - non solo l’erede morale e spirituale di Pietro, ma anche<br />
l’erede naturale degli strumenti che avevano già servito la missione<br />
universale di Pietro” 17.<br />
Ecco chiarito, quindi, con questa lunga citazione di significato<br />
programmatico il principio e il metodo di lavoro di don <strong>Innocenti</strong>:<br />
17 Cfr. Romanità della Chiesa, cit.