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La risposta potrebbe influenzare i limiti della conoscenza - Kataweb

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oltre i<br />

LIMITI<br />

chi siamo<br />

maginiamo di essere un turista squattrinato<br />

che sta pianificando un viaggio attraverso<br />

un certo numero di città in Europa, e<br />

che cerca un percorso che gli faccia attraversare<br />

ogni città minimizzando la distanza<br />

totale che deve percorrere. Come trovare<br />

la strada migliore? Il metodo più semplice<br />

è provare ogni possibilità. Con cinque città<br />

da visitare si devono controllare solo 12<br />

possibili itinerari. Con dieci città i percorsi<br />

possibili crescono come funghi, e arrivano<br />

a 180.000. Con 60 città il numero di itinerari<br />

supera il numero di atomi nell’universo<br />

conosciuto. Questo incubo computazionale<br />

è conosciuto come il problema del commesso<br />

viaggiatore, e nonostante ottant’anni<br />

di intensi studi nessuno ha mai trovato<br />

un metodo generale per risolverlo che funzioni<br />

meglio del provare ogni possibilità,<br />

una alla volta.<br />

Questa è l’essenza perversa <strong>della</strong> NPcompletezza,<br />

e di P contro NP: non solo<br />

tutti i problemi NP-completi sono egualmente<br />

impossibili da risolvere con l’eccezione<br />

dei casi più semplici, anche se il<br />

vostro computer ha più memoria di Dio<br />

e l’intera vita dell’universo per provarci,<br />

sembrano saltare fuori ovunque. In effetti,<br />

questi problemi NP-completi, non solo<br />

frustrano gli informatici, ma addirittura<br />

sembrano mettere <strong>limiti</strong> alle capacità <strong>della</strong><br />

natura stessa.<br />

Il codice <strong>della</strong> natura<br />

Il pionieristico programmatore olandese<br />

Eds ger Dijkstra aveva capito che i problemi<br />

computazionali hanno implicazioni<br />

che vanno oltre la matematica. Una volta<br />

sottolineò che «l’informatica riguarda solo<br />

i computer quanto l’astronomia riguarda<br />

solo i telescopi». In altre parole, il calcolo<br />

è un comportamento esibito da molti sistemi,<br />

al di là da quelli creati da Google e<br />

Intel. In effetti si può dire che ogni sistema<br />

che trasformi input in output seguendo un<br />

insieme finito di regole, compresi quelli<br />

normalmente studiati da biologi e fisici,<br />

stia calcolando.<br />

Nel 1994 il matematico Peter Shor aveva<br />

dimostrato che particelle subatomiche,<br />

disposte secondo una configurazione ingegnosa,<br />

<strong>potrebbe</strong>ro decifrare i moderni<br />

codici crittografici. Nel 2002 Adleman<br />

ha usato frammenti di DNA per scoprire<br />

la soluzione ottimale di una versione del<br />

problema del commesso viaggiatore. E<br />

nel 2005 Scott Aaronson, esperto in calcolo<br />

quantistico che lavora oggi al Computer<br />

Science and Artifi cial Intelligence<br />

<strong>La</strong>boratory del Massachusetts Institute of<br />

che cosa faremo<br />

Il venditore<br />

svedese<br />

Se avete grandi ambizioni riguardo a un<br />

vostro viaggio in Svezia, considerate la<br />

possibilità di visitarla tutta, ma proprio tutta.<br />

Alcuni ricercatori hanno provato che l’itinerario<br />

rappresentato qui accanto è il<br />

più breve possibile fra quelli che attraversano<br />

tutte le 24.978 città e villaggi<br />

svedesi. Gli scienziati non si aspettano<br />

che qualcuno faccia veramente questo<br />

viaggio, ma le tecniche di ricerca<br />

che hanno sviluppato per risolvere<br />

il problema saranno di aiuto in<br />

altre situazioni in cui serve trovare,<br />

per esempio, il percorso ottimale<br />

in un contesto complicato,<br />

nella progettazione dei microchip<br />

o nel sequenziamento del<br />

genoma.<br />

dove andiamo<br />

Technology, per calcolare con efficienza<br />

la soluzione ottimale a un problema conosciuto<br />

come «albero di Steiner», fra le tante<br />

cose che avrebbe potuto scegliere, ha usato<br />

bolle di sapone. Questi sono proprio il<br />

tipo di problemi NP che <strong>potrebbe</strong>ro ingolfare<br />

i circuiti di un computer che provasse<br />

a risolverli. Questi sistemi naturali sanno<br />

qualcosa su P contro NP, che i computer<br />

non sanno?<br />

applicazioni<br />

Percorso ottimale<br />

(linea)<br />

Centri abitati (punti)<br />

«Certamente no», risponde Aaronson.<br />

Il suo esperimento con le bolle di sapone<br />

era in realtà una dimostrazione per assurdo<br />

dell’affermazione secondo cui semplici<br />

sistemi fisici possono in qualche modo trascendere<br />

le differenze fra P e NP. Sebbene<br />

le bolle di sapone «calcolino» le soluzioni<br />

perfette in pochi casi per l’albero di Steiner<br />

minimo, smettono di funzionare rapidamente<br />

con il crescere delle dimensioni del<br />

66 Le Scienze 531 novembre 2012<br />

David Applegate, AT&T <strong>La</strong>bs; Robert Bixby, Rice University; Vasek Chvatal, Concordia University;<br />

William J. Cook, Georgia Institute of Technology<br />

problema, proprio come farebbe un computer.<br />

L’esperimento con il DNA effettuato<br />

da Adleman ha sbattuto contro lo stesso<br />

muro. L’algoritmo quantistico di Shor funziona<br />

in tutti i casi, ma quasi certamente il<br />

problema fattoriale che risolve non è NPcompleto.<br />

Quindi quell’algoritmo non ci<br />

fornisce la chiave per risolvere ogni altro<br />

problema NP. Biologia, fisica classica e sistemi<br />

quantistici, tutti sembrano sostenere<br />

l’idea secondo cui non ci sono scorciatoie<br />

per risolvere i problemi NP-completi. E<br />

questo sarebbe vero solo se P non è uguale<br />

a NP.<br />

«Certo, non possiamo provarlo con assoluta<br />

certezza», dice Aaronson. «Ma se<br />

fossimo fisici invece che teorici <strong>della</strong> complessità,<br />

“P non è uguale a NP” sarebbe stato<br />

dichiarato legge di natura già da tempo,<br />

proprio come il fatto che niente possa<br />

superare la velocità <strong>della</strong> luce». In effetti<br />

alcune teorie fisiche riguardo alla natura<br />

fondamentale dell’universo, come il principio<br />

olografico suggerito dal lavoro di<br />

Stephen Hawking sui buchi neri, implicano<br />

che il tessuto <strong>della</strong> realtà stessa non sia<br />

continuo, ma discreto, composto di tasselli<br />

simili a pixel, proprio come i bit di un computer<br />

(si veda Lo spazio è digitale?, di Michael<br />

Moyer, in «Le Scienze» n. 524, aprile<br />

2012). Quindi l’apparente intrattabilità dei<br />

problemi NP, e la limitazione <strong>della</strong> <strong>conoscenza</strong><br />

che questa intrattabilità implica,<br />

<strong>potrebbe</strong> essere parte dell’universo al livello<br />

più fondamentale.<br />

Cervelli meccanici<br />

Ma se l’universo stesso è soggetto ai <strong>limiti</strong><br />

computazionali imposti da P contro<br />

NP, come è possibile che i problemi NPcompleti<br />

sembrano sempre risolvibili, addirittura<br />

nei casi in cui trovare le soluzioni<br />

dovrebbe richiedere migliaia di miliardi di<br />

anni o più?<br />

Per esempio, mentre un feto umano<br />

è in gestazione nell’utero il suo cervello<br />

completa i collegamenti necessari alla sopravvivenza<br />

partendo da miliardi di singoli<br />

neuroni. Aver trovato la migliore rete<br />

di collegamenti possibile fra tutte queste<br />

cellule è un problema NP-completo che<br />

l’evoluzione sembra aver risolto. «Quando<br />

un neurone si allunga da un punto per collegarsi<br />

a un insieme di altri punti sinaptici,<br />

risolve sostanzialmente un problema di<br />

ottimizzazione di un grafo, che è un NPdifficile»,<br />

spiega il neurobiologo evolutivo<br />

Mark Changizi. Eppure il cervello in realtà<br />

non risolve il problema, trova un’approssimazione<br />

molto vicina alla soluzione. (In<br />

pratica la disposizione dei neuroni ricade<br />

entro il tre per cento di quella ottimale.) Il<br />

verme Cae norhabditis elegans ha solo 302<br />

neuroni, tuttavia non ha un diagramma di<br />

connessioni neurali perfettamente ottimizzato,<br />

nonostante miliardi di miliardi di generazioni<br />

siano state spinte dalla selezione<br />

naturale ad agire sul problema. «L’evoluzione<br />

è limitata da P contro NP», afferma<br />

Changizi. «Però funziona ugualmente, perché<br />

non sempre la vita richiede la perfezione<br />

per funzionare bene».<br />

A quanto pare non ne hanno bisogno<br />

nemmeno i computer. Il fatto che i computer<br />

di oggi possano fare anche solo qualcosa<br />

di utile – e per molto meno raggiungere<br />

le meravigliose prestazioni che diamo per<br />

scontate nelle nostre consolle per videogiochi<br />

o nei nostri smartphone – è la prova<br />

che i problemi in P includono un gran<br />

numero delle nostre necessità computazionali.<br />

Per il resto, un imperfetto algoritmo<br />

di approssimazione è spesso più che sufficiente<br />

allo scopo. In effetti questi algoritmi<br />

«più che sufficienti» possono risolvere problemi<br />

di ricerca e di confronto fra strutture<br />

immensamente complessi, molti dei quali<br />

sono tecnicamente NP-completi. Queste<br />

soluzioni non sono sempre matematicamente<br />

ottimali per tutti i casi, ma questo<br />

non significa che non siano utili.<br />

Prendiamo Google, per esempio. Secondo<br />

molti ricercatori <strong>della</strong> complessità, i<br />

problemi NP sono essenzialmente problemi<br />

di ricerca. Ma secondo il direttore <strong>della</strong> ricerca<br />

di Google, Peter Norvig, l’azienda fa<br />

ogni sforzo per evitare di doversi trovare<br />

ad affrontare problemi NP. «Per i nostri<br />

utenti la velocità conta più <strong>della</strong> perfezione»,<br />

spiega. E in effetti i ricercatori di Google<br />

ottimizzano i loro algoritmi per una<br />

categoria computazionale addirittura più<br />

veloce di quella richiesta dai problemi P<br />

(a cui ci si riferisce come «tempo lineare»),<br />

in modo che i risultati di ricerca appaiano<br />

quasi istantaneamente. E se si incontra un<br />

problema che non può essere risolto in<br />

questo modo? «O lo formuliamo in modo<br />

da renderlo più semplice, o non ce ne preoccupiamo»,<br />

dice Norvig.<br />

Questa è l’eredità, e l’ironia, del problema<br />

P contro NP. Scrivendo a Von Neumann<br />

nel 1956 Gödel pensava che il problema<br />

contenesse la promessa di un futuro<br />

pieno di macchine dal ragionamento infallibile,<br />

in grado di ripetere «il lavoro mentale<br />

di un matematico», che producessero<br />

insomma grandi verità fondamentali premendo<br />

semplicemente un bottone. Invece<br />

decenni di studio di P contro NP hanno<br />

contribuito a creare un mondo in cui abbiamo<br />

esteso la capacità di risolvere problemi<br />

delle nostre macchine, ma proprio<br />

accettandone i <strong>limiti</strong>. L’approssimazione<br />

<strong>della</strong> vita, non la perfezione <strong>della</strong> meccanica,<br />

è ciò che le automobili autonome di<br />

Google usano per poter guidare da sole<br />

nelle affollate autostrade di Los Angeles, o<br />

che il computer Watson di IBM ha sfruttato<br />

per indovinare le risposte che lo hanno<br />

portato a vincere a Jeopardy, un famoso<br />

quiz televisivo di cultura generale trasmesso<br />

negli Stati Uniti.<br />

Corsa all’oro<br />

Il 2000 è arrivato ed è passato, e Sipser<br />

ha spedito ad Adleman l’oncia d’oro. «Forse<br />

voleva che la spedissi in un cubo di<br />

poliestere trasparente, in modo da poterla<br />

esporre come un trofeo sulla sua scrivania<br />

o da qualche altra parte», dice Sipser. «Ma<br />

non l’ho fatto». Lo stesso anno il Clay Mathematics<br />

In stitute di Cambridge, in Massachusetts,<br />

ha offerto una nuova taglia a<br />

chi risolverà il problema P contro NP: un<br />

milione di dollari. Il premio ha aumentato<br />

l’attenzione sul problema, come sperato,<br />

ma ha anche attirato dilettanti e svitati:<br />

attualmente Sipser, come molti altri importanti<br />

teorici <strong>della</strong> complessità, riceve<br />

regolarmente e-mail non richieste in cui<br />

perfetti sconosciuti gli chiedono un parere<br />

su certi loro inediti tentativi di dimostrare<br />

che P non è uguale a NP, o, peggio ancora,<br />

di dimostrare l’opposto.<br />

Sebbene P contro NP rimanga irrisolto,<br />

molti ricercatori <strong>della</strong> complessità ritengono<br />

che prima o poi se ne verrà a capo. «Non<br />

mi sono mai veramente arreso», confida<br />

Sipser. E aggiunge che ogni tanto tira fuori<br />

carta e matita e torna a lavorarci. Quasi<br />

per svago, come un cane che si accanisce<br />

sull’osso preferito. P contro NP, in fondo, è<br />

un problema NP: la sola via per risolverlo è<br />

continuare a provarci. <strong>La</strong> <strong>risposta</strong> <strong>potrebbe</strong><br />

non arrivare mai. Tuttavia, nel caso in cui<br />

dovesse arrivare la riconosceremo, quando<br />

la vedremo. n<br />

per approfondire<br />

I <strong>limiti</strong> del computer quantistico. Aaronson S., in «Le<br />

Scienze» n. 477, maggio 2008 .<br />

I <strong>limiti</strong> <strong>della</strong> ragione. Chai tin G., in «Le Scienze» n.<br />

453, maggio 2006.<br />

The History and Status of the P versus NP Question.<br />

Sipser M., in «Proceedings of the Twenty-Fourth Annual<br />

ACM Symposium on Theory of Computing», pp. 603-<br />

618, 1992.<br />

The Efficiency of Algorithms. Lewis H.R. e<br />

Papadimitriou H.C., in «Scientific American», Vol. 238, n.<br />

1, pp. 96-109, gennaio 1978.<br />

www.lescienze.it Le Scienze 67

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