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Via Narni, 29 - 00181 Roma - Mensile di informazione - Centro Studi ...

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<strong>Via</strong> <strong>Narni</strong>, <strong>29</strong> - <strong>00181</strong> <strong>Roma</strong> - <strong>Mensile</strong> <strong>di</strong> <strong>informazione</strong> - Anno LIII - N° 1 Gennaio 2004<br />

Sped. in Abbon. Post. Art. 2 Comma 20/c - Legge 662/96 - Filiale <strong>di</strong> <strong>Roma</strong> - Una copia € 0,77


NEL SEGNO<br />

DEL SANGUE<br />

<strong>Mensile</strong> della Unio Sanguis Christi<br />

dei Missionari<br />

del Preziosissimo Sangue<br />

Anno LIII - N°1<br />

Gennaio 2004<br />

Direttore Responsabile:<br />

Michele Colagiovanni, cpps<br />

Redattori:<br />

Alberto Rinal<strong>di</strong>, <strong>di</strong>rettore USC<br />

Benedetto Labate<br />

Giuseppa Rotolo<br />

Maria Damiano<br />

Grafica:<br />

Elena Castiglione<br />

Foto:<br />

Repertorio:,355, 357, 358<br />

367, 368, 369, 376, 377, 375, 379<br />

Archivio USC: 364, 365, 366,<br />

370, 380, 381,<br />

M. Castiglione: 360, 363,<br />

P. Battista: 373, 374, 375,<br />

Stampa e fotocomposizione<br />

Stab. Tipolit. Ugo Quintily S.p.A.<br />

<strong>Via</strong>le Enrico Ortolani, 149/151<br />

00125 Zona Industriale <strong>di</strong> Acilia - <strong>Roma</strong><br />

Tel. 06/52169<strong>29</strong>9 (multilinea con r.a.)<br />

Direzione e Redazione<br />

<strong>00181</strong> <strong>Roma</strong> - <strong>Via</strong> <strong>Narni</strong>, <strong>29</strong><br />

Tel. e Fax: 06/78.87.037<br />

e-mail: cppsitausc@pcn.net<br />

http://www.SanGaspareDelBufalo.pcn.net<br />

Autorizzazione Trib. <strong>Roma</strong><br />

n. 2<strong>29</strong>/84 in data 8-6-1984.<br />

Iscriz. Registro Naz. della Stampa<br />

(Legge 8-8-1981, n. 416, Art. 11)<br />

al n. 2704, vol. 28, foglio 25,<br />

in data 27-11-1989<br />

Abbonamento annuo<br />

or<strong>di</strong>nario: € 7,50<br />

sostenitore: € 12,91<br />

estero: $ 20,00<br />

C.C.P. n. 391003<br />

Finito <strong>di</strong> stampare<br />

nel mese <strong>di</strong> gennaio 2004<br />

Questa rivista è iscritta<br />

all’Associazione<br />

Stampa Perio<strong>di</strong>ca Italiana<br />

EDITORIALE<br />

In nome della libertà... <strong>di</strong> Michele Colagiovanni 355<br />

SPIRITUALITÀ<br />

Preghiamo insieme... <strong>di</strong> Louis La Favia 357<br />

“Ricordati del giorno <strong>di</strong> sabato per santificarlo” <strong>di</strong> Maria Damiano 376<br />

ATTUALITÀ<br />

Il grido dei giovani <strong>di</strong> Domenico D’Alia 360<br />

La Chiesa delle Canne ritorna all’antico splendore <strong>di</strong> Pietro Battista 373<br />

Saranno le vittime <strong>di</strong> sempre?... <strong>di</strong> Giuseppa Rotolo 379<br />

LA PAROLA DEL PAPA CHIESA ED EUCARISTIA (5) 366<br />

INCONTRO DI PREGHIERA<br />

Cristo eucaristia me<strong>di</strong>cina <strong>di</strong> immortalità <strong>di</strong> Alberto Rinal<strong>di</strong> 367<br />

CATECHESI PER GRUPPI DI PREGHIERA U.S.C.<br />

Gesù dai samaritani a cura <strong>di</strong> Tullio Veglianti 371<br />

MISSIONI<br />

In due pagine... <strong>di</strong> Massimiliano Orsini 363<br />

UMORISMO<br />

SOMMARIO<br />

Il lato comico <strong>di</strong> Comik 382<br />

Quanti <strong>di</strong> noi in questi giorni <strong>di</strong> pazzo clima potranno ammirare panorami<br />

come questo o simili dalle porte a vetri o dalle finestre delle loro<br />

case? Tanti, così come tanti sono quelli che potranno osservarli solo<br />

da lì, dall’interno delle loro case, senza avere la possibilità <strong>di</strong> uscire,<br />

<strong>di</strong> godersi l’aria fine dell’inverno e il caldo sole che specchiandosi<br />

sulla neve rende tutto più chiaro. De<strong>di</strong>chiamo la rivista <strong>di</strong> questo mese<br />

ai tanti anziani costretti in casa, ai <strong>di</strong>sabili impossibilitati alle passeggiate<br />

e alle palle <strong>di</strong> neve, alle persone <strong>di</strong> ogni età, gran<strong>di</strong> o piccole che<br />

siano, affette spesso da malattie inguaribili e, perché no?<br />

Concedetecelo! Alle migliaia <strong>di</strong> persone<br />

che, rinchiuse <strong>di</strong>etro le sbarre <strong>di</strong> un<br />

carcere, anelano alla libertà per rifarsi<br />

una vita. Il Natale, ormai passato, ci ha<br />

introdotti nel mistero <strong>di</strong> una vita che<br />

non si arrende mai, ma che ha sempre in<br />

riservo nuove possibilità per chiunque.<br />

E noi vi regaliamo con questa immagine<br />

la possibilità <strong>di</strong> un sogno: un giorno<br />

saremo tutti quanti a giocare là, nel<br />

mezzo della neve, e non sentiremo più<br />

la tristezza <strong>di</strong> una vita che si trascina,<br />

bensì la felicità <strong>di</strong> una eternità piena <strong>di</strong><br />

sole.


Nel Segno del Sangue E<strong>di</strong>toriale<br />

In nome della libertà...<br />

<strong>di</strong> Michele Colagiovanni<br />

B isognerebbe<br />

poter <strong>di</strong>re ciò<br />

che si pensa. La cultura<br />

dominante, da sempre,<br />

obbliga a <strong>di</strong>re ciò che non si<br />

pensa. L’aspetto più triste del<br />

problema è che non si può sempre<br />

infierire su questo modo <strong>di</strong><br />

agire. Se ce la sentiamo <strong>di</strong> definire<br />

spregevole chi si autocensura<br />

per apparire tollerante, alla<br />

moda, non saremmo altrettanto<br />

severi verso chi esprimesse opinioni<br />

non con<strong>di</strong>vise, per non<br />

finire ammazzato.<br />

Per esempio: <strong>di</strong>fficilmente si<br />

troverà uno <strong>di</strong>sposto a rischiare<br />

l’impopolarità nella cultura<br />

dominante, invocando interventi<br />

censori contro trasmissioni<br />

ra<strong>di</strong>otelevisive, pubblicazioni<br />

cartacee e in rete, accessibili a<br />

tutti, che definire spazzatura è<br />

quasi onorifico. Li sentireste -<br />

come <strong>di</strong> fatto li sentite - bruciare<br />

incensi alla libertà <strong>di</strong> pensiero<br />

e condannare al rogo i censori<br />

che condannavano al rogo. E<br />

poco importa che il pensiero<br />

abbia sede nella testa, mentre<br />

ciò che viene sban<strong>di</strong>erato nella<br />

comunicazione sociale, in modo<br />

ossessivo, sia altro comparto<br />

anatomico. Basta frequentare<br />

per poco le persone che pontificano<br />

in pubblico, per constatare<br />

che la pensano <strong>di</strong>versamente in<br />

privato.<br />

Quando si spengono le telecamere,<br />

ecco il filosofo, che ha<br />

appena <strong>di</strong>chiarato essere tutto<br />

consentito in nome della libertà,<br />

355<br />

ammettere che, sì, l’umanità risulta sempre più una porcilaia; che le<br />

con<strong>di</strong>zioni peggiorano <strong>di</strong> giorno in giorno; che così non si potrà<br />

andare avanti per molto; che troppe cose risultano offensive della<br />

<strong>di</strong>gnità umana; e così via.<br />

Si potranno sentire prelati, che hanno appena terminato <strong>di</strong> inneggiare<br />

alla convivenza con l’Islam, lamentare che in nessuna parte del<br />

mondo l’Islam si <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong>sposto a convivere con altre culture.<br />

E allora? Una volta un intellettuale (in privato, s’intende) sintetizzò<br />

il tutto con queste parole: “La nostra società è un cesso, ma non<br />

si può far nulla per farla cessare: Siamo nella m...”. Se non si può<br />

fare nulla, cesserà da sé. Chi ci ha condannati alla fogna? A sentire<br />

alcuni, la libertà.<br />

Ma la libertà è una cosa seria. Esige che sia con<strong>di</strong>viso almeno<br />

qualche principio inviolabile. Faccio un esempio scontato: non posso<br />

essere libero <strong>di</strong> ammazzare i miei simili. Faccio anche un esempio<br />

meno scontato: d’accordo, per esempio, che i citta<strong>di</strong>ni siano liberi <strong>di</strong><br />

adottare cani, gatti e quant’altro, compresi i bambini, per la legge<br />

delle pari opportunità, ma se poi chi non ha adottato che bambini non<br />

riesce a uscire <strong>di</strong> casa, perché dovrebbe camminare sulla cacca <strong>di</strong>sse-


E<strong>di</strong>toriale Nel Segno del Sangue<br />

minata dovunque dai quadrupe<strong>di</strong><br />

adottati da altri, il ragionamento<br />

non quadra. E lo stesso si<br />

<strong>di</strong>ca se chi esce <strong>di</strong> casa rischia<br />

<strong>di</strong> essere <strong>di</strong>vorato da una belva<br />

che il suo vicino liberamente<br />

conduce a passeggio. Una volta<br />

si insegnava: “La tua libertà<br />

cessa dove comincia quella dell’altro”.<br />

Era una espressione<br />

garbata, che faceva affidamento<br />

sull’autocontrollo: rimetteva la<br />

cosa al citta<strong>di</strong>no ben educato.<br />

Infatti se la libertà dell’altro<br />

comincia dove cessa la mia e la<br />

mia non cessa mai, perché è illimitata,<br />

io non sono libero. Non<br />

vi dovrebbero essere, dunque,<br />

prepotenti.<br />

Che cosa fare, con loro, visto<br />

che esistono? A loro dovrebbe<br />

pensare lo Stato, che è il garante<br />

del bene comune. Lo fa?<br />

Gli Stati moderni, per il<br />

timore <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare Stati etici,<br />

hanno deliberatamente smarrito<br />

il concetto <strong>di</strong> bene comune.<br />

Oggi si tende a identificare il<br />

bene comune con il bene <strong>di</strong> ogni<br />

singolo in<strong>di</strong>viduo. Bellissima<br />

utopia: se ognuno è felice, tutti<br />

siamo felici. Sembrerebbe l’uovo<br />

<strong>di</strong> Colombo. Ma non è così<br />

semplice. Del resto, nello stesso<br />

apologo evocato, l’uovo sta in<br />

pie<strong>di</strong>, ma rotto. Il che significa<br />

che al secondo giorno <strong>di</strong> equilibrio<br />

comincerà a puzzare.<br />

Che cosa è il bene <strong>di</strong> un in<strong>di</strong>viduo?<br />

In che cosa consiste?<br />

356<br />

L’ideologia corrente sostiene<br />

che consiste nel sod<strong>di</strong>sfare ogni<br />

desiderio, senza preoccupazioni<br />

morali, senza tabù. La pubblicità<br />

sfrontatamente invita a “osare”,<br />

a “trasgre<strong>di</strong>re”, a coltivare<br />

“le perversioni”; a “prendere<br />

senza chiedere mai”. E allora<br />

siamo in presenza <strong>di</strong> un problema<br />

insolubile, o meglio, a una<br />

falsa soluzione. L’uovo sta in<br />

pie<strong>di</strong> e marcisce inesorabilmente,<br />

fino a crollare su se stesso,<br />

dopo aver ammorbato l’aria.<br />

Questo stato <strong>di</strong> cose rischia <strong>di</strong><br />

vedere convergere coloro che<br />

gridano “meno Stato”, perché<br />

sognano l’anarchia, con chi è<br />

nauseato da uno Stato che non<br />

serve più a nulla.<br />

Non si può sostenere contemporaneamente<br />

il <strong>di</strong>ritto del<br />

pedofilo a sod<strong>di</strong>sfare le sue<br />

voglie e la libertà dei bambini <strong>di</strong><br />

giocare all’aperto, sereni. Non<br />

si può lasciare che la pornografia<br />

pervada capillarmente il<br />

vivere sociale e poi pretendere<br />

che la popolazione abbia pensieri<br />

<strong>di</strong>versi da quelli che ruotano<br />

attorno al sesso, inteso per<br />

giunta in versione brutale e<br />

meccanicistica, bramoso <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfacimento.<br />

Gli Stati moderni ci appaiono<br />

intenti a rimuovere ogni ostacolo<br />

che potrebbe impe<strong>di</strong>re a ciascuno<br />

<strong>di</strong> fare ciò che vuole.<br />

Detta così sembra un’ottima<br />

cosa; ma l’incitamento a fare<br />

ciò che si vuole, senza remore,<br />

non lascia scampo al progetto<br />

comunitario. In quella preoccupazione<br />

in<strong>di</strong>viduale non c’è<br />

ombra <strong>di</strong> con<strong>di</strong>visione.<br />

Le folle ebbre <strong>di</strong> una balera<br />

non sono una comunità, sono<br />

accozzaglia <strong>di</strong> mona<strong>di</strong>, impazziti<br />

<strong>di</strong> felicità (supponiamola) la<br />

cui unica estensione è l’io che si<br />

<strong>di</strong>mena nello stor<strong>di</strong>mento. Ciascun<br />

monade non sente nessuno,<br />

perché sarebbe impossibile nel<br />

frastuono; non vede nessuno,<br />

perché le luci, nel frenetico<br />

accedersi e spegnersi, non consentono<br />

<strong>di</strong> fissare lo sguardo<br />

sull’altro... E se qualcuno<br />

abbraccia un altro, è uno che gli<br />

serve, per un supplemento <strong>di</strong><br />

emozione solipsistica.<br />

Uno, più uno, più uno, più<br />

uno non fa necessariamente una<br />

comunità. Anzi, se l’accento è<br />

messo sulle unità, il risultato<br />

non potrà essere, in nessun caso,<br />

la comunione: ognuno sgomita<br />

per se stesso. Il bene comune,<br />

cioè un bene con<strong>di</strong>viso, esige la<br />

rinuncia a una parte del proprio<br />

bene presunto, in nome <strong>di</strong> un<br />

bene maggiore, che deriva dalla<br />

con<strong>di</strong>visione con l’altro. È fondamentale,<br />

quin<strong>di</strong>, l’accettazione<br />

dell’altro come parte della<br />

propria vita.<br />

m. c.


Nel Segno del Sangue Spiritualità<br />

357<br />

Preghiamo insieme <strong>di</strong> Louis La Favia<br />

Padre nostro che sei nei cieli<br />

sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua<br />

volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane<br />

quoti<strong>di</strong>ano, e rimetti a noi i nostri debiti come li rimettiamo ai<br />

nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal<br />

male. Amen.<br />

Quando la Chiesa prega Padre nostro che sei nei cieli professa che siamo il Popolo<br />

<strong>di</strong> Dio. “L’espressione che sei nei cieli, non in<strong>di</strong>ca un luogo, ma la maestà <strong>di</strong> Dio e<br />

la sua presenza nel cuore dei giusti: Il cielo, la Casa del Padre, costituisce la vera<br />

patria, verso la quale siamo in cammino e alla quale già apparteniamo” (CCC,<br />

2802).<br />

Prospettiva storica<br />

Creatore dell’Universo<br />

Nel Vecchio Testamento, il termine “Altissimo”<br />

è sempre usato verso la <strong>di</strong>vinità<br />

e Padre delle Sue Creature<br />

Mondo Pagano. Non so se avete mai notato che nell’antico mondo pagano, non esisteva la parola<br />

“Padre” quando ci si in<strong>di</strong>rizzava <strong>di</strong>rettamente alla <strong>di</strong>vinità; il loro <strong>di</strong>o era un <strong>di</strong>o terribile e veniva confuso<br />

con i più devastanti fenomeni della natura: il fulmine, il tuono, l’uragano ecc. Questi fenomeni venivano,<br />

perciò, deificati; erano essi che costituivano i loro dei. Conveniva, <strong>di</strong> conseguenza, tenerseli buoni<br />

con sacrifici espiatori.<br />

Vecchio Testamento. Ma neppure nell’Antico Testamento, dove la <strong>di</strong>vinità era considerata nella<br />

giusta maniera, un Dio, cioè, personale, mai si incontra la parola “Padre” in<strong>di</strong>rizzata a Lui. Egli è il giusto,<br />

il santo, mai però il “Padre”; anche se, misericor<strong>di</strong>oso e pieno <strong>di</strong> bontà. D’altronde, non era ancora<br />

conosciuta la composizione dell’essenza <strong>di</strong>vina della Trinità, sebbene, in qualche maniera, fosse essa<br />

adombrata.<br />

Si doveva attendere<br />

l’era cristiana per sentire<br />

l’amorevole, confortante e fiduciosa<br />

parola <strong>di</strong> “Padre” <strong>di</strong>retta a Dio<br />

Nuovo Testamento. Ci è stata infatti<br />

rivelata, come primo annunzio, da Gesù,<br />

che ne ha fatto parte costitutiva. Bisogna<br />

perciò attendere il mondo cristiano per<br />

sentire risuonare, per la prima volta, il<br />

dolce amorevole, confortante e fiducioso<br />

vocabolo <strong>di</strong> “Padre”, <strong>di</strong>retto a Dio.


Spiritualità Nel Segno del Sangue<br />

358<br />

Ed è Marco (secondo alcuni stu<strong>di</strong>osi, sarebbe il<br />

vero iniziatore dei Vangeli) che per primo ci<br />

mette in faccia la propria convinzione:<br />

“Initium evangelii Jesu Christi Filii<br />

Dei”. Sono le primissime parole del<br />

suo Vangelo. Anzi ne è il titolo stesso.<br />

E vuol provare che, quell’uomo ch’è<br />

stato visto camminare su questa terra<br />

ed è stato crocifisso, è veramente il<br />

Figlio <strong>di</strong> Dio. Chiaro e preciso come un<br />

dardo.<br />

Per Matteo, invece, bisognerà aspettare il<br />

ventesimo versetto (sempre nel primo capitolo)<br />

per comunicarci: “quod in ea natum est, de Spiritu<br />

Sancto est”; ed in Luca attendere il 35mo: “quod nascetur<br />

sanctum vocabitur Filius Dei”, quantunque avesse già scritto – ma non esplicitamente – nel 32mo “Filius<br />

Altissimi” (sebbene, nel Vecchio Testamento, il termine “Altissimo” sia sempre rivolto alla <strong>di</strong>vinità). Ma<br />

ecco che in Giov. 1:18 troviamo l’espressione, senza paura, ma apertamente <strong>di</strong>chiarata: “Unigenitus<br />

Filius, qui est in sinu Patris”. E in San Paolo, in<strong>di</strong>rizzandosi ai <strong>Roma</strong>ni, ancora più esplicitamente: “Avete<br />

ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gri<strong>di</strong>amo: “Abba, Padre!” (8:15).<br />

“Fissiamo il nostro sguardo a Dio<br />

Padre e creatore <strong>di</strong> tutto il mondo…”<br />

Clemente I<br />

Padri della Chiesa<br />

Dopo i libri ispirati, toccherà ai padri<br />

della Chiesa <strong>di</strong>vulgare il felice connubio<br />

<strong>di</strong> “Creatore e Padre”, quasi a commento<br />

del passo della Sapienza (1:7): “Lo<br />

spirito del Signore riempie l’universo<br />

abbracciando ogni cosa”. Ed è il Papa Clemente I, in una sua lettera in<strong>di</strong>rizzata ai fedeli <strong>di</strong> Corinto, nella<br />

quale insieme rileva l’armonia che proviene dalle meraviglie sconfinate dei cieli – quasi contro la <strong>di</strong>sarmonia<br />

<strong>di</strong>scordante del peccato – che <strong>di</strong>chiaratamente <strong>di</strong>ce:<br />

“Fissiamo lo sguardo sul Padre e Creatore <strong>di</strong> tutto il mondo e immedesimiamoci intimamente con i<br />

suoi magnifici e incomparabili doni <strong>di</strong> pace e con i suoi benefici: …I cieli, che si muovono sotto il suo<br />

governo, gli sono sottomessi in pace; il giorno e la notte compiono il corso fissato da lui senza reciproco<br />

impe<strong>di</strong>mento. Il sole, la luna e il coro degli astri percorrono le orbite prestabilite secondo la sua <strong>di</strong>sposizione<br />

senza deviare dal loro corso, e in bell’armonia …Gli stessi or<strong>di</strong>namenti regolano gli abissi impenetrabili<br />

e le profon<strong>di</strong>tà della terra … Le stagioni <strong>di</strong> primavera, d’estate, d’autunno e d’inverno si succedono<br />

regolarmente le une alle altre… ecc.<br />

Poeti ed Artisti<br />

E, dai Padri della chiesa, l’eco sarà trasmesso, perpetuato per secoli, nelle meravigliose liriche dei<br />

poeti, come anche nelle immaginose creatività degli artisti.<br />

Ecco che in pieno Rinascimento – molti secoli dopo – il cantore della Riforma Cattolica, Torquato<br />

Tasso, canterà nel suo poema, Il Mondo Creato, l’apparizione della luce:<br />

“Così la prima voce e ‘l primo impero


Nel Segno del Sangue Spiritualità<br />

359<br />

del grande Padre del ciel creò repente<br />

la chiarissima pura e bella luce,<br />

che fu prima raccolta, e poi <strong>di</strong>visa<br />

in più lumi <strong>di</strong>stinta il quarto giorno.<br />

Sgombrò l’orror, le tenebre <strong>di</strong>sperse,<br />

illustrò da più lati il cieco mondo,<br />

manifestò del cielo il dolce aspetto.”<br />

A cui farà eco il Milton nel suo Para<strong>di</strong>so Perduto, riprendendo passi del poema tassesco. Al Mondo<br />

Creato del Tasso si deve aggiungere La Bellezza dell’Universo <strong>di</strong> Vincenzo Monti. È un’esaltazione <strong>di</strong><br />

tutto il creato. Composto nella sua fase frugoniana – forse la più adatta, per l’immane potenza richiesta –<br />

il poeta si rivolge alla “<strong>di</strong>va Bellezza”, facendola cooperatrice <strong>di</strong> Dio nella creazione del mondo, e contribuendo,<br />

così, alla bontà <strong>di</strong> esso, giacché “pulcrum bonum et verum convertuntur”.<br />

Èa lei che il poeta si rivolge <strong>di</strong>rettamente:<br />

Stavasi ancora la terrestre mole<br />

del Caos sepolta nell’abisso informe,<br />

e sepolti con lei la Luna e il Sole;<br />

tu con essa alla grande opera scendesti,<br />

e con possente man del furibondo<br />

Caos le tenebre in<strong>di</strong>etro respingesti.<br />

Poi, ministra <strong>di</strong> luce e <strong>di</strong> portenti,<br />

del ciel volando pei deserti campi,<br />

seminasti <strong>di</strong> stelle i firmamenti.<br />

Ma è negli artisti che si rileva l’invenzione creativa e fantastica, più immaginosa. Michelangelo,<br />

creando il globo ampio del sole con le tenebre che fuggono all’apparire della luce – nella Cappella Sistina<br />

– dava inizio ad una ininterrotta serie <strong>di</strong> globi riproducenti quello della terra, quasi trait-d’union tra i<br />

due mon<strong>di</strong> materiale e immateriale, fisico e metafisico. Giovanni Lanfranco, infatti, - in S. Carlo ai Catinari<br />

( <strong>Roma</strong> ) – prende <strong>di</strong> proposito l’idea per creare un globo terrestre, quasi in<strong>di</strong>stinguibile in mezzo a<br />

una Trinità che si staglia su un vortice <strong>di</strong> Angeli roteanti, caratteristica propria della scuola bolognese la<br />

mano del Creatore su un enorme mondo terrestre, in<strong>di</strong>cante l’intervento paterno <strong>di</strong> Dio sull’umana in<strong>di</strong>genza<br />

(ripetuta anche, intorno agli anni cinquanta, nel nostro secolo ).<br />

In conclusione, dando sempre enfasi alla Paternità <strong>di</strong>vina, creatrice <strong>di</strong> un mondo nuovo e redentrice <strong>di</strong><br />

un mondo <strong>di</strong>sfatto, ci piace ritornare sulla lettera <strong>di</strong> papa Clemente I. Infatti, è qui che – esortando quei<br />

<strong>di</strong> Corinto all’accordo in<strong>di</strong>viduale, come avviene nella soave armonia dei cieli – termina il suo in<strong>di</strong>rizzo<br />

in dossologia, come glorificazione dei beni <strong>di</strong>stribuiti generosamente dalla <strong>di</strong>vina Paternità a tutto il<br />

mondo creato: “Tutto questo il grande creatore e signore <strong>di</strong> ogni cosa ha comandato che si facesse in pace<br />

e concor<strong>di</strong>a, sempre largo <strong>di</strong> benefici verso tutti, ma con maggiore abbondanza verso <strong>di</strong> noi che ricorriamo<br />

alla sua misericor<strong>di</strong>a per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. A lui la gloria e l’onore nei secoli dei<br />

secoli”. La dossologia terminale non poteva meglio essere appropriata.<br />

A lui la gloria e l’onore<br />

nei secoli dei secoli.


Attualità Nel Segno del Sangue<br />

360<br />

Il grido dei giovani<br />

… essere consapevoli che nessuno è perduto<br />

<strong>di</strong> Domenico D’Alia<br />

C arissimi<br />

amici della rivista,<br />

intendo con questo semplice<br />

articolo parlare dei giovani<br />

e del loro grido che resta<br />

continuamente inascoltato dai<br />

più. Intendo riflettere con voi,<br />

in base all’esperienza e agli<br />

stu<strong>di</strong> che mi hanno accompagnato<br />

sino ad oggi, sulla figura<br />

dell’animatore e sulla sua in<strong>di</strong>spensabile<br />

funzione educativa.<br />

La cultura in cui noi viviamo ci<br />

spinge ad ignorare i molti limiti<br />

in cui è stretta la nostra vita o ci<br />

propone soluzioni facili e pronte<br />

per ogni problema… fino a convincerci<br />

che possiamo bastare a<br />

noi stessi… basta volerlo. Questo<br />

è falso: lo sperimentiamo<br />

tutti i giorni. Chi prende sul<br />

serio la seduzione dell’onnipotenza,<br />

finisce, presto o tar<strong>di</strong>,<br />

nelle sabbie della <strong>di</strong>sperazione.<br />

La <strong>di</strong>sperazione è una soluzione.<br />

Non è l’unica però: la coscienza<br />

riconquistata del limite<br />

può restituirci al coraggio della<br />

verità della nostra vita.<br />

Collaboro da tempo nell’ambito<br />

della pastorale giovanile<br />

della nostra Provincia Italiana<br />

e, incontrando un grande numero<br />

<strong>di</strong> giovani, mi sono reso<br />

conto dell’evidenza <strong>di</strong> mille<br />

domande inespresse ed incomprese<br />

che albergano nel loro<br />

giovane cuore. È un’esperienza<br />

entusiasmante! Leggere chiaramente<br />

la loro grande sete <strong>di</strong><br />

sapere e, poi, provare in ogni<br />

modo a colmarla, è meraviglio-<br />

so. Ti accorgi <strong>di</strong> un intervento che è assai superiore alle tue sole<br />

forze. Conferma ogni volta la mia vocazione all’amore…<br />

Sì, ogni catechesi interpella prima noi e poi loro. Il Signore attraverso<br />

la Sua Parola, interroga con potenza, prima la nostra vita, e poi,<br />

avendo sperimentato tale intensità d’amore, ci permette <strong>di</strong> donarla in<br />

modo collettivo e personale ai nostri giovani amici. Ed ogni volta,<br />

incrociando i loro volti stanchi, compren<strong>di</strong>amo lo smarrimento e il<br />

<strong>di</strong>sorientamento che li accomuna. Hanno perso la bussola ed, allora,<br />

si sentono persi. Gridano, gridano forte in modo sempre <strong>di</strong>fferente.<br />

Gridano il loro bisogno <strong>di</strong> sentirsi riconosciuti ed amati, <strong>di</strong> sentirsi<br />

guidati e accompagnati, in una parola, chiedono <strong>di</strong> non sentirsi SOLI!<br />

Oggi, più che mai, si sente <strong>di</strong>re in giro che bisogna far esperienza<br />

<strong>di</strong> tutto, solo così si <strong>di</strong>venta veramente in gamba. Quante volte me lo<br />

sono sentito ripetere. Ed io ogni volta, a spiegare loro il valore del-


Nel Segno del Sangue Attualità<br />

l’esperienza. Non è tutta colpa<br />

loro. Il fatto è che la parola<br />

esperienza, essendo molto utilizzata<br />

nella vita quoti<strong>di</strong>ana, ha<br />

assunto una gamma <strong>di</strong> significati<br />

molto ampia che ha fatto<br />

evaporare il suo significato<br />

autentico, che appare oggi molto<br />

indeterminato e spesso legato<br />

al contesto linguistico in cui<br />

compare. Nell’orizzonte dell’animazione<br />

la parola esperienza<br />

ha un significato tutt’altro che<br />

generico e vago, in quanto in<strong>di</strong>ca<br />

uno dei fondamenti su cui<br />

poggia la pratica dell’animazione<br />

culturale. Il significato <strong>di</strong><br />

esperienza che l’animazione<br />

utilizza, tra l’altro, affonda le<br />

sue ra<strong>di</strong>ci nella più genuina tra<strong>di</strong>zione<br />

della lingua italiana.<br />

Infatti, nella lingua italiana,<br />

la parola esperienza, nelle sue<br />

ra<strong>di</strong>ci più arcaiche, in<strong>di</strong>ca un<br />

“Atto, o serie <strong>di</strong> atti, che fornisce,<br />

o è <strong>di</strong>retta a fornire, notizia<br />

<strong>di</strong> una realtà”. Questa definizione<br />

rivela come l’esperienza<br />

nella nostra cultura sia sempre<br />

stata considerata come una<br />

forma <strong>di</strong> conoscenza intorno a<br />

uno o più aspetti della realtà e,<br />

come tale, sia sempre stata<br />

profondamente legata alla<br />

coscienza. Questo, perché l’esperienza<br />

richiede sempre, per<br />

poter essere chiamata tale, che<br />

la persona che la vive sia in<br />

grado <strong>di</strong> elaborare ciò che vive,<br />

l’atto, in una forma simbolica<br />

idonea alla sua rappresentazione<br />

nel mondo della coscienza.<br />

Non è sufficiente perciò che la<br />

361<br />

persona viva un certo fatto, perché<br />

questo acca<strong>di</strong>mento possa<br />

essere definito esperienza. Perché<br />

il fatto possa essere definito<br />

come esperienza è necessario<br />

che esso sia elaborato in una<br />

delle rappresentazioni simboliche<br />

in cui, nella nostra cultura,<br />

si esprime la conoscenza.<br />

Ogni giovane, abita un mondo<br />

culturale <strong>di</strong> tipo simbolico, e<br />

questo rende conto delle <strong>di</strong>fferenze,<br />

al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> quelle genetiche,<br />

che esistono tra le persone<br />

e tra i gruppi umani dotati <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>fferenti culture sociali. Nello<br />

stabilire la relazione tra vissuto<br />

e sistema simbolico è fondamentale,<br />

almeno nell’orizzonte<br />

metodologico dell’animazione,<br />

il ruolo dell’animatore e del<br />

gruppo. Ed è qui che subentra il<br />

nostro lavoro <strong>di</strong> animatori, È<br />

qui che si gioca la nostra partita,<br />

fino in fondo. Qui sta il vero<br />

problema. Quale la figura dell’animatore?<br />

Quale la sua relazione<br />

con l’esperienza e la sua<br />

progettazione? L’animatore<br />

deve progettare le esperienze,<br />

avendo cura che esse siano in<br />

grado <strong>di</strong> produrre quei vissuti<br />

che, prima o dopo, il giovane<br />

potrà nominare attribuendo loro<br />

un ben definito significato simbolico.<br />

Allo stesso modo è<br />

necessario che questa relazione<br />

tra vissuto sia sua rappresentazione<br />

simbolica, sia con<strong>di</strong>visa<br />

dal gruppo e che, quin<strong>di</strong>, il giovane<br />

possa percepirla non solo<br />

come soggettiva, ma come<br />

oggettiva, seppur limitatamente<br />

al contesto sociale in cui la sperimenta.<br />

Questo vuol <strong>di</strong>re che<br />

l’analisi e l’interpretazione dell’esperienza<br />

deve avvenire in<br />

modo privilegiato attraverso un<br />

lavoro <strong>di</strong> gruppo guidato dall’animatore.<br />

Ma non solo. Pensare all’esperienza<br />

in questo modo significa<br />

<strong>di</strong> fatto affermare che essa<br />

non può seguire il flusso più o<br />

meno casuale e caotico degli<br />

avvenimenti, ma che, al contrario<br />

essa deve esprimere un or<strong>di</strong>ne,<br />

una regolarità. Questo rende<br />

l’esperienza una attività <strong>di</strong><br />

ricerca che cerca <strong>di</strong> introdurre<br />

nella complessità, nella frammentazione,<br />

nella casualità<br />

degli eventi della vita una misura<br />

<strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne. Senza questa<br />

misura <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne la realtà e la<br />

stessa vita non riescono a produrre<br />

per chi la osserva alcun<br />

senso. L’esperienza deve perciò<br />

essere strutturata in modo che i<br />

fatti che i giovani incontrano<br />

siano da loro percepiti come legati<br />

da dei nessi e da delle relazioni,<br />

all’interno <strong>di</strong> un intreccio<br />

che offra loro un significato<br />

unitario o perlomeno leggibile.<br />

Posso garantirvi, che questo<br />

tipo <strong>di</strong> esperienza, non è facilmente<br />

realizzabile se non avviene<br />

attraverso una progettazione<br />

accurata che tenga conto non<br />

solo degli obiettivi, ma anche<br />

della reale con<strong>di</strong>zione dei giovani<br />

che la vivono e delle risorse<br />

materiali ed immateriali che<br />

sono <strong>di</strong>sponibili per la realizzazione<br />

della stessa esperienza.


Attualità Nel Segno del Sangue<br />

Per questo, abbiamo trovato utile, sia l’utilizzo <strong>di</strong> forme narrative<br />

verbali, gestuali o iconiche, sia la riflessione razionale critica.<br />

Devo necessariamente aggiungere che l’esperienza, per riuscire a<br />

produrre una vera formazione dei giovani che la vivono, deve coinvolgere<br />

non solo la loro parte razionale, ma anche, se non soprattutto,<br />

quella affettiva ed emotiva, in quanto ogni scelta razionale, per<br />

tradursi in un atteggiamento o in un comportamento, deve trovare un<br />

fondamento energetico <strong>di</strong> tipo emozionale su cui fondarsi. Ma non<br />

solo. Ogni analisi razionale della realtà per produrre una risposta<br />

adeguata nel giovane che la compie deve acquisire un senso per la<br />

vita dello stesso giovane. Questa possibilità implica che ciò che l’analisi<br />

svela al giovane abbia o acquisisca un valore tale da fargli<br />

mo<strong>di</strong>ficare, ristrutturare il suo mondo. La pratica educativa, terapeutica<br />

o semplicemente <strong>di</strong> vita, ha da tempo <strong>di</strong>mostrato come questa ricostruzione<br />

del mondo nell’essere umano non avvenga quando investe<br />

la sola base conoscitiva razionale dell’esperienza, ma richieda<br />

che questa tocchi le premesse esistenziali che strutturano il suo rapporto<br />

con se stesso, con gli altri e con la realtà in generale.<br />

Le esperienze debbono perciò essere progettate, pensando anche ai<br />

vissuti emozionali che può provare e non solo alle informazioni che in<br />

esse il giovane può raccogliere. Il linguaggio che consente la simbolizzazione<br />

dei vissuti deve essere perciò in grado <strong>di</strong> esprimere queste<br />

emozioni a livello cosciente oltre a permetterne la strutturazione razionale<br />

a livello cognitivo. È questo il motivo per cui le esperienze che,<br />

ad esempio, molte tecniche <strong>di</strong> animazione propongono, hanno sempre<br />

un contenuto emozionale significativo e suggeriscono l’utilizzo <strong>di</strong> linguaggi<br />

fortemente espressivi. Per lo stesso motivo l’animazione, pur<br />

avendo il suo fulcro nella lingua, suggerisce molte esperienze che<br />

consentono <strong>di</strong> lavorare sui linguaggi delle immagini e del corpo che<br />

ogni persona, anche se inconsapevolmente, utilizza. Tornando a noi,<br />

quin<strong>di</strong>, il metodo dell’animazione richiede che la progettazione delle<br />

esperienze avvenga non solo tenendo conto della creazione <strong>di</strong> occasioni<br />

per sperimentare alcuni vissuti, ma dei linguaggi attraverso cui questi<br />

stessi vissuti possono essere espressi, analizzati ed interpretati.<br />

Un lavoro che tenta <strong>di</strong> rimettersi in <strong>di</strong>scussione ogni volta, per<br />

trovare il “linguaggio” giusto per entrare nell’interiorità giovanile.<br />

Come si è visto la concezione <strong>di</strong> esperienza proposta dall’animazione<br />

culturale è finalizzata a favorire quella trasformazione personale<br />

dei giovani che favorisce la loro scoperta <strong>di</strong> un mondo in cui possono<br />

abitare con più autenticità, in cui possono essere più compiutamente<br />

se stessi ed in cui la loro vita assume il senso <strong>di</strong> una storia il<br />

cui esito è talmente affascinante da abitare i confini del mistero. Per<br />

fare questo è necessario che l’animatore progetti esperienze in cui il<br />

giovane possa giocare tutto se stesso: il suo corpo e la sua psiche; la<br />

362<br />

sua razionalità e la sua affettività;<br />

i suoi sogni e le necessità<br />

della realtà.<br />

Tutto questo, però, ancorando<br />

sempre l’esperienza intorno<br />

al territorio della coscienza.<br />

Perché la libertà e l’autonomia<br />

del giovane nascono solo se l’emozione<br />

si incontra con la<br />

ragione in questo territorio.<br />

Quando ragione ed emozione<br />

non si incontrano nella coscienza,<br />

il giovane rischia <strong>di</strong> perdere<br />

se stesso nelle mille <strong>di</strong>pendenze<br />

che i magici pifferai suonano<br />

nelle piazze della nostra attuale<br />

cultura sociale. Il lavoro sul linguaggio<br />

e sulla cultura è la<br />

scala che consente al giovane <strong>di</strong><br />

tornare sempre dopo le sue<br />

esplorazioni della vita nel territorio<br />

della coscienza.<br />

Gesù Cristo, la Sua Persona<br />

e la Sua Parola sono il file<br />

rouge, che attraversa tutte le<br />

nostre catechesi ed il punto<br />

d’arrivo <strong>di</strong> ciascuna <strong>di</strong> esse. Far<br />

sperimentare ad ognuno <strong>di</strong> loro<br />

l’incontro personale con il Salvatore<br />

Gesù è l’obiettivo che ci<br />

proponiamo e che deve essere<br />

centrato in ogni modo. Tutti i<br />

nostri sforzi e le nostre energie<br />

per fare animazione, sono mosse<br />

e motivate dal concretizzare<br />

questo incontro straor<strong>di</strong>nario, il<br />

solo capace <strong>di</strong> cambiare ra<strong>di</strong>calmente<br />

la loro giovane vita.<br />

E, mettiamo in pratica tutto ciò<br />

nell’ascoltare il loro grido<br />

espresso in tantissimi mo<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>versi.<br />

d. d.


Nel Segno del Sangue Missioni<br />

363<br />

In due pagine...<br />

<strong>di</strong> Massimiliano Orsini<br />

D opo<br />

mesi finalmente riusciamo<br />

ad incontrarci e<br />

andare a mangiare una<br />

pizza tutti quanti insieme; dopo<br />

aver passato la serata fra birra e<br />

ricor<strong>di</strong>, an<strong>di</strong>amo a vedere le<br />

fotografie dell’Africa. Mentre<br />

ci passiamo gli album e scorriamo<br />

le <strong>di</strong>apositive tra una ciambellina<br />

e l’altra, Benedetto<br />

chiede: «Chi scrive un articolo<br />

sull’Africa?…». Attimo <strong>di</strong><br />

silenzio e domando: «Di che<br />

tipo?» Non sapendo che con<br />

quella frase avevo automaticamente<br />

accettato.<br />

Descrivere l’Africa, la propria<br />

esperienza, le emozioni, in<br />

due pagine, non è cosa facile;<br />

potrebbe non bastare un libro<br />

intero per comunicare le esperienze<br />

o, per chi è <strong>di</strong> poche<br />

parole come me, sintetizzare<br />

eccessivamente i colori, il cielo,<br />

la vita quoti<strong>di</strong>ana e le sensazioni<br />

<strong>di</strong> un paese, <strong>di</strong>stante appena<br />

tre<strong>di</strong>ci ore <strong>di</strong> aereo.<br />

Per chi è alla prima esperienza,<br />

come me, il viaggio comincia<br />

ancora prima <strong>di</strong> partire tra le<br />

storie <strong>di</strong> chi ci è stato ed i me<strong>di</strong>cinali<br />

da mettere in borsa. Leggende<br />

<strong>di</strong> zanzare fameliche ti<br />

appesantiscono lo zaino <strong>di</strong><br />

repellente e racconti <strong>di</strong> epici<br />

mal <strong>di</strong> pancia ti gonfiano le<br />

tasche <strong>di</strong> antibiotici.<br />

Appena scen<strong>di</strong> dall’aereo<br />

tutto cambia e gli antibiotici<br />

non ricor<strong>di</strong> neanche dove li hai<br />

messi. L’attenzione è catturata<br />

dai colori e dalle auto, dai<br />

vestiti e dal via vai della città;<br />

se non altro perché la <strong>di</strong>rezione<br />

<strong>di</strong> guida è a sinistra… Nella<br />

capitale migliaia <strong>di</strong> persone<br />

camminano per le strade, un<br />

oceano <strong>di</strong> volti, <strong>di</strong> camicie e<br />

kanga colorati che vanno su e<br />

giù apparentemente senza una<br />

meta, una specie <strong>di</strong> formicaio<br />

variopinto degno <strong>di</strong> un capolavoro<br />

Disney. Guardando con<br />

attenzione, quei puntini colorati<br />

assumono un volto proprio, una<br />

identità propria, un mestiere,<br />

un’occupazione; potresti passare<br />

le ore ad osservare quelle<br />

persone dal finestrino dell’auto,<br />

come se fosse il vetro <strong>di</strong> un<br />

acquario, sgranocchiando<br />

“caranghe” comprate al<br />

semaforo.<br />

La lunga strada <strong>di</strong>ssestata<br />

prosegue <strong>di</strong>ritta al <strong>di</strong> fuori della<br />

città dove i negozi lasciano il<br />

posto ad imponenti baobab ed<br />

alberi delle giraffe, simboli universali<br />

della savana.<br />

La città è ormai un ricordo e<br />

la jeep marcia da ore consumando<br />

chilometri. Il clima è<br />

secco e, dove la strada non è<br />

asfaltata, in un attimo sei coperto<br />

dalla polvere. La canna da<br />

zucchero, acquistata per pochi<br />

spiccioli lungo il cammino, è<br />

un ottimo toccasana: dolce,<br />

succosa, <strong>di</strong>ssetante; e poi è dura<br />

abbastanza da farti passare un<br />

quarto d’ora massaggiandoti le<br />

gengive senza rendertene conto.<br />

Ci fermiamo in una radura per<br />

sgranchirci le gambe; praticamente<br />

il para<strong>di</strong>so in mezzo al<br />

nulla: alberi delle giraffe, montagne<br />

in lontananza da un lato,<br />

il deserto dall’altra; le uniche<br />

tracce sulla sabbia sono quelle<br />

della nostra jeep. Pochi minuti<br />

<strong>di</strong> pausa e ripren<strong>di</strong>amo i nostri<br />

posti; il viaggio è ancora lungo.<br />

Il sole comincia ad abbassarsi<br />

spostando le tonalità del cielo<br />

verso colori cal<strong>di</strong>. Al termine<br />

della giornata si arriva final-


Missioni Nel Segno del Sangue<br />

364<br />

mente alla missione dove ci attende un pasto ed un comodo letto, il tutto con<strong>di</strong>to da una accoglienza<br />

degna <strong>di</strong> un re.<br />

L’ospitalità non si può <strong>di</strong>re che manchi in Tanzania, la parola d’or<strong>di</strong>ne è “karibu”, benvenuto. Nei<br />

negozi, per le strade, durante le feste e le visite ai villaggi, karibu è la parola che accompagna il viaggiatore.<br />

Lo spirito <strong>di</strong> accoglienza è sicuramente <strong>di</strong>verso da quello cui siamo abituati in Italia; sarebbe come<br />

se per la strada, tutti quanti cominciassero a salutare ed invitare a casa la prima persona che incontrano<br />

per strada, palesemente non italiana, solo per offrirle una bibita. Difficile stabilire da cosa possa nascere<br />

questo comportamento; ma cosa importa, una cosa così spontanea è bene che rimanga tale, senza troppe<br />

domande.<br />

A questo punto <strong>di</strong>venta <strong>di</strong>fficile per me fare un resoconto del viaggio; abbiamo visto molti posti, siamo<br />

passati dall’oceano al deserto per poi tornare verso il mare, costeggiando le montagne e visitando un<br />

parco. Diventa <strong>di</strong>fficile ricordare i luoghi, or<strong>di</strong>nare le date, i nomi degli animali. Diversamente è per le<br />

persone: abbiamo conosciuto delle fantastiche persone che hanno reso il viaggio splen<strong>di</strong>do e che non è<br />

possibile <strong>di</strong>menticare, a cominciare dai compagni <strong>di</strong> viaggio. Inoltre, per carattere, specialmente quando<br />

devo raccontare qualcosa, ho la tendenza a riassumere, sintetizzare e schematizzare il tutto; sono <strong>di</strong> poche<br />

parole, insomma. Le sensazioni, le immagini, però, sono vivide, come un album <strong>di</strong> fotografie con la <strong>di</strong>dascalia<br />

scolorita ma con l’immagine chiara. In questi casi chiudo gli occhi e richiamo i pensieri, come dei<br />

flash; mi domando cosa mi è rimasto, cosa ho riportato in<strong>di</strong>etro dalla Tanzania (oltre ad alcuni fantastici<br />

batik). Così quello che ottengo sono delle parole chiave che uso per focalizzare le emozioni e da quel<br />

punto richiamare tutti i ricor<strong>di</strong>. Associo la Tanzania a queste parole.<br />

La Tanzania è gioia, è la gioia <strong>di</strong> una coca-cola comprata all’angolo <strong>di</strong> una strada con l’equivalente <strong>di</strong><br />

mezzo stipen<strong>di</strong>o, è la gioia <strong>di</strong> una bottiglia <strong>di</strong> acqua minerale vuota. La gioia <strong>di</strong> una partita <strong>di</strong> calcio giocata<br />

con una palla ricavata dai rifiuti, la gioia <strong>di</strong> un figlio in arrivo, la gioia <strong>di</strong> avere degli ospiti (“una<br />

casa senza ospiti è una casa morta!” Sosteneva il vescovo Rwoma durante una delle messe celebrate nel<br />

villaggio <strong>di</strong> Chibumagwa).<br />

La Tanzania è sorrisi, il sorriso <strong>di</strong> chi, incontrandoti per strada, ti saluta,<br />

domandandoti vita morte e miracoli dei tuoi amici e parenti fino al<br />

terzo grado, convinto che tu conosca il kiswahili come se niente fosse…,<br />

il sorriso dei bambini che cercano <strong>di</strong> farsi regalare un cappello o una<br />

maglietta, producendo una gamma <strong>di</strong> espressioni facciali degne <strong>di</strong> un premio<br />

oscar, cercando <strong>di</strong> <strong>di</strong>vertirti o impietosirti. Il sorriso <strong>di</strong> chi ti chiede<br />

un passaggio sul pick-up, mentre tu ti stai interrogando su come faccia a<br />

correre a quella velocità con dei sandali malridotti su quel tipo <strong>di</strong> terreno.<br />

La Tanzania è colore; è il colore delle <strong>di</strong>vise scolastiche, <strong>di</strong>verse<br />

secondo la classe; è il colore delle stoffe; il verde della ban<strong>di</strong>era tanzaniana,<br />

il rosso o il viola delle stoffe masai. È il profondo blu del cielo,<br />

dopo il tramonto. Il bianco del riso, il giallo delle banane, l’ocra della<br />

terra.<br />

La Tanzania è con<strong>di</strong>visione, dove mangia uno mangiano due, dove<br />

mangiano due mangiano tre. Un piatto <strong>di</strong> riso può bastare per una o <strong>di</strong>eci<br />

persone. È con<strong>di</strong>visione delle gioie e delle trage<strong>di</strong>e, partecipare in massa<br />

alla messa della domenica, sfoggiando il miglior vestito possibile, cantare<br />

con il proprio gruppo alla festa dell’Assunzione, dopo aver provato la<br />

sera dopo il lavoro per giorni e giorni.<br />

La Tanzania è ospitalità; è l’ospitalità <strong>di</strong> chi si priva <strong>di</strong> qualcosa pur <strong>di</strong><br />

compiacere l’ospite; l’ospitalità <strong>di</strong> chi ti invita a casa per fare due chiacchiere<br />

(e magari chiederti dei sol<strong>di</strong> o le tue scarpe da tennis rotte e puzzolenti,<br />

il tutto sempre con estremo garbo).<br />

La Tanzania sono le feste, ogni scusa è buona; an<strong>di</strong>amo dalle or<strong>di</strong>na-


Nel Segno del Sangue Missioni<br />

365<br />

zioni sacerdotali, alle cresime, passando per la festa dell’agricoltura (nane-nane, ad essere precisi, un po’<br />

come <strong>di</strong>re l’otto agosto) e per la ricorrenza della canonizzazione della fondatrice <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong> religiose.<br />

Non è finita, abbiamo la festa <strong>di</strong> ferragosto ed ogni evento per cui può valer la pena organizzarne una.<br />

La Tanzania sono le madri con al collo i figli, eternamente attaccati al seno per i primi anni <strong>di</strong> vita, i<br />

bambini non sembrano soffrire impacchettati dentro i kanga e appesi al collo delle madri o delle sorelle<br />

compiacenti, a volte poco più gran<strong>di</strong> <strong>di</strong> loro stessi. Madri e sorelline con il loro fagottino colorato e la<br />

immancabile tanica con cui attingere l’acqua al pozzo più vicino.<br />

Ma forse la Tanzania è semplicemente camminare per mano con le persone care, un gesto antico che<br />

concretizza un sentimento presente; un atto che simboleggia un legame, un’immagine <strong>di</strong> una unione e <strong>di</strong><br />

un affetto reciproco.<br />

Certamente non abbiamo visto e vissuto solo gli aspetti piacevoli, non possiamo <strong>di</strong>re <strong>di</strong> non aver visto<br />

la miseria, la povertà, la malattia. Non possiamo <strong>di</strong>re <strong>di</strong> non aver visto bambini con il pancione gonfio a<br />

causa della malnutrizione. Non possiamo <strong>di</strong>re <strong>di</strong> non aver vissuto seppure per poco tempo il <strong>di</strong>sagio <strong>di</strong><br />

situazioni <strong>di</strong>fficili. Mentre scrivo in televisione c’è il world aids day, e oltre la metà dei partecipanti alla<br />

trasmissione è keniota o tanzaniana. Forse un mese è poco per capire una cultura ed il modo <strong>di</strong> affrontare<br />

e superare certi contesti. Sicuramente abbiamo tutti da imparare. Abbiamo tutti un pezzettino <strong>di</strong> Africa<br />

dentro <strong>di</strong> noi, anche non essendoci mai stati, il problema è che non lo sappiamo o non ce lo ricor<strong>di</strong>amo.<br />

Secondo molti stu<strong>di</strong>osi la vita è iniziata lì, ma non serve stu<strong>di</strong>are molto per impararlo, basta appoggiare i<br />

pie<strong>di</strong> nu<strong>di</strong> sulla sabbia … e sollevare gli occhi al cielo. Quasi <strong>di</strong>menticavo… nella parola Tanzania l’accento<br />

cade sulla “i”.<br />

m. o.


La parola del Papa Nel Segno del Sangue<br />

366<br />

La parola del Papa (5)<br />

Chiesa ed Eucaristia<br />

8. Quando penso all’Eucaristia, guardando alla mia vita <strong>di</strong> sacerdote,<br />

<strong>di</strong> Vescovo, <strong>di</strong> Successore <strong>di</strong> Pietro, mi viene spontaneo<br />

ricordare i tanti momenti e i tanti luoghi in cui mi è stato concesso<br />

<strong>di</strong> celebrarla. Ricordo la chiesa parrocchiale <strong>di</strong> Niegowi, dove svolsi<br />

il mio primo incarico pastorale, la collegiata <strong>di</strong> san Floriano a Cracovia,<br />

la cattedrale del Wawel, la basilica <strong>di</strong> san Pietro e le tante basiliche<br />

e chiese <strong>di</strong> <strong>Roma</strong> e del mondo intero. Ho potuto celebrare la Santa Messa<br />

in cappelle poste sui sentieri <strong>di</strong> montagna, sulle sponde dei laghi, sulle rive del<br />

mare; l’ho celebrata su altari costruiti negli sta<strong>di</strong>, nelle piazze delle città... Questo scenario così variegato<br />

delle mie Celebrazioni eucaristiche me ne fa sperimentare fortemente il carattere universale e, per così<br />

<strong>di</strong>re, cosmico. Sì, cosmico! Perché anche quando viene celebrata sul piccolo altare <strong>di</strong> una chiesa <strong>di</strong> campagna,<br />

l’Eucaristia è sempre celebrata, in certo senso, sull’altare del mondo. Essa unisce il cielo e la<br />

terra. Comprende e pervade tutto il creato. Il Figlio <strong>di</strong> Dio si è fatto uomo, per restituire tutto il creato, in<br />

un supremo atto <strong>di</strong> lode, a Colui che lo ha fatto dal nulla. E così Lui, il sommo ed eterno Sacerdote,<br />

entrando me<strong>di</strong>ante il sangue della sua Croce nel santuario eterno, restituisce al Creatore e Padre tutta la<br />

creazione redenta. Lo fa me<strong>di</strong>ante il ministero sacerdotale della Chiesa, a gloria della Trinità Santissima.<br />

Davvero è questo il mysterium fidei che si realizza nell’Eucaristia: il mondo uscito dalle mani <strong>di</strong> Dio<br />

creatore torna a Lui redento da Cristo.<br />

9. L’Eucaristia, presenza salvifica <strong>di</strong> Gesù nella comunità dei fedeli e suo nutrimento spirituale, è quanto<br />

<strong>di</strong> più prezioso la Chiesa possa avere nel suo cammino nella storia. Si spiega così la premurosa attenzione<br />

che essa ha sempre riservato al Mistero eucaristico, un’attenzione che emerge in modo autorevole nell’opera<br />

dei Concili e dei Sommi Pontefici. Come non ammirare le esposizioni dottrinali dei Decreti sulla<br />

Santissima Eucaristia e sul Sacrosanto Sacrificio della Messa promulgati dal Concilio <strong>di</strong> Trento? Quelle<br />

pagine hanno guidato nei secoli successivi sia la teologia sia la catechesi e tuttora sono punto <strong>di</strong> riferimento<br />

dogmatico per il continuo rinnovamento e per la crescita del Popolo <strong>di</strong> Dio nella fede e nell’amore<br />

all’Eucaristia. In tempi più vicini a noi, tre Encicliche sono da menzionare: l’Enciclica Mirae Caritatis <strong>di</strong><br />

Leone XIII (28 maggio 1902), l’Enciclica Me<strong>di</strong>ator Dei <strong>di</strong> Pio XII (20 novembre 1947) e l’Enciclica<br />

Mysterium Fidei <strong>di</strong> Paolo VI (3 settembre 1965).<br />

Il Concilio Vaticano II, pur non avendo pubblicato uno specifico documento sul Mistero eucaristico, ne<br />

illustra, comunque, i vari aspetti lungo l’intero arco dei suoi documenti, e specialmente nella Costituzione<br />

dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium e nella Costituzione sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium.<br />

Io stesso, nei primi anni del mio Ministero apostolico sulla Cattedra <strong>di</strong> Pietro, con la Lettera apostolica<br />

Dominicae Cenae (24 febbraio 1980), ebbi modo <strong>di</strong> trattare alcuni aspetti del Mistero eucaristico e della<br />

sua incidenza nella vita <strong>di</strong> chi ne è ministro. Oggi riprendo il filo <strong>di</strong> quel <strong>di</strong>scorso con il cuore ancora più<br />

colmo <strong>di</strong> commozione e gratitu<strong>di</strong>ne, quasi riecheggiando la parola del Salmista: “ Che cosa renderò al<br />

Signore per quanto mi ha dato? Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore ” (Sal 116<br />

[115],12-13).<br />

da Ecclesia de Eucharistia, introd. 8, 9


Nel Segno del Sangue Incontro <strong>di</strong> preghiera<br />

CANTO ED ESPOSIZIONE EUCARISTICA<br />

367<br />

INCONTRO DI PREGHIERA gennaio 2004<br />

Cristo eucaristia<br />

me<strong>di</strong>cina <strong>di</strong> immortalità<br />

Celebrante: Ai primi giorni <strong>di</strong> questo nuovo anno<br />

vogliamo rinnovare la nostra fede nella presenza<br />

viva e vivificante <strong>di</strong> Gesù in mezzo a<br />

noi.<br />

S. Cirillo, vescovo <strong>di</strong> Gerusalemme, ci<br />

rassicura che sotto le specie eucaristiche<br />

del Corpo e del Sangue del Signore<br />

siamo resi partecipi della natura <strong>di</strong>vina.<br />

“Infatti sotto la figura del pane ti è dato<br />

il suo Corpo e sotto la figura del vino ti<br />

è dato il suo Sangue, affinché avendo<br />

partecipato al Corpo e al Sangue <strong>di</strong> Cristo,<br />

tu sia con Lui uno stesso Corpo e uno stesso<br />

Sangue”.<br />

Adoriamo e ringraziamo il nostro Dio che ci ha<br />

resi partecipi <strong>di</strong> questo grande mistero.<br />

Ritornello (dal Salmo 23, 1-6)<br />

Tu sei con noi tutti i giorni, Signore<br />

Il Signore è il mio pastore non manco <strong>di</strong> nulla;<br />

su pascoli erbosi mi fa riposare,<br />

ad acque tranquille mi conduce. RIT.<br />

Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino<br />

per amore del suo nome. RIT.<br />

Se dovessi camminare in una valle oscura<br />

non temerei alcun male, perché tu sei con me.<br />

Il tuo bastone e il tuo vincastro<br />

mi danno sicurezza. RIT.<br />

a cura <strong>di</strong> D. Alberto Rinal<strong>di</strong>


Incontro <strong>di</strong> preghiera Nel Segno del Sangue<br />

Vi esorto dunque io, il prigioniero<br />

nel Signore, a comportarvi in maniera<br />

degna della vocazione che avete<br />

ricevuto, con ogni umiltà, mansuetu<strong>di</strong>ne<br />

e pazienza, sopportandovi a<br />

vicenda con amore, cercando <strong>di</strong> conservare<br />

l’unità dello spirito per<br />

mezzo del vincolo della pace. Un<br />

solo corpo, un solo spirito, come una<br />

sola è la speranza alla quale siete stati<br />

chiamati, quella della vostra vocazione;<br />

un solo Signore, una sola fede, un<br />

solo battesimo. Un solo Dio Padre <strong>di</strong><br />

tutti, che è al <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> tutti, agisce<br />

per mezzo <strong>di</strong> tutti ed è presente in<br />

tutti.<br />

Parola <strong>di</strong> Dio<br />

Pausa <strong>di</strong> riflessione<br />

368<br />

Davanti a me tu prepari una mensa<br />

sotto gli occhi dei miei nemici;<br />

cospargi <strong>di</strong> olio il mio capo.<br />

Il mio calice trabocca. RIT.<br />

Felicità e grazia mi saranno compagne<br />

tutti i giorni della mia vita,<br />

e abiterò nella casa del Signore<br />

per lunghissimi anni. RIT.<br />

Dalla lettera agli Efesini <strong>di</strong> S. Paolo Apostolo (4,1-6).<br />

Dalle lettere <strong>di</strong> S. Ignazio <strong>di</strong> Antiochia<br />

Voi obbe<strong>di</strong>te al Vescovo e al presbiterio con un cuore intrepido, spezzando un unico<br />

pane che è me<strong>di</strong>cina <strong>di</strong> immortalità, antitodo contro la morte, per la vita in Gesù Cristo,<br />

per sempre.<br />

Stu<strong>di</strong>atevi <strong>di</strong> ricevere un’unica Eucaristia, perché una è la Carne <strong>di</strong> nostro Signore<br />

Gesù Cristo ed unico il Calice per l’unità del suo Sangue, uno l’Altare come unico il


Nel Segno del Sangue Incontro <strong>di</strong> preghiera<br />

Vescovo con il presbiterio e i <strong>di</strong>aconi.<br />

Createvi a nuovo, voi stessi, nella fede che è la carne del Signore e nell’amore che è il<br />

Sangue <strong>di</strong> Gesù Cristo.<br />

Non provo alcun gusto per un alimento <strong>di</strong> corruzione, né per i piaceri <strong>di</strong> questa vita.<br />

Io voglio la pace <strong>di</strong> Dio che è carne <strong>di</strong> Gesù Cristo, nato dal seme <strong>di</strong> David, e per<br />

bevanda io voglio il suo sangue che è un Amore incorruttibile.<br />

Pausa <strong>di</strong> riflessione<br />

Canto eucaristico<br />

Preghiera comunitaria<br />

L’Eucaristia, mistero del Corpo e del Sangue <strong>di</strong> Cristo, è il centro della comunità<br />

ecclesiale, vincolo <strong>di</strong> unità per tutti i credenti.<br />

L’unica fede fa l’unità delle menti nella verità, mentre l’unico pane e l’unico calice<br />

fanno l’unità dei cuori nella carità.<br />

Eleviamo la nostra preghiera al Padre che si è degnato <strong>di</strong> riunire in Cristo tutti i popoli<br />

del mondo, chiamandoli nella santa Chiesa. Diciamo insieme:<br />

Ascoltaci , Signore.<br />

Perché la comunione<br />

all’Eucaristia, segno della<br />

fraternità in Cristo, santifichi<br />

la nostra comunità<br />

nel vincolo dell’amore,<br />

preghiamo<br />

Perché camminiamo in<br />

maniera degna della<br />

nostra vocazione, offrendo<br />

a tutti una testimonianza<br />

<strong>di</strong> unità evangelica,<br />

preghiamo…<br />

Perché <strong>di</strong>ventiamo sempre<br />

più docili all’azione<br />

dello Spirito Santo, artefici<br />

<strong>di</strong> unità nell’amore,<br />

preghiamo…<br />

"""<br />

369


Incontro <strong>di</strong> preghiera Nel Segno del Sangue<br />

370<br />

Ci uniamo ora a tutta la chiesa per offrire al Padre il dono Preziosissimo del Sangue<br />

<strong>di</strong> Cristo, nostra gloria, salvezza e risurrezione.<br />

Eterno Padre, noi ti offriamo con Maria, Madre del Redentore del genere<br />

umano, il Sangue che Gesù sparse con amore nella passione e ogni giorno<br />

offre in sacrificio nella celebrazione dell’Eucarestia.<br />

In unione alla vittima immolata per la salvezza del mondo, ti offriamo le azioni<br />

della giornata in espiazione dei nostri peccati, per la conversione dei peccatori,<br />

per le anime sante del purgatorio e per i bisogni della santa Chiesa. E in modo<br />

particolare:<br />

Perché tutti gli uomini si riconoscano membri della stessa famiglia <strong>di</strong> Dio e<br />

cessino fra loro guerre, ingiustizie e <strong>di</strong>scriminazioni.<br />

Perché ogni giovane Chiesa <strong>di</strong> missione si impegni per la formazione degli<br />

operatori pastorali.<br />

Canto o recita del PADRE NOSTRO<br />

Bene<strong>di</strong>zione Eucaristica<br />

Canto finale<br />

Preghiera conclusiva:<br />

Proteggi, Padre, la Santa Chiesa<br />

radunata dal Sangue del tuo Figlio:<br />

conce<strong>di</strong>le una <strong>di</strong>fesa sicura<br />

contro tutte le insi<strong>di</strong>e del mondo<br />

e ren<strong>di</strong>la strumento della tua pace.<br />

Per Cristo nostro Signore.<br />

Amen.


Nel Segno del Sangue Catechesi<br />

Catechesi per gruppi <strong>di</strong> preghiera U.S.C.<br />

GESÙ<br />

DAI SAMARITANI<br />

371<br />

(Gesù) giunse pertanto ad una città chiamata<br />

Sicàr, vicina al terreno che Giacobbe<br />

aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era<br />

il pozzo <strong>di</strong> Giacobbe. Gesù dunque, stanco<br />

del viaggio, sedeva presso il pozzo. Era<br />

verso mezzogiorno. Arrivò intanto una<br />

donna <strong>di</strong> Samaria ad attingere acqua. Le<br />

<strong>di</strong>sse Gesù: «Dammi da bere». I suoi<br />

<strong>di</strong>scepoli infatti erano andati in città a far<br />

provvista <strong>di</strong> cibi. Ma la Samaritana gli <strong>di</strong>sse: «Come mai tu, che sei Giudeo, chie<strong>di</strong> da bere a me,<br />

che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani.<br />

Gesù le rispose: «Se tu<br />

conoscessi il dono <strong>di</strong> Dio e chi<br />

è colui che ti <strong>di</strong>ce: Dammi da<br />

bere!, tu stessa gliene avresti<br />

chiesto ed egli ti avrebbe dato<br />

acqua viva». Gli <strong>di</strong>sse la<br />

donna: «Signore, tu non hai<br />

un mezzo per attingere e il<br />

pozzo è profondo; da dove hai<br />

dunque quest’acqua viva? Sei<br />

tu forse più grande del nostro<br />

padre Giacobbe, che ci <strong>di</strong>ede<br />

questo pozzo e ne bevve lui<br />

con i suoi figli e il suo gregge?».<br />

Rispose Gesù: «Chiunque<br />

beve <strong>di</strong> quest’acqua avrà<br />

<strong>di</strong> nuovo sete; ma chi beve<br />

dell’acqua che io gli darò, non<br />

avrà mai più sete, anzi, l’acqua<br />

che io gli darò <strong>di</strong>venterà<br />

in lui sorgente <strong>di</strong> acqua che<br />

zampilla per la vita eterna».<br />

«Signore, gli <strong>di</strong>sse la donna,<br />

dammi <strong>di</strong> quest’acqua, perché<br />

non abbia più sete e non continui<br />

a venire qui ad attingere<br />

acqua» (Gv 4, 5-15).<br />

L’apostolo Giovanni narra quest’episo<strong>di</strong>o citando tanti<br />

particolari che conducono un lettore, pronto ad analizzarli<br />

e comprenderli, ad una più completa interiorizzazione<br />

del messaggio <strong>di</strong> Cristo. Il luogo dove è ambientato<br />

l’episo<strong>di</strong>o è situato nella regione della Samaria e, anche<br />

se non viene mai menzionato negli altri scritti del N.T., il<br />

“pozzo <strong>di</strong> Giacobbe” è un luogo conosciuto dai contemporanei<br />

<strong>di</strong> Gesù. L’orario dell’incontro è preciso: la<br />

sesta ora, cioè circa mezzogiorno, ora insolita per attingere<br />

l’acqua, ma ben precisa per mettere in evidenza la<br />

reale stanchezza <strong>di</strong> Gesù, umana contrapposizione alla<br />

sua missione. La samaritana è la figura centrale <strong>di</strong> questo<br />

incontro: Gesù rompe tutti gli schemi dell’epoca e inizia<br />

un <strong>di</strong>alogo con una donna (un rabbino non parlava fuori<br />

casa neanche con la propria donna), per <strong>di</strong> più samaritana<br />

(<strong>di</strong> razza non pura, perché proveniente dalla mescolanza<br />

con gli assiri, stranieri) e <strong>di</strong> religione <strong>di</strong>versa. È la<br />

donna stessa a rimanere sorpresa dalla libertà <strong>di</strong> quest’uomo<br />

e cerca <strong>di</strong> carpirne il mistero che racchiude.<br />

Gesù risponde alla donna e, seppure in maniera enigmatica,<br />

le rivela la sua identità e il dono <strong>di</strong> Dio che si manifesta<br />

attraverso la sua venuta. La samaritana, anche se<br />

perplessa, capisce che l’uomo che ha <strong>di</strong> fronte è più<br />

grande <strong>di</strong> Giacobbe e le offre “acqua viva”. Con questo<br />

termine era chiamata la TORA (la Legge ) e quest’acqua<br />

viva che Gesù le offre <strong>di</strong>venta principio <strong>di</strong> vita interiore,<br />

perché è acqua che toglie la sete per sempre e <strong>di</strong>venta<br />

sorgente inesauribile dentro <strong>di</strong> noi.


, Catechesi Nel Segno del Sangue<br />

372<br />

ATTUALIZZAZIONE<br />

Mai come nel periodo estivo appena trascorso, l’afa e la calura hanno fatto<br />

rivalutare l’importanza <strong>di</strong> quell’elemento naturale del quale l’uomo fa uso da<br />

sempre considerandolo scontato e neanche molto valorizzato; sto parlando dell’acqua<br />

che <strong>di</strong>sseta e è fondamentale per il nostro organismo. Vi è capitato <strong>di</strong><br />

rimanerne senza, magari durante una passeggiata tra i monti o su una assolata<br />

spiaggia? Ci si rende conto <strong>di</strong> non poterne fare a meno e anche il nostro cervello<br />

non ha la forza <strong>di</strong> reagire.<br />

L’acqua è un tema molto ricorrente nella Bibbia.<br />

Nell’A.T. l’acqua è vista come segno <strong>di</strong> bene<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Dio e della sua presenza<br />

salvifica: “Un fiume e i suoi ruscelli rallegrano la città <strong>di</strong> Dio”, e Ezechiele narra la<br />

sua profezia sulla visione della Nuova Gerusalemme dal cui tempio sgorgano<br />

ruscelli d’acqua che tutto feconda (cfr 47, 1-12).<br />

Nel N.T. l’acqua è vita, risurrezione e annuncio del battesimo nello Spirito.<br />

Gesù, che è la bene<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Dio (annunciato dal profeta Ezechiele), trasformò a<br />

Cana l’acqua (simbolo delle purificazioni) in vino (simbolo del regno), e si rivela<br />

alla Samaritana come acqua che zampilla per la vita eterna e che toglie la sete.<br />

Quest’acqua è un dono <strong>di</strong> Dio unito alla conoscenza <strong>di</strong> Gesù.<br />

L’acqua viva è anche riferita allo Spirito Santo. Si legge infatti in Gv 3, 5: Se uno<br />

non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno <strong>di</strong> Dio. Così l’acqua e lo<br />

Spirito sono strettamente legati nella simbologia<br />

sacramentale.<br />

PISTE DI RIFLESSIONE<br />

1) Dio ci offre in dono Gesù, l’acqua<br />

viva. Siamo in grado <strong>di</strong> ritrovare<br />

dentro <strong>di</strong> noi quella sorgente che<br />

zampilla e che tutto trasforma e far<br />

dono <strong>di</strong> noi agli altri?<br />

2) Quante volte preferiamo <strong>di</strong>ssetarci<br />

al pozzo che incontriamo lungo<br />

il cammino della nostra vita, senza<br />

guardarci dentro e attingere al dono<br />

che Dio fa a noi tutti?<br />

3) Riscopriamo in noi le qualità che<br />

abbiamo, rispon<strong>di</strong>amo sì alla chiamata<br />

<strong>di</strong> Dio, che ci chiede <strong>di</strong> alzarci<br />

e partire alla scoperta <strong>di</strong> suo Figlio,<br />

che con la sua vita ha segnato la<br />

Ed ecco il richiamo al nostro essere cristiani.<br />

Noi tutti siamo stati battezzati in acqua e Spirito;<br />

siamo nati a vita nuova grazie a Cristo,<br />

l’uomo che attraverso le pene della sua passione<br />

e l’acqua e il sangue che sgorgano dal<br />

suo costato ci ha guariti tutti, prendendo su<br />

<strong>di</strong> sé tutte le nostre sofferenze e infermità.<br />

Ma quello che ci è stato donato dal Padre<br />

deve essere per noi solo il punto <strong>di</strong> partenza<br />

del cammino che ci conduce alla reale conoscenza<br />

<strong>di</strong> Cristo, che si rivela a noi come ha<br />

fatto alla Samaritana e ci invita a una consapevole<br />

coscienza della nostra appartenenza<br />

alla Chiesa.<br />

Noi siamo i ruscelli che sgorgano dalla nuova<br />

Gerusalemme. Abbiamo una missione da<br />

compiere: dobbiamo alzarci dalla nostra<br />

immobilità, rivestirci della luce <strong>di</strong> Gesù ed<br />

essere luce <strong>di</strong> gioia, faro per chi ha perso la<br />

fiducia e la voglia <strong>di</strong> combattere.<br />

strada per ciascuno <strong>di</strong> noi? A cura <strong>di</strong> Tullio Veglianti<br />

e Gruppo <strong>di</strong> Teologia sul Sangue <strong>di</strong> Cristo


Nel Segno del Sangue E<strong>di</strong>toriale Attualità<br />

373<br />

La Chiesa delle Canne<br />

ritorna<br />

all’antico splendore<br />

<strong>di</strong> Pietro Battista<br />

Nel pomeriggio del primo novembre, solennità <strong>di</strong> tutti i Santi, la citta<strong>di</strong>nanza <strong>di</strong> Sonnino, sfidando<br />

una pioggia torrenziale, è scesa numerosa al Monastero delle Canne, non solamente per la tra<strong>di</strong>zionale<br />

visita ai defunti, il cui cimitero è attiguo, ma anche per la bene<strong>di</strong>zione e riapertura della<br />

Chiesa, ritornata all’antico splendore, dopo il lavoro <strong>di</strong> consolidamento e <strong>di</strong> restauro durato vari mesi.<br />

Non tutti sanno che la Chiesa <strong>di</strong> Santa Maria delle Canne ebbe come progettista e costruttore il Venerabile<br />

Don Giovanni Merlini, <strong>di</strong>scepolo pre<strong>di</strong>letto <strong>di</strong> San Gaspare e suo secondo successore alla guida della Congregazione<br />

dei Missionari del Preziosissimo Sangue. Don Giovanni Merlini, che aveva la passione per le<br />

costruzioni, conosceva l’architettura e aveva realizzato già la chiesa <strong>di</strong> S. Antonio a Vallecorsa, <strong>di</strong> S. Francesco<br />

Saverio a Frosinone, della Madonna del Fosco nel territorio <strong>di</strong> Giano dell’Umbria e <strong>di</strong> San Francesco<br />

Saverio a Patrica. Egli si servì in tutti i suoi lavori <strong>di</strong> un valido capomastro: il fratello coa<strong>di</strong>utore Raffaele<br />

Marini, <strong>di</strong> Vallecorsa.<br />

I Missionari del Preziosissimo Sangue, giunti a Sonnino nel 1821, si stabilirono proprio nel monastero delle


Attualità Nel Segno del Sangue<br />

Canne,<br />

abbandonato<br />

da pochi anni dalle<br />

monache cistercensi. Don Giovanni,<br />

dopo aver sistemato il<br />

monastero per renderlo idoneo<br />

come abitazione, prese in considerazione<br />

la precaria situazione<br />

della Chiesa del monastero. Non<br />

essendo possibile risarcirla,<br />

“<strong>di</strong>ede mano a formare una Chiesa<br />

più regolare quale può <strong>di</strong>rsi<br />

impastata coi sudori dei Missionari<br />

e del popolo. Sebbene non<br />

ultimata si bramò farne apertura il<br />

15 agosto 1834 con grande solennità”.<br />

La scelta della data non è<br />

casuale. I Missionari <strong>di</strong> San Gaspare<br />

nutrono grande devozione a<br />

Maria Assunta in cielo, perché<br />

ricorda la loro fondazione avvenuta<br />

il 15 agosto 1815. Non sappiamo<br />

se anche l’antica chiesa<br />

cistercense fosse de<strong>di</strong>cata all’Assunta.<br />

Certamente l’attuale chiesa<br />

lo è. Infatti, fino a pochi anni fa,<br />

aveva sull’altare maggiore una<br />

pala de<strong>di</strong>cata a Maria Assunta in<br />

cielo. Purtroppo nel periodo in cui<br />

la chiesa è restata chiusa, perché<br />

pericolante, quella tela è stata trafugata.<br />

Le cronache dei Missionari <strong>di</strong><br />

Sonnino descrivono così l’inaugurazione:<br />

“Adunati nella chiesa<br />

Matrice <strong>di</strong> san Giovanni, il Clero,<br />

il Magistrato,<br />

le Confraternite<br />

e numeroso<br />

popolo, dopo analogo <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong><br />

un missionario, si mosse una ben<br />

or<strong>di</strong>nata processione verso l’anzidetta<br />

Chiesa recando la bella statua<br />

<strong>di</strong> Maria Santissima Assunta<br />

che apparteneva al Monastero. Il<br />

suono dei sacri bronzi, la salve<br />

dei mortari, il canto dei devoti<br />

inni, l’esclamazioni giulive del<br />

popolo rendevano festosa la sagra<br />

pompa; ma soprattutto moveva a<br />

tenerezza numeroso drappello <strong>di</strong><br />

fanciulli, che spontanei con olivo<br />

in mano precedeva il pietoso corteggio<br />

ripetendo tra le altre lo<strong>di</strong>,<br />

<strong>di</strong> tratto in tratto, la strofa:<br />

Te sempre proteggi sul trono<br />

<strong>di</strong>vino / il fido Sonnino / ed ogni<br />

alma fedel.<br />

Giunti al designato termine, si<br />

fece la bene<strong>di</strong>zione del tempio e<br />

nell’ingresso si rinnovellarono le<br />

voci <strong>di</strong> giubilo, si cantò l’Inno<br />

Ambrosiano dopo altro sermone e<br />

si chiuse la memoranda cerimonia<br />

con la bene<strong>di</strong>zione dell’Augustissimo<br />

Sacramento. In seguito, si<br />

ripose in altare apposito, l’enunciata<br />

immagine della Madonna<br />

delle Canne.<br />

Il Missionario don Giuseppe<br />

Quattrino, fine inten<strong>di</strong>tore <strong>di</strong><br />

opere artistiche, parlando della<br />

374<br />

Chiesa delle Canne <strong>di</strong>ce: “La<br />

chiesa delle Canne ha la grazia <strong>di</strong><br />

una melo<strong>di</strong>a popolare… La facciata,<br />

semplice, emerge da una<br />

parete a terminazione orizzontale.<br />

Due coppie <strong>di</strong> paraste tuscaniche<br />

affiancano il portale e sostengono<br />

un timpano triangolare, forate da<br />

un finestrone tondo. A sinistra sul<br />

muro del monastero, si appoggia<br />

il campanile, basso e umile, privo<br />

<strong>di</strong> cuspide, quadrangolare, con un<br />

fornice per lato. L’interno, ottagono,<br />

leggiadro nella veste ionica,<br />

ha risonanze settecentesche. Tra<br />

le pareti s’incuneano, in basso,<br />

spazi profon<strong>di</strong> per cappelle e confessionali.<br />

In alto, in <strong>di</strong>rezione dei<br />

capitelli, salgono forti nervature<br />

che si congiungono come raggi al<br />

centro, creando una grande corolla<br />

rovesciata. Sopra la trabeazione,<br />

in corrispondenza delle vele,<br />

si profilano finestroni ellittici, per<br />

lo più decorativi. La luce che<br />

irrompe dai pochi aperti, è sufficiente<br />

per inondare <strong>di</strong> gioia lo<br />

spazio sacro. È la chiesa più fresca<br />

e poetica delineata dal Merlini.<br />

Doveva essere la sua preferita.<br />

Un buon restauro restituirebbe a<br />

tutte le nervature e decorazioni la<br />

vibrazione nativa”.<br />

Questa descrizione, sgorgata<br />

dalla penna e dal cuore <strong>di</strong> Don<br />

Giuseppe Quattrino, si è rivelata<br />

in tutta la sua verità alla riapertura<br />

della chiesa, dopo il restauro<br />

curato dall’Architetto Vincenzo<br />

Pietricola, producendo un’esplosione<br />

<strong>di</strong> gioia negli intervenuti.<br />

Alla cerimonia era presente il<br />

Sindaco Gino Cesare Gasbarrone,<br />

i consiglieri comunali, l’ex Sindaco<br />

Migliori, il Direttore Provinciale<br />

cpps Don Giovanni Francilia,<br />

don Antonio Calabrese, economo<br />

provinciale, il Parroco don<br />

Corrado Amato e il vice Parroco


Nel Segno del Sangue Attualità<br />

P. Iarek. Dalla comunità <strong>di</strong> Albano<br />

sono intervenuti Don Pietro<br />

Battista e Don <strong>Roma</strong>no Altobelli.<br />

Dopo il canto iniziale, Don<br />

Pietro Battista, ex Parroco <strong>di</strong> San<br />

Michele Arcangelo, ha richiamato<br />

le notizie storiche più salienti<br />

riguardanti la presenza dei Missionari<br />

nel Monastero delle<br />

Canne e la costruzione della chiesa.<br />

Il Sindaco ha parlato dell’impegno<br />

posto dall’Amministrazione<br />

per il lavoro che è stato portato<br />

a termine e della volontà <strong>di</strong> recuperare<br />

quello che è possibile degli<br />

ambienti dell’antico monastero. Il<br />

Direttore Provinciale ha ringraziato<br />

l’Amministrazione Regionale<br />

che ha stanziato i fon<strong>di</strong> per il<br />

restauro e l’Amministrazione Comunale<br />

per la sensibilità usata<br />

verso la Chiesa tanto cara alla<br />

popolazione <strong>di</strong> Sonnino e alla<br />

Congregazione. Su sollecitazione<br />

del Sindaco, G. Cesare Gasbarrone,<br />

il Direttore Provinciale ha<br />

dato la sua <strong>di</strong>sponibilità per valorizzare<br />

la struttura rinnovata, sia<br />

per quanto riguarda il culto, sia<br />

per la destinazione <strong>di</strong> alcuni<br />

ambienti a raccogliere i ricor<strong>di</strong><br />

riguardanti la presenza dei missionari<br />

nel territorio durante il<br />

periodo del Brigantaggio. Dopo<br />

la bene<strong>di</strong>zione impartita dallo<br />

stesso P. Provinciale è seguita la<br />

concelebrazione Eucaristica nella<br />

375<br />

quale è stato ricordato Don<br />

Mimmo Calabrese, deceduto<br />

meno <strong>di</strong> un mese fa. Egli durante<br />

i cinque anni <strong>di</strong> servizio Pastorale<br />

a Sonnino ha caldeggiato il progetto<br />

della ristrutturazione.<br />

Per l’occasione, l’architetto<br />

progettista Vincenzo Pietricola,<br />

ha allestito negli ambienti a<strong>di</strong>acenti<br />

alla Chiesa, una esposizione<br />

fotografica che illustra le varie<br />

fasi del recupero delle strutture.<br />

Avendogli chiesto quali sono<br />

state le <strong>di</strong>fficoltà incontrate nell’eseguire<br />

questo lavoro, ha<br />

risposto: “Molte sono state le <strong>di</strong>fficoltà<br />

incontrate a causa del<br />

degrado in cui si trovava il<br />

monumento. I lavori si sono sviluppati<br />

in due fasi successive. La<br />

prima è iniziata nel 2001. Ha<br />

riguardato il consolidamento<br />

strutturale della fabbrica che si<br />

trovava in uno stato estremamente<br />

precario, aggre<strong>di</strong>ta dalla vegetazione<br />

infestante. Il tetto e la<br />

cupola erano praticamente inesistenti;<br />

le volte spaccate, il campanile<br />

sul punto <strong>di</strong> crollare. Era<br />

così grave lo stato che mi rendeva<br />

dubbioso sulla riuscita dei<br />

lavori. Poi, la decisa volontà dell’Amministrazione<br />

Comunale, la<br />

voglia <strong>di</strong> cimentarmi con le tante<br />

problematiche, la professionalità<br />

della Ditta appaltatrice mi hanno<br />

determinato ad affrontare e risolvere<br />

i problemi legati alla staticità<br />

e alla struttura<br />

che è stata<br />

risanata adeguatamente.<br />

La seconda<br />

fase iniziata<br />

nel febbraio<br />

2003 ha riguardato<br />

i lavori <strong>di</strong><br />

restauro e <strong>di</strong> ricostruzione<br />

della<br />

cupola interna.<br />

Anche in questa<br />

fase i problemi<br />

sono stati innumerevoli soprattutto<br />

nel creare ex novo una<br />

struttura adeguata. È stato sostituito<br />

l’antico pavimento deteriorato<br />

della chiesa e dei locali con<br />

uno nuovo in cotto. Nella tinteggiatura<br />

della facciata come degli<br />

interni sono state messe bene in<br />

risalto sia le nervature sia le<br />

decorazioni che hanno ridato<br />

agli ambienti le caratteristiche<br />

originarie. Inoltre è stato messo<br />

in opera un ampio selciato chiaro<br />

nel piazzale antistante la chiesa.<br />

I risultati sod<strong>di</strong>sfacenti sono<br />

alla portata <strong>di</strong> tutti. Mi auguro<br />

che queste strutture rinnovate<br />

vengano finalizzate per scopi<br />

precisi che permettano una lunga<br />

durata nel tempo.”<br />

Dopo la celebrazione Eucaristica<br />

i presenti hanno potuto visitare<br />

e ammirare tutti gli ambienti<br />

restaurati. Tutti si sono augurati<br />

che, a parte la sacrestia, i locali<br />

del piano superiore possano essere<br />

destinati a una esposizione<br />

permanente <strong>di</strong> <strong>di</strong>segni, fotografie<br />

e oggetti che riguardano il periodo<br />

storico in cui San Gaspare, il<br />

Venerabile Don Giovanni Merlini<br />

e gli altri Missionari del Preziosissimo<br />

Sangue hanno operato a<br />

Sonnino e nei paesi circostanti<br />

per riportare la pace e la serenità<br />

nella popolazione che aveva<br />

molto sofferto durante la piaga<br />

del Brigantaggio.<br />

In tanti hanno espresso la speranza<br />

che non ci si fermi qui, ma<br />

si continui a lavorare per il recupero<br />

del chiostro dell’antico convento<br />

con il pozzo, vicino al<br />

quale, il Venerabile Merlini non<br />

faceva mai mancare un recipiente<br />

<strong>di</strong> acqua al quale si <strong>di</strong>ssetavano,<br />

soprattutto nei perio<strong>di</strong> estivi, i<br />

conta<strong>di</strong>ni, prima <strong>di</strong> affrontare la<br />

salita che li portava a casa, dopo<br />

una giornata <strong>di</strong> duro lavoro.<br />

p. b.


Spiritualità Nel Segno del Sangue<br />

376<br />

Una finestra sull’ebraismo:<br />

«Ricordati del giorno<br />

<strong>di</strong> sabato<br />

per santificarlo»<br />

<strong>di</strong> Maria Damiano<br />

IL SIGNIFICATO<br />

DEL SABATO<br />

Il sabato occupa un posto fondamentale<br />

nell’ebraismo:<br />

“I figli <strong>di</strong> Israele osserveranno il sabato<br />

per tutte le loro generazioni in alleanza perpetua.<br />

Tra Me e i figli <strong>di</strong> Israele sarà un<br />

segno perpetuo, perché in sei giorni il Signore<br />

ha fatto i cieli e la terra, e nel giorno settimo<br />

ha cessato (in ebraico ‘Shabbath’, da cui il<br />

nome ebraico del sabato) e si è riposato” (Esodo<br />

31,16-17)<br />

Il sabato non è un semplice giorno <strong>di</strong> riposo, nel<br />

senso che abitualmente si dà a questo termine, ma una<br />

vera imitazione <strong>di</strong> Dio che riposò nel settimo giorno<br />

(Esodo 20,11): astenendosi il settimo giorno da qualsiasi lavoro<br />

creativo, l’ebreo vive in pratica il ritmo della creazione.<br />

Le categorie dei lavori proibiti riguardano i campi più <strong>di</strong>versi, dalla cottura del cibo alla riparazione <strong>di</strong><br />

un oggetto, al viaggiare etc… La stretta osservanza del sabato può comportare anche gravi sacrifici finanziari.<br />

Merita <strong>di</strong> essere sottolineato anche l’aspetto sociale del sabato: infatti è proibito non solo lavorare, ma<br />

a anche far lavorare gli altri, sia pure il servitore o lo straniero o persino il bestiame: tutti quel giorno<br />

hanno <strong>di</strong>ritto al riposo (Esodo 20,10).<br />

Tutto ciò non esclude l’aiuto fraterno, come per secoli si è praticato in parecchi paesi; era anzi consuetu<strong>di</strong>ne<br />

per alcune cristiane <strong>di</strong> andare a caricare la stufa o spegnere la lampada al vicino ebreo.<br />

LA SANTIFICAZIONE DEL SABATO<br />

Osservare il sabato significa anche “santificarlo”, cioè “tenerlo separato”: “ricordati del giorno <strong>di</strong><br />

sabato per santificarlo” (Esodo 20,10). Si tratta <strong>di</strong> fare del sabato un giorno completamente <strong>di</strong>fferente<br />

dagli altri giorni della settimana, ‘un giorno <strong>di</strong> riposo e <strong>di</strong> santità’.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista strettamente rituale, il sabato si apre con il ‘Qiddush’ (bene<strong>di</strong>zione sul bicchiere <strong>di</strong>


Nel Segno del Sangue Spiritualità<br />

vino con cui si proclama il sabato giorno ‘consacrato a Dio’) e si<br />

conclude con la ‘Havdalah’ (la preghiera che ‘separa’ il sabato dagli<br />

altri giorni profani).<br />

A livello più profondo si assume uno stile <strong>di</strong> vita che santifica<br />

ogni aspetto <strong>di</strong> questo giorno, dal pasto all’abito, dalla maniera <strong>di</strong><br />

camminare per strada all’oggetto <strong>di</strong> una conversazione: “Se tratterrai<br />

il piede dal violare il sabato, dallo sbrigare affari nel giorno a<br />

me sacro, se chiamerai il sabato ‘delizia’ e ‘venerando’ il giorno<br />

sacro al Signore, se lo onorerai evitando <strong>di</strong> metterti in cammino <strong>di</strong><br />

sbrigare affari e <strong>di</strong> contrattare, allora troverai la delizia nel signore.<br />

Io ti farò calcare le alture della terra, ti farò gustare l’ere<strong>di</strong>tà <strong>di</strong><br />

Giacobbe tuo padre, poiché la bocca del Signore ha parlato” (Isaia<br />

58,13-14)<br />

Gli ebrei devono iniziare il sabato un’ora prima della notte.<br />

NELLA SINAGOGA E IN FAMIGLIA<br />

La comunità saluta il sabato recitando sei salmi<br />

(95,96,97,98,99,<strong>29</strong>) che corrispondono ai sei giorni lavorativi. Continua<br />

poi con il magnifico inno ‘Lekhah Dodì’ (Vieni o mio amato)<br />

composto a Safed, in Galilea nel se<strong>di</strong>cesimo secolo, per ricevere la<br />

fidanzata Shabbath (in ebraico ‘Shabbath’ è femminile).<br />

Poi si canta il salmo Cantico per il giorno <strong>di</strong> sabato, e il salmo 93,<br />

Salmo dell’era messianica, <strong>di</strong> cui la pace del sabato offre un anticipo.<br />

Durante la settimana l’ebreo pio ha lo spirito rivolto al sabato. Già<br />

i venerdì mattina la madre <strong>di</strong> famiglia impasta e cuoce i pani del<br />

377<br />

sabato e adorna la casa. Nella<br />

celebrazione familiare del<br />

venerdì sera, la donna ha un<br />

ruolo determinante; mentre alla<br />

sinagoga essa si limita ad assistere<br />

al culto, in casa esercita<br />

una precisa funzione liturgica.<br />

Tocca a lei accogliere il sabato<br />

nel focolare, accendendo le due<br />

candele sabbatiche e pronunciando<br />

la bene<strong>di</strong>zione augurale.<br />

Poi si va alla sinagoga. La festa<br />

si continua a casa, dopo l’ufficiatura.<br />

Ripetendo il gesto <strong>di</strong><br />

bene<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Giacobbe i genitori<br />

impongono le mani sul capo<br />

dei loro figli; tutta la famiglia<br />

saluta il sabato, mentre il padre<br />

e i figli cantano le lo<strong>di</strong> della<br />

‘Donna forte’ (Proverbi 31).<br />

Il capofamiglia alza la coppa<br />

<strong>di</strong> vino per recitare il ‘Qiddush’,<br />

ne beve e la fa passare a tutti i<br />

presenti. Dopo il gesto rituale<br />

della lavanda delle mani e la<br />

preghiera per la tavola “Benedetto<br />

Tu, o Signore<br />

Dio nostro,<br />

Re del<br />

mondo, che fai<br />

uscire il pane<br />

dalla terra”, il<br />

padrone <strong>di</strong> casa<br />

dà inizio al<br />

pasto, spezzando<br />

il pane che<br />

offre a ognuno<br />

dei commensali.<br />

I canti sab-


Spiritualità Nel Segno del Sangue<br />

378<br />

batici accompagnano il pasto e si chiudono con il salmo 126:<br />

“Quando il Signore ricondusse i prigionieri <strong>di</strong> Sion, ci sembrava <strong>di</strong><br />

sognare”.<br />

Il sabato, dopo l’ufficio alla sinagoga, il ‘Qiddush’ e un buon<br />

pasto a mezzogiorno si de<strong>di</strong>ca molto tempo al riposo e allo stu<strong>di</strong>o<br />

sacro.<br />

Per prolungare ancora la pace del sabato, il pasto serale viene tardato<br />

al massimo.<br />

È lo stesso desiderio che viene espresso nella cerimonia chiamata<br />

‘Havdalah’ (separazione); si saluta il sabato accendendo una candelina<br />

ritorta, recitando ancora una volta la bene<strong>di</strong>zione sul vino, odorando<br />

erbe aromatiche spesso contenuti in una piccola scatola artisticamente<br />

cesellata, e contemplando la fiamma della candela che poi<br />

si spegne nel vino per significare il ritorno alla vita or<strong>di</strong>naria, infondendo<br />

per così <strong>di</strong>re lo splendore del sabato nella settimana appena<br />

cominciata.<br />

IL SABATO E I CRISTIANI<br />

Nel Vangelo, Gesù, che ha sempre celebrato il sabato con i suoi<br />

<strong>di</strong>scepoli, pre<strong>di</strong>ca in <strong>di</strong>verse occasioni che l’uomo deve rispettare il<br />

sabato e accoglierlo non come<br />

una schiavitù, ma come un<br />

dono <strong>di</strong> Dio: “il sabato è fatto<br />

per l’uomo...” (Marco 2, 27). Il<br />

Talmud non si esprime in modo<br />

<strong>di</strong>verso: “Il sabato è stato<br />

messo nelle vostre mani e non<br />

voi nelle mani del sabato” (5<br />

Yoma 85 b).<br />

Le prime comunità cristiane<br />

<strong>di</strong> origine ebraica hanno continuato<br />

a festeggiare il sabato,<br />

settimo giorno della settimana,<br />

mentre la risurrezione <strong>di</strong> Gesù<br />

(Atti 20, 7) è ricordata e celebrata<br />

il primo giorno della settimana,<br />

considerato come il<br />

primo giorno della nuova creazione<br />

in Cristo.<br />

La domenica non è stata<br />

scelta per soppiantare il sabato:<br />

giorno della risurrezione del<br />

Signore (Matteo 28, 1 ss), essa<br />

è anche giorno della celebrazione<br />

eucaristica che attesta la<br />

comunione dei credenti e che<br />

annuncia l’”ottavo giorno”,<br />

quello del ritorno del Signore<br />

(I Corinzi 11, 26). È dunque<br />

veramente il “giorno del Signore”.<br />

Quando la religione cristiana<br />

<strong>di</strong>ventò religione dell’impero<br />

romano, la domenica incominciò<br />

a poco a poco a unire la<br />

funzione <strong>di</strong> giorno <strong>di</strong> riposo,<br />

che ricorda il settimo giorno<br />

della creazione, e quella del<br />

giorno che annuncia la nuova<br />

creazione realizzata dalla risurrezione<br />

<strong>di</strong> Cristo.<br />

m. d.


Nel Segno del Sangue Attualità<br />

P arum<br />

379<br />

... Saranno le vittime<br />

<strong>di</strong> sempre?...<br />

<strong>di</strong> Giuseppa Rotolo<br />

est coercere improbos poena nisi probos efficias <strong>di</strong>sciplina.<br />

Clemente XI Albani, pontefice illuminato, affidò a<br />

Carlo Fontana, il 2 Agosto 1701, il progetto per la realizzazione,<br />

a lato <strong>di</strong> Porta Portese, del carcere minorile del San Michele, che<br />

venne inaugurato nel 1703 e destinato ad accogliere i minori condannati<br />

per reati, i “<strong>di</strong>scoli e inobbe<strong>di</strong>enti”, che vi venivano internati<br />

su richiesta dei genitori o del tutore.<br />

L’e<strong>di</strong>ficio presenta un unico spazio articolato su tre livelli e un<br />

piano a loggia; il terzo livello è costituito da una vasta sala sulla<br />

quale si affacciano, comunicando con scale a chiocciola, tre or<strong>di</strong>ni<br />

<strong>di</strong> celle con grata <strong>di</strong> ferro massiccio e piccolo spazio aperto, sulla<br />

destra, per comunicare liberamente con l’esterno.<br />

“I reclusi, giovani in stato <strong>di</strong> abbandono o colpevoli <strong>di</strong> veri e propri<br />

reati, nelle ore <strong>di</strong>urne, incatenati a terra al centro della sala,<br />

osservando il silenzio, tessevano e confezionavano le <strong>di</strong>vise delle<br />

guar<strong>di</strong>e pontificie; sulla parete <strong>di</strong> fondo, in posizione opposta, l’altare<br />

e la pedana dove avvenivano le fustigazioni”.<br />

Nel carcere minorile del S. Michele, dal 1903 alla fine della<br />

seconda guerra mon<strong>di</strong>ale, si erano ra<strong>di</strong>cate non solo le pessime con<strong>di</strong>zioni<br />

<strong>di</strong> vita dei ragazzi, ma soprattutto le crudeltà e le ingiustizie<br />

che caratterizzavano il trattamento a cui erano sottoposti tanti <strong>di</strong>sperati,<br />

su cui si abbattevano le miserie della vita; c’erano in Europa<br />

milioni <strong>di</strong> giovani oppressi dalla povertà; l’Italia era tra i paesi più<br />

colpiti: i minori <strong>di</strong> quin<strong>di</strong>ci anni costituivano un terzo della popolazione;<br />

anziani, adulti e bambini, come tutti sappiamo, erano costretti<br />

a vivere <strong>di</strong> espe<strong>di</strong>enti.<br />

Lo scontro frontale con le istantanee, in bianco e nero, scattate<br />

nel 1951, su commissione del Ministero <strong>di</strong> Grazia e Giustizia, ed<br />

esposte al San Michele, nella mostra “Monelli ban<strong>di</strong>ti”, mi ha riportato<br />

al clima <strong>di</strong> quell’epoca.<br />

L’impatto con questo tipo <strong>di</strong> struttura è stato fortissimo: dovunque<br />

sbarre invalicabili che separano dal mondo e dalla libertà,<br />

dovunque vuoto e vastità, contrastante con gli angusti spazi delle<br />

sessanta celle che prendono aria e luce da “pertugi”, dovunque un<br />

silenzio carico <strong>di</strong> voci <strong>di</strong>sperate.<br />

Un’accurata scelta tra 2800 istantanee, ricche <strong>di</strong> uno struggente<br />

realismo, mi offre 83 immagini <strong>di</strong> ragazzi e ragazze particolarmente<br />

impegnati nel lavoro quoti<strong>di</strong>ano, <strong>di</strong>sciplinati a mensa e nelle loro<br />

Qui sotto: alcune delle immagini<br />

della mostra “Monelli<br />

ban<strong>di</strong>ti”.


Attualità Nel Segno del Sangue<br />

camerate, perfettamente allineati<br />

durante le marce, assorti nelle<br />

funzioni religiose. I fotografi,<br />

però, non sono riusciti a nascondere<br />

lo squallore degli ambienti,<br />

la povertà dei dormitori, l’insufficienza<br />

degli arre<strong>di</strong>.<br />

I reclusi erano consapevoli<br />

dell’errore commesso? Erano<br />

coscienti della propria con<strong>di</strong>zione?<br />

Erano pronti ad accettare il<br />

processo <strong>di</strong> rieducazione, dopo<br />

aver vissuto per tanti anni all’oscuro<br />

<strong>di</strong> qualsiasi norma che<br />

regolasse la loro vita? Speravano<br />

<strong>di</strong> poter rientrare con <strong>di</strong>gnità,<br />

in un futuro lontano, nella<br />

società che li aveva emarginati?<br />

C’è qualcosa nei loro volti,<br />

nei loro gesti, impresso indelebilmente<br />

sulla carta, che fa pensare<br />

e invita a porci questi interrogativi;<br />

oggi non ve<strong>di</strong>amo soltanto<br />

istantanee <strong>di</strong> ragazzini<br />

rinchiusi in un Riformatorio per<br />

corrigen<strong>di</strong>, ma non troviamo<br />

alcuna risposta.<br />

Il processo <strong>di</strong> rieducazione,<br />

che si rispecchia in ogni immagine,<br />

contrasta con gli sguar<strong>di</strong><br />

dei “<strong>di</strong>scoli”, irrime<strong>di</strong>abilmente<br />

rasati, che sembrano rassegnarsi<br />

al loro destino; non ho alcuna<br />

chiave <strong>di</strong> lettura, ma sono libera<br />

<strong>di</strong> pensare, riflettere, provare<br />

emozioni nel raccogliere i<br />

numerosi messaggi che tanti<br />

visi esprimono.<br />

“L’adempimento delle pratiche<br />

religiose e l’insegnamento<br />

del catechismo erano affidati ad<br />

un cappellano. La religione era<br />

380<br />

considerata uno dei più importanti<br />

mezzi <strong>di</strong> educazione morale;<br />

ciascun istituto <strong>di</strong>sponeva <strong>di</strong><br />

una cappella per la celebrazione<br />

della messa e delle altre funzioni.<br />

Alla sera, prima <strong>di</strong> andare a<br />

letto e, a volte, anche a mensa, i<br />

ragazzi recitavano le preghiere:<br />

un Pater, un Ave, un Gloria”.<br />

L’istruzione scolastica, per i<br />

molti ragazzi analfabeti, aveva<br />

lo scopo <strong>di</strong> prepararli ad affrontare,<br />

con un minimo <strong>di</strong> cultura,<br />

l’esterno, quando il processo <strong>di</strong><br />

rieducazione fosse terminato e<br />

le porte del Riformatorio, dove<br />

avevano trascorso gli anni dell’adolescenza,<br />

si fossero aperte.<br />

Il lavoro era riconosciuto<br />

come mezzo <strong>di</strong> primaria importanza<br />

insieme all’istruzione<br />

religiosa e scolastica; era considerato<br />

il metodo rieducativo più<br />

idoneo alla promozione dello<br />

sviluppo fisico, psicologico e<br />

morale.<br />

Quello <strong>di</strong> poter insegnare in<br />

un orfanotrofio o in un carcere


Nel Segno del Sangue Attualità<br />

minorile è stato un desiderio<br />

che non ho mai potuto realizzare,<br />

anche se, per molti anni, ho<br />

fatto un’esperienza positiva e<br />

ricca <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazioni nel Protettorato<br />

S. Giuseppe, una Casa<br />

Famiglia, dove erano inseriti<br />

minori “a rischio”.<br />

Da bambina avevo trascorso<br />

pochi mesi in un istituto religioso<br />

dove vivevano anche le<br />

orfanelle; si <strong>di</strong>stinguevano da<br />

noi, alunne paganti, per le <strong>di</strong>vise<br />

grigie troppo abbondanti, per<br />

le lunghe trecce che imprigionavano<br />

i capelli, per la particolare<br />

<strong>di</strong>sciplina a cui erano sottoposte<br />

e per il compito <strong>di</strong><br />

accompagnare il defunto al<br />

cimitero, quando la famiglia<br />

benestante lasciava un’offerta.<br />

È stata un’esperienza fortissima,<br />

molto più forte del previsto,<br />

l’angoscia provata in quei<br />

sei mesi, i più tristi della mia<br />

adolescenza, in una struttura<br />

cupa e fredda; con il tempo si è<br />

sviluppato in me il desiderio <strong>di</strong><br />

aiutare i minori sbandati e quelli<br />

senza famiglia, perché orfani<br />

o definiti “bastar<strong>di</strong>”, in passato<br />

anagraficamente figli <strong>di</strong> n.n.<br />

Nel 1989 i Riformatori vennero<br />

definitivamente chiusi e i<br />

“minori irregolari” avviati alle<br />

comunità aperte o all’assistenza<br />

degli Enti locali.<br />

Quanti adolescenti, domani,<br />

guarderanno il mondo da “<strong>di</strong>etro<br />

le sbarre”, perché, oggi,<br />

vivono in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> estrema<br />

povertà, in famiglie, se esisto-<br />

381<br />

no, il cui red<strong>di</strong>to è inferiore al<br />

minimo? Abbiamo davanti agli<br />

occhi tutti quelli che, in tanti<br />

paesi, non sono stati registrati<br />

alla nascita e che, quin<strong>di</strong>, non<br />

avranno mai un’identità, un<br />

nome, una famiglia, una nazionalità;<br />

non potranno accedere a<br />

nessun tipo <strong>di</strong> istruzione o <strong>di</strong><br />

lavoro regolare, ma saranno<br />

coinvolti nelle peggiori forme<br />

<strong>di</strong> lavoro, per non parlare della<br />

prostituzione in tutte le sue più<br />

aberranti manifestazioni, e nella<br />

delinquenza.<br />

In istituti <strong>di</strong> recupero<br />

andranno a finire soprattutto<br />

ragazzi e ragazze puniti dalle<br />

ingiustizie sociali, adolescenti<br />

provenienti da quartieri emargi-<br />

nati, dove si vivono<br />

situazioni familiari<br />

<strong>di</strong>fficili che portano,<br />

dopo un percorso<br />

ricco <strong>di</strong><br />

ostacoli, alla<br />

soglia del carcere.<br />

Certo dal 1951<br />

ad oggi molte<br />

cose sono cambiate<br />

nel sistema<br />

della giustizia<br />

minorile: si<br />

sono istituiti un<strong>di</strong>ci<br />

Centri da cui<br />

<strong>di</strong>pendono 28 uffici<br />

<strong>di</strong> servizio sociale, 25<br />

Case <strong>di</strong> prima accoglienza,<br />

17 istituti penali minorili<br />

e 13 comunità per i minori.<br />

Attraverso un’articolata azione<br />

<strong>di</strong> prevenzione e recupero,<br />

me<strong>di</strong>ante un costante rapporto<br />

con la magistratura minorile è<br />

possibile auspicare un futuro<br />

migliore per chi lotta per<br />

sopravvivere nelle strade delle<br />

gran<strong>di</strong> città, per chi è malnutrito<br />

e rischia <strong>di</strong> compromettersi<br />

irrime<strong>di</strong>abilmente con la propria<br />

condotta illegale.<br />

Oggi, come ieri, a ragazzi<br />

così giovani, senza un impegno<br />

serio e costante da parte <strong>di</strong> tutte<br />

le istituzioni, si rischia <strong>di</strong> negare<br />

qualsiasi accesso a esperienze<br />

pulite e positive: il che significa<br />

che per questi adolescenti<br />

potrebbe non esserci scampo.<br />

Saranno le vittime <strong>di</strong> sempre?<br />

g. r.


Umorismo Nel Segno del Sangue<br />

<strong>di</strong> Comik<br />

DISPENDIOSO<br />

Èsu tutti i giornali: “Gli<br />

italiani non risparmiano<br />

più”. Qualcuno ci<br />

spieghi come si fa. Conservare<br />

i sol<strong>di</strong> in banca è<br />

un modo <strong>di</strong> spenderli.<br />

CHE TEMPO DEVE FARE?<br />

Piacerebbe sapere che<br />

tempo dovrebbe fare,<br />

in Italia, perché non fosse<br />

nocivo. Se non piove,<br />

c’è la desertificazione e<br />

si invocano la calamità<br />

naturale e milioni <strong>di</strong> risarcimento.<br />

Se piove, la<br />

Penisola si sfalda come<br />

un biscotto nel thè e si<br />

invocano la calamità naturale<br />

e milioni <strong>di</strong> risarcimento.<br />

Pare proprio che<br />

dovrebbe piovere quando<br />

fa il sole e splendere il<br />

sole quando piove. Appunto:<br />

va tutto storto.<br />

MA QUANDO LA SMITH?<br />

Adel Smith è passato<br />

dalle parole ai fatti.<br />

In una corsia <strong>di</strong> ospedale<br />

ha staccato un crocifisso<br />

382<br />

Il lato comico<br />

dal muro e l’ha gettato<br />

dalla finestra. Sdegno <strong>di</strong><br />

molti, sforzo <strong>di</strong> comprensione<br />

da parte <strong>di</strong><br />

qualcuno. Spiegazione<br />

patologica da parte dei<br />

più (è stato detto che<br />

qualcuno sarebbe <strong>di</strong>sposto<br />

a fare il morto per<br />

davvero purché si parli<br />

<strong>di</strong> lui). Qualcuno ha invocato<br />

sanzioni. Lasciamo<br />

che sia l’offeso a emettere<br />

la sentenza. Quando<br />

lo maltrattarono nel suo<br />

vero corpo <strong>di</strong>sse: “Padre,<br />

perdonali; non sanno<br />

quello che fanno!”. Molto<br />

più facilmente lo <strong>di</strong>rà<br />

questa volta, che è stata<br />

maltrattata soltanto una<br />

sua effige.<br />

IL XVI MUNICIPIO<br />

In tempi nei quali ci si<br />

pone la domanda:<br />

“Crocifissi sì, o crocifissi<br />

no?”, il XVI municipio ha<br />

trovato la soluzione. Ha<br />

fatto stampare un manifesto<br />

nel quale ci sono i<br />

simboli <strong>di</strong> tutte le reli-<br />

gioni. Ci pare che siano<br />

tre<strong>di</strong>ci, messi apparentemente<br />

a caso, con<br />

accanto la spiegazione<br />

della fede a cui si riferiscono.<br />

Sono sormontati<br />

da una colomba della<br />

pace, che ha nel becco<br />

un ramoscello d’ulivo.<br />

Forse i rappresentati del<br />

XVI municipio si propongono<br />

<strong>di</strong> collocare il manifesto<br />

alle spalle della<br />

presidenza, nell’aula capitolare,<br />

al posto della<br />

tra<strong>di</strong>zionale, monotona<br />

croce. Quando si <strong>di</strong>sse<br />

che la politica è l’arte<br />

del possibile si enunciò<br />

una grande verità e quelli<br />

del XVI municipio ce<br />

ne hanno dato una <strong>di</strong>mostrazione<br />

sfolgorante.<br />

Una bella pensata, una<br />

magnifica lezione da<br />

parte della politica alle<br />

religioni (come se non<br />

fosse stata e non continuasse<br />

a essere essa a<br />

rovinarle). I promotori<br />

hanno presentato l’idea<br />

così: “Un modo per promuovere<br />

la cultura della


Nel Segno del Sangue Umorismo<br />

solidarietà, della pace e<br />

del <strong>di</strong>alogo interreligioso”.<br />

Adesso con coerenza<br />

ci aspettiamo che alle<br />

prossime elezioni, in un<br />

solo manifesto, ci vengano<br />

mostrati tutti i simboli<br />

dei partiti. “Un modo<br />

per promuovere la cultura<br />

della solidarietà, della<br />

pace e del <strong>di</strong>alogo interpartitico”.<br />

LISTA UNICA?<br />

Il manifesto del XVI<br />

municipio <strong>di</strong> <strong>Roma</strong><br />

qualche <strong>di</strong>fetto, veramente,<br />

ce l’ha. Potrebbe<br />

<strong>di</strong>ventare il simbolo <strong>di</strong><br />

una marmellata religiosa,<br />

come a <strong>di</strong>re: “L’una vale<br />

l’altra, credete a noi; apposta<br />

ve le abbiamo messe<br />

tutte in questo menù”.<br />

Così non è. Solo la politica<br />

accetta tutti i simboli<br />

altrui, purché entrino nel<br />

proprio simbolo. In caso<br />

contrario, si lotta fino<br />

all’ultimo voto, con un<br />

integralismo che più<br />

integrale non si può. In-<br />

383<br />

somma, anche in questo<br />

caso si può <strong>di</strong>re: “Da quale<br />

pulpito viene la pre<strong>di</strong>ca!”.<br />

Un altro <strong>di</strong>fetto è<br />

la sua staticità. A un<br />

fedele potrebbe non piacere<br />

<strong>di</strong> stare proprio<br />

nella perpen<strong>di</strong>colare<br />

della coda della colomba,<br />

la quale ha, sì, nel becco<br />

il ramoscello d’ulivo, ma<br />

da sotto la coda, quando<br />

è il momento, sgancia<br />

deiezioni simili a bombe<br />

mefitiche. A un altro potrebbe<br />

non piacere <strong>di</strong><br />

vedere il proprio simbolo<br />

collocato a destra o a sinistra,<br />

ritenendo che vi<br />

sia una allusione. Senza<br />

contare che potrebbe<br />

<strong>di</strong>spiacere vedersi rappresentati<br />

in basso o in<br />

alto. È il <strong>di</strong>fetto più facile<br />

da correggere, ricorrendo<br />

all’arte cinetica.<br />

Si dovrebbero porre i<br />

simboli in un liquido speciale<br />

al quale non sarebbe<br />

<strong>di</strong>fficile imprimere un<br />

movimento casuale, che li<br />

farebbe andare vagando<br />

qua e là, su e giù, a caso.<br />

Maghi e sensitivi potrebbero,<br />

al mattino, interpretare<br />

i movimenti dei<br />

simboli e dalla loro posizione,<br />

suggerirci la religione<br />

alla quale conviene<br />

aderire in un dato giorno,<br />

tenendo in debita<br />

considerazione i segni<br />

zo<strong>di</strong>acali, che occorrerebbe<br />

<strong>di</strong>slocare ai margini<br />

del contenitore<br />

MICHAEL JACKSON<br />

Non si chiama più<br />

così. Si è convertito<br />

all’Islam. Convertito?<br />

Da quale religione? Lui<br />

conosce il segreto dei<br />

cambiamenti, specialmente<br />

se epidermici. Da<br />

nero si è fatto bianco: è<br />

tutto <strong>di</strong>re. Quanto alla<br />

fede, nel 1994 aderì a<br />

Scientology. Ora che ha<br />

aderito all’Islam aspettiamo<br />

<strong>di</strong> apprendere dalle<br />

sue canzoni qualche<br />

insegnamento ine<strong>di</strong>to del<br />

profeta. Nella vita, non<br />

gli sarà <strong>di</strong>fficile<br />

Comik


“Lasciate che i bambini<br />

vengano a me,<br />

non glielo impe<strong>di</strong>te<br />

perché a chi è come loro<br />

appartiene il regno <strong>di</strong> Dio”<br />

Lc 18,16

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