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Dispense - Dipartimento di Matematica e Informatica

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Appunti del Corso <strong>di</strong><br />

Teoria dell’Informazione II:<br />

Co<strong>di</strong>ci lineari,<br />

Co<strong>di</strong>ci algebrico-geometrici,<br />

Crittografia su Curve Ellittiche.<br />

Massimo Giulietti


Capitolo 1<br />

Nozioni Preliminari<br />

1.1 Campi Finiti<br />

1.1.1 Esistenza e unicità<br />

In questa sezione verranno brevemente richiamate alcune nozioni sui campi finiti.<br />

Sia K un campo finito <strong>di</strong> cui denotiamo con u l’unità. Sia p il più piccolo intero positivo<br />

tale che sia<br />

u<br />

<br />

+ u +<br />

<br />

. . . + u<br />

<br />

= 0 .<br />

p volte<br />

Tale intero si <strong>di</strong>ce caratteristica <strong>di</strong> K. Se K è un campo non finito, allora un tale intero<br />

p può anche non esistere (è il caso ad esempio <strong>di</strong> Q, R e C), e in tal caso il campo si<br />

<strong>di</strong>rà <strong>di</strong> caratteristica zero.<br />

Teorema 1.1. Sia p la caratteristica <strong>di</strong> un campo finito K. Allora<br />

• p è un numero primo;<br />

• l’intersezione <strong>di</strong> tutti i sottocampi <strong>di</strong> K è un campo isomorfo a Zp, il campo delle<br />

classi <strong>di</strong> resto modulo p.<br />

Esercizio 1. Provare il Teorema 1.1.<br />

1


CAPITOLO 1. NOZIONI PRELIMINARI 2<br />

Esercizio 2. Provare che se p è la caratteristica <strong>di</strong> un campo F , allora<br />

per ogni elemento a <strong>di</strong> F .<br />

a<br />

<br />

+ a +<br />

<br />

. . . + a<br />

<br />

p volte<br />

Sia F un campo (non necessariamente finito) <strong>di</strong> caratteristica p. Denotiamo con σ<br />

l’applicazione<br />

σ : F → F , x ↦→ x p .<br />

= 0<br />

Esercizio 3. Provare che σ è un omomorfismo <strong>di</strong> F .<br />

L’omomorfismo σ viene detto omomorfismo <strong>di</strong> Frobenius del campo F . Come ogni<br />

omomorfismo <strong>di</strong> campi, l’omomorfismo <strong>di</strong> Frobenius è iniettivo. Chiaramente se F è<br />

finito, allora σ è automorfismo.<br />

Teorema 1.2. Ogni campo finito ha or<strong>di</strong>ne p h , ove p è la caratteristica <strong>di</strong> K.<br />

Dimostrazione. Sia q la car<strong>di</strong>nalità <strong>di</strong> K. Il campo K può considerarsi come spazio<br />

vettoriale, <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione finita h, sul suo campo fondamentale Zp. Sia (e1, e2, . . . , eh)<br />

una base dello spazio vettoriale K su Zp. Allora ogni elemento a ∈ K può scriversi in<br />

uno ed un sol modo come combinazione lineare a coefficienti in Zp <strong>di</strong> (e1, e2, . . . , eh):<br />

a = a1e1 + . . . + aheh, ai ∈ Zp .<br />

Poiché ai varia in p mo<strong>di</strong> in Zp, i = 1, 2, . . . , h, si ha allora che:<br />

q = #K = p h .<br />

Il prossimo obiettivo è stabilire, dati un primo p e un intero positivo h, se e quanti<br />

campi finiti con p h elementi esistono. A tale scopo ricor<strong>di</strong>amo la definizione <strong>di</strong> chiusura<br />

algebrica <strong>di</strong> un campo.<br />

Definizione 1.3. Sia F un campo. Un campo L contenente K si <strong>di</strong>ce chiusura<br />

algebrica <strong>di</strong> F se:


CAPITOLO 1. NOZIONI PRELIMINARI 3<br />

• ogni elemento <strong>di</strong> L è algebrico su F ;<br />

• ogni polinomio a coefficienti in L <strong>di</strong> grado d > 0 è prodotto <strong>di</strong> d polinomi <strong>di</strong><br />

primo grado a coefficienti in L.<br />

Come dovrebbe essere ben noto al lettore, C è chiusura algebrica <strong>di</strong> R. Un risultato<br />

fondamentale <strong>di</strong> algebra afferma che per un qualsiasi campo F , esiste sempre una sua<br />

chiusura algebrica. Tale chiusura algebrica è unica a meno <strong>di</strong> isomorfismi che fissano<br />

F elemento per elemento. La chiusura algebrica <strong>di</strong> F si denota con ¯ F .<br />

Ora possiamo <strong>di</strong>mostrare il seguente risultato.<br />

Teorema 1.4. Per ogni primo p e per ogni intero positivo h esiste un campo finito con<br />

p h elementi.<br />

Dimostrazione. Sia K il seguente sottoinsieme <strong>di</strong> ¯ Zp:<br />

K = {x ∈ ¯ Zp | σ h (x) = x} ,<br />

dove con σ si in<strong>di</strong>ca l’omomorfismo <strong>di</strong> Frobenius <strong>di</strong> ¯ Zp. Essendo σ h omomorfismo <strong>di</strong><br />

¯Zp, le seguenti proprietà sono <strong>di</strong> facile <strong>di</strong>mostrazione (lasciata pertanto al lettore):<br />

• K è chiuso rispetto alla somma e al prodotto;<br />

• 0, 1 ∈ K;<br />

• K è chiuso rispetto al passaggio all’inverso.<br />

Ciò prova che K è sottocampo <strong>di</strong> ¯ Zp. Resta da <strong>di</strong>mostrare che #K = ph . Osserviamo<br />

che K coincide con l’insieme degli zeri del polinomio Xph − X. Ora, essendo<br />

¯Zp algebricamente chiuso, per definizione il polinomio Xph − X si spezza in ph fattori<br />

lineari:<br />

X ph<br />

− X = (X − a1)(X − a2) · · · (X − aph), con a, a1, . . . , aph ∈ ¯ Zp. Osserviamo che ai = aj per ogni 1 ≤ i < j ≤ ph . Infatti un<br />

polinomio ha fattori lineari ripetuti solo se ha una ra<strong>di</strong>ce in comune con la sua derivata,<br />

e nel nostro caso la derivata D(X ph − X) non ha ra<strong>di</strong>ci essendo<br />

D(X ph<br />

− X) = p h X ph −1 − 1 = −1 .


CAPITOLO 1. NOZIONI PRELIMINARI 4<br />

Chiaramente,<br />

e la <strong>di</strong>mostrazione è conclusa.<br />

K = {a1, . . . , a p h} ,<br />

Naturalmente se si vuole costruire concretamente un campo finito con p h elementi non<br />

si può utilizzare la <strong>di</strong>mostrazione precedente. La seguente costruzione ha il vantaggio<br />

<strong>di</strong> partire invece che dalla chiusura algebrica <strong>di</strong> Zp, da un oggetto molto più concreto:<br />

un polinomio irriducibile su Zp <strong>di</strong> grado opportuno.<br />

Teorema 1.5. Sia g(X) un polinomio irriducibile <strong>di</strong> grado h a coefficienti in Zp. Sia<br />

(g) l’ideale principale <strong>di</strong> Zp[X] generato da g(X). Allora l’anello quoziente<br />

è un campo con p h elementi.<br />

Zp[X]/(g)<br />

Ometteremo la <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> tale risultato, procedendo invece al suo utilizzo per la<br />

costruzione concreta <strong>di</strong> un campo finito.<br />

Esempio 1.6. Si vuole un campo finito con 4 elementi. Si ha subito che in Z2[X] esiste<br />

un solo polinomio irriducibile, ovvero g(X) = X 2 + X + 1. Gli elementi dell’anello<br />

quoziente<br />

K = Z2[X]/(X 2 + X + 1)<br />

possono essere rappresentati da polinomi <strong>di</strong> grado minore o uguale <strong>di</strong> 1. Ovvero i<br />

quattro elementi <strong>di</strong> K saranno<br />

0 = [0], 1 = [1], a1 = [X], a2 = [1 + X] .<br />

Per costruire le tabelle ad<strong>di</strong>tiva e moltiplicativa dovremo ragionare nell’anello quoziente.<br />

La tabella ad<strong>di</strong>tiva è imme<strong>di</strong>ata, in quanto sommando due polinomi il loro grado<br />

non cresce. Pertanto avremo ad esempio<br />

1 + a1 = a2, a1 + a2 = 1, a1 + a2 = 0 .<br />

La tabella moltiplicativa è più riposta. Se ad esempio volessimo calcolare a1a2, il<br />

prodotto dei loro rappresentanti darebbe X 2 + X, che apparentemente non figura nei


CAPITOLO 1. NOZIONI PRELIMINARI 5<br />

quattro elementi <strong>di</strong> K. Per stabilire il risultato dovremo allora <strong>di</strong>videre X 2 + X per<br />

g(X): il resto della <strong>di</strong>visione sarà un polinomio <strong>di</strong> grado minore del grado <strong>di</strong> g(X) e<br />

che sarà nella stessa classe <strong>di</strong> X 2 + X. Nel nostro caso,<br />

e pertanto a1a2 = 1.<br />

X 2 + X = 1 · g(X) + 1<br />

Tale proce<strong>di</strong>mento costruttivo si può applicare sempre, valendo il seguente risultato <strong>di</strong><br />

cui omettiamo la <strong>di</strong>mostrazione.<br />

Lemma 1.7. Per ogni intero positivo h, nell’anello <strong>di</strong> polinomi Zp[X] esiste almeno<br />

un polinomio g(X) irriducibile e <strong>di</strong> grado h.<br />

Esercizio 4. Si costruiscano le tabelle ad<strong>di</strong>tiva e moltiplicativa <strong>di</strong> un campo finito con<br />

9 elementi.<br />

Come conseguenza del fatto che la chiusura algebrica <strong>di</strong> un campo è unica a meno <strong>di</strong><br />

automorfismi, si ha il seguente risultato.<br />

Teorema 1.8. Due campi finiti della stessa car<strong>di</strong>nalità sono isomorfi.<br />

Dimostrazione. Sia K un campo finito <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne p h , e sia L una sua chiusura algebrica.<br />

Essendo K estensione finita <strong>di</strong> Zp, si ha che L è anche chiusura algebrica <strong>di</strong> Zp.<br />

Osserviamo che ogni elemento non nullo a ∈ K è tale che a ph −1 = 1, in quanto p h − 1<br />

è l’or<strong>di</strong>ne del gruppo moltiplicativo <strong>di</strong> K. Pertanto<br />

a ph<br />

= a per ogni a ∈ K ,<br />

e K coincide necessariamente con il campo delle ra<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Xph − X in L.<br />

Ora sia K ′ un altro campo finito <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne ph . Come sopra, ogni sua chiusura algebrica<br />

L ′ è anche chiusura algebrica <strong>di</strong> Zp, e K ′ coincide necessariamente con il campo delle<br />

ra<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Xph − X in L ′ .<br />

Essendo L e L ′ chiusure algebriche dello stesso campo Zp, si ha che esiste un isomorfismo<br />

φ : L → L ′ . Tale isomorfismo induce per restrizione un isomorfismo <strong>di</strong> K in K ′ . Infatti,<br />

per ogni a ∈ K, si ha che φ(a) ∈ K ′ essendo<br />

φ(a) ph<br />

= φ(a ph<br />

) = φ(a) .


CAPITOLO 1. NOZIONI PRELIMINARI 6<br />

Per questo motivo d’ora in poi parleremo del campo finito <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne p h . Solitamente<br />

porremo q = p h , e con Fq in<strong>di</strong>cheremo il campo finito con q elementi.<br />

1.1.2 Il gruppo moltiplicativo<br />

Una caratteristica fondamentale dei campi finiti è che il loro gruppo moltiplicativo è<br />

un gruppo ciclico. Come è usuale, in<strong>di</strong>cheremo con F ∗ l’insieme degli elementi non<br />

nulli <strong>di</strong> un campo F .<br />

Teorema 1.9. Il gruppo moltiplicativo (F ∗ q, ·) <strong>di</strong> un campo finito Fq è ciclico.<br />

Dimostrazione. Sia S un ℓ-sottogruppo <strong>di</strong> Sylow <strong>di</strong> F ∗ q. Sia a ∈ S un elemento <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne<br />

massimo ℓj . Gli elementi 1, a, a2 , . . . , aℓj−1 j ci danno ℓ ra<strong>di</strong>ci <strong>di</strong>stinte del polinomio<br />

Xℓj − 1. Si noti essendo ℓj il grado <strong>di</strong> Xℓj − 1, in F∗ q non possono esservi altre ra<strong>di</strong>ci<br />

<strong>di</strong> questo polinomio. Sia ora b un qualunque elemento in S. Sia ℓk l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> b.<br />

Chiaramente si ha che k ≤ j. Pertanto bℓj = (bℓk) ℓj−k = 1. Questo ci <strong>di</strong>ce che anche<br />

b è ra<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Xℓj − 1, e pertanto dovrà essere potenza <strong>di</strong> a. Per arbitrarietà <strong>di</strong> b, S è<br />

gruppo ciclico generato da a.<br />

Siano ℓ1, . . . , ℓr i <strong>di</strong>visori primi <strong>di</strong>stinti <strong>di</strong> #F ∗ q = q − 1. Essendo F ∗ q abeliano, si ha che<br />

F ∗ q è prodotto <strong>di</strong>retto dei suoi sottogruppi <strong>di</strong> Sylow<br />

Sℓ1, Sℓ2, . . . , Sℓr ,<br />

ciascuno dei quali è ciclico per quanto detto sopra. Sia Sℓi =< ai >. Si lascia come<br />

facile esercizio per il lettore <strong>di</strong>mostrare che a1a2 · · · ar ha or<strong>di</strong>ne ℓ1ℓ2 · · · ℓr, e pertanto<br />

è un generatore <strong>di</strong> F ∗ q.<br />

Un generatore del gruppo moltiplicativo <strong>di</strong> Fq si <strong>di</strong>ce elemento primitivo <strong>di</strong> Fq.<br />

Esercizio 5. Si descriva il campo finito con 8 elementi, in<strong>di</strong>viduando un suo elemento<br />

primitivo.<br />

Per ogni intero positivo d, l’elevamento a d-ma potenza definisce un omomorfismo del<br />

gruppo moltiplicativo <strong>di</strong> Fq in sè, che in<strong>di</strong>cheremo con ψd:<br />

ψd : F ⋆ q → F ⋆ q, x ↦→ x d .


CAPITOLO 1. NOZIONI PRELIMINARI 7<br />

Lemma 1.10. Il nucleo <strong>di</strong> ψd consiste <strong>di</strong> (d, q − 1) elementi.<br />

Dimostrazione. Sia w un elemento primitivo <strong>di</strong> Fq. Si denoti con e il massimo comun<br />

<strong>di</strong>visore (d, q−1) <strong>di</strong> d e q−1 . Proviamo che Ker(ψd) è generato da w q−1<br />

e . Chiaramente<br />

<br />

w q−1<br />

e<br />

d <br />

=<br />

w d<br />

e<br />

q−1 = 1 ,<br />

e quin<strong>di</strong> w q−1<br />

e ∈ Ker(ψd). Sia ora a ∈ Ker(ψd). Essendo w elemento primitivo, esiste<br />

s tale che a = w s . Pertanto si ha che w sd = 1. L’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> w è q − 1, e pertanto q − 1<br />

<strong>di</strong>vide sd. Ne segue che<br />

e ·<br />

q − 1<br />

e<br />

| sd,<br />

da cui, non avendo d e (q − 1)/e <strong>di</strong>visori in comune, si ha che q−1<br />

e<br />

Ker(ψd) =< w q−1<br />

q−1<br />

i e >= {w e | i = 1, . . . , e} .<br />

Come conseguenza imme<strong>di</strong>ata abbiamo questo risultato.<br />

Teorema 1.11. Sia d un intero positivo minore <strong>di</strong> q. Allora<br />

<strong>di</strong>vide s. Pertanto<br />

(A) Le ra<strong>di</strong>ci d-me dell’unità in Fq formano un gruppo ciclco <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne (d, q − 1).<br />

(B) Le potenze d-me non nulle in Fq sono in numero <strong>di</strong><br />

q−1<br />

(d,q−1) .<br />

(C) Se un elemento a ∈ F ∗ q ha una ra<strong>di</strong>ce d-ma in Fq, allora ha esattamente (d, q − 1)<br />

ra<strong>di</strong>ci d-me in Fq.<br />

Dimostrazione. (A) semplicemente è una formulazione <strong>di</strong>versa del Lemma. (B) e (C)<br />

seguono dal fatto che Im(ψd) è isomorfo al quoziente F ∗ q/Ker(ψd)<br />

Corollario 1.12. In un campo finito <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>spari, esattamente la metà degli elementi<br />

non nulli è un quadrato. In un campo finito <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne pari, tutti gli elementi<br />

sono quadrati.


CAPITOLO 1. NOZIONI PRELIMINARI 8<br />

Esercizio 6. Provare che in un campo finito <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>spari q, per ogni elemento<br />

primitivo w si ha<br />

−1 = w q−1<br />

2<br />

Esercizio 7. Provare che −1 è un quadrato in Fq, q <strong>di</strong>spari, se e solo se q ≡ 3 (mod 4).<br />

Esercizio 8. Nel campo finito con 11 elementi, esibire il gruppo delle ra<strong>di</strong>ci quarte<br />

dell’unità. Si ripeta l’esercizio nel campo finito <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne 13.<br />

1.1.3 Sottocampi<br />

Proviamo il seguente teorema.<br />

Teorema 1.13. Un campo finito con q ′ elementi é sottocampo <strong>di</strong> Fq se e solo se q =<br />

(q ′ ) r per qualche intero positivo r.<br />

Dimostrazione. Supponiamo che un campo finito H con q ′ elementi sia sottocampo <strong>di</strong><br />

Fq. Allora Fq è estensione finita <strong>di</strong> H, e pertanto l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Fq deve essere una potenza<br />

dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> H.<br />

Viceversa, se q = (q ′ ) r , allora<br />

q − 1 = (q ′ ) r − 1 = (q ′ − 1)((q ′ ) r−1 + (q ′ ) r−2 + . . . + q ′ + 1).<br />

Sia w generatore del gruppo moltiplicativo <strong>di</strong> Fq, e sia<br />

α = ω (q′ ) r−1 +(q ′ ) r−2 +...+q ′ +1 .<br />

Allora si vede facilmente che il sottoinsieme <strong>di</strong> Fq<br />

H = {α i | i = 1, . . . , q ′ − 1} ∪ {0}<br />

consiste <strong>di</strong> q ′ ra<strong>di</strong>ci <strong>di</strong>stinte del polinomio Xq′ − X. Pertanto H è campo finito con q ′<br />

elementi.


CAPITOLO 1. NOZIONI PRELIMINARI 9<br />

1.1.4 Automorfismi <strong>di</strong> un campo finito<br />

Il gruppo <strong>di</strong> automorfismi <strong>di</strong> un campo finito si può facilmente determinare.<br />

Teorema 1.14. Sia q = p h , h primo. Allora il gruppo degli automorfismi <strong>di</strong> Fq è il<br />

gruppo ciclico <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne h generato da<br />

σ : x ↦→ x p .<br />

Dimostrazione. Si è già visto come σ sia automorfismo <strong>di</strong> ogni campo finito <strong>di</strong><br />

caratteristica p > 0. Si noti che la i-ma potenza <strong>di</strong> σ è<br />

σ i : x ↦→ x pi<br />

.<br />

L’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> σ è uguale a h: chiaramente σh = id, ed inoltre se fosse σi = id per i < h<br />

si avrebbero q > pi ra<strong>di</strong>ci del polinomio Xpi − X.<br />

Proviamo ora che non ci sono automorfismi <strong>di</strong>versi dalle h potenze <strong>di</strong> σ. Osserviamo<br />

che ogni automorfismo φ <strong>di</strong> Fq fissa Zp elemento per elemento, dovendo essere φ(1) = 1,<br />

φ(1+1) = φ(1)+φ(1) = 1+1, e così via. Sia w un generatore del gruppo moltiplicativo<br />

<strong>di</strong> Fq, e sia m(x) il suo polinomio minimo su Zp. Chiaramente il grado <strong>di</strong> m è minore o<br />

uguale <strong>di</strong> h, il grado dell’estensione Fq : Zp (in realtà si può <strong>di</strong>mostrare che deg(m) = h).<br />

Si osservi che φ(w) deve essere ancora una ra<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Pw dato che φ ne fissa i coefficienti.<br />

Essendo il numero <strong>di</strong> tali ra<strong>di</strong>ci minore o uguale a h, l’asserto è <strong>di</strong>mostrato.<br />

1.2 Spazi proiettivi sopra un campo<br />

Sia P r (F ) uno spazio proiettivo <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione r sopra un campo F . L’insieme dei suoi<br />

punti è costituito da tutte le (r + 1)-ple <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong> F , P = (x0 : x1 : . . . : xr), non<br />

tutti nulli, definite a meno <strong>di</strong> un fattore <strong>di</strong> proporzionalità non nullo. Un insieme <strong>di</strong> n<br />

punti si <strong>di</strong>ce in<strong>di</strong>pendente se mai uno <strong>di</strong> tali punti è combinazione lineare dei rimanenti,<br />

<strong>di</strong>pendente in caso contrario.<br />

Una retta si ottiene come combinazione lineare a coefficienti in F <strong>di</strong> due punti <strong>di</strong>stinti<br />

R e Q, cioè essa è l’insieme dei punti<br />

P = λR + µQ, λ, µ ∈ F, (λ, µ) = (0, 0) .


CAPITOLO 1. NOZIONI PRELIMINARI 10<br />

Un piano si ottiene considerando le combinazioni lineari <strong>di</strong> tre punti in<strong>di</strong>pendenti. In<br />

generale, un sottospazio <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione d è costituito dai punti le cui coor<strong>di</strong>nate sono<br />

combinazione lineare a coefficienti in F <strong>di</strong> d + 1 punti in<strong>di</strong>pendenti. Il sottospazio<br />

generato da un insieme <strong>di</strong> punti è il più piccolo sottospazio che contiene tale insieme.<br />

È facile verificare che un sottospazio <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione d e un iperpiano che non lo contiene<br />

si incontrano in un sottospazio <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione d−1. Invece un sottospazio <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione<br />

d e un punto non in esso contenuto generano un sottospazio <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione d + 1.<br />

Un iperpiano può descriversi con un’equazione omogenea <strong>di</strong> primo grado nelle coor<strong>di</strong>nate<br />

omogenee x0, . . . , xn. Similmente un sottospazio <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione d può descriversi<br />

con r − d equazioni omogenee <strong>di</strong> primo grado in<strong>di</strong>pendenti.<br />

Definizione 1.15. Una collineazione <strong>di</strong> uno spazio proiettivo P r (F ) è una biiezione<br />

dell’insieme dei punti dello spazio che muta rette in rette.<br />

Una classe importante <strong>di</strong> collineazioni è data dalle collineazioni lineari, o proiettività.<br />

Definizione 1.16. Una proiettività <strong>di</strong> uno spazio proiettivo P r (F ) è una collineazione<br />

indotta da una matrice invertibile A <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne r + 1 a coefficienti in F , secondo la legge<br />

(x0 : . . . : xr) ↦→ (x0 : . . . : xr) · A .<br />

Si noti che due matrici <strong>di</strong>stinte possono indurre la stessa trasformazione. Precisamente<br />

questo accade se e solo se le una matrice si ottiene dall’altra per moltiplicazione rispetto<br />

a una matrice scalare λ · Ir+1, λ ∈ F , λ = 0.<br />

Teorema 1.17. Ogni collineazione φ : P r (F ) → P r (F ) è tale che esistono una matrice<br />

invertibile A <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne r + 1 a coefficienti in F , ed un automorfismo η del campo F ,<br />

tali che<br />

φ(x0 : . . . : xr) = (η(x0) : . . . : η(xr)) · A .<br />

Esercizio 9. Esistono collineazioni del piano proiettivo reale che non sono proiettività?<br />

E nel piano proiettivo complesso? E nel piano proiettivo sopra il campo finito con 9<br />

elementi?<br />

Infine ricor<strong>di</strong>amo il cosiddetto Teorema Fondamentale della Geometria Proiettiva.


CAPITOLO 1. NOZIONI PRELIMINARI 11<br />

Teorema 1.18. Siano (P1, . . . , Pr+2) e (Q1, . . . , Qr+2) insiemi or<strong>di</strong>nati <strong>di</strong> r + 2 punti<br />

<strong>di</strong> P r (K) tali che r + 1 punti comunque scelti nello stesso insieme sono in<strong>di</strong>pendenti.<br />

Allora esiste un’unica proiettività φ tale che ψ(Pi) = Qi per ogni i = 1, . . . , n + 2.<br />

Esercizio 10. Si costruisca la proiettività ψ del piano proiettivo reale tale che<br />

1.2.1 Lo spazio P G(r, q)<br />

ψ(0 : 0 : 1) = (2 : 3 : 0), ψ(0 : 1 : 0) = (1 : 1 : 0),<br />

ψ(1 : 0 : 0) = (1 : 1 : 1), ψ(1 : 1 : 1) = (1 : 0 : 1).<br />

Esaminiamo ora in maggiore dettaglio il caso in cui F sia un campo finito Fq. In tal<br />

caso lo spazio proiettivo Pr (F ) si denota con P G(r, q). Porremo inoltre, per ogni intero<br />

non negativo d,<br />

d<br />

θd = q i<br />

.<br />

Teorema 1.19. In P G(r, q) un sottospazio <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione d contiene esattamente θd<br />

punti. In particolare i punti <strong>di</strong> P G(r, q) sono q r + q r−1 + . . . + q + 1.<br />

Dimostrazione. Per definizione un sottospazio <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione d è costituito dai punti<br />

le cui coor<strong>di</strong>nate omogenee si ottengono come combinazione lineare <strong>di</strong> quelle <strong>di</strong> d + 1<br />

punti in<strong>di</strong>pendenti, ovvero<br />

i=0<br />

P = λ0P0 + . . . + λdPd , (λ0, . . . , λd) = (0, . . . , 0) .<br />

Le possibilità per la (d + 1)-pla or<strong>di</strong>nata (λ0, . . . , λd) chiaramente sono q d − 1. Inoltre,<br />

essendo i punti in<strong>di</strong>pendenti, due <strong>di</strong> tali (d + 1)-ple danno luogo allo stesso punto<br />

se e solo se esse <strong>di</strong>fferiscono per un fattore <strong>di</strong> proporzionalità non nullo. Essendo gli<br />

elementi non nulli <strong>di</strong> Fq in numero <strong>di</strong> q −1, si ha che il numero dei punti del sottospazio<br />

è<br />

q d − 1<br />

q − 1 = qd + q d−1 + . . . + 1 .


CAPITOLO 1. NOZIONI PRELIMINARI 12<br />

Esercizio 11. Si determinino i punti <strong>di</strong> P G(2, 5) appartenenti alla retta <strong>di</strong> equazione<br />

3x0 + 2x1 − x2 = 0.<br />

Esercizio 12. Quante sono le proiettività della retta proiettiva sopra il campo finito<br />

con 3 elementi? Quante sono le proiettività del piano proiettivo sopra il campo finito<br />

con 7 elementi?<br />

Il gruppo delle proiettività <strong>di</strong> uno spazio proiettivo sopra un campo finito P G(r, q) è un<br />

ovviamente un gruppo finito. Per quanto detto nella sezione precedente, tale gruppo è<br />

isomorfo al quoziente<br />

P GL(r + 1, q) = GL(r + 1, q)/{λ · Ir+1 | λ ∈ Fq, λ = 0} ,<br />

dove GL(r + 1, q) è il gruppo delle matrici invertibili <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne r + 1 a coefficienti in Fq.<br />

Esercizio 13. Si calcoli il numero <strong>di</strong> proiettività <strong>di</strong> uno spazio proiettivo P G(r, q).


Capitolo 2<br />

Co<strong>di</strong>ci Lineari<br />

2.1 Co<strong>di</strong>ci e loro parametri<br />

In questo capitolo definiamo le nozioni principali della teoria dei co<strong>di</strong>ci correttori. Sia<br />

A un insieme finito, che chiameremo alfabeto. L’insieme A n = A × · · · × A è dotato<br />

della cosiddetta metrica <strong>di</strong> Hamming: la <strong>di</strong>stanza d(a, b) è il numero <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate in<br />

cui a e b <strong>di</strong>fferiscono:<br />

d((a1, . . . , an), (b1, . . . , bn)) = #{i | ai = bi} .<br />

Con q in<strong>di</strong>chiamo la car<strong>di</strong>nalità dell’alfabeto. Ogni insieme non vuoto C ⊆ A n si <strong>di</strong>ce<br />

co<strong>di</strong>ce q-ario <strong>di</strong> lunghezza n. La car<strong>di</strong>nalità <strong>di</strong> C è M, mentre la car<strong>di</strong>nalità logaritmica<br />

si definisce come k = log q(M) ∈ R. La <strong>di</strong>stanza minima è<br />

d = min{d(a, b) | a, b ∈ C, a = b} .<br />

Un co<strong>di</strong>ce con questi parametri si <strong>di</strong>ce [n, k, d]q co<strong>di</strong>ce. Gli elementi <strong>di</strong> C sono detti parole<br />

co<strong>di</strong>ce. La qualità <strong>di</strong> un co<strong>di</strong>ce è misurata in prima istanza dai seguenti parametri<br />

relativi: il tasso <strong>di</strong> informazione R = k<br />

d<br />

, e la <strong>di</strong>stanza relativa δ = . Chiaramente si<br />

n n<br />

ha che 0 ≤ R ≤ 1 e 0 ≤ δ ≤ 1.<br />

Spieghiamo brevemente perché i co<strong>di</strong>ci sono detti correttori <strong>di</strong> errori. Si consideri un<br />

messaggio sufficientemente lungo e scritto nell’alfabeto A. Quando il messaggio viene<br />

trasmesso attraverso un canale, può essere soggetto a <strong>di</strong>storsioni. Come risolvere tale<br />

13


CAPITOLO 2. CODICI LINEARI 14<br />

situazione? Sia C un [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ce, e si supponga per semplicità che k sia intero. Si<br />

definisca una funzione (co<strong>di</strong>fica) E : A k → C ⊆ A n iniettiva che associa ad ogni parola<br />

<strong>di</strong> lunghezza k un elemento <strong>di</strong> C. Si sud<strong>di</strong>vida il messaggio in blocchi <strong>di</strong> lunghezza<br />

k, e invece <strong>di</strong> inviare tali blocchi a ∈ Ak si trasmetta la parola corrispondente E(a)<br />

volte più lenta. Il destinatario<br />

<strong>di</strong> lunghezza n. La trasmissione in questo modo è 1<br />

R<br />

riceverà una parola <strong>di</strong>storta E(a) ′ ∈ An , che trasformerà nella parola <strong>di</strong> C più vicina<br />

secondo la metrica <strong>di</strong> Hamming, <strong>di</strong>ciamo E(a) ′′ . Questa procedura è basata sul fatto<br />

che se il numero <strong>di</strong> posizioni <strong>di</strong> E(a) che sono mutate per effetto delle <strong>di</strong>storsioni è al<br />

più d−1<br />

2 , allora E(a)′′ = E(a). Naturalmente se il numero <strong>di</strong> errori che intervengono<br />

è maggiore <strong>di</strong> d−1<br />

2 , non potremo in nessun modo garantire che E(a)′′ = E(a). Sia<br />

t = ⌊ d−1<br />

2<br />

⌋. Un buon co<strong>di</strong>ce è un co<strong>di</strong>ce con n grande e con R e δ più gran<strong>di</strong> possibili.<br />

Sia per la costruzione <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ci buoni, che per quella <strong>di</strong> efficienti algoritmi <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica e<br />

deco<strong>di</strong>fica, i co<strong>di</strong>ci su un alfabeto arbitrario si rivelano <strong>di</strong> struttura troppo povera. È<br />

possibile arricchire tale struttura andando a considerare i co<strong>di</strong>ci lineari.<br />

Sia ora A = Fq, con q = p m . Un co<strong>di</strong>ce lineare C <strong>di</strong> lunghezza n è un sottospazio<br />

vettoriale C ⊆ F n q ; per co<strong>di</strong>ci lineari, k = <strong>di</strong>mFq(C). Inoltre, la <strong>di</strong>stanza minima può<br />

essere vista come il peso minimo <strong>di</strong> una parola non nulla.<br />

Esercizio 14. Si provi che per un co<strong>di</strong>ce lineare<br />

dove a = #{i | ai = 0} è il peso <strong>di</strong> a.<br />

d = min{ a | a ∈ C, a = 0} ,<br />

D’ora in poi considereremo soltanto co<strong>di</strong>ci lineari.<br />

Definizione 2.1. Una matrice generatrice <strong>di</strong> un [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ce è una matrice <strong>di</strong> tipo<br />

(k × n) a coefficienti in Fq le cui righe sono una base <strong>di</strong> C.<br />

Esercizio 15. Sia G una matrice generatrice <strong>di</strong> un [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ce C. Si provi che<br />

C = {x · G | x ∈ F k q } .<br />

Definizione 2.2. Sia C un [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ce. Il co<strong>di</strong>ce duale C ⊥ <strong>di</strong> C è il co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong><br />

lunghezza n definito da<br />

C ⊥ = {a ∈ F n q |< a, x >= 0 per ogni x ∈ C},<br />

dove con < ·, · > si intende il prodotto scalare or<strong>di</strong>nario.


CAPITOLO 2. CODICI LINEARI 15<br />

D’ora in avanti si denoti con 0 il vettore nullo <strong>di</strong> F n q .<br />

Esercizio 16. Sia G una matrice generatrice <strong>di</strong> un [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ce C. Si provi che<br />

C ⊥ = {x ∈ F n q | G · x t = 0} .<br />

Esercizio 17. Si provi che <strong>di</strong>mFq(C ⊥ ) = n − k.<br />

Esercizio 18. Si provi che (C ⊥ ) ⊥ = C.<br />

Definizione 2.3. Una matrice <strong>di</strong> controllo <strong>di</strong> parità <strong>di</strong> un [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ce è una matrice<br />

<strong>di</strong> tipo (n − k) × n a coefficienti in Fq che è una matrice generatrice <strong>di</strong> C ⊥ .<br />

Pertanto, se H è matrice <strong>di</strong> controllo <strong>di</strong> parità <strong>di</strong> un [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ce C, si ha<br />

C = {x ∈ F n q | H · x t = 0} .<br />

Esercizio 19. Sia H la matrice <strong>di</strong> controllo <strong>di</strong> parità <strong>di</strong> un [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ce C. Si provi<br />

che comunque si scelgano d−1 colonne <strong>di</strong> H tali colonne sono linearmente in<strong>di</strong>pendenti,<br />

e che esistono d colonne <strong>di</strong> H linearmente <strong>di</strong>pendenti. Suggerimento: se si denotano<br />

H 1 , H 2 , . . . , H n le colonne <strong>di</strong> H, e se x = (x1, . . . , xn), allora<br />

H · x t = x1H 1 + x2H 2 + . . . + xnH n .<br />

Una domanda naturale è la seguente: che relazione esiste fra due matrici generatrici <strong>di</strong><br />

uno stesso co<strong>di</strong>ce?<br />

Proposizione 2.4. Siano G = (gi,j) e G ′ = (g ′ i,j) due matrici generatrici <strong>di</strong> due<br />

[n, k, d]q-co<strong>di</strong>ci C e C ′ . Allora C = C ′ se e solo se esiste N ∈ GL(k, q) tale che<br />

G ′ = NG .<br />

Dimostrazione. Supponiamo che C = C ′ . Siano G1, . . . , Gk le righe <strong>di</strong> G, e analoga-<br />

} sono basi <strong>di</strong> C.<br />

mente G ′ 1, . . . , G ′ k le righe <strong>di</strong> G′ . Sia {G1, . . . , Gk} che {G ′ 1, . . . , G ′ k<br />

Sia M la matrice del cambiamento <strong>di</strong> base da {G ′ 1, . . . , G ′ k } a {G1, . . . , Gk}. Ovvero,<br />

sia M = (mjl) la matrice invertibile tale che per ogni l = 1, . . . , k<br />

G ′ l =<br />

k<br />

j=1<br />

mjlGj .


CAPITOLO 2. CODICI LINEARI 16<br />

Scrivendo l’eguaglianza precedente elemento per elemento si ha<br />

Ponendo N = M t si ha l’asserto.<br />

g ′ l,i =<br />

Supponiamo ora che G ′ = NG. Allora<br />

k<br />

j=1<br />

mjlgj,i .<br />

C ′ = {x · N · G | x ∈ F k q} .<br />

Essendo N invertibile si ha che l’insieme x · N descrive tutto F k q, e quin<strong>di</strong><br />

C ′ = {y · G | y ∈ F k q} = C .<br />

Un analogo risultato vale per una matrici <strong>di</strong> controllo <strong>di</strong> parità.<br />

Proposizione 2.5. Siano H = (hi,j) e H ′ = (h ′ i,j) due matrici <strong>di</strong> controllo <strong>di</strong> parità<br />

<strong>di</strong> uno stesso [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ce C. Allora esiste N ∈ GL(n − k, q) tale che<br />

H ′ = NH .<br />

Dimostrazione. Si noti che H e H ′ sono due matrici generatrici del co<strong>di</strong>ce duale <strong>di</strong> C.<br />

Allora l’asserto segue dalla Proposizione 2.4.<br />

2.2 Equivalenze e automorfismi<br />

Ingenuamente si potrebbe pensare che, essendo tutti i sottospazi vettoriali <strong>di</strong> F n q <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>mensione k isomorfi, tutti gli [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ci siano equivalenti. Così non è, dato che<br />

in generale un isomorfismo lineare non conserva il peso <strong>di</strong> un vettore.<br />

Gli isomorfismi che sono considerati equivalenze <strong>di</strong> [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ci sono le restrizioni <strong>di</strong><br />

quegli automorfismi <strong>di</strong> F n q rappresentati da matrici monomiali. Una matrice monomiale<br />

è una matrice invertibile contenente in ogni riga e in ogni colonna un unico elemento<br />

non nullo (equivalentemente, una matrice si <strong>di</strong>ce monomiale se è il prodotto <strong>di</strong> una<br />

matrice <strong>di</strong> permutazione per una matrice <strong>di</strong>agonale). Si noti che se M è una matrice<br />

monomiale, allora:


CAPITOLO 2. CODICI LINEARI 17<br />

• il peso <strong>di</strong> x ∈ F n q é lo stesso <strong>di</strong> x · M;<br />

• una matrice B con n colonne a coefficienti in Fq viene trasformata dal prodotto<br />

B · M in una matrice che ha colonne proporzionali a quelle <strong>di</strong> B, eventualmente<br />

permutate.<br />

Sia A il gruppo costituito da automorfismi <strong>di</strong> F n q rappresentati da matrici monomiali.<br />

Esercizio 20. Si <strong>di</strong>mostri che #A = (q − 1) n · n!<br />

Definizione 2.6. Due [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ci C e C ′ si <strong>di</strong>cono equivalenti se esiste A ∈ A tale<br />

che C ′ = A(C).<br />

Ve<strong>di</strong>amo ora come esprimere il concetto <strong>di</strong> equivalenza in termini <strong>di</strong> matrici generatrici<br />

e <strong>di</strong> controllo <strong>di</strong> parità.<br />

Lemma 2.7. Due [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ci C e C ′ sono equivalenti se e solo se i loro duali lo<br />

sono.<br />

Dimostrazione.<br />

È sufficiente provare un’implicazione, dato che l’altra segue da<br />

(C ⊥ ) ⊥ = C. Siano dunque C e C ′ equivalenti. Allora esiste una matrice monomiale<br />

M tale che<br />

x ∈ C ⇔ xM ∈ C ′ .<br />

Ricordando la nota formula <strong>di</strong> aggiunzione<br />

< xM, y >= x · M · y t = y · M t · x t =< yM t , x >=< x, yM t > ,<br />

si ha la seguente catena <strong>di</strong> equivalenze:<br />

y ∈ (C ′ ) ⊥ ⇔< x, y >= 0 per ogni x ∈ C ′<br />

⇔< xM, y >= 0 per ogni x ∈ C ⇔< x, yM t >= 0 per ogni x ∈ C ⇔ yM t ∈ C ⊥ .<br />

Essendo M t chiaramente monomiale, si ha che (C ′ ) ⊥ è equivalente a C ⊥ .<br />

Proposizione 2.8. Siano G e G ′ due matrici generatrici <strong>di</strong> due [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ci C e<br />

C ′ . Allora C e C ′ sono equivalenti se e solo se esistono una matrice n × n monomiale<br />

M, ed una matrice k × k invertibile N tali che<br />

G ′ = NGM .


CAPITOLO 2. CODICI LINEARI 18<br />

Dimostrazione. Sia C ′ equivalente a C. Allora esiste una matrice monomiale M che<br />

trasforma i vettori <strong>di</strong> C in quelli <strong>di</strong> C ′ . In particolare, GM è una matrice generatrice<br />

<strong>di</strong> C ′ . Dalla Proposizione 2.4 si ha quin<strong>di</strong> che<br />

G ′ = NGM .<br />

Viceversa, se G = NGM dalla Proposizione 2.4 segue che G ′ e GM sono matrici generatrici<br />

dello stesso co<strong>di</strong>ce C ′ . Chiaramente il co<strong>di</strong>ce che ha come matrice generatrice<br />

GM è il co<strong>di</strong>ce che ha come matrice generatrice G, trasformato secondo la matrice<br />

monomiale M. Pertanto, C ′ è equivalente a C.<br />

Proposizione 2.9. Siano H e H ′ due matrici <strong>di</strong> controllo <strong>di</strong> parità <strong>di</strong> due [n, k, d]qco<strong>di</strong>ci<br />

C e C ′ . Allora C e C ′ sono equivalenti se e solo se esistono una matrice n × n<br />

monomiale M, ed una matrice (n − k) × (n − k) invertibile N tali che<br />

H ′ = NHM .<br />

Dimostrazione. L’asserto segue dalla Proposizione 2.8 e dal Lemma 2.7.<br />

Definizione 2.10. Sia C un [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ce. Il gruppo Aut(C) degli automorfismi <strong>di</strong><br />

C è il gruppo degli elementi A ∈ A tali che A(C) = C.<br />

2.3 Co<strong>di</strong>ci e sistemi proiettivi<br />

La nozione <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ce lineare può essere riformulata in termini <strong>di</strong> sottoinsiemi <strong>di</strong> spazi<br />

proiettivi <strong>di</strong> Galois.<br />

Premettiamo che nel seguito con l’espressione insieme <strong>di</strong> n punti (non necessariamente<br />

<strong>di</strong>stinti) <strong>di</strong> uno spazio proiettivo P G(r, q) intenderemo un elemento del quoziente <strong>di</strong><br />

P G(r, q) n rispetto alla relazione d’equivalenza<br />

(P1, . . . , Pn) ∼ (Q1, . . . , Qn) ⇔ esiste α ∈ Sn tale che Qi = Pα(i) .<br />

Per brevità , talvolta chiameremo n-insieme un insieme <strong>di</strong> n punti (non necessariamente<br />

<strong>di</strong>stinti) <strong>di</strong> uno spazio proiettivo finito.<br />

Definizione 2.11. Un [n, k, d]q-sistema proiettivo è un n-insieme P <strong>di</strong> P G(k − 1, q)<br />

tale che


CAPITOLO 2. CODICI LINEARI 19<br />

• non esiste un iperpiano contenente tutti i punti <strong>di</strong> P;<br />

• d = n − max{#P ∩ H | H iperpiano <strong>di</strong> P G(k − 1, q)}.<br />

Due [n, k, d]q-sistemi proiettivi P e P ′ sono detti equivalenti se esiste una proiettività<br />

<strong>di</strong> P G(k − 1, q) che manda P in P ′ . Inoltre <strong>di</strong>remo che un co<strong>di</strong>ce lineare C ⊂ F n q è<br />

degenere se è contenuto in un sottospazio vettoriale <strong>di</strong> equazione xi = 0.<br />

Proposizione 2.12. Sia k ≥ 1, d ≥ 1. C’è una corrispondenza biiettiva fra le classi <strong>di</strong><br />

equivalenza <strong>di</strong> [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ci non-degeneri e le classi <strong>di</strong> equivalenza <strong>di</strong> [n, k, d]q-sistemi<br />

proiettivi.<br />

Dimostrazione. Sia G una matrice generatrice <strong>di</strong> un [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ce non-degenere con<br />

d ≥ 1 e k ≥ 1. Osserviamo che ogni colonna <strong>di</strong> G è un vettore non nullo <strong>di</strong> F k q,<br />

e pertanto definisce un punto <strong>di</strong> P G(k − 1, q) (si noti che la colonna nulla è esclusa<br />

dalla con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> non degenericità del co<strong>di</strong>ce). Sia PG l’n-insieme <strong>di</strong> tali punti, che<br />

in<strong>di</strong>cheremo con P1, . . . , Pn. Osserviamo che per definizione <strong>di</strong> matrice generatrice ogni<br />

parola co<strong>di</strong>ce non nulla è <strong>di</strong> tipo<br />

x = (< a, P1 >, . . . , < a, Pn >)<br />

per qualche a = (a0, . . . , ak−1) ∈ F k q, a = (0, . . . , 0). Il numero <strong>di</strong> componenti non nulle<br />

<strong>di</strong> x è pertanto il numero <strong>di</strong> punti <strong>di</strong> PG non appartenenti all’iperpiano <strong>di</strong> equazione<br />

a0X0 + a1X1 + . . . + ak−1Xk−1 = 0 .<br />

Da qui segue che PG è un [n, k, d]q-sistema proiettivo.<br />

Proviamo ora che se due matrici G e G ′ generano due co<strong>di</strong>ci C e C ′ equivalenti, allora<br />

PG e PG ′ sono sistemi proiettivi equivalenti. Dalla Proposizione 2.8 si ha che C e C′<br />

sono equivalenti se e solo se<br />

G ′ = N · G · M<br />

per qualche matrice N invertibile k × k e per qualche matrice M monomiale n × n.<br />

L’osservazione chiave è che PG·M = PG, ovvero le colonne <strong>di</strong> G·M definiscono lo stesso<br />

sistema proiettivo <strong>di</strong> G. Infatti M agisce su tali colonne semplicemente permutandole<br />

e moltiplicandole per scalari non nulli; quin<strong>di</strong> l’insieme <strong>di</strong> punti <strong>di</strong> P G(k − 1, q)<br />

corrispondente non varia. A questo punto è imme<strong>di</strong>ato verificare che PG ′ è l’insieme


CAPITOLO 2. CODICI LINEARI 20<br />

ottenuto da PG·M = PG me<strong>di</strong>ante l’azione della proiettività <strong>di</strong> P G(k − 1, q) definita da<br />

N.<br />

Pertanto abbiamo costruito un’applicazione fra le classi <strong>di</strong> equivalenza <strong>di</strong> [n, k, d]qco<strong>di</strong>ci<br />

non-degeneri e le classi <strong>di</strong> equivalenza <strong>di</strong> [n, k, d]q-sistemi proiettivi.<br />

Si lascia come esercizio la <strong>di</strong>mostrazione della biiettività <strong>di</strong> tale applicazione.<br />

Presentiamo ora un approccio ancora <strong>di</strong>verso.<br />

Definizione 2.13. Un [n, k, d]q-sistema proiettivo duale è un n-insieme Q <strong>di</strong> P G(n −<br />

k − 1, q) tale che<br />

• non esiste un iperpiano contenente tutti i punti <strong>di</strong> Q;<br />

• d è il minimo numero <strong>di</strong> punti linearmente <strong>di</strong>pendenti <strong>di</strong> Q.<br />

Proposizione 2.14. Sia k ≥ 1 e d > 1. C’è una corrispondenza biiettiva fra le classi<br />

<strong>di</strong> equivalenza <strong>di</strong> [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ci e le classi <strong>di</strong> equivalenza <strong>di</strong> [n, k, d]q-sistemi proiettivi<br />

duali.<br />

Dimostrazione. Sia H una matrice <strong>di</strong> controllo <strong>di</strong> parità <strong>di</strong> un [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ce con d > 1<br />

e k ≥ 1. Osserviamo che d > 1 implica che ogni colonna <strong>di</strong> H è un vettore non nullo<br />

<strong>di</strong> F n−k<br />

q , e pertanto definisce un punto <strong>di</strong> P G(n − k − 1, q). Sia QH l’n-insieme <strong>di</strong><br />

tali punti, che in<strong>di</strong>cheremo con Q1, . . . , Qn. Osserviamo che per definizione <strong>di</strong> matrice<br />

<strong>di</strong> controllo <strong>di</strong> parità (si veda anche l’Esercizio 19), d è il minimo numero <strong>di</strong> punti<br />

linearmente <strong>di</strong>pendenti <strong>di</strong> QH. Inoltre, nessun iperpiano può contenere QH in quanto<br />

il rango della matrice H è n − k, e quin<strong>di</strong> esistono n − k punti <strong>di</strong> QH linearmente<br />

in<strong>di</strong>pendenti. Pertanto, QH è un [n, k, d]q-sistema proiettivo duale.<br />

Proviamo ora che se due matrici G e G ′ generano due co<strong>di</strong>ci C e C ′ equivalenti, allora<br />

QH e QH ′ sono sistemi proiettivi equivalenti. Dalla Proposizione 2.9 si ha che C e C′<br />

sono equivalenti se e solo se<br />

H ′ = N · H · M<br />

per qualche matrice N invertibile k × k e per qualche matrice M monomiale n × n. A<br />

questo punto la <strong>di</strong>mostrazione prosegue come nella Proposizione 2.12.


CAPITOLO 2. CODICI LINEARI 21<br />

Riassumendo, ad un [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ce C si possono associare due classi <strong>di</strong> n-insiemi <strong>di</strong><br />

spazi proiettivi finiti. La prima è quella che si ottiene considerando l’insieme PC dei<br />

punti le cui coor<strong>di</strong>nate sono le colonne <strong>di</strong> una matrice generatrice <strong>di</strong> C; si ha che PC<br />

è contenuto in P G(k − 1, q) e che il massimo numero <strong>di</strong> punti <strong>di</strong> PC contenuti in uno<br />

stesso iperpiano è n−d. La seconda è quella dell’insieme QC dei punti le cui coor<strong>di</strong>nate<br />

sono le colonne <strong>di</strong> una matrice <strong>di</strong> controllo <strong>di</strong> parità <strong>di</strong> C; si noti che QC è contenuto<br />

in P G(n − k − 1, q) e che il minimo numero <strong>di</strong> punti linearmente <strong>di</strong>pendenti <strong>di</strong> QC è d.<br />

Viceversa, un n-insieme I <strong>di</strong> P G(r, q) che non sia contenuto in un iperpiano può essere<br />

visto sia come sistema proiettivo che come sistema proiettivo duale. Nel primo caso si<br />

associa a I la classe del co<strong>di</strong>ce CI definito come quel co<strong>di</strong>ce la cui matrice generatrice<br />

ha come colonne le coor<strong>di</strong>nate dei punti <strong>di</strong> I; tale co<strong>di</strong>ce ha parametri k = r + 1, e<br />

d = n − MI, dove MI in<strong>di</strong>ca il massimo numero <strong>di</strong> punti <strong>di</strong> I contenuti in uno stesso<br />

iperpiano. Nel secondo caso si associa a I la classe del co<strong>di</strong>ce C ⊥ I , duale <strong>di</strong> CI, la cui<br />

matrice <strong>di</strong> controllo <strong>di</strong> parità ha come colonne le coor<strong>di</strong>nate dei punti <strong>di</strong> I; i parametri<br />

<strong>di</strong> I sono k = n − (r + 1) e d = mI, dove mI in<strong>di</strong>ca il minimo numero <strong>di</strong> punti <strong>di</strong> I<br />

<strong>di</strong>pendenti.<br />

Si noti che, in virtù delle Proposizioni 2.12 e 2.14,<br />

• il co<strong>di</strong>ce CPC<br />

• il co<strong>di</strong>ce C ⊥ QC<br />

è equivalente a C;<br />

è equivalente a C;<br />

• il co<strong>di</strong>ce CQC è equivalente a C⊥ .<br />

Le seguenti definizioni torneranno utili in seguito.<br />

Definizione 2.15. Sia I un n-insieme <strong>di</strong> P G(r, q). Allora<br />

• I si <strong>di</strong>ce M-completo se non esiste I ′ (n + 1)-nsieme <strong>di</strong> P G(r, q) contenente I e<br />

tale che MI ′ = MI.<br />

• I si <strong>di</strong>ce m-completo se non esiste I ′ (n+1)-insieme P G(r, q) contenente I e tale<br />

che mI ′ = mI.<br />

Si lascia come esercizio <strong>di</strong>mostrare che le seguenti definizioni sono equivalenti alle<br />

precedenti:


CAPITOLO 2. CODICI LINEARI 22<br />

• I è M-completo se l’insieme degli iperpiani <strong>di</strong> P G(r, q) che incontrano I in MI<br />

punti costituisce un ricoprimento <strong>di</strong> P G(r, q).<br />

• I è m-completo se l’insieme dei sottospazi <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione mI − 3 generati da<br />

mI − 2 punti in<strong>di</strong>pendenti <strong>di</strong> I costituisce un ricoprimento <strong>di</strong> P G(r, q).<br />

Esercizio 21. Sia A un insieme <strong>di</strong> n punti <strong>di</strong> P G(r, q) a r + 1 a r + 1 in<strong>di</strong>pendenti,<br />

detto n-arco <strong>di</strong> P G(r, q). Si stu<strong>di</strong>no i parametri <strong>di</strong> A come sistema proiettivo e come<br />

sistema proiettivo duale.<br />

Esercizio 22. Sia A un insieme <strong>di</strong> n punti <strong>di</strong> P G(r, q) a 3 a 3 non allineati, detto<br />

n-calotta <strong>di</strong> P G(r, q). Si fornisca una stima dei parametri <strong>di</strong> A come sistema proiettivo<br />

duale.<br />

Esercizio 23. Sia A un insieme <strong>di</strong> n punti <strong>di</strong> P G(2, q) a s a s non allineati, e tale che<br />

esistono s + 1 punti allineati in A, detto (n, s)-arco <strong>di</strong> P G(2, q). Si fornisca una stima<br />

dei parametri <strong>di</strong> A come sistema proiettivo.<br />

Esercizio 24. Si provi che un n-arco <strong>di</strong> P G(r, q) è M-completo se e solo se è mcompleto.<br />

Esercizio 25. Si rappresenti F4 come {0, 1, ω, ω + 1 | ω 2 = ω + 1}. Si consideri il<br />

seguente 5-insieme <strong>di</strong> P G(2, 4):<br />

I = {(1 : 0 : 0), (1 : 1 : 1), (1 : ω : ω + 1), (1 : ω + 1 : ω), (0 : 0 : 1)}<br />

• si provi che I è un 5-arco;<br />

• si stabilisca se I è m-completo.<br />

2.4 Limitazioni<br />

2.4.1 Disuguaglianza <strong>di</strong> Singleton<br />

Fissati n e k, i migliori co<strong>di</strong>ci lineari sono chiaramente quelli con d più grande possibile.<br />

La seguente proposizione stabilisce una limitazione superiore per d.


CAPITOLO 2. CODICI LINEARI 23<br />

Proposizione 2.16. Sia C un [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ce lineare. Allora<br />

d ≤ n − k + 1 .<br />

Dimostrazione. Sia Q un sistema proiettivo duale associato a C. Essendo Q un insieme<br />

<strong>di</strong> punti <strong>di</strong> P G(n − k − 1, q), ogni sottoinsieme <strong>di</strong> car<strong>di</strong>nalità n − k + 1 è costituito<br />

necessariamente da punti <strong>di</strong>pendenti.<br />

Un co<strong>di</strong>ce tale che d = n − k + 1 viene detto ottimale, o MDS (Maximum Distance<br />

Separable). Osserviamo che, attraverso la corrispondenza con i sistemi proiettivi duali,<br />

i co<strong>di</strong>ci MDS corrispondono agli n-archi <strong>di</strong> P G(r, q).<br />

Esercizio 26. Si <strong>di</strong>mostri che il co<strong>di</strong>ce duale C ⊥ <strong>di</strong> un co<strong>di</strong>ce MDS C è ancora un<br />

co<strong>di</strong>ce MDS. Suggerimento: si consideri un sistema proiettivo associato a C, e si ragioni<br />

sul fatto che esso è un sistema proiettivo duale associato a C ⊥ .<br />

Si definisce <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> Singleton ∆C <strong>di</strong> un [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ce C l’intero<br />

∆C = n − k + 1 − d .<br />

Chiaramente ∆C = 0 se e solo se C è MDS. I co<strong>di</strong>ci con <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> Singleton pari a 1<br />

sono detti co<strong>di</strong>ci Almost MDS (AMDS). Ovviamente a parità <strong>di</strong> n e k i co<strong>di</strong>ci migliori<br />

sono quelli con <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> Singleton più basso. A parità invece <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> Singleton,<br />

generalmente i co<strong>di</strong>ci considerati migliori sono quelli con con n più grande.<br />

2.4.2 Lemma <strong>di</strong> Impoverimento<br />

Il lemma seguente ci <strong>di</strong>ce sostanzialmente che a partire da un co<strong>di</strong>ce se ne può sempre<br />

definire uno peggiore (ovvero con <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> Singleton più grande, oppure con lo stesso<br />

<strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> Singleton ma con lunghezza minore).<br />

Lemma 2.17. Sia C un [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ce con k > 1, n > d ≥ 2. Allora esistono co<strong>di</strong>ci<br />

con i seguenti parametri:<br />

(a) [n + 1, k, d]q;<br />

(b) [n − 1, k − 1, d]q;


CAPITOLO 2. CODICI LINEARI 24<br />

(c) [n − 1, k, d − 1]q;<br />

(d) [n, k − 1, d]q;<br />

(e) [n, k, d − 1]q.<br />

Dimostrazione. (a) Sia P un sistema proiettivo associato a C. Si consideri un iperpiano<br />

<strong>di</strong> P G(k − 1, q) che incontra P nel massimo numero <strong>di</strong> punti. Sia P ′ il sistema<br />

proiettivo ottenuto da P aggiungendo un ulteriore punto su tale iperpiano.<br />

Allora P ′ è un [n + 1, k, d]q-sistema proiettivo.<br />

(b) Sia Q un sistema proiettivo duale associato a C. Si considerino d punti <strong>di</strong> Q<br />

linearmente <strong>di</strong>pendenti. Sia Q ′ il sistema proiettivo duale ottenuto da Q rimuovendo<br />

uno dei punti <strong>di</strong>stinti da quei d, scelti secondo il seguente criterio: i punti<br />

<strong>di</strong> Q rimanenti non devono essere contenuti in un iperpiano (tale criterio si può<br />

applicare: d − 1 <strong>di</strong> quei d punti sono in<strong>di</strong>pendenti; è possibile aggiungere altri<br />

n − k − d + 1 punti <strong>di</strong> Q fino ad arrivare a n − k in<strong>di</strong>pendenti, per il teorema della<br />

base incompleta; quin<strong>di</strong> ne esiste uno da eliminare non appena n−d > n−k−d+1,<br />

ovvero k > 1). Allora Q ′ è un [n − 1, k − 1, d]q-sistema proiettivo duale.<br />

(c) Sia P un sistema proiettivo associato a C. Si consideri un iperpiano <strong>di</strong> P G(k −<br />

1, q) che incontra P nel massimo numero <strong>di</strong> punti. Sia P ′ il sistema proiettivo<br />

ottenuto da P rimuovendo uno qualunque dei punti non appartenenti a tale<br />

iperpiano. Allora P ′ è un [n − 1, k, d − 1]q-sistema proiettivo.<br />

(d) Si usino (b) e (a).<br />

(e) Si usino (c) e (a).<br />

Esercizio 27. Sia I è un [n, k, d]q sistema proiettivo <strong>di</strong> P G(r, q). Sia I non Mcompleto.<br />

Si provi che esiste un [n + 1, k, d + 1]q co<strong>di</strong>ce.<br />

Esercizio 28. Sia I è un [n, k, d]q sistema proiettivo duale <strong>di</strong> P G(r, q). Sia I non<br />

m-completo. Si provi che esiste un [n + 1, k + 1, d]q co<strong>di</strong>ce.


CAPITOLO 2. CODICI LINEARI 25<br />

2.4.3 Disuguaglianza <strong>di</strong> Hamming<br />

Definizione 2.18. In F n q , il numero <strong>di</strong> vettori la cui <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> Hamming da una<br />

fissata parola x è minore o uguale <strong>di</strong> r si in<strong>di</strong>ca con Vq(n, r).<br />

Esercizio 29. Si provi che<br />

Vq(n, r) =<br />

r<br />

i=0<br />

<br />

n<br />

(q − 1)<br />

i<br />

i .<br />

Suggerimento: si consideri che l’insieme delle parole la cui <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> Hamming da x<br />

è minore o uguale <strong>di</strong> r è unione <strong>di</strong>sgiunta dei sottoinsiemi <strong>di</strong> vettori la cui <strong>di</strong>stanza da<br />

x è esattamente i, con i = 0, . . . , r.<br />

Teorema 2.19. Sia C un [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ce. Sia t = ⌊ d−1⌋.<br />

Allora<br />

2<br />

q n−k ≥ Vq(n, t) .<br />

Dimostrazione. Si è notato come le sfere <strong>di</strong> centro parole co<strong>di</strong>ce e raggio t siano<br />

<strong>di</strong>sgiunte. Essendo tali sfere in numero <strong>di</strong> q k , necessariamente si ha<br />

q k Vq(n, t) ≤ #F n q = q n .<br />

Nel Teorema precedente vale l’uguaglianza se e solo se le sfere <strong>di</strong> raggio t centrate in<br />

parole co<strong>di</strong>ce costituiscono una partizione dello spazio F n q . In tal caso il co<strong>di</strong>ce si <strong>di</strong>ce<br />

perfetto.<br />

Possiamo definire in modo equivalente un co<strong>di</strong>ce perfetto. Chiamiamo raggio ricoprente<br />

ρC <strong>di</strong> un [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ce C il minimo intero positivo tale che le sfere centrate in parole<br />

<strong>di</strong> C e raggio ρ ricoprono l’intero F n q . Chiaramente t ≤ ρC, e l’uguaglianza vale per<br />

tutti e soli i co<strong>di</strong>ci perfetti.<br />

Dimostriamo il seguente risultato relativo al calcolo <strong>di</strong> ρC a partire da un sistema<br />

proiettivo duale associato a C.<br />

Proposizione 2.20. Sia I = n-insieme <strong>di</strong> P G(r, q). Se I è m-completo, allora ρ C ⊥ I ≤<br />

d − 2, essendo d = mI la minima <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> C ⊥ I .


CAPITOLO 2. CODICI LINEARI 26<br />

Dimostrazione. Sia<br />

⎛<br />

H = ⎝<br />

| | | |<br />

P1 . . . . . . Pn<br />

| | | |<br />

matrice le cui colonne sono coor<strong>di</strong>nate dei punti <strong>di</strong> I. Sia v ∈ F n q , e si ponga w = Hv t .<br />

Dalla m-completezza <strong>di</strong> I segue che ogni vettore <strong>di</strong> P G(r, q) è combinazione lineare <strong>di</strong><br />

mI = d − 2 punti <strong>di</strong> I. In particolare, w è combinazione lineare <strong>di</strong> d − 2 punti <strong>di</strong> I:<br />

⎞<br />

⎠<br />

w = ai1Pi1 + . . . + aid−2Pid−2 .<br />

Ovvero, w = He t , essendo e = (a1, . . . , an) con aℓ = 0 se ℓ = ij per ogni j. Allora ne<br />

segue che<br />

Hv t = He t ⇔ H(v − e) t = 0 ⇔ v − e = c ∈ C ⊥ I .<br />

Essendo il peso <strong>di</strong> e minore o uguale <strong>di</strong> d − 2, si ha che v appartiene alla sfera <strong>di</strong> centro<br />

c ∈ C⊥ I e raggio d − 2. Per arbitrarietà <strong>di</strong> v si ha che il raggio ricoprente <strong>di</strong> C⊥ I è al<br />

più d − 2.<br />

Sfortunatamente i co<strong>di</strong>ci lineari perfetti sono oggetti molto rari, già completamente<br />

classificati. Un co<strong>di</strong>ce quasi-perfetto è un co<strong>di</strong>ce per cui ρ = t + 1.<br />

Esercizio 30. Sia I l’insieme <strong>di</strong> tutti i punti <strong>di</strong> P G(r, q). Si provi che il co<strong>di</strong>ce C⊥ I<br />

associato è un [ qr+1−1 q−1 , qr+1−1 q−1 − r − 1, 3]q-co<strong>di</strong>ce perfetto. Suggerimento: si utilizzi la<br />

Proposizione 2.20.<br />

Esercizio 31. Sia I un insieme <strong>di</strong> n punti <strong>di</strong> P G(r, q) tale che mI = 4. Si provi che<br />

se I è m-completo, allora C⊥ I è quasi-perfetto.<br />

Daremo il seguente teorema senza <strong>di</strong>mostrazione.<br />

Teorema 2.21. Sia C un [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ce perfetto. Allora uno dei seguenti casi sussiste:<br />

• k = n,<br />

• q = 2, k = 1, n <strong>di</strong>spari, d = n.<br />

• C è il co<strong>di</strong>ce dell’Esercizio 30,<br />

• C è un [23, 12, 7]2-co<strong>di</strong>ce,


CAPITOLO 2. CODICI LINEARI 27<br />

• C è un [11, 6, 5]3-co<strong>di</strong>ce.<br />

Esercizio 32. Sia I un insieme <strong>di</strong> n punti <strong>di</strong> P G(r, q) a 3 a 3 non allineati. Si<br />

supponga che ogni altro punto <strong>di</strong> P G(r, q) sia allineato con due punti <strong>di</strong> I. Si <strong>di</strong>mostri<br />

che mI = 4, a meno che n = 11, q = 3, r = 4, oppure n = 5, q = 2, r = 3.<br />

correggerebbe t ≥ 2 errori;<br />

Suggerimento: si consideri che se fosse mI > 4 il co<strong>di</strong>ce C⊥ I<br />

si calcoli poi il raggio ricoprente <strong>di</strong> C⊥ I .<br />

2.4.4 Disuguaglianza <strong>di</strong> Griesmer<br />

La <strong>di</strong>suguaglianza <strong>di</strong> Singleton afferma che per un [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ce vale la <strong>di</strong>suguaglianza<br />

n ≥ d + k − 1. In questa sezione proveremo un risultato più forte, che tiene conto della<br />

car<strong>di</strong>nalità del campo base Fq.<br />

Adotteremo la seguente notazione: dati x = (x1, . . . , xn1) ∈ Fn1 q , y = (y1, . . . , yn2) ∈<br />

Fn2 q poniamo<br />

(x1 | x2) = (x1, . . . , xn1, y1, . . . , yn2) ∈ F n1+n2<br />

q .<br />

Lemma 2.22. Sia C un [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ce con k ≥ 2. Allora esiste un [n − d, k −<br />

1, d ′ ]q-co<strong>di</strong>ce con d ′ ≥ ⌈ d<br />

q ⌉.<br />

Dimostrazione. Il lettore può facilmente verificare che dato un qualunque vettore <strong>di</strong><br />

peso d è sempre possibile trovare una trasformazione monomiale che lo trasformi in<br />

a = (1, . . . , 1, 0, 0, . . . , 0) = (1 | 0),<br />

essendo 1 = (1, . . . , 1) ∈ Fd q, 0 = (0, . . . , 0) ∈ Fn−d q .<br />

Pertanto, a meno <strong>di</strong> equvalenza, possiamo supporre che a ∈ C. Consideriamo ora un<br />

matrice generatrice <strong>di</strong> C che abbia come prima riga proprio il vettore a. Scriviamo le<br />

successive k − 1 righe <strong>di</strong> G come ci = (ui | vi), con ui ∈ Fd q, vi ∈ Fn−d q .<br />

Sia C ′ il co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> lunghezza n − d generato da v1, . . . , vk−1.<br />

Dimostriamo che la <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> C ′ è k−1. Se per assurdo i vettori v1, . . . , vk−1 fossero<br />

linearmente in<strong>di</strong>pendenti, allora esisterebbero λ1, . . . , λk−1 in Fq e non tutti nulli tali


CAPITOLO 2. CODICI LINEARI 28<br />

che k−1<br />

i=1 λivi = 0. Consideriamo il vettore c = k−1<br />

i=1 λici. Tale vettore ovviamente<br />

appartiene a C. Inoltre<br />

k−1<br />

k−1<br />

k−1<br />

c = λici = λi(ui | vi) = ( λiui | 0). (2.1)<br />

i=1<br />

Sia µ l’elemento <strong>di</strong> Fq nella prima posizione <strong>di</strong> c. Allora chiaramente<br />

i=1<br />

c − µa = ((0, . . .) | 0)<br />

è un elemento <strong>di</strong> C <strong>di</strong> peso minore <strong>di</strong> d, e ciò è chiaramente impossibile.<br />

Dimostriamo ora che la <strong>di</strong>stanza minima d ′ <strong>di</strong> C ′ è maggiore o uguale <strong>di</strong> ⌈ d⌉.<br />

Essendo<br />

q<br />

d ′ intero, è sufficiente provare che d ′ ≥ d<br />

q . Sia v = k−1 i=1 λivi un vettore <strong>di</strong> C ′ <strong>di</strong> peso<br />

d ′ . Sia quin<strong>di</strong> c come in (2.1). Sia inoltre u = (u1, . . . , ud) ∈ Fd q tale che c = (u | v).<br />

Per ogni elemento λ ∈ Fq definiamo<br />

Siccome c − λa ∈ C si ha che<br />

i=1<br />

δλ = #{i ∈ [1..d] | ui = λ}.<br />

d ≤ w(c−λa) = w((u | v)−(λ1 | 0)) = w(u−λ1 | v) = w(u−λ1)+w(v) = d−δλ +d ′ ,<br />

e pertanto<br />

Finalmente l’asserto segue da<br />

δλ ≤ d ′ .<br />

d = <br />

δλ ≤ <br />

λ∈Fq<br />

λ∈Fq<br />

d ′ = qd ′ .<br />

Nota 2.23. È possibile dare una <strong>di</strong>mostrazione geometrica del Lemma 2.22. Sia C un<br />

[n, k, d]q co<strong>di</strong>ce, e sia I un n-insieme <strong>di</strong> P G(k − 1, q) tale che C = CI. Allora esiste<br />

un iperpiano H <strong>di</strong> P G(k − 1, q) tale che incontra I in esattamente n − d punti. Sia<br />

I ′ l’insieme <strong>di</strong> tali punti. Identificando H con P G(k − 2, q), è possibile vedere I ′ come<br />

(n − d)-insieme <strong>di</strong> P G(k − 2, q). Sia C ′ = CI ′.


CAPITOLO 2. CODICI LINEARI 29<br />

Proviamo che la <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> C ′ è k −1, ovvero che i punti <strong>di</strong> I ′ generano H. Se così<br />

non fosse, I ′ sarebbe contenuto in un sottospazio H ′ <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione k − 3. Per ogni L<br />

iperpiano <strong>di</strong> P G(k − 1, q) contenente H ′ si avrebbe allora che L ∩ I = I ′ , in quanto il<br />

numero <strong>di</strong> punti <strong>di</strong> L ∩ I non può superare n − d = MI. Dato che questi iperpiani L<br />

ricoprono P G(k − 1, q), si avrebbe allora n = n − d, che ovviamente è impossibile.<br />

Per valutare la <strong>di</strong>stanza minima <strong>di</strong> C ′ occorre stabilire le possibili intersezioni <strong>di</strong> I ′ con<br />

gli iperpiani <strong>di</strong> P G(k − 2, q). Sia H ′ un iperpiano <strong>di</strong> P G(k − 2, q) e sia e = #(I ′ ∩ H ′ ).<br />

H ′ corrisponde a un sottospazio <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione k − 3 in P G(k − 1, q) contenuto in H.<br />

Osserviamo che P G(k−1, q)\H può essere ripartito in q insiemi <strong>di</strong> tipo L\H ′ , essendo<br />

L uno dei q iperpiani <strong>di</strong> P G(k − 1, q) contenenti H ′ e <strong>di</strong>versi da H. Visto che L \ H<br />

può contenere al massimo n − d − e punti <strong>di</strong> I \ H, si ha allora che<br />

d ≤ q(n − d − e) = (q + 1)(n − d) − qd ′ .<br />

Essendo e ≤ MI ′ si ha ovviamente (n − d − e) = n′ − e ≥ n ′ − MI ′ ≥ d′ , e quin<strong>di</strong><br />

d ′ ≥ d/q.<br />

Teorema 2.24 (Disuguaglianza <strong>di</strong> Griesmer). Sia C un [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ce. Allora<br />

k−1<br />

n ≥ ⌈ d<br />

⌉.<br />

qi i=0<br />

Dimostrazione. L’asserto segue da una ripetuta applicazione del Lemma 2.22.<br />

Consideriamo una sequenza <strong>di</strong> k co<strong>di</strong>ci<br />

C0, C1, . . . , Ck−1<br />

tale che C0 = C e Ci è ottenuto da Ci−1 me<strong>di</strong>ante il Lemma 2.22. Pertanto, se Ci ha<br />

parametri [ni, ki, <strong>di</strong>] si ha<br />

e, per i = 1, . . . , k − 1,<br />

n0 = n, k0 = k, d0 = d<br />

ki = ki−1 − 1 = k − i, ni = ni−1 − <strong>di</strong>−1, <strong>di</strong> ≥ ⌈ <strong>di</strong>−1<br />

q ⌉.


CAPITOLO 2. CODICI LINEARI 30<br />

È facile vedere che <strong>di</strong> ≥ ⌈ d<br />

q i ⌉. Inoltre Ck−1 ha <strong>di</strong>mensione 1. La <strong>di</strong>fferenza fra lunghezza<br />

nk−1 e <strong>di</strong>stanza minima dk−1 deve essere non negativa, e pertanto<br />

k−2<br />

k−1<br />

0 ≤ nk−1 − dk−1 ≤ (n − <strong>di</strong>) − dk−1 ≤ n − ⌈ d<br />

⌉.<br />

qi i=0<br />

Osserviamo che la <strong>di</strong>suguaglianza <strong>di</strong> Griesmer implica quella <strong>di</strong> Singleton. Ciò segue<br />

dal fatto che per ogni i = 1, . . . , k − 1 si ha ⌈ d<br />

q i ⌉ ≥ 1.<br />

Esercizio 33. Sia I l’insieme <strong>di</strong> tutti i punti <strong>di</strong> P G(r, q). Provare che i i parametri<br />

del co<strong>di</strong>ce CI è sod<strong>di</strong>sfano l’uguaglianza nel Teorema 2.24.<br />

Esercizio 34. Dato un n-insieme proprio I <strong>di</strong> P G(2, q) con n ≤ q 2 . Provare che<br />

i parametri del co<strong>di</strong>ce CI è sod<strong>di</strong>sfano l’uguaglianza nel Teorema 2.24 se e solo se<br />

n > q(MI − 2) + MI.<br />

2.4.5 Disuguaglianza <strong>di</strong> Plotkin<br />

Definizione 2.25. Fissati n, d, e q, la massima car<strong>di</strong>nalità M = q k <strong>di</strong> un [n, k, d]qco<strong>di</strong>ce<br />

si denota con Aq(n, d).<br />

Teorema 2.26. Sia θ = 1 − 1.<br />

Allora se d > θn si ha<br />

q<br />

Aq(n, d) ≤<br />

d<br />

d − θn .<br />

Dimostrazione. Sia C un [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ce e sia M = qk il numero delle parole <strong>di</strong> C.<br />

Definiamo<br />

S =<br />

<br />

d(x, y) .<br />

(x,y)∈C 2 ,x=y<br />

Da un lato, essendo d la <strong>di</strong>stanza minima, si ha che<br />

i=0<br />

S ≥ d#{(x, y) ∈ C 2 , x = y} = dM(M − 1) .


CAPITOLO 2. CODICI LINEARI 31<br />

Una limitazione superiore per S può invece ottenersi in questo modo. Ricor<strong>di</strong>amo che<br />

il simbolo <strong>di</strong> Kronecker δ(a, b) è definito da δ(a, b) = 0 se a = b, δ(a, b) = 1 se a = b.<br />

Pertanto,<br />

S = n<br />

δ(xi, yi),<br />

x∈C y∈C,y=x i=1<br />

dove x = (x1, . . . , xn), y = (y1, . . . , yn). Per la proprietà commutativa possiamo scrivere<br />

n<br />

<br />

<br />

S =<br />

<br />

<br />

δ(xi, yi) .<br />

i=1<br />

x∈C y∈C,y=x<br />

Sia i0 il valore in 1, 2, . . . , n tale che l’intero fra parentesi è massimo. Allora<br />

S ≤ n <br />

δ(xi0, yi0) .<br />

x∈C y∈C,y=x<br />

Per ogni α ∈ Fq, sia mα il numero <strong>di</strong> x in C tali che xi0 = α. Allora<br />

S ≤ n <br />

δ(α, yi0) = n <br />

δ(α, yi0) = n <br />

mα(M − mα) ,<br />

e quin<strong>di</strong><br />

α∈Fq x∈C,xi =α y∈C<br />

0<br />

α∈Fq<br />

mα<br />

y∈C<br />

S ≤ n(M 2 − <br />

m 2 α).<br />

Applicando il noto trucco della varianza (ovvero sviluppando la <strong>di</strong>suguaglianza<br />

<br />

α (mα<br />

<br />

− ) 2 ≥ 0), si ha<br />

1<br />

q<br />

e quin<strong>di</strong><br />

α mα<br />

q<br />

<br />

α∈Fq<br />

L’asserto finalmente segue da<br />

mα 2 ≥<br />

<br />

<br />

S ≤ n M 2 −<br />

α∈Fq<br />

α∈Fq mα<br />

q<br />

2<br />

= M 2<br />

q ,<br />

2 M<br />

= nM<br />

q<br />

2 θ .<br />

dM(M − 1) ≤ S ≤ nM 2 θ .<br />

α∈Fq


CAPITOLO 2. CODICI LINEARI 32<br />

Il co<strong>di</strong>ce CI associato ad un 4-arco I <strong>di</strong> P G(2, 4) è un [4, 1, 4]4 co<strong>di</strong>ce per il quale<br />

4 = d > θn = 3 e vale l’uguaglianza<br />

q k = 4 =<br />

Corollario 2.27. Sia n ′ = ⌊ d−1⌋<br />

≤ n. Allora<br />

θ<br />

d<br />

d − θn .<br />

Aq(n, d) ≤ dq n−n′<br />

.<br />

Dimostrazione. Sia C un [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ce. Proviamo che<br />

q k ≤ dq n−n′<br />

. (2.2)<br />

Se k ≤ n−n ′ , allora l’asserto è banale. Si assuma quin<strong>di</strong> k > n−n ′ . Grazie al Lemma <strong>di</strong><br />

impoverimento, esiste un [n ′ , k −n+n ′ , d]q-co<strong>di</strong>ce C ′ . Risulta inoltre d ≥ θn ′ +1 > θn ′ .<br />

Applicando la <strong>di</strong>suguaglianza <strong>di</strong> Plotkin a C ′ si ha che<br />

ovvero<br />

q k−n+n′<br />

≤<br />

d<br />

≤ d ,<br />

d − θn ′<br />

q k ≤ dq n−n′<br />

Esercizio 35. Provare che vale l’uguaglianza in (2.2) per i co<strong>di</strong>ci C = CI, dove I è<br />

un 6-arco <strong>di</strong> P G(2, 4).<br />

2.4.6 Disuguaglianza <strong>di</strong> Gilbert-Varshamov<br />

Finora abbiamo visto risultati che affermavano l’impossibilità <strong>di</strong> avere un co<strong>di</strong>ce troppo<br />

buono. Il prossimo teorema invece in un certo senso assicura l’esistenza <strong>di</strong> un co<strong>di</strong>ce<br />

abbastanza buono.<br />

Lemma 2.28. Sia I un n-insieme <strong>di</strong> P G(r, q). Se<br />

allora I non è m-completo<br />

Vq(n, mI − 2) < q r+1 .<br />

.


CAPITOLO 2. CODICI LINEARI 33<br />

Dimostrazione. I vettori non nulli che sono combinazione lineare <strong>di</strong> al più mI −2 punti<br />

<strong>di</strong> I sono in numero minore o uguale <strong>di</strong><br />

mI−2 <br />

i=1<br />

<br />

n<br />

(q − 1)<br />

i<br />

i = Vq(n, mI − 2) − 1 .<br />

Siccome a q − 1 a q − 1 tali vettori corrispondono allo stesso punto, si ha che I non<br />

può essere completo se<br />

da cui l’asserto.<br />

Vq(n, mI − 2) − 1<br />

q − 1<br />

< #P G(r, q) = qr+1 − 1<br />

q − 1 ,<br />

Teorema 2.29. Siano q, n, d, k tali che d ≤ n − k + 1, k ≥ 1, d ≥ 2 e<br />

Allora esiste un [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ce.<br />

Vq(n − 1, d − 2) < q n−k .<br />

Dimostrazione. Consideriamo le coppie (n ′ , k ′ ) con n ′ = n − k + k ′ , k ′ = 1, . . . , k.<br />

Dimostriamo per induzione su k ′ che esiste un [n ′ , k ′ , d]q-co<strong>di</strong>ce.<br />

Per k ′ = 1 basta osservare che un [n−k+1, 1, d]q-co<strong>di</strong>ce senz’altro esiste: basta prendere<br />

il sottospazio <strong>di</strong> Fn−k+1 q generato da un qualunque vettore <strong>di</strong> peso d, che esiste essendo<br />

d ≤ n − k + 1.<br />

Proviamo ora che l’esistenza <strong>di</strong> un [n − k + k ′ − 1, k ′ − 1, d]q-co<strong>di</strong>ce C implica quella <strong>di</strong><br />

un [n − k + k ′ , k ′ , d]q-co<strong>di</strong>ce. Si ponga I = QC. Allora I è un (n − k + k ′ − 1)-insieme<br />

proprio <strong>di</strong> P G(n − k − 1, q) tale che d = mI. Si osservi che, essendo k ′ ≤ k, si ha<br />

n − k + k ′ − 1 ≤ n − 1 e quin<strong>di</strong><br />

Vq(n − k + k ′ − 1, mI − 2) ≤ Vq(n − 1, d − 2) < q n−k .<br />

Pertanto, per il Lemma 2.28, I non è m-completo, e quin<strong>di</strong> esiste un (n − k + k ′ )insieme<br />

I ′ <strong>di</strong> P G(n − k − 1, q) tale che d = mI ′. Il co<strong>di</strong>ce corrispondente C⊥ I ′ è un<br />

[n − k + k ′ , k ′ , d]q-co<strong>di</strong>ce.<br />

L’ultimo passo dell’induzione, ovvero k ′ = k, fornisce allora un [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ce.


CAPITOLO 2. CODICI LINEARI 34<br />

Corollario 2.30. Dati n, d, q, sia k l’intero tale che<br />

n − log q Vq(n − 1, d − 2) − 1 ≤ k < n − log q Vq(n − 1, d − 2) . (2.3)<br />

Allora esiste un [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ce.<br />

Dimostrazione. Da k < n − log q Vq(n − 1, d − 2) segue<br />

ovvero<br />

q k <<br />

q n<br />

Vq(n − 1, d − 2) ,<br />

q n−k > Vq(n − 1, d − 2) .<br />

L’asserto quin<strong>di</strong> segue dal Teorema precedente.<br />

Corollario 2.31. Dati n, d, q, si ha<br />

Aq(n, d) ≥<br />

q n−1<br />

Vq(n − 1, d − 2) .<br />

Esercizio 36. Si provi che un n-arco completo <strong>di</strong> P G(2, q) consiste <strong>di</strong> almeno √ 2q<br />

punti.<br />

2.5 Problemi asintotici<br />

In estrema sintesi, lo scopo della teoria dei co<strong>di</strong>ci è trovare co<strong>di</strong>ci che ottimizzano gli<br />

invarianti R e δ.<br />

Sia q una potenza <strong>di</strong> un primo, e sia δ ∈ R con 0 ≤ δ ≤ 1. Si ponga<br />

Rq(n, δ)<br />

uguale al massimo R per cui esiste un [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ce con d/n = δ. Equivalentemente,<br />

Si ponga inoltre<br />

Rq(n, δ) = 1<br />

n log q Aq(n, δn).<br />

αq(δ) = lim sup<br />

n→+∞<br />

1<br />

n log q Aq(n, ⌊δn⌋) .


CAPITOLO 2. CODICI LINEARI 35<br />

In altre parole, αq(δ) è il massimo R per cui esiste una sequenza <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ci lineari definiti<br />

su Fq tale che la <strong>di</strong>stanza relativa tende a δ e il tasso <strong>di</strong> informazione tende a R.<br />

Una <strong>di</strong>versa interpretazione della funzione αq è la seguente. Sia Uq ⊂ [0, 1] 2 l’insieme<br />

dei punti limite delle coppie (δ(C), R(C)) associate a co<strong>di</strong>ci lineari su Fq. La regione<br />

Uq è limitata nel quadrato unitario dai lati del quadrato sugli assi e dal grafico della<br />

funzione αq : [0, 1] → [0, 1].<br />

Si può <strong>di</strong>mostrare che αq è continua, decrescente, e che per (q − 1)/q ≤ δ ≤ 1 si ha<br />

αq(δ) = 0. Per 0 < δ < (q − 1)/q, il valore esatto <strong>di</strong> αq(δ) è sconosciuto, ma alcune<br />

limitazioni inferiori e superiori sono state <strong>di</strong>mostrate.<br />

La funzione entropia q-aria Hq : [0, 1 − 1<br />

q ] → R è definita da Hq(0) = 0 e<br />

Hq(x) = x log q(q − 1) − x log q(x) − (1 − x) log q(1 − x)<br />

per 0 ≤ x ≤ 1 − 1.<br />

Questa funzione è rilevante in teoria dei co<strong>di</strong>ci in quanto è legata<br />

q<br />

alla car<strong>di</strong>nalità <strong>di</strong> sfere <strong>di</strong> Hamming.<br />

Lemma 2.32. Per ogni λ con 0 ≤ λ ≤ 1 − 1<br />

q<br />

si ha<br />

1<br />

Hq(λ) = lim<br />

n→+∞ n logq Vq(n, ⌈λn⌉) .<br />

Proposizione 2.33. (a) (Disuguaglianza <strong>di</strong> Plotkin asintotica) Per 0 ≤ δ ≤ (q −<br />

1)/q,<br />

αq(δ) ≤ 1 − q<br />

δ .<br />

q − 1<br />

(b) (Disuguaglianza <strong>di</strong> Hamming asintotica) Per 0 ≤ δ ≤ 1,<br />

<br />

δ<br />

αq(δ) ≤ 1 − Hq .<br />

2<br />

(c) (Disuguaglianza <strong>di</strong> Gilbert-Varshamov asintotica) Per 0 ≤ δ ≤ (q − 1)/q,<br />

Dimostrazione.<br />

αq(δ) ≥ 1 − Hq(δ) .


CAPITOLO 2. CODICI LINEARI 36<br />

(a) Sia C un [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ce con δ < θ. Sia n ′ = ⌊ d−1<br />

n ′<br />

n<br />

θ ⌋. Si noti che n′ < n, essendo<br />

<br />

1 d − 1<br />

= ≤<br />

n θ<br />

1 d 1 1 δ<br />

− < < 1.<br />

n θ n θ θ<br />

Per il Corollario 2.27 si ha Aq(n, d) ≤ dqn−n′ , e quin<strong>di</strong><br />

1<br />

αq(δ) ≤ lim supn→+∞ n logq(δnqn−n′ )<br />

= lim sup n→+∞<br />

= 1 − limn→+∞ n′<br />

n<br />

= 1 − δ<br />

θ<br />

<br />

logq δ<br />

n + logq n<br />

n<br />

(b) Dal limite <strong>di</strong> Hamming si ha imme<strong>di</strong>atamente che<br />

Passando al massimo limite si ha<br />

da cui l’asserto.<br />

Aq(n, δn) ≤<br />

αq(δ) ≤ lim sup n→+∞ 1<br />

n<br />

= 1 − lim sup n→+∞ 1<br />

q n<br />

Vq(n, ⌈ δn−1<br />

2 ⌉).<br />

<br />

n′ + 1 −<br />

n − logq(Vq(n, ⌈ δn−1<br />

2 ⌉))<br />

n logq(Vq(n, ⌈ δn−1⌉))<br />

, 2<br />

(c) Dalla limitazione <strong>di</strong> Gilbert-Varshamov (2.3) segue che<br />

Aq(n, δn) ≥<br />

q n−1<br />

Vq(n − 1, δn − 2) .<br />

Passando al massimo limite segue che<br />

<br />

n − 1 − logq(Vq(n − 1, δn − 2)) <br />

αq(δ) ≥ lim sup n→+∞ 1<br />

n<br />

= 1 − lim sup n→+∞ n−1<br />

n<br />

1<br />

= 1 − lim supn→+∞ n−1 log <br />

q Vq<br />

= 1 − Hq(δ) .<br />

1<br />

n−1 logq(Vq(n − 1, δn − 2))<br />

<br />

δ−2<br />

n − 1, δ + (n − 1) n−1<br />

n


CAPITOLO 2. CODICI LINEARI 37<br />

Nota 2.34. Esistono altre limitazioni superiori su αq(δ), molto più <strong>di</strong>fficili da <strong>di</strong>mostrare.<br />

Ricor<strong>di</strong>amo soltanto la limitazione <strong>di</strong> Bassalygo-Elias Bound e quella <strong>di</strong> Mc-<br />

Eliece-Rodemich-Rumsey-Welch, che sono più precise rispetto a quelle <strong>di</strong> Hamming e<br />

Plotkin.<br />

2.6 Co<strong>di</strong>ci Reed-Solomon<br />

Questa importante classe <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ci è ben nota in teoria dei co<strong>di</strong>ci da molto tempo.<br />

Come vedremo, i co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Goppa sono una loro generalizzazione molto naturale.<br />

Sia q una potenza <strong>di</strong> un primo, n e k siano interi con 1 ≤ k ≤ n ≤ q. Sia Fq[X] l’anello<br />

dei polinomi in una indeterminata con coefficienti in Fq. Poniamo<br />

Lk := {f ∈ Fq[X] : deg(f) ≤ k − 1} ∪ {0} ,<br />

e per n elementi <strong>di</strong>stinti P1, . . . , Pn <strong>di</strong> Fq, consideriamo la seguente applicazione:<br />

e = eP1,...,Pn : Lk → F n q<br />

f ↦→ (f(P1), . . . , f(Pn)) .<br />

Osserviamo innanzitutto che e è lineare. Inoltre e è iniettiva, dato che un polinomio<br />

non nullo in Lk può avere al massimo k − 1 zeri. Pertanto il co<strong>di</strong>ce C := e(Lk) ha<br />

<strong>di</strong>mensione k. Il co<strong>di</strong>ce C è detto co<strong>di</strong>ce Reed-Solomon (co<strong>di</strong>ce RS in breve). Sia<br />

x = (f(P1), . . . , fn(P )) ∈ C e assumiamo che w(x) = w. Allora f ha n − w zeri, e<br />

quin<strong>di</strong> n − w ≤ k − 1. In particulare, n − d ≤ k − 1, dove d è la <strong>di</strong>stanza minima <strong>di</strong> C.<br />

Quin<strong>di</strong> n − k ≤ d − 1, e questo significa che C è un co<strong>di</strong>ce MDS. Si noti che siccome<br />

1, X, . . . , X k−1 è una base <strong>di</strong> Lk, una matrice generatrice <strong>di</strong> C è:<br />

⎛<br />

⎜<br />

⎝<br />

1 1 . . . 1<br />

P1 P2 . . . Pn<br />

P 2 1 P 2 2 . . . P 2 n<br />

.<br />

P k−1<br />

1<br />

.<br />

.<br />

P k−1<br />

2 . . . P k−1<br />

n<br />

.<br />

⎞<br />

⎟<br />


CAPITOLO 2. CODICI LINEARI 38<br />

Diamo ora una prima generalizzazione della costruzione precedente. Sia v =<br />

(v1, . . . , vn), dove gli vi sono elementi non nulli (non necessariamente <strong>di</strong>stinti) <strong>di</strong> Fq.<br />

Allora il co<strong>di</strong>ce che consiste dei vettori<br />

(v1f(P1), . . . , vnf(Pn))<br />

con f ∈ Fq[X] e deg(f) ≤ k − 1, è detto co<strong>di</strong>ce Reed Solomon Generalizzato (GRS in<br />

breve). Si noti che per v = (1, 1, . . . , 1) tale co<strong>di</strong>ce è il co<strong>di</strong>ce Reed Solomon.


Capitolo 3<br />

Curve algebriche piane<br />

3.1 Definizioni<br />

Le definizioni e le proprietà fondamentali riguardanti le curve algebriche piane reali o<br />

complesse dovrebbero essere già note al lettore dai corsi del primo e del secondo anno.<br />

In questa sezione tali nozioni saranno rapidamente riviste in un contesto più genererale,<br />

ovvero quello delle curve algebriche definite su un campo qualsiasi.<br />

Nel corso <strong>di</strong> questo capitolo per K intenderemo un campo algebricamente chiuso,<br />

generalmente coincidente con la chiusura algebrica <strong>di</strong> un campo finito Fq.<br />

In questo corso per curva algebrica definita su K intenderemo una classe <strong>di</strong> proporzionalità<br />

<strong>di</strong> polinomi omogenei in tre indeterminate a coefficienti in K. Per in<strong>di</strong>care che<br />

la curva X è rappresentata dal polinomio F (X0, X1, X2) scriveremo usualmente<br />

X : F (X0, X1, X2) = 0 .<br />

L’idea intuitiva <strong>di</strong> curva intesa come insieme <strong>di</strong> punti si realizza nella definizione <strong>di</strong><br />

supporto.<br />

Definizione 3.1. Sia X : F (X0, X1, X2) = 0 una curva algebrica defnita su K. Il<br />

supporto <strong>di</strong> X si definisce come l’insieme dei punti del piano proiettivo P 2 (K) le cui<br />

coor<strong>di</strong>nate omogenee (X0 : X1 : X2) sod<strong>di</strong>sfano l’equazione<br />

F (X0, X1, X2) = 0 .<br />

39


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 40<br />

Si noti che due curve <strong>di</strong>stinte possono avere lo stesso supporto; si pensi ad esempio alle<br />

curve algebriche<br />

X : X1 = 0, Y : X 2 1 = 0 .<br />

Osserviamo che essendo le coor<strong>di</strong>nate <strong>di</strong> un punto definite a meno <strong>di</strong> proporzionalità ,<br />

l’omogeneità <strong>di</strong> F è necessaria altrimenti si potrebbe avere<br />

F (X0, X1, X2) = 0, F (λX0, λX1, λX2) = 0 .<br />

Se il polinomio F (o un suo multiplo scalare) è tale che i suoi coefficienti appartengono<br />

ad un sottocampo L <strong>di</strong> K, <strong>di</strong>remo che X è una curva definita su L. Si noti comunque<br />

che anche se una curva è definita su un sottocampo (possibilmente non algebricamente<br />

chiuso, come ad esempio un campo finito), per definizione nell’insieme dei punti del<br />

suo supporto inclu<strong>di</strong>amo anche i punti con coor<strong>di</strong>nate nella chiusura algebrica ¯ L.<br />

Con abuso <strong>di</strong> linguaggio spesso in<strong>di</strong>cheremo il supporto <strong>di</strong> una curva X :<br />

F (X0, X1, X2) = 0 con lo stesso simbolo X ; inoltre con l’espressione punto <strong>di</strong> una<br />

curva X intenderemo il concetto <strong>di</strong> punto del supporto <strong>di</strong> una curva X .<br />

Esempio 3.2. Si consideri la curva X : X 2 0 + 2X 2 1 = 0 definita sopra il campo finito<br />

con 5 elementi F5. Se ci limitassimo ai soli punti con coor<strong>di</strong>nate in F5, X sarebbe<br />

costituita dal solo (0 : 1 : 0). Nella chiusura algebrica <strong>di</strong> F5 esiste però un elemento<br />

γ tale che γ 2 = −2. E allora ad esempio anche il punto <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate (γ : 1 : 0) è un<br />

punto <strong>di</strong> X .<br />

Definizione 3.3. Sia X : F (X0, X1, X2) = 0 una curva algebrica. Il grado d del<br />

polinomio F si <strong>di</strong>ce or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> X .<br />

Definizione 3.4. Una curva algebrica si <strong>di</strong>ce irriducibile se è definita da un polinomio<br />

F irriducibile su K[X0, X1, X2].<br />

Si noti che l’irriducibilità <strong>di</strong> F su un sottocampo <strong>di</strong> K non è sufficiente per garantire<br />

l’irriducibilità della curva. Si consideri ad esempio la curva reale X : F (X0, X1, X2) = 0,<br />

con F = X 2 0 + X 2 1. Chiaramente F è irriducibile su R, ma in C[X0, X1, X2] si ha<br />

X 2 0 + X 2 1 = (X0 + iX1)(X0 − iX1) ,


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 41<br />

pertanto X si compone delle due rette <strong>di</strong> equazioni X0 + iX1 = 0 e X0 − iX1 =<br />

0. Geometricamente, una curva X è irriducibile se e solo se non esiste una curva<br />

propriamente contenuta in X .<br />

Supponiamo ora che X : F (X0, X1, X2) non sia irriducibile. Ricor<strong>di</strong>amo che<br />

K[X0, X1, X2] è dominio a fattorizzazione unica, e scriviamo il polinomio F come<br />

prodotto <strong>di</strong> potenze <strong>di</strong> fattori irriducibilli (a due a due non proporzionali)<br />

F = F r1<br />

1 · F r2<br />

2 · · · F rs<br />

s .<br />

Diremo allora che le curve Xi : Fi(X0, X1, X2) = 0 sono le componenti irriducibili <strong>di</strong><br />

X , e che ri è la molteplicità <strong>di</strong> Xi come componente <strong>di</strong> X . Chiaramente l’insieme dei<br />

punti <strong>di</strong> X è l’unione degli insiemi dei punti delle curve Xi.<br />

Per praticità <strong>di</strong> calcolo, si preferisce in molte situazioni fare uso <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate non<br />

omogenee per i punti e <strong>di</strong> polinomi non omogenei per le curve.<br />

Sia ℓ∞ la retta <strong>di</strong> P 2 (K) <strong>di</strong> equazione X0 = 0. Per ogni punto P <strong>di</strong> P 2 (K) non su ℓ∞<br />

<strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate omogenee (X0 : X1 : X2), si ponga<br />

X = X1<br />

, Y = X2<br />

X0<br />

(ciò è possibile essendo X0 = 0). La coppia (X, Y ) è detta la coppia delle coor<strong>di</strong>nate<br />

affini <strong>di</strong> P . Scrivendo P = (X, Y ) intenderemo che P è il punto <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate omogenee<br />

(1 : X : Y ). I punti <strong>di</strong> P ∈ P 2 (K) \ ℓ∞ vengono detti punti affini <strong>di</strong> P 2 (K).<br />

Se il punto P ∈ P2 (K) \ ℓ∞ appartiene a una curva X : F (X0 : X1 : X2) = 0, si avrà<br />

<br />

F (1, X, Y ) = F 1, X1<br />

,<br />

X0<br />

X2<br />

<br />

= F (X0, X1, X2) = 0 .<br />

X0<br />

Si ponga F∗(X, Y ) = F (1, X, Y ). Il polinomio F∗ si <strong>di</strong>ce il <strong>di</strong>somogeneizzato <strong>di</strong> F , e<br />

l’equazione F∗(X, Y ) = 0 si chiama equazione affine <strong>di</strong> X .<br />

Il processo si può anche invertire. Se si ha un polinomio non omogeneo F (X, Y ) <strong>di</strong><br />

grado positivo d, il suo omogeneizzato F ∗ (X0, X1, X2) si definisce come<br />

<br />

.<br />

X0<br />

F ∗ (X0, X1, X2) = X d <br />

X1<br />

0 F ,<br />

X0<br />

X2<br />

X0


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 42<br />

Esercizio 37. Con K = C, sia F = X 2 − Y 3 + 3XY + 5. Si calcoli F ∗ . Sia F = X 2 .<br />

Si calcoli F ∗ .<br />

Esercizio 38. Provare che (F ∗ )∗ = F . Provare che in generale non è vero che (F∗) ∗ =<br />

F .<br />

Si può <strong>di</strong>mostrare il seguente teorema.<br />

Teorema 3.5. L’applicazione <strong>di</strong> omogeneizzazione stabilisce una biiezione fra i polinomi<br />

in K[X, Y ] <strong>di</strong> grado d, e i polinomi in K[X0, X1, X2] omogenei <strong>di</strong> grado d che<br />

non sono <strong>di</strong>visi da una potenza <strong>di</strong> X0.<br />

In virtù <strong>di</strong> tale risultato, le curve che non hanno ℓ∞ come componente sono in biiezione<br />

con i polinomi irriducibili in due indeterminate X, Y ; gli zeri <strong>di</strong> tali polinomi<br />

corrispondono alle coor<strong>di</strong>nate affini dei punti della curva che non giacciono sulla retta<br />

ℓ∞. Scrivendo X : F (X, Y ) = 0, F irriducibile, intenderemo la curva <strong>di</strong> equazione<br />

omogenea F ∗ (X0, X1, X2) = 0.<br />

Conclu<strong>di</strong>amo questa sezione osservando che le proiettività <strong>di</strong> P 2 (K) agiscono in modo<br />

naturale sulle curve algebriche. Sia φ la proiettività φ indotta dalla matrice A, e sia<br />

X : F (X0, X1, X2) una curva algebrica. Allora definiamo φ(X ) come la curva algebrica<br />

definita dal polinomio<br />

F A (X0, X1, X2) := F ((X0, X1, X2) · A −1 ).<br />

Osserviamo che i punti <strong>di</strong> φ(X ) sono i trasformati dei punti <strong>di</strong> X me<strong>di</strong>ante φ. Infatti,<br />

se<br />

(Y0, Y1, Y2) = (X0, X1, X2) · A<br />

con (X0 : X1 : X2) ∈ X , allora<br />

F A (Y0, Y1, Y2) = F ((Y0, Y1, Y2) · A −1 ) = F ((X0, X1, X2) · A · A −1 ) = F (X0, X1, X2) = 0,<br />

e quin<strong>di</strong> (Y0 : Y1 : Y2) ∈ φ(X ).<br />

3.2 Punti semplici e singolari<br />

Sia X : F (X0, X1, X2) = 0 una curva <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne d definita su K, e sia P = (x0 : x1 : x2)<br />

un punto <strong>di</strong> X . Sia ℓ una qualunque retta passante per P che non sia una componente


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 43<br />

<strong>di</strong> X . Se Q = (y0 : y1 : y2) è un qualunque punto <strong>di</strong> ℓ <strong>di</strong>stinto da P , avremo che il<br />

generico punto <strong>di</strong> ℓ avrà coor<strong>di</strong>nate omogenee<br />

(λx0 + µy0 : λx1 + µy1 : λx2 + µy2) , λ, µ ∈ K, (λ, µ) = (0, 0).<br />

Sia FP,Q(λ, µ) il polinomio omogeneo<br />

FP,Q = F (λx0 + µy0 : λx1 + µy1 : λx2 + µy2) .<br />

Chiaramente gli zeri <strong>di</strong> FP,Q corrispondono ai punti comuni <strong>di</strong> X e ℓ. Si noti che FP,Q<br />

non può essere identicamente nullo in quanto ℓ non è contenuta in X . Pertanto FP,Q<br />

ha grado d. Essendo K algebricamente chiuso si avrà<br />

FP,Q = aΠ d i=1(aiλ − biµ) ,<br />

per qualche ai, bi ∈ K, i = 1, . . . , d. Si noti quin<strong>di</strong> che le coppie non proporzionali <strong>di</strong><br />

zeri <strong>di</strong> FP,Q sono al massimo d, e pertanto i punti comuni a X e ℓ saranno al più d. Si<br />

è pertanto provata la seguente proposizione.<br />

Proposizione 3.6. Una curva algebrica <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne d e una retta che non sia una sua<br />

componente si incontrano in al più d punti.<br />

Definizione 3.7. Si definisce molteplicità <strong>di</strong> intersezione <strong>di</strong> X e ℓ nel punto P il<br />

massimo intero m per cui µ m <strong>di</strong>vide FP,Q.<br />

Si può <strong>di</strong>mostrare che tale intero m non <strong>di</strong>pende dalla scelta <strong>di</strong> Q ma solo da ℓ e P .<br />

Inoltre, se ℓ è componente <strong>di</strong> X , <strong>di</strong>remo che la molteplicità <strong>di</strong> intersezione <strong>di</strong> X e ℓ nel<br />

punto P è infinita.<br />

Nel caso in cui il punto P sia affine, i calcoli si possono semplificare <strong>di</strong> molto. Sia<br />

X : F (X, Y ) = 0 e sia P = (x, y) un punto affine <strong>di</strong> X . Sia ℓ una retta per P . Se<br />

Q = (a, b) è un altro punto affine <strong>di</strong> ℓ, il generico punto affine <strong>di</strong> ℓ avrà coor<strong>di</strong>nate<br />

affini<br />

(x + t(a − x), y + t(b − y)) .<br />

La molteplicità <strong>di</strong> intersezione <strong>di</strong> X e ℓ nel punto P si può allora calcolare come<br />

molteplicità <strong>di</strong> t = 0 come ra<strong>di</strong>ce del polinomio in t<br />

F (x + t(a − x), y + t(b − y)) .


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 44<br />

Esercizio 39. Con K = C, sia X : XY 2 + 3X 2 + 2X 2 Y 2 , P = (0, 0), ℓ : X + 3Y = 0.<br />

Si calcoli la molteplicità <strong>di</strong> intersezione <strong>di</strong> X e ℓ nel punto P .<br />

Esercizio 40. Con K = C, sia X : X 3 0 + 3X 2 0X1 + 2X 3 1 − 4X1X 2 2, P = (0 : 0 : 1),<br />

ℓ : X0 + X1 = 0. Si calcoli la molteplicità <strong>di</strong> intersezione <strong>di</strong> X e ℓ nel punto P .<br />

Vale il seguente teorema.<br />

Teorema 3.8. Sia P un punto <strong>di</strong> una curva algebrica X <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne d. Allora esiste un<br />

intero s, 1 ≤ s ≤ d, tale che:<br />

• la generica retta per P incontra X in P con molteplicità maggiore o uguale <strong>di</strong> s;<br />

• esistono al più s rette per P che incontrano X in P con molteplicità maggiore s.<br />

L’intero s del Teorema precedente si in<strong>di</strong>ca con mP (X ). Se mP (X ) = 1, allora P si<br />

<strong>di</strong>ce punto semplice <strong>di</strong> X . Altrimenti, P si <strong>di</strong>ce punto singolare <strong>di</strong> molteplicità mP (X ).<br />

Le rette per P che incontrano la curva X con molteplicità maggiore <strong>di</strong> mP (X ) in P si<br />

<strong>di</strong>cono tangenti principali (o semplicemente tangenti) <strong>di</strong> X in P .<br />

Esercizio 41. Si <strong>di</strong>mostri che il punto affine O = (0, 0) è punto semplice <strong>di</strong> una curva<br />

X : F (X, Y ) = 0 se e solo se il grado minimo dei monomi <strong>di</strong> F è esattamente 1.<br />

L’esercizio precedente si può generalizzare nel seguente modo. Sia X : F (X, Y ) = 0<br />

una curva <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne d passante per O = (0, 0). Si scriva<br />

F (X, Y ) = Fd(X, Y ) + Fd−1(X, Y ) + . . . + Fm(X, Y ),<br />

con Fi(X, Y ) polinomio omogeneo <strong>di</strong> grado i. Allora mO(X ) = m. Inoltre, scrivendo<br />

φm come prodotto <strong>di</strong> m polinomi <strong>di</strong> primo grado (non necessariamente <strong>di</strong>stinti), si ha<br />

che le tangenti principali <strong>di</strong> X in O sono le rette corrispondenti a tali polinomi.<br />

Per la ricerca dei punti singolari <strong>di</strong> una curva algebrica si danno i seguenti criteri.<br />

Teorema 3.9. Sia X : F (X, Y ) = 0 una curva e sia P = (a, b) un punto <strong>di</strong> X . Allora<br />

P è singolare se e solo se<br />

FX(a, b) = FY (a, b) = 0 .<br />

Se P è semplice, un’equazione della retta tangente a X in P è<br />

FX(a, b)(X − a) + FY (a, b)(Y − b) = 0 .


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 45<br />

La versione in coor<strong>di</strong>nate omogenee è la seguente.<br />

Teorema 3.10. Sia X : F (X0, X1, X2) = 0 una curva e sia P = (a : b : c) un punto<br />

<strong>di</strong> X . Allora P è singolare se e solo se<br />

FX0(a, b, c) = FX1(a, b, c) = FX2(a, b, c) = 0 .<br />

Se P è semplice, un’equazione della retta tangente a X in P è<br />

FX0(a, b, c)X0 + FX1(a, b, c)X1 + FX2(a, b, c)X2 = 0 .<br />

Si noti che se la caratteristica del campo base è 0, allora la con<strong>di</strong>zione che P = (a : b : c)<br />

sia un punto della curva è automaticamente sod<strong>di</strong>sfatta se (a, b, c) annulla le tre derivate<br />

parziali <strong>di</strong> F . Ciò segue dal Teorema <strong>di</strong> Eulero sui polinomi omogeneei <strong>di</strong> grado m:<br />

mF = X0FX0 + X1FX1 + X2FX2.<br />

Esempio 3.11. Sia K un campo <strong>di</strong> caratteristica 2 e sia X : X 2 1X2 − X 3 0 + X 2 0X2. In<br />

tal caso FX0 = X 2 0, FX1 = 0, FX2 = X 2 1 − X 2 0 = (X1 − X0) 2 . Pertanto P = (a : b : c) è<br />

singolare se e solo se a = 0, b = a. Quin<strong>di</strong> P = (0 : 0 : 1) è l’unico punto singolare <strong>di</strong><br />

X .<br />

Esempio 3.12. Sia X : X 5 0 +X 5 1 +X 5 2. Si vede che FX0 = 5X 4 0, FX1 = 5X 4 1, FX2 = 5X 4 2.<br />

Se la caratteristica p <strong>di</strong> K è <strong>di</strong>versa da 5, allora X è non singolare. Altrimenti, ogni<br />

punti <strong>di</strong> X è singolare. Per p = 5, X è infatti riducibile essendo F = (X0 + X1 + X2) 5 .<br />

Esempio 3.13 (quartica <strong>di</strong> Klein). Sia K <strong>di</strong> caratteristica 2, e sia X : X 3 0X1 +X 3 1X2 +<br />

X 3 2X0. Si vede che FX0 = X 2 0X1 + X 3 2, FX1 = X 2 1X2 + X 3 0, FX2 = X 2 2X0 + X 3 1.<br />

Assumiamo che P = (a : b : c) sia singolare. Allora (i) a 2 b = c 3 e (ii) a 3 b+b 3 c+c 3 a = 0<br />

implicano b 3 c = 0. Se b = 0, allora (i) implica c = 0 e quin<strong>di</strong> (iii) FX1(P ) = 0 a sua<br />

volta implica a = 0. Se c = 0, allora b = 0 da (i), e <strong>di</strong> nuovo a = 0 da (iii). Ciò significa<br />

che X è non singolare.<br />

Esempio 3.14 (curva Hermitiana ). Sia X la curva definita su Fq da F = X q<br />

0X2 +<br />

X0X q<br />

2 −X q+1<br />

1<br />

. Siccome FX0 = X q<br />

2, FX1 = −X q<br />

1 e FX2 = X q<br />

0, la curva X è non singolare.


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 46<br />

3.3 Risultante <strong>di</strong> due polinomi<br />

Ricor<strong>di</strong>amo rapidamente la definizione e le principali proprietà del risultante <strong>di</strong> due<br />

polinomi.<br />

Sia D un dominio a fattorizzazione unica, e sia D[T ] l’anello dei polinomi su D. Siano<br />

f(T ) = a0 +a1T +. . .+anT n e g(T ) = b0 +b1T +. . .+bmT m due polinomi a coefficienti<br />

in D <strong>di</strong> grado rispettivo n e m (ovvero supponiamo che anbm = 0). Si definisce<br />

risultante <strong>di</strong> f e g l’elemento <strong>di</strong> D calcolato come determinante della seguente matrice<br />

(m + n) × (m + n)<br />

⎛<br />

a0<br />

⎜ 0<br />

⎜ .<br />

⎜ 0<br />

RT (f, g) = det ⎜ b0<br />

⎜<br />

0<br />

⎜<br />

⎝ .<br />

a1<br />

a0<br />

. . .<br />

b1<br />

b0<br />

. . .<br />

a1<br />

. . .<br />

b1<br />

. . .<br />

. . .<br />

a0<br />

an<br />

a1<br />

bm<br />

0<br />

an<br />

. . .<br />

0<br />

bm<br />

. . .<br />

0<br />

. . .<br />

0<br />

. . .<br />

. . .<br />

0<br />

0<br />

.<br />

an<br />

0<br />

0<br />

.<br />

⎞<br />

⎟<br />

⎠<br />

0 . . . b0 b1 . . . bm<br />

le cui prime m righe sono i coefficienti a0, . . . , an, mentre le successive n righe sono<br />

formate dai coefficienti b0, . . . , bn.<br />

Teorema 3.15. Esistono un polinomio p1 <strong>di</strong> grado minore o uguale <strong>di</strong> m e un polinomio<br />

p2 <strong>di</strong> grado minore o uguale <strong>di</strong> n, entrambi a coefficienti in A, non entrambi nulli, tali<br />

che<br />

RT = p1f + p2g .<br />

Dimostrazione. Notiamo che per ogni a ∈ A, due polinomi p ′ 1 <strong>di</strong> grado minore o uguale<br />

<strong>di</strong> m e p ′ 2 <strong>di</strong> grado minore o uguale <strong>di</strong> n tali che<br />

a = p ′ 1f + p ′ 2g .<br />

corrispondono alle un sistema lineare a coefficienti in A, le cui incognite sono i<br />

coefficienti <strong>di</strong> p ′ 1 e p ′ 2 e la cui matrice ha come determinante proprio RT (f, g).<br />

Se RT (f, g) = 0, il rango della matrice del sistema omogeneo<br />

0 = p ′ 1f + p ′ 2g


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 47<br />

è minore <strong>di</strong> (m + n), per cui tale sistema ha una soluzione non nulla nel campo dei<br />

quozienti <strong>di</strong> A. Eliminando i denominatori si ottiene la relazione voluta.<br />

Supponiamo quin<strong>di</strong> che RT (f, g) = 0. Il sistema<br />

1 = p ′ 1f + p ′ 2g .<br />

ha una e una sola soluzione p ′ 1, p ′ 2 nel campo dei quozienti <strong>di</strong> A. Ponendo p1 =<br />

RT (f, g)p ′ 1 e p2 = RT (f, g)p ′ 2 si ha che p1 e p2 hanno coeffienti in A per la regola<br />

<strong>di</strong> Cramer. Chiaramente RT = p1f + p2g, e la <strong>di</strong>mostrazione è conclusa.<br />

Siano ora F, G polinomi in r indeterminate a coefficienti in un campo K, <strong>di</strong>ciamo F, G ∈<br />

K[X1, X2, . . . , Xr]. Ponendo A = K[X1, . . . , Xr−1], è possibile vedere F e G come<br />

polinomi in A[Xr], e quin<strong>di</strong> calcolarne il risultante RXr(F, G), che sarà un elemento<br />

<strong>di</strong> K[X1, . . . , Xr−1]. Si noti in virtù del Teorema 3.15, per ogni r-pla (a1, . . . , ar) <strong>di</strong><br />

elementi <strong>di</strong> K che annulla sia F che G, si ha che (a1, . . . , ar−1) annulla RXr(F, G).<br />

3.4 Intersezione <strong>di</strong> due curve<br />

Per stu<strong>di</strong>are l’intersezione <strong>di</strong> due curve algebriche X e Y definite su un campo K<br />

iniziamo dal considerare la parte affine delle due curve. Sia quin<strong>di</strong> X : F (X, Y ) = 0,<br />

Y : G(X, Y ).<br />

Teorema 3.16. L’insieme dei punti affini comuni a due curve prive <strong>di</strong> componenti<br />

comuni è un insieme finito.<br />

Dimostrazione. Si calcoli RY (F, G), polinomio in K[X]. Se RY (F, G) è identicamente<br />

nullo allora dal Teorema 3.15 segue che<br />

p1(X)F (X, Y ) = p2(X)G(X, Y )<br />

per due polinomi p1, p2 non identicamente nulli. Essendo G ed F senza fattori in<br />

comune, ne segue che G(X, Y ) <strong>di</strong>vide p1(X) e F (X, Y ) <strong>di</strong>vide p2(X). Quin<strong>di</strong> sia F che<br />

G sono polinomi in X privi <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>ci in comune, e l’asserto segue imme<strong>di</strong>atamente.<br />

Supponiamo allora che RY (F, G) non sia identicamente nullo. Sia quin<strong>di</strong><br />

RY (F, G) = aΠ r i=1(X − ai) .


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 48<br />

Per quanto detto alla fine della sezione precedente, ogni punto <strong>di</strong> intersezione <strong>di</strong> X e<br />

Y dovrebbe trovarsi su una retta <strong>di</strong> equazione affine X = ai per qualche i. Ma allora,<br />

ancora grazie alla Proposizione 3.6, il numero <strong>di</strong> punti comuni a X e Y sarebbe al più<br />

dr, ove d è l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> X .<br />

Corollario 3.17. I punti comuni a due curve prive <strong>di</strong> componenti comuni sono in<br />

numero finito.<br />

Dimostrazione. L’asserto segue imme<strong>di</strong>atamente dal teorema precedente e dalla<br />

Proposizione 3.6 applicata alla retta ℓ∞.<br />

Il concetto <strong>di</strong> molteplicità <strong>di</strong> intersezione <strong>di</strong> una curva e una retta si generalizza grazie<br />

al teorema seguente.<br />

Teorema 3.18. Esiste ed è unica una applicazione I che associa a due curve X :<br />

F (X0, X1, X2) = 0 e Y : G(X0, X1, X2) = 0 e ad un punto P un elemento I(P, X ∩Y) ∈<br />

Z≥0 ∪ {∞} con le seguenti proprietà :<br />

1. I(P, X ∩ Y) è un intero non negativo se e solo se X e Y non hanno componenti<br />

comuni passanti per P ;<br />

2. I(P, X ∩ Y) = 0 se e solo se P /∈ X ∩ Y;<br />

3. I(P, X ∩ Y) = 1 se X e Y sono rette <strong>di</strong>stinte per P ;<br />

4. I(P, X ∩ Y) = I(P, Y ∩ X );<br />

5. Se P è affine, I(P, X ∩ Y) = I(P, X ∩ Z), dove Z : HF∗ + G∗ = 0 per qualche<br />

H ∈ K[X, Y ];<br />

6. Se Z : GH = 0, allora I(P, X ∩Z) = I(P, X ∩Y)+I(P, X ∩Y ′ ), dove Y ′ : H = 0;<br />

7. I è invariante per proiettività .<br />

Non ci preoccuperemo della <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> questo risultato, ma piuttosto del<br />

ricordare un efficiente proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> calcolo dell’intero I(P, X ∩ Y).<br />

A meno <strong>di</strong> proiettività , è possibile supporre che le curve prive <strong>di</strong> componenti comuni<br />

X : F (X, Y ) = 0 e Y : G(X, Y ) = 0 ed il punto P sod<strong>di</strong>sfino le seguenti proprietà :


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 49<br />

• P = (a, b) sia affine;<br />

• Y∞ = (0 : 0 : 1) non sia punto nè <strong>di</strong> X , nè <strong>di</strong> Y;<br />

• su ogni retta <strong>di</strong> equazione X = a vi sia al più un punto <strong>di</strong> X ∩ Y;<br />

• nessuna tangente a X o Y in un punto <strong>di</strong> X ∩ Y sia <strong>di</strong> equazione X = a.<br />

Allora I(P, X ∩ Y) è la molteplicità <strong>di</strong> a come ra<strong>di</strong>ce del risultante RY (F, G).<br />

Esempio 3.19.<br />

Talvolta il calcolo <strong>di</strong> I(P, X ∩ Y) può risultare semplificato. Si può infatti <strong>di</strong>mostrare<br />

questo teorema.<br />

Teorema 3.20. Siano X e Y due curve prive <strong>di</strong> componenti in comune. Allora<br />

I(P, X ∩ Y) ≥ mP (X )mP (Y);<br />

inoltre l’uguaglianza vale se e solo se ogni tangente a X in P non è tangente a Y in<br />

P .<br />

Un metodo ancora più veloce per il calcolo <strong>di</strong> I(P, X ∩ Y) si può descrivere nel caso in<br />

cui P sia un punto semplice <strong>di</strong> una delle due curve, <strong>di</strong>ciamo X . Sia X : F (X, Y ) = 0<br />

e Y : G(X, Y ) = 0. A meno <strong>di</strong> proiettività possiamo supporre che P coincida con<br />

O = (0, 0), e che la tangente <strong>di</strong> X in O sia la retta <strong>di</strong> equazione X = 0. Se tale retta<br />

non è tangente principale <strong>di</strong> Y in O, allora possiamo utilizzare il teorema precedente e<br />

concludere che I(O, X ∩ Y) = mO(Y). Altrimenti, si avrà :<br />

F (X, Y ) = Fd(X, Y )+. . .+F2(X, Y )+X, G(X, Y ) = Ge(X, Y )+. . .+XGm−1(X, Y )<br />

dove d è l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> X , e è l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Y, m = mO(Y), Fi (risp. Gj) è omogeneo <strong>di</strong><br />

grado i (risp. j). Ora, poniamo H = G − Gm−1F e consideriamo la curva Z : H = 0.<br />

Dalla proprietà 6 della molteplicità <strong>di</strong> intersezione segue che<br />

I(O, X ∩ Y) = I(O, X ∩ Z) .<br />

Scriviamo H come somma <strong>di</strong> polinomi omogenei <strong>di</strong> grado decrescente:<br />

H = Hl + . . . + Hm ′ .


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 50<br />

Per costruzione, m ′ > m. A questo punto avremo due possibilità . Se X non <strong>di</strong>vide<br />

Hm ′, allora possiamo concludere dal Teorema 3.20 che I(O, X ∩ Z) = m′ . Se invece<br />

X <strong>di</strong>vide Hm ′, allora iteriamo il proce<strong>di</strong>mento. L’algoritmo dovrà concludersi dopo un<br />

numero finito <strong>di</strong> passi in quanto è noto a priori che I(O, X ∩Y) è finito, e ad ogni passo<br />

cresce l’intero m tale che I(O, X ∩ Y) > m.<br />

Esercizio 42. Con K = C, si calcoli la molteplicità <strong>di</strong> intersezione nel punto (0, 0)<br />

delle seguenti coppie <strong>di</strong> curve:<br />

• X : Y 3 − X 2 = 0, Y : 6Y 5 − 2Y 5 X + 4X 2 − 2Y 2 + 2X = 0;<br />

• X : 3X 2 + 2XY − 3X, Y : X 3 + 5X 3 Y − 6Y 4 .<br />

Conclu<strong>di</strong>amo questa sezione riportando il famoso Teorema <strong>di</strong> Bézout, <strong>di</strong> cui omettiamo<br />

la <strong>di</strong>mostrazione.<br />

Teorema 3.21. Due curve algebriche prive <strong>di</strong> componenti comuni <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne rispettivo<br />

m e n si incontrano in esattamente mn punti, contati con molteplicità .<br />

3.5 Il campo delle funzioni razionali<br />

D’ora in avanti in questo capitolo supporremo sempre che una curva algebrica X :<br />

F (X0, X1, X2) sia priva <strong>di</strong> punti singolari. Va precisato che tale restrizione è molto<br />

forte, tuttavia limitarsi alle curve non-singolari è l’unico modo per introdurre in modo<br />

rapido i Co<strong>di</strong>ci Algebrico-Geometrici. Per stu<strong>di</strong>are in modo appropriato i Co<strong>di</strong>ci<br />

Algebrico-Geometrici su curve qualsiasi è necessaria una preparazione <strong>di</strong> base molto<br />

forte in Geometria Algebrica (quale potrebbe essere quella <strong>di</strong> un intero corso semestrale<br />

ad essa de<strong>di</strong>cato).<br />

Cominciamo osservando che una curva non-singolare è necessariamente irriducibile. In<br />

caso contrario, dalla proprietà 6 della molteplicità <strong>di</strong> intersezione, avremmo che ogni<br />

punto comune a due sue componenti (non necessariamente <strong>di</strong>stinte) sarebbe un punto<br />

singolare per la curva.<br />

Sia allora X : F (X, Y ) = 0, con F polinomio irriducibile a coefficienti in K. Con (F )<br />

denoteremo l’ideale principale <strong>di</strong> K[X, Y ] generato da F .


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 51<br />

Definizione 3.22. L’anello delle coor<strong>di</strong>nate affini <strong>di</strong> X è definito come l’anello<br />

quoziente<br />

K[X ] = K[X, Y ]/(F )<br />

Si noti che siccome un elemento α = G + (F ) ∈ K[V ] a meno <strong>di</strong> polinomi che si<br />

annullano du X , esso induce una funzione ben definita ¯α : X \ ℓ∞ → K, ¯α(a1, a2) =<br />

f(a1, a2). Con un piccolo abuso <strong>di</strong> notazione scriveremo spesso α invece <strong>di</strong> ¯α. Inoltre,<br />

notiamo che K[X ] è un dominio <strong>di</strong> integrità siccome (F ) è un ideale primo. Pertanto<br />

si può considerare il suo campo dei quozienti.<br />

Definizione 3.23. Il campo delle funzioni razionali K(X ) <strong>di</strong> X è il campo dei quozienti<br />

<strong>di</strong> K[X ].<br />

Una descrizione esplicita <strong>di</strong> K(X ) è<br />

<br />

G + (F )<br />

K(X ) =<br />

H + (F )<br />

dove G1 + (F )<br />

H1 + (F ) = G2 + (F )<br />

H2 + (F ) se F | G1H2 − G2H1.<br />

<br />

| G, H ∈ K[X, Y ], H /∈ (F )<br />

Nota 3.24. Si noti che K(X ) = K(¯x, ¯y) dove ¯x = X + (F ), ¯y = Y + (F ). Infatti, sia<br />

α ∈ K(X ), α = . Allora semplicemente per definizione <strong>di</strong> somma e prodotto<br />

G(X,Y )+(F )<br />

H(X,Y )+(F )<br />

in K[X ], α = G(¯x,¯y)<br />

H(¯x,¯y)<br />

. Questo prova che K(X ) ⊂ K(¯x, ¯y). L’altra inclusione è ovvia.<br />

Notiamo che G ∈ (F ) implica G(¯x, ¯y) = 0.<br />

Diversamente dagli elementi <strong>di</strong> K[X ], una funzione razionale α ∈ K(X ) può non dar<br />

luogo a una funzione genuina sui punti affini <strong>di</strong> X , dato che il suo denominatore può<br />

annullarsi in qualche punto. Se per P = (a1, a2) ∈ X esistono G, H ∈ K[X, Y ],<br />

G + (F )<br />

H(a1, a2) = 0, tali che α = , la funzione razionale α si <strong>di</strong>ce regolare (or<br />

H + (F )<br />

definita) in P . In questo caso α(P ) = G(a1, a2)<br />

è ben definito.<br />

H(a1, a2)<br />

Esempio 3.25. Sia F (X, Y ) = X+X 2 +Y 2 +Y 3 . Sia α ∈ K(X ), α = X + X2 + (F )<br />

, e<br />

Y + (F )<br />

si ponga P = (0, 0). Apparentemente, α non è regolare in P , ma siccome X+X 2 +(F ) =<br />

−Y 2 − Y 3 + (F ), α = −Y 2 − Y 3 + (F )<br />

=<br />

Y + (F )<br />

−Y − Y 2 + (F )<br />

. Quin<strong>di</strong> α è definita in P<br />

1 + (F )<br />

e α(P ) = 0.


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 52<br />

Il campo delle funzioni razionali K(X ) può essere rappresentato in modo equivalente<br />

a partire dall’equazione omogenea <strong>di</strong> X . Sia quin<strong>di</strong> F (X0, X1, X2) omogeneo, e sia<br />

K h (X ) = K[X0, X1, X2]/(F ) .<br />

Essendo F irriducibile Kh (X ) è dominio <strong>di</strong> integrità . Consideriamo allora il seguente<br />

sottocampo L del campo dei quozienti <strong>di</strong> Kh (X ):<br />

<br />

G + (F )<br />

L =<br />

H + (F ) | G, H ∈ K[X0,<br />

<br />

X1, X2] omogenei, deg(H) = deg(G), H /∈ (F ) .<br />

Proposizione 3.26. Se X non è la retta ℓ∞, allora il campo L è isomorfo a K(X ).<br />

Dimostrazione. Ricor<strong>di</strong>amo che un’equazione affine <strong>di</strong> X è F∗(X, Y ) = 0, e pertanto<br />

<br />

G + (F∗)<br />

K(X ) =<br />

| G, H ∈ K[X, Y ], H /∈ (F∗) .<br />

H + (F∗)<br />

Si definisca un’applicazione ψ : L → K(X ) ponendo<br />

<br />

G + (F )<br />

ψ<br />

=<br />

H + (F )<br />

G∗ + (F∗)<br />

H∗ + (F∗) .<br />

Si lascia al lettore la verifica che ψ è ben definita, e che è un isomorfismo <strong>di</strong> campi.<br />

D’ora in avanti useremo in<strong>di</strong>fferentemente le due rappresentazioni, affine e omogenea,<br />

del campo delle funzioni razionali <strong>di</strong> X . Osserviamo che:<br />

• nella rappresentazione omogenea si chiede sempre che numeratore e denominatore<br />

<strong>di</strong> una funzione razionale abbiano lo stesso grado;<br />

• nella rappresentazione omogenea il concetto <strong>di</strong> funzione razionale definita in un<br />

punto si estende anche ai punti <strong>di</strong> X ∩ ℓ∞.<br />

3.6 Valutazioni<br />

Richiamiamo innanzitutto alcuni concetti <strong>di</strong> Algebra.


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 53<br />

Un anello commutativo R si <strong>di</strong>ce Noetheriano se ogni ideale <strong>di</strong> R è generato da un<br />

numero finito <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong> R. Si può <strong>di</strong>mostrare che R è Noetheriano se e solo se<br />

per ogni catena ascendente <strong>di</strong> ideali I1 ⊂ I2 ⊂ I3 ⊂ . . . in R, esiste n ≥ 1 tale che<br />

In+1 = In+2 = In+3 = . . . . Un campo K è sempre Noetheriano dato che K non contiene<br />

ideali non banali.<br />

Teorema 3.27 (Teorema della Base <strong>di</strong> Hilbert). Sia R un anello Noetheriano. Allora<br />

l’anello dei polinomi R[X] è Noetheriano.<br />

Corollario 3.28. Sia K un campo. Allora K[X1, . . . , Xn] è Noetheriano.<br />

Dimostrazione. Si usi il Teorema della Base <strong>di</strong> Hilbert, e si proceda per induzione su<br />

n.<br />

Le seguenti con<strong>di</strong>zioni sono equivalenti per un anello R:<br />

1) L’insieme degli elementi non invertibili <strong>di</strong> R forma un ideale.<br />

2) R ha un unico ideale massimale che contiene tutti gli ideali propri <strong>di</strong> R.<br />

L’affermazione segue dal fatto che ogni ideale contenente un elemento invertibile deve<br />

coincidere con l’intero anello. Un anello che sod<strong>di</strong>sfa le con<strong>di</strong>zioni appena descritte si<br />

<strong>di</strong>ce anello locale.<br />

Torniamo ora alle curve algebriche. Sia X : F (X, Y ) = 0 e sia P = (a1, a2) un punto<br />

affine <strong>di</strong> X .<br />

Definizione 3.29. L’ anello locale <strong>di</strong> X in P è il sottoanello K[X ]P <strong>di</strong> K(X ) costituito<br />

dalle funzioni <strong>di</strong> K(X ) che sono definite in P .<br />

Proposizione 3.30. L’anello K[X ]P è un dominio locale Noetheriano.<br />

Dimostrazione. Chiaramente K[X ]P è un dominio essendo contenuto nel campo K(X ).<br />

Per provare che K[X ]P è Noetheriano, si fissi un ideale I ⊂ K[X ]P . Sia I ′ = I ∩<br />

K[X ]. Dato che K[X ] è Noetheriano (essendo per definizione un quoziente <strong>di</strong> un anello<br />

Noetheriano), I ′ =< g1 + (F ), . . . , gs + (F ) > in K[X ] per qualche gi ∈ K[X, Y ]. Sia<br />

α ∈ I. Allora c’è un polinomio b ∈ K[X, Y ], b(a1, a2) = 0, tale che (b + (F ))α ∈


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 54<br />

K[X ] ∩ I = I ′ . Pertanto (b + (F ))α = (b1g1 + . . . + bsgs) + (F ) per qualche polinomio<br />

b1, . . . , bs, ovvero<br />

α = b1 + (F )<br />

b + (F ) g1 + . . . + bs + (F )<br />

b + (F ) gs .<br />

Questo <strong>di</strong>mostra che I =< g1 + (F ), . . . , gs + (F ) > in K[X ]P .<br />

Proviamo ora che K[X ]P è anello locale. Sia I = {α ∈ K[X ]P | α(P ) = 0}. Chiaramente<br />

I è un ideale proprio. Supponiamo che esista un ideale J K[X ]P non<br />

contenuto in I e sia x ∈ J \ I. Si noti che x è invertibile in K[X ]P , dato che x(P ) = 0<br />

implica che x−1 = 1<br />

è definita in P . Pertanto l’ideale < x > contiene l’intero anello<br />

x<br />

K[X ]P , dato che ogni α ∈ K[X ]P può essere scritto come α<br />

x. Ma ciò contrad<strong>di</strong>ce<br />

x<br />

< x >⊂ J K[X ]P .<br />

L’insieme delle funzioni razionali <strong>di</strong> K(X ) che si annullano in P sarà denotato MP .<br />

Dalla <strong>di</strong>mostrazione precedente, MP è l’ideale massimale dell’anello locale K[X ]P .<br />

Proposizione 3.31. Sia X una curva algebrica e sia P ∈ X . Se P è semplice, allora<br />

MP è un ideale principale.<br />

Dimostrazione. Senza restrizione sia P = (0, 0), e la retta tangente <strong>di</strong> X in P sia<br />

Y = 0. Si può imme<strong>di</strong>atamente verificare che MP =< ¯x, ¯y >. Inoltre, f(X, Y ) =<br />

Y + ¯ f(X, Y ) dove tutti i monomi <strong>di</strong> ¯ f hanno grado maggiore o uguale <strong>di</strong> 2. Si scriva<br />

¯f = Y h(Y ) + Xs(X, Y ) con s(0, 0) = 0, h(0) = 0. Allora f(¯x, ¯y) = 0 implica<br />

<br />

s(¯x, ¯y)<br />

¯y = −¯x<br />

.<br />

1 + h(¯y)<br />

s(¯x, ¯y)<br />

Si noti che<br />

1 + h(¯y) ∈ K[X ]P siccome h(0) = 0, pertanto ¯y ∈< ¯x > e < ¯x, ¯y >=< ¯x >.<br />

La <strong>di</strong>mostrazione è così conclusa.<br />

Definizione 3.32. Sia P punto semplice <strong>di</strong> una curva algebrica X . Un parametro<br />

locale <strong>di</strong> X in P è un generatore <strong>di</strong> MP .<br />

I risultati seguenti seguono dalla Proposizione 3.31.


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 55<br />

Corollario 3.33. Sia X una curva algebrica, e P ∈ X un punto semplice. Sia l :<br />

aX +bY +c = 0 una retta per P , <strong>di</strong>stinta dalla tangente a X in P . Allora t = a¯x+b¯y+c<br />

è un parametro locale <strong>di</strong> X in P .<br />

In termini proiettivi, si ha un risultato analogo.<br />

Corollario 3.34. Sia X una curva algebrica <strong>di</strong> equazione F (X0, X1, X2) = 0, e P un<br />

suo punto semplice. Sia l1 : aX0 + bX1 + cX2 = 0 una retta per P , <strong>di</strong>stinta dalla<br />

tangente a X in P . Sia inoltre l2 : a ′ X0 + b ′ X1 + c ′ X2 = 0 una qualsiasi retta non<br />

passante per P . Allora<br />

t = aX0 + bX1 + cX2 + (F )<br />

a ′ X0 + b ′ X1 + c ′ X2 + (F )<br />

è un parametro locale <strong>di</strong> X in P .<br />

Un dominio locale Noetheriano tale che il suo ideale massimale è principale si <strong>di</strong>ce anello<br />

<strong>di</strong> valutazione <strong>di</strong>screta (DVR). La seguente proposizione spiega come una funzione<br />

or<strong>di</strong>ne su K(X ) possa essere associata a P .<br />

Proposizione 3.35. Sia X una curva algebrica e sia t un parametro locale <strong>di</strong> X in<br />

P . Allora per ogni α ∈ K[X ]P , α = 0, esiste un unico m ∈ Z, m ≥ 0, e un unico<br />

u ∈ K[X ]P invertibile, tali che α = ut m .<br />

Dimostrazione. Supponiamo che tali m e u non esistano. Ciò implica che se α = ut i ,<br />

i ≥ 0, u ∈ K[X ]P , allora u non è invertibile, i.e. u ∈ MP . In particolare, α ∈ MP<br />

dato che α = αt 0 . Definiamo induttivamente una sequenza <strong>di</strong> elementi ui ∈ K[X ]P .<br />

Sia u1 ∈ K[X ]P con α = u1t, e per i > 1 sia ui ∈ K[X ]P tale che ui−1 = uit. Un tale<br />

ui esiste dato che α = ui−1t i−1 , e quin<strong>di</strong> ui−1 ∈ MP . Si noti che < ui−1 >< ui >,<br />

altrimenti ui = βui−1 = βuit per qualche β ∈ K[X ]P , e t sarebbe invertibile essendo<br />

βt = 1. Pertanto la catena ascendente <strong>di</strong> ideali<br />

< u1 >< u2 > . . . < ui > . . .<br />

dà luogo a una contrad<strong>di</strong>zione essendo K[X ]P Noetheriano.<br />

Per provare l’unicità si assuma ut m = vt s with m < s. Pertanto u = vt s−m ∈ MP , che<br />

contrad<strong>di</strong>ce il fatto che u è invertibile in K[X ]P .


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 56<br />

Corollario 3.36. Sia X una curva algebrica, e sia t un suo parametro locale in un<br />

suo punto semplice P . Allora per ogni α ∈ K(X ), α = 0, esiste un unico m ∈ Z, e un<br />

unico u ∈ K[X ]P invertibile, tali che α = ut m .<br />

Dimostrazione. Ogni α ∈ K[X ]P , α = 0, si può scrivere come quoziente β<br />

con β, γ<br />

γ<br />

in K[X ]P . Dalla Proposizione 3.35, β = ut m , γ = vt s per due interi m, s e per due<br />

elementi invertibili u, v ∈ K[X ]P . Pertanto α = (uv −1 )t m−s . L’unicità può essere<br />

<strong>di</strong>mostrata come nella <strong>di</strong>mostrazione della Proposizione 3.35.<br />

Esercizio 43. Si provi che l’intero m del Corollario 3.6 non <strong>di</strong>pende dalla scelta del<br />

parametro locale t.<br />

Definizione 3.37. Sia P punto <strong>di</strong> una curva algebrica non singolare X , e sia α ∈ K(X ),<br />

α = 0. L’ or<strong>di</strong>ne ordP (α) <strong>di</strong> α in P è l’intero m tale che α = ut m , con u invertibile in<br />

K[X ]P e t parametro locale in P . Per α = 0 si ponga ordP (0) = ∞.<br />

Si noti che K[X ]P coincide con l’insieme {α ∈ K(X ) | ordP (α) ≥ 0}, mentre MP =<br />

{α ∈ K(X ) | ordP (α) > 0}.<br />

Gli or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> funzioni razionali hanno le seguenti proprietà elementare, la cui<br />

<strong>di</strong>mostrazione è lasciata come esercizio.<br />

Proposizione 3.38. Sia X una curva algebrica non singolare, e sia P un punto <strong>di</strong> X .<br />

Allora<br />

1. ordP (αβ) = ordP (α) + ordP (β) per ogni α, β ∈ K(X ) (e quin<strong>di</strong> ordP (α m ) =<br />

m · ordP (α) per ogni intero m);<br />

2. ordP (α + β) ≥ min{ordP (α), ordP (β)} per ogni α, β ∈ K(X ); se ordP (α) =<br />

ordP (β) allora vale l’uguaglianza;<br />

3. ordP (a) = 0 per ogni a ∈ K.<br />

Definizione 3.39. Un punto P <strong>di</strong> una curva algebrica non singolare X è detto zero<br />

<strong>di</strong> molteplicità m per α ∈ K(X ) se ordP (α) = m > 0, polo <strong>di</strong> molteplicità −m se<br />

ordP (α) = m < 0.


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 57<br />

Esempio 3.40. Sia X : Y = 0. I punti affini <strong>di</strong> X sono Pa = (a, 0), dove a varia<br />

in K. Sia α = X 2 + (F ) ∈ K(X ). Chiaramente α è definito in Pa per ogni a, e<br />

α(Pa) = a 2 . Pertanto tra i punti Pa, l’unico zero <strong>di</strong> α è P0. Per il corollario 3.33 la<br />

funzione t = X + (F ) è parametro locale in P0. Dato che α = t 2 , si ha ordP0(α) =<br />

ordP0(t 2 ) = 2ordP0(t) = 2, cioè P0 è uno zero <strong>di</strong> α <strong>di</strong> molteplicità due.<br />

Esempio 3.41. Sia K = C e sia X : X 2 + Y 2 − 1 = 0. Sia α = X(X − 1)2 + (F )<br />

(Y − 1) 2 + (F ) .<br />

Calcoliamo gli or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> α nei punti P1 = (1, 0) e P2 = (0, 1). Si scriva α = Xu 2 , dove<br />

X − 1 + (F )<br />

u =<br />

Y − 1 + (F ) . Dato che X è definita in P1 e X(P1) = 1, si ha che ordP1(X) = 0.<br />

Per calcolare ordP1(u) si noti che in K(X ) si ha:<br />

(X − 1)(X + 1) + (F )<br />

(Y − 1) 2 + (F )<br />

=<br />

Y 2 + (F )<br />

(Y − 1) 2 + (F ) ,<br />

Y + (F )<br />

ovvero u = h1h2 dove h1 =<br />

Y − 1 + (F ) , h2<br />

Y + (F )<br />

= . Per il Corollario 3.33 sia<br />

X + 1 + (F )<br />

h1 che h2 sono parametri locali in P1, e pertanto ordP1(α) = ordP1(X)+2ordP1(h1h2) =<br />

0 + 2 + 2 = 4, cioè P1 è uno zero <strong>di</strong> α <strong>di</strong> molteplicità 4.<br />

Per il Corollario 3.33 ¯x è un parametro locale in P2. Si noti che<br />

(Y − 1)(Y + 1) + (F )<br />

(X − 1) 2 + (F )<br />

=<br />

X2 + (F )<br />

(X − 1) 2 + (F ) ,<br />

cioè u−1 = g1g2 dove g1<br />

X + (F )<br />

= −<br />

X − 1 + (F ) , g2 =<br />

X + (F )<br />

.<br />

Y + 1 + (F )<br />

Possiamo usare <strong>di</strong><br />

nuovo il Corollario 3.33 per affermare che sia g1 che g2 sono parametri local in P2.<br />

Riassumento, ordP2(α) = ordP2(X) + ordP2(g −2<br />

1 g −2<br />

2 ) = 1 − 2 − 2 = −3. Pertanto P2 è<br />

un polo <strong>di</strong> α <strong>di</strong> molteplicità 3.<br />

Il prossimo teorema, <strong>di</strong> cui omettiamo la <strong>di</strong>mostrazione, fornisce una <strong>di</strong>versa prospettiva<br />

sulla molteplicità <strong>di</strong> una funzione in un punto, e, soprattutto, un algoritmo per il suo<br />

calcolo. Nell’enunciato si usa la rappresentazione omogenea <strong>di</strong> K(X ).<br />

Teorema 3.42. 3.6 Sia α una funzione razionale della curva non singolare X :<br />

F (X, Y ) = 0, e sia P un punto affine <strong>di</strong> X . Si scriva α come classe <strong>di</strong> un quoziente<br />

<strong>di</strong> due polinomi:<br />

α =<br />

G + (F )<br />

H + (F ) .


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 58<br />

Siano inoltre Y e Z le curve <strong>di</strong> equazione Y : G(X, Y ) = 0, Z : H(X, Y ) = 0. Allora<br />

ordP (α) = I(P, Y ∩ X ) − I(P, Z ∩ X ) .<br />

Dimostrazione. Supponiamo per semplicità che P sia affine. Sia aX + bY + c = 0<br />

l’equazione <strong>di</strong> una retta passante per P non tangente a X in P , e sia t = aX +<br />

bY + c + (F ) il parametro locale <strong>di</strong> X in P corrispondente. Si ponga inoltre m =<br />

ordP (α). Per definizione <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne, esiste u ∈ K[X ]P , u invertibile, tale che α = t m u.<br />

Dall’invertibilità <strong>di</strong> u segue che<br />

u = G1 + (F )<br />

H1 + (F )<br />

per qualche G1, H1 che non si annullano in P . Da<br />

α = G1(aX + bY + c) m + (F )<br />

H1 + (F )<br />

segue che F <strong>di</strong>vide GH1 − G1HG1(aX + bY + c) m , ovvero esiste un polinomio Q ∈<br />

K[X, Y ] tale che<br />

QF + G1H(aX + bY + c) m = GH1.<br />

Dalla proprietà 5 della molteplicità <strong>di</strong> intersezione segue che<br />

I(P, X ∩ {GH1 = 0}) = I(P, X ∩ {G1H(aX + bY + c) m = 0}),<br />

e quin<strong>di</strong> dalla proprietà 6 si ha che I(P, X ∩ {G = 0}) + I(P, X ∩ {H1 = 0}) coincide<br />

con<br />

I(P, X ∩ {G1 = 0}) + I(P, X ∩ {H = 0}) + mI(P, X ∩ {aX + bY + c = 0}).<br />

Dato che l’equazione aX + bY + c = 0 rappresenta una retta per P non tangente, si ha<br />

I(P, X ∩ {aX + bY + c = 0}) = 1. Inoltre, dato che G1, H1 che non si annullano in P ,<br />

si ottiene I(P, X ∩ {G1}) = I(P, X ∩ {H1}) = 0. Pertanto l’asserto è <strong>di</strong>mostrato.<br />

La versione proiettiva del Teorema è la seguente<br />

Teorema 3.43. Sia α una funzione razionale della curva non singolare X :<br />

F (X0, X1, X2) = 0, e sia P un punto <strong>di</strong> X . Si scriva α come classe <strong>di</strong> un quoziente <strong>di</strong><br />

due polinomi omogenei dello stesso grado:<br />

α =<br />

G + (F )<br />

H + (F ) .


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 59<br />

Siano inoltre Y e Z le curve <strong>di</strong> equazione Y : G(X0, X1, X2) = 0, Z : H(X0, X1, X2) =<br />

0. Allora si ha che<br />

ordP (α) = I(P, Y ∩ X ) − I(P, Z ∩ X ) .<br />

Teorema 3.44. Sia X una curva algebrica non singolare. Allora ogni funzione α ∈<br />

K(X ) non nulla ha lo stesso numero <strong>di</strong> zeri e <strong>di</strong> poli, contati con molteplicità .<br />

Dimostrazione. L’asserto segue dal Teorema precedente e dal Teorema <strong>di</strong> Bézout.<br />

Il numero <strong>di</strong> zeri (o <strong>di</strong> poli) <strong>di</strong> una funzione può essere interpretato algebricamente nel<br />

modo seguente.<br />

Teorema 3.45. Sia α ∈ K(X ), α /∈ K. Allora il numero <strong>di</strong> zeri <strong>di</strong> α coincide con il<br />

grado dell’estensione <strong>di</strong> campi<br />

K(X ) : K(α) .<br />

Esercizio 44. Sia X : F (X, Y ) = 0. Si <strong>di</strong>mostri il teorema precedente per α = ¯x.<br />

(Suggerimento: si ricor<strong>di</strong> che K(X ) = K(¯x, ¯y), e che F (¯x, ¯y) = 0).<br />

3.7 Divisori<br />

Sia X una curva algebrica piana non singolare.<br />

Il gruppo abeliano libero generato dai punti <strong>di</strong> X è chiamato il gruppo dei <strong>di</strong>visori <strong>di</strong><br />

X . I suoi elementi sono detti <strong>di</strong>visori <strong>di</strong> X . In altre parole, un <strong>di</strong>visore D è una somma<br />

formale finita <strong>di</strong> punti <strong>di</strong> X , ovvero D = <br />

P ∈X npP , dove nP è un intero, <strong>di</strong>verso da<br />

0 solo per un numero finito <strong>di</strong> punti <strong>di</strong> X .<br />

Il supporto <strong>di</strong> D si definisce come supp(D) := {P ∈ X | nP = 0}. Due <strong>di</strong>visori<br />

D = <br />

P ∈X npP e D ′ = <br />

P ∈X n′ pP si sommano in modo naturale<br />

D + D ′ := <br />

P ∈X<br />

(np + n ′ P )P .<br />

L’elemento neutro del gruppo dei <strong>di</strong>visori è <br />

P ∈X nP P con nP = 0 per ogni P ∈ X .<br />

Sarà denotato come 0.


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 60<br />

Un or<strong>di</strong>ne parziale nel gruppo dei <strong>di</strong>visori è definito da<br />

D ≤ D ′ ⇔ nP ≤ n ′ P per ogni P ∈ X .<br />

Se nP ≥ 0 per ogni P ∈ X <strong>di</strong>remo che D è positivo o effettivo. Il grado <strong>di</strong> D è la somma<br />

degli interi nP , ovvero deg(D) = <br />

P ∈X np.<br />

Ad ogni funzione razionale f non nulla si associa in modo naturale un <strong>di</strong>visore: (f) :=<br />

<br />

ordP (f)P . Tale <strong>di</strong>visore è il <strong>di</strong>visore nullo se e solo se f è costante. Se viceversa<br />

f /∈ K, allora (f) si può scrivere come <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> due <strong>di</strong>visori effettivi: (f) =<br />

(f)0 − (f)∞, dove (f)0 = <br />

ordP (f)>0 ordP (f)P è il <strong>di</strong>visore degli zeri <strong>di</strong> f, e (f)∞ =<br />

<br />

ordP (f)


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 61<br />

ϕ è K-lineare e la sua immagine è contenuta in L(D ′ ): ordP (xz) = ordP (x) +<br />

per ogni P ∈ X . Inolte ϕ è biiettiva dato che<br />

ordP (z) ≥ −nP + ordP (z) = −n ′ P<br />

ψ : L(D ′ ) → L(D), x ↦→ xz−1 è una sua inversa.<br />

2. Supponiamo che esista x ∈ L(D) con x = 0. Allora D ′ := D + (x) è effettivo e<br />

linearmente equivalente a D. Pertanto 0 ≤ deg(D ′ ) = deg(D), in contrad<strong>di</strong>zione<br />

con l’ipotesi.<br />

3. Chiaramente K è contenuto in L(0). D’altro canto ogni elemento in L(0) non ha<br />

poli, e quin<strong>di</strong> è necessariamente costante.<br />

Una limitazione superiore alla <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> L(D) si può <strong>di</strong>mostrare abbastanza<br />

facilmente.<br />

Proposizione 3.48. Sia D un <strong>di</strong>visore tale che D ≥ 0. Allora<br />

<strong>di</strong>mK(L(D)) ≤ deg(D) + 1 .<br />

Dimostrazione. Proviamo l’asserto per induzione su deg(D). Se deg(D) = 0, allora<br />

D ≥ 0 implica D = 0. Dal Lemma 3.47 segue dunque che<br />

<strong>di</strong>mK(L(D)) = <strong>di</strong>mK(L(0)) = <strong>di</strong>mK(K) = 1 = deg(D) + 1 .<br />

Supponiamo allora che deg(D) > 0. Allora esiste P ∈ X tale che nP > 0. Sia<br />

D ′ = D − P . Essendo D ′ ≥ 0 e deg(D ′ ) = deg(D) − 1, per ipotesi induttiva si<br />

ha <strong>di</strong>mK(L(D ′ )) ≤ deg(D). Per completare la <strong>di</strong>mostrazione rappresenteremo L(D ′ )<br />

come nucleo <strong>di</strong> una applicazione lineare <strong>di</strong> L(D) in K. Sia t parametro locale <strong>di</strong> X in<br />

P . Osserviamo che per ogni α in L(D) si ha ordP (t nP α) = nP + ordP (α) ≥ 0, ovvero<br />

t nP α è definita in P . Pertanto l’applicazione<br />

Φ : L(D) → K, α ↦→ (t nP α)(P )<br />

è ben definita. Si verifica imme<strong>di</strong>atamente che Φ è lineare. Inoltre, α ∈ Ker(Φ) se e<br />

solo se P è uno zero <strong>di</strong> t nP α, ovvero<br />

ordP (t nP α) > 0 ⇔ ordP (α) ≥ (nP − 1) ⇔ (α) + D ′ ≥ 0.


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 62<br />

Pertanto, Ker(Φ) coincide con L(D ′ ). Essendo<br />

<strong>di</strong>mK(L(D)) = <strong>di</strong>mK(Ker(Φ)) + <strong>di</strong>mK(Im(Φ))<br />

l’asserto segue da <strong>di</strong>mK(Ker(Φ)) ≤ deg(D) e <strong>di</strong>mK(Im(Φ)) ≤ 1.<br />

Nota 3.49. Si noti che la con<strong>di</strong>zione D ≥ 0 nella proposizione precedente può essere<br />

facilmente sostituita da deg(D) ≥ 0. Infatti se <strong>di</strong>mK(L(D)) = 0, allora non c’è niente<br />

da <strong>di</strong>mostrare essendo 0 < deg(D) + 1; altrimenti esiste una funzione razionale α tale<br />

che (α) + D ≥ 0. Dal Lemma 3.47 si ha allora che i <strong>di</strong>visori (α) + D e D oltre ad<br />

avere lo stesso grado sono tali che L(D) e L((α) + D) sono isomorfi. Pertanto<br />

<strong>di</strong>mK(L(D)) = <strong>di</strong>mK(L((α) + D)) ≤ deg(D) + 1 .<br />

Esempio 3.50. Esaminiamo la curva X definita su F2 da X3 1 + X3 2 + X3 0. Sia D = 2P ,<br />

con P = (1 : 0 : 1) ∈ X . Cerchiamo elementi in L(D), ovvero funzioni razionali<br />

che hanno un polo <strong>di</strong> molteplicità al più 2 in P , e che sono definite in tutti gli altri<br />

punti. Chiaramente ogni costante è contenuta in L(D). Esistono funzioni razionali non<br />

costanti in L(D)? Osserviamo che la retta tangente a X in P è la retta X0 + X2 = 0;<br />

tale retta incontra X nel solo punto P , con molteplicità 3. Osserviamo allora che ogni<br />

funzione <strong>di</strong> tipo<br />

α = L(X0, X1, X2)<br />

,<br />

X0 + X2<br />

con L polinomio <strong>di</strong> primo grado, ha polo solo in P , e tale polo ha molteplicità al<br />

massimo 3. Per far sì che ordP (α) sia maggiore o uguale <strong>di</strong> −2 basterà fare in modo<br />

che L rappresenti una retta passante per P <strong>di</strong>versa dalla tangente. Ad esempio, si ha<br />

che<br />

α :<br />

X1<br />

X2 + X0<br />

∈ L(D) .<br />

Dato che α e 1 sono chiaramente linearmente in<strong>di</strong>pendenti su K, la <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> L(D)<br />

è almeno 2. Vedremo in seguito che in realtà vale l’uguaglianza.<br />

Esempio 3.51. Sia X : F (X0, X1, X2) = 0 una curva algebrica non singolare <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne<br />

d > 3. Sia D∞ il <strong>di</strong>visore<br />

D∞ = <br />

I(P, X ∩ ℓ∞)P .<br />

P ∈ℓ∞


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 63<br />

Si ponga W = (d−3)D∞. Si osservi che il grado <strong>di</strong> W è d(d−3). Inoltre, ogni funzione<br />

αi0,i1,i2 = Xi0 0 X i1<br />

1 X i2<br />

2<br />

X d−3<br />

0<br />

= ¯x i1 ¯y i2<br />

con i0, i1, i2 non negativi, i0 + i1 + i2 = d − 3, appartiene a L(W ). Le possibilità per<br />

gli in<strong>di</strong>ci i0, i1, i2 sono in numero <strong>di</strong><br />

1 + 2 + . . . + (d − 2) =<br />

(d − 1)(d − 2)<br />

2<br />

Inoltre le funzioni αi0,i1,i2 sono linearmente in<strong>di</strong>pendenti su K, altrimenti F dovrebbe<br />

<strong>di</strong>videre un polinomio <strong>di</strong> grado d − 3. Pertanto la <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> L(W ) è almeno<br />

. Vedremo in seguito che vale l’uguaglianza.<br />

(d−1)(d−2)<br />

2<br />

3.7.1 Il Teorema <strong>di</strong> Riemann-Roch<br />

Il Teorema <strong>di</strong> Riemann-Roch è uno dei teoremi più famosi della Geometria Algebrica.<br />

Sia X : F (X0, X1, X2) e sia d il grado <strong>di</strong> X . Poniamo g = (d − 1)(d − 2)/2; tale<br />

intero si <strong>di</strong>ce il genere <strong>di</strong> X 1 . Diremo che un <strong>di</strong>visore W è un <strong>di</strong>visore canonico se<br />

deg(W ) = 2g − 2 e ℓ(W ) = g.<br />

Teorema 3.52 (Teorema <strong>di</strong> Riemann-Roch). Dato un <strong>di</strong>visore D <strong>di</strong> una curva<br />

algebrica X ,<br />

ℓ(D) = deg(D) + 1 − g + ℓ(W − D)<br />

dove W è un qualsiasi <strong>di</strong>visore canonico.<br />

Calcolare ℓ(W − D) in generale non è facile. Se però il grado <strong>di</strong> D è sufficientemente<br />

grande, tale intero risulta essere uguale a zero<br />

Corollario 3.53. Per ogni <strong>di</strong>visore D tale che deg(D) ≥ 2g − 1, si ha<br />

ℓ(D) = deg(D) + 1 − g<br />

1 Il genere <strong>di</strong> una curva algebrica è il più importante invariante birazionale. Nel caso <strong>di</strong> curve<br />

singolari o <strong>di</strong> curve non piane, la definizione <strong>di</strong> genere è più complessa<br />

.


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 64<br />

Dimostrazione. Dal Teorema <strong>di</strong> Riemann-Roch segue ℓ(D) = deg(D)+1−g+ℓ(W −D),<br />

essendo W un <strong>di</strong>visore canonico. Siccome deg(D) ≥ 2g − 1 e deg(W ) = 2g − 2,<br />

abbiamo che deg(W − D) < 0. Da (2) del Lemma 3.47 segue che ℓ(W − D) = 0, da<br />

cui l’asserto.<br />

Nel caso <strong>di</strong> curve non singolari è facile descrivere i <strong>di</strong>visori canonici.<br />

Lemma 3.54. Sia D tale che deg(D) = 0. Allora ℓ(D) ≤ 1.<br />

Dimostrazione. L’asserto segue dalla Nota 3.49.<br />

Proposizione 3.55. Il <strong>di</strong>visore D = (d − 3)D∞, dove<br />

D∞ = <br />

I(P, X ∩ ℓ∞)P ,<br />

è un <strong>di</strong>visore canonico<br />

P ∈ℓ∞<br />

Dimostrazione. Osserviamo innanzitutto che il grado <strong>di</strong> D è uguale a d(d−3) = 2g −2.<br />

Dal Teorema <strong>di</strong> Riemann-Roch allora si ha che<br />

ℓ(D) = 2g − 2 + 1 − g + ℓ(W − D),<br />

dove W è un qualsiasi <strong>di</strong>visore canonico. Essendo deg(W − D) = 0, dal Lemma 3.54<br />

segue che ℓ(D) ≤ g. Nell’esempio 3.51 si è <strong>di</strong>mostrato che ℓ(D) ≥ g, da cui ℓ(D) = g<br />

e quin<strong>di</strong> l’asserto.<br />

Esercizio 45. Si provi che utti i <strong>di</strong>visori canonici <strong>di</strong> una curva algebrica sono linearmente<br />

equivalenti. (Suggerimento: si <strong>di</strong>mostri che, per due <strong>di</strong>visori canonici W1 e W2,<br />

si ha ℓ(W1 − W2) = 1).<br />

Esempio 3.56. z Sia q una potenza <strong>di</strong> un primo, e sia X : F = 0, F = X2, K = ¯ Fq.<br />

Conserviamo la notazione usata nell’Esempio 3.40. Per un intero k, 1 ≤ k ≤ q, sia<br />

D = (k − 1)P∞. Proveremo che L(D) coincide con lo spazio vettoriale<br />

<br />

f(X0, X1) + (F )<br />

V =<br />

X k−1<br />

0<br />

+ (F )<br />

| f(X0, X1) ∈ Fq[X0, X1], omogeneo, deg(f) = k − 1<br />

.


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 65<br />

Mostriamo innanzitutto che V ⊆ L(D). Per una funzione f ∈ V si scriva<br />

f = (a0X k−1<br />

0<br />

+ a1X1X k−2<br />

0<br />

+ . . . + ak−1X k−1<br />

1 )/X k 0 .<br />

Allora f = a0f0 + a1f1 + . . . + ak−1fk−1, dove fi = (X1/X0) i . Siccome per il Corollario<br />

3.33 f −1<br />

1 è un parametro locale in P∞, la Proposizione 3.38 implica ordP∞(f) = −i0,<br />

essendo<br />

i0 = max{0 ≤ i ≤ k − 1 | i = 0} .<br />

Tenendo conto del fatto che f è definita in ogni punto <strong>di</strong> X <strong>di</strong>verso da P∞, si ha che<br />

(f)∞ = −i0P∞, e pertanto f ∈ L(D). Per provare l’asserto ora è sufficiente mostrare<br />

che <strong>di</strong>m(V ) = ℓ(D). Chiaramente <strong>di</strong>m(V ) = k. Siccome il genere <strong>di</strong> X è uguale a 0,<br />

per il Corollario 3.53 si che anche ℓ(D) è uguale a k.<br />

Esempio 3.57. Sia X come nell’esempio 3.56. Siano P1 = (1 : a1 : 0), . . . , Pn =<br />

(1 : an : 0) punti <strong>di</strong>stinti <strong>di</strong> X . Per n elementi non nulli v1, v2, . . . , vn <strong>di</strong> Fq, sia<br />

U ∈ Fq[X] tale che deg(U) ≤ n − 1 e U(ai) = vi per ogni i, 1 ≤ i ≤ n. Si scriva<br />

U = u0 + u1X + . . . + un−1X n−1 ; sia u la funzione razionale su X definita da u =<br />

(u0X n−1<br />

0<br />

+ u1X1X n−2<br />

0<br />

+ . . . + un−1X n−1<br />

1 )/X n−1<br />

0 . Ora si consideri lo spazio L(D) con<br />

D = (k − 1)P∞ − (u). Affermiamo che l’insieme<br />

uf0, uf1, . . . , ufk−1,<br />

con fi = (X1/X0) i , costituisce una base <strong>di</strong> L(D). Dall’ Esempio 3.56 sappiamo che<br />

(fi) = iP0 − iP∞. Pertanto<br />

(ufi) + D = (u) + (fi) + ((k − 1)P∞ − (u)) = iP0 + (k − 1 − i)P∞ ≥ 0<br />

cioè ufi ∈ L(D) per ogni i, 0 ≤ i ≤ k − 1. Si lascia come esercizio <strong>di</strong>mostrare che<br />

le funzioni ufi sono linearmente in<strong>di</strong>pendenti. Per il Corollario 3.53, la <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong><br />

L(D) è uguale a k, e pertanto l’asserto è <strong>di</strong>mostrato.<br />

3.7.2 Divisori one-point<br />

In questa sezione consideriamo <strong>di</strong>visori <strong>di</strong> tipo D = mP , m > 0. Le funzioni <strong>di</strong> L(D)<br />

sono quelle f ∈ K(X ) tali che (f)∞ = lP , l ≤ m. Sia H(P ) il seguente insieme <strong>di</strong><br />

interi non negativi:<br />

H(P ) := {l| esiste f ∈ K(X ) con (f)∞ = lP }.


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 66<br />

Si vede facilmente che H(P ) è un semigruppo (cioè un insieme chiuso rispetto alla<br />

somma), chiamato il semigruppo <strong>di</strong> Weierstrass in P . Gli elementi <strong>di</strong> H(P ) sono<br />

chiamati non-gaps <strong>di</strong> P , mentre ogni intero s ∈ N \ H(P ) è detto gap.<br />

Lemma 3.58. Un intero i è un non-gap in P se e solo se<br />

L((i − 1)P ) L(iP )<br />

Dimostrazione. Chiaramente ogni α per cui (α)∞ = −iP appartiene a L(iP ) ma non<br />

a L((i − 1)P ).<br />

In virtù della <strong>di</strong>mostrazione della Proposizione 3.48, vale anche la caratterizzazione<br />

seguente.<br />

Lemma 3.59. Un intero i è un non-gap in P se e solo se<br />

ℓ((i − 1)P ) = ℓ(iP ) − 1 .<br />

Proposizione 3.60. La <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> L(mP ) coincide con il numero <strong>di</strong> non-gaps in<br />

P minori o uguali <strong>di</strong> m.<br />

Dimostrazione. Si consideri la catena <strong>di</strong> spazi vettoriali L(0) ⊆ L(P ) ⊆ L(2P ) ⊆ . . . ⊆<br />

L(mP ). Dal lemma precedente, per ogni i, 0 ≤ i ≤ m, la <strong>di</strong>fferenza ℓ(iP ) − ℓ((i − 1)P )<br />

è al più 1. Inoltre da (3) del Lemma 3.47 si ha che <strong>di</strong>mL(0) = 1. Questo completa la<br />

<strong>di</strong>mostrazione.<br />

Proposizione 3.61. Siano i0 = 0, i1, . . . , ir tutti i non-gaps in P minori o uguali <strong>di</strong> m.<br />

Siano f0, f1, . . . , fr ∈ K(X ) tali che ordP (fi) = −ii. Allora f0, f1, . . . , fr costituiscono<br />

una base <strong>di</strong> L(mP ).<br />

Dimostrazione. Dalla <strong>di</strong>mostrazione della proposizione precedente segue<br />

L(0) L(i1P ) L(i2P ) . . . L(irP ) = L(mP ) ,<br />

dove ℓ(ijP ) = ℓ(ij−1P )+1. Pertanto, dato che fj ∈ L(ijP )\L(ij−1P ), si ha L(ijP ) =<<br />

L(ij−1P ), fj >. Segue allora che f0, f1, . . . , fr sono linearmente in<strong>di</strong>pendenti, e che<br />

L’asserto è dunque provato.<br />

L(mP ) =< f0, f1, . . . , fr > .


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 67<br />

Proposizione 3.62. Ogni intero i ≥ 2g è un non-gap in ogni punto P ∈ X .<br />

Dimostrazione. Essendo 2g − 1 ≤ i − 1 < i, dal Teorema <strong>di</strong> Riemann-Roch segue che<br />

Pertanto<br />

ℓ((i − 1)P ) = i − 1 + 1 − g, ℓ(iP ) = i + 1 − g .<br />

ℓ((i − 1)P ) = ℓ(iP ) − 1.<br />

Proposizione 3.63. Ci sono esattamente g gaps in ogni punto P ∈ X .<br />

Dimostrazione. Il Corollario 3.53 implica che ℓ(2gP ) = g + 1. Dalla Proposizione 3.60<br />

il numero <strong>di</strong> non-gaps in P che sono minori o uguali <strong>di</strong> 2g is g + 1. Pertanto, dalla<br />

Proposizione 3.62 il numero <strong>di</strong> gaps in P è g.<br />

Corollario 3.64. Se g ≥ 1 allora esiste almeno un gap in ogni punto P ∈ X . Inoltre<br />

1 è un gap in ogni P ∈ X .<br />

Esempio 3.65. Fissiamo le notazioni come nell’Esempio 3.50. Siccome il genere <strong>di</strong> X<br />

è uguale 1, il solo gap in P è 1. Dalla Proposizione 3.60 segue ℓ(2P ) = 2.<br />

3.7.3 La curva Hermitiana<br />

Sia X : X q+1<br />

1<br />

− X q<br />

2X0 − X q<br />

0X2 = 0 curva definita sopra la chiusura algebrica del campo<br />

finito Fq. Tale curva si <strong>di</strong>ce curva Hermitiana, e vedremo nel prossimo capitolo che è<br />

un oggetto molto rilevante in teoria dei co<strong>di</strong>ci. In questa sezione ne vedremo alcune<br />

proprietà preliminari.<br />

Si verifica facilmente che X è non singolare. Il suo genere g è quin<strong>di</strong> uguale a q(q−1)/2.<br />

Si vede anche <strong>di</strong>rettamente che l’unico punto <strong>di</strong> X appartenente alla retta ℓ∞ : X0 = 0<br />

è il punto P∞ = (0 : 0 : 1). Si vede facilmente che la tangente a X in P∞ è proprio la<br />

retta all’infinito ℓ∞, e che<br />

I(P∞; X ∩ ℓ∞) = q + 1 .<br />

Definiamo x = X1 X2 , y = . Osserviamo che<br />

X0 X0<br />

ordP∞(x) = I(P∞; X ∩ X1 = 0) − I(P∞; X ∩ ℓ∞) = 1 − (q + 1) = −q,


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 68<br />

e<br />

ordP∞(y) = I(P∞; X ∩ X2 = 0) − I(P∞; X ∩ ℓ∞) = 0 − (q + 1) = −q − 1.<br />

Inoltre dato che X0 non si annulla in nessun altro punto <strong>di</strong> X si ha che x e y hanno un<br />

unico polo in P∞; pertanto<br />

(x)∞ = qP∞, (y)∞ = (q + 1)P∞ .<br />

Proposizione 3.66. Sia r un intero positivo. Una base <strong>di</strong> L(mP∞) è costituita dalle<br />

funzioni<br />

{x i y j | iq + j(q + 1) ≤ m, i ≥ 0, 0 ≤ j ≤ q − 1} .<br />

Dimostrazione. Osserviamo innanzitutto che due elementi dell’insieme {x i y j | iq +<br />

j(q + 1) ≤ m, i ≥ 0, 0 ≤ j ≤ q − 1} hanno or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>verso in P∞. Infatti, se fosse<br />

iq + j(q + 1) = i ′ q + j ′ (q + 1), supponendo senza restrizione j ′ ≥ j, si avrebbe<br />

(j ′ − j)(q + 1) = (i − i ′ )q .<br />

Essendo j ′ − j un intero minore <strong>di</strong> q, ed essendo MCD(q, q + 1) = 1, non è possibile<br />

che q <strong>di</strong>vida il primo membro a meno che j = j ′ , nel qual caso si deve però anche avere<br />

i = i ′ .<br />

Basterà ora provare che il semigruppo <strong>di</strong> Weierstrass H(P∞) coincide con l’insieme<br />

{iq + j(q + 1) | i ≥ 0, 0 ≤ j ≤ q − 1} .<br />

A tale scopo, osserviamo intanto che nell’insieme {iq + j(q + 1) | i ≥ 0, 0 ≤ j ≤ q − 1}<br />

si trovano almeno (q 2 − q)/2 = g elementi e minori o uguali <strong>di</strong> 2g − 1 = q(q − 1) − 1 =<br />

q 2 − q − 1. Ciò <strong>di</strong>pende dal fatto che le somme iq + j(q + 1) con 0 ≤ i + j ≤ q − 2 sono<br />

in numero <strong>di</strong> (q 2 − q)/2.<br />

Resta quin<strong>di</strong> da <strong>di</strong>mostrare che ogni intero n maggiore <strong>di</strong> 2g − 1 = q 2 − q − 1 si<br />

può esprimere come combinazione <strong>di</strong> q e q + 1. Proce<strong>di</strong>amo per induzione su n. Se<br />

n = iq + j(q + 1) con i > 0, allora n + 1 = (i − 1)q + (j + 1)(q + 1); se n = j(q + 1)<br />

con j = q − 1, allora n + 1 = q 2 = iq con i = q (se n = j(q + 1) con j < q − 1, allora<br />

n ≤ (q − 2)(q − 1) < 2g − 1).<br />

Esercizio 46. Sia X la curva definita sopra il campo finito con 49 elementi da X 7 2X0 +<br />

X2X 7 0 − X 8 1. Sia P = (0 : 0 : 1). Si trovino basi degli spazi L(10P ), L(20P ) e L(30P ).


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 69<br />

Esercizio 47. Si consideri la quartica <strong>di</strong> Klein sopra F4, ovvero la curva algebrica <strong>di</strong><br />

equazione affine X : X 3 Y +Y 3 +X = 0. Sia P = (0, 0). Si calcoli una base dello spazio<br />

L(nP ) per ogni intero positivo n. Suggerimento: si calcoli innanzitutto l’or<strong>di</strong>ne in P<br />

delle funzioni ¯x e ¯y; successivamente si considerino le funzioni ¯y i /¯x j con j > i ≥ 0 e si<br />

determini il semigruppo H(P ).<br />

Esercizio 48. Si calcoli esplicitamente la <strong>di</strong>mensione dello spazio L(nP ) per la curva<br />

Hermitiana sopra il campo finito con 16 elementi, ove P = (0 : 0 : 1).<br />

Esercizio 49. Sia X : X 7 + Y 7 − 1 = 0 sopra il campo finito con 16 elementi. Sia<br />

P = (0, 1). Si calcoli L(nP ) per ogni intero n. Suggerimento: si considerino le funzioni<br />

¯x i¯y j<br />

.<br />

(¯y + 1) i+j<br />

3.8 Morfismi <strong>di</strong> curve algebriche<br />

Siano X : F (X0, X1, X2) = 0 e Y : G(X0, X1, X2) = 0 due curve algebriche piane<br />

irriducibili.<br />

Definizione 3.67. Una mappa razionale <strong>di</strong> X in Y è un elemento<br />

ϕ = (α0 : α1 : α2)<br />

<strong>di</strong> P 2 (K(X )) , con la seguente proprietà : per ogni punto P ∈ X in cui α0, α1, α2 sono<br />

definite si ha<br />

ϕ(P ) = (α0(P ) : α1(P ) : α2(P )) ∈ Y<br />

(a meno che αi(P ) = 0 per ogni i).<br />

Si noti che una mappa razionale ϕ non è necessariamente una funzione definita in tutti<br />

i punti <strong>di</strong> X . Comunque talvolta è possibile calcolare ϕ(P ) anche in punti P <strong>di</strong> X<br />

dove qualche αi non è definita, semplicemente rimpiazzando ogni αi con λαi per un<br />

opportuno λ ∈ K(X ) non nullo.<br />

Definizione 3.68. Una mappa razionale<br />

ϕ : X → Y, ϕ = (α0 : α1 : α2)<br />

è regolare (o definita) in P ∈ X se esiste una funzione λ ∈ K(X ), λ = 0 tale che


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 70<br />

(i) ogni λαi è definita in P ,<br />

(ii) per qualche i0, (λαi0)(P ) = 0.<br />

Se una tale funzione λ esiste, si ponga<br />

Definizione 3.69. Una mappa razionale<br />

ϕ(P ) = ((λα0)(P ) : (λα1)(P ) : (λα2)(P )).<br />

ϕ : X → Y, ϕ = (α0 : α1 : α2)<br />

che è regolare in ogni punto P ∈ X si <strong>di</strong>ce morfismo.<br />

Proposizione 3.70. Sia P ∈ X un punto non singolare, e ϕ : X → Y una mappa<br />

razionale. Allora ϕ è definita in P . In particolare, se X è non singolare, allora ϕ è un<br />

morfismo.<br />

Dimostrazione. Si scriva ϕ = (α0 : α1 : α2) con αi ∈ K(X ) e si scelga un parametro<br />

locale t in P . Siano eP = −mini=0,1,2{ordP (αi)} e i0 l’intero tale che eP = −ordP (αi0).<br />

Sin noti che ϕ = (t eP α0 : t eP α1 : t eP α2) e ordP (t eP αi) = eP + ordP (αi) ≥ 0. Siccome<br />

ordP (t eP αi0) = 0, entrambe le con<strong>di</strong>zioni della Definizione 3.68 sono sod<strong>di</strong>sfatte e<br />

pertanto l’asserto è <strong>di</strong>mostrato.<br />

Esercizio 50. Sia X : Y − X 2 = 0, e sia Y : Y = 0. Si consideri il morfismo <strong>di</strong> X in Y<br />

Si calcoli ϕ(1 : 0 : 0).<br />

ϕ = (1 : ¯x<br />

¯y<br />

: 0) .<br />

Riportiamo il seguente teorema senza <strong>di</strong>mostrazione.<br />

Teorema 3.71. Sia ϕ : X → Y un morfismo <strong>di</strong> curve, con X non singolare. Allora ϕ<br />

è costante o suriettiva.<br />

Esempio 3.72. Sia X una curva non singolare, e sia α ∈ K(X ), α non costante. Sia<br />

Y : Y = 0. Allora ϕ = (1 : α : 0) è un morfismo <strong>di</strong> X in Y. Si noti che<br />

• gli zeri <strong>di</strong> α sono tutti e soli i punti P <strong>di</strong> X tali che ϕ(P ) = (1 : 0 : 0);


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 71<br />

• i poli <strong>di</strong> α sono tutti e soli i punti P <strong>di</strong> X tali che ϕ(P ) = (0 : 1 : 0).<br />

Sia ϕ : X → Y una morfismo non costante. Comporre una funzione razionale con ϕ<br />

induce la seguente applicazione:<br />

ϕ ⋆ : K(Y) → K(X ), ϕ ⋆ (f) = f ◦ ϕ .<br />

Chiaramente ϕ ⋆ è un omomorfismo <strong>di</strong> campi, essendo<br />

(f + g) ◦ ϕ = (f ◦ ϕ) + (g ◦ ϕ), (fg) ◦ ϕ = (f ◦ ϕ)(g ◦ ϕ) .<br />

Inoltre è imme<strong>di</strong>ato che gli elementi <strong>di</strong> K, ovvero le funzioni costanti, sono fissate da<br />

ϕ⋆ . L’omomorfismo ϕ⋆ si <strong>di</strong>ce pull-back <strong>di</strong> ϕ. Supponiamo ora che Y non sia la retta<br />

<strong>di</strong> equazione X0 = 0. Sia Y : G = 0, e sia ϕ = (α0 : α1 : α2) con α0 = 0. In<strong>di</strong>chiamo<br />

con ¯x e ¯y le funzioni corrispondenti alle coor<strong>di</strong>nate affini <strong>di</strong> Y, ovvero ¯x = X1+(G)<br />

X0+(G) ,<br />

¯y = X2+(G)<br />

. Allora chiaramente si ha<br />

X0+(G)<br />

ϕ ⋆ (¯x) = α1<br />

, ϕ ⋆ (¯y) = α2<br />

.<br />

α0<br />

Ricor<strong>di</strong>amo inoltre che ogni elemento f <strong>di</strong> K(Y) si può scrivere come rapporto<br />

f =<br />

g(¯x, ¯y)<br />

h(¯x, ¯y)<br />

con g e h polinomi a coefficienti in K. Allora,<br />

Nota 3.73. Si noti che<br />

ϕ ⋆ (f) =<br />

g<br />

h<br />

ϕ ⋆ (K(Y)) = K<br />

α1<br />

α0<br />

α1<br />

α0<br />

<br />

α2 , α0<br />

, α2<br />

α0<br />

α1<br />

.<br />

,<br />

α0<br />

α2<br />

α0<br />

Esempio 3.74. Sia ϕ come nell’Esempio 3.72. Allora ϕ ⋆ (K(Y)) = K(α). Si noti come<br />

per il Teorema 3.45 il numero <strong>di</strong> controimmagini <strong>di</strong> (1 : 0 : 0) e <strong>di</strong> (0 : 1 : 0) me<strong>di</strong>ante<br />

ϕ coincide con il grado dell’estensione <strong>di</strong> campi<br />

α0<br />

<br />

.<br />

K(X ) : K(α) = K(X ) : ϕ ⋆ (K(Y)) .<br />

In seguito vedremo che questa osservazione si generalizza ad ogni morfismo.


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 72<br />

Esempio 3.75. Sia ϕ come nell’Esercizio 50. Allora ϕ⋆ è una applicazione da K(Y)<br />

in K(X ) definita in questo modo: sia β(¯x) una funzione <strong>di</strong> K(Y) (c’è <strong>di</strong>pendenza dalla<br />

sola ¯x in quanto ¯y = 0); allora ϕ⋆ (β) = β( ¯x ). Inoltre<br />

¯y<br />

ϕ ⋆ <br />

¯x<br />

(K(Y)) = K ⊂ K(¯x, ¯y).<br />

¯y<br />

Esempio 3.76. Siano X : X 6 + Y 6 + 1 = 0, Y : X 2 + Y 3 + 1 = 0. Sia ϕ=(1 : ¯x 3 : ¯y 2 ).<br />

Allora ϕ ⋆ (K(X )) = K(¯x 3 , ¯y 2 ) ⊂ K(X ) = K(¯x, ¯y).<br />

Enunciamo ora una proprietà molto importante del pull-back <strong>di</strong> una mappa razionale.<br />

Teorema 3.77. Sia ϕ : X → Y una mappa razionale non costante. Allora l’estensione<br />

<strong>di</strong> campi K(X ) : ϕ ⋆ (K(Y)) è finita.<br />

Il grado dell’estensione K(X ) : ϕ ⋆ (K(Y)) è detto grado <strong>di</strong> ϕ e si denota con deg(ϕ).<br />

Proposizione 3.78. Siano ϕ : X → Y e ψ : Y → Z mappe razionali non costanti.<br />

Allora deg(ψ ◦ ϕ) = deg(ϕ)deg(ψ).<br />

Dimostrazione. Si noti che (ψ ◦ ϕ) ⋆ (K(Z)) coincide con ϕ ⋆ (ψ ⋆ (K(Z))). Infatti, (ψ ◦<br />

ϕ) ⋆ = ϕ ⋆ ◦ ψ ⋆ dato che<br />

per ogni α ∈ K(Z). Pertanto,<br />

(ψ ◦ ϕ) ⋆ (α) = α ◦ (ψ ◦ ϕ) = (α ◦ ψ) ◦ ϕ = ϕ ⋆ (ψ ⋆ (α))<br />

[K(X ) : (ψ ◦ ϕ) ⋆ (K(Z))] = [K(X ) : ϕ ⋆ (ψ ⋆ (K(Z)))] =<br />

= [K(X ) : ϕ ⋆ (K(Y))][ϕ ⋆ (K(Y)) : ϕ ⋆ (ψ ⋆ (K(Z)))].<br />

Infine si noti che [ϕ ⋆ (K(Y)) : ϕ ⋆ (ψ ⋆ (K(Z)))] = [K(Y) : ψ ⋆ (K(Z))] dato che ϕ ⋆ è<br />

iniettiva come ogni omomorfismo <strong>di</strong> campi non costante.<br />

Definizione 3.79. Due curve algebriche X , Y si <strong>di</strong>cono birazionalmente equivalenti se<br />

esistono due mappe razionali ϕ : X → Y, ψ : Y → X tali che ψ ◦ ϕ = idX , ϕ ◦ ψ = idY.<br />

In tal caso, ψ si denota con ϕ −1 .<br />

Se inoltre esistono due morfismi che definiscono una equivalenza birazionale, allora le<br />

curve sono dette isomorfe.


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 73<br />

Esercizio 51. Si mostri che X : X0X2 − X 2 1 = 0 e Y : X2 = 0 sono isomorfe.<br />

(Suggerimento: si provi che ϕ dell’Esercizio 50 è un isomorfismo).<br />

Definizione 3.80. Sia ϕ : X → Y mappa razionale non costante. Allora ϕ si <strong>di</strong>ce<br />

separabile se l’estensione K(X ) : ϕ ⋆ (K(Y)) lo è .<br />

Nota 3.81. Ricor<strong>di</strong>amo che un’estensione algebrica <strong>di</strong> campi L : K si <strong>di</strong>ce separabile<br />

se per ogni elemento a ∈ L il polinomio minimo <strong>di</strong> a su K non ha ra<strong>di</strong>ci multiple (nella<br />

chiusura algebrica <strong>di</strong> L). Un esempio <strong>di</strong> estensione non separabile è il seguente. Sia K<br />

campo algebricamente chiuso <strong>di</strong> caratteristica p, e sia z un elemento non appartenente<br />

a K. Allora<br />

K(z) : K(z p )<br />

è non separabile, in quanto il polinomio minimo <strong>di</strong> z su K(z p ) è T p − z p , che ha una<br />

sola ra<strong>di</strong>ce contata p volte.<br />

Il seguente teorema può essere visto come una generalizzazione del fatto che il numero<br />

<strong>di</strong> zeri <strong>di</strong> una funzione razionale coincide con il grado <strong>di</strong> una estensione <strong>di</strong> campi ad<br />

essa associata.<br />

Teorema 3.82. Sia ϕ : X → Y mappa razionale non costante fra curve non singolari.<br />

Sia d = [K(X ) : ϕ⋆ (K(Y))]. Allora per ogni punto Q ∈ Y,<br />

<br />

eP = d ,<br />

P ∈ϕ −1 (Q)<br />

dove eP = ordP (ϕ ⋆ (t)), con t un qualsiasi parametro locale <strong>di</strong> Y in Q. Inoltre, se ϕ<br />

è separabile, allora eP = 1 tranne che per al più un numero finito <strong>di</strong> punti P ∈ X (e<br />

#ϕ −1 (Q) = d per tutti tranne un numero finito <strong>di</strong> Q ∈ Y).<br />

Si può <strong>di</strong>mostrare che se il grado <strong>di</strong> una mappa razionale non è <strong>di</strong>viso dalla caratteristica<br />

<strong>di</strong> K, allora la mappa razionale è separabile e pertanto si può applicare il Teorema 3.82.<br />

Esempio 3.83. Sia X una curva definita su Fq. Allora<br />

Φ = (1 : x q : y q )<br />

è una mappa razionale <strong>di</strong> X in sé. L’estensione<br />

K(X ) : Φ ⋆ (K(X ))


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 74<br />

è l’estensione K(x, y) : K(x q , y q ). Dimostriamo che il grado <strong>di</strong> tale estensione è<br />

maggiore o uguale <strong>di</strong> q.<br />

Lemma 3.84. L’estensione K(x, y) : K(x q , y q ) è non separabile e <strong>di</strong> grado maggiore<br />

o uguale <strong>di</strong> q.<br />

Dimostrazione. Preliminarmente, si <strong>di</strong>mostri come esercizio che K(x q , y q ) = {α q | α ∈<br />

K(x, y)}. Sia ora t un qualunque parametro locale <strong>di</strong> X in un suo punto P . Si noti<br />

che il polinomio<br />

h(T ) = T q − t q = (T − t) q<br />

è un polinomio a coefficienti in K(x q , y q ) <strong>di</strong> cui t è ra<strong>di</strong>ce. Pertanto il polinomio minimo<br />

mt(T ) <strong>di</strong> t su K(x q , y q ) <strong>di</strong>vide h(T ). Ciò evidentemente implica che<br />

mt(T ) = (T − t) i<br />

per qualche 1 ≤ i ≤ q. Si noti che (−t) i è il termine noto <strong>di</strong> mt(T ), e pertanto<br />

appartiene a K(x q , y q ). Ovvero, (−t) i è potenza q-ma <strong>di</strong> un’altra funzione razionale,<br />

<strong>di</strong>ciamo α. Ma allora<br />

i = ordP ((−t) i ) = ordP (α q ) = q · ordP (α).<br />

Essendo ordP (α) intero, ed essendo 1 ≤ i ≤ q, si deve necessariamente avere i = q,<br />

ovvero h(T ) è il polinomio minimo <strong>di</strong> t su K(x q , y q ). Dato che h(T ) ha una sola ra<strong>di</strong>ce<br />

contata q volte, t non è separabile su K(x q , y q ). Inoltre, si ha che il grado dell’estensione<br />

K(x q , y q )(t) : K(x q , y q ) è esattamente q. Essendo K(x q , y q )(t) chiaramente contenuto<br />

in K(x, y) si ha che K(x, y) : K(x q , y q ) ha grado almeno q.<br />

Si osservi che q non può essere la car<strong>di</strong>nalità della generica controimmagine ϕ −1 (P ),<br />

in quanto il sistema<br />

x q = a<br />

y q = b<br />

ha un’unica soluzione nella chiusura algebrica <strong>di</strong> Fq, essendo l’elevamento alla q-ma<br />

potenza un automorfismo del campo.


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 75<br />

Esercizio 52. Siano X : X 9 + Y 9 + 1 = 0, Y : X 9 + X 6 + Y 9 = 0 curve definite su un<br />

campo algebricamente chiuso <strong>di</strong> caratteristica <strong>di</strong>versa da 3. Sia<br />

ϕ = (1 : ¯x 3 : ¯x 2 ¯y) .<br />

Si <strong>di</strong>mostri che il grado <strong>di</strong> tale morfismo è 3. Si <strong>di</strong>mostri che la controimmagine <strong>di</strong> un<br />

punto consiste <strong>di</strong> una terna <strong>di</strong> tipo<br />

<br />

(1 : a : b), 1 : λa : b<br />

λ2 <br />

, 1 : λ 2 a : b<br />

<br />

λ<br />

dove λ è ra<strong>di</strong>ce cubica primitiva dell’unità .<br />

3.9 Curve definite su campi finiti<br />

In questa sezione pertanto supporremo che X : F (X0, X1, X2) = 0 una curva algebrica<br />

irriducibile definita sul campo Fq.<br />

Definiamo le seguenti mappe.<br />

1. σK : K → K , x ↦→ x q ;<br />

2. σX : X → X , (a0 : a1 : a2) ↦→ (σK(a0) : σK(a1) : σK(a2));<br />

3. σK[X0,X1,X2] : K[X0, X1, X2] → K[X0, X1, X2] ,<br />

<br />

ai0i1i2X i0<br />

0 X i1<br />

1 X i2<br />

2 ↦→ a q<br />

i0i1i2 Xi0 0 X i1<br />

1 X i2<br />

2 ;<br />

4. σK(X ) : K(X ) → K(X ) ,<br />

5. σD : Div(X ) → Div(X ) ,<br />

G + (F )<br />

H + (F ) ↦→ σK[X0,X1,X2](G) + (F )<br />

σK[X0,X1,X2](H) + (F ) ;<br />

nP P ↦→ nP σX (P ).<br />

Si lascia come esercizio <strong>di</strong>mostgrre che le applicazioni in 2) e 4) sono ben definite dato<br />

che X è definita su Fq.<br />

Con abuso <strong>di</strong> notazione scriveremo σ per ciascuna delle applicazioni <strong>di</strong> cui sopra,<br />

quando il loro dominio sarà chiaro dal contesto.


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 76<br />

Definizione 3.85. Sia X una curva proiettiva non singolare definita su Fq.<br />

• L’insieme dei punti Fq-razionali <strong>di</strong> X , denotato con X (Fq), è l’insieme dei punti<br />

P ∈ X tali che σ(P ) = P . Equivalentemente, è l’insieme dei punti P = (a0 : a1 :<br />

a2) <strong>di</strong> X per cui esiste λ ∈ K con λa0, λa1, λa2 ∈ Fq.<br />

• L’insieme delle funzioni Fq-razionali <strong>di</strong> X , denotato con Fq(X ), è l’insieme delle<br />

funzioni α ∈ K(X ) tali che σ(α) = α.<br />

• L’insieme dei <strong>di</strong>visori Fq-razionali <strong>di</strong> X , denotato con DivFq(X ), è l’insieme dei<br />

<strong>di</strong>visori D ∈ Div(X ) tali che σ(D) = D.<br />

Sia Y : G(X0, X1, X2) = 0 un’altra curva algebrica irriducibile definita sul campo Fq.<br />

Definizione 3.86. Una mappa razionale ϕ : X → Y è definita su Fq se ϕ = (α0 : α1 :<br />

α2) per qualche αi ∈ Fq(X ).<br />

Inotlre, X e Y sono dette Fq-birazionalmente equivalenti (risp. Fq-isomorfe) se la mappa<br />

razionale che dà luogo alla equivalenza birazionale (risp. isomorfismo) è definita su Fq.<br />

La seguente proposizione tornerà utile nel seguito.<br />

Proposizione 3.87. Sia D ∈ DivFq(X ). Allora esiste una base dello spazio L(D)<br />

costituita da elementi in Fq(X ).<br />

Denotiamo con LFq(D) lo spazio vettoriale su Fq che consiste delle funzioni <strong>di</strong> L(D) ∩<br />

Fq(X ). Come conseguenza imme<strong>di</strong>ata della proposizione precedente si ha il seguente<br />

risultato.<br />

Corollario 3.88. Sia D ∈ DivFq(X ). Allora <strong>di</strong>mFqL(D) = ℓ(D).<br />

Esercizio 53. Si provi che se α ∈ Fq(X ) allora il <strong>di</strong>visore principale (α) appartiene a<br />

DivFq(X ).


CAPITOLO 3. CURVE ALGEBRICHE PIANE 77<br />

3.10 Il gruppo <strong>di</strong> Picard <strong>di</strong> una curva algebrica<br />

piana<br />

Sia X : F (X0, X1, X2) una curva algebrica piana non-singolare definita su Fq.<br />

Denotiamo con Div 0 (X ) il sottogruppo <strong>di</strong> Div(X ) costituito dai <strong>di</strong>visori <strong>di</strong> grado 0, e<br />

con P il sottogruppo dei <strong>di</strong>visori principali. Dato che ogni <strong>di</strong>visore principale ha grado<br />

zero (ricor<strong>di</strong>amo che ogni funzione ha lo stesso numero <strong>di</strong> zeri e <strong>di</strong> poli), si ha che P è<br />

un sottogruppo <strong>di</strong> Div 0 (X ).<br />

Il gruppo quoziente<br />

P ic 0 (X ) = Div 0 (X )/P<br />

si definisce come il gruppo <strong>di</strong> Picard della curva X .<br />

Il sottogruppo <strong>di</strong> P ic 0 (X ) degli elementi fissati dall’applicazione <strong>di</strong> Frobenius (definita<br />

in modo naturale) costituisce un gruppo abeliano finito.


Capitolo 4<br />

Co<strong>di</strong>ci Algebrico-Geometrici<br />

4.1 Costruzioni<br />

In tutto il capitolo faremo uso delle seguenti notazioni.<br />

• X sarà una curva definita sopra Fq.<br />

• Fq(X ) (risp. DivFq(X )) denoterà il campo delle funzioni razionali definite su Fq<br />

(risp. il gruppo degli Fq-<strong>di</strong>visori) <strong>di</strong> X .<br />

• Per f ∈ Fq(X ) \ {0}, (f) in<strong>di</strong>cherà il <strong>di</strong>visore associato a f e (f)0 (risp. (f)∞) il<br />

<strong>di</strong>visore degli zeri (risp. dei poli) <strong>di</strong> f.<br />

• Per G ∈ DivFq(X ), LFq(G) denoterà lo spazio vettoriale associato a G, ovvero<br />

LFq(G) = {f ∈ Fq(X ) \ {0} : G + (f) ≥ 0} ∪ {0} .<br />

Per semplicità in questo capitolo in<strong>di</strong>cheremo L(G) lo spazio vettoriale LFq(G). Inoltre,<br />

per evitare confusione, un vettore x ∈ F n q sarà in<strong>di</strong>cato sempre come x.<br />

Siano P1, . . . , Pn punti Fq-razionali <strong>di</strong>stinti <strong>di</strong> X , e sia G = nP P ∈ DivFq(X ) tale<br />

che il nPi = 0 per ogni i = 1, . . . , n. Sia<br />

e = eP1,...,Pn : L(G) → F n q<br />

f ↦→ (f(P1), . . . , f(Pn)) .<br />

78


CAPITOLO 4. CODICI ALGEBRICO-GEOMETRICI 79<br />

Si noti che tale applicazione è Fq-lineare. Si ponga D := P1 + . . . + Pn.<br />

Definizione 4.1. Il co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Goppa associato a D e G è CD,G := e(L(G)).<br />

Esercizio 54. Si provi che il co<strong>di</strong>ce Reed-Solomon è un co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Goppa costruito<br />

dalla curve X : Y = 0, e associato ai <strong>di</strong>visori D = P1 + . . . + Pn e G = (k − 1)P∞ (cf.<br />

Esempio 3.56).<br />

Esercizio 55. Si provi che il co<strong>di</strong>ce Reed-Solomon Generalizzato è un co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Goppa<br />

costruito dalla curva X : Y = 0 e associato ai <strong>di</strong>visori D = P1 + . . . + Pn e G =<br />

(k − 1)P∞ + (u) (cf. Esempio 3.57).<br />

Lemma 4.2. Sia k := <strong>di</strong>m(CD,G) e d la <strong>di</strong>stanza minima <strong>di</strong> CD,G. Allora<br />

(1) k = ℓ(G) − ℓ(G − D);<br />

(2) d ≥ n − deg(G).<br />

Dimostrazione. (1) L’applicazione e è suriettiva L(G) su CG,D per definizione. Pertanto<br />

k = ℓ(G) − <strong>di</strong>mKer(e). Si osservi che Ker(e) = L(G − D). Infatti α ∈ Ker(e) se e solo<br />

se<br />

α(Pi) = 0 ⇔ ordPi (α) ≥ 1 ,<br />

ovvero (α) + G ≥ (P1 + . . . + Pn) ⇒ (α) + G − D ≥ 0. Pertanto (1) è <strong>di</strong>mostrata.<br />

(2) Sia x = (α(P1), . . . , α(Pn)) tale che w(x) = d. Allora esistono n − d punti, <strong>di</strong>ciamo<br />

Pi1, . . . , Pin−d , tali che α(Pij ) = 0. In altri termini, ordPi j (α) ≥ −(−1). Pertanto<br />

α ∈ L(G − Pi1 − . . . − Pin−d ).<br />

Il fatto che L(G − Pi1 − . . . − Pin−d ) non è vuoto implica che<br />

cioè<br />

deg(G − Pi1 − . . . − Pin−d ) ≥ 0,<br />

deg(G) ≥ n − d.<br />

Proposizione 4.3. Sia CD,G un [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Goppa. Sia g il genere <strong>di</strong> X .


CAPITOLO 4. CODICI ALGEBRICO-GEOMETRICI 80<br />

(1) Se n > deg(G), allora k = ℓ(G). In particolare, k ≥ deg(G) + 1 − g. Inoltre una<br />

matrice generatrice <strong>di</strong> CD,G è<br />

⎛<br />

f1(P1)<br />

⎜<br />

M := ⎝ .<br />

. . .<br />

.<br />

⎞<br />

f1(Pn)<br />

⎟<br />

. ⎠ ,<br />

fk(P1) . . . fk(Pn)<br />

dove f1, . . . , fk è una base <strong>di</strong> L(G) su Fq.<br />

(2) Se n > deg(G) > 2g − 2, allora k = deg(G) + 1 − g.<br />

Dimostrazione. (1) Si ha che L(D − G) = 0, e quin<strong>di</strong> (1) segue dal Lemma 4.2(1) e dal<br />

Teorema <strong>di</strong> Riemann-Roch.<br />

(2) L’affermazione segue da (1) e dal Corollario 3.53.<br />

Nota 4.4. La <strong>di</strong>suguaglianza <strong>di</strong> Singleton, insieme con (1) of della Proposizione 4.3,<br />

per un co<strong>di</strong>ce C = CD,G con n > deg(G) implica<br />

n + 1 − g ≤ d + k ≤ n + 1 .<br />

In particolare, se la curva X ha genere 0, allora C è MDS.<br />

Nota 4.5. In generale è un problema molto <strong>di</strong>fficile ottenere limitazioni inferiori alla<br />

<strong>di</strong>stanza minima <strong>di</strong> una classe <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ci. Una delle ragioni <strong>di</strong> interesse dei co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong><br />

Goppa è proprio che per questi co<strong>di</strong>ci una limitazione inferiore per d si può provare<br />

facilmente.<br />

Esercizio 56. La curva X : X 3 +Y 3 +1 = 0 definita sopra il campo finito <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne 16 ha<br />

9 punti razionali P0, P1, . . . , P8, tutti definiti sul campo finito <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne 4. Si costruisca<br />

una matrice generatrice per il co<strong>di</strong>ce CD,5P0, dove P0 = (0, 1), D = P1 + . . . + P8.<br />

Esercizio 57. La quartica <strong>di</strong> Klein X : X 3 Y +Y 3 +X = 0 definita sopra il campo finito<br />

<strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne 16 ha 17 punti razionali P0, P1, . . . , P16. Si costruisca una matrice generatrice<br />

per il co<strong>di</strong>ce CD,9P0, dove P0 = (0, 0), D = P1 + . . . + P16.<br />

Esercizio 58. La quartica X : X 4 − X 2 − Y 3 + Y = 0 definita sopra il campo finito<br />

<strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne 3 ha 10 punti razionali P0, P1, . . . , P9. Si costruisca una matrice generatrice<br />

per il co<strong>di</strong>ce CD,8P0, dove P0 = (0 : 0 : 1), D = P1 + . . . + P9. Si calcoli inoltre il valore<br />

esatto della <strong>di</strong>stanza minima del co<strong>di</strong>ce.


CAPITOLO 4. CODICI ALGEBRICO-GEOMETRICI 81<br />

Esercizio 59. La quintica X : X 4 + X + Y 5 + Y 2 = 0 definita sopra il campo finito<br />

<strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne 4 ha 17 punti razionali P0, P1, . . . , P16. Si costruisca una matrice generatrice<br />

per il co<strong>di</strong>ce CD,15P0, dove P0 = (0 : 1 : 0), D = P1 + . . . + P16. Si calcoli inoltre il<br />

valore esatto della <strong>di</strong>stanza minima del co<strong>di</strong>ce.<br />

4.2 Co<strong>di</strong>ci BCH<br />

I co<strong>di</strong>ci Reed-Solomon non sono i soli co<strong>di</strong>ci classici che si possono interpretare come<br />

co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Goppa. In questa sezione vedremo come anche i co<strong>di</strong>ci BCH rientrano in<br />

questa categoria.<br />

I co<strong>di</strong>ci BCH sono usualmente definiti come segue (si faccia attenzione al fatto che il<br />

co<strong>di</strong>ce è definito su un sottocampo Fq ′ <strong>di</strong> Fq e non su Fq).<br />

Sia q = q ′m e sia n un <strong>di</strong>visore <strong>di</strong> q − 1. Si fissi inoltre un elemento primitivo ω <strong>di</strong> Fq,<br />

e si ponga η = ω q−1<br />

n .<br />

Definizione 4.6. Si fissino due interi l e ∆, con ∆ ≥ 2. Sia C(n, l, ∆) il co<strong>di</strong>ce avente<br />

come matrice <strong>di</strong> controllo <strong>di</strong> parità<br />

⎛<br />

⎜<br />

⎝<br />

η l η 2l . . . η (n−1)l 1<br />

η l+1 η 2(l+1) . . . η (n−1)(l+1) 1<br />

.<br />

.<br />

η l+∆−2 η 2(l+∆−2) . . . η (n−1)(l+∆−2) 1<br />

.<br />

.<br />

.<br />

⎞<br />

⎟<br />

⎠<br />

(4.1)<br />

Il co<strong>di</strong>ce ottenuto intersecando C(n, l, ∆) con Fn q ′ si <strong>di</strong>ce co<strong>di</strong>ce BCH <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza<br />

designata ∆.<br />

È ben noto che il co<strong>di</strong>ce BCH appena definito è un [n, k, d]q ′-co<strong>di</strong>ce con <strong>di</strong>stanza minima<br />

d ≥ ∆. Noi proveremo questo risultato utilizzando la nozione <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Goppa.<br />

Sia ora X la curva <strong>di</strong> equazione X2 = 0. Si ponga P∞ = (0 : 1 : 0) e P0 = (1 : 0 : 0).<br />

Lemma 4.7. Siano a e b due interi con b > 0 e a + b > 0. Lo spazio L(aP0 + bP∞)<br />

ha <strong>di</strong>mensione a + b, e una sua base é<br />

x −a , x −a+1 , . . . , x b


CAPITOLO 4. CODICI ALGEBRICO-GEOMETRICI 82<br />

Dimostrazione. L’affermazione sulla <strong>di</strong>mensione segue dal Corollario del Teorema <strong>di</strong><br />

Riemann-Roch, tenuto conto che g = 0 e a + b > 0 > 2g − 2. Si osservi che una<br />

funzione xi i =<br />

ha come <strong>di</strong>visore iP0 − iP∞. Pertanto −a ≤ i ≤ b equivale a<br />

X1+(X2)<br />

X0+(X2)<br />

ordP0(x i ) = i ≥ −a, ordP0(x i ) = −i ≥ −b,<br />

ovvero x i ∈ L(aP0 + bP∞). Resta da provare che le a + b funzioni<br />

x −a , x −a+1 , . . . , x b<br />

sono linearmente in<strong>di</strong>pendenti. Supponiamo per assurdo che una loro combinazione a<br />

coefficienti in K sia nulla in K(X ). Allora esiste un polinomio in x a coefficienti in K<br />

che si annulla su tutti i punti <strong>di</strong> X . Ma ciò è chiaramente impossibile dato che ogni<br />

polinomio ha un numero finito <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>ci.<br />

Supponiamo ora che K sia la chiusura algebrica ¯ Fq <strong>di</strong> Fq, e siano n, ω e η come sopra.<br />

Si ponga<br />

Pi = 1 : η i : 0 <br />

per ogni i := 1, . . . , n. Sia inoltre<br />

D = P1 + . . . + Pn.<br />

Proposizione 4.8. Siano a e b due interi tali che n > a + b > 0, b > 0. Allora<br />

C ⊥ D,aP0+bP∞<br />

= CD,−(a+1)P0+(n−b−1)P∞.<br />

Dimostrazione. Sia C1 = CD,aP0+bP∞ e C2 = CD,−(a+1)P0+(n−b−1)P∞. Si noti che C1 e C2<br />

sono co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> lunghezza n, e <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione rispettiva a + b + 1 e n − (a + b + 1). Per<br />

provare l’asserto basta quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare che C2 ⊆ C ⊥ 1 . Si osservi che ogni potenza <strong>di</strong><br />

η è ra<strong>di</strong>ce n-ma dell’unità in Fq. Dal Lemma precedente una base <strong>di</strong> C1 è<br />

mentre una base <strong>di</strong> C2 è<br />

B1 = {(η j , η 2j , . . . , η (n−1)j , 1) | j ∈ [−a, b]}<br />

B2 = {(η k , η 2k , . . . , η (n−1)k , 1) | k ∈ [a + 1, n − b − 1]}.


CAPITOLO 4. CODICI ALGEBRICO-GEOMETRICI 83<br />

Calcolando il prodotto scalare <strong>di</strong> due qualsiasi elementi delle due basi si ottiene<br />

che, essendo j + k < n, coincide con<br />

Questo prova l’asserto.<br />

η j+k + η 2(j+k) + . . . + η (n−1)(j+k) + 1,<br />

(η j+k ) n − 1<br />

η j+k − 1<br />

Proposizione 4.9. Il co<strong>di</strong>ce C(n, l, ∆) della Definizione 4.6 coincide con il co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong><br />

Goppa CD,(l−1)P0+(n−∆−l+1)P∞.<br />

Dimostrazione. Nella <strong>di</strong>mostrazione della Proposizione precedente si è evidenziato che<br />

= 0.<br />

{(η j , η 2j , . . . , η (n−1)j , 1) | j ∈ [−a, b]}<br />

è una base <strong>di</strong> CD,aP0+bP∞. Pertanto una matrice generatrice <strong>di</strong> CD,aP0+bP∞ è proprio la<br />

matrice (4.1) dove si sostituiscono l con −a, e ∆ con a+b+2. Ciò significa che il co<strong>di</strong>ce<br />

C(n, l, ∆) coincide con il duale del co<strong>di</strong>ce CD,aP0+bP∞ con a = −l e b = ∆ − a − 2. Ma<br />

dalla Proposizione precedente tale co<strong>di</strong>ce è proprio CD,(l−1)P0+(n−∆−l+1)P∞.<br />

Teorema 4.10. La <strong>di</strong>stanza minima <strong>di</strong> un co<strong>di</strong>ce BCH è maggiore o uguale della sua<br />

<strong>di</strong>stanza designata.<br />

Dimostrazione. Dalla Proposizione precedente si ha che un co<strong>di</strong>ce BCH <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza<br />

designata ∆ è l’intersezione <strong>di</strong> un co<strong>di</strong>ce CD,(l−1)P0+(n−∆−l+1)P∞ con Fn q ′. La <strong>di</strong>stanza<br />

minima del co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Goppa CD,(l−1)P0+(n−∆−l+1)P∞ sod<strong>di</strong>sfa la usuale limitazione<br />

d ≥ n − deg(G) = n − deg((l − 1)P0 + (n − ∆ − l + 1)P∞) = ∆.<br />

Intersecando il co<strong>di</strong>ce con F n q ′ il peso minimo <strong>di</strong> un vettore (non nullo) non può certo<br />

<strong>di</strong>minuire. Pertanto l’asserto è <strong>di</strong>mostrato.


CAPITOLO 4. CODICI ALGEBRICO-GEOMETRICI 84<br />

4.3 Estensione ai punti del supporto <strong>di</strong> G<br />

In questa sezione ve<strong>di</strong>amo come con<strong>di</strong>zione vPi (G) = 0 può essere rimossa nella<br />

costruzione <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ci algebrico geometrici.<br />

Siano P1, . . . , Pn punti Fq-razionali <strong>di</strong>stinti <strong>di</strong> X e sia G = nP P ∈ DivFq(X ). Sia<br />

nPi = bi. Per ogni punto Pi si scelga un parametro locale ti, e si noti che per ogni<br />

φ ∈ L(G), la funzione t bi<br />

i · φ è regolare in Pi essendo<br />

Sia<br />

ordPi (tbi<br />

i · φ) = bi + ordPi (φ) ≥ bi + (−bi) = 0.<br />

e ′ = e ′ P1,...,Pn : L(G) → Fnq f ↦→ ((t b1<br />

1 f)(P1), . . . , (t bn<br />

n f)(Pn)) ,<br />

che è una mappa Fq-lineare. Si denoti D := P1 + . . . + Pn.<br />

Definizione 4.11. Il co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Goppa C ′ D,G associato a D e G è e′ (L(G)).<br />

Si noti che C ′ D,G è un’estensione <strong>di</strong> CD ′ ,G, dove D ′ è la somma <strong>di</strong> quei punti Pi tali che<br />

nPi = 0. Mostriamo ora che i parametri <strong>di</strong> tale co<strong>di</strong>ce continuano a sod<strong>di</strong>sfare le stesse<br />

limitazioni. Le <strong>di</strong>mostrazioni necessitano solo <strong>di</strong> piccole mo<strong>di</strong>fiche.<br />

Lemma 4.12. Sia k := <strong>di</strong>m(C ′ D,G ) e d denoti la <strong>di</strong>stanza minima <strong>di</strong> C′ D,G . Allora<br />

(1) k = ℓ(G) − ℓ(G − D);<br />

(2) d ≥ n − deg(G).<br />

Dimostrazione.<br />

(1) Sia f ∈ L(G). Allora si ha uno zero in i-ma posizione della parola co<strong>di</strong>ce e ′ (f) se e<br />

solo se Pi è uno zero <strong>di</strong> t bi<br />

i f. Pertanto f ∈ Ker(e′ ) se e solo se ordP (f) > −bi ≥ −(b1−1)<br />

per ogni i, ovvero, f ∈ L(G − D).


CAPITOLO 4. CODICI ALGEBRICO-GEOMETRICI 85<br />

(2) Supponiamo che una parola co<strong>di</strong>ce e ′ (f) abbia n − d zeri, che senza restrizione<br />

possiamo supporre corrispondenti a P1, . . . , Pn−d. Ciò significa che ordP (f) > −bi per<br />

ogni i = 1, . . . , n − d, ovvero<br />

Pertanto deg(G) − n + d ≥ 0.<br />

f ∈ L(G − (P1 + . . . + Pn−d)).<br />

Proposizione 4.13. Sia C ′ D,G un [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ce. Sia g il genere <strong>di</strong> X .<br />

(1) Se n > deg(G), allora k = ℓ(G). Inoltre una matrice generatrice <strong>di</strong> C ′ D,G è<br />

⎛<br />

t<br />

⎜<br />

M := ⎝<br />

b1<br />

1 f1(P1) . . . tbn ⎞<br />

n f1(Pn)<br />

⎟<br />

. . . ⎠ ,<br />

t b1<br />

1 fk(P1) . . . t bn<br />

n fk(Pn)<br />

dove f1, . . . , fk è una base <strong>di</strong> L(G) sopra Fq.<br />

(2) Se n > deg(G) > 2g − 2, allora k = deg(G) + 1 − g.<br />

Dimostrazione. (1) Si ha che L(D − G) = 0 e quin<strong>di</strong> (1) segue dal Lemma 4.12(1) e<br />

dal Teorema <strong>di</strong> Riemann-Roch.<br />

(2) L’affermazione segue da (1) e dal Corollario 3.53.<br />

4.4 Co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Goppa duali<br />

Consideriamo ora i co<strong>di</strong>ci duali dei co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> tipo CD,G.<br />

Sia X una curva algebrica <strong>di</strong> genere g sopra Fq. Siano P1, . . . , Pn punti Fq-razionali<br />

<strong>di</strong>stinti <strong>di</strong> X , e sia G = nP P ∈ DivFq(X ) tale che nPi = 0 per i = 1, . . . , n. Poniamo<br />

al solito D = P1 + . . . + Pn.<br />

Proposizione 4.14. Sia C = C ⊥ D,G il co<strong>di</strong>ce duale <strong>di</strong> CD,G. Se deg(G) > 2g − 2, allora<br />

C è un [n, k, d]q-co<strong>di</strong>ce con<br />

(a) k = n − deg(G) + g − 1 + ℓ(G − D),


CAPITOLO 4. CODICI ALGEBRICO-GEOMETRICI 86<br />

(b) d ≥ deg(G) − 2g + 2.<br />

Dimostrazione. (a) Segue <strong>di</strong>rettamente da (1) del Lemma 4.2, e da ℓ(G) = deg(G) −<br />

g + 1 per deg(G) > 2g − 2.<br />

(b) Sia x = (x1, . . . , xn) una parola co<strong>di</strong>ce non nulla <strong>di</strong> C. Senza restrizione si<br />

or<strong>di</strong>nino i punti P1, . . . , Pn in modo tale che xj = 0 per j = 1, . . . , w, e xj = 0 per<br />

w < j ≤ n. Supponiamo per assurdo che w < deg(G)−2g +2. Sia Bi = i<br />

j=1 Pj.<br />

Il grado <strong>di</strong> G − Bw, come quello <strong>di</strong> G − Bw−1 è allora maggiore <strong>di</strong> 2g − 2. Dal<br />

Teorema <strong>di</strong> Riemann-Roch allora si ha che<br />

ℓ(G − Bw−1) = ℓ(G − Bw) + 1 ,<br />

ovvero esiste φ ∈ L(G − Bw−1) \ L(G − Bw). Questo implica che φ(Pj) = 0 per<br />

j = 1, . . . , w−1 e φ(Pw) = 0. Poichè G−Bw−1 ≤ G, si ha che φ ∈ L(G), ed inoltre<br />

il prodotto scalare <strong>di</strong> e(φ) per x coincide con φ(Pw) · xw = 0, contrad<strong>di</strong>cendo<br />

l’ipotesi che x appartenga al duale <strong>di</strong> CD,G.<br />

Corollario 4.15. Se 2g − 2 < deg(G) < n, allora<br />

(a) k = n − deg(G) + g − 1,<br />

(b) d ≥ deg(G) − 2g + 2.<br />

Dimostrazione. L’asserto è imme<strong>di</strong>ata conseguenza del fatto che per un qualsiasi<br />

<strong>di</strong>visore A, deg(A) < 0 implica ℓ(A) = 0.<br />

Enunciamo un forte legame fra un co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Goppa e il suo duale.<br />

Proposizione 4.16. Esiste un <strong>di</strong>visore canonico W tale che<br />

C ⊥ D,G = CD,D−G+W .


CAPITOLO 4. CODICI ALGEBRICO-GEOMETRICI 87<br />

4.5 Stime sulla <strong>di</strong>stanza minima <strong>di</strong> Co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Goppa<br />

duali e Co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Goppa mo<strong>di</strong>ficati<br />

In questa sezione prenderemo in esame una mo<strong>di</strong>fica della costruzione <strong>di</strong> Goppa, proposta<br />

da Feng e Rao nei primi anni ’90 relativamente al caso D = mP . La rilevanza <strong>di</strong><br />

tale variante sta nel fatto che la limitazione inferiore alla <strong>di</strong>stanza minima del co<strong>di</strong>ce<br />

duale (cf. Proposizione 4.14) viene talvolta migliorata.<br />

Sia P un punto Fq-razionale <strong>di</strong> X e sia<br />

H(P ) = {ρ1 = 0 < ρ2 < . . .}<br />

il semigruppo <strong>di</strong> Weierstrass <strong>di</strong> X in P . Si ponga ρ0 = 0. Siano inoltre P1, . . . , Pn<br />

punti <strong>di</strong> X <strong>di</strong>versi da P .<br />

Denotiamo con Cℓ il co<strong>di</strong>ce<br />

essendo<br />

Cℓ = C ⊥ D,G<br />

G = ρℓP D = P1 + . . . + Pn.<br />

Supponiamo che n > ℓ + 1. Ciò garantisce che<br />

Inoltre, dato che L(ρℓ) L(ρℓ+1), si ha<br />

<strong>di</strong>m(Cℓ) = n − ℓ.<br />

Cℓ Cℓ+1.<br />

Per ogni ℓ ≥ 1 sia fℓ una funzione razionale tale che (fℓ)∞ = ρℓP . Poniamo<br />

hℓ = (fℓ(P1), fℓ(P2), . . . , fℓ(Pn)) ∈ F n q .<br />

Lemma 4.17. Esistono n vettori hℓ1, . . . , hℓn linearmente in<strong>di</strong>pendenti su Fq.<br />

Dimostrazione. Sia k il massimo numero <strong>di</strong> vettori <strong>di</strong> tipo hℓ linearmente in<strong>di</strong>pendenti.<br />

Siano hℓ1, . . . , hℓk linearmente in<strong>di</strong>pendenti. Supponiamo per assurdo che k sia minore<br />

<strong>di</strong> n. Senza restrizione <strong>di</strong> generalità possiamo supporre che la matrice le cui righe


CAPITOLO 4. CODICI ALGEBRICO-GEOMETRICI 88<br />

sono hℓ1, . . . , hℓk sia una matrice a scala i cui pivot siano in posizioni (1, 1), (2, 2),<br />

. . ., (k, k) (ricor<strong>di</strong>amo che le operazioni dell’eliminazione <strong>di</strong> Gauss lasciano invariato lo<br />

spazio generato dalle righe della matrice). Sia m tale che m > 2g − 2 + k + 1. Allora<br />

m − (k + 1) > 2g − 2, e per il Teorema <strong>di</strong> Riemann-Roch esiste<br />

f ∈ L(mP − (P1 + . . . + Pk)) \ L(mP − (P1 + . . . + Pk+1)).<br />

Pertanto f(P1) = . . . = f(Pk) = 0 ma f(Pk+1) = 0. Il vettore<br />

h = (f(P1), f(P2), . . . , f(Pn))<br />

è quin<strong>di</strong> linearmente in<strong>di</strong>pendente con hℓ1, . . . , hℓk . Essendo f una funzione che ha polo<br />

solo in P , si ha necessariamente che h = hℓ per qualche ℓ. E quin<strong>di</strong> abbiamo raggiunto<br />

una contrad<strong>di</strong>zione.<br />

Per ogni intero ℓ ≥ 0 si definisca<br />

νℓ = #{(i, j) | i ≥ 1, j ≥ 1, ρi + ρj = ρℓ+1}.<br />

Si osservi ad esempio che ν0 = 1, dato che ρ1 = 0 e 0 può essere ottenuto unicamente<br />

come somma 0 + 0 = ρ1 + ρ1. Analogamente ν1 = 2, dato che ρ2 può essere ottenuto<br />

solo in due mo<strong>di</strong>, precisamente come somma ρ1 + ρ2 e ρ2 + ρ1.<br />

Lemma 4.18. Sia x un vettore del co<strong>di</strong>ce Cℓ ma non <strong>di</strong> Cℓ+1. Allora il peso <strong>di</strong> x è<br />

maggiore o uguale <strong>di</strong> νℓ.<br />

Dimostrazione. Sia N tale che l’insieme <strong>di</strong> vettori h1, . . . , hN abbia rango n (N esiste<br />

dal Lemma 4.17). Sia H la matrice N × n le cui righe sono h1, . . . , hN. Osserviamo<br />

quin<strong>di</strong> che, essendo il rango <strong>di</strong> H pari a n, per ogni x = (x1, . . . , xn) ∈ F n q si ha che il<br />

peso <strong>di</strong> x è pari al rango della matrice<br />

⎛<br />

x1<br />

⎜ 0<br />

S = H ⎜<br />

⎝ .<br />

0<br />

x2<br />

.<br />

0<br />

0<br />

.<br />

. . .<br />

. . .<br />

.<br />

0<br />

0<br />

.<br />

⎞<br />

⎟<br />

⎠<br />

0 0 0 . . . xn<br />

Ht .<br />

Osserviamo che nella matrice S l’elemento Si,j <strong>di</strong> posizione (i, j) lo si può calcolare<br />

come<br />

< x, hihj >,


CAPITOLO 4. CODICI ALGEBRICO-GEOMETRICI 89<br />

essendo hihj il vettore<br />

hihj = (fi(P1)fj(P1), fi(P2)fj(P2), . . . , fi(Pn)fj(Pn)) = ((fifj)(P1), (fifj)(P2), . . . , (fifj)(Pn)).<br />

Supponiamo x ∈ Cℓ. Si ha che<br />

• se ρi + ρj ≤ ρℓ, allora Si,j = 0.<br />

Infatti ρi + ρj ≤ ρℓ implica fifj ∈ L(ρℓP ), e quin<strong>di</strong> hihj appartiene al co<strong>di</strong>ce duale <strong>di</strong><br />

Cℓ.<br />

Supponendo inoltre x /∈ Cℓ+1, abbiamo che<br />

• se ρi + ρj = ρℓ+1, allora Si,j = 0.<br />

Infatti, ρi+ρj = ρℓ+1 implica che fifj è uguale a fℓ+1 (a meno <strong>di</strong> una costante non nulla)<br />

e pertanto hihj è vettore del duale <strong>di</strong> Cℓ+1. Quin<strong>di</strong> se fosse Si,j = 0, x apparterrebbe<br />

a Cℓ+1.<br />

Pertanto esistono νℓ coppie (i, j) tali che Si,j = 0. Elenchiamo tali coppie<br />

(i1, j1), (i2, j2), . . . , (iνℓ , jνℓ )<br />

<strong>di</strong>modoché i1 < i2 < . . . < iνℓ . È evidente allora che j1 > j2 > . . . > jνℓ . Fissato k<br />

compreso fra 1 e νℓ, osserviamo che Sik,jr = 0 per ogni r compreso fra 1 e jk −1; infatti,<br />

ρik + ρjr < ρik + ρjk = ρℓ+1 implica ρik + ρjr ≤ ρℓ. Pertanto le righe corrispondenti a<br />

i1, . . . , iνℓ e le colonne corrispondenti a j1, . . . , jνℓ in<strong>di</strong>viduano una sottomatrice <strong>di</strong> S <strong>di</strong><br />

or<strong>di</strong>ne νℓ triangolare superiore <strong>di</strong> rango νℓ. Pertanto il peso <strong>di</strong> x è almeno νℓ.<br />

Proposizione 4.19. La <strong>di</strong>stanza minima <strong>di</strong> Cℓ è almeno pari a<br />

dORD(Cℓ) := min{νm | m ≥ ℓ}.<br />

Dimostrazione. Sia N tale che l’insieme <strong>di</strong> vettori h1, . . . , hN abbia rango n.<br />

Consideriamo la catena <strong>di</strong> inclusioni<br />

CN = (0, . . . , 0) CN−1 . . . Cr+1 Cr . . . Cℓ+1 Cℓ.<br />

Per ogni x ∈ Cℓ esiste m ≥ ℓ tale che x ∈ Cm \ Cm+1. Per il lemma precedente il peso<br />

<strong>di</strong> x è almeno νm. L’asserto segue quin<strong>di</strong> dall’arbitrarietà <strong>di</strong> x.


CAPITOLO 4. CODICI ALGEBRICO-GEOMETRICI 90<br />

Il calcolo <strong>di</strong> νℓ può essere facilitato dal seguente risultato.<br />

Lemma 4.20. Sia µℓ il numero <strong>di</strong> interi i in [0, ρℓ+1] tali che sia i che ρℓ+1 − i non<br />

appartengono a H(P ). Allora<br />

In particolare,<br />

Dimostrazione. Osserviamo che<br />

essendo<br />

e<br />

νℓ = 2ℓ + 1 − ρℓ+1 + µℓ.<br />

νℓ ≥ 2ℓ + 1 − ρℓ+1 ≥ ℓ + 1 − g.<br />

{(i, j) ∈ N 2 | ρi + ρj = ρℓ+1} = {(a, b) ∈ N 2 0 | a + b = ρℓ+1} \ (A ∪ B)<br />

A = {(a, b) ∈ N 2 0 | a + b = ρℓ+1, a /∈ H(P )}<br />

B = {(a, b) ∈ N 2 0 | a + b = ρℓ+1, b /∈ H(P )}<br />

Chiaramente la car<strong>di</strong>nalità <strong>di</strong> A e <strong>di</strong> B sono entrambe uguali a ρℓ+1+1−(ℓ+1) = ρℓ+1−ℓ.<br />

La car<strong>di</strong>nalità dell’intersezione è invece pari a µℓ. Pertanto segue<br />

νℓ = ρℓ+1 + 1 − 2(ρℓ+1 − ℓ) + µℓ = 2ℓ + µℓ + 1 − ρℓ+1<br />

Lemma 4.21. Se ℓ ≥ 3g, allora νℓ = ℓ + 1 − g.<br />

Dimostrazione. Osserviamo che ℓ ≥ 3g implica ρℓ+1 = ℓ + g ≥ 4g. Essendo quin<strong>di</strong><br />

1<br />

2ρℓ+1 ≥ 2g, allora per ogni intero i maggiore o uguale <strong>di</strong> 1<br />

2ρℓ+1 si ha che i ∈ H(P ).<br />

D’altro canto, per ogni intero i minore o uguale <strong>di</strong> 1<br />

2ρℓ+1 si ha ρℓ+1 − i ∈ H(P ). Ciò<br />

<strong>di</strong>mostra che µℓ = 0, e quin<strong>di</strong> l’asserto segue dal lemma precedente.<br />

Come imme<strong>di</strong>ata conseguenza dei due lemmi precedenti si ha il seguente risultato.<br />

Teorema 4.22. Si ha dORD(ℓ) ≥ ℓ + 1 − g, e si ha l’uguaglianza se ℓ ≥ 3g.<br />

Osserviamo che se ℓ ≥ 3g, allora la Proposizione 4.19 coincide con la stima della<br />

<strong>di</strong>stanza minima della Proposizione 4.14. Infatti da ℓ > g segue ρℓ = ℓ + g − 1.<br />

Pertanto dORD(ℓ) = ℓ + 1 − g = ρℓ + 2 − 2g = deg(G) − 2g + 2.


CAPITOLO 4. CODICI ALGEBRICO-GEOMETRICI 91<br />

4.5.1 Co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Goppa mo<strong>di</strong>ficati<br />

Per ogni d > 1 si ponga<br />

Sia inoltre<br />

˜C(d) = {x ∈ F n q |< x, hi+1 >= 0 per ogni i ≥ 0 tale che νi < d}.<br />

rd := #{i tale che νi < d}.<br />

Teorema 4.23. Il co<strong>di</strong>ce ˜ C(d) è un co<strong>di</strong>ce [n, k, d ′ ]q dove<br />

• k ≥ n − rd;<br />

• d ′ ≥ d.<br />

Se inoltre n > d + g, allora k = n − rd.<br />

Dimostrazione. La prima affermazione segue dal fatto che ˜ C(d) è definito da rd equazioni<br />

lineari omogenee. Calcoliamo ora il peso <strong>di</strong> un generico vettore non nullo x ∈ ˜ C(d).<br />

Sia ℓ il minimo intero tale che < x, hℓ+1 >= 0. Per la definizione del co<strong>di</strong>ce si ha che<br />

νℓ ≥ d. (4.2)<br />

Da d > 1 segue allora che ℓ ≥ 0. Inoltre, per minimalità <strong>di</strong> ℓ si ha che x ∈ Cℓ \ Cℓ+1.<br />

Per il Lemma 4.18 si ha che il peso <strong>di</strong> x è almeno νℓ. Da (4.2) segue l’asserto.<br />

Supponiamo ora n < d + g. Osserviamo che, dalla relazione νi ≥ i + 1 − g, l’insieme<br />

{i tale che νi < d} è costituito da interi i minori <strong>di</strong> d + g − 1. Pertanto i vettori <strong>di</strong><br />

tipo hi+1 che definiscono ˜ C(d) corrispondono a valutazioni <strong>di</strong> funzioni (linearmente<br />

in<strong>di</strong>pendenti) appartenenti a L((d + g)P ) su n punti. Da n > d + g segue che i vettori<br />

<strong>di</strong> tipo hi+1 sono linearmente in<strong>di</strong>pendenti.<br />

La seguente Proposizione <strong>di</strong>mostra che i co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Goppa mo<strong>di</strong>ficati possono dar luogo a<br />

stime migliori <strong>di</strong> quelle viste finora. Precisamente, ˜ C(dORD(ℓ)) ha una <strong>di</strong>stanza minima<br />

garantita <strong>di</strong> dORD(ℓ) come il co<strong>di</strong>ce Cℓ, ma rispetto a Cℓ potrebbe avere <strong>di</strong>mensione<br />

maggiore.<br />

Proposizione 4.24. Cℓ ⊆ ˜ C(dORD(ℓ))


CAPITOLO 4. CODICI ALGEBRICO-GEOMETRICI 92<br />

Dimostrazione. In Cℓ troviamo tutti i vettori x tali che < x, hi+1 >= 0 per ogni i + 1 ≤<br />

ℓ. Osserviamo adesso che se vi < dORD(ℓ), per definizione <strong>di</strong> dORD(ℓ) necessariamente<br />

si ha che i < ℓ, e quin<strong>di</strong> i + 1 ≤ ℓ. Pertanto tutte le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> appartenenza a<br />

˜C(dORD(ℓ)) sono sod<strong>di</strong>sfatte da x.<br />

Osserviamo che nella Proposizione precedente può valere l’inclusione stretta solo se<br />

esiste i ≤ ℓ con νi−1 > min{νm | m ≥ ℓ}.<br />

Enunciamo i seguenti risultati, omettendone la <strong>di</strong>mostrazione.<br />

Proposizione 4.25. Se d ≥ 2g − 4, allora<br />

rd = ρ⌊d/2⌋ + ⌈d/2⌉<br />

Proposizione 4.26. Se H(P ) è un semigruppo <strong>di</strong> Arf (ovvero ρi + ρj − ρk ∈ H(P )<br />

per ogni i ≥ j ≥ k), allora per ogni d ≥ 1<br />

rd = ρ⌊d/2⌋ + ⌈d/2⌉<br />

4.6 Co<strong>di</strong>ci buoni dalla Geometria Algebrica<br />

Nota 4.27. In questa sezione per curva intenderemo una curva algebrica proiettiva<br />

irriducibile e non singolare ma non necessariamente piana. Dato che il concetto <strong>di</strong><br />

curva algebrica <strong>di</strong> uno spazio <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong>versa da due non è stato affrontato in<br />

questi appunti, quanto si <strong>di</strong>rà è da ritenersi puramente informativo.<br />

Consideriamo i parametri asintotici <strong>di</strong> un co<strong>di</strong>ce algebrico-geometrico. Si è <strong>di</strong>mostrato<br />

che data una curva <strong>di</strong> genere g definita su Fq, e costruito su <strong>di</strong> essa un co<strong>di</strong>ce CD,G, con<br />

deg(D) = n e 2g − 2 < deg(G) < n, si ha che tale co<strong>di</strong>ce ha lunghezza n, <strong>di</strong>mensione<br />

e<br />

k = deg(G) + 1 − g e <strong>di</strong>stanza minima d ≥ n − deg(G). Pertanto R = deg(G)+1−g<br />

n<br />

δ ≥ 1 − deg(G)<br />

. Osserviamo allora che<br />

n<br />

R + δ ≥ 1 g<br />

− + 1 , (4.3)<br />

n n<br />

e che cambiando il grado del <strong>di</strong>visore G possiamo ottenere molte coppie <strong>di</strong>stinte (R, δ)<br />

che sod<strong>di</strong>sfino (4.3).


CAPITOLO 4. CODICI ALGEBRICO-GEOMETRICI 93<br />

Per ogni q e per ogni intero positivo g definiamo<br />

Nq(g) := max{#X (Fq) | X curva <strong>di</strong> genere g sopra Fq} .<br />

Determinare Nq(g) è uno dei problemi aperti più stu<strong>di</strong>ati, e più <strong>di</strong>fficili, dell’attuale<br />

ricerca in Geometria Algebrica sopra campi finiti. Il risultato più famoso riguardo<br />

Nq(g) è la limitazione <strong>di</strong> Hasse-Weil, che <strong>di</strong> seguito riportiamo.<br />

Teorema 4.28.<br />

Sia<br />

Nq(g) ≤ q + 1 + 2g √ q<br />

A(q) := lim sup<br />

g→+∞<br />

Nq(g)<br />

.<br />

g<br />

Teorema 4.29. Sia q potenza <strong>di</strong> un primo tale che A(q) > 2. Allora per ogni δ ∈<br />

(0, 1 − 2 ) si ha<br />

A(q)<br />

αq(δ) ≥ −δ + 1 − 1<br />

A(q) .<br />

Dimostrazione. Sia Xi una sequenza <strong>di</strong> curve <strong>di</strong> genere gi tale che gi tenda a più<br />

infinito, e #Xi(Fq)<br />

tenda a A(q). gi<br />

infinito, essendo A(q) > 0.<br />

Chiaramente anche #Xi(Fq) dovrà tendere a più<br />

Sia<br />

Xi(Fq) = {P i 0, P i 1, . . . , P i ni }<br />

l’insieme dei punti Fq-razionali <strong>di</strong> Xi. Fissiamo un numero reale ɛ > 0 compreso fra<br />

2<br />

A(q) e 1, e costruiamo una successione <strong>di</strong> interi ri tale che 2gi − 2 < ri < ni e<br />

Sia infine<br />

ri<br />

lim<br />

i→+∞ ni<br />

Di = P i 1 + . . . + P i ni<br />

= ɛ.<br />

Gi = riP0 .<br />

Il co<strong>di</strong>ce CDi,Gi è quin<strong>di</strong> un co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> lunghezza ni e <strong>di</strong> parametri (Ri, δi) tali che<br />

Ri = ri + 1 − gi<br />

, δi ≥ 1 − ri<br />

.<br />

ni<br />

ni


CAPITOLO 4. CODICI ALGEBRICO-GEOMETRICI 94<br />

Pertanto<br />

lim<br />

i→+∞ ni = +∞, lim<br />

i→+∞ Ri = ɛ − 1<br />

, lim<br />

A(q) i→+∞ δi ≥ 1 − ɛ .<br />

Sia δ = 1 − ɛ, δ ′ = limi→+∞ δi ≥ δ. Per definizione,<br />

αq(δ ′ ) ≥ ɛ − 1<br />

A(q)<br />

= −δ + 1 − 1<br />

A(q) .<br />

Inoltre, essendo αq decrescente, si ha αq(δ) ≥ αq(δ ′ ), e quin<strong>di</strong><br />

Dall’arbitrarietà <strong>di</strong> ɛ segue l’asserto.<br />

L’equazione R = −δ + 1 − 1<br />

A(q)<br />

αq(δ) ≥ −δ + 1 − 1<br />

A(q) .<br />

definisce una retta con coefficiente angolare negativo,<br />

che intersecherà il grafico <strong>di</strong> R = 1−Hq(δ) in 0, 1 o 2 punti. Se l’ultimo caso si verifica,<br />

allora avremo per qualche δ un miglioramento della limitazione <strong>di</strong> Gilbert-Varshamov<br />

). Ve<strong>di</strong>amo pertanto ciò che è noto riguardo A(q).<br />

in un sottointervallo <strong>di</strong> (0, 1 − 2<br />

A(q)<br />

Teorema 4.30 (Drinfeld-Vladut). Per ogni q potenza <strong>di</strong> un primo si ha<br />

A(q) ≤ √ q − 1.<br />

Per quanto riguarda limitazioni inferiori, il risultato seguente è dovuto a Tsfasman,<br />

Vladut e Zink per m = 1 e m = 2, e a Ihara per il caso generale.<br />

Teorema 4.31. Sia q = p 2m quadrato. Allora esiste una successione <strong>di</strong> curve Xi<br />

definite su Fq <strong>di</strong> genere gi e con Ni punti Fq-razionali, tale che<br />

Ni<br />

lim = +∞ , lim<br />

i→+∞ i→+∞ gi<br />

= √ q − 1<br />

Pertanto, si ha che se q è un quadrato, allora A(q) = √ q − 1. Si può inoltre provare<br />

con calcoli <strong>di</strong>retti che se q ≥ 49, allora la retta R = −δ + 1 − 1<br />

√ q−1 incontra il grafico<br />

<strong>di</strong> R = 1 − Hq(δ) esattamente in due punti.<br />

Pertanto, un miglioramento della limitazione <strong>di</strong> Gilbert-Varshamov è stato ottenuto<br />

grazie ai co<strong>di</strong>ci algebrico-geometrici. Questo spiega perchè negli ultimi anni molta<br />

attività <strong>di</strong> ricerca sulle curve algebriche è concentrata sulla problematica <strong>di</strong> stimare<br />

Nq(g) e A(q).


CAPITOLO 4. CODICI ALGEBRICO-GEOMETRICI 95<br />

4.7 Co<strong>di</strong>ci Hermitiani<br />

Ripren<strong>di</strong>amo lo stu<strong>di</strong>o della curva Hermitiana, iniziato nel capitolo precedente. Sia q<br />

un quadrato, e sia X : X √ q+1<br />

1<br />

3.7.3 abbiamo <strong>di</strong>mostrato che<br />

• X è non singolare (e <strong>di</strong> genere √ q( √ q − 1)/2);<br />

− X √ q<br />

0 X2 − X0X √ q<br />

2 , e sia P∞ = (0 : 0 : 1). Nella sezione<br />

• P∞ è l’unico punto <strong>di</strong> X appartenente alla retta X0 = 0;<br />

• una base <strong>di</strong> L(rP∞) è costituita dalle funzioni<br />

{x i y j | i √ q + j( √ q + 1) ≤ m, i ≥ 0, 0 ≤ j ≤ √ q − 1} .<br />

Per valutare i parametri dei co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Goppa costruiti da tale curva è necessario conoscerne<br />

il numero <strong>di</strong> punti razionali. Tale numero è il massimo possibile, ovvero viene<br />

raggiunta la limitazione superiore <strong>di</strong> Hasse-Weil. Questo rende la curva Hermitiana <strong>di</strong><br />

importanza cruciale, sia per la teoria (si congettura che ogni curva che massimale sia<br />

un quoziente della curva Hermitiana), che per le applicazioni.<br />

Proposizione 4.32. Il numero <strong>di</strong> punti razionali <strong>di</strong> X è q √ q + 1 = q + 1 + 2g √ q.<br />

Dimostrazione. Sia ϕ1 l’omomorfismo ad<strong>di</strong>tivo<br />

ϕ1 : Fq → F √ q, t ↦→ t √ q + t.<br />

Si lascia al lettore la verifica della bontà della definizione e della ad<strong>di</strong>tività <strong>di</strong> ϕ1. Si<br />

osservi che il nucleo <strong>di</strong> ϕ1 ha almeno car<strong>di</strong>nalità pari a √ q, dato che √ q è il rapporto<br />

fra la car<strong>di</strong>nalità del dominio e quella del codominio. Ma essendo tale nucleo costituito<br />

dagli zeri <strong>di</strong> un polinomio <strong>di</strong> grado √ q, la sua car<strong>di</strong>nalità non può superare √ q.<br />

Pertanto,<br />

1) per ogni a ∈ F √ q esistono √ q elementi y ∈ Fq tali che y √ q + y = a.<br />

Consideriamo ora l’omomorfismo moltiplicativo ϕ2<br />

ϕ2 : F ∗ q → F ∗ √ q, t ↦→ t √ q+1 .


CAPITOLO 4. CODICI ALGEBRICO-GEOMETRICI 96<br />

Di nuovo si lascia al lettore la verifica della bontà della definizione e del fatto che ϕ2<br />

è omomorfismo. Si osservi che il nucleo <strong>di</strong> ϕ2 ha almeno car<strong>di</strong>nalità pari a √ q + 1,<br />

essendo √ q + 1 il rapporto fra la car<strong>di</strong>nalità del dominio e quella del codominio. Il<br />

nucleo è costituito dagli zeri <strong>di</strong> un polinomio <strong>di</strong> grado √ q+1, e quin<strong>di</strong> la sua car<strong>di</strong>nalità<br />

non può superare √ q + 1. Pertanto,<br />

2) per ogni a ∈ F √ q, a = 0, esistono √ q + 1 elementi x ∈ Fq tali che x √ q+1 = a.<br />

Da 1) e 2) segue quin<strong>di</strong> che per ogni a ∈ F √ q, a = 0, esistono √ q( √ q+1) coppie or<strong>di</strong>nate<br />

(x, y) tali che x √ q+1 = y √ q + y = a. In tutto abbiamo già ( √ q − 1)(q + √ q) punti<br />

razionali. A questi vanno aggiunti i punti <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate affini (0, y) con y √ q + y = 0.<br />

Per 1), tali punti sono in numero <strong>di</strong> √ q. Considerando anche l’unico punto all’infinito,<br />

abbiamo in totale<br />

( √ q − 1)(q + √ q) + √ q + 1 = q √ q + 1<br />

punti razionali <strong>di</strong> X .


Capitolo 5<br />

Co<strong>di</strong>ci Lineari MDS e Archi <strong>di</strong><br />

Piani Proiettivi <strong>di</strong> Galois<br />

5.1 Co<strong>di</strong>ci MDS<br />

Due dei più importanti pronblemi sui co<strong>di</strong>ci MDS sono: (a) trovare la massima lunghezza<br />

<strong>di</strong> un co<strong>di</strong>ce MDS <strong>di</strong> fissata <strong>di</strong>mensione, (b) caratterizzare i co<strong>di</strong>ci MDS aventi<br />

questa massima lunghezza. In questo capitolo tali problemi saranno affrontati da un<br />

punto <strong>di</strong> vista geometrico, in termini <strong>di</strong> archi <strong>di</strong> spazi proiettivi finiti.<br />

La massima lunghezza n <strong>di</strong> un [n, r+1, d]q-co<strong>di</strong>ce MDS, uguale alla massima car<strong>di</strong>nalità<br />

<strong>di</strong> un n-arco in P G(r, q), si denota con m(r, q). La congettura che segue è nota come<br />

la congettura principale sui co<strong>di</strong>ci MDS:<br />

Congettura 5.1.<br />

⎧<br />

⎨ r + 2 se r > q − 1,<br />

m(r, q) = q + 2<br />

⎩<br />

q + 1<br />

se q è pari e r ∈ {2, q − 2},<br />

in tutti gli altri casi.<br />

97


CAPITOLO 5. CODICI MDS E ARCHI 98<br />

5.2 Co<strong>di</strong>ci MDS <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione 3: gli n-archi <strong>di</strong><br />

P G(2, q)<br />

La congettura principale sui co<strong>di</strong>ci MDS è stata provata per r = 2. E’ un classico<br />

risultato <strong>di</strong> geometria combinatoria che risale agli anni ’50. Un m(2, q)-arco <strong>di</strong> P G(2, q),<br />

q <strong>di</strong>spari, è detto ovale e un m(2, q)-arco <strong>di</strong> P G(2, q), q pari, è detto iperovale.<br />

Ricor<strong>di</strong>amo preliminarmente che un n-arco A <strong>di</strong> P G(2, q) è un sottoinsieme <strong>di</strong> punti<br />

a 3 a 3 non allinati; un n-arco si <strong>di</strong>ce completo se non è contenuto in un (n + 1)-arco.<br />

Osserviamo che, per il teorema <strong>di</strong> Bézout, ogni conica irriducibile è un (q + 1)-arco.<br />

Dati un n-arco A e una retta l, la car<strong>di</strong>nalità dell’insieme A ∩ l può essere solo 0, 1, 2;<br />

nel primo caso l si <strong>di</strong>ce esterna a A, nel secondo tangente <strong>di</strong> A, nel terzo corda <strong>di</strong> A.<br />

Proposizione 5.2. Dato un n-arco A ed un suo punto P , per P passano esattamente<br />

t = q − n + 2 tangenti a A. Quin<strong>di</strong>, essendo t ≤ (q + 1), si ha<br />

n ≤ (q + 2).<br />

Dimostrazione. Le rette per P possono essere solo tangenti o secanti; e le secanti sono<br />

esattamente quanti i punti <strong>di</strong> A <strong>di</strong>versi da P (infatti in una secante per P non può<br />

esserci più <strong>di</strong> un punto <strong>di</strong> A <strong>di</strong>stinto da P , essendo A un arco). Quin<strong>di</strong> q + 1 − t =<br />

n − 1.<br />

Proposizione 5.3. Sia A un (q + 2)-arco <strong>di</strong> P G(2, q). Allora q è pari.<br />

Dimostrazione. Sia P un punto non <strong>di</strong> A. Per l’osservazione precedente, non esistono<br />

tangenti <strong>di</strong> A; quin<strong>di</strong> tutti i punti <strong>di</strong> A giacciono su secanti per P , precisamente due<br />

per ogni secante. Allora n = q + 2 è pari e tale è q.<br />

Proposizione 5.4. Sia q <strong>di</strong>spari; allora la massima car<strong>di</strong>nalità <strong>di</strong> un n-arco in<br />

P G(2, q) è (q + 1).<br />

Dimostrazione. Dall’osservazione precedente, essendo q <strong>di</strong>spari, la car<strong>di</strong>nalità non può<br />

essere superiore a q +1; e tale valore è raggiunto nel caso <strong>di</strong> una conica irriducibile.<br />

Nel seguito avremo bisogno dei seguenti semplici risultati.


CAPITOLO 5. CODICI MDS E ARCHI 99<br />

Lemma 5.5. Sia f ∈ Fq[X], f = a0X n + a1X n−1 + . . . + an. Siano α1, α2, . . . , αn le<br />

ra<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> f(non necessariamente tutte in Fq). Allora<br />

Dimostrazione. Si ha<br />

n<br />

ı=1<br />

αı = an<br />

a0<br />

(−1) n .<br />

a0X n + a1X n−1 + . . . + an = a0(X − α1)(X − α2) . . . (X − αn).<br />

Uguagliando i termini noti <strong>di</strong> ambo i membri segue l’asserto.<br />

Proposizione 5.6. Gli elementi α1, α2, . . . , αq−1 <strong>di</strong> F ∗ q sod<strong>di</strong>sfano la relazione<br />

q−1 <br />

αı = −1.<br />

ı=1<br />

Dimostrazione. Basta applicare il Lemma 5.5 al polinomio f = X q−1 − 1 e considerare<br />

che nel caso q pari si ha −1 = 1.<br />

Proposizione 5.7. In P G(2, q) le tre rette <strong>di</strong> equazione X2 = k0X1, X0 = k1X2,<br />

X1 = k2X0, passano per uno stesso punto se e solo se k0k1k2 = 1.<br />

Dimostrazione. La <strong>di</strong>mostrazione consiste <strong>di</strong> una verifica <strong>di</strong>retta, ed è lasciata come<br />

esercizio.<br />

Il risultato chiave per la classificazioni <strong>di</strong> (q + 1)-archi in P G(2, q), q <strong>di</strong>spari, è il<br />

cosiddetto Lemma delle Tangenti.<br />

Proposizione 5.8. (Lemma delle Tangenti) Sia A un n-arco <strong>di</strong> P G(2, q), sia t =<br />

q − n + 2, e siano P0, P1, P2 tre punti <strong>di</strong> A. Fissato come triangolo <strong>di</strong> riferimento T<br />

quello i cui vertici sono P0, P1, P2, consideriamo le 3t tangenti a A passanti per essi;<br />

tali tangenti abbiano le seguenti equazioni: X2 = k0,sX1, X0 = k1,sX2, X1 = k2,sX0<br />

con s = 1, . . . t. Allora <br />

kr,s = −1.<br />

r=0,1,2, s=1,...,t


CAPITOLO 5. CODICI MDS E ARCHI 100<br />

Dimostrazione. Definiamo gli insiemi<br />

dalla Proposizione 5.6 segue<br />

e analogamente k1,s<br />

{β0,1, β0,2, . . . , β0,n−3} = F ∗ q \ {k0,s | s = 1, . . . , t},<br />

{β1,1, β1,2, . . . , β1,n−3} = F ∗ q \ {k1,s | s = 1, . . . , t},<br />

{β2,1, β2,2, . . . , β2,n−3} = F ∗ q \ {k2,s | s = 1, . . . , t};<br />

<br />

s=1,...,t<br />

k0,s<br />

<br />

s ′ =1,...,n−3<br />

β1,s ′ = k2,s<br />

Proviamo ora che <br />

r=0,1,2, s ′ =1,...,n−3<br />

β 0,s ′ = −1 , (5.1)<br />

β2,s ′ = −1. (5.2)<br />

βr,s ′ = 1. (5.3)<br />

Fissiamo un punto Q in A ma non in T . Per Q passano tre secanti <strong>di</strong> A che intersecano<br />

l’insieme dei vertici <strong>di</strong> T . Tali secanti siano<br />

l2(Q) : X2 = β0,QX1, l0(Q) : X0 = β1,QX2, l1(Q) : X1 = β2,QX0.<br />

Allora per la Proposizione 5.7 si ha<br />

Osserviamo a questo punto che le terne<br />

β0,Qβ1,Qβ2,Q = 1. (5.4)<br />

{l0(Q), l1(Q), l2(Q)}Q∈A\T<br />

costituiscono una partizione dell’insieme delle secanti <strong>di</strong> A passanti per uno ed un solo<br />

vertice <strong>di</strong> T . Infatti evidentemente ogni secante <strong>di</strong> questo tipo deve essere una lr(Q) per<br />

qualche Q. Inoltre lr(Q) e lr ′(Q′ ) non possono coincidere se Q = Q ′ perchè altrimenti<br />

avremmo 3 punti allienati in A.<br />

Pertanto moltiplicando la (5.4) al variare <strong>di</strong> Q si ha la (5.3). Ora tiriamo le somme:<br />

−1 = (−1)(−1)(−1) =


CAPITOLO 5. CODICI MDS E ARCHI 101<br />

(dalla (5.1) e dalla (5.2))<br />

(dalla (5.3))<br />

=<br />

=<br />

k0,s<br />

k0,s<br />

=<br />

β0,s ′<br />

k1,s<br />

<br />

k1,s k2,s<br />

<br />

r=0,1,2, s=1,...,t<br />

kr,s<br />

β1,s ′<br />

β0,s ′<br />

<br />

k2,s<br />

β1,s ′<br />

r=0,1,2, s ′ =1,...,n−3<br />

= kr,s.<br />

Esercizio 60. Si consideri il seguente 5-arco <strong>di</strong> P G(2, 5):<br />

β2,s ′<br />

β2,s ′<br />

βr,s ′ =<br />

<br />

=<br />

<br />

=<br />

A = {(1 : 0 : 0), (0 : 1 : 0), (0 : 0 : 1), (1 : 1 : 1), (1 : 2 : 4)}.<br />

Si scrivano le equazioni delle rette tangenti e secanti <strong>di</strong> A passanti per i punti (1 : 0 :<br />

0), (0 : 1 : 0), (0 : 0 : 1). Si verifichi la tesi del Lemma delle Tangenti.<br />

Una variante del Lemma delle Tangenti si applica ai cosiddetti archi focalizzati.<br />

Definizione 5.9. Un n-arco A <strong>di</strong> P G(2, q) si <strong>di</strong>ce focalizzato se esiste una retta ℓ<br />

esterna all’arco tale che le secanti <strong>di</strong> A incontrano ℓ in esattamente n punti. In tal caso<br />

ℓ si <strong>di</strong>ce retta fuoco <strong>di</strong> A.<br />

Sia A un n-arco focalizzato e sia ℓ una sua retta fuoco. Sia Sℓ l’insieme dei punti <strong>di</strong> ℓ<br />

che appartengono ad almeno una secante <strong>di</strong> A. Sia P un punto <strong>di</strong> A. Per esso passano<br />

t = q + 2 − n tangenti <strong>di</strong> A, ma solo una <strong>di</strong> queste incontra Sℓ: infatti ogni retta che<br />

unisce P ad uno dei q + 1 − n punti <strong>di</strong> ℓ \ Sℓ è una tangente <strong>di</strong> A. Chiameremo tale<br />

retta tangente privilegiata in P rispetto a ℓ.<br />

Proposizione 5.10. Sia A un n-arco focalizzato <strong>di</strong> P G(2, q), e sia ℓ una sua retta<br />

fuoco. Siano P0, P1, P2 tre punti <strong>di</strong> A. Fissato come triangolo <strong>di</strong> riferimento T quello<br />

i cui vertici sono P0, P1, P2, consideriamo le 3 tangenti privilegiate passanti per essi;<br />

tali tangenti abbiano le seguenti equazioni X2 = k0X1, X0 = k1X2, X1 = k2X0. Allora<br />

k0k1k2 = −1 .


CAPITOLO 5. CODICI MDS E ARCHI 102<br />

Dimostrazione. La <strong>di</strong>mostrazione è analoga a quella del lemma delle tangenti. Basta<br />

far variare il punto Q nei punti <strong>di</strong> A ∪ (ℓ \ Sℓ) <strong>di</strong>versi da P0, P1, P2.<br />

Si noti che, se q è <strong>di</strong>spari, ogni (q + 1)-arco è focalizzato; basta prendere come retta<br />

fuoco una qualsiasi retta esterna all’arco. In tal caso le tangenti privilegiate sono<br />

esattamente le tangenti all’arco.<br />

Definizione 5.11. Due triangoli T = {P0, P1, P2} e T ′ = {Q0, Q1, Q2} <strong>di</strong> P G(2, q) si<br />

<strong>di</strong>cono prospettivi se le rette passanti per P0Q0, P1Q1 e P2Q2 sono concorrenti.<br />

Corollario 5.12. Sia A un n-arco focalizzato <strong>di</strong> P G(2, q), q <strong>di</strong>spari. Sia T un qualunque<br />

triangolo inscritto in A, e sia T ′ il corrispondente triangolo circoscritto (ovvero il<br />

triangolo i cui lati sono le tangenti privilegiate per i vertici <strong>di</strong> T ). Allora T e T ′ sono<br />

prospettivi.<br />

Dimostrazione. Supponiamo senza restrizione che i vertici P0, P1, P2 <strong>di</strong> T siano i punti<br />

del triangolo <strong>di</strong> riferimento, ovvero P0 = (1 : 0 : 0), P1 = (0 : 1 : 0), P2 = (0 : 0 : 1).<br />

Inoltre sia U = (1 : 1 : −1) il punto comune alle tangenti all’arco passanti per P0 e<br />

P1. Allora i lati <strong>di</strong> T ′ sono le rette X1 + X2 = 0, X0 + X2 = 0, e, per il Lemma delle<br />

tangenti, la retta X1 + X0 = 0. (Osserviamo che l’ipotesi q <strong>di</strong>spari è necessaria perché<br />

altrimenti T ′ non sarebbe un triangolo: se fosse q pari da −1 = 1 seguirebbe che i lati<br />

<strong>di</strong> T ′ sarebbero concorrenti per il Lemma 5.7). I vertici <strong>di</strong> T ′ sono<br />

e le rette PiQi<br />

Q0 = (−1 : 1 : 1), Q1 = (1 : −1 : 1), Q2 = (1 : 1 : −1),<br />

P0Q0 : X2 = X1, P1Q1 : X0 = X2, P2Q2 : X1 = X0.<br />

L’asserto segue dal Lemma 5.7.<br />

Teorema 5.13. In P G(2, q), q <strong>di</strong>spari, ogni (q + 1)-arco consiste dei punti <strong>di</strong> una<br />

conica irriducibile.<br />

Dimostrazione. Sia A un (q + 1)-arco <strong>di</strong> P G(2, q). Siano P0, P1 e P2 tre punti <strong>di</strong> A, e<br />

sia U il punto comune alle tangenti all’arco passanti per P0 e P1. Supponiamo senza<br />

restrizioni che P0 = (1 : 0 : 0), P1 = (0 : 1 : 0), P2 = (0 : 0 : 1), U = (1 : 1 : −1).


CAPITOLO 5. CODICI MDS E ARCHI 103<br />

Allora la tangente ad A in P0 è la retta X1 + X2 = 0, mentre quella in P1 ha equazione<br />

X0 + X2 = 0. Dal Lemma delle tangenti segue imme<strong>di</strong>atamente che la tangente in P2<br />

è la retta X1 + X0 = 0.<br />

Si consideri ora un ulteriore punto P = (y0 : y1 : y2) <strong>di</strong> A. Sia ℓ : d0X0 + d1X1 + d2X2<br />

la tangente a A per P . Si applichi Corollario 5.12 al triangolo P P1P2. I vertici del<br />

triangolo circoscritto sono allora i punti Q = (1 : −1 : −1), Q1 = (d2 : −d2 : d1 − d0),<br />

Q2 = (d1 : d2 − d0 : −d1). Si ha inoltre che P Q : (y2 − y1)X0 + (y0 + y2)X1 + (−y0 −<br />

y1)X2 = 0, P1Q1 : (d1 − d0)X0 − d2X2 = 0, P2Q2 : (d2 − d0)X0 − d1X1 = 0. Dal<br />

Corollario 5.12 segue quin<strong>di</strong><br />

⎛<br />

⎞ ⎛<br />

⎞<br />

y2 − y1 y0 + y2 −y0 − y1<br />

0 y0 + y2 −y0 − y1<br />

det ⎝<br />

ovvero<br />

d1 − d0 0 −d2<br />

d2 − d0 −d1 0<br />

⎠ = det ⎝<br />

d1 − d0 + d2 0 −d2<br />

d2 − d0 + d1 −d1 0<br />

(d0 − d1 − d2)[d1(y0 + y1) − d2(y0 + y2)] = 0.<br />

⎠ = 0 ,<br />

Dato che ℓ non può passare per Q, il punto comune alle tangenti per P1 e P2, (mai tre<br />

tangenti ad un (q + 1)-arco sono concorrenti per q <strong>di</strong>spari), si ha che d0 − d1 − d2 = 0.<br />

Pertanto<br />

d1(y0 + y1) = d2(y0 + y2).<br />

Analogamente, considerando i triangoli P P0P1 e P P0P2 si ha che<br />

d2(y1 + y2) = d0(y1 + y0)<br />

d0(y0 + y2) = d1(y1 + y2).<br />

In altre parole i tre minori <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne due della matrice<br />

d0 d1 d2<br />

y1 + y2 y0 + y2 y0 + y1<br />

sono tutti nulli. Allora il rango <strong>di</strong><br />

<br />

y0d0 y1d1 y2d2<br />

y0y1 + y0y2 y1y0 + y1y2 y2y0 + y2y1<br />

è uguale a 1. Dato che la somma degli elementi della prima riga è d0y0+d1y1+d2y2 = 0,<br />

si ha che anche gli elementi della seconda riga hanno somma zero, ovvero<br />

2(y0y1 + y0y2 + y1y2) = 0.


CAPITOLO 5. CODICI MDS E ARCHI 104<br />

Essendo q <strong>di</strong>spari si ha che 2 = 0, e pertanto il punto P appartiene alla conica <strong>di</strong><br />

equazione<br />

X1X2 + X0X2 + X0X1 = 0.<br />

I q + 1 punti <strong>di</strong> tale conica sono quin<strong>di</strong> tutti e soli i punti <strong>di</strong> A.<br />

Si lascia come esercizio <strong>di</strong>mostrare la seguente generalizzazione del Teorema <strong>di</strong> Segre,<br />

dovuta a Wettl.<br />

Teorema 5.14. In P G(2, q), q <strong>di</strong>spari, ogni n-arco focalizzato è contenuto in una<br />

conica irriducibile.<br />

Corollario 5.15. Tutti i co<strong>di</strong>ci MDS <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione 3 e lunghezza q+1 sopra un campo<br />

<strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>spari sono isomorfi.<br />

Dimostrazione. Si può <strong>di</strong>mostrare che tutte le coniche irriducibili <strong>di</strong> P G(2, q) sono<br />

proiettivamente equivalenti. Pertanto dal Teorema 5.13 segue che tutti i (q+1)-archi <strong>di</strong><br />

P G(2, q) sono sistemi proiettivi equivalenti. Dalla Proposizione 2.12 segue l’asserto.<br />

Per q pari, una conica più il suo nucleo (ovvero il punto <strong>di</strong> intersezine delle sue tangenti)<br />

è un (q+2)-arco. I (q+2)-archi <strong>di</strong> P G(2, q) sono detti iperovali. Un iperovale costituito<br />

da una conica e dal suo nucleo si <strong>di</strong>ce regolare. Come mostrato da Segre, per q = 2, 4, 8,<br />

ogni iperovale è regolare. Per q = 2 h , h ≥ 4, esistono iperovali irregolari. Diverse classi<br />

infinite <strong>di</strong> iperovali sono conosciute. Il problema della classificazione degli iperovali è<br />

tuttavia molto lontano dall’essere risolto. L’esempio più semplice <strong>di</strong> classe infinita <strong>di</strong><br />

iperovali irregolari è il seguente.<br />

Proposizione 5.16. Sia q = 2 m . L’insieme <strong>di</strong> punti <strong>di</strong> P G(2, q)<br />

{(1 : t : t 2s ) | t ∈ Fq} ∪ {(0 : 1 : 0), (0 : 0 : 1)}<br />

è un (q + 2)-arco <strong>di</strong> P G(2, q) se e solo se (m, s) = 1.<br />

Esercizio 61. Sia A un n-arco <strong>di</strong> P G(2, q) e sia ℓ una retta <strong>di</strong>sgiunta da A. Si provi<br />

che il numero <strong>di</strong> punti <strong>di</strong> ℓ che appartiene ad almeno una secante <strong>di</strong> A è maggiore o<br />

uguale <strong>di</strong> n − 1.


CAPITOLO 5. CODICI MDS E ARCHI 105<br />

Esercizio 62. Sia A un n-arco <strong>di</strong> P G(2, q) e sia ℓ una retta <strong>di</strong>sgiunta da A. L’arco A<br />

si <strong>di</strong>ce iperfocalizzato rispetto a ℓ se il numero <strong>di</strong> punti <strong>di</strong> ℓ che appartiene ad almeno<br />

una secante <strong>di</strong> A è esattamente n − 1. Si provi che se q è <strong>di</strong>spari, allora non esistono<br />

n-archi iperfocalizzati con n > 2. (Suggerimento: si ammetta l’esistenza <strong>di</strong> un narco<br />

iperfocalizzato con n > 2, e lo si privi <strong>di</strong> un punto Q; si ottiene cosi’ un arco<br />

focalizzato A ′ , le cui tangenti privilegiate sono le rette che uniscono i punti <strong>di</strong> A ′ a Q;<br />

ciò è assurdo perchè le tangenti privilegiate <strong>di</strong> un arco focalizzato non possono essere<br />

concorrenti dalla Proposizione 5.10).<br />

Esercizio 63. Sia A un n-arco focalizzato <strong>di</strong> P G(2, q), q pari. Si <strong>di</strong>mostri che A è<br />

contenuto in un (n + 1)-arco iperfocalizzato. (Suggerimento: dalla Proposizione 5.10<br />

segue che le tangenti privilegiate <strong>di</strong> A sono concorrenti in un punto Q; allora A ∪ {Q}<br />

è un arco iperfocalizzato.)<br />

Esercizio 64. Nel 2004 due ricercatori statunitensi hanno congetturato che ogni n-arco<br />

iperfocalizzato <strong>di</strong> P G(2, q), q pari, con n > √ q + 2 fosse contenuto in un (q + 2)-arco.<br />

Di recente è stato provato che tale congettura non è vera. Lo studente particolarmente<br />

motivato può provare a cimentarsi nella ricerca <strong>di</strong> un controesempio (è un esercizio<br />

<strong>di</strong>fficile, ma non impossibile).<br />

5.2.1 Il Teorema <strong>di</strong> Menelaus<br />

Sia K la chiusura algebrica <strong>di</strong> Fq. É <strong>di</strong> verifica imme<strong>di</strong>ata che tre punti (c2 : 1 : 0),<br />

(1 : 0 : c1), (0 : c0 : 1) <strong>di</strong> P 2 (K) sono allineati se e solo se c0c1c2 = −1. Questa<br />

osservazione si generalizza nel seguente teorema classico <strong>di</strong> Geometria Algebrica.<br />

Proposizione 5.17. (<strong>di</strong> Menelaus) Siano fissati 3n punti <strong>di</strong> P 2 (K), non necessariamente<br />

<strong>di</strong>stinti, (0 : c0,s : 1), (1 : 0 : c1,s), (c2,s : 1 : 0) (s = 1, . . . , n) <strong>di</strong>stinti da<br />

A0 = (1 : 0 : 0), A1 = (0 : 1 : 0), A2 = (0 : 0 : 1). Allora con<strong>di</strong>zione necessaria e<br />

sufficiente affinché esista una curva X <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne n passante per quei 3n punti (e per<br />

nessuno degli Ai) è che <br />

r=0,1,2, s=1,...,n<br />

cr,s = (−1) n . (5.5)


CAPITOLO 5. CODICI MDS E ARCHI 106<br />

Dimostrazione. Sia X una curva <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne n passante per i punti (0 : c0,s : 1), (1 : 0 :<br />

c1,s), (c2,s : 1 : 0) (s = 1, . . . , n). Sia<br />

X : aijkX i 0X j<br />

1X k 2 = an00X n 0 + a0n0X n 1 + a00nX n 2 + . . . = 0 .<br />

Allora an00a0n0a00n = 0 dato che X non passa per nessuno dei vertici del triangolo<br />

fondamentale. Imponendo il passaggio per i punti (0 : c0,s : 1) si ha che<br />

a0n0c n 0,s + a0(n−1)0c n−1<br />

0,s . . . + a00n = 0, per ogni s = 1, . . . , n;<br />

ovvero gli elementi c0,s sono tutte e sole le ra<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> un polinomio<br />

Dal Lemma 5.5 si ha quin<strong>di</strong> che<br />

<br />

a0n0T n + . . . + a00n = 0 .<br />

s=1,...,n<br />

c0,s = (−1) n a00n/a0n0 .<br />

Applicando lo stesso argomento ai punti (1 : 0 : c1,s) e (c2,s : 1 : 0) si ottiene<br />

da cui (5.5).<br />

<br />

s=1,...,n<br />

c1,s = (−1) n an00/a00n,<br />

<br />

s=1,...,n<br />

c2,s = (−1) n a0n0/an00,<br />

Ora supponiamo che la con<strong>di</strong>zione (5.5) sia sod<strong>di</strong>sfatta. Sia P = (0 : c0,1 : 1). Sia LP<br />

l’insieme delle curve <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne n passanti per i restanti 3n − 1 punti. Chiaramente i<br />

polinomi che definiscono le curve in LP costituiscono un K-sottospazio vettoriale dello<br />

spazio vettoriale K[X, Y ]≤n dei polinomi <strong>di</strong> K[X, Y ] <strong>di</strong> grado minore o uguale <strong>di</strong> n.<br />

Sia d la <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> LP . Osserviamo che la <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> K[X, Y ]≤n è uguale a<br />

n + 2<br />

2<br />

Inoltre si noti che imporre il passaggio per un punto equivale ad imporre una con<strong>di</strong>zione<br />

lineare in K[X, Y ]≤n. Pertanto si ha che<br />

n + 2<br />

2<br />

<br />

.<br />

<br />

− (3n − 1) ≤ d


CAPITOLO 5. CODICI MDS E ARCHI 107<br />

<br />

<br />

n + 2<br />

n − 1<br />

Si noti che che<br />

− (3n − 1) = 1 + . Inoltre si osservi che le<br />

2<br />

2<br />

curve <strong>di</strong> grado n che contengono le rette del triangolo fondamentale corrispondono alle<br />

<br />

curve <strong>di</strong> grado<br />

<br />

n − 3, e pertanto costituiscono un sottospazio vettoriale <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione<br />

n − 1<br />

< d. Ciò implica che LP contiene una curva X che non passa per nessun<br />

2<br />

vertice del triangolo fondamentale: infatti se così non fosse ogni curva <strong>di</strong> LP dovrebbe<br />

contenere i tre assi del triangolo per il Teorema <strong>di</strong> Bézout.<br />

Per completare la <strong>di</strong>mostrazione occorre provare che X passa per P . Osserviamo<br />

intanto che, sempre per il Teorema <strong>di</strong> Bézout, X passa per un ulteriore punto Q = (0 :<br />

e : 1) con e = 0 del triangolo fondamentale. Pertanto, per quanto sopra <strong>di</strong>mostrato, X<br />

sod<strong>di</strong>sfa la con<strong>di</strong>zione (5.5) dove a c0,1 si sostituisca e, ovvero<br />

⎛<br />

⎞<br />

e ⎝<br />

<br />

⎠ = (−1) n<br />

r=0,1,2, s=1,...,n,(r,s)=(0,1)<br />

Ma questo, messo a sistema con (5.5) medesimo, implica che c0,1 = e, e quin<strong>di</strong> P = Q.<br />

Il teorema <strong>di</strong> Menelaus è stato generalizzato da B. Segre nel seguente modo.<br />

Proposizione 5.18. Sia fissato un qualunque poligono in P 2 (K) <strong>di</strong> n lati a 3 a 3 non<br />

concorrenti; si fissino n punti, non necessariamente <strong>di</strong>stinti, in ogni lato, nessuno dei<br />

quali coincidente con i vertici del poligono. Allora esiste una curva <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne n passante<br />

per i punti dati (e non per i vertici del poligono) se e solo se per ogni terna <strong>di</strong> lati del<br />

poligono è sod<strong>di</strong>sfatta la con<strong>di</strong>zione del teorema precedente per i 3n punti giacenti su<br />

<strong>di</strong> essa.<br />

Si tenga presente che, anche in questo caso, le uniche intersezioni della curva con i lati<br />

del poligono sono costituite dai punti <strong>di</strong> partenza.<br />

5.2.2 Curve e inviluppi<br />

Sia K la chiusura algebrica del campo finito Fq. Denotiamo con P 2 (K) ∗ l’insieme delle<br />

rette <strong>di</strong> P 2 (K).<br />

cr,s


CAPITOLO 5. CODICI MDS E ARCHI 108<br />

Definizione 5.19. L’applicazione<br />

D : P 2 (K) ∗ → P 2 (K)<br />

che associa alla retta <strong>di</strong> equazione l0X0 +l1X1 +l2X2 = 0 associa il punto <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate<br />

(l0 : l1 : l2) si <strong>di</strong>ce applicazione duale.<br />

L’applicazione duale è chiaramente ben definita e biiettiva, dato che due rette l0X0 +<br />

l1X1 + l2X2 = 0 e l ′<br />

0X0 + l ′<br />

1X1 + l ′<br />

2X2 = 0 coincidono se e solo se le terne (l0 : l1 : l2)<br />

e (l ′<br />

0 : l ′<br />

1 : l ′<br />

2) sono coor<strong>di</strong>nate omogenee <strong>di</strong> uno stesso punto. La terna (l0 : l1 : l2),<br />

definita a meno <strong>di</strong> proporzionalità , si <strong>di</strong>ce la terna delle coor<strong>di</strong>nate pluckeriane della<br />

retta l0X0 + l1X1 + l2X2 = 0.<br />

Si considerino l’insieme dei punti <strong>di</strong> una retta ℓ <strong>di</strong> P 2 (K). La controimmagine <strong>di</strong> questi<br />

punti rispetto all’applicazione duale consiste delle rette <strong>di</strong> un fascio. Più precisamente,<br />

è imme<strong>di</strong>ato verificarela controimmagine dei punti della retta <strong>di</strong> equazione a0X0 +<br />

a1X1 + a2X2 = 0 consiste delle rette del fascio <strong>di</strong> centro il punto (a0 : a1 : a2).<br />

Più in generale, una famiglia <strong>di</strong> rette che sono la controimmagine <strong>di</strong> una curva algebrica<br />

<strong>di</strong> P 2 (K) rispetto all’applicazione duale si <strong>di</strong>ce inviluppo <strong>di</strong> P 2 (K) ∗ . Un fascio <strong>di</strong> rette<br />

è l’esempio più semplice <strong>di</strong> inviluppo.<br />

Definizione 5.20. Un inviluppo <strong>di</strong> classe t, denotato con Γ t , è un sottoinsieme <strong>di</strong><br />

rette <strong>di</strong> P 2 (K) le cui coor<strong>di</strong>nate pluckeriane (l0 : l1 : l2) sod<strong>di</strong>sfano un equazione<br />

G(l0, l1, l2) = 0, essendo G(X0, X1, X2) un polinomio omogeneo <strong>di</strong> grado t.<br />

Naturalmente tutte le proprietà delle curve algebriche possono essere interpretate in<br />

termini <strong>di</strong> inviluppi. Ad esempio, sia Γ t un inviluppo algebrico definito dal polinomio<br />

G:<br />

• se il punto P = (a : b : c) è tale che il polinomio aX0 + bX1 + cX2 non <strong>di</strong>vide G,<br />

allora t rette <strong>di</strong> Γ t passano per P (opportunamente contate);<br />

• se il punto P = (a : b : c) è tale che il polinomio aX0 + bX1 + cX2 <strong>di</strong>vide G, allora<br />

ogni retta per P appartiene a Γ t ;<br />

• il numero massimo <strong>di</strong> fasci <strong>di</strong> rette contenute in Γ t è t.


CAPITOLO 5. CODICI MDS E ARCHI 109<br />

Si osservi inoltre che con l’espressione tangente <strong>di</strong> un inviluppo si deve intendere un<br />

fascio <strong>di</strong> rette (che incontra l’inviluppo in una sua retta non singolare con molteplicità<br />

maggiore <strong>di</strong> uno).<br />

Dualizzando il teorema <strong>di</strong> Menelaus otteniamo i seguenti risultati.<br />

Proposizione 5.21. (Teorema <strong>di</strong> Ceva) Sia T il triangolo <strong>di</strong> riferimento i cui vertici<br />

sono A0 = (1 : 0 : 0), A1 = (0 : 1 : 0), A2 = (0 : 0 : 1). Siano fissate 3t rette <strong>di</strong> P 2 (K),<br />

non necessariamente <strong>di</strong>stinte, <strong>di</strong>verse dai lati <strong>di</strong> T , <strong>di</strong> equazione<br />

X2 = k0,sX1, X0 = k1,sX2, X1 = k2,sX0.<br />

Allora con<strong>di</strong>zione necessaria e sufficiente affinché esista un inviluppo Γt contenente<br />

quelle 3t rette (e non i lati <strong>di</strong> T ) è che<br />

<br />

kr,s = 1.<br />

r=0,1,2, s=1,...,t<br />

Dimostrazione. Basta osservare che una retta <strong>di</strong> equazione X2 = k0,ıX1 ha coor<strong>di</strong>nate<br />

pluckeriane (0 : −k0,ı : 1) (e similmente per gli altri due casi). Quin<strong>di</strong>, applicando il<br />

Teorema <strong>di</strong> Menelaus, la con<strong>di</strong>zione necessaria e sufficiente è<br />

(−kr,s) = (−1) t ,<br />

ovvero<br />

(−1) 3t kr,s = (−1) t .<br />

Ma (−1) 3t = (−1) t , e quin<strong>di</strong> l’asserto è provato.<br />

La versione più generale è la seguente.<br />

Proposizione 5.22. Siano fissati n punti <strong>di</strong> P 2 (K) a 3 a 3 non allineati; si scelgano<br />

per ciascuno <strong>di</strong> tali punti t rette, non necessariamente <strong>di</strong>stinte, passanti per esso e per<br />

nessuno degli altri punti. Allora esiste un inviluppo <strong>di</strong> classe t contenente le rette scelte<br />

(e nessuna altra retta per quei punti) se e solo se per ogni terna <strong>di</strong> punti e per le 3t<br />

scelte rette passanti per essi è sod<strong>di</strong>sfatta la con<strong>di</strong>zione del teorema precedente.<br />

Si tenga presente che le uniche rette appartenenti all’inviluppo passanti per uno degli<br />

n punti dati P sono quelle scelte e passanti per P .


CAPITOLO 5. CODICI MDS E ARCHI 110<br />

Nota 5.23. Per il teorema <strong>di</strong> Bézout, se nt > t 2 esiste al più un inviluppo irriducibile<br />

contenente le nt rette fissate.<br />

Riportiamo ora una limitazione superiore al numero dei punti razionali <strong>di</strong> una curva<br />

algebrica, più debole rispetto al Teorema <strong>di</strong> Hasse-Weil ma molto semplice da<br />

<strong>di</strong>mostare.<br />

Proposizione 5.24. Sia R il numero <strong>di</strong> punti Fq-razionali <strong>di</strong> una curva algebrica piana<br />

<strong>di</strong> X or<strong>di</strong>ne m definita su Fq e priva <strong>di</strong> componenti lineari Fq-razionali. Allora<br />

R ≤ (m − 1)q + m .<br />

Dimostrazione. Sia P un punto Fq-razionale <strong>di</strong> X . Dal Teorema <strong>di</strong> Bézout segue che<br />

ogni retta per P incontra X in al più m − 1 punti <strong>di</strong>stinti da P . Pertanto,<br />

da cui l’asserto.<br />

R ≤ (q + 1)(m − 1) + 1 ,<br />

5.2.3 n-archi completi <strong>di</strong> P G(2, q) con n < q + 1<br />

Conseguenze imme<strong>di</strong>ate del Lemma delle tangenti e del Teorema <strong>di</strong> Ceva sono le due<br />

seguenti proposizioni.<br />

Proposizione 5.25. Sia q pari e sia A un n-arco <strong>di</strong> P G(2, q). Allora esiste un inviluppo<br />

Γ t <strong>di</strong> classe t = q − n + 2, non contenente nessuno dei fasci <strong>di</strong> rette <strong>di</strong> centro<br />

punti <strong>di</strong> A, tale che le nt tangenti <strong>di</strong> A sono tutte e sole le rette <strong>di</strong> Γ t passanti per punti<br />

<strong>di</strong> A.<br />

Dimostrazione. Basta applicare il teorema <strong>di</strong> Ceva nella versione più generale e tenere<br />

presente che, essendo q pari, −1 = 1.<br />

Proposizione 5.26. Sia q <strong>di</strong>spari e sia A un n-arco <strong>di</strong> P G(2, q). Allora esiste un<br />

inviluppo ∆ 2t <strong>di</strong> classe 2t = 2(q − n + 2), non contenente nessuno dei fasci <strong>di</strong> rette <strong>di</strong><br />

centro punti <strong>di</strong> A, tale che le nt tangenti <strong>di</strong> A sono tutte e sole le rette <strong>di</strong> ∆ 2t passanti<br />

per punti <strong>di</strong> A, ciascuna contata due volte.


CAPITOLO 5. CODICI MDS E ARCHI 111<br />

Dimostrazione. Contando ogni tangente <strong>di</strong> A due volte, il prodotto <strong>di</strong> tutti i coefficienti<br />

del tipo kr,s <strong>di</strong>venta (−1) 2 = 1; quin<strong>di</strong> siamo nelle con<strong>di</strong>zioni del teorema <strong>di</strong> Ceva che<br />

garantiscono l’esistenza <strong>di</strong> un inviluppo <strong>di</strong> classe 2t.<br />

Corollario 5.27. Sia q <strong>di</strong>spari. Le q + 1 tangenti a una conica irriducibile C sono le<br />

rette <strong>di</strong> un inviluppo Γ <strong>di</strong> classe 2. Inoltre le tangenti <strong>di</strong> Γ corrispondono ai fasci <strong>di</strong><br />

rette centrati nei punti <strong>di</strong> C.<br />

Dimostrazione. L’asserto segue dalla Proposizione 5.26 applicata ai (q + 1)-archi, che<br />

per q <strong>di</strong>spari sono tutte e sole le coniche irriducibili.<br />

Trovare i valori <strong>di</strong> n per cui un n-arco piano è sempre contenuto in un ovale per q<br />

<strong>di</strong>spari, o in un iperovale per q pari, è <strong>di</strong> estrema importanza per risolvere problemi<br />

relativi agli archi <strong>di</strong> spazi <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione superiore (si veda la sezione successiva). In<br />

questo contesto lo stu<strong>di</strong>o dell’inviluppo associato ad un n-arco si rivela decisivo. Per<br />

prendere confidenza con la nozione <strong>di</strong> inviluppo <strong>di</strong> un arco <strong>di</strong>mostriamo il seguente<br />

lemma, valido sia per q pari che per q <strong>di</strong>spari.<br />

Lemma 5.28. Sia Γ inviluppo <strong>di</strong> un n-arco A <strong>di</strong> P G(2, q). Se Γ ha una componente<br />

<strong>di</strong> classe 1, allora A è contenuto in un (n + 1)-arco.<br />

Dimostrazione. Sia Q il centro del fascio <strong>di</strong> rette corrispondente alla componente lineare<br />

<strong>di</strong> Γ. Si noti che essuna retta per Q è una secante dell’arco (visto che ogni secante non<br />

appartiene all’inviluppo). Pertanto A ∪ {P } è ancora un insieme <strong>di</strong> punti a tre a tre<br />

non allineati.<br />

Proposizione 5.29. Sia q pari, A un n-arco <strong>di</strong> P G(2, q) e Γt un inviluppo associato<br />

a A. Se<br />

<br />

n > q − q + 1 3<br />

+<br />

4 2<br />

allora Γ t ha una componente <strong>di</strong> classe 1.<br />

Dimostrazione. Si osservi che dalla Proposizione 5.25 segue che il numero S <strong>di</strong> rette<br />

semplici Fq-razionali <strong>di</strong> Γ t è maggiore o uguale del numero <strong>di</strong> tangenti <strong>di</strong> A, ovvero<br />

S ≥ nt = n(q − n + 2). Supponiamo ora che Γ t non contenga le rette <strong>di</strong> un fascio


CAPITOLO 5. CODICI MDS E ARCHI 112<br />

centrato in un punto <strong>di</strong> P G(2, q). Ciò equivale ad affermare che Γ t non ha componenti<br />

Fq-razionali <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne 1. Per la Proposizione 5.24 si ha allora che<br />

n(q − n + 2) = nt ≤ S ≤ (t − 1)q + t = q(q − n + 1) + q − n + 2 .<br />

Pertanto q ≤ t(t − 1), in contrad<strong>di</strong>zione con n > q −<br />

<br />

q + 1 3 + 4 2 .<br />

In realtà è possibile <strong>di</strong>mostrare, con strumenti più sofisticati, che la con<strong>di</strong>zione n ><br />

q −<br />

<br />

q + 1 3 + 4 2 può essere sostituita dalla più semplice n > q − √ q + 1.<br />

Per q <strong>di</strong>spari <strong>di</strong>mostriamo un risultato decisamente più debole. Premettiamo i seguenti<br />

tre lemmi.<br />

Lemma 5.30. Sia A un n-arco <strong>di</strong> P G(2, q), q <strong>di</strong>spari. Supponiamo che l’inviluppo Γ 2t<br />

<strong>di</strong> A abbia una componente Γ 2 <strong>di</strong> classe 2 definita su Fq. Sia C la conica le cui tangenti<br />

sono le rette <strong>di</strong> Γ 2 . Allora<br />

#(A ∩ C) ≥ 2n − q − 1; .<br />

Dimostrazione. Osserviamo innanzitutto che il fascio <strong>di</strong> rette centrato in un punto P<br />

<strong>di</strong> A incontra Γ 2 in due rette (tangenti dell’arco A). Queste due rette coincidono se e<br />

solo se il fascio per P è tangente a Γ, ovvero se e solo se P è un punto della conica C.<br />

Allora per ogni punto <strong>di</strong> A ∩ C passa una tangente <strong>di</strong> A appartenente a Γ; per ogni<br />

punto <strong>di</strong> A \ C ne passano due. Siccome Γ ha q + 1 rette razionali in tutto, si ha<br />

#(A ∩ C) + 2#(A \ C) ≤ q + 1 .<br />

Essendo #(A \ C) = n − #(A ∩ C), l’asserto segue.<br />

Lemma 5.31. Sia X una curva algebrica irriducibile <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne d definita sulla chiusura<br />

algebrica <strong>di</strong> Fq, ma non su Fq. Allora il numero <strong>di</strong> punti Fq-razionali <strong>di</strong> X è al massimo<br />

d 2 .<br />

Dimostrazione. Sia X := F = 0, dove<br />

F (X0, X1, X2) = <br />

i+j+k=d<br />

aijkX i 0X j<br />

1X k 2 .


CAPITOLO 5. CODICI MDS E ARCHI 113<br />

Sia X (1) la curva <strong>di</strong> equazione F (1) = 0, dove<br />

F (1) (X0, X1, X2) = <br />

i+j+k=d<br />

a q<br />

ijk Xi 0X j<br />

1X k 2 .<br />

Si ha che X e X (1) sono curve <strong>di</strong>stinte (dello stesso grado d), dato che X non è definita<br />

su Fq. Inoltre ogni punto P <strong>di</strong> X che sia Fq-razionale è anche punto <strong>di</strong> X (1) . Infatti,<br />

se P = (a : b : c) con a, b, c ∈ Fq, allora<br />

F (1) (a, b, c) = <br />

=<br />

i+j+k=d<br />

<br />

i+j+k=d<br />

a q<br />

ijk ai b j c k = <br />

aijka i b j c k<br />

i+j+k=d<br />

Dal Teorema <strong>di</strong> Bézout si ha allora che #X (Fq) ≤ d 2 .<br />

q<br />

a q<br />

ijk aqi b qj c qk =<br />

= (F (a, b, c)) q = 0 .<br />

Lemma 5.32. Sia X una curva algebrica definita su Fq. Il numero <strong>di</strong> componenti <strong>di</strong><br />

X <strong>di</strong> un fissato grado d non definite su Fq è 0 o strettamente maggiore <strong>di</strong> 1.<br />

Dimostrazione. Sia X := F (X0, X1, X2) = 0. Sia Y : <br />

i+j+k=d aijkX i 0X j<br />

1X k 2 = 0 una<br />

componente <strong>di</strong> X non definita su Fq. Allora<br />

<br />

<br />

F (X0, X1, X2) = H(X0, X1, X2) aijkX i 0X j<br />

1X k <br />

2 ,<br />

e quin<strong>di</strong><br />

F (X0, X1, X2) q = H(X0, X1, X2) q<br />

i+j+k=d<br />

<br />

i+j+k=d<br />

a q<br />

ijk Xi 0X j<br />

1X k 2<br />

Ma essendo X definita su Fq si ha F (X0, X1, X2) q = F (X0, X1, X2), cioè<br />

Y (1) : <br />

a q<br />

ijkXi 0X j<br />

1X k 2 = 0<br />

i+j+k=d<br />

è ancora una componente <strong>di</strong> X , <strong>di</strong>stinta da Y.<br />

Proposizione 5.33. In P G(2, q), q <strong>di</strong>spari, q ≥ 49, ogni q-arco è contenuto in una<br />

conica.<br />

<br />

.


CAPITOLO 5. CODICI MDS E ARCHI 114<br />

Dimostrazione. L’inviluppo dell’arco ∆ 2t è <strong>di</strong> classe 4 e consiste <strong>di</strong> almeno nt = 2q<br />

rette Fq-razionali. Sia ∆ 2t irriducibile. Allora per il Teorema <strong>di</strong> Hasse-Weili<br />

che è chiaramente impossibile per q ≥ 49.<br />

2q ≤ q + 1 + 6 √ q ,<br />

Supponiamo che ∆ 2t abbia solo componenti non Fq-razionali. Essendo ∆ 2t definita su<br />

Fq, per il Lemma 5.32 ciò è possibile solo se ∆ 2t consiste <strong>di</strong> due componenti non Fqrazionali<br />

<strong>di</strong> classe 2, oppure <strong>di</strong> quattro componenti non Fq-razionali <strong>di</strong> classe 1. Allora<br />

dal Lemma 5.31, il numero <strong>di</strong> rette Fq-razionali <strong>di</strong> Γ 2t sarebbe al massimo 8, ma ciò è<br />

evidentemente impossibile essendo 2q > 8.<br />

Se Γ 2t ha una componente Fq-razionale <strong>di</strong> classe 1, dal Lemma 5.28 A è contenuto in<br />

un (q + 1)-arco, ovvero una conica.<br />

Resta ora da esaminare la possibilit’à che ∆ 2t consista <strong>di</strong> due componenti Fq-razionali<br />

<strong>di</strong> classe due. Dal Lemma 5.30 in tal caso esiste una conica C avente 2q − q − 1 = q − 1<br />

punti in comune con A. Consideriamo le q − 1 rette che uniscono P agli altri punti<br />

dell’arco. Chiaramente solo due <strong>di</strong> queste possono incontrare C in un ulteriore punto.<br />

Si avrebbero così almeno q − 3 tangenti a C passanti per uno stesso punto. Ma ciò<br />

per q <strong>di</strong>spari è impossibile, dato che per il Lemma delle Tangenti tre tangenti a un<br />

(q + 1)-arco non sono mai concorrenti.<br />

Segnaliamo che il Teorema precedente può essere raffinato e combinato con risultati<br />

ottenuti al computer, in modo tale da poter eliminare l’ipotesi q ≥ 49.<br />

Esercizio 65. Si provi il seguente risultato: In P G(2, q), q <strong>di</strong>spari, q > 83, ogni<br />

(q − 1)-arco è contenuto in una conica. (Suggerimento: si segua la <strong>di</strong>mostrazione della<br />

Proposizione 5.33).<br />

In riferimento all’esercizio precedente, si noti che il problema <strong>di</strong> stabilire se esistono<br />

(q − 1)-archi non contenuti in una conica per q minore o uguale <strong>di</strong> 83 e maggiore <strong>di</strong> 29<br />

è ancora un problema aperto e <strong>di</strong> grande interesse.<br />

Per q <strong>di</strong>spari vale una proposizione analoga alla Proposizione 5.29. La riportiamo<br />

senza <strong>di</strong>mostrazione. Diremo soltanto che un ruolo decisivo è giocato dal Teorema <strong>di</strong><br />

Hasse-Weil.


CAPITOLO 5. CODICI MDS E ARCHI 115<br />

Proposizione 5.34. Sia q <strong>di</strong>spari, A un n-arco <strong>di</strong> P G(2, q) e ∆ 2t un inviluppo asso-<br />

ciato a A. Se n > q − 1√<br />

7 q + 4 4 , allora ∆2t contiene un inviluppo conico irriducibile ∆2 come componente semplice. In questo caso, la conica C associata a ∆ 2 contiene A.<br />

Si denoti con m ′ (2, q) la seconda più grande car<strong>di</strong>nalità <strong>di</strong> un arco completo <strong>di</strong> P G(2, q).<br />

Chiaramente si ha che per q <strong>di</strong>spari ogni arco <strong>di</strong> car<strong>di</strong>nalità maggiore <strong>di</strong> m ′ (2, q) è<br />

contenuto in una conica.<br />

A parte piccoli valori <strong>di</strong> q, m ′ (2, q) è stato determinato solo per q è un quadrato pari.<br />

In tal caso, m ′ (2, q) = q − √ q + 1.<br />

5.3 Co<strong>di</strong>ci MDS <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione superiore: n-archi<br />

<strong>di</strong> P G(r, q)<br />

La problematica principale in materia è trovare una limitazione superiore alla car<strong>di</strong>nalità<br />

<strong>di</strong> un n-arco <strong>di</strong> P G(r, q), con r ≥ 3. La situazione è <strong>di</strong>versa a seconda che s sia<br />

grande o piccolo rispetto a q. Esaminiamo innanzitutto il caso in cui r < q − 1.<br />

Definizione 5.35. Una curva razionale normale <strong>di</strong> P G(r, q) è un sottoinsieme <strong>di</strong> punti<br />

proiettivamente equivalente a<br />

{(1 : t : t 2 : . . . : t r ) | t ∈ Fq} ∪ {(0 : 0 : . . . : 0 : 1)}.<br />

Si può facilmente verificare che una curva razionale normale <strong>di</strong> P G(r, q) è un (q + 1)arco.<br />

Naturalmente la domanda è se possono esistere archi più gran<strong>di</strong>, oppure archi<br />

della stessa car<strong>di</strong>nalità ma <strong>di</strong>versi.<br />

Teorema 5.36 (Kaneta-Maruta). Sia s un intero tale che ogni n-arco <strong>di</strong> P G(r, q) con<br />

n ≥ s è contenuto in una curva razionale normale. Allora ogni n-arco <strong>di</strong> P G(r + 1, q)<br />

con n ≥ s + 1 è contenuto in una curva razionale normale.<br />

Schema della <strong>di</strong>mostrazione. Sia A un n-arco <strong>di</strong> P G(r + 1, q) con n ≥ s + 1. Si proietti<br />

A dai suoi punti ri ∈ A su iperpiani αi tali che ri /∈ αi. Ciascuna proiezione è un<br />

(n − 1)-arco <strong>di</strong> un P G(r, q). Essendo n − 1 ≥ s, ogni proiezione è contenuta in una<br />

curva razionale normale Ai <strong>di</strong> αi. Osserviamo che A è contenuto nell’intersezione dei


CAPITOLO 5. CODICI MDS E ARCHI 116<br />

coni <strong>di</strong> vertice ri e base Ai. L’asserto segue dal fatto che l’intersezione <strong>di</strong> tali coni è<br />

una curva razionale normale.<br />

Applicando induttivamente il teorema precedente ottiamo il seguente risultato.<br />

Proposizione 5.37. Sia s un intero tale che ogni n-arco <strong>di</strong> P G(2, q) con n ≥ s è<br />

contenuto in una curva razionale normale. Allora ogni n-arco <strong>di</strong> P G(t + 2, q) con<br />

n ≥ s + t è contenuto in una curva razionale normale.<br />

Per q <strong>di</strong>spari, nella Proposizione 5.37 si può scegliere s come m ′ (2, q)+1. Le limitazioni<br />

viste in precedenza su m ′ (2, q) hanno quin<strong>di</strong> le seguenti conseguenze.<br />

Teorema 5.38. Sia q <strong>di</strong>spari. Se r < q + 3 − m ′ (2, q), allora<br />

(a) m(r, q) = q + 1,<br />

(b) ogni (q + 1)-arco <strong>di</strong> P G(r, q) è una curva razionale normale.<br />

Per q = 9 si ha che m ′ (2, q) = 8. Pertanto q + 3 − m ′ (2, q) = 4, e quin<strong>di</strong> il teorema<br />

precedente non garantisce che ogni (q +1)-arco <strong>di</strong> P G(4, 9) sia una curva razionale normale.<br />

E infatti in P G(4, 9) esistono due (q + 1)-archi non proiettivamente equivalenti.<br />

Oltre alla curva razionale normale, si ha l’insieme<br />

{(1 : x : x 2 + σx 6 : x 3 : x 4 )} ∪ {(0 : 0 : 0 : 0 : 1)}<br />

dove σ è un qualunque non quadrato <strong>di</strong> F9.<br />

Il caso q pari è più complicato, e non è possibile ottenere risultati con la sola induzione.<br />

Ciò <strong>di</strong>pende essenzialmente dal fatto che i (q+1)-archi <strong>di</strong> P G(2, q) non sono classificati.<br />

Teorema 5.39. In P G(3, q) con q = 2h ogni (q +1)-arco è proiettivamente equivalente<br />

all’insieme<br />

{(1 : t : t 2r<br />

: t 2r +1<br />

)} ∪ {(0 : 0 : 0 : 1)}<br />

per qualche r tale che (r, h) = 1.<br />

Teorema 5.40. Ogni (q + 1)-arco <strong>di</strong> P G(4, q), q ≥ 8 pari, è una curva razionale<br />

normale.


CAPITOLO 5. CODICI MDS E ARCHI 117<br />

Il caso in cui la <strong>di</strong>mensione r è maggiore o uguale <strong>di</strong> q − 1 è molto più semplice da<br />

trattare. I punti del simplesso fondamentale S = {A0, A1, . . . , Ar, U}, dove<br />

A0 = (1 : 0 : . . . : 0), A1 = (0 : 1 : . . . : 0)<br />

.<br />

.<br />

Ar = (0 : 0 : . . . : 1), U = (1 : 1 : . . . : 1),<br />

costituiscono un (r + 2)-arco, e pertanto m(r, q) ≥ r + 2<br />

Lemma 5.41. Il simplesso fondamentale S è un arco completo se r ≥ q − 1.<br />

Dimostrazione. Sia P ∈ P G(r, q), P = (a0 : a1 : . . . : ar). Se una delle coor<strong>di</strong>nate<br />

è nulla, allora chiaramente P è <strong>di</strong>pendente con r punti <strong>di</strong> {A0, A1, . . . , Ar}. In caso<br />

contrario, essendo q − 1 < r + 1, necessariamente si ha che ai = aj per qualche i = j.<br />

Supponiamo senza restrizione che a0 = a1. Allora P appartiene all’iperpiano generato<br />

da U, A2, . . ., Ar (avente equazione X0 = X1).<br />

In realtà è impossibile che esista un arco A con più <strong>di</strong> r + 1 punti. Infatti, possiamo<br />

assumere senza restrizione che un tale A contenga i punti del simplesso fondamentale<br />

S. Ma essendo S completo, A non può contenere propriamente S.<br />

Proposizione 5.42. Se r è maggiore o uguale <strong>di</strong> q − 1, allora m(r, q) = r + 2.<br />

5.4 Un’applicazione: <strong>di</strong>visione <strong>di</strong> un segreto a tre<br />

livelli<br />

Affrontiamo in quest’ultima sezione del capitolo un problema concreto <strong>di</strong> sud<strong>di</strong>visione<br />

<strong>di</strong> un segreto a tre livelli. Il personale <strong>di</strong> una filiale <strong>di</strong> una banca consiste <strong>di</strong> un <strong>di</strong>rettore,<br />

s vice<strong>di</strong>rettori, n impiegati. Si vuole escogitare un sistema <strong>di</strong> attribuzione <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong><br />

accesso alla cassaforte della banca con le seguenti caratteristiche:<br />

• con il proprio co<strong>di</strong>ce il <strong>di</strong>rettore può aprire la cassaforte;<br />

• due vice<strong>di</strong>rettori possono aprire la cassaforte (<strong>di</strong>gitando contestualmente i propri<br />

co<strong>di</strong>ci);


CAPITOLO 5. CODICI MDS E ARCHI 118<br />

• un vice<strong>di</strong>rettore e due impiegati possono aprire la cassaforte;<br />

• tre impiegati possono aprire la cassaforte;<br />

• ogni combinazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenti non inclusa nelle precedenti abbia la stessa probabilità<br />

<strong>di</strong> aprire la cassaforte che quella che si avrebbe <strong>di</strong>gitando un co<strong>di</strong>ce<br />

casuale.<br />

La geometria proiettiva può risolvere questo problema. Si fissi q potenza <strong>di</strong> un primo,<br />

e si scelga un piano π <strong>di</strong> P G(4, q). I possibili co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> accesso siano i q 2 + q + q punti<br />

<strong>di</strong> π. Il co<strong>di</strong>ce che apre la cassaforte corrisponda ad un punto P ∈ π, noto solo al<br />

<strong>di</strong>rettore. Il piano π si supponga invece noto a tutti.<br />

Sia π1 un altro piano <strong>di</strong> P G(4, q) che incontra π solo in P , e sia ℓ una retta <strong>di</strong> π1<br />

passante per P . Sia infine A un n-arco <strong>di</strong> π1 tale che nessuna sua secante passi per P .<br />

Allora ad ogni impiegato della banca si rendano note le coor<strong>di</strong>nate <strong>di</strong> uno dei punti <strong>di</strong><br />

A, mentre ad ogni vice<strong>di</strong>rettore quelle <strong>di</strong> un punto <strong>di</strong> ℓ non appartenente a nessuna<br />

delle secanti <strong>di</strong> A. Il piano π1 e la retta ℓ devono essere mantenuti segrete. Allora,<br />

• due vice<strong>di</strong>rettori possono ricostruire equazioni della retta ℓ, e quin<strong>di</strong> calcolando<br />

l’intersezione con π possono risalire alla chiave P ;<br />

• tre impiegati, conoscendo le coor<strong>di</strong>nate <strong>di</strong> tre punti non allineati <strong>di</strong> π1, possono<br />

ricostruire equazioni del piano π1, e quin<strong>di</strong> calcolando l’intersezione con π possono<br />

risalire alla chiave P ;<br />

• due impiegati e un vice<strong>di</strong>rettore, dato che per costruzione nessuna delle secanti<br />

<strong>di</strong> A passa per un punto associato ad un vice<strong>di</strong>rettore, conoscono tre punti non<br />

allineati <strong>di</strong> π1. Pertanto possono ricostruire equazioni del piano π1, e quin<strong>di</strong><br />

calcolando l’intersezione con π possono risalire alla chiave P ;<br />

• ogni combinazione non contenuta nelle precedenti non può ricavare nessuna<br />

informazione sulla chiave P .<br />

Notiamo che fissato il numero <strong>di</strong> impiegati n, il numero <strong>di</strong> vice<strong>di</strong>rettori è vincolato<br />

dalla con<strong>di</strong>zione che nessuna delle secanti <strong>di</strong> A passa per un punto associato ad un<br />

vice<strong>di</strong>rettore. Tale vincolo è chiaramente più debole se l’arco A è focalizzato (o megli


CAPITOLO 5. CODICI MDS E ARCHI 119<br />

ancora iperfocalizzato) sulla retta ℓ. Questa osservazione ha negli ultimi anni restituito<br />

un certo interesse agli archi focalizzati e iperfocalizzati.


Capitolo 6<br />

Curve Algebriche in Crittografia:<br />

Curve Ellittiche<br />

Internet, e-commerce, smartcards e pay-tv. Sono questi i termini oggi piú usati nel<br />

mondo dell’economia, delle finanze e delle comunicazioni; l’uso <strong>di</strong> cellulari, carte <strong>di</strong><br />

cre<strong>di</strong>to, schede prepagate é <strong>di</strong>ventato, ormai, abitu<strong>di</strong>ne quoti<strong>di</strong>ana. Nasce, quin<strong>di</strong>, l’esigenza<br />

<strong>di</strong> creare sistemi crittografici con cui velocizzare al massimo la trasmissione<br />

delle informazioni, garantendo, al tempo stesso, elevati livelli <strong>di</strong> sicurezza. Come mostrano<br />

i vari crittosistemi a chiave pubblica che sono stati proposti sino ad oggi, essa<br />

<strong>di</strong>pende fortemente dalla <strong>di</strong>fficoltá del problema matematico su cui si basano i sistemi<br />

stessi. Attualmente, solo la fattorizzazione <strong>di</strong> interi in numeri primi e il problema del<br />

loga-ritmo <strong>di</strong>screto sulle curve ellittiche sono classificati come Hard Problem, cioé problemi<br />

computazionalmente intrattabili, irrisolvibili. La prima proposta <strong>di</strong> applicazione<br />

<strong>di</strong> curve ellittiche nei sistemi crittografici avvenne nel 1985, in maniera in<strong>di</strong>pendente,<br />

da parte <strong>di</strong> Victor Miller (IBM) e Neil Koblitz (University of Washington) ma ben<br />

presto la potenza dell’ECC, Elliptic Curves Criptosystem, ha raggiunto, e in taluni<br />

casi anche superato, quella del crittosistema a chiave pubblica per eccellenza, l’RSA.<br />

L’efficienza, infatti, dei crittosistemi basati su curve ellittiche puó rilevarsi in piú mo<strong>di</strong><br />

:<br />

• Efficienza <strong>di</strong> memorizzazione<br />

• Riduzione del massimo numero <strong>di</strong> dati trasferibili in rete<br />

120


CAPITOLO 6. CURVE ELLITTICHE 121<br />

• Efficienza computazionale<br />

Questi fattori portano, rispettivamente, alta velocitá, basso consumo e riduzione della<br />

lunghezza delle chiavi; perció un’implementazione <strong>di</strong> ECC é particolarmente adatta in<br />

applicazioni, quali smartcards, che richiedono tali caratteristiche. Esse, infatti, hanno<br />

obblighi estremamente rigi<strong>di</strong> per ció che riguarda potenza <strong>di</strong> processamento, parametri<br />

<strong>di</strong> memorizzazione e spazio <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ce, cioé lunghezza delle chiavi; le smartcards vengono<br />

usate principalmente per firme e decifrazioni, operazioni in cui l’ECC é superiore in<br />

efficienza e sicurezza all’RSA. Tutto ció é dovuto, in particolare, alla complessitá della<br />

struttura matematica su cui viene costruito l’ECC stesso: le curve ellittiche.<br />

6.1 Segreti e Gruppi<br />

In questa sezione forniremo una descrizione <strong>di</strong> un semplicissimo schema <strong>di</strong> crittografia<br />

a chiave pubblica basato su un qualsiasi gruppo abeliano.<br />

Ricor<strong>di</strong>amo che in un sistema <strong>di</strong> crittografia a chiave pubblica ogni utente A è dotato <strong>di</strong><br />

due chiavi: una chiave pubblica, nota a tutti, che denoteremo P ubA; una chiave privata,<br />

nota solo all’utente che denoteremo P rivA. La chiave pubblica serve per chiudere a<br />

chiave il contenitore del messaggio destinato ad A; per questo viene usata da ogni altro<br />

utente che deve comunicare informazioni ad A, e deve pertanto essere nota a tutti. La<br />

chiave privata serve ad aprire quel contenitore, e quin<strong>di</strong> è in<strong>di</strong>spensabile che sia nota<br />

solo ad A.<br />

6.1.1 Uno schema per garantire la segretezza del messaggio<br />

Sia G un gruppo e sia g ∈ G un elemento <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne N, dove N è un numero primo<br />

(molto grande).<br />

Ogni utente A sceglie come chiave privata un elemento a non nullo del campo ZN;<br />

inoltre calcola anche l’inverso a −1 <strong>di</strong> a in ZN, tenendolo ovviamente segreto. La chiave<br />

pubblica sarà l’elemento g a .<br />

Già a questo punto è evidente la prima proprietà che il gruppo G deve avere:


CAPITOLO 6. CURVE ELLITTICHE 122<br />

(I) nel gruppo G l’equazione in x<br />

h = g x<br />

deve essere computazionalmente impossibile da risolvere in tempi ragionevoli.<br />

(6.1)<br />

Se tale ipotesi non fosse sod<strong>di</strong>sfatta, è ovvio che un intruso potrebbe risalire in tempi<br />

ragionevoli alla chiave privata <strong>di</strong> A conoscendo la sua chiave pubblica. Il problema <strong>di</strong><br />

risolvere l’equazione (6.1) si chiama il Problema del Logaritmo Discreto in G.<br />

Torniamo al nostro schema. Supponiamo che A voglia inviare a B un messaggio m.<br />

Supporremo che m sia co<strong>di</strong>ficato come elemento del gruppo G. Allora ciò che A invierà<br />

a B sarà<br />

E = m(g b ) a = mg ab<br />

(naturalmente b e g b in<strong>di</strong>cano rispettivamente la chiave privata e la chiave pubblica <strong>di</strong><br />

B). Si noti che per calcolare E ad A servono solo la chiave pubblica <strong>di</strong> B e la propria<br />

chiave privata (oltre ovviamente al messaggio m).<br />

Grazie all’ipotesi (I), per un intruso non è possibile risalire a m. Come può invece farlo<br />

B? L’utente B compirà le seguenti operazioni:<br />

• calcola Eb−1, ottenendo così E ′ = mb−1 bb−1 = sN + 1, da cui (mgab ) b−1<br />

ha (ga ) sN+1 = (ga ) sNg a = ga ) ;<br />

= m b−1<br />

• calcola E ′ /ga , ottenendo così E ′′ = mb−1; • calcola (E ′′ ) b , ottenendo così finalmente m.<br />

ga (si noti che bb−1 ≡ 1 (mod N) implica<br />

(ga ) sN+1 , ma essendo N l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> g si<br />

Ora è evidente che per essere efficace tale sistema c’è bisogno che le operazioni <strong>di</strong><br />

elevamento a potenza, da effettuare sia nella fase <strong>di</strong> chiusura che in quella <strong>di</strong> apertura<br />

del messaggio, si possano effettuare in tempi ragionevoli. Pertanto, sarà necessario che<br />

(II) nel gruppo G l’elevamento a potenza deve essere calcolabile in tempi rapi<strong>di</strong>.<br />

Le esigenze (I) e (II) sembrano in contrasto fra loro. In termini molto semplici, deve<br />

essere trovato un compromesso: un gruppo G complicato, ma non troppo. Vedremo<br />

che i gruppi associati a curve ellittiche si prestano a questo compromesso.


CAPITOLO 6. CURVE ELLITTICHE 123<br />

6.1.2 Logaritmo <strong>di</strong>screto in gruppi qualsiasi<br />

Contiamo (in verità in maniera molto grossolana) il numero <strong>di</strong> operazioni <strong>di</strong> gruppo<br />

che sono necessarie per risolvere il problema del logaritmo <strong>di</strong>screto in un gruppo ciclico<br />

〈g〉 ⊆ G, con G gruppo generico. Esprimeremo tale numero in funzione <strong>di</strong> n = log 2(N),<br />

dove N in<strong>di</strong>ca l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> g (n rappresenta il numero <strong>di</strong> bits necessari per memorizzare<br />

l’intero N).<br />

Algoritmo Banale<br />

L’algoritmo più semplice per risolvere l’equazione (6.1) è quello <strong>di</strong> calcolare gli elementi<br />

g, g 2 , g 3 , . . . , g s , . . .<br />

finche non si trova i tale che g i = h. Naturalmente se siamo sfortunati possiamo dover<br />

fare N elevamenti a potenza, ovvero un numero <strong>di</strong> operazioni <strong>di</strong> gruppo dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />

grandezza <strong>di</strong><br />

2 n<br />

Algoritmo Baby Step/Giant Step (BSGS)<br />

Tale algoritmo è basato su un’idea molto semplice; non<strong>di</strong>meno consente un risparmio<br />

notevole in termini <strong>di</strong> numero <strong>di</strong> operazioni rispetto all’algoritmo banale. Osserviamo<br />

che se applichiamo l’algoritmo <strong>di</strong> <strong>di</strong>visione euclidea ad un elemento x in {1, . . . , N} e<br />

a ⌈ √ N⌉ otteniamo come risultato due interi s e t tali che<br />

x = s⌈ √ N⌉ + t, 0 ≤ t ≤ ⌈ √ N⌉ − 1 ;<br />

inoltre essendo x ≤ N si ha anche s ≤ ⌈ √ N⌉. Pertanto cercare x nell’equazione 6.1,<br />

equivale a cercare s ∈ {0, 1, . . . , ⌈ √ N⌉} e t ∈ {0, 1, . . . , ⌈ √ N⌉−1} tali che h = g s⌈√ N⌉+t ,<br />

ovvero<br />

hg −t = g s⌈√ N⌉ .<br />

Calcoliamo quin<strong>di</strong> la sequenza<br />

h, hg −1 , hg −2 , . . . , hg −⌈√ N⌉+1 ;


CAPITOLO 6. CURVE ELLITTICHE 124<br />

Poi calcoliamo le potenze<br />

g ⌈√ N⌉ , g 2⌈ √ N⌉ , . . . ,<br />

fino ad arrivare ad un elemento già presente nella prima lista. Quando ci sarà una tale<br />

coincidenza avremo trovato s e t. Il numero <strong>di</strong> operazioni compiute è dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />

grandezza <strong>di</strong> 2⌈ √ N⌉, ovvero<br />

2 n<br />

2<br />

Di fatto, se del gruppo G non si conoscono altre informazioni, l’algoritmo BSGS, opportunamente<br />

perfezionato, è l’algoritmo più veloce per la soluzione del problema del<br />

logaritmo <strong>di</strong>screto.<br />

6.1.3 Gruppi noti<br />

Il gruppo ad<strong>di</strong>tivo <strong>di</strong> un campo finito Zp<br />

Il gruppo ad<strong>di</strong>tivo <strong>di</strong> un campo finito Zp è senz’altro inadatto ad un utilizzo crittografico.<br />

In questo gruppo infatti g x è in realtà xg. Pertanto l’equazione (6.1) ha soluzione<br />

imme<strong>di</strong>ata x = h/g.<br />

Il gruppo moltiplicativo <strong>di</strong> un campo finito Zp<br />

In questo caso il logaritmo <strong>di</strong>screto non è certo banale. Tuttavia esistono algoritmi<br />

molto più veloci del BSGS. Precisamente, algoritmi per cui il numero <strong>di</strong> operazioni<br />

necessarie è dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> grandezza <strong>di</strong><br />

e cn 1 3 (log n) 2 3 ,<br />

dove c è una costante in<strong>di</strong>pendente da n. Il numero è considerevolmente inferiore a 2 n<br />

2 .<br />

Il gruppo <strong>di</strong> Picard <strong>di</strong> una curva algebrica<br />

Ricor<strong>di</strong>amo che il gruppo <strong>di</strong> Picard P ic 0 (X ) <strong>di</strong> una curva algebrica X si definisce<br />

come il gruppo quoziente del gruppo dei <strong>di</strong>visori <strong>di</strong> grado zero rispetto al sottogruppo<br />

dei <strong>di</strong>visori principali. Per una curva generica X certamente non esistono algoritmi


CAPITOLO 6. CURVE ELLITTICHE 125<br />

migliori del BSGS, quin<strong>di</strong> tale gruppo sod<strong>di</strong>sfa senz’altro l’esigenza (I). Affinchè anche<br />

la velocità dell’elevamento a potenza sia garantita, occorre però che la curva X sia una<br />

curva abbastanza semplice; più precisamente sia una curva <strong>di</strong> genere 1. Una curva <strong>di</strong><br />

genere 1 si <strong>di</strong>ce anche curva ellittica.<br />

Un confronto<br />

Se si confronta il tempo (inteso come numero <strong>di</strong> operazioni) necessario per risolvere il<br />

problema del logaritmo <strong>di</strong>screto nel gruppo <strong>di</strong> Picard <strong>di</strong> una curva ellittica con quello<br />

relativo al gruppo moltiplicativo <strong>di</strong> un campo finito, i risultati sono impressionanti.<br />

Infatti si impiega (più o meno) lo stesso tempo per risolvere il logaritmo <strong>di</strong>screto in<br />

un gruppo moltiplicativo <strong>di</strong> un campo finito <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne p ∼ 2 1024 , che per risolverlo in<br />

un sottogruppo del gruppo <strong>di</strong> Picard <strong>di</strong> una curva ellittica <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne q ∼ 2 173 (stesso<br />

<strong>di</strong>scorso per p ∼ 2 4096 , q ∼ 2 313 ). Tutto ciò motiva quanto asserito nell’introduzione a<br />

questo capitolo.<br />

6.2 Curve Ellittiche<br />

Una curva ellittica X è una curva algebrica <strong>di</strong> genere g = 1. Ogni curva ellittica si può<br />

assumere sia una curva piana non singolare <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne tre passante per (0 : 0 : 1) (ciò è<br />

ovvio se si considerano solo curve non singolari, non lo è invece se si considerano curve<br />

singolari e curve <strong>di</strong> spazi <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione più grande <strong>di</strong> due).<br />

Una proprietà fondamentale delle curve ellittiche è che il gruppo <strong>di</strong> Picard <strong>di</strong> una curva<br />

ellittica X può essere descritto in termini del supporto <strong>di</strong> X .<br />

Teorema 6.1. Sia X una curva ellittica e sia P0 un punto <strong>di</strong> X . Allora l’applicazione<br />

Φ : X → P ic 0 (X ), P ↦→ (P − P0) + P, è biiettiva. Pertanto X ere<strong>di</strong>ta da P ic 0 (X ) la<br />

struttura <strong>di</strong> gruppo abeliano.<br />

Dimostrazione. Proviamo l’iniettività <strong>di</strong> Φ. Siano P, Q ∈ X , con P = Q, e si assuma<br />

Φ(P ) = Φ(Q), ovvero (P − P0) − (Q − P0) ∈ P. Pertanto esiste α ∈ K(X ) tale che<br />

(α) = (P − P0) − (Q − P0) = P − Q. Ma ciò è impossibile, dato che dal Teorema <strong>di</strong><br />

Riemann-Roch lo spazio L(Q) consiste solo delle funzioni costanti.


CAPITOLO 6. CURVE ELLITTICHE 126<br />

Dimostriamo ora la suriettività. Sia D + P ∈ P ic 0 (X ). Dal Corollario 3.53 la <strong>di</strong>mensione<br />

<strong>di</strong> (L(D + P0)) è uguale a 1, quin<strong>di</strong> esiste α ∈ K(X ) con (α) ≥ −D − P0. Inoltre<br />

possiamo assumere che (α) = −D, perché in caso contrario D + P = P = Φ(P0).<br />

Scriviamo D = D1 − D2 con Di ≥ 0, i = 1, 2, supp(D1) ∩ supp(D2) = ∅. Si noti che<br />

deg(D1) = deg(D2) essendo D ∈ Div 0 (X ). Sia s il numero <strong>di</strong> zeri (e <strong>di</strong> poli) <strong>di</strong> α. Si<br />

ha quin<strong>di</strong><br />

(α) = (α)0 − (α)∞ ≥ D2 − (D1 + P0) ,<br />

e pertanto<br />

(α)0 ≥ D2, (α)∞ ≤ D1 + P0 .<br />

Essendo (α)0 ≥ D2 si ha s ≥ deg(D2). D’altronde (α)∞ ≤ D1 + P0 implica s ≤<br />

deg(D1)+1 = deg(D2)+1. Se s = deg(D2), allora (α) = D2−(D1−P )−P0 per qualche<br />

P ∈ supp(D1) e quin<strong>di</strong> D−(P −P0) è principale. Pertanto D+P = (P −P0)+P = Φ(P ).<br />

Altrimenti, s = deg(D2) + 1 e (α) = D2 + Q − D1 − P0 per qualche Q in X . Di nuovo<br />

D − (Q − P0) è principale e D + P = Φ(Q).<br />

In tutto il capitolo supporremo che una curva ellittica X sia definita su un campo finito<br />

Fq. Si noti che se la caratteristica p del campo base Fq è <strong>di</strong>versa da 2 e da 3, si può<br />

assumere che un’equazine affine <strong>di</strong> X sia Y 2 = X 3 + AX + B con A, B ∈ Fq (si veda<br />

[3]).<br />

Supponendo che X passi per il punto O = (0 : 0 : 1), e ponendo P0 = O nel Teorema 6.1,<br />

si definisce una struttura <strong>di</strong> gruppo abeliano sui punti <strong>di</strong> X . Descriviamo l’operazione<br />

<strong>di</strong> gruppo in termini geometrici. Siano P e Q due punti <strong>di</strong> X , e sia ℓ : L = 0 la retta per<br />

P e Q se P = Q, la retta tangente a X in P in caso contrario. Chiamiamo T il terzo<br />

punto dell’intersezione ℓ ∩ X , e sia ℓ ′ : L ′ = 0 la retta per T e (0 : 0 : 1). Sia infine S il<br />

terzo punto nell’intersezione ℓ ′ ∩X . Si noti che (P +Q−2O)−(S −O) = P +Q−S −O<br />

è il <strong>di</strong>visore principale (α), dove α = L<br />

. Questo vuol <strong>di</strong>re che (P + Q − 2O) − (S − O)<br />

L ′<br />

appartiene a P, ovvero che nel gruppo <strong>di</strong> Picard <strong>di</strong> X si ha<br />

((P − O) + P) + ((Q − O) + P) = (S − O) + P .<br />

Nella struttura <strong>di</strong> gruppo ere<strong>di</strong>tata dal supporto <strong>di</strong> X si ha allora che la somma <strong>di</strong> P<br />

e Q è proprio S.<br />

D’ora in poi assumiamo che X abbia equazione<br />

X 2 2X0 + a1X1X2X0 + a3X2X 2 0 = X 3 1 + a2X 2 1X0 + a4X1X 2 0 + a6X 3 0 ,


CAPITOLO 6. CURVE ELLITTICHE 127<br />

ai ∈ Fq per i = 1, . . . , 6, e che una struttura <strong>di</strong> gruppo sia fissata su X ponendo<br />

P0 = O = (0 : 0 : 1) (si può <strong>di</strong>mostrare che la forma scelta per l’equazione <strong>di</strong> X non<br />

costituisce una restrizione). Inoltre poniamo x = X1<br />

, y = X2<br />

, per cui<br />

X0<br />

y 2 + a1xy + a3y = x 3 + a2x 2 + a4x + a6 . (6.2)<br />

Nel corso del capitolo denoteremo la somma in X con il simbolo ⊕. Per P e Q in X<br />

si noti quin<strong>di</strong> la <strong>di</strong>fferenza fra P ⊕ Q, che è un punto della curva, e P + Q che è un<br />

<strong>di</strong>visore.<br />

Esercizio 66. Si provi che l’opposto <strong>di</strong> un punto P è il terzo punto <strong>di</strong> X appartenente<br />

alla retta passante per P e per O.<br />

Esercizio 67. Si provi che tre punti P, Q, R <strong>di</strong> X sono allineati se e solo se<br />

P ⊕ Q ⊕ R = O .<br />

La somma <strong>di</strong> due punti <strong>di</strong> X si può descrivere anche in modo algebrico. Dati due<br />

punti affini P = (xP , yP ) e Q = (xQ, yQ), cerchiamo innanzitutto le coor<strong>di</strong>nate affini<br />

del punto T = (xT , yT ). Occorrerà risolvere il sistema che descrive l’intersezione fra X<br />

e la retta per P e Q, ovvero<br />

y 2 + a1xy + a3y − (x 3 + a2x 2 + a4x + a6)<br />

y − yP = yQ−yP<br />

xQ−xP (x − xP )<br />

Dopo aver operato l’eliminazione <strong>di</strong> y, la prima equazione resta un polinomio h(x) <strong>di</strong><br />

terzo grado uguagliato a zero; si noti che h ha come ra<strong>di</strong>ci xP , xQ, xT . Pertanto<br />

h(x)<br />

(x − xP )(x − xQ)<br />

è ancora un polinomio, <strong>di</strong> primo grado. Sia tale polinomio ux + v. Si noti che:<br />

• u e v <strong>di</strong>pendono da xP , yP , xQ, yQ in modo razionale (ovvero come rapporto <strong>di</strong><br />

polinomi);<br />

• xT = − v<br />

u ;<br />

X0


CAPITOLO 6. CURVE ELLITTICHE 128<br />

• yT = yP + yQ−yP<br />

xQ−xP (x − xP );<br />

• la prima coor<strong>di</strong>nata affine della somma P ⊕ Q coincide con la prima coor<strong>di</strong>nata<br />

<strong>di</strong> T essendo P ⊕ Q e T allineati con O = (0 : 0 : 1);<br />

• la seconda coor<strong>di</strong>nata affine della somma P ⊕ Q si calcola sostituendo x = xT<br />

nell’equazione <strong>di</strong> X ; resta un polinomio in y <strong>di</strong> secondo grado; lo si <strong>di</strong>vide per<br />

y − yT e ciò che resta è un polinomio <strong>di</strong> primo grado che ha come ra<strong>di</strong>ce proprio<br />

la seconda coor<strong>di</strong>nata della somma P ⊕ Q.<br />

Come conseguenza <strong>di</strong> questo algoritmo <strong>di</strong> calcolo, si ha che le coor<strong>di</strong>nate della somma<br />

<strong>di</strong>pensono in modo razionale dalle coor<strong>di</strong>nate degli adden<strong>di</strong>. In altri termini,<br />

esistono polinomi g1, g2, g3, g4 tali che per due punti qualsiasi P1 = (1 : x1 :<br />

y1), P2 = (1 : x2 : y2) ∈ X la somma P1 ⊕ P2 <br />

è il punto le cui coor<strong>di</strong>nate sono<br />

1 : g1(x1, y1, x2, y2)<br />

g2(x1, y1, x2, y2) : g3(x1,<br />

<br />

y1, x2, y2)<br />

. Come caso particolare si ha la seguente<br />

g4(x1, y1, x2, y2)<br />

importante proposizione.<br />

Proposizione 6.2. L’applicazione <strong>di</strong> X in sé definita da<br />

[2] : P ↦→ P ⊕ P<br />

si esprime come coppia <strong>di</strong> rapporti <strong>di</strong> polinomi nelle coor<strong>di</strong>nate <strong>di</strong> P<br />

Dimostrazione. Mantenendo le notazioni precedenti la proposizione, si ha che le<br />

coor<strong>di</strong>nate <strong>di</strong> P ⊕ P sono<br />

<br />

1 : g1(x1, y1, x1, y1)<br />

g2(x1, y1, x1, y1) : g3(x1,<br />

<br />

y1, x1, y1)<br />

.<br />

g3(x1, y1, x1, y1)<br />

Cioè definendo i polinomi hi(x, y) = gi(x, y, x, y) si ha che le coor<strong>di</strong>nate <strong>di</strong> P ⊕ P sono<br />

<br />

1 : h1(x1, y1)<br />

h2(x1, y1) : h3(x1,<br />

<br />

y1)<br />

.<br />

h4(x1, y1)<br />

Naturalmente la Proposizione precedente si generalizza per induzione ad ogni<br />

applicazione<br />

[m] : X → X , P ↦→ P ⊕ P ⊕ . . . ⊕ P<br />

<br />

m volte


CAPITOLO 6. CURVE ELLITTICHE 129<br />

Esercizio 68. Sia X definita sul campo finito Fq. Si provi che X (Fq) è sottogruppo.<br />

(Suggerimento: si <strong>di</strong>mostri preventivamente che se due punti P e Q sono Fq-razionali,<br />

allora anche il terzo punto <strong>di</strong> X sulla retta per P e Q deve esserlo).<br />

Esercizio 69. Si supponga che X (Fq) sia pari. Sia H il sottogruppo <strong>di</strong> X (Fq) <strong>di</strong> in<strong>di</strong>ce<br />

2. Si <strong>di</strong>mostri che i punti del laterale <strong>di</strong> H sono i punti <strong>di</strong> un k-arco. (Suggerimento:<br />

si tenga conto dell’Esercizio 67).<br />

6.2.1 Isogenie<br />

Definizione 6.3. Una isogenia <strong>di</strong> X è un morfismo ϕ : X → X tale che ϕ(O) = O.<br />

L’insieme <strong>di</strong> tutte le isogenie <strong>di</strong> X si denota End(X ).<br />

Esempio 6.4. Si consideri la curva ellittica X : Y 2 −X 3 +X = 0 definita su un campo<br />

K <strong>di</strong> caratteristica <strong>di</strong>versa da 2. Sia i una ra<strong>di</strong>ce primitiva quarta dell’unità in K. Il<br />

morfismo definito da (1 : −x : iy) è un’isogenia.<br />

Teorema 6.5. Ogni ϕ ∈ End(X ) è omomorfismo <strong>di</strong> gruppi.<br />

Dimostrazione. Dimostreremo l’asserto solo nel caso in cui ϕ sia un isomorfismo (la<br />

<strong>di</strong>mostrazione del caso generale richiede concetti <strong>di</strong> geometria algebrica che non sono<br />

stati sviluppati nel corso).<br />

Occorre provare che ϕ(P ⊕ R) = ϕ(P ) ⊕ ϕ(R). Ricor<strong>di</strong>amo che<br />

• la somma P ⊕ R è l’unico punto <strong>di</strong> X tale che il <strong>di</strong>visore (P ⊕ R) + O − P − R è<br />

principale.<br />

Sia dunque α ∈ K(X ) tale che<br />

(α) = (P ⊕ R) + O − P − R,<br />

ovvero tale che gli zeri <strong>di</strong> α sono O e (P ⊕ R), mentre i suoi poli sono P e R. Dato che<br />

ϕ è isomorfismo, ha senso considerare il pull-back <strong>di</strong> α rispetto a ϕ −1 , cioè la funzione<br />

α ◦ ϕ −1 . Chiaramente gli zeri <strong>di</strong> α ◦ ϕ −1 sono allora ϕ(O) e ϕ(P ⊕ R), mentre i poli<br />

sono ϕ(P ) e ϕ(R). Essendo ϕ(O) = O, si ha allora<br />

(α ◦ ϕ −1 ) = ϕ(P ⊕ R) + O − ϕ(P ) − ϕ(R) ,


CAPITOLO 6. CURVE ELLITTICHE 130<br />

cioè ϕ(P ⊕ R) + O − ϕ(P ) − ϕ(R) è principale. Ma questo implica che ϕ(P ⊕ R) è<br />

proprio la sommma <strong>di</strong> ϕ(P ) e ϕ(R).<br />

Dalla Proposizione 6.2 segue che per ogni intero m l’applicazione<br />

è una isogenia <strong>di</strong> X .<br />

[m] : X → X , P ↦→ P ⊕ P ⊕ . . . ⊕ P<br />

<br />

m volte<br />

Teorema 6.6. Per ogni m ∈ Z, m = 0, l’isogenia [m] è non costante.<br />

Dimostrazione. Si veda [3].<br />

In End(X ) si definisca la somma puntuale nel modo usuale: per ogni ϕ, ψ ∈ End(X )<br />

si ponga<br />

(ϕ ⊕ ψ)(P ) = ϕ(P ) ⊕ ψ(P ).<br />

Si lascia per esercizio la verifica che ϕ ⊕ ψ ∈ End(X ).<br />

Proposizione 6.7. L’insieme End(X ), rispetto alla somma puntuale e alla<br />

composizione <strong>di</strong> applicazioni, è un anello contenente Z e privo <strong>di</strong> zero <strong>di</strong>visori.<br />

Dimostrazione. La verifica che End(X ) è un anello è imme<strong>di</strong>ata. Per <strong>di</strong>mostrare la<br />

non esistenza <strong>di</strong> zero <strong>di</strong>visori consideriamo che per il Teorema 3.71 ϕ ◦ ψ = 0 implica<br />

che o ϕ o ψ è costante, ovvero ϕ = 0 o ψ = 0. Infine, l’applicazione Z → End(E),<br />

m ↦→ [m] è un omomorfismo <strong>di</strong> anelli dato che [m + n] = [m] ⊕ [n] e [mn] = [m] ◦ [n].<br />

Dal Teorema 6.6 questa applicazione è anche iniettiva.<br />

D’ora in avanti per ϕ, ψ ∈ End(X ) scriveremo ϕψ invece <strong>di</strong> ϕ ◦ ψ, e ϕ + ψ in luogo <strong>di</strong><br />

ϕ ⊕ ψ.<br />

Proposizione 6.8. Se ϕ ∈ End(X ) è separabile <strong>di</strong> grado d, allora per ogni Q ∈ X la<br />

car<strong>di</strong>nalità dell’insieme ϕ −1 (Q) è uguale a d.<br />

Dimostrazione. La car<strong>di</strong>nalità <strong>di</strong> ϕ −1 (Q) è costante dato che ϕ è un omomorfismo <strong>di</strong><br />

gruppi. Allora l’asserto segue dal Teorema 3.82.


CAPITOLO 6. CURVE ELLITTICHE 131<br />

Esempio 6.9. Sia p > 3, e sia X : F (X, Y ) = Y 2 − (X 3 + AX + B) = 0. Calcoliamo<br />

la car<strong>di</strong>nalità dell’insieme delle controimmagini <strong>di</strong> un punto P rispetto all’isogenia [2].<br />

Tale car<strong>di</strong>nalità è costante e coincide con quella <strong>di</strong> Ker([2]), il nucleo <strong>di</strong> [2]. Si ha<br />

Ker([2]) = {P ∈ X | P ⊕ P = O} .<br />

Dalla rappresentazione geometrica dell’operazione <strong>di</strong> somma segue che P ⊕ P = O se<br />

e solo se P è punto <strong>di</strong> molteplicità due nell’intersezione <strong>di</strong> X con la retta per P e O.<br />

In altri termini, se la tangente a X in P è verticale. Sia P = (a, b); la tangente in P a<br />

X è allora la retta <strong>di</strong> equazione<br />

FX(P )(X − a) + FY (P )(Y − b) = −(3a 2 + A)(X − a) + (2b)(Y − b) = 0 ,<br />

che è verticale se e solo se b = 0. I punti <strong>di</strong> Ker([2]) sono allora l’elemento neutro O,<br />

e i tre punti <strong>di</strong> X appartenenti all’asse Y = 0. Vedremo che non è un caso che<br />

#Ker([2]) = 4 .<br />

Definizione 6.10. La mappa razionale Φ : X → P 2 ( ¯ Fq), Φ = [1, x q , y q ] si <strong>di</strong>ce la<br />

mappa <strong>di</strong> Frobenius <strong>di</strong> X .<br />

Proposizione 6.11. La mappa <strong>di</strong> Frobenius Φ è una isogenia non separabile <strong>di</strong> X <strong>di</strong><br />

grado q.<br />

Dimostrazione. Dato che X è definita su Fq, P ∈ X implica Φ(P ) ∈ X . Pertanto Φ<br />

è un morfismo <strong>di</strong> X in X . Sia t un parametro locale <strong>di</strong> X in O, e si scriva Φ = (1 :<br />

x q : y q ) = (t 3q : t 3q x q : t 3q y q ). Chiaramente ordO(t 3q x q ) = q e ordO(t 3q y q ) = 0. Allora<br />

Φ(O) = (0 : 0 : 1) = O, ovvero Φ ∈ End(X ).<br />

Per il Lemma 3.84, Φ è non separabile <strong>di</strong> grado maggiore o uguale <strong>di</strong> q. Resta da<br />

provare che vale l’uguaglianza.<br />

Ricor<strong>di</strong>amo che nella <strong>di</strong>mostrazione del Lemma 3.84 è già stato provato che per ogni<br />

parametro locale t, il grado dell’estensione ¯ Fq(x q , y q )(t) : ¯ Fq(x q , y q ) è esattamente q.<br />

Osserviamo che i punti affini <strong>di</strong> X con tangente verticale sono i punti le cui coor<strong>di</strong>nate<br />

cartesiane annullano il polinomio<br />

∂(Y 2 + a1XY + a3Y − X 3 − a2X 2 − a4X − a6)<br />

∂Y<br />

= 2Y + a1X + a2.


CAPITOLO 6. CURVE ELLITTICHE 132<br />

Supponiamo che il polinomio 2Y + a1X + a3 non sia identicamente nullo. Allora<br />

chiaramente il numero <strong>di</strong> i punti affini <strong>di</strong> X con tangente verticale è finito. Ciò implica<br />

che esiste una costante a per cui x − a è parametro locale in qualche punto <strong>di</strong> X , e<br />

quin<strong>di</strong> il grado dell’estensione<br />

¯Fq(x q , y q )(x − a) : ¯ Fq(x q , y q )<br />

è pari a q. È <strong>di</strong> imme<strong>di</strong>ata verifica che ¯ Fq(x q , y q )(x − a) = ¯ Fq(x q , y q )(x). Occorre<br />

quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare che ¯ Fq(x q , y q )(x) coincide con ¯ Fq(x, y), ovvero che y ∈ ¯ Fq(x q , y q )(x).<br />

Sia my il polinomio minimo <strong>di</strong> y su ¯ Fq(x q , y q )(x). Dato che ¯ Fq(x q , y q ) è contenuto<br />

in ¯ Fq(x q , y q )(x), il polinomio my <strong>di</strong>vide il polinomio minimo <strong>di</strong> y sopra ¯ Fq(x q , y q ), e<br />

pertanto my <strong>di</strong>vide f(T ) = T q − y q . Per lo stesso motivo my <strong>di</strong>vide il polinomio<br />

minimo <strong>di</strong> y su ¯ Fq(x), che è g(T ) = T 2 + (a1x + a3)T − (x 3 + a2x 2 + a4x + a6)<br />

da (6.2). Essendo X non singolare, g(T ) ha due ra<strong>di</strong>ci <strong>di</strong>stinte, ovvero y e y +<br />

(a1x + a3) 2 + 4(x 3 + a2x 2 + a4x + a6) per q <strong>di</strong>spari, y e y + a1x + a 3 per q pari.<br />

D’altronde f(T ) ha solo una ra<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> molteplicità q. Questo implica che my ha grado<br />

1, cioè y ∈ ¯ Fq(x q , y q )(x).<br />

Resta da esaminare il caso in cui il polinomio 2Y + a1X + a3 sia identicamente nullo.<br />

Questo chiaramente accade solo se a1 = a3 = 0 e la caratteristica p <strong>di</strong> Fq è uguale a<br />

2. In tal caso tutti i punti affini <strong>di</strong> X hanno tangente verticale, per cui la retta Y = 0<br />

non è tangente a X in nessuno dei suoi punti. Ciò implica che y è un parametro locale.<br />

Ragionando come sopra basta quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare che ¯ Fq(x q , y q )(y) coincide con ¯ Fq(x, y),<br />

ovvero che x ∈ ¯ Fq(x q , y q )(y). Analogamente al caso precedente, si vede facilmente che<br />

il polinomio minimo <strong>di</strong> x <strong>di</strong>vide sia T q − x q che T 3 + a2T 2 + a4T + a6 − y 2 , e quin<strong>di</strong><br />

deve essere necessariamente <strong>di</strong> grado 1.<br />

Teorema 6.12. Siano n, m ∈ Z. Allora l’isogenia [m] + [n]Φ è separabile se e solo se<br />

la caratteristica p <strong>di</strong> Fq non <strong>di</strong>vide m.<br />

Dimostrazione. Si veda [3].<br />

Corollario 6.13. Il numero <strong>di</strong> punti Fq-razionali <strong>di</strong> X è il grado dell’isogenia Φ − [1].<br />

Dimostrazione. Si noti innanzitutto che X (Fq) coincide con il nucleo Ker(Φ−[1]), dato<br />

che P ∈ X (Fq) se e solo se Φ(P ) = P . Dal Teorema 6.12 l’isogenia Φ − [1] è separabile.<br />

Allora dalla Proposizione 6.8 la car<strong>di</strong>nalità <strong>di</strong> Ker(Φ − [1]) = (Φ − [1]) −1 (O) coincide<br />

con il grado <strong>di</strong> Φ − [1] .


CAPITOLO 6. CURVE ELLITTICHE 133<br />

6.2.2 Teorema <strong>di</strong> Hasse<br />

Quello che segue è il risultato chiave per la <strong>di</strong>mostrazione del famoso Teorema <strong>di</strong> Hasse<br />

sul numero <strong>di</strong> punti Fq-razionali <strong>di</strong> una curva ellittica.<br />

Teorema 6.14. Sia ϕ ∈ End(X ) una isogenia non costante <strong>di</strong> grado d. Allora esiste<br />

un’unica ˆϕ ∈ End(X ) tale che ˆϕϕ = [d].<br />

Definizione 6.15. L’isogenia ˆϕ si <strong>di</strong>ce isogenia duale <strong>di</strong> ϕ.<br />

Proposizione 6.16. Siano ϕ, ψ ∈ End(X ) due isogenie non costanti, e sia m un<br />

intero. Valgono le seguenti proprietà.<br />

1) ϕ + ψ = ˆϕ + ˆ ψ;<br />

2) ϕψ = ˆ ψ ˆϕ;<br />

3) <br />

[m] = [m];<br />

4) deg([m]) = m 2 ;<br />

5) deg( ˆϕ) = deg(ϕ);<br />

6) ˆϕ = ϕ.<br />

Dimostrazione. 1) Si veda [3].<br />

2) Per definizione <strong>di</strong> isogenia duale ˆ ψ ˆϕϕψ = ˆ ψ[deg(ϕ)]ψ = [deg(ϕ)] ˆ ψψ =<br />

[deg(ϕ)][deg(ψ)] = [deg(ϕ)deg(ψ)]. Dalla Proposizione 3.78 segue<br />

[deg(ϕ)deg(ψ)] = [deg(ϕψ)]. Pertanto ˆ ψ ˆϕϕψ = [deg(ϕψ)], e l’asserto segue dalla<br />

definizione <strong>di</strong> isogenia duale.<br />

3) Per definizione ˆ [1] = [1], dato che [1] altro non è che la mappa identica su X . Da 1)<br />

segue che <br />

[1] + [1] + . . . + [1] = ˆ [1]+ ˆ [1]+. . .+ ˆ [1]. Si scriva [m] = [1]+[1]+. . .+[1].<br />

Allora ˆm = <br />

[1] + [1] + . . . + [1] = [1]+[1]+. . .+[1] = [m], e l’asserto è <strong>di</strong>mostrato.<br />

4) Da 3) [deg([m])] = [m] ˆ<br />

[m] = [m][m] = [m 2 ].


CAPITOLO 6. CURVE ELLITTICHE 134<br />

5) Da 4) deg([deg(ϕ)]) = deg(ϕ) 2 . D’altronde deg([deg(ϕ)]) = deg( ˆϕϕ) per<br />

definizione. L’asserto allora segue dalla Proposizione 3.78, dato che<br />

deg(ϕ) 2 = deg( ˆϕϕ) = deg( ˆϕ)deg(ϕ) .<br />

6) L’asserto segue da 5) dato che ˆϕϕ = [deg(ϕ)] = <br />

[deg(ϕ)] = ˆϕϕ = ˆϕ ˆϕ.<br />

Per provare il Teorema <strong>di</strong> Hasse il lemma seguente è necessario.<br />

Lemma 6.17. Siano ϕ, ψ due isogenie non costanti <strong>di</strong> X . Allora<br />

| deg(ψ − ϕ) − deg(ψ) − deg(ϕ) |≤ 2 deg(ϕ)deg(ψ) .<br />

Dimostrazione. Per ogni m, n ∈ Z calcoliamo l’intero z = deg([m]ϕ − [n]ψ) −<br />

deg([m]ϕ) − deg([n]ψ). Per definizione <strong>di</strong> isogenia duale si ha allora<br />

[z] = [deg([m]ϕ − [n]ψ)] − [deg([m]ϕ)] − [deg([n]ψ)] =<br />

= ([m]ϕ − [n]ψ)([m]ϕ − [n]ψ) − ([m]ϕ)([m]ϕ) − ([n]ψ)([n]ψ) .<br />

Da 1) e 2) della Proposizione 6.16 segue<br />

[z] = −( <br />

[m] ˆϕ[n]ψ + [n] ˆ ψ[m]ϕ) ,<br />

e da 3) della Proposizione 6.16 abbiamo [z] = −[m][n]( ˆϕψ + ˆ ψϕ). Essendo<br />

−( ˆϕψ + ˆ ψϕ) = [deg(ψ − ϕ) − deg(ψ) − deg(ϕ)]<br />

per definizione <strong>di</strong> isogenia duale, finalmente otteniamo [z] = [m][n][deg(ψ − ϕ) −<br />

deg(ψ) − deg(ϕ)], ovvero<br />

deg([m]ϕ − [n]ψ) − deg([m]ϕ) − deg([n]ψ) = mn(deg(ψ − ϕ) − deg(ψ) − deg(ϕ)) .<br />

Ora, essendo deg([m]ϕ − [n]ψ) non negativo, e dato che da 2) e 4) della Proposizione<br />

6.16 deg([m]ϕ) = m 2 deg(ϕ) e deg([n]ψ) = n 2 deg(ψ), abbiamo<br />

mn(deg(ψ − ϕ) − deg(ψ) − deg(ϕ)) + m 2 deg(ϕ) + n 2 deg(ψ) ≥ 0 .


CAPITOLO 6. CURVE ELLITTICHE 135<br />

Per m = −(deg(ψ −ϕ)−deg(ψ)−deg(ϕ)) e n = 2deg(ϕ), la <strong>di</strong>suguaglianza precedente<br />

<strong>di</strong>venta<br />

−deg(ϕ)(deg(ψ − ϕ) − deg(ψ) − deg(ϕ)) 2 + 4deg(ϕ) 2 deg(ψ) ≥ 0 ,<br />

ovvero deg(ϕ)(−(deg(ψ − ϕ) − deg(ψ) − deg(ϕ)) 2 + 4deg(ϕ)deg(ψ)) ≥ 0. Finalmente,<br />

essendo deg(ϕ) ≥ 0 si ha (deg(ψ −ϕ)−deg(ψ)−deg(ϕ)) 2 ≤ 4deg(ϕ)deg(ψ), e il lemma<br />

è <strong>di</strong>mostrato.<br />

Teorema 6.18 (Teorema <strong>di</strong> Hasse). Sia X una curva ellittica definita su Fq. Allora<br />

| #X (Fq) − (q + 1) |≤ 2 √ q .<br />

Dimostrazione. Sia ψ = Φ e ϕ = [1]. Dal Lemma 6.17 si ha<br />

| deg(Φ − [1]) − deg(Φ) − deg([1]) |≤ 2 deg(Φ)deg([1]) .<br />

Essendo deg(Φ) = q e deg([1]) = 1, segue che |deg(Φ − 1) − q − 1 |≤ 2 √ q. L’asserto<br />

allora segue dal Corollario 6.13.<br />

Corollario 6.19. Sia t := #X − (q + 1). Allora<br />

Φ 2 − Φ[t] + [q] = 0 .<br />

Dimostrazione. Notiamo innanzitutto che dalla Proposizione 6.11 e dalla definizione<br />

<strong>di</strong> isogenia duale si ha ˆ ΦΦ = [q]. Inoltre [t] = ˆ Φ + Φ. Infatti [q] + 1 − [t] = [#X (Fq)] =<br />

<br />

(Φ − [1])(Φ − [1]) = ˆ ΦΦ + [1] − ˆ Φ − Φ = [q] + 1 − ( ˆ Φ + Φ). Il Corollario è quin<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>mostrato, essendo 0 = (Φ) 2 − Φ( ˆ Φ + Φ) + ˆ ΦΦ = Φ 2 − Φ[t] + [q].<br />

6.3 Weil Pairing<br />

Sia X una curva ellittica, m ≥ 2 un intero primo con la caratteristica p del campo su<br />

cui è stata costruita. Sia X [m] il gruppo dei punti <strong>di</strong> m-torsione <strong>di</strong> X , ovvero<br />

X [m] = Ker([m]) = {P ∈ X | [m]P = O} .<br />

D’ora in avanti con il simbolo intenderemo una sommatoria <strong>di</strong> punti <strong>di</strong> X . Si noti<br />

la <strong>di</strong>fferenza fra le scritture


CAPITOLO 6. CURVE ELLITTICHE 136<br />

• nP P (che rappresenta un <strong>di</strong>visore), e<br />

• [nP ]P (che rappresenta un punto <strong>di</strong> X ).<br />

Faremo uso del seguente risultato.<br />

Proposizione 6.20. Sia D = nP P un <strong>di</strong>visore <strong>di</strong> X <strong>di</strong> grado 0. Allora D è<br />

principale se e solo se [nP ]P = O.<br />

Dimostrazione. Si osservi che, essendo deg(D) = nP = 0, si ha<br />

D = nP P = nP P − nP O = nP (P − O).<br />

Inoltre D è principale solo se la sua classe in P ic 0 (X ) è nulla. Pertanto D ∈ P se e<br />

solo se<br />

0 = [D] = [ nP (P − O)] = nP [P − O].<br />

Ricordando che la mappa P ↦→ [P − O] è isomorfismo gruppale <strong>di</strong> (X , ⊕) in P ic 0 (X ),<br />

si ha che<br />

0 = nP [P − O] (in P ic 0 (X )) ⇔ O = [nP ]P (in (X , ⊕)).<br />

Si fissi T ∈ X [m]. Consideriamo il <strong>di</strong>visore<br />

D = mT − mO<br />

Si osserva che [m]T ⊕ [−m]O = O; pertanto per la Proposizione precedente esiste fT<br />

in ¯ Fq(X ) tale che<br />

(fT ) = mT − mO.<br />

Sia ora T ′ ∈ X tale che [m]T ′ = T (ricor<strong>di</strong>amo che [m] non essendo costante è<br />

suriettiva). Consideriamo il <strong>di</strong>visore<br />

D ′ = <br />

R∈ X [m]<br />

(T ′ ⊕ R) − R .


CAPITOLO 6. CURVE ELLITTICHE 137<br />

Si osservi che X [m] ha car<strong>di</strong>nalità m 2 dato che m non è <strong>di</strong>viso dalla caratteristica p, e<br />

quin<strong>di</strong><br />

{T ′ ⊕ R | R ∈ X [m]}<br />

consiste delle m2 controimmagini <strong>di</strong> T me<strong>di</strong>ante [m]. Pertanto<br />

D ′ = <br />

S − <br />

R.<br />

[m]S=T<br />

Chiaramente D ′ ha grado uguale a 0. Inoltre,<br />

<br />

(T ′ ⊕ R) <br />

[−1]R = <br />

R∈ X [m]<br />

R∈ X [m]<br />

R∈ X [m]<br />

R∈ X [m]<br />

T ′ = [m 2 ]T ′ = [m]([m]T ′ ) = [m]T = O.<br />

(la prima uguaglianza segue dal fatto che [−1]R è l’opposto <strong>di</strong> R nel gruppo dei punti<br />

<strong>di</strong> X , e pertanto R ⊕ [−1]R = O). Allora per la Proposizione 6.20 esiste gT in ¯ Fq(X )<br />

tale che<br />

(gT ) = <br />

[(T ′ ⊕ R) − R]<br />

R∈ X [m]<br />

Proposizione 6.21. Le mappe (fT ◦ [m]) e g m T<br />

Dimostrazione. Il <strong>di</strong>visore <strong>di</strong> g m T è<br />

(g m T ) = <br />

R∈X [m]<br />

m(T ′ ⊕ R) − <br />

hanno lo stesso <strong>di</strong>visore.<br />

R∈X [m]<br />

mR .<br />

Gli zeri (risp. i poli) <strong>di</strong> fT ◦ [m] sono i punti mandati da [m] in T (risp. O), e la loro<br />

molteplicità è m; pertanto<br />

⎛<br />

(fT ◦ [m]) = m ⎝ <br />

(T ′ ⊕ R) − <br />

⎞<br />

R⎠<br />

.<br />

Chiaramente i due <strong>di</strong>visori coincidono.<br />

R∈X [m]<br />

R∈X [m]<br />

Dalla Proposizione appena <strong>di</strong>mostrata segue che esiste una costante non nulla λ ∈ ¯ Fq<br />

tale the<br />

λ(fT ◦ [m]) = g m T .


CAPITOLO 6. CURVE ELLITTICHE 138<br />

Si consideri un qualsiasi punto S ∈ X [m]. Si ha che per ogni X ∈ X<br />

g m T (X ⊕ S) = λ(fT ◦ [m])(X ⊕ S) = λfT ([m](X ⊕ S)) = λfT ([m]X ⊕ [m]S))<br />

Pertanto, per ogni X ∈ X ,<br />

In altre parole gT (X ⊕ S)<br />

gT (X)<br />

= λfT ([m]X ⊕ O) = λfT ([m]X) = λ(fT ◦ [m])(X) = g m T<br />

gm T<br />

gm T<br />

(X ⊕ S)<br />

= 1 .<br />

(X)<br />

è una ra<strong>di</strong>ce m-esima dell’unità per ogni X ∈ X .<br />

Definizione 6.22. Il Weil m-pairing si definisce come la funzione<br />

em : X [m] × X [m] −→ µm<br />

(T, S) ↦−→ gT (X ⊕ S)<br />

gT (X)<br />

(X) .<br />

dove µm è il gruppo delle ra<strong>di</strong>ci m-esime dell’unità in Fq e X un qualsiasi punto <strong>di</strong> X<br />

per cui gT (X ⊕ S) e gT (X) esistono e non sono nulli.<br />

Osservazione 6.23. La definizione è in<strong>di</strong>pendente da X. Infatti la mappa razionale<br />

<br />

Ψ = 1 : gT<br />

<br />

(· ⊕ S)<br />

: 0 ,<br />

gT (·)<br />

Ψ : X −→ {X2 = 0}<br />

è una mappa razionale non suriettiva in quanto il suo codominio è dato dai soli m<br />

punti (1 : α : 0), con α ra<strong>di</strong>ce m-esima dell’unità; ne segue che essa risulta costante su<br />

tutti gli elementi X ∈ X .<br />

Il Weil m-pairing gode delle seguenti proprietà, la cui <strong>di</strong>mostrazione esula dagli scopi<br />

<strong>di</strong> questo corso.<br />

1. ∀ P ∈ X [m], em(P, P ) = 1.


CAPITOLO 6. CURVE ELLITTICHE 139<br />

2. ∀ P1, P2 ∈ X [m], em(P1, P2) = em(P2, P1) −1 .<br />

3. ∀ P1, P2 e P3 ∈ X [m], em(P1 ⊕ P2, P3) = em(P1, P3)em(P2, P3) e<br />

em(P1, P2 ⊕ P3) = em(P1, P2)em(P1, P3).<br />

4. Se P1 ∈ X [m], allora em(P1, O) = 1. Se em(P1, P2) = 1 ∀ P2 ∈ X [m], allora<br />

P1 = O.<br />

5. Se X [m] ⊆ X (F q k) per un certo intero k, allora em(P1, P2) ∈ F q k, ∀ P1, P2 ∈<br />

X [m].<br />

6.4 L’attacco MOV al Problema del Logaritmo<br />

Discreto<br />

Sia X una curva ellittica costruita sul campo finito Fq. Fissato P ∈ X (Fq), sia Q il<br />

punto<br />

Q = [m]P.<br />

Il Problema del Logaritmo <strong>di</strong>screto in una curva ellittica è il problema <strong>di</strong> conoscere m<br />

essendo noti P e Q.<br />

L’attacco MOV rappresenta un algoritmo <strong>di</strong> risoluzione del problema del logaritmo<br />

<strong>di</strong>screto su curve ellittiche. Si applica a classi particolari <strong>di</strong> curve ellittiche, e ovviamente<br />

tali classi non dovrannno essere prese in considerazione per la costruzione <strong>di</strong><br />

crittosistemi.<br />

Analizzeremo quello che gli stessi ideatori, Alfred J.Menezes, Tatsuaki Okamoto e Scott<br />

A.Vanstone, hanno descritto, sottolineando, tuttavia, che, attualmente, esistono delle<br />

rivisitazioni dell’algoritmo iniziale.<br />

Teorema 6.24. Sia X una curva ellittica sul campo Fq. Esistono due interi n1 e n2<br />

tali che<br />

X (Fq) Zn1 ⊗ Zn2


CAPITOLO 6. CURVE ELLITTICHE 140<br />

con n2 che <strong>di</strong>vide n1 e (q − 1). In tal caso si <strong>di</strong>ce che la curva è <strong>di</strong> tipo (n1, n2).<br />

Proposizione 6.25. L’or<strong>di</strong>ne massimo <strong>di</strong> un punto razionale <strong>di</strong> una curva X <strong>di</strong> tipo<br />

(n1, n2) è n1.<br />

Dimostrazione. L’asserto segue dalle proprietà elementari del prodotto <strong>di</strong>retto <strong>di</strong><br />

gruppi finiti.<br />

Lemma 6.26. Sia X una curva ellittica, e sia m un intero primo con q. Sia P ∈ X [m]<br />

un punto <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne m. Allora, per ogni P1, P2 ∈ X [m], P1 e P2 appartengono allo stesso<br />

laterale rispetto al sottogruppo < P > se e solo se em(P, P1) = em(P, P2).<br />

Dimostrazione. L’applicazione em(P, ·) : X [m] → µm è omomorfismo <strong>di</strong> gruppi dalla<br />

proprietà (3) del Weil Pairing. Si può <strong>di</strong>mostrare che il nucleo <strong>di</strong> tale omomorfismo è<br />

proprio il sottogruppo <strong>di</strong> X [m] generato da P (una delle due inclusioni segue facilmente<br />

da (1) e (3)). L’asserto quin<strong>di</strong> segue dalle proprietà elementari degli omomorfismi <strong>di</strong><br />

gruppi.<br />

Sia data una curva ellittica <strong>di</strong> tipo (n1, n2). Si calcoli la car<strong>di</strong>nalità #X (Fq) e si<br />

supponga che sia prima con q. Questo ci assicura che n1 e q sono primi tra loro.<br />

Sia P ∈ X (Fq) un punto <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne m, dove m è un intero noto che <strong>di</strong>vide n1. Si ha<br />

ovviamente che anche m è primo con q, e quin<strong>di</strong> con p, la caratteristica <strong>di</strong> Fq. Ha senso,<br />

quin<strong>di</strong>, definire il Weil Pairing em. Dato un punto R <strong>di</strong> X cerchiamo <strong>di</strong> determinare,<br />

se esiste, l’unico intero l, 0 ≤ l ≤ (m − 1), tale che R = [l]P . L’esistenza <strong>di</strong> l si può<br />

stabilire nel seguente modo. Dal Lemma 6.26 deduciamo che<br />

R ∈< P > ⇐⇒ mR = O (R ∈ X [m]) e em(P, R) = 1.<br />

Risulta che le due con<strong>di</strong>zioni sono controllabili in tempo polinomiale. Ve<strong>di</strong>amo ora<br />

come determinare l utilizzando il Weil Pairing. Sia k il più piccolo intero tale che<br />

X [m] ⊆ X (Fqk). Proviamo che un tale intero esiste: per ogni punto Q della curva<br />

esiste un intero iQ per cui Q è F i<br />

q Q-razionale; ogni comune multiplo s degli interi iQ,<br />

con Q che varia negli m2 punti <strong>di</strong> X [m], allora è tale che X [m] ⊆ X (Fqs). Dalle<br />

proprietà del Weil Pairing segue che em(P1, P2) ∈ Fqk per ogni P1, P2 ∈ X [m].<br />

Teorema 6.27. Sia P ∈ X [m], e sia ω una ra<strong>di</strong>ce primitiva m-esima dell’unità in ¯ Fq.<br />

Allora esiste Q ∈ X [m] tale che em(P, Q) = ω.


CAPITOLO 6. CURVE ELLITTICHE 141<br />

Dimostrazione. Per ogni punto Q <strong>di</strong> n-torsione em(P, Q) ∈ µm. L’or<strong>di</strong>ne del sottogruppo<br />

< P > in X [m] è m, ovvero esistono m laterali <strong>di</strong> < P > in X [m]. Ricor<strong>di</strong>amo che<br />

Q e Q ′ appartengono allo stesso laterale se e solo se em(P, Q) = em(P, Q ′ ). Otteniamo<br />

pertanto m valori <strong>di</strong>stinti; cioè l’insieme {em(P, Qi)} esaurisce tutte le ra<strong>di</strong>ci m-esime<br />

dell’unità, da cui l’asserto.<br />

Teorema 6.28. Sia Q ∈ X [m] tale che em(P, Q) è ra<strong>di</strong>ce primitiva m-ma dell’unità.<br />

Allora l’applicazione<br />

f : < P > −→ µm,<br />

R ↦−→ em(R, Q)<br />

è un isomorfismo <strong>di</strong> gruppi.<br />

Dimostrazione. L’applicazione è iniettiva. Sia em(R1, Q) = em(R2, Q), cioè<br />

em(l1P, Q) = em(l2P, Q); per le proprietà del Weil Pairing, possiamo scrivere ω l1 =<br />

em(l1P, Q) e ω l2 = em(l2P, Q), quin<strong>di</strong> l’iniettività è banalmente provata. La suriettività<br />

segue dal fatto che i due gruppi hanno la stessa car<strong>di</strong>nalità.<br />

Me<strong>di</strong>ante tale isomorfismo, il problema viene spostato nel sottogruppo delle ra<strong>di</strong>ci dell’unità<br />

del gruppo moltiplicativo <strong>di</strong> un’estensione finita del campo Fq. Se tale estensione<br />

ha grado non troppo alto, è allora possibile risolvere il problema del logaritmo <strong>di</strong>screto<br />

in X [m] in tempi paragonabili a quelli necessari in Fq. Riassumiamo quì <strong>di</strong> seguito i<br />

passaggi dell’algoritmo MOV.<br />

Sia P un punto <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne m, R ∈< P > tale che<br />

R = [l]P.<br />

1. Determinare l’intero k tale che X [m] ⊆ X (F q k). Tale intero corrisponde al<br />

minimo k per cui m <strong>di</strong>vide q k − 1.<br />

2. Trovare Q ∈ X [m] tale che em(P, Q) è ra<strong>di</strong>ce primitiva m-ma dell’unità; sia<br />

α = em(P, Q).<br />

3. Calcolare β = em(R, Q) = em([l]P, Q) = α l .<br />

4. Calcolare il logaritmo <strong>di</strong> β in base α in µm.


CAPITOLO 6. CURVE ELLITTICHE 142<br />

Classe t Struttura del gruppo n1 k Tipo della curva<br />

(1) 0 ciclico q + 1 2 (q + 1, q + 1)<br />

(2)<br />

(3)<br />

0<br />

±<br />

Z(q+1)/2 ⊗ Z2 (q + 1)/2 2 (q + 1, q + 1)<br />

√ q ciclico q + 1 ∓ √ q 3 ( q3 ± 1, q3 (4) ±<br />

± 1)<br />

√ 2q ciclico q + 1 ∓ √ 2q 4 (q2 + 1, q2 (5) ±<br />

+ 1)<br />

√ 3q ciclico q + 1 ∓ √ 3q 6 (q3 + 1, q3 (6) ±2<br />

+ 1)<br />

√ q Z√ q∓1 ⊗ Z√ q∓1<br />

√<br />

q ∓ 1 1<br />

√ √<br />

( q ∓ 1, q ∓ 1)<br />

Tabella 6.1: Caratteristiche delle curve supersingolari.<br />

L’aspetto fondamentale <strong>di</strong> questo attacco è che, se k è troppo grande, la riduzione<br />

sopra analizzata richiede un tempo esponenziale <strong>di</strong> risoluzione, quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>venta un’azione<br />

improponibile. Questa è la proprietà che si cerca <strong>di</strong> ottenere quando si sceglie una curva<br />

ellittica con lo scopo <strong>di</strong> utilizzarla in crittografia: la sicurezza del crittosistema, basata<br />

sul problema del logaritmo <strong>di</strong>screto su curve ellittiche, è garantita da un elevato valore<br />

dell’intero k. Per tale motivo che le curve supersingolari, in cui la caratteristica p del<br />

campo <strong>di</strong>vide la traccia <strong>di</strong> Frobenius, non sono utilizzate in crittografia. Stu<strong>di</strong> compiuti<br />

su tali strutture, hanno portato ad una classificazione <strong>di</strong> tali curve in sole sei classi.<br />

1. t = 0 e X (Fq) Zq+1.<br />

2. t = 0 e X (Fq) Z(q+1)/2 ⊗ Z2.<br />

3. t 2 = q.<br />

4. t 2 = 2q.<br />

5. t 2 = 3q.<br />

6. t 2 = 4q.<br />

Per ciascuna <strong>di</strong> tali classi, si è calcolato l’intero k e si è visto che il valore massimo<br />

che si può ottenere è 6. Questo ci <strong>di</strong>ce che le curve supersingolari sono assai lontane<br />

dai livelli <strong>di</strong> sicurezza garantiti da una “buona” curva ellittica. Riassumiamo tutti i<br />

risultati sopra citati nella Tabella 6.1.


Capitolo 7<br />

Message Authentication Codes<br />

7.1 Introduzione<br />

In crittografia un Message Authentication Code (MAC) è un piccolo blocco <strong>di</strong> dati<br />

utilizzato per autenticare un messaggio <strong>di</strong>gitale. Un algoritmo MAC accetta in ingresso<br />

una chiave segreta ed un messaggio da autenticare <strong>di</strong> lunghezza arbitraria, e restituisce<br />

un MAC (alle volte chiamato anche tag). Il valore MAC protegge sia l’integrità dei<br />

dati del messaggio sia la sua autenticità permettendo al destinatario dello stesso (che<br />

deve anch’egli possedere la chiave segreta) <strong>di</strong> rilevare qualsiasi mo<strong>di</strong>fica al messaggio.<br />

I MAC <strong>di</strong>fferiscono dalle firme <strong>di</strong>gitali in quanto sono sia generati che verificati utilizzando<br />

la stessa chiave segreta. Questo implica che il mittente ed il destinatario del<br />

messaggio devono scambiarsi la chiave prima <strong>di</strong> iniziare le comunicazioni, come nel caso<br />

della crittografia simmetrica. Per questa ragione i MAC non forniscono la proprietà del<br />

non ripu<strong>di</strong>o offerta dalle firme <strong>di</strong>gitali: qualunque utente che può verificare un MAC è<br />

anche capace <strong>di</strong> generare MAC per altri messaggi. Invece una firma <strong>di</strong>gitale è generata<br />

utilizzando la chiave privata <strong>di</strong> una coppia <strong>di</strong> chiavi (crittografia asimmetrica).<br />

Il mittente deve inviare un messaggio ad un destinatario. Prima <strong>di</strong> effettuare l’operazione<br />

si accorda col destinatario su una chiave segreta. Stabilita la chiave, il mittente<br />

utilizza una funzione <strong>di</strong> MAC (MAC Algorithm) per calcolare il MAC del messaggio<br />

ed infine invia entrambi al destinatario. Questi calcola il MAC del messaggio ricevuto<br />

143


CAPITOLO 7. MESSAGE AUTHENTICATION CODES 144<br />

e poi lo confronta con il MAC allegato al messaggio stesso: se coincidono, il messaggio<br />

è integro, altrimenti qualcosa è andato storto.<br />

La formalizzazione matematica <strong>di</strong> questa situazione è molto semplice: un sistema MAC<br />

è una quaterna (X , K, Y, E) dove:<br />

• X è l’insieme dei possibili messaggi;<br />

• Y è l’insieme dei possibili tag;<br />

• K è l’insieme delle possibili chiavi;<br />

• E è una legge che associa ad ogni chiave K ∈ K una funzione hK : X → Y.<br />

Mittente e destinatario si accordano segretamente su una chiave K e il tag associato<br />

al messaggio x ∈ X sarà il valore <strong>di</strong> hK(x) ∈ Y.<br />

Poniamo<br />

#X = n, #Y = m, #K = b.<br />

La sicurezza <strong>di</strong> un sistema MAC si valuta come capacità <strong>di</strong> resistere a due tipi <strong>di</strong><br />

attacchi: impersonation e substitution. Si ha impersonation quando un terzo soggetto<br />

riesce a in<strong>di</strong>viduare il tag hK(x) <strong>di</strong> un messaggio x senza avere nessuna informazione<br />

sulla chiave K. Si ha substitution quando un terzo soggetto riesce a in<strong>di</strong>viduare il tag<br />

hK(x ′ ) <strong>di</strong> un messaggio x ′ a partire dalla sola conoscenza della tag hk(x) <strong>di</strong> un altro<br />

messaggio x.<br />

Valutiamo quin<strong>di</strong> la massima probabilità p0 <strong>di</strong> successo <strong>di</strong> un attacco <strong>di</strong> tipo<br />

impersonation, e quella p1 <strong>di</strong> successo <strong>di</strong> un attacco <strong>di</strong> tipo substitution.<br />

Se il terzo soggetto invia il messaggio x e una tag y, la probabilità che la tag venga<br />

accettata dal destinatario è uguale alla probabilità che la chiave K concordata sia tale<br />

che y = hK(x), ovvero<br />

#{K ∈ K | y = hK(x)}<br />

#K<br />

p0 = max<br />

x∈X ,y∈Y<br />

= #{K ∈ K | y = hK(x)}<br />

b<br />

Naturalmente tale probabilità varia al variare <strong>di</strong> x e y. Si ha quin<strong>di</strong> che<br />

<br />

#{K ∈ K | y = hK(x)}<br />

.<br />

b


CAPITOLO 7. MESSAGE AUTHENTICATION CODES 145<br />

Lemma 7.1. Si ha p0 ≥ 1<br />

m<br />

per ogni x ∈ X e per ogni y ∈ Y.<br />

e l’uguaglianza si verifica solo se<br />

#{K ∈ K | y = hK(x)} = b<br />

m<br />

Dimostrazione. Si ha chiaramente<br />

<br />

#{K ∈ K | y = hK(x)} = #K = b (7.1)<br />

y∈Y<br />

Essendo gli adden<strong>di</strong> in numero <strong>di</strong> m si ha chiaramente che almeno un addendo è<br />

maggiore o uguale <strong>di</strong> b/m, e quin<strong>di</strong> per almeno una coppia (x, y) la probabilità<br />

#{K ∈ K | y = hK(x)}<br />

#K<br />

#{K ∈ K | y = hK(x)}<br />

= .<br />

b<br />

è maggiore o uguale <strong>di</strong> 1<br />

m . Quin<strong>di</strong> p0 ≥ 1 . Se vale l’uguaglianza vuol <strong>di</strong>re che in nessun<br />

m<br />

caso un addendo della (7.1) è maggiore <strong>di</strong> b/m, da cui facilmente segue l’asserto.<br />

Occupiamoci adesso del valore <strong>di</strong> p1. Supponiamo che il terzo soggetto sappia che la<br />

chiave K è tale che hK(x) = y. Allora il suo attacco substitution sarà costituito da una<br />

coppia (x ′ , y ′ ) tale che y ′ = hK ′(x′ ) per qualche K ′ tale che y = hK ′(x). La probabilità<br />

<strong>di</strong> successo <strong>di</strong> tale attacco <strong>di</strong>penderà da x, y, x ′ , y ′ e precisamente sarà data da<br />

#{K ′ ∈ K | y ′ = hK ′(x′ ), y = hK ′(x)}<br />

#{K ′ ∈ K | y = hK ′(x)}<br />

.<br />

Il valore <strong>di</strong> p1 sarà quin<strong>di</strong> il massimo <strong>di</strong> tale valore, al variare <strong>di</strong> x, x ′ , y, y ′ . Il seguente<br />

risultato segue imme<strong>di</strong>atamente dal Lemma 7.1.<br />

Lemma 7.2. Se p0 = 1<br />

m<br />

p1 = max<br />

x,x ′ ∈X ,y,y ′ ∈Y,x=x ′<br />

, allora<br />

′ ′ #{K ∈ K | y = hK ′(x′ ), y = hK ′(x)}<br />

<br />

.<br />

Nel caso in cui p0 = 1/m e p1 ≤ ɛ, la quaterna (X , Y, K, E) viene detta ɛ-Almost<br />

Strongly Universal (o brevemente ɛ-ASU). In altre parole, (X , Y, K, E) è ɛ-ASU se si<br />

verificano le seguenti due con<strong>di</strong>zioni:<br />

b/m


CAPITOLO 7. MESSAGE AUTHENTICATION CODES 146<br />

(A)<br />

(B)<br />

#{K ∈ K | y = hK(x)} = b<br />

m<br />

per ogni x ∈ X e per ogni y ∈ Y.<br />

#{K ′ ∈ K | y ′ = hK ′(x′ b<br />

), y = hK ′(x)} ≤ ɛ<br />

m<br />

per ogni x, x ′ ∈ X , x = x ′ e per ogni y, y ′ ∈ Y.<br />

Proposizione 7.3. Per ogni una quaterna ɛ-ASU si ha ɛ ≥ 1<br />

m<br />

e l’uguaglianza vale se<br />

e solo se #{K ′ ∈ K | y ′ = hK ′(x′ b<br />

), y = hK ′(x)} = m2 per ogni x, x ′ ∈ X , y, y ′ ∈ Y,<br />

x = x ′ .<br />

Dimostrazione. Fissati x e x ′ si ha<br />

<br />

#{K ′ ∈ K | y ′ = hK ′(x′ ), y = hK ′(x)} = b.<br />

y,y ′ ∈Y<br />

Pertanto almeno un addendo vale almeno b<br />

m 2 . Questo prova che ɛ ≥ 1<br />

m<br />

. Se vale ɛ = 1<br />

m<br />

allora in nessun caso un addendo supera b<br />

m 2 , e <strong>di</strong> conseguenza tutti gli adden<strong>di</strong> sono<br />

uguali a b<br />

m 2 .<br />

Al fine <strong>di</strong> ottenere un sistema utile nella pratica, occorre limitare la quantità <strong>di</strong> tempo<br />

e <strong>di</strong> spazio richiesta dall’autenticazione. Se per esempio avessimo b = 2 100 e m = 2 40 ,<br />

allora ogni tag consisterebbe <strong>di</strong> 40 bit e l’informazione sulla chiave (che deve essere<br />

trasmessa preventivamente in un canale segreto) sarebbe una stringa <strong>di</strong> 100 bit. Non<br />

avrebbe senso usare un tale sistema per esempio nel caso in cui n fosse 2 100 : non ci si<br />

può permettere <strong>di</strong> spendere metà del tempo <strong>di</strong> trasmissione per scopi <strong>di</strong> autenticazione.<br />

Se consideriamo il numero <strong>di</strong> messaggi e i livelli <strong>di</strong> sicurezza richiesti (ovvero i parametri<br />

p0, p1 e n) come dati, allora il nostro scopo <strong>di</strong>venta costruire sistemi MAC dove sia b<br />

che m sono più piccoli possibile. Osserviamo anche che a parità <strong>di</strong> p0, p1, b e m sono<br />

preferibili i sistemi MAC con n grande.<br />

Riportiamo senza <strong>di</strong>mostrazione il seguente teorema, dovuto a Bose e Bush.<br />

Teorema 7.4. Sia (X , Y, K, E) una quaterna ɛ-ASU con ɛ = 1/m. Allora<br />

b ≥ n(m − 1) + 1.


CAPITOLO 7. MESSAGE AUTHENTICATION CODES 147<br />

In virtù <strong>di</strong> tale teorema, possiamo affermare che sistemi MAC ottimali dal punto <strong>di</strong><br />

vista della sicurezza sono praticamente irrealizzabili.<br />

7.2 ɛ-ASU da curve algebriche, I<br />

Sia X una curva algebrica definita su Fq e <strong>di</strong> genere g. Sia T un sottoinsieme <strong>di</strong> X (Fq).<br />

Sia inoltre D un <strong>di</strong>visore effettivo Fq-razionale tale che nessun punto <strong>di</strong> T appartenga<br />

al supporto <strong>di</strong> D. Infine, si scelga un punto R <strong>di</strong> T e si ponga G = D − R.<br />

Lemma 7.5. Lo spazio vettoriale LFq(D) è isomorfo alla somma <strong>di</strong>retta <strong>di</strong> Fq e LFq(G).<br />

Precisamente si ha<br />

LFq(D) = {α + f | f ∈ LFq(G), α ∈ Fq}.<br />

Dimostrazione. Sia ϕ : LFq(D) → Fq l’applicazione che associa ad una funzione f il<br />

valore f(R). Si noti che tale applicazione è ben definita dato che f ∈ L(D) implica<br />

vR(f) ≥ 0. Inoltre ϕ è banalmente lineare. Il nucleo <strong>di</strong> ϕ consiste <strong>di</strong> quelle funzioni<br />

tali che vR(f) ≥ −(−1), da cui segue che Ker(ϕ) = LFq(G). Visto che il nucleo ha<br />

co<strong>di</strong>mensione minore o uguale <strong>di</strong> 1, e tenuto conto del fatto che le costanti appartengono<br />

a L(D) ma non al nucleo, segue imme<strong>di</strong>atamente l’asserto.<br />

Si consideri la quaterna (X , Y, K, E) dove:<br />

• X = LFq(G);<br />

• Y = Fq;<br />

• K = {(P, α) | P ∈ T, α ∈ Fq};<br />

• E = {hK | K ∈ K} dove h(P,α)(f) = f(P ) + α.<br />

Lemma 7.6. Se deg(D) ≥ 2g + 1, allora le funzioni <strong>di</strong> E sono a due a due <strong>di</strong>stinte.<br />

Dimostrazione. Siano (P, α) e (Q, β) tali che h(P,α) = h(Q,β), ovvero per ogni f ∈ LFq(G)<br />

si ha<br />

f(P ) + α = f(Q) + β.


CAPITOLO 7. MESSAGE AUTHENTICATION CODES 148<br />

Ponendo f = 0 si ha imme<strong>di</strong>atamente che α = β, e quin<strong>di</strong> f(P ) = f(Q) per ogni<br />

f ∈ LFq(G). Dal Lemma precedente allora si ha f(P ) = f(Q) per ogni f ∈ LFq(D).<br />

Siccome deg(D − P ) > deg(D − P − Q) ≥ 2g − 1, dal Teorema <strong>di</strong> Riemann-Roch segue<br />

che<br />

ℓ(D − P ) = deg(D) − g<br />

ℓ(D − P − Q) = deg(D) − g − 1<br />

Pertanto esiste una funzione u ∈ LFq(D − P ) \ LFq(D − P − Q). Se P è <strong>di</strong>verso da Q,<br />

allora deve valere u(P ) = 0 e u(Q) = 0, che è una contrad<strong>di</strong>zione. Pertanto P = Q.<br />

Teorema 7.7. Se deg(D) ≥ 2g + 1 la quaterna (X , Y, K, E) è una ɛ-ASU con<br />

n = q deg(D)−g , m = q, b = q#T, ɛ = deg(D)<br />

#T .<br />

Dimostrazione. La car<strong>di</strong>nalità <strong>di</strong> X è pari alla car<strong>di</strong>nalità <strong>di</strong> LFq(G). Essendo LFq(G)<br />

uno spazio vettoriale su Fq <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione ℓ(G) = ℓ(D) − 1, dal Teorema <strong>di</strong> Riemann-<br />

Roch segue n = q deg(D)−g . Le affermazioni su m e b sono banali. Restano quin<strong>di</strong> da<br />

<strong>di</strong>mostrare le proprietà (A) e (B) per ɛ = deg(D)/#T . Contiamo innanzitutto, fissati<br />

x ∈ LFq(G) e y ∈ Fq, il numero <strong>di</strong> elementi nell’insieme<br />

{(P, α) | y = x(P ) + α}<br />

È evidente che per ogni possibile scelta <strong>di</strong> P esiste un unico valore <strong>di</strong> α per cui α =<br />

x(P ) − y. Pertanto la car<strong>di</strong>nalità dell’insieme è #T , che coincide con b/m. Questo<br />

<strong>di</strong>mostra (A).<br />

Fissiamo adesso x, x ′ ∈ LFq(G) e y, y ′ ∈ Fq, supponendo x = x ′ . Consideriamo l’insieme<br />

{(P, α) | y ′ = x ′ (P ) + α, y = x(P ) + α}.<br />

Osserviamo che per ogni fissato P al massimo c’è una coppia (P, α) nell’insieme. Questo<br />

accade precisamente quando y ′ − y = (x ′ − x)(P ), ovvero quando P è uno zero della<br />

funzione razionale x ′ − x − (y ′ − y) ∈ LFq(D). Essendo D un <strong>di</strong>visore effettivo, ogni<br />

funzione in L(D) ha al massimo deg(D) poli e quin<strong>di</strong> deg(D) zeri. Questo <strong>di</strong>mostra<br />

che la car<strong>di</strong>nalità dell’insieme è al massimo deg(D). Questo <strong>di</strong>mostra (B).


CAPITOLO 7. MESSAGE AUTHENTICATION CODES 149<br />

7.3 ɛ-ASU da curve algebriche, II<br />

In questa sezione vedremo come i co<strong>di</strong>ci lineari, e in particolare i co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Goppa,<br />

possano essere utili per la costruzione <strong>di</strong> efficienti sistemi MAC.<br />

Introduciamo innanzitutto il concetto <strong>di</strong> composizione <strong>di</strong> due sistemi MAC. Siano<br />

M1 = (X1, Y1, K1, E1) e M2 = (X2, Y2, K2, E2) due sistemi MAC. Supponiamo che<br />

X2 = Y1. Allora è possibile definire la composizione M1 ◦ M2 come la quaterna<br />

(X , Y, K, E) dove<br />

• X = X1,<br />

• Y = Y2,<br />

• K = K1 × K2,<br />

• E consiste delle funzioni h(K1,K2) : X → Y definite da<br />

h(K1,K2)(x) = (hK2 ◦ hK1)(x).<br />

Ve<strong>di</strong>amo ora <strong>di</strong> stabilire come i parametri <strong>di</strong> M1 ◦ M2 <strong>di</strong>pendono da quelli <strong>di</strong> M1 e<br />

<strong>di</strong> M2. A tale scopo è utile introdurre una nuova nozione. La quaterna (X , Y, K, E)<br />

viene detta ɛ-Almost Universal (o brevemente ɛ-AU) se<br />

(C)<br />

per ogni x, x ′ ∈ X , x = x ′ .<br />

#{K ∈ K | hK(x) = hK(x ′ )} ≤ ɛb<br />

Esercizio 70. Provare che una quaterna ɛ-ASU è in particoalre ɛ-AU. Suggerimento:<br />

#{K ∈ K | hK(x) = hK(x ′ )} = <br />

#{K ∈ K | hK(x) = hK(x ′ ) = y}.<br />

y∈Y<br />

Vale questo importante risultato, dovuto a Stinson.<br />

Teorema 7.8. Siano M1 = (X1, Y1, K1, E1) e M2 = (X2, Y2, K2, E2) due sistemi MAC<br />

con X2 = Y1. Se M1 è ɛ1-AU e M2 è ɛ2-ASU, allora la composizione M2 ◦ M1 è<br />

ɛ-ASU con<br />

ɛ ≤ ɛ1 + ɛ2 − ɛ1ɛ2


CAPITOLO 7. MESSAGE AUTHENTICATION CODES 150<br />

Il senso del precedente teorema è quello <strong>di</strong> ridurre sensibilmente il numero <strong>di</strong> chiavi e<br />

<strong>di</strong> tag limitando in minima parte la sicurezza. Per esempio, grazie al Teorema 7.8 è<br />

possibile costruire un sistema MAC ɛ-ASU con<br />

n = 2 217<br />

, m = 2 20 , b = 2 84 , ɛ = 1<br />

219 Se avessimo voluto un sistema MAC ɛ-ASU con n = 2217, m = 220 , ɛ = 1<br />

220 (ovvero<br />

il minimo valore teorico) allora, in conseguenza del Teorema <strong>di</strong> Bose-Bush, avremmo<br />

avuto bisogno <strong>di</strong> almeno b ≥ 2217 chiavi.<br />

Citiamo il seguente corollario del Teorema <strong>di</strong> Stinson che useremo nel seguito.<br />

Teorema 7.9. Sia q una potenza <strong>di</strong> un primo, m intero positivo, i intero positivo. Se<br />

<br />

1<br />

m<br />

qm , qm+i <br />

, M ≤ Nm,i,<br />

allora<br />

mA<br />

<br />

2<br />

qm , qm <br />

, M ≤ Nm,i · q 2m+i<br />

Dimostrazione. Utilizziamo il teorema <strong>di</strong> Stinson tenendo conto che<br />

mA( 1<br />

q m , q m , q m+i ) ≤ q 2m+i (questo è <strong>di</strong>mostrato ad esempio nel libro <strong>di</strong> Bierbrauer).<br />

Il nostro obiettivo sarà quin<strong>di</strong> quello <strong>di</strong> trovare stime sul valore <strong>di</strong> m( qj<br />

q k , q k , M) con<br />

j ≤ k.<br />

Stu<strong>di</strong>amo ore le proprietà delle quaterne <strong>di</strong> tipo ɛ-AU. Tali oggetti sono strettamente<br />

collegati ai co<strong>di</strong>ci correttori <strong>di</strong> errore.<br />

Proposizione 7.10. Si consideri una quaterna M = (X , Y, K, E) e si fissi un or<strong>di</strong>ne<br />

per l’insieme delle chiavi K. Allora M è ɛ-AU se e soltanto se i vettori<br />

(hK1(x), hK2(x), . . . , hKb (x)) (7.2)<br />

formano un co<strong>di</strong>ce con alfabeto Y <strong>di</strong> lunghezza b, car<strong>di</strong>nalità n e minima <strong>di</strong>stanza d<br />

≥ 1 − ɛ.<br />

con d<br />

b


CAPITOLO 7. MESSAGE AUTHENTICATION CODES 151<br />

Dimostrazione. Sia C il co<strong>di</strong>ce le cui parole sono i vettori (7.2). Le affermazioni su<br />

lunghezza e car<strong>di</strong>nalità sono ovvie. La <strong>di</strong>stanza minima <strong>di</strong> tale co<strong>di</strong>ce è data da<br />

min<br />

x,x ′ ∈X ,x=x ′ {#{K ∈ K | hK(x) = hK(x ′ )}} = min<br />

x,x ′ ∈X ,x=x ′ {b − #{K ∈ K | hK(x) = hK(x ′ )}} ,<br />

e quin<strong>di</strong><br />

d(C) = b − max<br />

x,x ′ ∈X ,x=x ′ {#{K ∈ K | hK(x) = hK(x ′ )}) ≥ b − ɛb = b(1 − ɛ)<br />

Se si volesse impiegare un co<strong>di</strong>ce C come MAC ɛ-AU come M1 nella costruzione<br />

del Teorema 7.8, quali proprietà è opportuno che abbia? Supponiamo <strong>di</strong> aver fissato<br />

M2. Allora l’alfabeto <strong>di</strong> C è fissato. Nella composizione M2 ◦ M1 si ha che p0 e #Y<br />

<strong>di</strong>pendono solo da M2. Fissare p1 significa allora fissare il rapporto fra <strong>di</strong>stanza minima<br />

e lunghezza <strong>di</strong> C. Fissare X significa fissare la car<strong>di</strong>nalità del co<strong>di</strong>ce. La car<strong>di</strong>nalità <strong>di</strong><br />

K è invece <strong>di</strong>rettamente proporzionale alla lunghezza <strong>di</strong> C, che è opportuno sia la più<br />

piccola possibile.<br />

Ci limiteremo d’ora in avanti ai co<strong>di</strong>ci lineari. Definiamo il seguente parametro<br />

m(ɛ, q, M) = min<br />

<br />

n | esiste [n, k, d]q co<strong>di</strong>ce con d<br />

n<br />

≥ 1 − ɛ, M = qk<br />

Il seguente lemma può essere utile nel caso si vogliano considerare valori <strong>di</strong> q gran<strong>di</strong>.<br />

Lemma 7.11. Per ogni intero i ≥ 1,<br />

m(ɛ, q i , M) ≤ m(ɛ, q, M).<br />

Dimostrazione. Sia C un [n, k, d]q co<strong>di</strong>ce con d<br />

n ≥ 1 − ɛ, M = qk . Sia B una base <strong>di</strong> C.<br />

Immergiamo B in Fn qi, e poniamo C ′ uguale al sottospazio <strong>di</strong> Fn qi generato dai vettori<br />

<strong>di</strong> B. Allora chiaramente C ′ ha una stessa matrice generatrice <strong>di</strong> C, e quin<strong>di</strong> C ′ e C<br />

hanno uguale lunghezza, uguale <strong>di</strong>mensione e uguale <strong>di</strong>stanza minima.<br />

Lemma 7.12. Sia k1 ≥ 1. Allora<br />

m(ɛ1 + ɛ2, q, q kk1 ) ≤ m(ɛ2, q, q k1 ) · m(ɛ1, q k1 , q k )<br />

<br />

.


CAPITOLO 7. MESSAGE AUTHENTICATION CODES 152<br />

Dimostrazione. Sia C1 un [n1, k, d1] qk1 co<strong>di</strong>ce con d1<br />

n1 ≥ 1 − ɛ1, e sia C2 un [n2, k1, d2]q<br />

co<strong>di</strong>ce con d2<br />

n2 ≥ 1 − ɛ2. Si fissi un isomorfismo lineare α <strong>di</strong> Fqk1 in C2 ⊆ Fn2 q . In ogni<br />

parola <strong>di</strong> C1 sostituiamo un elemento x ∈ Fqk1 con il vettore α(x). In questo modo<br />

otteniamo un Fq-sottospazio vettoriale C3 <strong>di</strong> Fn1n2 q . La <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> C3 è kk1, dato che<br />

il numero <strong>di</strong> parole è lo stesso <strong>di</strong> C1, ovvero qkk1 . É facile anche concludere che il peso<br />

<strong>di</strong> una parola <strong>di</strong> C3 è sempre maggiore o uguale <strong>di</strong> d1d2. Quin<strong>di</strong> C3 è un [n1n2, kk1, d]q<br />

co<strong>di</strong>ce con d ≥ d1d2, il cui rapporto<br />

n1n2<br />

d<br />

n1 n2<br />

≥<br />

d1 d2<br />

Lemma 7.13. Si ha<br />

ovvero<br />

≥ (1 − ɛ1)(1 − ɛ2) = 1 + ɛ1ɛ2 − (ɛ1 + ɛ2) ≥ 1 − (ɛ1 + ɛ2).<br />

m(ɛ, q, M) · q m(ɛ,q,M) ≥ M<br />

ɛ ,<br />

m(ɛ, q, M) · log q m(ɛ, q, M) − log q M ≥ − log q ɛ.<br />

Dimostrazione. Da M ≤ q n e d ≤ n segue M<br />

n−d ≤ qn , che è equivalente a nq n ≥ M<br />

ɛ .<br />

Il lemma precedente ci <strong>di</strong>ce in qualche modo che fissati q ed ɛ un parametro per la<br />

bontà <strong>di</strong> un co<strong>di</strong>ce è dato da<br />

Γ = n log q n − k;<br />

è opportuno che tale parametro sia il più piccolo possibile (fissati q ed ɛ).<br />

Se consideriamo il co<strong>di</strong>ce [q, 2, q − 1]q <strong>di</strong> Reed-Solomon, abbiamo che d<br />

n<br />

quin<strong>di</strong><br />

m( 1<br />

q , q, q2 ) ≤ q.<br />

Applicando il Lemma 7.11 deduciamo inoltre che<br />

m( i<br />

q , q, q2i ) ≤ q i .<br />

Mostriamo ora come migliorare queste stime utilizzando i co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Goppa.<br />

1 ≥ 1 − , e q


CAPITOLO 7. MESSAGE AUTHENTICATION CODES 153<br />

Teorema 7.14. Sia X una curva algebrica definita su Fq, e sia P0 un suo punto<br />

Fq-razionale. Sia<br />

H(P0) = {0 = ρ1 < ρ2 < . . .}<br />

il semigruppo <strong>di</strong> Weierstrass <strong>di</strong> X in P0. Siano P1, . . . , Pn i punti razionali <strong>di</strong> X <strong>di</strong>versi<br />

da P0, e sia<br />

D = P1 + P2 + . . . + Pn.<br />

Se ρℓ < n, allora<br />

<br />

ρℓ<br />

m , q, qℓ ≤ n.<br />

n<br />

In particolare, se n − g > ℓ > g allora<br />

<br />

ℓ + g<br />

m , q, qℓ ≤ n.<br />

n<br />

Dimostrazione. Si consideri il co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Goppa C = CD,G con G = ρℓP0. La <strong>di</strong>mensione<br />

<strong>di</strong> L(G) è chiaramente uguale a ℓ. Essendo ρℓ < n si ha quin<strong>di</strong> che la <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> C<br />

è uguale a ℓ. La lunghezza <strong>di</strong> C è n. La <strong>di</strong>stanza minima è almeno n − ρℓ, pertanto<br />

1 − d<br />

n<br />

≥ ρℓ<br />

n .<br />

Il g-mo elemento del semigruppo <strong>di</strong> Weierstrass in un punto è sempre 2g, e tutti gli<br />

interi maggiori o uguali a 2g appartengono al semigruppo. Pertanto, se ℓ > g allora<br />

ρℓ = ℓ + g.<br />

7.3.1 ɛ-AU dalla curva Hermitiana<br />

Sia q = q 2 0. Allora la curva hermitiana <strong>di</strong> equazione<br />

x q0 + x = y q0+1<br />

ha genere q0(q0−1)<br />

, q 2<br />

3 0+1 punti razionali, ed inoltre per un qualunque suo punto razionale<br />

P0 si ha H(P0) =< q0, q0 + 1 >.<br />

Lemma 7.15. Sia ρℓ l’ℓ-mo elemento del semigruppo generato dagli interi q0 e q0 + 1.<br />

(i) Sia w intero positivo tale che w ≤ q0 − 1. Allora<br />

<br />

w + 1<br />

wq0 = ρℓ con ℓ = + 1<br />

2


CAPITOLO 7. MESSAGE AUTHENTICATION CODES 154<br />

(ii) Sia w intero positivo tale che w > q0 − 1. Allora<br />

wq0 = ρℓ con ℓ = wq0 − q0(q0 − 1)<br />

2<br />

Dimostrazione. (i) Si è già <strong>di</strong>mostrato che gli elementi <strong>di</strong> < q0, q0 + 1 > minori o<br />

uguali <strong>di</strong> wq0 sono gli interi<br />

iq0 + j(q0 + 1) ≤ wq0, i ≥ 0, 0 ≤ j ≤ q0 − 1.<br />

Equivalentemente, sostituendo i + j con k e tenendo conto che w < q0 − 1, tali<br />

interi sono precisamente<br />

kq0 + j ≤ wq0, 0 ≤ j ≤ k ≤ q0 − 1.<br />

Il loro numero è evidentemente<br />

<br />

w + 1<br />

1 + 2 + . . . + k + . . . + w + 1 = + 1<br />

2<br />

(ii) Si ha wq0 > 2g. Pertanto wq0 = ρwq0−g<br />

Pertanto si ha il seguente teorema, corollario del Teorema 7.14.<br />

Teorema 7.16. Se q è un quadrato e w < q, allora<br />

<br />

m<br />

Ponendo q = ¯q m+i e w = ¯q i , si ha<br />

m<br />

<br />

<br />

w<br />

, q, q(w+1 2 )+1<br />

q<br />

1<br />

¯q m , ¯qm+i , ¯q (m+i)<br />

<br />

1+ ¯qi (¯q i +1)<br />

2<br />

≤ q 3<br />

2 .<br />

<br />

e quin<strong>di</strong>, in virtù del Teorema 7.9, il seguente risultato.<br />

≤ ¯q 3m+3i<br />

2<br />

Teorema 7.17. Per ogni coppia <strong>di</strong> interi positivi i e m si ha<br />

<br />

<br />

<br />

mA<br />

2<br />

¯q m , ¯qm , ¯q (m+i)<br />

1+ ¯qi (¯q i +1)<br />

2<br />

≤ ¯q 7m+5i<br />

2


Bibliografia<br />

[1] I. Blake, G. Seroussi and N. Smart, Elliptic Curves in Cryptography, Cambridge<br />

University Press, Cambridge, 1999.<br />

[2] J.W.P. Hirschfeld, Projective Geometries over Finite Fields, Clarendon Press,<br />

Oxford, 1998.<br />

[3] J.H. Silverman, The Arithmetic of Elliptic Curves, Springer-Verlag, New-York<br />

Berlin Heidelberg Tokio, 1985.<br />

[4] M.A. Tsfasman and S.G. Vladut, Algebraic-Geometric Codes, Kluwer,<br />

Amsterdam, 1991.<br />

155


In<strong>di</strong>ce<br />

1 Nozioni Preliminari 1<br />

1.1 Campi Finiti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1<br />

1.1.1 Esistenza e unicità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1<br />

1.1.2 Il gruppo moltiplicativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6<br />

1.1.3 Sottocampi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8<br />

1.1.4 Automorfismi <strong>di</strong> un campo finito . . . . . . . . . . . . . . . . . 9<br />

1.2 Spazi proiettivi sopra un campo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9<br />

1.2.1 Lo spazio P G(r, q) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11<br />

2 Co<strong>di</strong>ci Lineari 13<br />

2.1 Co<strong>di</strong>ci e loro parametri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13<br />

2.2 Equivalenze e automorfismi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16<br />

2.3 Co<strong>di</strong>ci e sistemi proiettivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18<br />

2.4 Limitazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22<br />

2.4.1 Disuguaglianza <strong>di</strong> Singleton . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22<br />

2.4.2 Lemma <strong>di</strong> Impoverimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23<br />

2.4.3 Disuguaglianza <strong>di</strong> Hamming . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25<br />

2.4.4 Disuguaglianza <strong>di</strong> Griesmer . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27<br />

2.4.5 Disuguaglianza <strong>di</strong> Plotkin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30<br />

156


INDICE 157<br />

2.4.6 Disuguaglianza <strong>di</strong> Gilbert-Varshamov . . . . . . . . . . . . . . . 32<br />

2.5 Problemi asintotici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34<br />

2.6 Co<strong>di</strong>ci Reed-Solomon . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37<br />

3 Curve algebriche piane 39<br />

3.1 Definizioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39<br />

3.2 Punti semplici e singolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42<br />

3.3 Risultante <strong>di</strong> due polinomi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46<br />

3.4 Intersezione <strong>di</strong> due curve . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47<br />

3.5 Il campo delle funzioni razionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50<br />

3.6 Valutazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52<br />

3.7 Divisori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59<br />

3.7.1 Il Teorema <strong>di</strong> Riemann-Roch . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63<br />

3.7.2 Divisori one-point . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65<br />

3.7.3 La curva Hermitiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67<br />

3.8 Morfismi <strong>di</strong> curve algebriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69<br />

3.9 Curve definite su campi finiti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75<br />

3.10 Il gruppo <strong>di</strong> Picard <strong>di</strong> una curva algebrica piana . . . . . . . . . . . . . 77<br />

4 Co<strong>di</strong>ci Algebrico-Geometrici 78<br />

4.1 Costruzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78<br />

4.2 Co<strong>di</strong>ci BCH . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81<br />

4.3 Estensione ai punti del supporto <strong>di</strong> G . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84<br />

4.4 Co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Goppa duali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85<br />

4.5 Stime sulla <strong>di</strong>stanza minima <strong>di</strong> Co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Goppa duali e Co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Goppa<br />

mo<strong>di</strong>ficati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87<br />

4.5.1 Co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Goppa mo<strong>di</strong>ficati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91<br />

4.6 Co<strong>di</strong>ci buoni dalla Geometria Algebrica . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92


INDICE 158<br />

4.7 Co<strong>di</strong>ci Hermitiani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95<br />

5 Co<strong>di</strong>ci MDS e Archi 97<br />

5.1 Co<strong>di</strong>ci MDS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97<br />

5.2 Co<strong>di</strong>ci MDS <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione 3: gli n-archi <strong>di</strong> P G(2, q) . . . . . . . . . . . 98<br />

5.2.1 Il Teorema <strong>di</strong> Menelaus . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105<br />

5.2.2 Curve e inviluppi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107<br />

5.2.3 n-archi completi <strong>di</strong> P G(2, q) con n < q + 1 . . . . . . . . . . . . 110<br />

5.3 Co<strong>di</strong>ci MDS <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione superiore: n-archi <strong>di</strong> P G(r, q) . . . . . . . . 115<br />

5.4 Un’applicazione: <strong>di</strong>visione <strong>di</strong> un segreto a tre livelli . . . . . . . . . . . 117<br />

6 Curve Ellittiche 120<br />

6.1 Segreti e Gruppi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121<br />

6.1.1 Uno schema per garantire la segretezza del messaggio . . . . . . 121<br />

6.1.2 Logaritmo <strong>di</strong>screto in gruppi qualsiasi . . . . . . . . . . . . . . . 123<br />

6.1.3 Gruppi noti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 124<br />

6.2 Curve Ellittiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 125<br />

6.2.1 Isogenie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 129<br />

6.2.2 Teorema <strong>di</strong> Hasse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 133<br />

6.3 Weil Pairing . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 135<br />

6.4 L’attacco MOV al Problema del Logaritmo Discreto . . . . . . . . . . . 139<br />

7 Message Authentication Codes 143<br />

7.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 143<br />

7.2 ɛ-ASU da curve algebriche, I . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 147<br />

7.3 ɛ-ASU da curve algebriche, II . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 149<br />

7.3.1 ɛ-AU dalla curva Hermitiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153

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