Pdf completo da scaricare - Svizzera Pesciatina
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Pontito era la patria dei figurinai, “gli artigiani delle figurine di gesso”, famosi per<br />
l’arte di riprodurre le statuine, commerciate in tutta Europa, rappresentanti personaggi<br />
di ispirazione religiosa e altro. Personaggi storici che <strong>da</strong>lla secon<strong>da</strong> metà dell’ ‘800, fino<br />
alla metà ‘900, emigrarono divulgando questa tradizione secolare.<br />
Il metodo per realizzare una statuina in gesso richiedeva una grande esperienza<br />
ed abilità <strong>da</strong> parte dell’artigiano che doveva avere doti artistiche per dipingere a mano<br />
le singole statuette, una volta modellate. Il gesso non era un prodotto tipico del luogo,<br />
nè i disegni che venivano raffigurati erano esclusivi dell’ambiente, originale era invece<br />
la lavorazione del materiale, che per manualità e poesia, e per genio creativo, sapeva<br />
misurarsi con le tradizioni. Il signor Niccolai Gennaro, di Pontito, intervistato su questo<br />
antico mestiere, svolto fino alla metà del ‘900, ha raccontato che <strong>da</strong> generazioni in<br />
inverno molti uomini del paese, invece di an<strong>da</strong>re a fare carbone, emigravano in altre<br />
località d’Italia, come per esempio Arezzo, Pisa, Roma, per produrre e vendere le famose<br />
statuine, mentre altri an<strong>da</strong>vano addirittura all’estero. L’arte dei figurinai era diffusa anche<br />
in altre zone limitrofe e numerose furono le famiglie dei territori di Bagni di Lucca, di<br />
Barga, di Borgo a Mozzano, di Coreglia e di Pescaglia.<br />
Castelvecchio è nota come “il paese dei gelatai”, tradizione nata per merito di<br />
Aurindo Ferrari, nato a Castelvecchio nel 1873, mastro gelataio, che seppe insegnare<br />
la sua arte ai ragazzi del paese, aiutandoli anche economicamente a farsi una fortuna in<br />
varie parti d’Italia. Dalle interviste effettuate ad alcuni paesani, tra cui anche la signora<br />
Dora Natali, è emerso che intorno agli anni ‘30 del secolo scorso, Castelvecchio poteva<br />
vantare una grande tradizione nel campo della gelateria, traman<strong>da</strong>ta di padre in figlio,<br />
che coinvolgeva anche il lavoro degli altri abitanti del paese. Proprio per merito di Aurindo<br />
Ferrari, a molti giovani del paese, fu insegnata l’arte del gelato, che appresero anche<br />
lavorando nelle gelaterie di sua proprietà ad Empoli. Questi ragazzi poterono successivamente<br />
aprire gelaterie in alcune regioni d’Italia come ad esempio in Sardegna, Puglia,<br />
Toscana, dove lavoravano nel periodo estivo, per ritornare al paese durante l’inverno.<br />
La <strong>Svizzera</strong> <strong>Pesciatina</strong> rappresenta degnamente la tradizione<br />
storica proiettata nel futuro, tradizione che ogni giorno si evolve<br />
paradossalmente ritornando indietro nel tempo.<br />
Anche l’artigianato del rame, era un’antica tradizione della valle, e, <strong>da</strong>lle testimonianze<br />
pervenute, possiamo affermare che già nei primi del ‘900, e forse anche prima, ci<br />
fosse già un vero e proprio artigianato del rame. Il rame, martellato e stagnato, è il metallo<br />
più a<strong>da</strong>tto alla cottura delle vivande, grazie alla sua elevata conducibilità termica:<br />
si scal<strong>da</strong> uniformemente garantendo una cottura omogenea degli alimenti. Contenitori<br />
tipici in rame erano le teglie, che venivano utilizzate in cucina; i paioli usati per cuocere<br />
la polenta; le brocche utilizzate per attingere l’acqua alla fonti e anche i contenitori per<br />
la brace. La durata di questi utensili era illimitata per cui quando si bucavano, a causa<br />
del troppo uso, si portavano <strong>da</strong>llo stagnino che li riparava. Con la nascita delle prime<br />
industrie, queste lavorazioni si spostarono verso la pianura, dove molte delle persone<br />
della montagna an<strong>da</strong>rono a lavorare nelle grandi aziende Pesciatine. L’ultimo ramaio<br />
della <strong>Svizzera</strong> <strong>Pesciatina</strong> si può trovare a San Quirico, nella persona di Mauro Agostini,<br />
che continua la lavorazione del rame nella propria terra nativa. Come racconta, fin <strong>da</strong><br />
bambino, nel tempo libero, frequentava la bottega dello “zio Giovanni” valente magnano<br />
del paese, ma anche fabbro, e <strong>da</strong> questi Mauro impara le prime nozioni del mestiere.<br />
Dopo gli studi inizia a lavorare nelle botteghe artigiane del comune di Pescia, che una<br />
volta erano numerose e rinomate, e qui perfeziona le sue conoscenze in dette lavorazioni.<br />
Negli anni ‘70 decide di iniziare un’attività in proprio aprendo la sua “bottega”<br />
nel piccolo paese dove ancora è situata e questo nonostante sembrerebbe non avrebbe<br />
senso svolgere una attività lavorativa in un paese come S.Quirico, se non al fine di volere<br />
contribuire sinceramente alla valorizzazione del proprio territorio e delle radici culturali<br />
che questo traman<strong>da</strong>.<br />
Vellano, Pietrabuona e Stiappa erano i centri più rinomati, sia in Italia che all’estero,<br />
nella lavorazione della pietra serena: solo a Vellano si contavano circa 300 scalpellini<br />
e 50 cave. Il mestiere dello scalpellino, fabbricante di manufatti in pietra, ha un’antica<br />
tradizione nella <strong>Svizzera</strong> <strong>Pesciatina</strong>; la scalpellatura, infatti, rappresenta una delle fasi di<br />
lavorazione della pietra dopo la cavatura e la sgrossatura. I manufatti di maggior pregio<br />
erano costituiti <strong>da</strong> colonne, architravi, stipiti, scale, acquai, caminetti, ecc. Lo scalpellino,<br />
sia che fosse maestro o garzone, lavorava principalmente nella cava e costruiva prevalen-<br />
La <strong>Svizzera</strong> <strong>Pesciatina</strong><br />
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