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ANTONIO LOCATELLI E GIOVANNI ARRIGONI: DUE AVIATORI BERGAMASCHI<br />

INDICE<br />

———–<br />

I VELIVOLI ANSALDO DEL TENENTE ANTONIO LOCATELLI.<br />

LE INCURSIONI SU FRIEDRICHSHAFEN - ZAGABRIA – VIENNA<br />

LA COSTRUZIONE DELL’ANSALDO SVA<br />

IL VOLO SU VIENNA<br />

LA COSTRUZIONE DELL’A.1<br />

RELAZIONI COMPILATE DAL TENENTE ANTONIO<br />

LOCATELLI AL RIENTRO DALLE INCURSIONI SU<br />

FRIEDRICHSHAFEN - ZAGABRIA – VIENNA<br />

I VELIVOLI ANSALDO DI ANTONIO LOCATELLI<br />

UN BERGAMASCO NELLA BUFERA CHE HA SCONVOLTO IL MONDO:<br />

BARTOLOMEO GIOVANNI ARRIGONI,<br />

SERGENTE PILOTA PLURIDECORATO<br />

DECORAZIONI CONCESSE AL SERGENTE<br />

BARTOLOMEO GIOVANNI ARRIGONI<br />

COMUNICAZIONI DELLA MORTE DI BARTOLOMEO ARRIGONI<br />

RELAZIONE DELL'AZIONE DI BOMBARDAMENTO<br />

EFFETTUATA DAI PILOTI DELLA 1ª SEZIONE<br />

AUTONOMA SVA - OBIETTIVO INNSBRUCK<br />

FONDAZIONE BERGAMO NELLA STORIA<br />

Piazza Mercato del fieno, 6/a - 24129 Bergamo Italy - Tel. +39 035 24 71 16 ; +39 035 22 63 32 - Fax 035 21 91 28<br />

P. Iva 02995900160 - museostorico@bergamoestoria.it


I VELIVOLI ANSALDO DEL TENENTE ANTONIO LOCATELLI.<br />

LE INCURSIONI SU FRIEDRICHSHAFEN - ZAGABRIA – VIENNA - Il 15 Settembre del<br />

1918 Locatelli era partito dal campo del Lido di Venezia per effettuare una ricognizione fotografica su Fiume, <strong>in</strong><br />

preparazione di una <strong>in</strong>cursione di D'Annunzio nel porto austriaco. Era a bordo dello SVA con il quale aveva<br />

vo<strong>la</strong>to su Zagabria il 24 giugno e su Vienna il 9 agosto dello stesso 1918. Era uno SVA 5 del<strong>la</strong> squadriglia “La<br />

Serenissima”, che portava sui fianchi del<strong>la</strong> fusoliera l'emblema di San Marco.<br />

Aveva già completato le rilevazioni del porto, quando, per verificare alcuni dei dati raccolti, Locatelli volle<br />

ritornare sul<strong>la</strong> città. Colpito dal<strong>la</strong> contraerea, precipitò a terra, <strong>in</strong>cendiò l'apparecchio e per un po' di tempo,<br />

nonostante una ferita al g<strong>in</strong>occhio, riuscì a sottrarsi al<strong>la</strong> cattura. Venne poi <strong>in</strong>ternato <strong>in</strong> vari campi di prigionia,<br />

ma nel corso di un trasferimento riuscì a fuggire, a rientrare nelle l<strong>in</strong>ee italiane qualche ora prima che venisse<br />

firmato l'armistizio e a raggiungere Padova. Locatelli così ha raccontato il suo ritorno al campo base di San<br />

Pe<strong>la</strong>gio.<br />

Corsi per il prato, raggiunsi l’hangar come per andarvi a ritrovare i compagni perduti.<br />

La tettoia a tre volte era deserta e silenziosa come una chiesa al meriggio. Avanzai solo e cauto, quasi<br />

tremando, tra i numerosi velivoli dormienti, sgusciai tra l'una e l'altra a<strong>la</strong> per correre f<strong>in</strong>o ai miei.<br />

Riconobbi uno per uno i destrieri che più volte vo<strong>la</strong>rono accanto al mio verso <strong>la</strong> battaglia, li accarezzai<br />

lievemente passando. Attraverso al<strong>la</strong> fol<strong>la</strong> di a<strong>la</strong>ti giunsi ai miei due che dal giorno del<strong>la</strong> mia scomparsa<br />

stavano tristemente <strong>in</strong> disparte e mi attendevano. Il cuore com<strong>in</strong>ciò a battere all'apparizione come di cosa<br />

amata cui s'arriva vio<strong>la</strong>ndo <strong>la</strong> c<strong>la</strong>usura.<br />

Il mio piccolo “Balil<strong>la</strong>” se ne stava <strong>in</strong> un angolo semioscuro, raccolto, con <strong>la</strong> prora un poco alta. Lo<br />

riconobbi dalle sue piccole fattezze di squalo; snelle, fusiformi. Retto sugli esili trampoli con un che di<br />

aggressivo nel musetto proteso e tronco, nei fianchi lisciati, <strong>in</strong>cavati a carena, nel petto poderoso che di sotto<br />

s'<strong>in</strong>curva, si rastrema e si costr<strong>in</strong>ge nel<strong>la</strong> chiglia tagliente; forte come lo strale da <strong>la</strong>nciarsi da un dio, munito<br />

delle alette aperte di poche bracciate; bianche, lisce, tese e flessibili come fossero d'avorio <strong>la</strong>m<strong>in</strong>ato.<br />

Toccai l'elica di nobile legno, ne sfiorai il tagliente, ne seguii <strong>la</strong> perfetta <strong>in</strong>curvatura, pensando alle tante<br />

volte che quell'ordigno poderoso roteando pazzamente m'aveva rapito dal<strong>la</strong> terra portandomi al di là d'ogni<br />

sogno pensato.<br />

Abbracciai il testone dove il congegno motore delicato e preciso come un cervello era r<strong>in</strong>chiuso <strong>in</strong>visibile,<br />

impaziente di essere risvegliato, di rombare, di bere l'essenza per trasformar<strong>la</strong> <strong>in</strong> fuoco, e il fuoco <strong>in</strong> vita, e <strong>la</strong><br />

vita <strong>in</strong> rapidità crosciante.<br />

Così abbracciato par<strong>la</strong>i al mio a<strong>la</strong>to, mio, tutto mio, perché Genova me l'aveva donato, gli dissi i miei<br />

progetti, gli sve<strong>la</strong>i i piccoli sogni nei quali egli mi avrebbe portato ancora. Ed egli, scosso dalle mie braccia<br />

attanagliate <strong>in</strong>torno al mozzo tarchiato dell'elica si dondo<strong>la</strong>va sugli e<strong>la</strong>stici, mi comprendeva, come mi<br />

comprendeva <strong>la</strong>ssù nel cielo, quando <strong>la</strong> mia mano fremente gli comunicava <strong>la</strong> vitalità ed egli diveniva con me<br />

un corpo solo, acceso dallo stesso sangue, portato da un medesimo fato.<br />

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E gli dicevo piano cul<strong>la</strong>ndolo:<br />

"Non ti <strong>la</strong>scerò più, morrò con te e tu morrai con me! Dura tuttora <strong>la</strong> guerra con <strong>la</strong> Germania, sai?<br />

Partiremo <strong>in</strong>sieme per i conf<strong>in</strong>i bavaresi, comprendi? Ci <strong>in</strong>ebrieremo ancora. Oh! <strong>la</strong> festa del sangue e del<br />

fuoco non è f<strong>in</strong>ita, non è f<strong>in</strong>ita! Non abbiamo ancora cessato di patire!"<br />

"Il tuo compagno, il v<strong>in</strong>citore di Vienna e di Zagabria non è più che cenere gloriosa tra le pietre di Fiume.<br />

Io son tornato, so io solo come, ed ora ho ancora te soltanto"<br />

Lo <strong>la</strong>sciai, mi scostai per ammirare gli scudi del San Giorgio di Genova dip<strong>in</strong>ti ad olio sui fianchi del<strong>la</strong><br />

fusoliera e sull'ali di seta, poi entrai nel corpo del velivolo e sedetti nel mio breve spazio l<strong>in</strong>do verniciato <strong>in</strong><br />

bianco e cilestr<strong>in</strong>o come le m<strong>in</strong>uscole cab<strong>in</strong>e dei piccoli "yacht" con qualcosa di verg<strong>in</strong>ale che contrastava con<br />

l'ostentazione delle belle mitragliatrici nere, che racchiuse nel corpo uscivano con le cu<strong>la</strong>tte tra gli strumenti di<br />

precisione, i rub<strong>in</strong>etti e le leve.<br />

Stetti un po' di tempo costretto sul bello scafo di morte abbandonandomi ai ricordi e poi balzai a terra.<br />

"Stasera ti farò vo<strong>la</strong>re, ti ridarò <strong>la</strong> libertà"<br />

Lo <strong>la</strong>sciai, corsi dall'altro velivolo fasciato dell'<strong>in</strong>segna di San Marco che mi aveva portato f<strong>in</strong>o nel cielo<br />

del Würtenberg a Friedrichshafen. Anche lì ristetti, appoggiato a lui con <strong>la</strong> fronte ch<strong>in</strong>a, come se sentissi <strong>la</strong><br />

devozione; poi salii al mio posto, guardai ogni cosa se era ancora <strong>in</strong>tatta; esam<strong>in</strong>ai i nastri di cartucce per le<br />

mitragliatrici; considerai una tabel<strong>la</strong> di correzione per <strong>la</strong> busso<strong>la</strong> tracciata con le mie mani parecchi mesi<br />

<strong>in</strong>nanzi, e una carta orario di rotta pure da me tracciata, forse per l'ultimo volo fatto, fissata con una punta<br />

d'acciaio al<strong>la</strong> tavoletta degli strumenti.<br />

Quanti piccoli ricordi di grandi cose!<br />

Che tristezza, tra quelli scafi a<strong>la</strong>ti gravidi di potenza eppure <strong>in</strong>erti sotto l’hangar chiuso dove il soffio<br />

animatore del<strong>la</strong> guerra non arrivava più. Che tristezza!<br />

.........................................................<br />

Era quello il mio ultimo volo prima di partire per l'America, il volo che chiudeva <strong>la</strong> mia storia di guerra. Mi<br />

portavano le ali del mio “Balil<strong>la</strong>”, recanti gli scudi dip<strong>in</strong>ti del San Giorgio che io dal mio seggiol<strong>in</strong>o ammiravo,<br />

resi splendenti dal riverbero del<strong>la</strong> volta celeste. Mi ricordai che io nel<strong>la</strong> guerra avevo portato le <strong>in</strong>segne di<br />

Venezia e di Genova, le <strong>in</strong>segne delle due potenti città mar<strong>in</strong>are, e <strong>in</strong> quello stesso momento pensai sorridendo<br />

che <strong>la</strong> seconda poteva essere una buona divisa di pace se <strong>la</strong> lotta vittoriosa di San Giorgio contro il drago<br />

significava il trionfo del<strong>la</strong> virtù contro il male.<br />

Sospeso sulle brevi ali possenti e mobilissime, <strong>in</strong> quel vasto cielo mi sentii pieno di fervore per il nuovo<br />

simbolo.<br />

Da questi scritti, che risentono del clima degli anni nei quali furono composti (giugno 1922) e che<br />

contengono affermazioni che oggi, forse, verrebbero decisamente contestate, traspare l’affetto che Locatelli<br />

aveva per il suo “Balil<strong>la</strong>”. Non fa qu<strong>in</strong>di meraviglia che Locatelli abbia salvato l’aereo e poi l'abbia donato al<strong>la</strong><br />

sua città, a Bergamo, che ora si appresta a restaurarlo. Del velivolo di Vienna e di Zagabria nul<strong>la</strong> è rimasto; è<br />

andato distrutto a Fiume, <strong>in</strong>cendiato da Locatelli stesso perché non cadesse <strong>in</strong> mano nemica. Del velivolo di<br />

Friedrichshafen nul<strong>la</strong> è rimasto, salvo, forse, uno scudo con l'emblema del<strong>la</strong> Serenissima. Nel Museo storico<br />

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del<strong>la</strong> Città c'è uno scudo con tale emblema, su legno compensato, che sembra provenire dal<strong>la</strong> fiancata di un<br />

velivolo. Gli <strong>in</strong>ventari <strong>in</strong> possesso del Museo non permettono di risalire al<strong>la</strong> sua provenienza. Avanzo l'ipotesi<br />

che Locatelli, al momento del<strong>la</strong> demolizione del suo velivolo di Friedrichshafen, abbia salvato dal<strong>la</strong> distruzione<br />

un pezzo del<strong>la</strong> fiancata con l'emblema del<strong>la</strong> Serenissima. Devo confessare però che questa mia ipotesi non<br />

trova nessun documento a suo sostegno,<br />

LA COSTRUZIONE DELL’ANSALDO SVA - Nel corso del 1918, ultimo anno di guerra,<br />

Locatelli ha vo<strong>la</strong>to su apparecchi di costruzione Ansaldo: SVA e A.1. Le sigle stanno per SAVOIA-VERDUZIO-<br />

ANSALDO e ANSALDO 1.<br />

La ditta Ansaldo era un complesso <strong>in</strong>dustriale naval-meccanico costituito a Genova-Sampierdarena nel<br />

1853 da Giovanni Ansaldo (1815 - 1859) per <strong>in</strong>iziativa di Cavour. Allo scopo di liberare il paese dal<strong>la</strong><br />

soggezione verso l’estero, Cavour aveva voluto un'<strong>in</strong>dustria italiana per <strong>la</strong> costruzione di macch<strong>in</strong>ari e<br />

locomotive. Dagli stabilimenti Ansaldo, nel 1854 - 1856, uscirono le prime locomotive totalmente fabbricate <strong>in</strong><br />

Italia. Dopo <strong>la</strong> morte di Giovanni Ansaldo (1859), <strong>la</strong> gestione dei Cantieri venne assunta da Ferd<strong>in</strong>ando Maria<br />

Perrone (1847 - 1908) ed al<strong>la</strong> sua morte dai figli Pio (1876 - 1952) e Mario (1878 - 1968) e <strong>la</strong> produzione si<br />

estese ai motori mar<strong>in</strong>i, alle navi mercantili e da guerra, alle artiglierie. Nel corso del<strong>la</strong> prima guerra mondiale i<br />

Cantieri Ansaldo furono molto attivi nell'approntare navi da guerra, armi, cannoni e munizioni. I Perrone<br />

realizzarono presto l'importanza dell'aviazione, <strong>la</strong> nuova arma che si andava affermando, e decisero di entrare<br />

nel campo delle costruzioni aeronautiche pur non avendo alcuna esperienza specifica. L'occasione per <strong>la</strong><br />

realizzazione del progetto si presentò nell'autunno del 1916.<br />

F<strong>in</strong> dall'<strong>in</strong>izio del 1915 operava a Tor<strong>in</strong>o <strong>la</strong> Direzione tecnica aviazione militare (DTAM) con lo scopo di<br />

«Assicurare <strong>la</strong> produzione dei materiali d'aviazione (apparecchi, motori e loro parti di ricambio) <strong>in</strong> re<strong>la</strong>zione ai<br />

crescenti bisogni dell'esercito mobilitato». A questo scopo <strong>la</strong> DTAM operava per coord<strong>in</strong>are l'attività di <strong>in</strong>dustrie<br />

già attive <strong>in</strong> campo aeronautico, per reperire nuove fabbriche che potessero dedicarsi al<strong>la</strong> costruzione di motori<br />

e di cellule, per rego<strong>la</strong>re l'approvvigionamento delle materie prime, per organizzare l'attività di nuovi impianti,<br />

per favorire l'addestramento delle maestranze e l'istruzione specifica di tecnici e di capi reparto. Buona parte<br />

del personale tecnico e dirigente di molte offic<strong>in</strong>e era costituito da ufficiali appartenenti al<strong>la</strong> DTAM.<br />

All'Ufficio tecnico del<strong>la</strong> DTAM appartenevano i Capitani <strong>in</strong>g. Umberto Savoia e <strong>in</strong>g. Roberto Verduzio, che<br />

nell'estate del 1916 si dedicarono al<strong>la</strong> progettazione di un bip<strong>la</strong>no da caccia, le cui prestazioni, nelle <strong>in</strong>tenzioni<br />

dei progettisti, avrebbero dovuto essere superiori a quelle di tutti gli analoghi apparecchi, sia alleati che<br />

avversari, allora <strong>in</strong> attività. Il motore che doveva equipaggiare il nuovo caccia era lo SPA 6A di 200-220 CV.<br />

Furono condotti accurati studi per ottenere <strong>la</strong> massima robustezza accoppiata ad una favorevole l<strong>in</strong>ea<br />

aerod<strong>in</strong>amica. Al<strong>la</strong> progettazione dell'aereo partecipava anche l'<strong>in</strong>g. Celest<strong>in</strong>o Rosatelli, che avrebbe poi<br />

acquisito notevole fama come progettista aeronautico FIAT con i caccia CR 32 e CR 42 e con il bombardiere<br />

BR 20. L’idea si concretizzò con il progetto del caccia SV, il cui nome derivava da quello dei due progettisti.<br />

L'Ansaldo, <strong>in</strong>formata dell'esistenza del progetto di un velivolo molto promettente, avanzò richiesta perché<br />

le venisse commissionata <strong>la</strong> costruzione. Da poco l'Ansaldo si era <strong>in</strong>serita nel campo aeronautico con l'accordo<br />

stipu<strong>la</strong>to con <strong>la</strong> SPA per <strong>la</strong> costruzione di motori d'aviazione. A capo di questa attività <strong>la</strong> DTAM aveva<br />

distaccato il S.ten. <strong>in</strong>g. Giuseppe Brezzi, che apparteneva al<strong>la</strong> DTAM stessa. Ottenuta <strong>la</strong> commessa per <strong>la</strong><br />

costruzione del velivolo, l'Ansaldo si impegnò attivamente per <strong>la</strong> realizzazione delle necessarie offic<strong>in</strong>e.<br />

A Borzoli Mare, nei pressi di Genova, venne realizzato il Cantiere aeronautico n.1, costruito su un'area di<br />

60.000 mq, con capannoni coperti di 35.000 mq; <strong>la</strong> prima pietra venne posta nel gennaio 1917. La direzione del<br />

Cantiere venne assunta dall'<strong>in</strong>g. Brezzi. Da questo cantiere, nel marzo - aprile del 1917, uscirono i primi<br />

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esemp<strong>la</strong>ri del nuovo velivolo, ai quali venne dato il nome SVA (Savoia-Verduzio-Ansaldo). Poiché il cantiere<br />

non possedeva un proprio campo di volo, i velivoli venivano trasferiti al campo di Grosseto per i necessari<br />

col<strong>la</strong>udi, col<strong>la</strong>udatore il serg. Mario Stoppani, di Lovere (Bergamo). Il 19 marzo 1917 lo SVA effettuò il primo<br />

volo.<br />

L'Ansaldo approntò poi il Cantiere n. 2, a Genova-Bolzaneto sul<strong>la</strong> sponda del Polcevera con un proprio<br />

campo di volo; il Cantiere n. 3, a Tor<strong>in</strong>o con proprio campo di volo; il Cantiere n. 4, a Cadimare nel Golfo di<br />

Spezia per <strong>la</strong> costruzione e il col<strong>la</strong>udo del<strong>la</strong> versione idrovo<strong>la</strong>nte; il Cantiere n. 5, tra Tor<strong>in</strong>o e Rivoli con proprio<br />

campo di volo. L'impegno profuso dall'Ansaldo nel progetto fu enorme, le difficoltà superate <strong>in</strong>genti. Basti<br />

pensare al fatto che le maestranze impegnate non avevano alcuna esperienza di costruzioni <strong>in</strong> legno,<br />

provenendo prevalentemente dai cantieri navali con esperienza di carpenteria metallica; e quelle che avevano<br />

esperienza di costruzioni <strong>in</strong> legno provenivano dal settore dei mobilieri e non erano educate a rispettare le<br />

misure, precise f<strong>in</strong>o al millimetro, che non potevano essere disattese nelle costruzioni aeronautiche. Dai<br />

Cantieri Ansaldo uscirono, nel corso del<strong>la</strong> guerra, 775 SVA terrestri (483 nel solo secondo trimestre 1918) e 50<br />

SVA idro. La costruzione dello SVA era stata commissionata anche ad altre <strong>in</strong>dustrie, che complessivamente<br />

produssero 470 apparecchi (264 nel secondo trimestre 1918). Nel corso del<strong>la</strong> guerra vennero costruiti<br />

complessivamente 1245 apparecchi SVA. Ne erano stati ord<strong>in</strong>ati 2400.<br />

Lo SVA venne realizzato <strong>in</strong> molte varianti, che differivano tra loro anche solo <strong>in</strong> pochi partico<strong>la</strong>ri. Le<br />

versioni più prodotte furono lo SVA 4, che può essere considerato il modello base, e lo SVA 5, che differiva dal<br />

precedente per una maggior capacità del serbatoio di benz<strong>in</strong>a (300 litri <strong>in</strong>vece di 180, con un conseguente<br />

<strong>in</strong>cremento dell'autonomia di volo, 7 ore <strong>in</strong>vece di 4 ore). Lo SVA 5 venne prodotto anche <strong>in</strong> versione biposto <strong>in</strong><br />

occasione del volo su Vienna. Altre versioni furono lo SVA 9 biposto da scuo<strong>la</strong> e lo SVA 10 biposto da<br />

ricognizione.<br />

Dopo i favorevoli col<strong>la</strong>udi di Stoppani, lo SVA venne ulteriormente col<strong>la</strong>udato da un pilota militare, il Cap.<br />

Ettore Croce, che espresse un giudizio favorevole sulle qualità manovriere del velivolo. Queste conclusioni<br />

vennero ribaltate da una qualificata commissione composta dai migliori piloti da caccia italiani: Magg. Pier<br />

Ruggiero Piccio, Cap. Francesco Baracca, Ten. Ferruccio Ranza ed altri, provenienti, pr<strong>in</strong>cipalmente, dal<strong>la</strong> 91ª<br />

squadriglia caccia e che vo<strong>la</strong>vano con lo SPAD S.VII. Nel loro rapporto del 18 settembre 1917 questi piloti, pur<br />

apprezzando <strong>la</strong> maggior velocità del nuovo velivolo, ne <strong>la</strong>mentarono una m<strong>in</strong>or manovrabilità e una m<strong>in</strong>ore<br />

visibilità rispetto allo SPAD. Rilevarono <strong>in</strong>oltre che le mitragliatrici erano troppo distanti dal pilota così che un<br />

<strong>in</strong>tervento <strong>in</strong> caso di <strong>in</strong>ceppamento dell'arma risultava difficoltoso.<br />

In seguito a queste osservazioni lo SVA venne rifiutato come caccia, ma venne <strong>in</strong>vece accettato come<br />

ricognitore veloce, <strong>in</strong> base ai risultati di alcuni voli dimostrativi su lunghi percorsi. Nel mese di agosto Stoppani,<br />

sul percorso Tor<strong>in</strong>o - Ud<strong>in</strong>e - Tor<strong>in</strong>o, aveva coperto 1100 km <strong>in</strong> c<strong>in</strong>que ore; sul percorso Tor<strong>in</strong>o - Roma aveva<br />

coperto 600 km <strong>in</strong> 2ore 50m<strong>in</strong>uti, al<strong>la</strong> media, <strong>in</strong> ambedue i casi, di 220 km/h. Lombardi sul percorso Mi<strong>la</strong>no -<br />

Foggia - Bologna aveva coperto 1450 km <strong>in</strong> 6ore 50 m<strong>in</strong>uti. Tutti voli effettuati senza scali <strong>in</strong>termedi. La riserva<br />

avanzata circa <strong>la</strong> posizione delle mitragliatrici era stata sciolta, arretrando le due armi e posizionandole più<br />

vic<strong>in</strong>e al pilota.<br />

Nel periodo settembre - ottobre, sul campo di Ponte S.Pietro, a Bergamo, venne costituita una Sezione<br />

autonoma SVA, dest<strong>in</strong>ata a diventare operativa entro <strong>la</strong> f<strong>in</strong>e dell'anno. L'<strong>in</strong>serimento dell'unità venne ritardato<br />

dagli eventi di Caporetto. Lo SVA si impose def<strong>in</strong>itivamente come apparecchio da ricognizione e da<br />

bombardamento nel febbraio del 1918. Quattro apparecchi, pilotati dal Cap. Natale Palli, il pilota che avrebbe<br />

portato D'Annunzio su Vienna nell'agosto, il Cap. Palma di Cesno<strong>la</strong>, il S.ten. Ors<strong>in</strong>i e il Serg. Bartolomeo<br />

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Arrigoni, di Bergamo, raggiungevano Innsbruck e bombardavano gli impianti ferroviari, documentando con<br />

riprese fotografiche i risultati dell'<strong>in</strong>cursione. Gli apparecchi raggiungevano il bersaglio percorrendo <strong>la</strong> Valle<br />

dell'Adige e rientravano a Ponte S.Pietro percorrendo <strong>la</strong> Valle dell'Inn, <strong>la</strong> Valtell<strong>in</strong>a e <strong>la</strong> Val Seriana, dopo tre<br />

ore di volo.<br />

Sulle presunte scarse qualità manovriere degli SVA, che ne avevano giustificato <strong>la</strong> bocciatura come<br />

caccia, è <strong>in</strong>teressante riportare un episodio narrato da un suo pilota, il Ten. G<strong>in</strong>o Allegri che, da D'Annunzio,<br />

per <strong>la</strong> sua barba fluente, era stato soprannom<strong>in</strong>ato "Fra G<strong>in</strong>epro". In una lettera al<strong>la</strong> madre, Allegri racconta di<br />

un f<strong>in</strong>to combattimento aereo <strong>in</strong>gaggiato tra lui, a bordo di uno SVA, e un asso del<strong>la</strong> caccia italiana, Ferruccio<br />

Ranza, a bordo di uno SPAD. Era il 19 febbraio 1918:<br />

L'aspettativa era enorme, i miei compagni di squadriglia mi facevano le ultime raccomandazioni e i loro sguardi<br />

mi lisciavano, come Sir Robert guarda i suoi cavalli prima del<strong>la</strong> corsa. Saliti a 1500 metri, lui ed io facevamo<br />

ampi giri per studiarci a vicenda; si roteava, l'uno discosto dall'altro come usano i falchi e le aquile <strong>in</strong> alta<br />

montagna.<br />

Così rimanemmo per c<strong>in</strong>que m<strong>in</strong>uti, attendendo, ciascuno, <strong>la</strong> svista dell'avversario. Ma, né lui né io ci<br />

<strong>la</strong>sciavamo sorprendere.<br />

Ad un tratto ci mettemmo l'uno contro l'altro sul diametro del cerchione che si tracciava. Con un loop<strong>in</strong>g d'a<strong>la</strong> mi<br />

misi <strong>in</strong> coda immediatamente, e qui com<strong>in</strong>ciò <strong>la</strong> danza del<strong>la</strong> morte. Lui si torceva <strong>in</strong> aria, balzava, faceva<br />

loop<strong>in</strong>g, avvitamenti, salite, dietro-front; ma non seppe togliermi di coda! Fu un avvenimento senza pari per<br />

circa un quarto d'ora.<br />

Poi salimmo nuovamente a 1600 metri, e il mio avversario più guard<strong>in</strong>go, adottò altro sistema, e fu altra <strong>la</strong> mia<br />

risposta.<br />

Ebbi una seconda magnifica vittoria quando scesi. Trovai tutta <strong>la</strong> gente che mi stendeva <strong>la</strong> mano. Ricevetti i<br />

complimenti di tutti gli "assi", Baracca, Ruffo, ecc.<br />

Non ti parlo dei miei compagni, che piangevano quasi dal<strong>la</strong> conso<strong>la</strong>zione. Infatti a parere di tutti, nel campo non<br />

vi fu mai avvenimento simile. Figurati che gli stavo a meno di dieci metri di distanza, facendo acrobazie.<br />

A me poi basta l'onore che Baracca, Ruffo e lo stesso Ranza mi avessero fatta <strong>la</strong> proposta di entrare nel<strong>la</strong> loro<br />

squadriglia.<br />

Un apparecchio che si trova un caccia <strong>in</strong> coda, è un apparecchio f<strong>in</strong>ito. Questa dimostrazione <strong>la</strong>scia<br />

pensare che <strong>la</strong> bocciatura dello SVA come caccia, non sia stata sufficientemente ponderata.<br />

E gli SVA raccolsero altri successi.<br />

Nel maggio Natale Palli volò per 750 km, con un solo scalo, sul percorso Br<strong>in</strong>disi - Cattaro - Cettigne -<br />

Scutari - Durazzo - Valona - Br<strong>in</strong>disi. Percorse 350 km su territorio nemico e 300 km sul mare.<br />

Ancora nel maggio, Antonio Locatelli e Francesco Ferrar<strong>in</strong> vo<strong>la</strong>rono per 750 km (ore 4.14) sul percorso<br />

Ghedi - Glorenza - Nauders - Arlberg - Bludenz - Valle del Reno - Lago di Costanza - Bregenz - L<strong>in</strong>dau -<br />

Friedrichshafen e ritorno.<br />

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Nel giugno, Palli volò per circa 1000 km (ore 5.45) sul percorso Jesi - medio Adriatico - costa dalmata -<br />

Zara - Sebenico - Spa<strong>la</strong>to - Metkovic - basso Adriatico. Ancora nel giugno Padova - Trieste - Po<strong>la</strong> e ritorno.<br />

A luglio Locatelli volò per 1.000 km, dei quali circa 800 km <strong>in</strong> territorio nemico, sul percorso Padova -<br />

Zagabria - Karlstadt - Fiume - Trieste - Padova.<br />

E poi <strong>in</strong> agosto l'<strong>in</strong>cursione su Vienna.<br />

IL VOLO SU VIENNA - Era un venerdì il giorno 9 agosto, quando undici SVA del<strong>la</strong> 87ª<br />

squadriglia “La Serenissima” decol<strong>la</strong>rono dal campo di San Pe<strong>la</strong>gio a Padova con dest<strong>in</strong>azione Vienna: uno<br />

SVA biposto e dieci SVA 5 monoposto. Tre dei monoposto furono costretti a rientrare al campo per noie al<br />

motore; degli altri otto, sette raggiunsero Vienna, uno era stato costretto all'atterraggio <strong>in</strong> territorio austriaco. I<br />

piloti che raggiunsero Vienna erano: Cap. Natale Palli, che pilotava lo SVA biposto con a bordo D'Annunzio,<br />

S.ten. G<strong>in</strong>o Allegri, Ten. Ludovico Censi, Ten. Aldo F<strong>in</strong>zi, Ten. Giordano Bruno Granzarolo, Ten. Antonio<br />

Locatelli, Ten. Piero Massoni. Sul<strong>la</strong> capitale austriaca non <strong>la</strong>ncio di bombe, ma di soli vo<strong>la</strong>nt<strong>in</strong>i di propaganda.<br />

Partiti alle 5.50 dal campo di S.Pe<strong>la</strong>gio (Padova) vi facevano ritorno verso le 12.30, dopo essere rimasti sul<br />

cielo di Vienna per circa venti m<strong>in</strong>uti.<br />

L'Agenzia Stefani così ne diede l'annuncio:<br />

Una pattuglia di otto apparecchi nazionali, un biposto e sette monoposto al comando del maggiore D'Annunzio,<br />

ha eseguito stamane un bril<strong>la</strong>nte "raid" su Vienna, compiendo un percorso complessivo di circa 1.000<br />

chilometri, dei quali oltre 800 su territorio nemico.<br />

I nostri aerei, partiti alle ore 5.50, dopo aver superato non lievi difficoltà atmosferiche, raggiungevano alle ore<br />

9.20 <strong>la</strong> città di Vienna, su cui si abbassavano a quota <strong>in</strong>feriore agli 800 metri, <strong>la</strong>nciando parecchie migliaia di<br />

manifesti.<br />

Sulle vie del<strong>la</strong> città era chiaramente visibile l'agglomeramento del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione.<br />

I nostri apparecchi, che non vennero fatti segno ad alcuna reazione da parte del nemico, al ritorno vo<strong>la</strong>rono su<br />

Wiener-Neustadt, Graz, Lubiana e Trieste. La pattuglia partì compatta, si mantenne <strong>in</strong> ord<strong>in</strong>e serrato lungo<br />

tutto il percorso e rientrò al campo di aviazione alle 12.40.<br />

Manca un solo nostro apparecchio che, per un guasto al motore, sembra sia stato costretto ad atterrare nelle<br />

vic<strong>in</strong>anze di Wiener-Neustadt.<br />

Ogni apparecchio imbarcava venti chili di vo<strong>la</strong>nt<strong>in</strong>i, due redatti <strong>in</strong> italiano e <strong>in</strong> tedesco, compi<strong>la</strong>ti<br />

dall'Ufficio Stampa e Propaganda del Regio Esercito, un terzo che era stato sti<strong>la</strong>to da D'annunzio stesso.<br />

I manifesti <strong>la</strong>nciati su Vienna dicevano:<br />

Non é vero<br />

che i governi dell'Intesa rifiut<strong>in</strong>o una pace giusta <strong>la</strong> quale dia a tutti i popoli il diritto di vivere liberi, e assicuri il<br />

mondo contro il ripetersi di guerre al<strong>la</strong> prussiana, per conquistare, predare e dom<strong>in</strong>are.<br />

Questa pace giusta i governi dell'Intesa <strong>la</strong> accetterebbero subito perché solo per essa combattono. La<br />

pace prussiana non l'accetteranno mai.<br />

L'Intesa non accetterà mai<br />

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paci come quel<strong>la</strong> di Brest-Litowsk o di Bucarest che non danno né pace né libertà né giustizia: <strong>in</strong>ganni non<br />

trattati, tregue non paci.<br />

Queste paci hanno fatto più male a voi che al<strong>la</strong> Russia e al<strong>la</strong> Rumenia perché hanno rive<strong>la</strong>to a tutto il<br />

mondo: Questo è l'animo del Governo tedesco, questo é l'animo del governo austroungarico.<br />

E il mondo ha risposto - Mai. Non vi é pace né per gli uom<strong>in</strong>i né per i popoli, senza libertà e senza<br />

giustizia.<br />

Viennesi!<br />

quanto i popoli dell'Intesa voi sapete quello che valgono le promesse del<strong>la</strong> Germania.<br />

Liberatevi!<br />

Pensate alle <strong>in</strong>giurie, alle vanterie, alle promesse di rap<strong>in</strong>a con cui i vostri Generali nei loro proc<strong>la</strong>mi<br />

hanno sp<strong>in</strong>to il vostro esercito valoroso contro <strong>la</strong> libera Italia, per soggiogar<strong>la</strong> e saccheggiar<strong>la</strong>.<br />

Ecco: avete trovato <strong>la</strong> sconfitta <strong>in</strong>vece del<strong>la</strong> vittoria e il sangue <strong>in</strong>vece del pane.<br />

L'Italia non risponde con <strong>in</strong>giurie a quelle <strong>in</strong>giurie. Essa cont<strong>in</strong>ua impavida <strong>la</strong> guerra che combatte dal<br />

1848, dal 1859, dal 1866 per <strong>la</strong> libertà di tutti i suoi figli, per <strong>la</strong> libertà di tutti i popoli.<br />

Non è una guerra contro i tedeschi e contro gli ungheresi ma contro i loro governi oppressori.<br />

Tutto il popolo civile è con l'Italia.<br />

Da tutto il mondo, attraverso il libero mare, le giungono armi, danaro, vettovaglie, consensi. E tutto il suo<br />

popolo, anche i repubblicani, i socialisti, i cattolici, è unito <strong>in</strong>torno al suo Re.<br />

Deve essere l'ultima guerra.<br />

La pace deve essere universale e def<strong>in</strong>itiva: non é <strong>la</strong> pace del<strong>la</strong> spada e del terrore, ma <strong>la</strong> pace del<strong>la</strong><br />

fede e del <strong>la</strong>voro comune.<br />

Non <strong>la</strong> Mitteleuropa cupida sospettosa violenta ed <strong>in</strong>iqua, ma <strong>la</strong> piena e durevole concordia tra le Nazioni<br />

deve nascere da quel<strong>la</strong> pace, per <strong>la</strong> felicità nostra e vostra.<br />

Viennesi!<br />

Ricordatevi del 13 Marzo 1848 quando <strong>la</strong>nciaste lo stesso grido di libertà che risuonava fraterno a Parigi,<br />

a Mi<strong>la</strong>no, a Venezia.<br />

Viennesi liberatevi!<br />

Un secondo manifest<strong>in</strong>o diceva (<strong>in</strong> tedesco):<br />

Viennesi!<br />

Imparate a conoscere gli Italiani!<br />

Se lo volessimo, noi potremmo <strong>la</strong>nciare molte tonnel<strong>la</strong>te di bombe sul<strong>la</strong> vostra Città, <strong>in</strong>vece vi mandiamo<br />

un saluto del Tricolore, il Tricolore del<strong>la</strong> libertà.<br />

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Noi Italiani non facciamo <strong>la</strong> guerra ai cittad<strong>in</strong>i, ai bamb<strong>in</strong>i, ai vecchi e alle donne. Noi facciamo <strong>la</strong> guerra al<br />

vostro Governo, al nemico del<strong>la</strong> libertà nazionale, al vostro cieco caparbio spietato Governo, che non sa darvi<br />

né pane né libertà e che vi nutre di odio e di illusorie speranze.<br />

Viennesi!<br />

Di voi si dice che siate <strong>in</strong>telligenti, tuttavia da quando voi avete <strong>in</strong>dossata l'uniforme prussiana voi siete<br />

caduti al livello di un berl<strong>in</strong>ese zoticone e tutto il Mondo si è rivoltato contro di voi.<br />

Voi volete proseguire <strong>la</strong> guerra? Fatelo, se volete commettere suicidio! Cosa sperate? La vittoria decisiva<br />

che i Generali prussiani vi hanno promesso?<br />

La loro vittoria decisiva è come il pane dall'Ucra<strong>in</strong>a: si aspetta e si muore prima che arrivi.<br />

Popolo di Vienna! Pensa a cosa ti aspetta e svegliati!<br />

VIVA LA LIBERTÀ'<br />

VIVA GLI ITALIANI!<br />

VIVA L'INTESA<br />

Il messaggio di D'Annunzio diceva:<br />

In questo matt<strong>in</strong>o d'agosto, mentre si compie il quarto anno del<strong>la</strong> vostra convulsione disperata e<br />

lum<strong>in</strong>osamente <strong>in</strong>com<strong>in</strong>cia l'anno del<strong>la</strong> nostra piena potenza, l'a<strong>la</strong> tricolore vi apparisce all'improvviso come<br />

<strong>in</strong>dizio del dest<strong>in</strong>o che si volge.<br />

Il dest<strong>in</strong>o si volge. Si volge verso noi con una certezza di ferro. E' passata per sempre l'ora di quel<strong>la</strong><br />

Germania che vi trasc<strong>in</strong>a, vi umilia e vi <strong>in</strong>fetta. La vostra ora è passata. Come <strong>la</strong> nostra fede fu <strong>la</strong> più forte, ecco<br />

che <strong>la</strong> nostra volontà predom<strong>in</strong>a. Predom<strong>in</strong>erà s<strong>in</strong>o al<strong>la</strong> f<strong>in</strong>e. I combattenti vittoriosi del Piave, i combattenti<br />

vittoriosi del<strong>la</strong> Marna lo sentono, lo sanno, con una ebbrezza che moltiplica l'impeto. Ma se l'impeto non<br />

bastasse, basterebbe il numero; e questo è detto per coloro che usano combattere dieci contro uno. L'At<strong>la</strong>ntico<br />

è una via che non si chiude, ed è una via eroica, come dimostrano i novissimi <strong>in</strong>seguitori che hanno colorato<br />

l'Ourcq di sangue tedesco.<br />

Sul vento di vittoria che si leva dai fiumi del<strong>la</strong> libertà, non siamo venuti se non per <strong>la</strong> gioia dell'arditezza,<br />

non siamo venuti se non per <strong>la</strong> prova di quel che potremo osare e fare quando vorremo, nell'ora che<br />

sceglieremo.<br />

Il rombo del<strong>la</strong> giovane a<strong>la</strong> italiana non somiglia a quello del bronzo funebre, nel cielo mattut<strong>in</strong>o. Tuttavia<br />

<strong>la</strong> lieta audacia sospende fra Santo Stefano e il Graben una sentenza non revocabile, o Viennesi.<br />

VIVA L'ITALIA<br />

Gabriele D'Annunzio<br />

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Sarà per <strong>la</strong> massa di proc<strong>la</strong>mi e messaggi di ogni tipo che mi hanno bombardato <strong>in</strong> questi anni e che mi<br />

hanno frastornato, ma considero questi messaggi un po' fiacchi. Se <strong>in</strong> quel matt<strong>in</strong>o del 9 agosto i Viennesi si<br />

sono sentiti sconvolti, penso che lo siano stati più nel vedere otto apparecchi italiani girare <strong>in</strong>disturbati sopra le<br />

loro teste che non nel leggere le parole contenute nei vo<strong>la</strong>nt<strong>in</strong>i. Penso che quello che ha sconvolto i Viennesi<br />

sia stato il solo fatto di vedere migliaia e migliaia di foglietti rossi-bianchi-verdi cadere dovunque sul<strong>la</strong> loro città<br />

e non il leggere le parole che quei foglietti contenevano. Di messaggi e di proc<strong>la</strong>mi emessi nel corso del<strong>la</strong><br />

guerra 1915-1918 ne ho letti alcuni molto più efficaci, co<strong>in</strong>volgenti ed emozionanti di questi. Penso al proc<strong>la</strong>ma<br />

« With our backs to the wall » del Field Marshall Sir Doug<strong>la</strong>s Haig.<br />

Nel volo su Vienna l'apparecchio di Locatelli ebbe ad occupare il posto a s<strong>in</strong>istra del biposto, disarmato,<br />

di Palli e D'Annunzio e da D'Annunzio ebbe <strong>la</strong> qualifica "Il giovane leone di guardia". La posizione a destra era<br />

occupata dall'apparecchio di Allegri. E Locatelli, con <strong>la</strong> macch<strong>in</strong>a fotografica montata sul suo apparecchio e con<br />

una sua picco<strong>la</strong> macch<strong>in</strong>a per istantanee, raccolse una abbondante documentazione dell'impresa. Una<br />

macch<strong>in</strong>a fotopanoramica con 12 <strong>la</strong>stre era montata su ogni s<strong>in</strong>golo apparecchio, mentre erano due quelle<br />

montate sull'apparecchio di Palli.<br />

Di un volo su Vienna D'Annunzio se ne occupava da tempo, ma dal Comando supremo non otteneva mai<br />

il permesso. Solo al<strong>la</strong> f<strong>in</strong>e di agosto del 1917 il permesso venne accordato per un apparecchio Caproni CA 450<br />

HP: l’aereo venne disarmato ed equipaggiato con serbatoi supplementari per portarne l'autonomia a circa 900<br />

km. Prima alcuni contrattempi <strong>in</strong>dussero il Comando a ritardare <strong>la</strong> partenza, che era stata fissata per il 5<br />

Settembre, poi Caporetto decise il Comando a cancel<strong>la</strong>re def<strong>in</strong>itivamente <strong>la</strong> missione. Nel<strong>la</strong> primavera del 1918<br />

il progetto venne ripreso con l'impiego di velivoli biposto SIA. Nel giugno l'esecuzione del<strong>la</strong> missione venne<br />

def<strong>in</strong>itivamente fissata, ma il compito veniva affidato al<strong>la</strong> 87ª squadriglia "La Serenissima", equipaggiata con<br />

SVA 5 monoposto. L’impresa si era però fatta più difficile, perché, a causa dell'arretramento delle l<strong>in</strong>ee <strong>in</strong><br />

seguito al disastro di Caporetto, il percorso si allungava di circa 200 km. Il Comandante superiore<br />

d'Aeronautica, il generale Luigi Bongiovanni, il 26 giugno <strong>in</strong>formò D'Annunzio del<strong>la</strong> sua esclusione dal volo su<br />

Vienna. Questo fatto gettava D'Annunzio nello sconforto, dato che egli, non essendo pilota, non avrebbe potuto<br />

partecipare all'impresa da lui da lunghi anni caldeggiata. Scrisse all'<strong>in</strong>g. Brezzi dell'Ansaldo questa lettera:<br />

Mio caro Ingegnere,<br />

osai ieri chiamarLa urgentissimamente al mio soccorso sperando che El<strong>la</strong> potesse accorrere a ricevere <strong>la</strong><br />

mia supplicazione dal<strong>la</strong> mia viva voce.<br />

El<strong>la</strong> sa che da più di due anni io lotto contro i soliti divieti e <strong>la</strong> solita <strong>in</strong>erzia per andare <strong>in</strong> volo su Vienna.<br />

El<strong>la</strong> forse sa che nel settembre 1917 feci attrezzare un Caproni e compii nove ore e un quarto di volo<br />

consecutive, e che - dopo questa prova conv<strong>in</strong>cente - ebbi alf<strong>in</strong>e l'ord<strong>in</strong>e di partire: ord<strong>in</strong>e ritirato senza<br />

ragione, <strong>in</strong> seguito a non so quali congiure tollerate dal vecchio regime.<br />

Il generale Bongiovanni mi promise che - se l'impresa su Vienna fosse stata tentata - io l'avrei condotta.<br />

Ora l'impresa é deliberata e sarà fatta con i suoi S.V.A.<br />

Io non sono pilota da caccia. Per accompagnare <strong>la</strong> squadriglia, dovrei montare sopra un “biposto”. Ma il<br />

“biposto” ord<strong>in</strong>ario ha poco più di due ore di volo. Il capitano Burlò pensa che l'<strong>in</strong>gegnere Brezzi - <strong>in</strong>gegnere di<br />

molti <strong>in</strong>gegni - possa <strong>in</strong> pochi giorni compiere il prodigio e, trasformando le ali, dare all'apparecchio una più<br />

lunga potenza di volo.<br />

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Di questo volevo par<strong>la</strong>rLe. Le mie sorti sono nelle Sue mani sapienti.<br />

Mi sembra impossibile che una squadra italiana vada su Vienna senza di me che sono il primo<br />

propositore e preparatore dell'impresa. La mia prima preparazione e proposta formale rimonta all'ottobre del<br />

1915.<br />

Veda quel che si può fare per risparmiarmi tanto dolore.<br />

Le sarò grato <strong>in</strong> proposito.<br />

E l'<strong>in</strong>gegnere Brezzi risolse il problema approntando un apparecchio biposto. Il prototipo però andò distrutto <strong>in</strong><br />

un volo di prova, causando <strong>la</strong> morte del col<strong>la</strong>udatore Cap. Luigi Bourlot, che D'Annunzio aveva scelto come<br />

suo pilota per <strong>la</strong> missione. All'<strong>in</strong>g. Brezzi non restò che trasformare uno SVA 5 monoposto <strong>in</strong> biposto e<br />

attrezzarlo con un serbatoio supplementare da 300 litri per consentire un’autonomia di volo di sette ore. Il<br />

serbatoio, a forma di poltrona, venne posto sotto il seggiol<strong>in</strong>o del passeggero, per cui D'Annunzio lo def<strong>in</strong>ì "<strong>la</strong><br />

sedia <strong>in</strong>cendiaria". Lo SVA 5 monoposto venne anche soprannom<strong>in</strong>ato “tipo Vienna”, mentre lo SVA 5 biposto<br />

venne soprannom<strong>in</strong>ato “tipo Berl<strong>in</strong>o”, perché D'Annunzio si riprometteva di compiere con questo apparecchio<br />

un’<strong>in</strong>cursione su Berl<strong>in</strong>o, partendo dai conf<strong>in</strong>i meridionali del<strong>la</strong> Germania, raggiunti a seguito dell'armistizio di<br />

Vil<strong>la</strong> Giusti. Lo SVA 5 biposto, da esemp<strong>la</strong>re unico dannunziano, divenne poi una nuova versione, lo SVA 9 da<br />

addestramento e poi lo SVA 10 da ricognizione, munito di motore IF-V.6 da 260 HP e con velocità di 230 km/h.<br />

LA COSTRUZIONE DELL’A.1 - Il rigetto dello SVA come caccia <strong>in</strong>dusse l'Ansaldo e<br />

l'<strong>in</strong>g. Brezzi a progettare un altro apparecchio che potesse effettivamente sostituire i caccia allora <strong>in</strong> servizio<br />

presso l'Aviazione militare italiana e che erano tutti di costruzione o di progettazione francese, HANRIOT,<br />

NIEUPORT e SPAD.<br />

Il nuovo apparecchio ricalcava le l<strong>in</strong>ee dello SVA, qualcuno ha par<strong>la</strong>to di copia pantografata. Dallo SVA<br />

differiva per le m<strong>in</strong>ori dimensioni, per le due mitragliatrici poste <strong>la</strong>teralmente al motore ma coperte dal<strong>la</strong><br />

carenatura del motore e per i montanti tra le ali, verticali <strong>in</strong>vece che a V. Però, nonostante il m<strong>in</strong>or peso e le<br />

m<strong>in</strong>ori dimensioni, <strong>la</strong> velocità non aumentò rispetto a quel<strong>la</strong> dello SVA. E questo costituì un disappunto per il<br />

progettista. Il serbatoio del carburante era costituito <strong>in</strong> modo tale che, <strong>in</strong> caso di avaria o di pr<strong>in</strong>cipio di<br />

<strong>in</strong>cendio, il serbatoio poteva essere sganciato dal pilota con manovra semplice. Un serbatoio supplementare<br />

posto nell'a<strong>la</strong> superiore poteva allora entrare <strong>in</strong> funzione.<br />

Il prototipo di questo apparecchio venne col<strong>la</strong>udato da Stoppani nell'estate del 1917, mentre l'Ansaldo era<br />

impegnata nel potenziare <strong>la</strong> produzione degli SVA. Questo nuovo apparecchio venne sig<strong>la</strong>to A.1 (A per<br />

Ansaldo). Anch’esso venne sottoposto al giudizio dei migliori "cacciatori" italiani. Nel marzo del 1918 venne<br />

<strong>in</strong>viato al fronte per essere sperimentato <strong>in</strong> missioni belliche e nell'agosto l'Aviazione dell'Esercito ricevette i<br />

primi A.1 di serie e <strong>la</strong> 70ª squadriglia di stanza a Gazzo venne equipaggiata con tali apparecchi.<br />

Gli A.1 n.16552 e n.16553 vennero donati dal<strong>la</strong> Camera di commercio di Genova al<strong>la</strong> flotta aerea<br />

nazionale e il 25 agosto, nel corso di una solenne cerimonia sul campo di Genova-Bolzaneto, consegnati al<br />

Cap. Natale Palli e al Ten. Antonio Locatelli quale riconoscimento per i meriti acquisiti con i lunghi voli compiuti<br />

con gli SVA 5.<br />

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Il nuovo velivolo doveva essere affidato al tenente Luigi Olivari, ligure di La Spezia, che però era morto<br />

per <strong>in</strong>cidente di volo nell'ottobre del 1917. Il tenente Olivari era stato il primo ufficiale italiano ad abbattere un<br />

apparecchio austriaco ed era un "cacciatore" provetto, al suo attivo aveva 12 vittorie aeree.<br />

I due apparecchi donati al<strong>la</strong> flotta aerea nazionale erano stati acquistati dal<strong>la</strong> Camera di commercio di<br />

Genova con fondi raccolti tra i suoi soci. Già <strong>in</strong> precedenza l’Associazione genovese del commercio dei cereali<br />

e semi aveva donato un velivolo al<strong>la</strong> flotta aerea nazionale, un Caproni da bombardamento, che era stato<br />

<strong>in</strong>tito<strong>la</strong>to a “Balil<strong>la</strong>” e che era andato perso il 13 ottobre 1916 durante una missione di guerra <strong>in</strong> Albania. Era<br />

pilotato dal Cap. Ercole Ercole, decorato, per l'episodio, con medaglia d'oro e che per precedenti atti di eroismo<br />

era già stato decorato con medaglia d'argento.<br />

Ecco alcuni brani dei resoconti giornalistici dell'epoca, che descrivono <strong>la</strong> cerimonia al campo di<br />

Bolzaneto.<br />

Parecchi velivoli attendono; gli scafi snelli degli SVA <strong>in</strong> toeletta da volo; accanto due modelli d'uno stesso<br />

tipo più breve e più raccolto; fusoliera meno snel<strong>la</strong>, carl<strong>in</strong>ga più vasta, come un più capace petto dest<strong>in</strong>ato a<br />

polmoni più possenti, ali più strette e più brevi: <strong>la</strong> cica<strong>la</strong> accanto al<strong>la</strong> libellu<strong>la</strong>.<br />

E' il “Balil<strong>la</strong>” che porta sul<strong>la</strong> carl<strong>in</strong>ga, dip<strong>in</strong>to da Amos Natt<strong>in</strong>i San Giorgio il Cavaliere. Dello stesso simbolo il<br />

pittore Di Stefano ha fregiato le ali del velivolo.<br />

Le 8 e mezza. Il sergente Stoppani scruta il cielo - s<strong>in</strong>fonia di toni grigi composti e decomposti dal vento -<br />

e si appresta a <strong>in</strong>terrogarlo da vic<strong>in</strong>o.<br />

Toeletta rapida a uno SVA; affaccendarsi silenzioso e preciso di meccanici e di aviatori <strong>in</strong>torno<br />

all'apparecchio; rombo di motore e turb<strong>in</strong>are vertig<strong>in</strong>oso dell'elica; l'apparecchio freme, si s<strong>la</strong>ncia, si impenna;<br />

Stoppani è al disopra del campo brullo, degli hangars pavesati, del<strong>la</strong> tribuna decorata dagli orifiamma, dai<br />

pennoni, dalle bandiere, al disopra delle casette multicolori dissem<strong>in</strong>ate sul<strong>la</strong> coll<strong>in</strong>a, oltre <strong>la</strong> coll<strong>in</strong>a stessa,<br />

oltre il monte, oltre i forti, fra le nubi, <strong>in</strong> faccia al vento.<br />

Scende dopo pochi m<strong>in</strong>uti. E' <strong>in</strong><strong>formato</strong>. Il tempo non rappresenta certo l'ideale per un col<strong>la</strong>udo ma il<br />

“Balil<strong>la</strong>” avrà il suo battesimo.<br />

Lo avrà alle 9.25 precise. Ed è un battesimo degno <strong>in</strong>sieme e dell'apparecchio e del pilota eccezionale.<br />

Sotto <strong>la</strong> mano sicura e salda dello Stoppani il “Balil<strong>la</strong>” si stacca dal suolo e subito prende quota<br />

impennandosi <strong>in</strong> una violenza d'ascesa che da il brivido. E' <strong>in</strong> alto, ma per subito abbandonarsi <strong>in</strong> una discesa<br />

rapida che a mezzo si snoda <strong>in</strong> manovre più ardue e più strane. Tutto quanto l'acrobatismo del volo ha saputo<br />

escogitare f<strong>in</strong> qui lo Stoppani offre <strong>in</strong> spettacolo al pubblico trasportandolo <strong>in</strong> un delirio d'entusiasmo: loop<strong>in</strong>g,<br />

avvitamento, discesa a foglia morta, abbandono sull'a<strong>la</strong>, arrampicata, cerchio del<strong>la</strong> morte <strong>in</strong> lunghezza, viraggi<br />

ad angoli così stretti che sembrano sfidare tutte le leggi del moto ...<br />

Apparecchio, motore e nervi del pubblico sono messi a una stessa durissima prova. Ma è il trionfo per il<br />

“Balil<strong>la</strong>” ed è un nuovo trionfo per il meraviglioso pilota abituato a tutti i successi e a tutte le vittorie.<br />

L'apparecchio prende terra e viene accompagnato, ancora fremente, ancora sbuffante come un cavallo<br />

da corsa dopo <strong>la</strong> prova, f<strong>in</strong> nello spiazzo <strong>in</strong>ghir<strong>la</strong>ndato e pavesato che dev'essere l'altare del suo battesimo e<br />

dove sono raccolte le Autorità.<br />

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Parte un secondo “Balil<strong>la</strong>”, pilotato dal tenente Piaggio che si dimostra subito degno emulo dello<br />

Stoppani, audace, calmo e sicuro non meno di lu. Acrobatismi e sorprese anche <strong>in</strong> questo volo accompagnati,<br />

<strong>in</strong>oltre, da certe improvvise manovre audacissime che sembrano una sfida a ogni prudenza e a ogni pericolo.<br />

Sono le 9.45.<br />

Anche questo secondo “Balil<strong>la</strong>” va a prendere posto accanto al primo e <strong>la</strong> fol<strong>la</strong> li circonda entrambi<br />

ammirando e commentando.<br />

Parte ancora uno SVA a due posti, identico <strong>in</strong> tutto a quello che trasportò su Vienna Gabriele D'Annunzio<br />

e il Capitano Palli. Su questo ha preso posto S.E. l'on. Chiesa che ha chiesto allo Stoppani l'emozione di un<br />

volo nel<strong>la</strong> bel<strong>la</strong> macch<strong>in</strong>a stabile e sicura.<br />

Mentre il volo si compie si affrettano i preparativi per <strong>la</strong> cerimonia del battesimo.<br />

La rituale bottiglia di Champagne viene appesa al<strong>la</strong> prua dell'apparecchio, presso al radiatore.<br />

Sono Madr<strong>in</strong>e dei due velivoli le graziose signor<strong>in</strong>e Mary Chiesa, figlio<strong>la</strong> di S.E. l'onorevole Chiesa e<br />

Cor<strong>in</strong>na Spigno, figlia del comm. Abramo Spigno, vice presidente del<strong>la</strong> nostra Camera di Commercio.<br />

Alle due gentilissime spetta il simpatico onore di sacrare al nome di San Giorgio i due “Balil<strong>la</strong>”.<br />

Ecco S.E. l'on.Chiesa che ritorna dal<strong>la</strong> sua corsa fra le nuvole; è entusiasta dell'emozione provata; del<br />

senso di stabilità e di sicurezza dell'apparecchio, dell'abilità del suo pilota. Lo Stoppani e il tenente Piaggio che<br />

seguono S.E. ricevono le congratu<strong>la</strong>zioni sue e quelle del Lord Mayor e di tutte le personalità presenti.<br />

Il battesimo: un doppio urto delle bottiglie contro le carl<strong>in</strong>ghe dei due velivoli; spruzzi e spuma di<br />

Champagne; un app<strong>la</strong>uso breve; fiori e fiori alle Madr<strong>in</strong>e che a loro volta ne <strong>in</strong>ghir<strong>la</strong>ndano le carl<strong>in</strong>ghe dest<strong>in</strong>ate<br />

a portare gli eroi di domani.<br />

I “Balil<strong>la</strong>” hanno un nome. Hanno anche, subito, uno stato civile: il Presidente del<strong>la</strong> Camera di<br />

commercio, comm. Zaccaria Oberti, fa <strong>la</strong> consegna ufficiale del velivolo a S.E. l'on.Chiesa che a sua volta lo<br />

affida al tenente Locatelli cui spetta l'onore di portarlo al fronte.<br />

………………………………………………<br />

Il Lord Mayor di Londra, l'on.Chiesa e le autorità civili e militari firmano il seguente messaggio che i piloti<br />

dei due nuovi apparecchi recheranno al Comando Supremo.<br />

A Voi, Soldati del<strong>la</strong> terra, del mare, del cielo scrutanti ansiosi i sacri lembi del<strong>la</strong> Patria <strong>in</strong>vasa che ane<strong>la</strong>te di<br />

riconquistare, i Soldati delle Offic<strong>in</strong>e, auspice il Commercio Genovese, mandano il Balil<strong>la</strong> a<strong>la</strong>to e l'augurio che<br />

presto, per <strong>la</strong> Vostra Fede, per <strong>la</strong> Vostra Forza, per il Vostro Amore, Esso voli sulle terre libere da ogni<br />

tirannide, nunzio vittorioso del supremo trionfo del<strong>la</strong> Giustizia e del<strong>la</strong> Civiltà del Mondo.<br />

Interessante <strong>la</strong> segna<strong>la</strong>zione che gli emblemi di San Giorgio dip<strong>in</strong>ti sul<strong>la</strong> carl<strong>in</strong>ga e sulle ali dell’A.1<br />

donato dal<strong>la</strong> Camera di commercio di Genova sono opera di due diversi pittori. Nel riprist<strong>in</strong>o del velivolo di<br />

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Locatelli conservato a Bergamo sembra che sia possibile il restauro degli emblemi sul<strong>la</strong> fusoliera perché<br />

ancora perfettamente leggibili, sembra <strong>in</strong>vece che sia problematico il riprist<strong>in</strong>o di quelli sul dorso superiore<br />

dell'a<strong>la</strong> <strong>in</strong>feriore, perché molto, forse troppo, deteriorati. Ci si potrebbe chiedere se sarebbe corretto sostituirli,<br />

come venti<strong>la</strong>to, con copie di quelli del<strong>la</strong> carl<strong>in</strong>ga. Non sarebbe corretto. Ma nelle opere di restauro qualche<br />

volta si deve fare solo quello che é possibile fare. Ed allora diventa corretto anche quello che, a rigore, non lo<br />

sarebbe. E questo é forse il caso dell'apparecchio di Locatelli.<br />

Dopo aver preso <strong>in</strong> carico l'apparecchio, Locatelli si trasferisce a Tor<strong>in</strong>o (28 agosto), poi a Bergamo (30<br />

agosto), poi a Padova - San Pe<strong>la</strong>gio (31 agosto). Effettua una prima missione di guerra con un volo sulle l<strong>in</strong>ee<br />

dell'Altipiano del Grappa e del Piave il 1 settembre, effettua una seconda missione il 2 settembre, una terza il 3<br />

e una quarta il 9. Al rientro da queste missioni atterra a Venezia, dove aveva preso il comando del<strong>la</strong> squadriglia<br />

SVA del<strong>la</strong> Squadra S.Marco che, agli ord<strong>in</strong>i di D'Annunzio, era a disposizione del Comando superiore del<strong>la</strong><br />

Mar<strong>in</strong>a. A S.Pe<strong>la</strong>gio rientra da Venezia il giorno 11 settembre. Il 15 parte da Venezia a bordo dello SVA usato a<br />

Vienna per una ricognizione fotografica su Fiume. Abbattuto dal<strong>la</strong> contraerea austriaca, viene fatto prigioniero,<br />

ma riesce ad <strong>in</strong>cendiare e distruggere il velivolo. Fugge dal<strong>la</strong> prigionia e riesce a rientrare nelle l<strong>in</strong>ee italiane<br />

poche ore prima del<strong>la</strong> firma dell’armistizio. Il 6 novembre, a San Pe<strong>la</strong>gio, effettua un volo con il suo “Balil<strong>la</strong>”, il 9<br />

si trasferisce a Venezia, il 12 ritorna a San Pe<strong>la</strong>gio. Il velivolo rimane <strong>in</strong> consegna al<strong>la</strong> “Serenissima” durante <strong>la</strong><br />

sua lontananza, quando viene <strong>in</strong>viato <strong>in</strong> missione militare <strong>in</strong> Argent<strong>in</strong>a. Dopo il rientro dall'Argent<strong>in</strong>a (volo<br />

Santiago - Valparaiso - Buenos Ayres, 5 agosto 1919, su SVA 5) e dopo essere stato congedato, Locatelli è<br />

autorizzato ad entrare <strong>in</strong> possesso del suo apparecchio. Dopo alcuni brevi voli, il velivolo rimane fermo al<br />

campo di Ponte S.Pietro. Nel periodo <strong>in</strong> cui Locatelli rimase prigioniero, il “Balil<strong>la</strong>” venne usato dal Ten.<br />

Francesco Ferrar<strong>in</strong>, che di Locatelli era stato compagno di volo nel<strong>la</strong> <strong>in</strong>cursione su Friedrichshafen del 21<br />

maggio.<br />

Prima che il “Balil<strong>la</strong>” venisse donato al Museo di Bergamo, allora Museo del Risorgimento, Locatelli effettuò con<br />

l’apparecchio nel corso del 1920 questi voli: 3 luglio, un volo di col<strong>la</strong>udo a S.Pe<strong>la</strong>gio (Padova); 15 agosto, da<br />

S.Pe<strong>la</strong>gio a Ghedi (Brescia), toccando <strong>la</strong> quota di 6500 metri; 24 agosto, da Ghedi a Ponte San Pietro<br />

(Bergamo); 30 agosto, 14 settembre e 17 ottobre, voli di diporto. Furono gli ultimi voli dell’aerop<strong>la</strong>no.<br />

Per quanto riguarda il nome “Balil<strong>la</strong>”, sembra che questo nome <strong>in</strong>izialmente fosse riservato<br />

all'apparecchio di Locatelli o ai due apparecchi di Locatelli e di Palli, come nome proprio <strong>in</strong>dividuale. Sembra<br />

che solo <strong>in</strong> un secondo tempo, visto il successo del nome, “Balil<strong>la</strong>” sia stato utilizzato per <strong>in</strong>dicare tutta <strong>la</strong> serie<br />

dei velivoli Ansaldo A.1.<br />

Di apparecchi A.1 entro <strong>la</strong> f<strong>in</strong>e del 1918 ne vennero costruiti complessivamente 166, di questi 153 nel<br />

solo secondo semestre. Ma ne erano stati ord<strong>in</strong>ati 1.600.<br />

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RELAZIONI COMPILATE DAL TENENTE ANTONIO LOCATELLI AL RIENTRO DALLE<br />

INCURSIONI SU FRIEDRICHSHAFEN - ZAGABRIA - VIENNA(1) - Ricognizione eseguita il 21.5.918 dal Ten.<br />

Locatelli Signor Antonio e S.ten. Ferrar<strong>in</strong> Signor Francesco.<br />

Dalle ore 8 alle 12.15' - Condizioni atmosferiche: miste.<br />

Quota assoluta: 4000 ÷ 3500; sul terreno 3000 ÷ 3500<br />

Ci <strong>in</strong>oltriamo dallo Stelvio verso Glorenza e constatiamo che non si può eseguire <strong>la</strong> ricognizione del<strong>la</strong><br />

Valle Venosta causa le nubi che <strong>la</strong> ostaco<strong>la</strong>no.<br />

Ci avviamo verso il passo di Rezia. Esam<strong>in</strong>iamo le praterie da Glorenza a Nauders, ma non troviamo il<br />

campo d'aviazione segna<strong>la</strong>to come probabile. Non risulta nemmeno il tronco di ferrovia che si al<strong>la</strong>ccia a<br />

Landeck col tronco di Innsbruck, benché alcuni tratti farebbero supporre <strong>la</strong>vori <strong>in</strong> corso o l'esistenza di una<br />

Décoville.<br />

Notiamo una vent<strong>in</strong>a di camions presso Stazione Spond<strong>in</strong>ig e nessun movimento sul<strong>la</strong> rotabile a Nord di<br />

Glorenza.<br />

Da Nauders si raggiunge l'Arlberger Pass e da qui si scende a Bludenz, qu<strong>in</strong>di per <strong>la</strong> Valle del Reno,<br />

passando per Feldkirch e Dornbirn, si raggiungono il Lago di Costanza e le città di Bregenz, L<strong>in</strong>dau e<br />

Friedrichshafen.<br />

Nelle stazioni del<strong>la</strong> Valle di Hloster, ove passa <strong>la</strong> ferrovia proveniente da Innsbruck, si nota un discreto<br />

movimento, più forte a Feldkirch, e specie a L<strong>in</strong>dau, ove vi è forte numero di vagoni e depositi notevoli. Così<br />

pure a Friedrichshafen si notano nel<strong>la</strong> stazione materiali, casse bianche e cassoni; alcune derivazioni<br />

adducono a cantieri e stabilimenti addensate di materiali.<br />

Vi sono poi due soli campi di aeronautica: uno a Nord ed al<strong>la</strong> periferia del<strong>la</strong> città, dotato di 3 grossi<br />

hangars per dirigibili (di lunghezze varie, e di cui una di forma speciale), di cantieri vasti e di gasogeni. Un<br />

secondo <strong>in</strong>vece a (NE) del<strong>la</strong> città lungo <strong>la</strong> ferrovia dotato di un hangar per dirigibile, gasogeni e di hangars per<br />

aerop<strong>la</strong>ni. A terra su questo secondo campo stava un grande aerop<strong>la</strong>no fermo. Fra questo campo e <strong>la</strong> città,<br />

sempre lungo <strong>la</strong> ferrovia, vi è un terzo piccolo campo con un vasto capannone alto, ma non si può specificare<br />

di cosa si tratta.<br />

Nel<strong>la</strong> città e nei paesi costieri si notano numerosi battelli fermi nei porti, due soli <strong>in</strong> movimento sul Lago,<br />

presso Arbon e presso L<strong>in</strong>dau . Si segna<strong>la</strong>no due treni <strong>in</strong> movimento, l'uno da Bludenz verso Feldkirch, e un<br />

secondo a Langenargen.<br />

Si eseguiscono 24 fotografie sulle località più importanti: Nauders - Schruns - Bludenz - Dornbirn -<br />

Bregenz - L<strong>in</strong>dau - Friedrichshafen.<br />

Nessun colpo di artiglieria <strong>in</strong> tutto il percorso, neppure a Friedrichshafen. Su quest'ultima località al nostro<br />

arrivo si <strong>in</strong>nalzarono apparecchi <strong>in</strong> volo senza risultato.<br />

Ritornando per <strong>la</strong> stessa rotta si atterra dopo ore 4.15 di volo.<br />

Piloti Ten. Antonio Locatelli Sottoten. Francesco Ferrar<strong>in</strong>(2)<br />

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87ª SQUADRIGLIA AEROPLANI<br />

Raid <strong>la</strong>ncio manifest<strong>in</strong>i e ricognizioni eseguite il 24 Giugno 1918 dal Ten. LOCATELLI Sign.Antonio, dalle 7.15'<br />

alle 13.95' - Quota assoluta dai 400 ai 3000 m - Condizioni atmosferiche mediocri - Condizioni di visibilità<br />

buone -<br />

Partivo per il <strong>la</strong>ncio di manifest<strong>in</strong>i a Zagabria e Karlstadt - Lungo il percorso si notava quanto segue:<br />

Alle ore 8 un piroscafo si dirigeva verso Monfalcone.<br />

Nel<strong>la</strong> regione di Vippacco esistono ancora i campi d'aviazione di Ustje - Duplje e Vippacco. Quest'ultimo è il più<br />

importante ed ha una dec<strong>in</strong>a di hangars. Solo alcuni carri erano <strong>in</strong> movimento sul<strong>la</strong> rotabile Aiduss<strong>in</strong>a<br />

Longatico. In tutte le stazioni da quest'ultimo paese a Lubiana esistono <strong>in</strong>genti depositi di materiale e legnami e<br />

casse, probabilmente provenienti dalle <strong>in</strong>dustrie locali. Specialmente importanti sono i depositi di legname <strong>in</strong><br />

tavoloni e pali di Longatico; di legname e materiali non ben def<strong>in</strong>iti a Ober<strong>la</strong>ibach e un <strong>in</strong>gente deposito di<br />

casse a Bresovitz. Un treno proveniente da Adelsberg avanzava verso Longatico alle ore 9 ed un secondo<br />

poco dopo verso Bresovitz.<br />

A Lubiana esiste un eccezionale concentramento:<br />

Numerosissime le file di vagoni specie nel<strong>la</strong> stazione presso il cimitero, ove vi erano pure tre treni <strong>in</strong><br />

movimento. In vic<strong>in</strong>anza di questa stazione nei prati a nord hanno creato delle vie lungo le quali vi sono<br />

lunghissimi depositi di casse e cassette, probabilmente di munizioni. Inoltre qui ed <strong>in</strong> altri punti vi sono dei<br />

depositi di carrette e di piccoli cumuli del<strong>la</strong> grandezza di capanne ricoperte da teloni; non si può def<strong>in</strong>ire cosa<br />

siano. Su un piazzale presso questi depositi ma a nord del<strong>la</strong> stazione esiste un agglomeramento che lo<br />

scrivente crede artiglierie di piccolo e medio calibro (oltre i 100 pezzi). Numerosi gli stabilimenti con materiale<br />

nei re<strong>la</strong>tivi cortili e piazzali. Esistono <strong>in</strong>oltre <strong>in</strong> città parecchi parchi di camions.<br />

In difesa del<strong>la</strong> città hanno <strong>in</strong>stal<strong>la</strong>to batterie antiaeree; due apparecchi, uno da ricognizione e l'altro da<br />

caccia, si sono alzati <strong>in</strong> volo.<br />

Proseguivo <strong>la</strong> rotta sul<strong>la</strong> destra del<strong>la</strong> Sava osservando i paesi del<strong>la</strong> valle, alcuni dei quali hanno <strong>in</strong>dustrie<br />

attive; ma non notavo che poco materiale nelle stazioni e un'aspetto normale. Così Littai, Ste<strong>in</strong>bruck, e<br />

Gurkfeld. A Ste<strong>in</strong>bruck due treni erano <strong>in</strong> movimento, uno verso Lubiana e l'altro verso Cilli (alle ore 9.40').<br />

Arrivavo alle 10 a Zagabria ad una quota di circa 3000 m. qu<strong>in</strong>di mi abbassavo spiraleggiando sul<strong>la</strong> città f<strong>in</strong>o a<br />

circa 400 metri sul terreno ed eseguivo il <strong>la</strong>ncio dei manifest<strong>in</strong>i e fotografie. M'<strong>in</strong>trattenevo venti m<strong>in</strong>uti sul<strong>la</strong><br />

città girando a bassissima quota e salutando <strong>la</strong> gente che gremiva tutte le strade e le piazze e si fermava<br />

tranquil<strong>la</strong> a guardare. Lo scrivente dal passeggio crede che fosse giorno festivo. Dopo qualche m<strong>in</strong>uto pare che<br />

i primi manifest<strong>in</strong>i toccassero il suolo perché si vide del<strong>la</strong> gente correre <strong>in</strong> disord<strong>in</strong>e <strong>in</strong> alcune vie.<br />

Presso Zagabria, a Podsused, un treno per metà carico di casse risaliva <strong>la</strong> Sava alle 9.50'; alle 10 partiva<br />

da Zagabria, nel<strong>la</strong> stessa direzione, un secondo treno; alle 10.30' un terzo arrivava da Sisak.<br />

A Zagabria esistono numerosi cantieri e stabilimenti specie nel<strong>la</strong> parte occidentale del<strong>la</strong> città. Presso<br />

questi esistono enormi depositi di cassette, casse da imbal<strong>la</strong>ggio e materiale non def<strong>in</strong>ibile. Nel<strong>la</strong> stazione<br />

occidentale del paese (Südbanhof) esistono numerosi vagoni e tutti i depositi provenienti dai vic<strong>in</strong>i cantieri.<br />

Nel<strong>la</strong> stazione a S.E. del paese (Staatbanhof) esistono tre grosse diramazioni, ciascuna dell'entità di un<br />

comune scalo con molti b<strong>in</strong>ari; queste l<strong>in</strong>ee sono gremite di parecchie cent<strong>in</strong>aia di vagoni. Fra queste<br />

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derivazioni esiste uno stabilimento con grande cumulo di rottami di ferro ed un secondo cumulo di rotoli di filo<br />

sp<strong>in</strong>oso per retico<strong>la</strong>ti. Anche qui si nota un certo numero di carrette e camions.<br />

Da Zagabria mi dirigevo a Karlstadt. Sul<strong>la</strong> s<strong>in</strong>istra del<strong>la</strong> l<strong>in</strong>ea ferroviaria esiste una vastissima foresta: <strong>la</strong><br />

Draganika Wald, questa, su un'estensione di parecchi chilometri quadrati è abbattuta per ricavarne legnami, e<br />

si dist<strong>in</strong>guono tutti i tronchi abbattuti. Per sfruttare questa foresta hanno creato una derivazione dal<strong>la</strong> ferrovia e<br />

pare che almeno parte di questo legname vada ad uno stabilimento di Zagabria situato preso i ponti del<strong>la</strong> Sava<br />

a sud del paese.<br />

A Karlstadt mi abbassavo circa a 400 metri e mi <strong>in</strong>trattenevo alcuni m<strong>in</strong>uti a girare per mostrare il tricolore<br />

e salutare. La cittad<strong>in</strong>a ha l'aspetto tranquillo, vi si poteva notare poca gente e nul<strong>la</strong> di speciale, solo un piccolo<br />

deposito nel<strong>la</strong> stazione. Un grande stabilimento è alcuni km. a occidente del paese sul<strong>la</strong> Kulpa.<br />

Da Karlstadt mi dovevo <strong>in</strong>nalzare per traversare diversi strati di nubi e sboccare sul<strong>la</strong> costa poco a nord<br />

di Fiume. Mi dirigevo sul<strong>la</strong> città. Sul<strong>la</strong> costa presso <strong>la</strong> stazione noto 4 rossi capannoni <strong>in</strong> ferro forse<br />

appartenenti ai cantieri. Nel porto, dietro al lungo molo 5 grossi piroscafi mercantili, numerosi piroscafi medi e<br />

grande numero di rimorchiatori e imbarcazioni piccole; <strong>in</strong>oltre un gruppo di siluranti. Il molo e le banch<strong>in</strong>e sono<br />

gremite di queste navi. Nel golfo di Fiume tra Fiume e Laurana erano ferme sei siluranti affiancate e poste a<br />

grande distanza tra loro. Nel<strong>la</strong> baia di Buccari nessuna nave, solo due rimorchiatori <strong>in</strong> movimento. L'atmosfera<br />

perfettamente limpida permetteva di sp<strong>in</strong>gere lo sguardo molto lontano; sul mare non fu scorto alcun trasporto<br />

<strong>in</strong> movimento.<br />

Attraverso l'Istria giungevo a Trieste ove non notavo nul<strong>la</strong> di eccezionale. Molte navi ed imbarcazioni nel<br />

porto e pochi vagoni nelle stazioni ferroviarie. Nel porto solo poco movimento di velieri e rimorchiatori.<br />

Idrovo<strong>la</strong>nti si alzavano <strong>in</strong> caccia senza raggiungermi.<br />

Fuoco antiaereo scarso e rado a Lubiana, nul<strong>la</strong> a Zagabria e Karlstadt, abbastanza vivace a Fiume,<br />

scarso a Trieste.<br />

Rientravo al campo dopo 5 ore e 50' di volo coprendo un percorso complessivo di 900 km. (<strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea retta<br />

sarebbero 800). Di questi 800 sono su territorio nemico.<br />

IL PILOTA<br />

Una re<strong>la</strong>zione sull'<strong>in</strong>cursione su Vienna è pubblicata <strong>in</strong>:<br />

f.to. Ten. Antonio Locatelli (3)<br />

Antonio Locatelli, Il Volo su Vienna - La traversata delle Ande. Bergamo, .Stab. Tip. C.Conti, s.d.(4)<br />

Da Venezia <strong>la</strong> bel<strong>la</strong> a Vienna <strong>la</strong> nemica: il volo del<strong>la</strong> “Serenissima” nelle parole di Antonio Locatelli pilota<br />

La re<strong>la</strong>zione è pubblicata <strong>in</strong>:<br />

Guido Mattioni, Il leone su Vienna - L'avventura di D'Annunzio e degli uom<strong>in</strong>i del<strong>la</strong> Serenissima nel<br />

ricordo di uno che c'era. Ud<strong>in</strong>e, Edizioni dell'Istituto - Ud<strong>in</strong>e 1981, p. 97 - 102.(5)<br />

Una re<strong>la</strong>zione sull'<strong>in</strong>cursione su Fiume è pubblicata <strong>in</strong>:<br />

Antonio Locatelli, Le Ali del Prigioniero. Mi<strong>la</strong>no, Fratelli Treves, Editori, 1924<br />

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I VELIVOLI ANSALDO DI ANTONIO LOCATELLI - LO SVA 4. Lo SVA è un bip<strong>la</strong>no ad<br />

ali diseguali, le superiori più grandi munite all'estremità di alettoni e collegate al<strong>la</strong> fusoliera da una capra <strong>in</strong> tubi<br />

di acciaio, le <strong>in</strong>feriori più piccole direttamente collegate al<strong>la</strong> fusoliera. Per compensare <strong>la</strong> torsione del motore,<br />

l'a<strong>la</strong> superiore destra è leggermente più corta (10 cm) di quel<strong>la</strong> s<strong>in</strong>istra. Le ali sono collegate tra loro da dodici<br />

tubi d'acciaio, sagomati per assicurare una buona penetrazione, che rendono <strong>in</strong>deformabile <strong>la</strong> cellu<strong>la</strong>. I tubi<br />

hanno una disposizione a V che conferisce all'apparecchio una conformazione caratteristica. Per permettere <strong>la</strong><br />

visibilità <strong>in</strong> alto e <strong>in</strong> basso, sia le ali superiori che quelle <strong>in</strong>feriori presentano, nel<strong>la</strong> parte centrale <strong>in</strong><br />

corrispondenza del loro bordo d'uscita, un'ampia apertura a sezione di cerchio. Le ali sono rivestite <strong>in</strong> seta<br />

speciale "Avis<strong>in</strong>e", di fabbricazione brevettata Ansaldo.<br />

La fusoliera ha una configurazione caratteristica: rettango<strong>la</strong>re anteriormente <strong>in</strong> corrispondenza del motore<br />

e del<strong>la</strong> cab<strong>in</strong>a di pilotaggio e triango<strong>la</strong>re nel<strong>la</strong> parte posteriore. Questa configurazione permette una buona<br />

visibilità verso il basso. Il rivestimento è <strong>in</strong> pannelli di legno compensato.<br />

L'impennaggio di coda è costituito da un piano orizzontale, con una parte fissa a lieve <strong>in</strong>cidenza negativa<br />

e con una parte mobile che agisce da timone di quota, e da un piano verticale, con una parte fissa e una parte<br />

mobile che agisce da timone di direzione. Il governo dei timoni viene effettuato con asta verticale (timone di<br />

profondità) e pedaliera (timone di direzione). Il rivestimento è <strong>in</strong> seta.<br />

Il carrello di atterraggio è composto da un supporto <strong>formato</strong> da due tubi d'acciaio a V fissati al<strong>la</strong> fusoliera<br />

nel<strong>la</strong> sua parte anteriore <strong>in</strong>feriore e collegati tra loro da una scato<strong>la</strong> d'acciaio sagomata entro <strong>la</strong> quale è<br />

alloggiato l'assale che supporta le due ruote. E<strong>la</strong>stici fissano l'assale al supporto a V del carrello e ne<br />

permettono il molleggio.<br />

Nel<strong>la</strong> parte anteriore del<strong>la</strong> fusoliera è sistemato il motore SPA 6A di 220 CV a 6 cil<strong>in</strong>dri <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea,<br />

raffreddato ad acqua, <strong>in</strong> qualche esemp<strong>la</strong>re sostituito, <strong>in</strong> via sperimentale, dal motore I.F. V-6 da 260 CV. Il<br />

radiatore è frontale ed è attraversato dal mozzo dell'elica, 2,60 m di diametro e 2,20 m di passo, con regime di<br />

rotazione di 1400 rev/m<strong>in</strong>. I serbatoi dell'olio e del<strong>la</strong> benz<strong>in</strong>a sono sistemati dietro il motore e dietro i serbatoi, i<br />

te<strong>la</strong>i di sostegno per due macch<strong>in</strong>e fotografiche, che possono essere sostituiti da <strong>in</strong>stal<strong>la</strong>zioni <strong>la</strong>nciabombe e<br />

poi il seggiol<strong>in</strong>o del pilota.<br />

L'armamento è costituito da due mitragliatrici Vickers da 7,7 mm, montate <strong>la</strong>teralmente ed esternamente<br />

al<strong>la</strong> carenatura del motore, comandate da un grilletto posto sull'asta verticale di comando dei timoni di<br />

profondità. Davanti al pilota c'è il mir<strong>in</strong>o di puntamento. Il tiro delle mitragliatrici avviene attraverso <strong>la</strong> rosa<br />

dell'elica e viene s<strong>in</strong>cronizzato da un dispositivo applicato all'albero di distribuzione del motore. All'<strong>in</strong>terno del<strong>la</strong><br />

fusoliera sono alloggiati i nastri delle mitragliatrici con 400 colpi ciascuno. Lateralmente al<strong>la</strong> carl<strong>in</strong>ga possono<br />

essere montati due portabombe per tre/quattro ordigni.<br />

A pieno carico, pilota compreso, l'apparecchio pesa 900 kg; può raggiungere <strong>la</strong> velocità massima di 228<br />

km/h; può salire a 1000 m <strong>in</strong> 2 m<strong>in</strong>uti e 40 secondi, a 2000 m <strong>in</strong> 5 m<strong>in</strong>uti, a 3000 m <strong>in</strong> 9 m<strong>in</strong>uti, a 4000 m <strong>in</strong> 13<br />

m<strong>in</strong>uti, a 5000 m <strong>in</strong> 18 m<strong>in</strong>uti; ha una autonomia di volo di 4 ore al<strong>la</strong> velocità di 215 km/h e può percorrere 800<br />

km senza scalo, dato che <strong>la</strong> capacità del serbatoio di benz<strong>in</strong>a è di 180 litri e il consumo di 45 litri/h (l'aggiunta di<br />

serbatoi supplementari permette una maggiore autonomia di volo).<br />

L'apertura a<strong>la</strong>re è di 9,1 m, <strong>la</strong> lunghezza totale di 8,1 m, l'altezza totale di 3,2 m.<br />

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LO SVA 5. E' uguale allo SVA 4, ma con misure leggermente diverse (apertura a<strong>la</strong> superiore 9,2 m, apertura<br />

a<strong>la</strong> <strong>in</strong>feriore 7,2 m, superficie a<strong>la</strong>re totale 24,5 mq, lunghezza totale 8,1 m, altezza totale 2,7 m) e con serbatoi<br />

di maggior capacità.<br />

Esternamente e <strong>la</strong>teralmente al<strong>la</strong> cab<strong>in</strong>a di pilotaggio può portare tre portabombe, due sul <strong>la</strong>to s<strong>in</strong>istro e<br />

uno sul <strong>la</strong>to destro, ciascuno <strong>in</strong> grado di sostenere una bomba da 162 mm del peso di 25 kg.<br />

Il rilievo delle dimensioni esatte dei due apparecchi presenta qualche difficoltà, perché pubblicazioni<br />

diverse riportano dimensioni differenti, anche se di poco.<br />

L'ANSALDO A.1. Nelle sue l<strong>in</strong>ee generali, l'A.1 ricalca gli SVA. E' un bip<strong>la</strong>no monoposto, ma più piccolo, ad ali<br />

uguali e con montanti verticali (apertura a<strong>la</strong>re 7,7 m, superficie a<strong>la</strong>re totale 21,2 mq, lunghezza totale di 6,8 m,<br />

altezza totale 2,5 m). Il peso a vuoto è di 640 kg, a pieno carico di 885 kg. Il motore è lo SPA 6A<br />

semisurcompresso da 220 CV. La velocità non è diversa da quel<strong>la</strong> degli SVA, ma può raggiungere anche 235<br />

km/h. Migliore è <strong>la</strong> velocità di salita: 2 m<strong>in</strong>uti a 1000 m, 4 m<strong>in</strong>uti 20 sec a 2000 m, 7 m<strong>in</strong>uti a 3000 m, 10 m<strong>in</strong>uti<br />

a 4000 m, 15 m<strong>in</strong>uti a 5000 m, 25 m<strong>in</strong>uti a 6000 m. Ha una autonomia di volo di 1h 30 m<strong>in</strong>uti.<br />

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BARTOLOMEO GIOVANNI ARRIGONI SERGENTE PILOTA PLURIDECORATO DI CAMILLO BIANCHI<br />

LE MEDAGLIE AL VALORE DI BARTOLOMEO GIOVANNNI ARRIGONI AGLI<br />

EROI SCONOSCIUTI E DIMENTICATI DELLA GRANDE GUERRA - Il prossimo 4 Novembre ricorrerà il<br />

91° anniversario del<strong>la</strong> f<strong>in</strong>e del<strong>la</strong> Prima Guerra Mondiale, ancora oggi comunemente ricordata come <strong>la</strong> Grande<br />

Guerra. Non è <strong>in</strong>tendimento di questo scritto par<strong>la</strong>re di questo evento, di celebrarlo o di screditarlo o di<br />

ricordarne <strong>la</strong> storia. Scopo di questo scritto è di ricordare quelle tante migliaia di italiani, giovani o meno<br />

giovani, che loro malgrado vi si sono trovati implicati, e che per le vicende belliche sono morti, e che ora sono<br />

ricordati solo con un nome sopra un " Monumento ai Caduti " che compare nel<strong>la</strong> piazza del loro paese o <strong>in</strong> un<br />

loculo <strong>in</strong>testato " Soldato ignoto " posto <strong>in</strong> uno dei tanti sacrari costruiti lungo <strong>la</strong> vecchia l<strong>in</strong>ea del fronte. E<br />

questi sconosciuti e dimenticati morti, io li considero eroi non perché abbiano compiuto alcunché di eroico<br />

meritevole di essere ricordato e celebrato, ma semplicemente perché hanno compiuto il dovere a loro imposto<br />

dal<strong>la</strong> cartol<strong>in</strong>a precetto.<br />

Altrove ho scritto:<br />

Senza voler aprire discussioni sui concetti di " Patria ", di " Guerra ", di " Guerra Giusta ", credo che non si<br />

possa ignorare <strong>la</strong> storia delle guerre combattute dal proprio paese, dall' Italia come da qualsiasi altro paese,<br />

poiché tutti i paesi, nel meglio e nel peggio, sono stati model<strong>la</strong>ti da una serie di guerre. E credo che non si<br />

possano ignorare tutti quelli che a queste guerre hanno partecipato; una m<strong>in</strong>oranza con entusiasmo, <strong>la</strong><br />

maggioranza per aver ricevuto una cartol<strong>in</strong>a precetto, ma tutti adempiendo al proprio dovere, per quanto<br />

<strong>in</strong>grato fosse. Dovere decretato dai governanti e subìto, se non deprecato, dai popoli. E se i governanti<br />

fossero saggi governanti è questione tutta da vedere, è questione tuttora aperta al dibattito.<br />

Una buona parte ubbidiva, pensando, certo, più alle proprie famiglie, al proprio foco<strong>la</strong>re, ai propri campi, ai<br />

propri affari abbandonati che non ai grandi ideali, ai grandi sogni di potenza, a Trento e a Trieste, delle quali<br />

forse ignoravano pers<strong>in</strong>o l' esistenza sia quelli che combattevano per conquistarle, sia quelli che<br />

combattevano per difenderle. Ma il proprio dovere lo hanno ugualmente fatto e moltissimi, per questo dovere,<br />

sono morti.<br />

Il compito loro affidato lo hanno, discipl<strong>in</strong>atamente, svolto, anche se nel momento <strong>in</strong> cui uscivano dal<strong>la</strong> tr<strong>in</strong>cea<br />

con <strong>la</strong> baionetta <strong>in</strong>astata e gridando " Avanti Savoia " pensavano più ai plotoni di Carab<strong>in</strong>ieri pronti, nelle<br />

retrovie, a punire qualsiasi m<strong>in</strong>imo cedimento, che all' importanza di conquistare un fazzoletto di terra o una<br />

<strong>in</strong>significante punta dell'Adamello; anzi perfettamente consci che <strong>la</strong> guerra sarebbe stata, al<strong>la</strong> f<strong>in</strong>e, v<strong>in</strong>ta o<br />

persa <strong>in</strong>dipendentemente dal fatto che loro avessero conquistato o meno quel<strong>la</strong> maledetta posizione.<br />

Questi morti, tutti questi morti, io li considero " Eroi ". E' più facile morire per un ideale radicato e pienamente<br />

condiviso che non per un mal capito e mal condiviso ord<strong>in</strong>e superiore. Forse ord<strong>in</strong>e superiore di un superiore<br />

ottuso. " Eroi " perché morti lontani da chi li poteva assistere e confortare, " Eroi " perché, spesso, morti dopo<br />

atroci sofferenze senza un perché. " Eroi " non perché abbiano fatto alcunché d' eroico, ma perché sono morti<br />

con una divisa <strong>in</strong>dosso.<br />

A tutti questi " Eroi " idealmente io assegno le medaglie al valore che Giovanni Bartolomeo Arrigoni di<br />

Bergamo ha conquistato, perché anche Giovanni Bartolomeo Arrigoni è stato uno di quelli che si sono<br />

comportati da eroi senza avere <strong>la</strong> vocazione dell' eroe. La sua aspirazione era quel<strong>la</strong> di potere, il più presto<br />

possibile, andare a dirigere <strong>la</strong> fi<strong>la</strong>nda che <strong>la</strong> madre del<strong>la</strong> futura sposa possedeva <strong>in</strong> Borgo Pa<strong>la</strong>zzo. Per<br />

liberarsi dei ritardi che gli obblighi di leva avrebbero potuto portare ai suoi progetti, aveva, da volontario,<br />

anticipato <strong>la</strong> leva. Decisione sbagliata perché dopo essere stato <strong>in</strong>viato <strong>in</strong> Libia per <strong>la</strong> guerra dichiarata nel<br />

Novembre del 1911 e avervi completato il servizio di leva, era stato smobilitato per essere però<br />

immediatamente richiamato allo scoppio del<strong>la</strong> Guerra Mondiale. E siccome ci sapeva fare con motori e<br />

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macch<strong>in</strong>ari vari, era stato assegnato ai costituendi reparti di aeronautica. E così aveva <strong>in</strong>izio il suo servizio di<br />

pilota.<br />

Quando parlo di eroi non <strong>in</strong>tendo par<strong>la</strong>re di quanti sono stati protagonisti di partico<strong>la</strong>ri atti di eroismo, perché<br />

spesso un atto di eroismo può essere conseguenza, più che di un ponderato atto di volontà, dell' <strong>in</strong>coscienza<br />

del trovarsi <strong>in</strong>volontariamente co<strong>in</strong>volti <strong>in</strong> congiunture che richiedono atti eroici per superare una drammatica<br />

situazione; <strong>in</strong>tendo par<strong>la</strong>re di quanti sono stati discipl<strong>in</strong>ati esecutori di ord<strong>in</strong>i superiori, di non importa quanto<br />

saggi superiori. E con questa visuale il mio pensiero va, <strong>in</strong> partico<strong>la</strong>re, a quegli Alp<strong>in</strong>i, le tre Compagnie del<br />

Battaglione " Morbegno " del V Reggimento Alp<strong>in</strong>i, che il 8-9 Giugno 1915, pochi giorni dopo <strong>la</strong><br />

dichiarazione del<strong>la</strong> guerra, sono stati <strong>in</strong>fi<strong>la</strong>ti <strong>in</strong> Val Narcanello (Ponte di Legno <strong>in</strong> Val Camonica) per andare all'<br />

assalto delle postazioni austriache del Monte Mandrone, del Passo Marocaro, del<strong>la</strong> Conca Presena, del Passo<br />

Paradiso sull' Adamello. Naturalmente dopo aver marciato per un pomeriggio e una notte, dopo aver superato<br />

più di 1500 mt di dislivello, dopo aver superato tratti <strong>in</strong>nevati e ghiacciati senza ausilio di ramponi, senza<br />

protezione di occhiali da neve e di tute mimetiche bianche, sono stati tutti falciati dalle mitragliatrici austriache;<br />

obiettivi ben visibili nelle loro divise grigio-verdi sul<strong>la</strong> neve candida. Non sono forse degli eroi cui concedere<br />

un riconoscimento che non sia il semplice nome sul monumento ai Caduti? E così pure quanti, Alp<strong>in</strong>i e non<br />

Alp<strong>in</strong>i, sono morti sempre sull' Adamello mentre di corsa attraversavano scale aeree di corda che erano sotto<br />

il tiro dei cecch<strong>in</strong>i? Che pericolo poteva rappresentare l' Adamello per il transito di un imponente esercito<br />

dest<strong>in</strong>ato all' <strong>in</strong>vasione dell' Italia? Quattro cannonate ben piazzate e dall' Adamello nessuno sarebbe sceso a<br />

calpestare le pianure lombarde. E se parlo di Adamello, non è perché situazioni analoghe non si siano<br />

presentate anche su altri fronti, ma perché il fronte dell' Adamello è quello che era più vic<strong>in</strong>o a Bergamo.<br />

Le perdite di quel giorno furono: 21morti ( di cui 4 ufficiali ), 63 feriti ( di cui tre ufficiali ), 21 dispersi ( di cui tre<br />

ufficiali ); gli uom<strong>in</strong>i impiegati nell' azione erano circa 1000 (notizie ricavate da: Vittorio<br />

Mart<strong>in</strong>elli - Adamello, Ieri e Oggi, Brescia. 1972).<br />

Sono degli eroi, anche se non hanno compiuto nessun partico<strong>la</strong>re atto di eroismo. Decisamente riprovevole è<br />

stato il comportamento del Comando. Dal libro del Mart<strong>in</strong>elli ( Vol: II, pag. 52 ) si riporta:<br />

Certo, <strong>in</strong> quel<strong>la</strong> prima azione di guerra sull' Adamello il nostro Comando<br />

compì uno dei più gravi errori di tutta <strong>la</strong> campagna. Assurda, troppo lunga<br />

e faticosa era stata <strong>la</strong> marcia di avvic<strong>in</strong>amento del nostro battaglione,<br />

troppo problematica <strong>la</strong> speranza di una sorpresa. Ma gli ufficiali ed i<br />

soldati s' erano comportati splendidamente, sbalordendo lo stesso nemico e<br />

rasentando <strong>la</strong> vittoria. Si vide <strong>in</strong> quell' occasione che, se fossero stati<br />

condotti meglio, i nostri Alp<strong>in</strong>i avrebbero potuto fare miracoli.<br />

Le medaglie dell' Arrigoni che propongo vengano idealmente attribuite a tutti questi eroi così def<strong>in</strong>iti, non sono<br />

medaglie concesse per straord<strong>in</strong>ari s<strong>in</strong>goli e specifici atti di valore, ma sono medaglie attribuite per una<br />

costante accettazione e adesione dei doveri <strong>in</strong>siti negli obblighi connessi con <strong>la</strong> cartol<strong>in</strong>a precetto. E tra le<br />

operazioni dell' Arrigoni e gli Alp<strong>in</strong>i del<strong>la</strong> Val Narcanello, e delle numerose altre simili operazioni avvenute nel<br />

corso di tutta <strong>la</strong> guerra, esiste un' altra importante analogia. L' operazione del<strong>la</strong> Val Narcanello è stata<br />

ma<strong>la</strong>mente programmata dai comandi e bril<strong>la</strong>ntemente condotta, anche se disastrosamente conclusa, da<br />

parte dei reparti operativi. L' ultima operazione dell' Arrigoni è stata ma<strong>la</strong>mente programmata dai comandi e<br />

bril<strong>la</strong>ntemente condotta dall' Arrigoni. L' Arrigoni era stato <strong>in</strong>viato <strong>in</strong> missione ricognitiva su un settore del<br />

fronte vitale per l' Austria, il settore di Trento, dove non mancavano basi di reparti aerei e vi era stato <strong>in</strong>viato<br />

senza alcuna scorta di protezione. E l' Arrigoni <strong>in</strong>vece di rifiutare il combattimento aereo e riparare entro le<br />

l<strong>in</strong>ee italiane, aveva accettato il combattimento; e venne sopraffatto dal numero di avversari. Dell' Arrigoni ne<br />

ha estesamente pa<strong>la</strong>to il Quaderno No. 20, pubblicato nel 2000 dal Museo Storico del<strong>la</strong> Città di Bergamo e<br />

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tito<strong>la</strong>to " Antonio Locatelli e Giovanni Arrigoni: due aviatori Bergamaschi ". In quel testo vengono riportati dati<br />

e dettagli di una impresa al<strong>la</strong> quale l' Arrigoni ha partecipato: una <strong>in</strong>cursione su Innsbruch, <strong>in</strong> risposta alle<br />

<strong>in</strong>cursioni austriache e tedesche su città venete.<br />

Di questa spedizione su Innsbruck del 20 Febbraio 1918 cui ha partecipato l' Arrigoni, esiste un s<strong>in</strong>go<strong>la</strong>re<br />

documento fotografico, documento forse unico. E' un pannello con le fotografie dei quattro piloti partecipanti<br />

all' impresa: cap. Natale Palli, il pilota di D' Annunzio nel volo su Vienna del 9 Agosto 1918, cap. Giulio Palma<br />

di Cesno<strong>la</strong>, ten. Guido Ors<strong>in</strong>i e serg. Giovanni Arrigoni. Queste fotografie sono firmate e tutte portano una<br />

dedica all' Arrigoni. Il pannello porta anche una fotografia dei quattro piloti addossati ad uno dei velivolo<br />

partecipanti all' impresa ed è firmata dai quattro piloti. Inf<strong>in</strong>e il pannello porta le fotografie seriali scattate sopra<br />

Innsbruck ed i dettagli tecnici delle riprese. Alcune delle fotografie di questa documentazione di partico<strong>la</strong>re<br />

importanza, sono state messe a disposizione, e per <strong>la</strong> prima volta rese pubbliche a illustrazione del<br />

personaggio Giovanni Bartolomeo Arrigoni, per corredare l' articolo comparso su L' Eco di Bergamo del 23<br />

Marzo 2009 a firma di Paolo Aresi: " Arrigoni, umile e dimenticato eroe dei cieli ".<br />

A corredo del presente testo viene allegata altra documentazione fotografica re<strong>la</strong>tiva all' Arrigoni: un ritratto <strong>in</strong><br />

divisa con i nastr<strong>in</strong>i di alcune delle decorazioni avute e scattata pochi mesi prima del<strong>la</strong> morte, un ritratto a<br />

bordo di un apparecchio dei primi anni di guerra (<strong>in</strong>teressante per <strong>la</strong> mitragliatrice posizionata sopra l' a<strong>la</strong> alta<br />

del velivolo perché non era ancora stato realizzato il congegno del<strong>la</strong> sua s<strong>in</strong>cronizzazione con i giri dell' elica),<br />

<strong>la</strong> piastr<strong>in</strong>a di riconoscimento completa del cartiglio <strong>in</strong>terno con i dati personali, il medagliere (tre medaglie d'<br />

argento, una medaglia di bronzo, due croci di guerra, una medaglia d' argento <strong>in</strong>glese (Dist<strong>in</strong>guished Conduct<br />

Medal = DCM).<br />

Nel citato Quaderno No. 20 del Museo Storico, si fa riferimento ad un messaggio austriaco, non r<strong>in</strong>tracciato,<br />

comunicante <strong>la</strong> morte dell' Arrigoni. Siccome l' Arrigoni aveva recapitato su un campo austriaco gli effetti<br />

personali di un pilota da lui abbattuto, è possibile che gli Austriaci abbiano contraccambiato l' atto cavalleresco<br />

recapitando sul campo di Sovizzo, dal quale l' Arrigoni operava, i suoi effetti personali. Avendo recuperato, ma<br />

solo recentemente, altri documenti dell' Arrigoni (piastr<strong>in</strong>a di riconoscimento, <strong>in</strong>tegra, ed un borsello di cuoio<br />

contenente due carte di volo <strong>in</strong>testate Serg. Bartolomeo Arrigoni) avanzo ora <strong>la</strong> supposizione che questi<br />

documenti facciano parte del plico consegnato dagli Austriaci con <strong>la</strong> comunicazione del<strong>la</strong> morte dell' Arrigoni.<br />

E tra questi documenti vi è anche sua una fotografia che lo ritrae, morto, sdraiato bocconi <strong>in</strong> un prato.<br />

Ritornando al<strong>la</strong> proposta di dedicare idealmente le decorazioni dell' Arrigoni a tutti i caduti sconosciuti e<br />

dimenticati del<strong>la</strong> Grande Guerra, sarebbe corretto, per correttezza storica, che al<strong>la</strong> ideale cerimonia vi fosse<br />

presente <strong>la</strong> bandiera sotto <strong>la</strong> quale tutti questi morti sono morti, e cioè il tricolore con lo scudo sabaudo. Senza<br />

che a questa ideale presenza del<strong>la</strong> bandiera, abbrunata, venga <strong>in</strong> alcun modo attribuito alcun significato<br />

politico.<br />

Questa ideale cerimonia potrebbe anche essere <strong>in</strong>quadrata nel<strong>la</strong> rievocazione storica del<strong>la</strong> quale <strong>in</strong> questi<br />

giorni si par<strong>la</strong>, cioè del 150° anniversario dell' Unità d' Italia, perché tutti questi morti sono morti per un comune<br />

ideale, il completamento delle f<strong>in</strong>alità delle Guerre di Indipendenza, e per questo ideale, più o meno capito e<br />

condiviso, sono morti <strong>in</strong>dipendentemente dal dialetto che par<strong>la</strong>vano e dal meridiano sotto il quale erano nati. E<br />

il 24 Ottobre 1918 aveva <strong>in</strong>izio <strong>la</strong> battaglia di Vittorio Veneto, che avrebbe concluso <strong>la</strong> Grande Guerra.<br />

Bergamo, 24 Ottobre 2009<br />

Camillo Dante Bianchi<br />

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UN BERGAMASCO NELLA BUFERA CHE HA<br />

SCONVOLTO IL MONDO - Senza voler aprire<br />

discussioni sui concetti di “Patria”, di “Guerra”, di<br />

“Guerra giusta”, credo che non si possa ignorare <strong>la</strong><br />

storia delle guerre combattute dal proprio paese,<br />

dall'Italia come da qualsiasi altro stato, poiché tutti i<br />

paesi, nel meglio e nel peggio, sono stati model<strong>la</strong>ti da<br />

una serie di guerre. E credo che non si possano<br />

ignorare tutti quelli che a queste guerre hanno<br />

partecipato; una m<strong>in</strong>oranza con entusiasmo, <strong>la</strong><br />

maggioranza per aver ricevuto una cartol<strong>in</strong>a precetto,<br />

ma tutti adempiendo al proprio dovere, per quanto<br />

<strong>in</strong>grato fosse. Dovere decretato dai governanti e<br />

subìto, se non deprecato, dai popoli. E se i governanti<br />

siano stati saggi governanti è questione tutta da<br />

vedere, è questione tuttora aperta al dibattito.<br />

Una buona parte, formata sia da chi combatteva per<br />

conquistare sia da chi combatteva per difendere,<br />

ubbidiva, pensando, certo, più alle proprie famiglie, al<br />

proprio foco<strong>la</strong>re, ai propri campi, ai propri affari<br />

abbandonati che non ai grandi ideali, ai grandi sogni di<br />

potenza, a Trento e a Trieste, delle quali forse ignorava<br />

pers<strong>in</strong>o l'esistenza. Ma il proprio dovere lo ha<br />

ugualmente fatto e moltissimi, per questo dovere, sono<br />

morti.<br />

Il compito loro affidato lo hanno discipl<strong>in</strong>atamente<br />

svolto, anche se nel momento <strong>in</strong> cui uscivano dal<strong>la</strong> tr<strong>in</strong>cea con <strong>la</strong> baionetta <strong>in</strong>astata e gridando «Avanti<br />

Savoia» pensavano più ai plotoni di Carab<strong>in</strong>ieri, pronti nelle retrovie a punire qualsiasi m<strong>in</strong>imo cedimento, che<br />

all’importanza di conquistare un fazzoletto di terra, anzi perfettamente consci che <strong>la</strong> guerra sarebbe stata, al<strong>la</strong><br />

f<strong>in</strong>e, v<strong>in</strong>ta o persa <strong>in</strong>dipendentemente dal fatto che loro avessero conquistato o meno quel<strong>la</strong> maledetta<br />

posizione.<br />

Tutti questi morti io li considero “Eroi”. E' più facile morire per un ideale radicato e pienamente condiviso che<br />

non per un mal capito e mal condiviso ord<strong>in</strong>e superiore. Forse ord<strong>in</strong>e superiore di un superiore ottuso. “Eroi”<br />

perché morti lontani da chi li poteva assistere e confortare, “Eroi” perché, spesso, morti dopo atroci sofferenze<br />

senza un perché. “Eroi” non perché abbiano fatto alcunché d’eroico, ma perché sono morti con una divisa<br />

<strong>in</strong>dosso.<br />

Quando vado <strong>in</strong> qualche paese, italiano e non italiano ugualmente, cerco sempre di visitare il monumento ai<br />

Caduti per un modesto atto d’omaggio a questi “Eroi” e rimango sempre sgomento nel leggere lunghe file di<br />

nomi, che spesso si ripetono facendo supporre che <strong>in</strong>tere famiglie siano andate distrutte.<br />

Anni fa, facendo visita al cimitero di Bergamo, <strong>la</strong> mia attenzione è stata attratta da una <strong>la</strong>pide sul<strong>la</strong> tomba di un<br />

caduto del<strong>la</strong> prima guerra mondiale, un “Eroe” del quale non avevo mai sentito il nome perché totalmente<br />

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ignorato dal<strong>la</strong> Bergamo ufficiale. Ho cercato di ricostruirne il profilo e con molta difficoltà ho raccolto una serie<br />

di dati che qui presento come omaggio a questo “Eroe”, ma anche come omaggio a tutti gli altri “Eroi”.<br />

La tomba (Colombari Portici Settentrionali, Campata 21, Fi<strong>la</strong> 2, n. 8) reca questa iscrizione:<br />

Bartolomeo Giovanni Arrigoni, combatté nel<strong>la</strong> Guerra Libica<br />

e poi per quasi quattro anni nel<strong>la</strong> Guerra Mondiale,<br />

durante <strong>la</strong> quale divenuto pilota aviatore meritò<br />

quattro medaglie d'argento, una di bronzo e il<br />

titolo di asso f<strong>in</strong>ché‚ lottando da solo contro molti<br />

cadde nel cielo di Aldeno (Trento)<br />

30/1/1890 4/8/1918<br />

Bartolomeo Giovanni Arrigoni era nato a Cavernago (Bergamo) il 30 gennaio 1890. Volendo dedicarsi il più<br />

presto possibile all'azienda del<strong>la</strong> promessa sposa, una fi<strong>la</strong>nda <strong>in</strong> Borgo Pa<strong>la</strong>zzo, aveva presentato domanda di<br />

anticipare il servizio militare al compimento del diciottesimo anno di età.<br />

II 1 dicembre 1908 si presentò all'8º reggimento fanteria di Mi<strong>la</strong>no per il servizio di leva; venne congedato il 30<br />

novembre 1909 con il grado di Sergente; il 26 settembre 1911 venne richiamato alle armi e il 28 novembre<br />

venne <strong>in</strong>viato al 7º reggimento fanteria quale complemento del Corpo d'Armata mobilitato per <strong>la</strong> spedizione<br />

oltremare <strong>in</strong> occasione del<strong>la</strong> guerra italo-turca, dichiarata il 29 novembre 1911; il 2 dicembre 1911 si imbarcò a<br />

Napoli per <strong>la</strong> Tripolitania e <strong>la</strong> Cirenaica e partecipò al<strong>la</strong> guerra di Libia come Sergente nel 7º reggimento<br />

fanteria; rientrò <strong>in</strong> Italia il 6 maggio 1912 e venne posto <strong>in</strong> congedo; venne richiamato alle armi il 4 marzo 1915<br />

e il 24 maggio venne dest<strong>in</strong>ato a unità <strong>in</strong> territorio dichiarato zona di guerra; passò poi all'artiglieria come<br />

motociclista portaord<strong>in</strong>i.<br />

Venne nom<strong>in</strong>ato allievo di aerop<strong>la</strong>ni su velivolo Blériot il 1 settembre 1916, pilota d'aerop<strong>la</strong>no su velivolo<br />

Nieuport il 1 novembre 1916 e pilota di SVA il 1 novembre 1917. Prestò servizio nel<strong>la</strong> 71ª e nel<strong>la</strong> 76ª<br />

squadriglia caccia e poi nel<strong>la</strong> 1ª Sezione autonoma SVA. Svolse numerose missioni di ricognizione fotografica,<br />

di scorta e di bombardamento.<br />

Il 18 novembre del 1917, per proteggere due ricognitori italiani, <strong>in</strong>gaggiò un combattimento aereo contro c<strong>in</strong>que<br />

cacciatori avversari, permettendo ai due ricognitori di rientrare nelle l<strong>in</strong>ee senza danni. Benché il suo aereo<br />

fosse stato colpito ed <strong>in</strong>cendiato, riuscì a riportare entro le l<strong>in</strong>ee il velivolo gravemente danneggiato e ad<br />

atterrare al<strong>la</strong> base: ebbe per questo atto un Encomio solenne del Comando superiore dell'Aeronautica. Il 4<br />

gennaio del 1918 partecipò al bombardamento di Bolzano ed ebbe un secondo Encomio solenne del Comando<br />

superiore dell'Aeronautica. Il 20 febbraio del 1918 partecipò al bombardamento di Innsbruck con <strong>la</strong> squadriglia<br />

comandata dal Cap. Natale Palli (che il 9 agosto 1918 avrebbe portato Gabriele D'Annunzio sopra Vienna),<br />

composta dal Cap. Giulio Palma di Cesno<strong>la</strong>, dal Ten. Giorgio Ors<strong>in</strong>i e dall'Arrigoni stesso. Il bombardamento di<br />

Innsbruck venne effettuato <strong>in</strong> rappresaglia dei bombardamenti di città venete. Il 2 agosto dello stesso anno<br />

venne proposto per essere <strong>in</strong>viato a Wash<strong>in</strong>gton allo scopo di effettuare dimostrazioni sulle caratteristiche dello<br />

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SVA, velivolo di <strong>in</strong>tera concezione italiana che si pensava potesse riscuotere <strong>in</strong>teresse presso le autorità<br />

americane, le quali allora non possedevano un’<strong>in</strong>dustria aeronautica sufficientemente sviluppata per fare fronte<br />

alle necessità belliche.<br />

Il 4 agosto, durante un volo di ricognizione fotografica del campo austriaco di Romagnano, nelle vic<strong>in</strong>anze di<br />

Trento, dopo aver <strong>in</strong>gaggiato combattimento con quattro apparecchi avversari ed averne distrutto uno, venne<br />

abbattuto <strong>in</strong> zona Nomi - Aldeno. Forse imprudentemente Arrigoni era stato mandato <strong>in</strong> missione sopra una<br />

base nemica senza protezione di alcuna scorta. Venne sepolto nel cimitero di Aldeno e poi, a guerra conclusa,<br />

il 6 novembre 1921, nel corso di una solenne cerimonia, tras<strong>la</strong>to a Bergamo con altri caduti bergamaschi.<br />

Ho trovato notizie di Arrigoni <strong>in</strong> un articolo pubblicato da Antonio<br />

Locatelli, che dell’Arrigoni era amico, su “La Rivista di Bergamo”<br />

del marzo 1929 I duelli aerei di B.Arrigoni; altre notizie <strong>in</strong> un<br />

articolo pubblicato da Alberto Greco su “La Domenica del Giornale<br />

di Bergamo” del 1 ottobre 1967 e su “Nel cielo - Rivista<br />

qu<strong>in</strong>dic<strong>in</strong>ale del Secolo Illustrato” del 1918. Ma sono tutte notizie<br />

scarne, che non permettono di ricostruire il completo profilo di<br />

Arrigoni. Indag<strong>in</strong>i <strong>in</strong> diversi archivi (italiani e non) mi hanno<br />

permesso di raccogliere altre notizie, ma non complete ed<br />

esaurienti come avrei desiderato.<br />

Informazioni preziose ed <strong>in</strong>teressanti le ho raccolte <strong>in</strong>vece dal<strong>la</strong><br />

viva voce del figlio Luigi, di memoria lucidissima, che mi ha<br />

riportato quanto da lui appreso dal<strong>la</strong> viva voce dei nonni paterni.<br />

Bartolomeo Arrigoni, conosciuto <strong>in</strong> famiglia come Giovanni e che<br />

come tale si firmava, dopo aver completato il servizio di leva<br />

anticipata e prima di essere richiamato ed <strong>in</strong>viato <strong>in</strong> Libia, si era<br />

sposato nel 1910 con Elena Zanchi di Borgo Pa<strong>la</strong>zzo, i cui genitori<br />

possedevano una fi<strong>la</strong>nda di seta <strong>in</strong> un opificio lungo il torrente<br />

Mor<strong>la</strong> -l'edificio tuttora esiste-, <strong>in</strong> corrispondenza del ponte con <strong>la</strong><br />

statua di S. Giovanni Nepomuceno.<br />

Poiché <strong>la</strong> madre del<strong>la</strong> promessa sposa era rimasta vedova presto, Arrigoni aveva anticipato il servizio di leva<br />

per poter assumere il più presto possibile <strong>la</strong> direzione del<strong>la</strong> fi<strong>la</strong>nda. La giovane sposa di Arrigoni morì il 25<br />

ottobre del 1913 (il figlio Luigi non aveva ancora tre anni, era nato il 22 gennaio 1911), per aneurisma cerebrale<br />

post-partum dopo <strong>la</strong> nascita di un bamb<strong>in</strong>o subito morto. Un anno dopo <strong>la</strong> scomparsa del<strong>la</strong> sposa, due<br />

gemell<strong>in</strong>e di due anni vennero a mancare al<strong>la</strong> distanza di pochi giorni una dall'altra.<br />

Dopo <strong>la</strong> morte del<strong>la</strong> mamma il figlio Luigi andò a vivere nel Castello di Cavernago, con i nonni paterni: il nonno<br />

era fattore e amm<strong>in</strong>istratore dei possedimenti dei pr<strong>in</strong>cipi Giovannelli. Fatto grande, Luigi apprese dai nonni<br />

molte notizie re<strong>la</strong>tive al padre che lui, bimbetto di 5-6 anni, poco aveva conosciuto, perché poco lo aveva<br />

<strong>in</strong>contrato nelle brevi licenze delle quali poteva usufruire. E dai nonni seppe come il padre, dopo aver abbattuto<br />

un aereo austriaco, fosse atterrato accanto al velivolo caduto entro le l<strong>in</strong>ee italiane, avesse raccolto gli oggetti<br />

personali del pilota, tra le quali una fotografia del<strong>la</strong> moglie e di una figlioletta, e poi si fosse recato <strong>in</strong> volo sopra<br />

una località <strong>in</strong> territorio austriaco sede di comandi e, senza curarsi del<strong>la</strong> reazione antiaerea, vi avesse <strong>la</strong>sciato<br />

cadere il plico con i preziosi documenti. E ricorda come <strong>in</strong> casa dei nonni per lungo tempo vi avesse fatto<br />

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mostra il timone di un apparecchio austriaco che il padre aveva abbattuto. Il cimelio, purtroppo, è andato<br />

disperso.<br />

<strong>Cime</strong>lio importante, che <strong>in</strong>vece si è salvato, è un ricordo del<strong>la</strong> <strong>in</strong>cursione su Innsbruck. Sono le sei fotografie<br />

che il Cap. Palma di Cesno<strong>la</strong> aveva scattato sopra l'obiettivo: riprese da una quota di 700 metri e con cielo<br />

sereno sono nitidissime. Le sei foto sono montate <strong>in</strong> sequenza su un pannello <strong>in</strong> cartonc<strong>in</strong>o rigido, unitamente<br />

alle fotografie dei quattro componenti <strong>la</strong> squadriglia, ripresi s<strong>in</strong>go<strong>la</strong>rmente al posto di pilotaggio del loro velivolo.<br />

Tutte fotografie con dediche autografe e con firme autografe:<br />

Al caro Arrigoni compagno prezioso dei miei voli più belli, con ammirazione e affetto<br />

Natale Palli<br />

Al mio bravo Arrigoni Serg. Bartolomeo compagno <strong>in</strong> un bellissimo volo su Innsbruck<br />

20-2-1918 il Capitano Giulio Palma Cesno<strong>la</strong><br />

Al caro Arrigoni compagno ed amico ricordando Innsbruck con affetto s<strong>in</strong>cero<br />

Giorgio Ors<strong>in</strong>i 28 (sic) -II-1918<br />

Le quattro fotografie, scattate con i piloti al posto di pilotaggio, mostrano ben evidente <strong>la</strong> strumentazione di<br />

bordo. Sarebbe <strong>in</strong>teressante confrontar<strong>la</strong> con quel<strong>la</strong> di un moderno velivolo.<br />

Il pannello è completato da una fotografia con i quattro piloti addossati ad uno dei velivoli usati nell'<strong>in</strong>cursione;<br />

anche questa fotografia è rego<strong>la</strong>rmente firmata dai quattro piloti come firmato è il pannello stesso. Il Cap. Palli<br />

tiene <strong>in</strong> mano una bandier<strong>in</strong>a con al centro una stel<strong>la</strong> bianca su fondo chiaro; il Ten. Ors<strong>in</strong>i una con una stel<strong>la</strong><br />

nera su fondo bianco, il Serg. Arrigoni una con due stelle bianche su fondo nero. Questa fotografia compare <strong>in</strong><br />

una pubblicazione <strong>in</strong>glese dedicata allo SVA 5 e porta questa specifica: «Mean<strong>in</strong>g of the two star banner<br />

unknown». I ricordi del figlio di Arrigoni permettono di chiarire che quel<strong>la</strong> bandier<strong>in</strong>a era una specie di bandiera<br />

da combattimento, esposta per permettere l'immediato reciproco riconoscimento. Compare anche <strong>in</strong> altre<br />

fotografie scattate con Arrigoni a bordo del suo velivolo.<br />

Tra gli altri cimeli tuttora esistenti vi è una fotografia usata come cartol<strong>in</strong>a, stampigliata sul recto con il timbro <strong>in</strong><br />

orig<strong>in</strong>ale 76ª squadriglia Aerop<strong>la</strong>ni, mentre sul verso appare questo messaggio <strong>in</strong>dirizzato al Signor Giuseppe<br />

Arrigoni «1 Maggio 1917 - Carissimo, Mandovi <strong>la</strong> fotografia dell'apparecchio nemico da me abbattuto il 24-4-17<br />

alle ore 9.55 fiume Vippacco; sono felice ma non ancora completamente. State allegri e sani. Baciandovi,<br />

vostro affezionatissimo figlio, Giovanni».<br />

Un cimelio, del quale il figlio Luigi non ha saputo dare spiegazioni, è costituito da una fotografia che ritrae due<br />

piloti <strong>in</strong> tenuta di volo davanti ad un bip<strong>la</strong>no con le <strong>in</strong>segne austriache sulle ali e sul<strong>la</strong> fusoliera; un altro<br />

aerop<strong>la</strong>no con <strong>la</strong> croce nera su fondo bianco compare più distante. Sul retro, nel<strong>la</strong> calligrafia di Arrigoni,<br />

l'annotazione «Campo di Perg<strong>in</strong>e». Avanzo <strong>la</strong> supposizione, però senza nessuna prova a sostegno, che <strong>la</strong><br />

fotografia facesse parte degli effetti personali del pilota dell'apparecchio abbattuto da Arrigoni e da lui raccolti<br />

per essere <strong>la</strong>nciati entro le l<strong>in</strong>ee austriache; e che Arrigoni avesse trattenuto tale fotografia come ricordo.<br />

FONDAZIONE BERGAMO NELLA STORIA<br />

Piazza Mercato del fieno, 6/a - 24129 Bergamo Italy - Tel. +39 035 24 71 16 ; +39 035 22 63 32 - Fax 035 21 91 28<br />

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DECORAZIONI CONCESSE AL SERGENTE BARTOLOMEO GIOVANNI ARRIGONI - Al Serg. Arrigoni<br />

vennero concesse le seguenti decorazioni al valor militare:<br />

MEDAGLIA D'ARGENTO<br />

Ardito pilota da caccia, <strong>in</strong>nalzatosi <strong>in</strong> seguito ad un al<strong>la</strong>rme, andava al<strong>la</strong> <strong>ricerca</strong> di un velivolo nemico che stava<br />

eseguendo fotografie, e, con bril<strong>la</strong>nte manovra, lo attaccava decisamente col fuoco del<strong>la</strong> mitragliatrice,<br />

riuscendo ad abbatterlo nel nostro territorio.<br />

Cielo di Rubbia, 24 aprile 1917<br />

MEDAGLIA D'ARGENTO<br />

Ardito e volenteroso pilota da caccia, compiva molti voli, e sostenendo numerosi combattimenti con velivoli<br />

nemici, li metteva <strong>in</strong> fuga. Abbatteva un apparecchio avversario, costr<strong>in</strong>gendo altri tre ad atterrare nelle loro<br />

l<strong>in</strong>ee.<br />

Cielo di Gorizia e del Medio Isonzo, novembre 1916 - 25 maggio 1917<br />

MEDAGLIA D'ARGENTO<br />

Ottimo pilota ed osservatore d'aerop<strong>la</strong>no, volonteroso e valente quanto modesto, portò fra i primi, nei suoi<br />

numerosi ed utilissimi voli, le ali col tricolore sopra Innsbruck, rocca dei nemici d'Italia. Cacciatore aereo di un<br />

ardire mai menomato dai gravi <strong>in</strong>cidenti superati, durante una ricognizione fotografica sopra un campo di<br />

aviazione nemico, veniva attaccato da numerosi aerei nemici. Solo contro molti, al facile ritorno nelle l<strong>in</strong>ee col<br />

veloce apparecchio, preferiva il deciso combattimento nel corso del quale sopraffatto dal numero, cadeva da<br />

prode sul<strong>la</strong> terra sacra di una più grande Italia.<br />

Cielo del Trent<strong>in</strong>o, 4 agosto 1918<br />

MEDAGLIA D'ARGENTO INGLESE<br />

Medaglia DISTINGUISHED CONDUCT MEDAL (DCM) concessa con l'iscrizione «For dist<strong>in</strong>guished conduct <strong>in</strong><br />

the field». Manca <strong>la</strong> motivazione, ma quando <strong>la</strong> decorazione veniva concessa a militari non <strong>in</strong>glesi, <strong>la</strong><br />

motivazione non veniva registrata nei registri ufficiali <strong>in</strong>glesi. Nel corso del<strong>la</strong> prima guerra mondiale sono state<br />

concesse 858 DCM a militari italiani.<br />

MEDAGLIA DI BRONZO<br />

Pilota d'aerop<strong>la</strong>no, partecipava ad un'azione di bombardamento a bassa quota sugli impianti ferroviari di<br />

Innsbruck, superando notevoli difficoltà dovute al<strong>la</strong> distanza dell'obiettivo ed al<strong>la</strong> natura montuosa del<strong>la</strong> zona<br />

da percorrere.<br />

Cielo di Innsbruck, 20 febbraio 1918<br />

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CROCE AL MERITO DI GUERRA<br />

CROCE AL MERITO DI GUERRA<br />

ENCOMIO DAL COMANDO DI AERONAUTICA 1ª ARMATA<br />

Ord<strong>in</strong>e del giorno del 25 novembre 1917<br />

Un encomio rivolgo al Sergente Arrigoni Bartolomeo del<strong>la</strong> 71ª squadriglia per il bel contegno tenuto il giorno 18<br />

corr. quando costretto a desistere da combattimento aereo sopra l'Altipiano d'Asiago contro 3 apparecchi<br />

avversari dal cui tiro di mitragliatrice ebbe il fuoco appiccato a bordo riuscì col proprio apparecchio avariato a<br />

raggiungere un nostro campo d'aviazione.<br />

L'Arrigoni fu autorizzato a fregiarsi delle seguenti medaglie commemorative:<br />

MEDAGLIA COMMEMORATIVA DELLA GUERRA ITALO - TURCA<br />

MEDAGLIA COMMEMORATIVA del<strong>la</strong> GUERRA 1915 - 1918 (quattro nastr<strong>in</strong>i)<br />

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COMUNICAZIONI DELLA MORTE DI BARTOLOMEO ARRIGONI<br />

Da fonte austriaca:<br />

Fe<strong>in</strong>dliche Verluste : Durch Flieger am 4/8 e<strong>in</strong> Savoja - Verduccio (Fotoe<strong>in</strong>sitzer) von Oberleutenant Franz<br />

PETER der Flik 3/J [=Fliegerkompanie] mit Apparat 25305 südlich Aldeno im Etschtal abgeschossen. Apparat<br />

zertrümmert, Pilot Sergente ARRIGHIONI (sic) tot (Herzschuss).<br />

(Oblt. Peter 3. Luftsieg)<br />

Die Leiche des Piloten nach dem Absturz noch identifiziert werden konnte.<br />

Da fonte italiana:<br />

Un apparecchio del<strong>la</strong> 1ª sezione autonoma S.V.A. No.11850 - pilota osservatore Sergente ARRIGONI<br />

G.Bartolomeo partito alle ore 10.15 per una ricognizione a vista e fotografica sul<strong>la</strong> zona: S.ILARIO - VOLANO -<br />

CASTELPIETRA - BESENELLO - OSTERIA P.VECCHIA - ALDENO - CALLIANO - NOMI - VILLA LAGARINA,<br />

non ha fatto ritorno al campo.<br />

Zona di Guerra, 5 agosto 1918<br />

Al Comando Presidio di Seriate:<br />

Pregasi <strong>in</strong>formare Annita Arrigoni sorel<strong>la</strong> Sergente Arrigoni Bartolomeo che detto militare partito il 4 agosto <strong>in</strong><br />

volo di guerra non ha fatto ritorno al campo - stop - Attendo <strong>in</strong>formazioni che comunicherò - stop - Prego<br />

partecipare miei vivissimi sentiti voti circa sorte fratello - stop -<br />

Comandante Aeronautica - Armata - Colonnello Gilberti<br />

A proposito del<strong>la</strong> morte dell’Arrigoni In un documento italiano si legge <strong>la</strong> seguente nota:<br />

Morto <strong>in</strong> combattimento aereo <strong>in</strong> località di Nomi come da messaggio aereo nemico trasmesso dal Comando<br />

Superiore d’Aeronautica al Dep. Aviatori di Tor<strong>in</strong>o col No.77548 di Protocollo e di cui l’allegata comunicazione<br />

al Dep. Suddetto No.999 del 28-9-1918.<br />

Non mi è stato possibile ritrovare il citato messaggio austriaco. Chissà dove è archiviato o dove è dimenticato,<br />

sempre che esista tuttora e non sia andato distrutto o disperso. Sarebbe stato molto <strong>in</strong>teressante sapere <strong>in</strong> che<br />

term<strong>in</strong>i ‘’il nemico‘’ comunicava <strong>la</strong> morte di un avversario cavalleresco e leale. Come tale si era mostrato<br />

Arrigoni recapitando su un campo austriaco gli effetti personali di un pilota che lui aveva abbattuto.<br />

A Bergamo il nome dell’Arrigoni è del tutto sconosciuto ed <strong>in</strong> nessun modo è ricordato, pur essendo un<br />

bergamasco che ha onorato <strong>la</strong> città. E’ da tenere presente, <strong>in</strong>oltre, che l’Arrigoni era il combattente<br />

bergamasco più decorato prima che ad Antonio Locatelli, con decreto <strong>in</strong> data 31 ottobre 1923, fosse conferita<br />

<strong>la</strong> medaglia d’oro, concessa <strong>in</strong> commutazione di una medaglia di bronzo assegnata con decreto 22 dicembre<br />

1918. E non è da escludere <strong>la</strong> possibilità, se l’Arrigoni non fosse morto prima del<strong>la</strong> f<strong>in</strong>e del<strong>la</strong> guerra, che le tre<br />

medaglie d’argento delle quali era <strong>in</strong>signito fossero commutate <strong>in</strong> una medaglia d’oro. Perché non <strong>in</strong>testare a<br />

lui l’aeroporto di Orio al Serio, dato che l’aeroporto è ancora privo di un nome ufficiale?<br />

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RELAZIONE DELL'AZIONE DI BOMBARDAMENTO EFFETTUATA DAI PILOTI DELLA 1ª SEZIONE<br />

AUTONOMA SVA - OBIETTIVO INNSBRUCK<br />

(Impianti ferroviari)<br />

Partito alle 13.25 dal Campo di Aviazione di Sovizzo, unitamente coi piloti: Cap. Palma, S.Tenente Ors<strong>in</strong>i, Serg.<br />

Arrigoni, mi dirigo secondo il meridiano del campo direttamente sull'obiettivo. Dopo un'ora esatta di navigazione<br />

mi trovavo col gruppo su Blumau ad E di Bolzano. Dopo un'ora e trenta primi giungevo p<strong>la</strong>nando cogli altri<br />

apparecchi sul<strong>la</strong> città di Innsbruck.<br />

Presi di mira gli impianti ferroviari i quattro apparecchi <strong>la</strong>nciavano le loro bombe <strong>in</strong> numero di sette sul<strong>la</strong><br />

stazione e adiacenze, Si ebbero a constatare i danni che furono rilevantissimi e che si potranno control<strong>la</strong>re<br />

dalle fotografie eseguite da una quota di circa mille metri. Il bombardamento fu effettuato ad una quota media<br />

di 300 m.<br />

In seguito al <strong>la</strong>ncio delle bombe gli apparecchi discesero ancora più bassi sul<strong>la</strong> città e mitragliarono con visibile<br />

efficacia i treni del<strong>la</strong> stazione di Ovest ancora esenti dai nostri attacchi.<br />

Ad operazione ultimata formatasi nuovamente <strong>la</strong> pattuglia, presi con essa <strong>la</strong> via del ritorno seguendo <strong>la</strong> valle<br />

dell'Inn s<strong>in</strong>o al conf<strong>in</strong>e svizzero, <strong>in</strong>di il primo tratto dell'Adige da Nodrio a Glorenza f<strong>in</strong>o a che, raggiunto lo<br />

Stelvio, discesi <strong>in</strong> Valtell<strong>in</strong>a. Allo Stelvio l'apparecchio pilotato dal Cap.Palma a causa del<strong>la</strong> m<strong>in</strong>ore velocità,<br />

perdette di vista <strong>la</strong> pattuglia e per conto suo raggiunse il campo di aviazione di Castenedolo. Gli altri tre<br />

apparecchi seguirono <strong>la</strong> Valtell<strong>in</strong>a, <strong>in</strong>di <strong>la</strong> Valseriana e preso terra a Ponte S.Pietro alle ore 4.25 dopo tre ore<br />

di navigazione.<br />

Le bombe <strong>la</strong>nciate erano da 162 mm m<strong>in</strong>a. Le fotografie eseguite furono <strong>in</strong> numero di 6.<br />

Sovizzo, li 21 - 2 – 18<br />

f.to Cap.no Natale Palli<br />

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