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EDITORIALE GIORGIO MONDADORI - Itaca Investimenti d'Arte

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<strong>EDITORIALE</strong> <strong>GIORGIO</strong> <strong>MONDADORI</strong>


1909 - 2009<br />

Mostra del Centenario<br />

ALDO TAVELLA<br />

(1909 – 2004)<br />

“IL RESPIRO DI UNA VITA”<br />

a cura di<br />

Paolo Levi e Mario Guderzo<br />

<strong>EDITORIALE</strong> <strong>GIORGIO</strong> <strong>MONDADORI</strong>


L’opera è inserita nella collana<br />

Cataloghi d’ Arte della<br />

<strong>EDITORIALE</strong> <strong>GIORGIO</strong> <strong>MONDADORI</strong><br />

In copertina<br />

“Giardini”, 1947<br />

olio su cartone, cm 50x70<br />

Stampa<br />

Distributore esclusivo alle librerie<br />

Messaggerie libri S.p.A.<br />

Via Verdi, 8 - 20090 Assago (Milano)<br />

Copiright©2009<br />

<strong>Itaca</strong> <strong>Investimenti</strong> d’ Arte s.r.l.<br />

Riproduzione vietata, tutti i diritti riservati<br />

dalla legge sui diritti d’autore<br />

SPECIALI NELL’ASSICURARE<br />

Con il Patrocinio<br />

Si ringraziano


ALDO TAVELLA<br />

“IL RESPIRO DI UNA VITA”<br />

1909 - 2009<br />

Mostra del Centenario<br />

a cura di<br />

Paolo Levi e Mario Guderzo<br />

14 novembre – 13 dicembre 2009<br />

Palazzo della Ragione<br />

Piazza dei Signori, Verona<br />

Testi di:<br />

Paolo Levi, Ennio Pouchard, Mario Guderzo<br />

Federica Luser, Marco Maria Polloniato<br />

Organizzazione:<br />

Alessandro Schirato<br />

Musiche:<br />

Maestro Nicola Guerini<br />

Allestimenti:<br />

Arredamenti Dueffe, San Zeno di Cassola (VI)<br />

Assicurazioni:<br />

Satec e Venice Broker<br />

Apparati Fotografici:<br />

Davide Martinazzo, Pino Tavella, Alessandro Schirato<br />

Comunicazione e Ufficio Stampa<br />

Mara Bisinella, Quinto Potere, Bassano del Grappa (VI)<br />

Organizzazione Generale e Progetto Grafico<br />

<strong>Itaca</strong> <strong>Investimenti</strong> d’Arte<br />

Castelcies di Cavaso del Tomba (TV)<br />

www.itacagallery.com<br />

e-mail: info@itacagallery.com


Con la mostra sul pittore Aldo Tavella salutiamo un nuovo ed importante appuntamento con l’arte, un’ulteriore tappa<br />

nella strategia di sviluppo culturale della nostra città, la naturale prosecuzione della linea di sostegno ai fenomeni di<br />

eccellenza della cultura veronese. L’intento dell’Amministrazione comunale, infatti, è quello di tributare un omaggio ad un<br />

uomo che, nel tempo, con passione e professionalità, ha collaborato alla crescita culturale della Città che ha amato e che<br />

ha saputo lasciare un segno nella sua arte. E’ un importante avvenimento culturale, che si realizza a più di 20 anni di distanza<br />

dall’omaggio che il Comune di Verona volle rendergli, ospitando nel Palazzo della Gran Guardia un’antologica che riscosse<br />

un notevole successo di pubblico e di critica, cui fece seguito una seconda mostra nel 2004. Un filo riannodato, quindi,<br />

grazie al quale Verona riscopre se stessa, per ritrovare il proprio futuro e riallacciare il rapporto con la propria storia. La<br />

mostra contribuirà ad approfondire la conoscenza di questo pittore, che seppe affrontare in modo autonomo ed originale<br />

il dibattito sull’arte italiana di quegli anni: seguire il percorso di questo artista, quindi, consentirà di entrare anche nello<br />

spirito migliore del Secolo che abbiamo alle spalle. Siamo certi che la figura di Tavella emergerà in tutta la forza della sua<br />

creatività e nell’autenticità della sua complessa ricerca culturale, che ha offerto un importante contributo allo sviluppo del<br />

panorama culturale ed artistico del nostro territorio e non solo. Quest’esposizione dunque, ed il catalogo-monografia che<br />

la correda, consentiranno finalmente di valutare nel suo insieme tanti anni di lavoro, segnato dalla fedeltà alla tradizione e<br />

all’arte, come è sempre stato ribadito dalla critica.<br />

Un appuntamento da non perdere, per i veronesi e per il pubblico interessato, una grande occasione per cercare di<br />

penetrare nella vicenda artistica ed umana di questo pittore. La mostra, infatti, oltre che un progetto per la città, rappresenta<br />

anche un modello di collaborazione e di interazione tra diverse istituzioni pubbliche e private, tra istituzioni e cittadini e<br />

tra diverse competenze e professionalità. Il nostro ringraziamento va alla famiglia Tavella, per l’opportunità che ha voluto<br />

offrire alla città, all’organizzazione di <strong>Itaca</strong> <strong>Investimenti</strong> d’Arte e a tutti coloro che hanno lavorato, prodotto, studiato per la<br />

realizzazione di questa iniziativa.<br />

Erminia Perbellini Flavio Tosi<br />

Assessore alla Cultura Sindaco di Verona


Un momento di memoria e di cultura un’impronta originale ed autonoma nella pittura veneta del XX secolo: così dicono<br />

gli esperti d’arte di mio padre. Un uomo che ha sempre fatto quello che ha voluto e contato solo su se stesso. Una vita, la<br />

sua, iniziata nel 1909 e terminata nel 2004. Ricordo di lui benissimo quei suoi occhi belli e vispi, quella sua voce simpatica<br />

mentre ci diceva cose di cui era convinto sempre fino in fondo e per le quali mal volentieri accettava suggerimenti o<br />

consigli. Solo la mamma sapeva davvero come prenderlo e “dominarlo”.<br />

Compiuti gli studi presso l’Accademia G.B. Cignaroli di Verona, ne divenne prima docente e poi Direttore. Ed è sotto la<br />

direzione di Aldo Tavella che l’Accademia ottenne nel 1985 il riconoscimento dello Stato Italiano.<br />

Con una produzione amplissima ed eclettica colorata di ottimismo e naturalezza, mio padre, fino all’ultimo, “questo<br />

bambino di 95 anni”, ci ha offerto un’immagine di pittore che travalica il tempo con un entusiasmo ed uno spirito polemico,<br />

estroso ed accattivante: bastava entrare nella sua casa, i quadri erano dappertutto, negli armadi, in cucina, in ogni dove,<br />

in un perfetto disordine d’autore.<br />

Consentitemi di ricordare qualche breve passo di alcuni dei critici d’arte che hanno apprezzato e valorizzato l’opera di<br />

mio padre: Ugo Ronfani, in occasione di una mostra dedicata al papà alla Gran Guardia, presentava l’iniziativa come «un<br />

evento che celebra e premia la longevità operosa e l’onestà intellettuale di un pittore che ha attraversato il secolo senza<br />

oziose o vanitose distrazioni, tenendo gli occhi bene aperti su quanto di nuovo offriva il panorama italiano ed europeo<br />

delle arti figurative, ma badando soprattutto ad essere se stesso, ad ascoltare le voci di dentro di una vocazione di nativa<br />

naturalezza, restando prodigiosamente giovane nell’incalzare dell’età, dunque un evento che esce decisamente dalla<br />

cerchia locale».<br />

Jean Piot, nella sua pubblicazione “Aldo Tavella - tra mito e realtà” evidenzia come «Tavella ha sempre saputo che la<br />

fedeltà al vero non è un limite culturale, un pericolo di restare arretrati, di avvilupparsi ancora alle nostalgie naturalistiche<br />

e post impressionistiche, ma il più delle volte, lo specchio di una profonda verità interiore. Senza ciò - dice spesso Vasari<br />

- l’arte sarebbe caduta come un corpo umano». Remo Brindisi, in un breve commento di alcune opere di Aldo Tavella,<br />

scriveva: «Sono dell’ opinione che, grazie ad un tessuto plastico del colore, il suo quadro riesce ad essere suggestivo<br />

per una particolare luce, che dall’impasto pittorico, scaturisce in una analisi segreta sugli oggetti, più che sui paesaggi<br />

e le figure. D’impostazione tradizionale, il suo quadro avverte, delle volte, angolazioni culturali più aggiornate». Infine<br />

Licisco Magagnato: «Tavella resta fedele al fondo vero della sua cultura: 1’esperienza artigianale, la spontanea sapienza del<br />

mestiere del decoratore che ha un tempo esercitato l’intonazione delle sue opere è costantemente in chiave giusta, proprio<br />

il suo innato senso di un rapporto cromatico unitario che deve legare la parte al tutto, in un equilibrio che costituisce<br />

l’amalgama meditato dei vari elementi. [ ... ] Da un punto di vista compositivo, i dipinti di Tavella sono gremiti e densi,<br />

quasi li ispirasse un “horror vacui” di ascendenza popolare; mazzi di fiori compatti, come ghirlande di fiori secchi, tessiture<br />

strettamente intrecciate come i ricami dei cuscini della nonna, tinte spente e corpose segnate da velature e graffiti che<br />

sembrano esaltarne la matericità. Questo tormentato lavorio sul tessuto pittorico, si accompagna talora ad un altrettanto<br />

arrovellato sovrapporsi a strati ed incastri di immagini, in una ricerca di sintesi narrative e simboliche condotte sul filo<br />

della memoria, in una chiave che risale a modi del liberty, ma anche a murales ed illustrazioni popolari sudamericane e<br />

specialmente messicane».<br />

I critici d’arte e gli esperti, quindi, già molto hanno detto e scritto. Oggi con questa mia presentazione, che credo<br />

faccia piacere alla Verona che lui tanto ha amato come ultimo testimone di un secolo di grandi nomi veronesi, ed anche a<br />

questa prestigiosa Accademia di cui, in memoria proprio di Aldo Tavella, mi è stata offerta la carica da me accettata di Vice<br />

Presidente, voglio invece, solo rendergli omaggio ed un grato ricordo.<br />

Diceva Blaise Pascal nei suoi Pensieri: «Quando un discorso dipinge con naturalezza una passione o un effetto, ritroviamo<br />

in noi stessi la verità di ciò che esso intende dire, la quale verità non sapevamo che già fosse in noi; di modo che siamo<br />

portati ad amare chi ce lo fa sentire; poiché costui non ha fatto mostra di un bene suo, ma del nostro; e così questo<br />

beneficio ce lo rende caro, oltre al fatto che questa comunione d’intelligenza che abbiamo con lui inclina necessariamente<br />

il cuore ad amarlo».<br />

Ecco, questo pensiero di Pascal mi sembra possa ben rappresentare tutto ciò che la pittura di papà ha significato e<br />

trasmette a tutti noi e a tutti coloro che apprezzano la qualità dell’arte nella semplicità. In particolare, voglio dirgli che lo<br />

amiamo ancora tanto e che siamo stati fieri ed orgogliosi di aver fatto parte della sua vita.<br />

Romano Tavella<br />

Vice Presidente dell’Accademia di Belle Arti G.B. Cignaroli di Verona


Questa mostra è un’occasione per celebrare il centenario della nascita di Aldo Tavella e nello stesso tempo<br />

un’importante tappa nella riflessione scientifica legata all’arte. Affrontare tutte le problematiche connesse con la riscoperta<br />

di un artista, è una delle prerogative fondamentali di <strong>Itaca</strong> <strong>Investimenti</strong> d’Arte. L’attenzione è rivolta proprio a coloro che<br />

hanno creato percorsi originali e fondamentali in campo artistico e che si sono cimentati nell’espressività, anche se quel<br />

processo di valorizzazione del proprio lavoro, ha incontrato difficoltà e alle volte incomprensioni. Attraverso un’approfondita<br />

metodologia di ricerca e di confronti e con l’organizzazione di iniziative correlate, <strong>Itaca</strong> si propone, come “una nuova visione<br />

nella promozione dell’arte”. La realtà di Aldo Tavella, del resto, è una situazione che abbiamo già incontrato presso molti<br />

altri protagonisti dell’arte italiana e della pittura veneta contemporanea. Non ci ha mai spaventato affrontare un archivio<br />

pittorico come quello che la famiglia Tavella ci ha presentato. La complessità del lavoro di archiviazione iconografica, di<br />

catalogazione, di analisi critica, di censimento bibliografico è stato così affrontato in modo capillare ed affidato ad esperti,<br />

critici e storici dell’arte che da anni collaborano con noi ed ai quali rivolgiamo il nostro grato riconoscimento. Approfondendo<br />

la collezione d’arte di Tavella ne è emerso un artista veneto eccezionale che ha attraversato con integerrima determinazione<br />

tutto il Novecento, Secolo ricco di innovazioni in campo artistico ed anche di contraddizioni, ma che sono state con molta<br />

“sincerità” e convinzione da lui assimilate e “tradotte” nella sua arte.<br />

Abbiamo sempre concentrato la nostra attenzione nei confronti di quella tradizione che costituisce il più ricco<br />

patrimonio italiano: l’arte e i beni culturali tout-court. E’ una caratteristica significativa di questa organizzazione, che non<br />

vuole, assolutamente, interferire con il mercato. Valorizzato nella sua Città fin dagli anni Cinquanta del Secolo scorso, è<br />

stato da noi studiato per il significato che rappresentava, proprio come un grande protagonista. Dell’artista sono stati<br />

studiati tutti i dipinti e i disegni che saranno ulteriormente valorizzati dopo la pubblicazione del catalogo generale. Il mio<br />

particolare ringraziamento va così all’Amministrazione comunale di Verona che ha creduto nel nostro impegno, alla famiglia<br />

Tavella che abbiamo conosciuto per mezzo del critico d’arte Paolo Levi che con Mario Guderzo ha realizzato il catalogo<br />

e curato l’esposizione. Pensiamo così di aver fornito un importante contributo alla diffusione e alla conoscenza di questo<br />

protagonista veronese che ha saputo dimostrare una passione profonda ed un’infinta dedizione verso la pittura e che ha<br />

utilizzato queste forme espressive per “narrare” piccoli eventi della sua quotidianità e che nello stesso tempo è riuscito ad<br />

inserirsi nei grandi dibattiti sul senso dell’arte del suo Secolo.<br />

Alessandro Schirato<br />

Presidente <strong>Itaca</strong> <strong>Investimenti</strong> d’Arte


SOMMARIO<br />

13<br />

15<br />

19<br />

27<br />

31<br />

35<br />

136<br />

137<br />

139<br />

ALDO TAVELLA: UNA RICERCA FIGURATIVA<br />

Paolo Levi<br />

TAVELLA E LA PITTURA VENETA DEL NOVECENTO<br />

Ennio Pouchard<br />

ALDO TAVELLA (1909 – 2009) “IL RESPIRO DI UNA VITA”<br />

Mario Guderzo<br />

UN MAESTRO ALLA BIENNALE DI VENEZIA<br />

Federica Luser<br />

NOTE SULLA PITTURA DI GENERE VENETA NEL NOVECENTO<br />

Marco Maria Polloniato<br />

OPERE<br />

NOTE BIOGRAFICHE<br />

ESPOSIZIONI<br />

BIBLIOGRAFIA


Aldo Tavella nel suo studio, 1994


ALDO TAVELLA: UNA RICERCA FIGURATIVA<br />

Paolo Levi<br />

Aldo Tavella ha fatto parte della generazione successiva<br />

alle sperimentazioni del Futurismo e Cubismo, che erano<br />

non solo movimenti artistici, ma veri e propri amplificatori<br />

di messaggi utopici. Nato nel 1909 - nello stesso anno in<br />

cui veniva pubblicato il Manifesto di Filippo Tommaso<br />

Marinetti – nel suo apprendistato non si è lasciato attrarre<br />

né dalle suggestioni del post-Futurismo e neppure, più<br />

tardi, dal Ritorno all’Ordine proclamato dal gruppo romano<br />

di Valori Plastici, guardando piuttosto al paesaggio come<br />

entità freddamente oggettiva, e alla figura come garbato<br />

riferimento ai Primitivi.<br />

Di questo Maestro veronese si può quindi scrivere come<br />

egli abbia percorso parte del secolo scorso interpretando<br />

il paesaggio, la natura morta e la figura con la freddezza<br />

di chi controlla le proprie emozioni, per privilegiare<br />

esclusivamente il colore nella sua qualità ritmica e di<br />

mistero. Ha vissuto il dramma di due Guerre, e ha visto<br />

l’inizio del XXI secolo, sempre interrogandosi sulla<br />

realtà della forma, sul segno come drammatica scrittura<br />

della percezione visiva, e sullo spazio come condizione<br />

estetica. Un esponente quindi del Novecento europeo<br />

che ha optato per una ricerca figurativa che si può ben<br />

definire come anti-romantica, per approdare infine a una<br />

sperimentazione inquieta, da collocare nell’ambito di<br />

un’epoca di totali mutamenti storici e culturali.<br />

La perdita delle illusioni sul destino dell’umanità, che<br />

è culminata nel bagno di sangue della Prima Guerra<br />

Mondiale, ha coinciso emblematicamente con la rivoluzione<br />

tecnica, formale e contenutistica degli artisti che avevano<br />

maturato la lezione di Cézanne, tracciando un percorso di<br />

cui Aldo Tavella è stato nobile continuatore. Così, anche<br />

per lui, l’unica certezza a cui poggiarsi era la coscienza<br />

vigile del suo lavoro, mentre la sua mano ricercava sulla<br />

tela nuove forme allusive del vero, definendole negli<br />

spessori aggressivi della materia, nei dialoghi tonali, e<br />

nella forza espressiva che richiamava a volte la pittura<br />

del Nord-Europa, sposandosi nel contempo con il gusto<br />

tipicamente veneto delle velature.<br />

Da severo artefice, quale egli era, elaborava originali variabili<br />

di forme certamente riconoscibili ma espressivamente<br />

ardite e dense di sensazioni tattili e visive. La sua ricerca<br />

figurale rivelava una lucida consapevolezza, che lo spingeva<br />

a elaborare gli elementi compositivi dei suoi lavori con<br />

un’efficacia eloquente, che non offriva mai all’osservatore<br />

soluzioni ingannevoli o anche solo sbrigative. Al contrario,<br />

egli enunciava la sua verità richiamando l’attenzione<br />

su ogni particolare del racconto tramite le stesure o le<br />

improvvise e geniali macchie cromatiche, risolvendo<br />

sempre nel modo giusto l’equilibrio dialettico delle forme<br />

esaltate da un segno palpitante.<br />

Cantore dunque di un reale che si coniuga all’allusione,<br />

13<br />

egli ha messo in scena una figuratività, dove si dipana un<br />

dialogo continuo fra la materialità della forma riconoscibile<br />

e l’improbabilità di una sua definitiva certezza. Aldo Tavella<br />

è stato pittore di forte temperamento, il quale coniugando<br />

varie tematiche ha visualizzato una serie di immagini del<br />

silenzio, ma non quello inquietante della metafisica, bensì<br />

quello pregnante e soggettivo della solitudine o, quanto<br />

meno del distacco da una quotidianità sfuggente e, in<br />

definitiva, insignificante. Ma al di là del senso specifico di<br />

ogni sua narrazione, ci si avvede della pensierosa acutezza<br />

delle sue rappresentazioni, dove l’artista sembra voler<br />

trattenere l’immagine in uno spazio sospeso al di sopra<br />

della contingenza, per restituirla allo sguardo con l’idea<br />

stessa di un’immobile eternità.<br />

Adige a San Giorgio, 1993


Il cantiere, 1949<br />

14


TAVELLA E LA PITTURA VENETA DEL NOVECENTO<br />

Ennio Pouchard<br />

I cento (o poco più) chilometri che corrono tra Verona<br />

e Venezia sono stati sufficienti, specialmente negli<br />

anni immediatamente successivi alla Seconda Guerra<br />

Mondiale, per determinare lo sviluppo di due mondi<br />

diversi nell’arte.<br />

Aldo Tavella, veronese, classe 1909, era coetaneo del<br />

goriziano Zoran Music e vicino in età ai friulani Armando<br />

Pizzinato (1910) e Afro Basaldella (1912), al veneziano<br />

Giuseppe Santomaso (1907) e al mantovano Giulio Turcato<br />

(1912), presenti e attivi — seppure non continuativamente<br />

— anche a Venezia. E fino a un certo punto della loro vita,<br />

impegnati in qualche sorta di personale pittura figurativa<br />

(di paesaggio, di nature morte, d’interni, di figure singole<br />

o di gruppo). Poi, verso la metà del secolo, intervennero<br />

fattori trascinanti — dei quali egli non poté fruire, vivendo<br />

per così dire, “lontano” — catalizzati dal pensiero di critici<br />

illustri come Giuseppe Marchiori e Lionello Venturi, che<br />

portarono al nascere e allo sviluppo di raggruppamenti,<br />

quali il Fronte Nuovo delle Arti e il Gruppo degli Otto,<br />

le cui poetiche si espansero rapidamente a livello<br />

nazionale. In loro, quindi, ma non in lui, poterono radicarsi<br />

fermenti generati dal fervido clima intellettuale della<br />

città lagunare; un clima influenzato principalmente da un<br />

sentire politico diffuso tra gli artisti, nonché da presenze<br />

nuove (la collezionista americana Peggy Guggenheim),<br />

da una gestione innovativa nei programmi della Biennale<br />

coordinata da Rodolfo Pallucchini, dal 1948 al ’56, dall’azione<br />

promotrice di un gallerista veneziano eccezionale — uno<br />

solo, ma capace di pensare in grande, che si chiamava<br />

Carlo Cardazzo — e dallo stimolo di maestri del calibro di<br />

Virgilio Guidi e Mario Deluigi.<br />

Altre erano rimaste le mire, invece, dei migliori pittori<br />

di Verona. Di loro, solo Renato Birolli (1905) manifestò<br />

il bisogno di una presa di posizione nei confronti dei<br />

maestri del Novecento, con la chiara volontà di adeguarsi<br />

ai modelli europei più avanzati; e nel ’46 — il 1° ottobre,<br />

nello studio di Giuseppe Marchiori a Venezia, assieme<br />

a Cassinari, Guttuso, Morlotti, Pizzinato, Santomaso e<br />

Vedova — firmò il manifesto della Nuova Secessione<br />

Italiana. Poi, con il medesimo gruppo, aderì al Fronte<br />

Nuovo delle Arti; e infine, all’età di 23 anni, divenne<br />

milanese entrando (assieme a Renato Guttuso, Giacomo<br />

Manzù, Edoardo Persico e Aligi Sassu) nel gruppo di<br />

Corrente. Gli artisti suoi concittadini seguitarono a credere<br />

piuttosto nella realtà di una crescita continua dalle radici<br />

di una tradizione nobile e autonoma rispetto al dilagare<br />

di tendenze progressiste, pur rifuggendo, e spesso con<br />

ironia (in particolare l’elegante e contenuto Aldo Tavella),<br />

da atteggiamenti aprioristicamente conservatori, inclini a<br />

confondere la ripetitività con la coerenza stilistica.<br />

Per il “nostro” continuò a valere il principio di promuovere<br />

un’arte definita nelle critiche del tempo “pittura autentica”,<br />

15<br />

rappresentativa di un “momento di memoria e di cultura”<br />

veramente autoctono e di una “impronta originale ed<br />

autonoma”, da considerare quale solida base per tutto il<br />

XX secolo.<br />

A simili principi avevano aderito gli artisti suoi concittadini<br />

più anziani Giuseppe Flangini, Orazio Pigato, Guido<br />

Farina, Angelo Zamboni (che gli fu maestro nell’arte<br />

dell’affresco), Alessandro Zenatello e altri, fino al soave<br />

Pio Semeghini (classe 1878, che con Tavella coltivò<br />

rapporti di stretta amicizia); e così continuarono a fare i<br />

quasi coetanei, come Vittorino Bagattini (1908) e Silvio<br />

Oliboni (1912): in sostanza, niente cambiamenti radicali<br />

rispetto alla pittura maturata nel corso della seconda metà<br />

dell’Ottocento in tutte le Venezie, e quindi, prima del 1918,<br />

anche oltre il confine di allora con l’Austria, fino a Trieste<br />

e all’Istria. Un insieme del quale si sta ancora riscoprendo<br />

la complessità, nel cui ambito primeggiavano Ippolito<br />

Caffi, Guglielmo Ciardi e figli, Alessandro Milesi, Ettore<br />

Tito, accanto ai triestini Umberto Veruda, Guido Grimani,<br />

Giovanni Zangrando e all’istriano Pietro Fragiacomo,<br />

protagonista a Venezia — accanto a Ciardi padre — del<br />

rinnovamento in senso realistico del paesaggio; e in tempi<br />

più vicini, Franco Batacchi senior, Lino Bianchi Barriviera,<br />

Gino Borsato, Nando Coletti, Fioravante Seibezzi, Adriano<br />

Spilimbergo,…<br />

Lì e così Tavella ha sviluppato le qualità che nell’ambiente<br />

veronese hanno fatto di lui l’artista di successo: “uno dei<br />

massimi esponenti — leggo in una cronaca locale datata<br />

— se non il primo in assoluto”.<br />

Case abbandonate, 1967<br />

I suoi inizi sono precoci: egli stesso li faceva risalire<br />

all’avvio del suo apprendistato da Angelo Zamboni,<br />

affreschista, che era ammalato di asma e quindi, in breve,<br />

aveva delegato lui, ragazzo, a montare sulle impalcature e<br />

lavorare sui soffitti delle chiese da affrescare. A convincerci<br />

della perizia in tal modo acquisita, qui in questa mostra<br />

del centenario, c’è l’olio su compensato Mio fratello Pino<br />

del 1926, cioè dipinto da un diciassettenne già maturo nel


itagliarsi le quadrature, nella scelta della scala dei colori,<br />

nell’atteggiare con un aspetto per niente fiero e baldanzoso<br />

il giovane ripreso in divisa, camicia sbottonata.<br />

Quando partecipa alla Biennale del 1950 — che rimarrà<br />

l’unica — dei colleghi citati sono presenti Bagattini, Bianchi<br />

Barriviera, Birolli, Coletti, Farina, Music, Pigato, Pizzinato,<br />

Santomaso, Seibezzi, Semeghini, Turcato.<br />

Per il resto della lunga vita — passata dipingendo<br />

fino all’ultimo paesaggi, figure, nature morte, racconti<br />

fantastici, ritratti, opere d’arte sacra e soggetti inventati<br />

— alla mostre e ai premi cui sarà partecipe se ne troverà<br />

accanto varie volte più d’uno. Hanno giocato a suo<br />

svantaggio, per la conquista di una fama più diffusa, vari<br />

fattori. Anzitutto, l’essersi donato anima e corpo all’arte<br />

concependola come atto creativo autonomo e solitario,<br />

quasi una missione personale non assoggettatile a<br />

programmi di gruppo. Poi, l’aver considerato sempre con<br />

rigore il suo rapporto con la scuola, insegnando prima<br />

all’Istituto d’Arte applicata di Bovolone, poi al Liceo<br />

artistico di Verona e successivamente, quale titolare di<br />

cattedra (prima affresco e poi di pittura) all’Accademia<br />

di Belle Arti Gian Bettino Cignaroli e Scuola di Pittura e<br />

Scultura Brenzoni 1 , dove aveva ricevuto la formazione e di<br />

cui assunse la direzione dall’82 all’85. E ancora, l’essersi<br />

tenuto in disparte, conseguentemente e coerentemente,<br />

rispetto alla strabiliante quantità di proposte valide sul<br />

piano internazionale, che nei suoi anni continuarono a<br />

sgorgare da Venezia e Milano. Così, non sorprende il fatto<br />

che nel 2004 la città natia gli abbia dedicato (dopo due<br />

edizioni minori, nel ’92 e nel ’96) una grande antologica<br />

nei saloni del Palazzo della Gran Guardia, con opere dal<br />

1930 al 2004, inaugurata il 10 aprile e intitolata “I colori di<br />

un mondo”.<br />

Oggi in città si parla di Tavella con fierezza come di “un<br />

grande veronese”. E mi spiace sentirlo dire: Aldo, infatti,<br />

preferirei fosse studiato e compreso come esponente di<br />

primo rango di un filone della pittura che le tendenze<br />

dominanti del secolo scorso, derivate dai vari canali delle<br />

avanguardie storiche, hanno messo in ombra.<br />

Apro una parentesi. Nel fare questa dichiarazione, sento<br />

la necessità di affermare la mia estraneità, come critico,<br />

alla difesa dei realismi tout-court, e nello stesso tempo<br />

il mio costante interesse per le ricerche su quanto il<br />

passato ha trascurato per cause varie: penalizzando, ad<br />

esempio, per motivi politici assai sentiti nel dopoguerra,<br />

la figura e l’opera di Mario Sironi, artista tra i più grandi del<br />

secolo, ma celebrato in periodo fascista; e trascurando,<br />

altresì, il lavoro di Armando Pizzinato, fatto quando, per<br />

fede nell’ideale comunista, continuava solo contro tutti<br />

a dipingerne l’epopea. Né ho voluto (o voglio) prendere<br />

partito in favore di poetiche nate via via, dalle diverse<br />

forme di astrazione agli specifici condizionamenti di<br />

Dada e derivati, dall’arte Pop, Programmata (o cinetica<br />

e Op) all’Iperrealismo, la Land-art, la Transavanguardia,<br />

l’Arte povera, il Minimalismo 2 ; ovvero appoggiare un’arte<br />

— rifacendomi a un tema sostenuto dallo storico Hans<br />

Belting 3 — che “…si costituisce come una forma di […]<br />

16<br />

discorso sull’arte per proprio conto”: mirante, cioè, a<br />

svuotare l’opera del contenuto descrittivo e dell’apporto<br />

lirico. Un’arte, insomma, determinatamente mirata a<br />

quell’annientamento dell’aura di cui parlava in un saggio<br />

del 1955 il filosofo tedesco Walter Benjamin.<br />

Quell’aura era il segno di una partecipazione e<br />

immedesimazione nelle cose basilari della vita fatte<br />

proprie da una certa arte legata al rito magico o religioso.<br />

Attributo percepibile ma non visibile dell’opera, ne<br />

testimoniava le doti di autorità e verità. Poi, quando<br />

le funzioni rituali e cultuali vennero meno, si trasmise<br />

alle forme profane del culto della bellezza, nato nel<br />

Rinascimento e passato ai posteri per via di bottega<br />

e di tradizione; il concetto su cui si reggeva ancora nel<br />

Novecento avanzato veniva commentato da Benjamin, nel<br />

medesimo testo, con queste parole: “Cade qui opportuno<br />

illustrare il concetto, sopra proposto, di aura a proposito<br />

degli oggetti storici mediante quello applicabile agli<br />

oggetti naturali. Noi definiamo questi ultimi ‘apparizioni<br />

uniche di una lontananza’, per quanto questa possa essere<br />

vicina. Seguire, in un pomeriggio d’estate, una catena di<br />

Pagliaccio, 1964<br />

monti all’orizzonte oppure un ramo che getta la sua ombra<br />

sopra colui che si riposa, ciò significa respirare l’aura di<br />

quelle montagne, di quel ramo. ‘Fine dell’aura’ significa<br />

fine di quell’intreccio tra lontananza, irripetibilità e durata<br />

che caratterizzava il nostro rapporto con le opere d’arte<br />

tradizionali, e avvento di una fruizione dell’arte basata<br />

sull’osservazione fugace e ripetibile di riproduzioni” 4 .<br />

L’opera di Tavella possiede per intero quell’aura, che da<br />

lui nasceva spontanea e che tuttora si rivela con evidenza.<br />

Ne fu testimone Remo Brindisi, con l’attribuirle il merito<br />

di avere portato ai più alti gradi la sensorialità. “Una<br />

pittura — affermava il pittore — dove la luce non viene<br />

realisticamente affidata ad un preciso punto d’incidenza,<br />

ma nasce dallo stesso impasto pittorico, in un’analisi


segreta degli oggetti, finendo poi con il collocarli in<br />

una sorta di sospensione senza tempo, talora venata di<br />

malinconia”.<br />

Obsoleta, quindi, perché la düreriana melancholia sa<br />

troppo di epoche trapassate?<br />

Neghiamolo, con certezza. Il cospicuo insieme di opere<br />

riunite per l’esposizione cui questo catalogo è dedicato,<br />

basta per descrivere quali altri “dove”, raggiunti in silenzio,<br />

rimangono da rivalutare in modo adeguato. I dipinti riuniti<br />

(la cui catalogazione è arrivata a uno stadio avanzato,<br />

prossimo al completamento) forniscono una panoramica<br />

sufficientemente esplicita dell’opera omnia di Tavella.<br />

Quanto si è dedicato all’affresco, e quanto l’affresco ha<br />

dato alla sua pittura, lo si avverte nei dipinti, osservando<br />

la materia e vedendola ammorbidirsi, con il simultaneo<br />

placarsi dei colori (Ricostruzione del ponte, 1953,<br />

L’alluvione, 1957, Sagrato di una chiesa, non datato,…). In<br />

più, la sua maestria, approfondita anche con il lavoro di<br />

decoratore — esercitato con orgoglio — gli ha consentito<br />

di dominare ogni tecnica, e quindi di avventurarsi in<br />

tematiche le più diverse e con effetti i più inattesi,<br />

“vivendo” la sua pittura fino in fondo. Vivendola insieme<br />

ai pittori di qualsiasi epoca che in qualche momento<br />

sentiva vicini: non ho dubbi che ci sia del Magnasco nelle<br />

figurine e nelle nervature architettoniche di una certa<br />

Piazza e di alcuni Ruderi; è Munch che ritrovo nel Vecchio<br />

che apriva la mostra alla Gran Guardia nella personale del<br />

’92, un desolato Dix nella Tedesca di Custoza del ’34, Ensor<br />

nella Morte delle maschere presente alla XXV Biennale,<br />

Cézanne nella natura morta Fiori, anguria e picchio del<br />

’56, e un pizzico di Marc in un Inverno del ’37. Poi, c’è del<br />

sironiano nei Ruderi del ’68, con quella “a” minuscola in<br />

grafia che funge, licinianamente, da luna; è la vicinanza<br />

con Fiorenzo Tomea — cadorino classe 1910, pure lui<br />

allievo dell’Accademia Cignaroli — che mi ammicca tra<br />

le candele della Processione di Quaresima dei tardi anni<br />

’50; e potrebbe essere un incontro (che non so se c’è mai<br />

stato, anche se hanno esposto almeno una volta insieme)<br />

con Armando Pizzinato — pur tanto diversamente<br />

motivato — che ritrovo nello sbattere d’ali dei Gabbiani<br />

sull’Adige (1984). Ma si badi bene: per nessuno di questi<br />

pittori rintraccio possibili debiti in Aldo Tavella, perché in<br />

quei dipinti tutto arriva rielaborato nel linguaggio della<br />

sua potente personalità; mi pare invece di vederci le orme<br />

di un vivere la pittura con i “compagni” di secoli prima, o<br />

con quelli accanto ai quali si è cresciuti. Un viverla e farla<br />

vivere in noi, liberamente, poeticamente. Inventando temi<br />

e stili. Con un guardare tutto fino a penetrare a fondo il<br />

senso dell’esistenza, come in Sua Maestà la miseria del ’93.<br />

Passando dalla festa della natura al dolore dell’uomo e del<br />

Dio fatto uomo (nelle tante versioni disseminate tra le chiese<br />

del Veronese; qui basti la Crocefissione – Pasqua 1987),<br />

alla tenerezza di una giovane madre e a soggetti quasi<br />

astratti. Cambiando con lo scorrere degli anni, periodo<br />

dopo periodo (per Tavella i biografi ne hanno fissati tre),<br />

dalle pennellate decise con colori grassi alla pittura più<br />

distesa, pacata, con una maggiore ricchezza di particolari,<br />

17<br />

e finalmente al favolistico, al simbolico, all’allegorico e alla<br />

freschezza di quella che per altri potrebbe essere stata una<br />

vecchiaia già “addentrata” (occhio a La sposa ha 16 anni,<br />

1993, a Il compito, 1989; e per un diverso tipo di lievità,<br />

scherzosamente consapevole, a Il vecchio pittore sogna,<br />

1994, vestito di bianco a righine celesti, barba candida, la<br />

tela sul cavalletto accanto che mostra un pagliaccetto con<br />

lo sguardo curioso fisso su di lui e, appesa al muro di fondo,<br />

una maschera nera ghignante, più che ridente), che per lui<br />

fu invece un’altra stagione produttivamente felice, conclusa<br />

il 28 novembre del 2004. Infatti, se nel 1956, recensendo<br />

la mostra alla Galleria della Scala a Verona, il giornalista<br />

Silvio Bertoldi aveva scritto che già allora “…l’artista ha<br />

raggiunto, nella vita, la stagione della piena estate”, quasi<br />

mezzo secolo dopo il medesimo artista, superato il suo<br />

lussureggiante autunno, percorreva i sentieri di un inverno<br />

per niente desolato. Anzi, ricco di luci misteriose e persino<br />

di splendori. Fino all’ultimo respiro.<br />

(1) Così chiamata dai nomi del pittore G.B. Cignaroli (Verona,<br />

1706-1770), che promosse la costruzione dell’Accademia<br />

veronese d’Arte, di cui fu il primo direttore (fondata nel 1764 con<br />

la trasformazione in pubblica istituzione dell’antica Accademia del<br />

Disegno) e del conte Paolo Brenzoni, Socio accademico, morto<br />

nel 1871, che lasciò per testamento cospicui beni al Municipio<br />

di Verona “…affinché venisse aperta a Verona una pubblica<br />

scuola gratuita di pittura e scultura, condotta e diretta da uno<br />

dei più distinti pittori e figurinisti italiani, col titolo di professore e<br />

direttore, a scelta dei tre presidenti”<br />

(2) Termine nato e sviluppatosi negli Stati Uniti d’America nei<br />

primi anni ‘60, usato per la prima volta dal filosofo dell’arte inglese<br />

Richard Wollheim nel saggio intitolato appunto Minimal Art.<br />

(3) H. Belting, La fine della storia dell’arte, o La libertà dell’arte,<br />

Torino 1990 (Das Ende der Kunsgeschichte?, München 1983)<br />

(4) W. Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità,<br />

Torino 1966 (Das Kunstwerk im Zeitalter seiner technischen<br />

Reproduziertbarkeit, da W. Benjamin, Schriften, Frankfurt am<br />

Mein 1955)


Ruderi, 1960


ALDO TAVELLA (1909-2004)<br />

“IL RESPIRO DI UNA VITA”<br />

Mario Guderzo<br />

1. L’inizio accademico e gli esempi contemporanei<br />

La sua è stata una formazione accademica, come sovente<br />

accade a chi appare particolarmente dotato dal punto<br />

di vista artistico nonché determinato nelle sue scelte<br />

professionali. Confidando nei futuri risvolti che tale<br />

decisione poteva apportare, Aldo Tavella si avvia, negli<br />

anni dell’immediato dopoguerra, lungo un percorso che<br />

lo conduce ad “imparare a fare arte”, che non è soltanto la<br />

manifestazione di innate attitudini, ma si può maggiormente<br />

esprimere acquisendo dai maestri le tecniche ed i segreti<br />

della pittura. Egli porta alle estreme conseguenze il<br />

contrasto fra una prepotente vocazione alla “pittura”,<br />

frutto di genialità naturale, e la precisione del disegno,<br />

interpretata come l’Accademia gli aveva insegnato.<br />

Alla fine degli anni Venti, anni a cui risalgono le sue prime<br />

opere, Tavella è alle prese con la figura, in modo particolare,<br />

la sua attenzione è rivolta al ritratto. Nella Donna che cuce<br />

e nel Ritratto, dipinti che possono collocarsi in questo<br />

inizio della sua attività, Tavella rivela l’intenzione di rendere<br />

il colore trasparente attraverso stesure molto diluite, che<br />

permettono di individuare il supporto pittorico; nello<br />

stesso tempo, si intravvede una tecnica rapida e pulita che<br />

diventerà una caratteristica di questa sua stagione pittorica,<br />

le cui opere evidenziano già ascendenze rintracciabili<br />

in alcuni artisti di area veneta e nei grandi protagonisti<br />

dell’arte europea. Così ne La signora Elda del 1932, e nel<br />

medesimo ritratto dell’anno successivo, si preannunciano i<br />

modi di un’inquietudine artistica che lo accompagneranno<br />

per tutta la sua produzione 1 .<br />

Tavella espone pubblicamente per la prima volta nel<br />

1946. Nella cronaca del quotidiano veronese “L’Arena”,<br />

compare accanto a Gaetano Bighignoli, Ebe Poli, Mario<br />

Paolo Payetta, Fermo Ferrarese e Mario Manzini, Pio<br />

Semeghini, Aldo Franzoni, Nurdio Trentini, Antonio Nardi,<br />

Guido Farina, Paolo Richelli e Angelo dall’Oca Bianca, e<br />

gli scultori Mario Salazzari, Maria Trevisani Montini e Nereo<br />

Costantini. Alcuni partecipano al concorso, che ha come<br />

tema la rappresentazione di Piazza delle Erbe, altri si<br />

affiancano e saranno compagni di strada importanti.<br />

La sede della mostra è la Casa di Giulietta e l’iniziativa<br />

è stata organizzata dal giornale “Tempo Nuovo” in<br />

collaborazione col Circolo degli Artisti. Del Tavella, sul<br />

quotidiano, si ricorda il buon temperamento di pittore<br />

sensibile, gli bastava: “Cinquanta centimetri di legno e tre<br />

tubetti di colore”, sottolinea il cronista, per immortalare<br />

quella piazza, Piazza delle Erbe, appunto, che nei soggetti<br />

di Tavella ritornerà con frequenza come nelle opere degli<br />

altri artisti, perché immagine capace di suscitare ispirazioni<br />

grazie alla scansione dei piani ed alla composizione<br />

cromatica. In questo frangente il Nostro è appena reduce<br />

19<br />

dalla grande impresa della chiesa di Marano di Valpolicella,<br />

dove ha realizzato l’intero apparato freschivo sulle lunette<br />

delle quattro volte e sui pennacchi della volta con i quattro<br />

evangelisti, sulla cupola e su tutti gli arconi, otto alberi<br />

simbolici con le figure della Madonna e sei santi protettori:<br />

San Giorgio, San Zeno, San Vincenzo Ferreri, San Rocco,<br />

San Carlo Borromeo, Sant’Eustachio, a significare le<br />

contrade di Marano 2 .<br />

Da questo momento, la sua attività in campo pittorico<br />

non ha tregua: partecipa a diversi concorsi nazionali, vince<br />

premi prestigiosi, espone alle mostre organizzate dalla città<br />

veneta e dall’Associazione sindacale a Padova; a Milano,<br />

nel 1949, figura tra gli artisti all’Angelicum nella Mostra<br />

d’Arte Sacra 3 .<br />

Iniziando così questa avventura artistica, Aldo Tavella non<br />

smentisce la scelta fatta, anzi manifesta segni di vivacità<br />

e suscita interessamento da parte del pubblico e della<br />

critica che vi ravvisa indubbi influssi della tradizione veneta,<br />

un certo gusto nella scelta dei motivi, in una parola egli<br />

viene definito come un artista “che possiede già un suo<br />

linguaggio, un suo stile”. Si sottolinea fin da ora come i<br />

suoi dipinti generino in chi li osserva sensazioni di armonia<br />

e di serenità, la sua ricerca appare già tesa a cogliere la<br />

trasparenza della materia, mentre il segno profondo e forte<br />

sulla tela crea insolite alchimie d’equilibri cromatici.<br />

Per un artista nato all’inizio del Novecento, gli anni del<br />

“nuovo”, che si possono cogliere soprattutto nell’ambito<br />

della pittura lagunare, cioè quelle espressioni nate dagli<br />

insegnamenti di Favretto, di Ettore Tito e, in un certo<br />

senso, della scuola veneziana, non potevano che essere<br />

guardati con un occhio attento, così come alcuni apporti<br />

di artisti internazionali. Non va dimenticato che a Venezia,<br />

nel 1928, fu realizzata una delle prime mostre dedicate a<br />

Henri Matisse e, due anni dopo, un’esposizione di opere<br />

di Amedeo Modigliani 4 .<br />

Ma Tavella sa anche individuare e ricordare le tracce lasciate<br />

dai protagonisti dell’arte italiana, come sa riconosce le<br />

innovazioni portate a Venezia da Virgilio Guidi. Gradisce<br />

il giudizio della critica che si esprime attraverso Gino<br />

Damerini e Nino Barbantini i quali non esitano a plaudire<br />

a questo nuovo corso dell’arte veneta. La storia dell’arte<br />

lo accompagna come un “sussidiario” nell’apprendimento<br />

della sua maestria 5 .<br />

Di questi tempi Tavella si rivolge a due “grandi interpreti<br />

della luce e del colore” nell’ambito della pittura antica:<br />

Tiziano lo “illumina” e Rembrandt lo “folgora”. Così non<br />

esita a confrontarsi con la produzione di “genere” che<br />

da secoli ormai ha caratterizzato tutta la pittura italiana.<br />

Neanche il confronto con i suoi contemporanei è facile,<br />

egli si trova a lavorare accanto a Nino Springolo, Leone<br />

Minassian, Mario Tozzi, Carlo Carrà, Pio Semeghini,<br />

Fiorenzo Tomea, Carlo Dalla Zorza, Bruno Saetti, Domenico<br />

Cantatore, Renzo Biasion, grandi artisti di cui si sentirà<br />

parlare. Tavella, però, attraverserà il panorama variegato<br />

dell’arte del XX secolo con occhio critico mantenendo<br />

la propria autonomia creativa; egli stesso dichiara, ad un<br />

certo punto, di avere scelto l’insegnamento per essere


un artista libero. L’impegno scolastico resterà una delle<br />

prerogative più vitali, anche se gravose: nato nell’ambito<br />

dell’Accademia veronese, vi rimarrà come docente di<br />

discipline pittoriche dal 1963, ricoprendo a partire dal 1982<br />

la carica di direttore. “Mi sono adoperato sempre con zelo,<br />

confortato anche dalla mia lunga esperienza di insegnante”<br />

– sottolinea il direttore Tavella al corpo docente che lo aveva<br />

riconfermato nell’incarico l’11 dicembre 1984. E continua<br />

“devo riconoscere, però, che l’impegno prodigato nel<br />

dedicarmi assiduamente agli innumerevoli problemi della<br />

Scuola, mi è costato, per quanto riguarda la mia professione<br />

di pittore, notevoli sacrifici e rinunce” 6 .<br />

Tra i suoi obiettivi più impegnativi e complessi sarà la<br />

conquista del riconoscimento dell’Accademia Cignaroli a<br />

scuola dello Stato Italiano: “E’ stato il più bel quadro che<br />

ho dipinto”.<br />

La sua convinzione è che l’arte non debba legarsi “alle<br />

mode”, accedere ai “liberi manifesti” o trovare ispirazioni<br />

ed insegnamenti nel guardare gli altri. “Essere me stesso”<br />

è stato il suo motto, la sua calibrata valutazione. “Tavella<br />

manifesta un temperamento deciso e quasi aspro nella<br />

scelta dei suoi temi; egli li corrobora con la pienezza sonora<br />

dei cupi impasti, ma un oro rosso si insinua tra i neri e i bruni<br />

a ricordare la natura veneta del pittore, a sottolineare la sua<br />

indole romantica, riaffiorante pur dalle severe fabbriche,<br />

dai nudi senza indulgenze di edonistici compiacimenti” 7 .<br />

Passando con disinvoltura dalla natura morta al paesaggio,<br />

al ritratto, Tavella spolvera il secolo dalle “fanghiglie” di<br />

avanguardie e quant’altro.<br />

Ama lavorare da solo, appartato, nel segreto dello studio,<br />

lo disturbano, probabilmente, l’essere osservato, il mutare<br />

della luce, le ombre che perdono forma, o ne assumono<br />

un’altra col passare delle ore. Non diventerà mai un<br />

paesaggista o un ritrattista, utilizzerà queste espressioni<br />

liberamente ubbidendo ad un’esigenza del momento e,<br />

soprattutto, al bisogno di raccontare la sua vita.<br />

2. I caratteri della sua pittura<br />

E’ un universo intimo di immagini, figure, gesti, colloqui, lo<br />

spazio racchiuso nei dipinti di Tavella, un corpus di opere<br />

ingente e di complessa e variegata narratività, frutto di<br />

più di mezzo secolo di attività pittorica. Una produzione<br />

che rileva la sua consolidata pratica artistica, capace di<br />

avvalersi di linguaggi diversi, di rielaborarli e di sottoporli<br />

ai più inattesi innesti. Magagnato, da una parte, afferma<br />

come Aldo Tavella sacrifichi“a questa armonia prestabilita<br />

le vibrazioni impetuose, le rotture vitali, le trasparenze, il<br />

colore puro”, dall’altra ne riconosce il grande valore per<br />

l’uso del colore e la grande sapienza con cui sa accostare<br />

i toni medi, smorzati, così pregni nei suoi soggetti come<br />

in Fiori, anguria e picchio (1956); La piazza alberata (1950),<br />

Corso Porta Nuova (1951), Autunno (1951), L’alluvione (1957)<br />

e San Giorgio (1960) 8 . Una maestria che appare evidente<br />

soprattutto quando il monocromo si trasforma pian piano<br />

in una superficie ricca di materia che egli sa controllare e<br />

20<br />

bilanciare per creare atmosfere ricche di simbologie, in<br />

perfetta sintonia con quanto la pittura veronese di quegli<br />

anni Cinquanta stava dimostrando per mezzo di artisti<br />

come: Vittorino Bagattini, Antonio Nardi, Orazio Pigato,<br />

Renzo Biasion, Luciano Albertini, Moreno Zoppi, Gastone<br />

Celada, Fausto Tommasoli, Mario Salazzari, Franco Girelli,<br />

Ebe Poli e Maria Trevisani Montini, solo per citarne alcuni.<br />

Ma rimane sempre quel fermo intento a volere dire<br />

qualcosa di personale e non sentirsi soggiogato dagli<br />

influssi degli altri suoi contemporanei. “In altre parole<br />

l’arguzia penetrante di questo pittore ha contribuito a<br />

svelargli i pericoli del conservatorismo filisteo insieme a<br />

quelli dell’avanguardismo più presuntuoso o demenziale. E<br />

gli ha consentito a tener fede a se stesso senza incorrere di<br />

La tedesca di Custoza, 1934<br />

continuo nel pericolo di una pittura ricalcata e languida” 9 .<br />

Senza tralasciare la ricerca e concedendo un certo<br />

spazio alle novità, l’arte di Tavella viene a colmare quella<br />

distanza dalle esperienze estreme, creando un canale di<br />

comunicazione, un dialogo tra la tradizione e l’innovazione,<br />

un’armonia capace di plasmare in un solo corpo le virtù<br />

dell’arte e la somma dialettica espressa da un pittore che<br />

sente e vive da vicino la passione, le emozioni, le forti<br />

vibrazioni, che la realtà gli svela quotidianamente. La sua


è stata perennemente una ricerca iconografica in grado di<br />

evidenziare attitudini e sensibilità, soprattutto per quanto<br />

riguarda il genere della ritrattistica, un mezzo per esprimere<br />

il vissuto interiore del soggetto, la possibilità di conoscere il<br />

carattere ed indagare la psiche del personaggio attraverso<br />

lo studio del corpo, appagando quasi la sua necessità di<br />

ricondurre una realtà non visibile a schemi noti e, perciò,<br />

rassicuranti.<br />

Nelle sue opere gli elementi, colti nella loro singolarità,<br />

tessono una coesione funzionale all’equilibrio narrativo, in<br />

esse si intuisce un insieme di dati emozionali che si riallaccia<br />

ora alla contemporaneità, ora alla memoria, attraverso<br />

diverse esperienze espressive. Con gli anni si accentuerà<br />

l’attenzione per la descrizione dell’ambiente e per la natura<br />

morta; migliorerà la compattezza della pennellata e l’abilità<br />

nel predisporre nette zone tonali. Quello che emerge è<br />

che Tavella non deve mai fare i conti con le esigenze della<br />

committenza, ma rimane essenzialmente uno spirito libero<br />

che può dare sfogo alla sua arte.<br />

Quando si ritrova di fronte ad un soggetto che gli è più<br />

vicino per confidenza o per semplice consonanza di gusto,<br />

Tavella è capace di trasformare le inflessioni del momento<br />

in veri e propri elementi di stile: Il cantiere, dipinto nel 1949,<br />

infatti, manifesta queste caratteristiche. Nel momento<br />

in cui si impegna nella produzione delle nature morte,<br />

invece, come Sul tavolo della cucina, del 1957, la pratica<br />

che permane più insistente è un agire forte sulla policromia<br />

degli oggetti.<br />

Qui l’atmosfera si fa davvero “Nabis”: pentole, vasi e frutta<br />

si avvicendano per offrire i primi scintillii riflessi, piccole<br />

macchie di colore saranno, nella loro precisione, uno dei<br />

motivi più accattivanti delle nature morte. Il tono generale<br />

dei dipinti si “illumina”: l’artista è preso con entusiasmo<br />

dalle letture dei suoi colleghi d’Oltralpe, prima i Nabis, poi<br />

i Fauves e, in seguito, con una di quelle brusche impennate<br />

che lo hanno sempre contraddistinto, si converte a Cézanne<br />

e a Medardo Rosso. Esaminando la produzione che va<br />

dalla fine degli anni Quaranta e si spinge alla fine degli<br />

anni Sessanta del Novecento si può verificare come questi<br />

accenti aumentino e si dilatino. I due cartoni: Frutta del<br />

1958 e Composizione con macinino, del 1960, rivelano una<br />

notevole concentrazione di rossi brillanti e la attenzione<br />

ai dettagli associati alla morbidezza di una pennellata<br />

unita e corposa che sa donare il senso del rilievo a tutte le<br />

forme, anche se riduce al minimo i contrasti chiaroscurali.<br />

Prevalgono tonalità e gradazioni scure che indicano quasi<br />

un certo espressionismo inteso come riflesso di un disagio<br />

esistenziale. Singolare si manifesta, soprattutto nelle nature<br />

morte, la pennellata tirata e liscia; e la ricerca dei diversi<br />

piani in cui persiste un notevole rispetto per le forme e per<br />

i cromatismi nonché per le fughe prospettiche. L’atmosfera<br />

appare immobile, quasi irreale, gli oggetti ed i fiori sono<br />

resi nelle loro trasparenze e nel brillare delle superfici e dei<br />

riflessi.<br />

Tavella ha percepito come la pittura risponda alla ricerca<br />

del tono giusto di un colore e nel “costringerlo” in un<br />

determinato spazio. Così l’emozione, che fa scaturire<br />

21<br />

l’“idea” nella mente del pittore è data soltanto dalle<br />

estensioni dei colori e dalle irradiazioni che la luce emana.<br />

Questo vuol dire considerare la pittura come: “un sol piano<br />

su cui debbano disporsi dati rapporti di colore, spazi da<br />

campire, pezzi tutti importantissimi di un mosaico. Brevi<br />

pennellate, violente e parallele, accendono toni infiammati<br />

di arancio e d’oro ricavato da colpi obliqui di pennello in<br />

una conturbante atmosfera fosforescente” 10 .<br />

Accensioni cromatiche che richiamano il Gauguin del<br />

periodo bretone e la pittura “Fauves” e aprono quella<br />

fase della pittura di Tavella che preannuncia riferimenti<br />

al tardo Cézanne e alla nuova rivelazione di Van Gogh,<br />

pittori sulle cui opere Tavella riflette e dimostra di saper<br />

poi reinterpretare in modo originale e pertinente.<br />

Anche le frequentazioni e l’appassionata partecipazione<br />

a mostre ed incontri d’arte gli permettono di rimanere in<br />

contatto con le nuove tendenze artistiche, di confrontarsi<br />

con pittori italiani e stranieri nonché di ammirare collezioni<br />

d’arte legate a questi momenti d’inizio Secolo, un<br />

periodo ricco di stimoli e di novità, basti pensare a quanto<br />

avviene, proprio in questi anni, nelle vicine città venete<br />

dove si propongono biennali ed esposizioni dedicate<br />

ai protagonisti dell’arte europea; nello stesso tempo, la<br />

conoscenza di questi artisti per lui è facilitata attraverso<br />

rilevanti riproduzioni in volumi monografici e cataloghi di<br />

mostre.<br />

3. La partecipazione alle grandi esposizioni<br />

Nel 1950 Tavella è presente alla XXV Biennale Internazionale<br />

d’Arte di Venezia. La presidenza della manifestazione,<br />

affidata a Carlo Carrà, esamina i 3685 lavori presentati<br />

dai 1693 artisti partecipanti e sceglie 250 opere, tra cui il<br />

dipinto Morte delle maschere di Tavella, del 1948, che viene<br />

esposto nella sezione di pittura. E’ una tappa importante<br />

nella sua carriera, ha raggiunto un traguardo notevole<br />

tanto che l’anno successivo sarà a Burano per il “Premio<br />

Burano 1951” e, anche questa volta, la prestigiosa giuria,<br />

composta da Umbro Apollonio, Nino Barbantini, Pio<br />

Semeghini, Armando Pizzinato, Rino Villa e Felice Carena,<br />

lo apprezzerà, accanto ad altri nomi di artisti veronesi 11 . E<br />

poi sarà un susseguirsi di appuntamenti ai quali l’artista non<br />

mancherà, innanzitutto, alle rassegne della Gran Guardia<br />

di Verona, dove la Società Belle Arti realizzerà le celebri<br />

Biennali. Gian Luigi Vercellesi sottolineerà ripetutamente<br />

come, nell’ambito dell’arte veneta, gli appuntamenti<br />

veronesi costituiscano un punto storico importante e questo<br />

a dire come si continui lungo la strada della “tradizione”.<br />

Ma Vercellesi ribadisce anche come sia necessario “non<br />

andar oltre” perché la scelta dell’avanguardia potrebbe<br />

essere pericolosa ed ingannare giovani e vecchi artisti “che<br />

giurano sul progresso lineare e continuativo delle arti nel<br />

tempo” 12 .<br />

Alla Biennale veronese del 1951 Tavella propone tre<br />

dipinti: Composizione, Bambina e Giardino. I due paesaggi<br />

in cui appare “la sottile polvere che avvolge le sagome


tormentate degli alberi, e logora le tinte, riducendo i<br />

risalti cromatici a tenui passaggi sulla stessa gamma del<br />

verde”, sottolineano come Tavella abbia subito il fascino<br />

delle cose che stanno per scomparire e resistono quali<br />

segni apparenti, in cui il rapporto tra arte ed oggetto<br />

non è un rapporto scientifico ed obiettivo ma soggettivo,<br />

sostanziale e creativo. Ben avevano compreso la portata<br />

di questi dipinti Francesco Messina, Pio Semeghini,<br />

Guido Trentini, Berto Zampieri e Aldo Franzoni chiamati a<br />

scegliere le opere da esporre. “Il fine dell’arte altro non è<br />

che una sorta di messaggio – capace di scavalcare i secoli-<br />

lasciato all’intiera umanità” sottolinea Piero Gazzola,<br />

presidente della Società Belle Arti e conclude: “L’artista<br />

sospinto dal desiderio di superare i propri limiti, tende a<br />

cercare una forma di linguaggio individuale, atto a creare<br />

un contatto, oltre che fra sé e il mistero, fra l’umanità e il<br />

mistero. Egli è colui che sa socchiudere una porta” oltre la<br />

quale l’osservatore deve cercare di entrare” 13 .<br />

Nel 1952 Tavella sperimenta la sua prima personale, ha<br />

appena varcato la soglia dei quarant’anni, e decide di<br />

esporre la sua produzione degli ultimi decenni.<br />

L’artista stesso parlando di sé e del suo lavoro, individua<br />

nella pittura la possibilità di “vedere” e “capire” se stessi<br />

ed il mondo che è intorno, cioè di aprire il proprio confronto<br />

col mondo attraverso la realtà esterna, semplicemente<br />

“guardando” e osservandosi per conoscersi. Il valore<br />

dell’arte non è nel suo distaccarsi dal mondo delle cose per<br />

entrare nell’astratto mondo dei segni, ma nell’esprimere il<br />

rapporto tra pensiero e realtà, anche grazie a stimoli visivi<br />

e sensoriali diversi e così l’odore del colore, e delle terre<br />

mescolate con la colla, la calce, l’olio gli permettono di<br />

osservare spazi ed elementi che poi diventeranno dipinti,<br />

come Campanile azzurro, Fruttiera, Interno rosso, Figure<br />

nel parco oppure le diverse varianti delle Composizione.<br />

Particolarmente interessante tra le opere Il Vecchio (Il Signor<br />

Beniamino) del 1950, il ritratto di un vecchio stempiato e<br />

allampanato che poggia il mento sul suo bastone, il cui<br />

volto è l’unica nota di colore chiaro in tutto il dipinto che<br />

appare “riempito” dai suoi vestiti, dove le forme, descritte<br />

a larghe pennellate, denotano un approccio a novità<br />

“stilistiche costiere” ed a sottolineature ritrattistiche ed<br />

introspettive non usuali.<br />

Questa esposizione personale del 1952 rimarrà un altro<br />

punto fermo nel suo percorso personale, ma soprattutto un<br />

punto di riferimento importante anche per gli artisti veronesi<br />

e per la Città stessa perché propone con naturalezza e<br />

spontaneità immagini e racconti che seguono lo scorrere<br />

del tempo della sua Verona che diventa la protagonista:<br />

Piazza delle Erbe, San Giorgio; la periferia di Lugagnano,<br />

Parona, Minerbe, la Valpolicella, il Lago di Garda.<br />

Per Segala, Tavella: “parte da una impostazione formalista<br />

dove il colore liberato dai confini ponderosi dell’oggetto<br />

“canta” in libertà la storia d’una impressione più che<br />

immediata impressione stessa” 14 . Ancora una volta la<br />

sua pittura è quasi un mezzo per studiare, approfondire,<br />

riproporre la sua quotidianità.<br />

Tavella realizzerà altre personali, fra cui quella della<br />

22<br />

Galleria Cappello e la successiva del 1969 alla Galleria<br />

della Scala, entrambe rappresentative del suo percorso<br />

artistico e della sua evoluzione formale, grazie alla quale<br />

il suo lirismo raggiungerà un livello importante in grado<br />

di cogliere raffinati e singolari momenti ricchi di creatività<br />

e di sensibilità. Del resto egli sapeva rappresentare<br />

quell’atmosfera “triste e malinconicamente lirica” come<br />

il Mutinelli evidenzia nell’introduzione del catalogo, edito<br />

per l’occasione. Il Segala non esita a collocarlo all’interno<br />

di classificazioni “espressionistico-astrattista” che lo hanno<br />

affrancato dalle forme chiuse, sottolineando che: “ci<br />

sembra che Tavella sia riuscito a compiere quell’evoluzione<br />

formale che senza dubbio lo porterà ad inserirsi tra le più<br />

moderne correnti artistiche nazionali” 15 .<br />

Il Nostro sarà l’anno successivo un protagonista alla mostra<br />

per il Centenario della Società Belle Arti, al Palazzo della<br />

Gran Guardia, dove sono esposte ben 400 opere che<br />

offrono una vasta panoramica dell’evoluzione artistica<br />

italiana. Tavella sarà premiato per il dipinto La fabbrica.<br />

Una bella soddisfazione per l’artista che vede riconosciuto<br />

così un lavoro ormai trentennale. Il premio ( centomila lire)<br />

verrà condiviso con il torinese Nino Ajmone. Da allora le<br />

Biennali saranno per lui un approdo obbligato: quella del<br />

56 (52 edizione) dove esporrà San Giorgio e Campagnola,<br />

quella del 1959 (54 edizione), a cui prenderà parte con<br />

due paesaggi titolati Zona industriale e La vecchia torre;<br />

contemporaneamente, parteciperà a Milano al Baguttino<br />

e a Padova alla Mostra Sindacale, dove le Piante fossili<br />

susciteranno un interesse particolare, tanto che di lui<br />

si evidenzierà la “pienezza sonora dei suoi impasti” e<br />

lo scurirsi dei toni “quasi fiamminghi”, ricchi, materici,<br />

pastosi.<br />

Le Biennali veronesi lo vedranno sempre presente: nel<br />

1961 (55 edizione) proporrà L’abside e L’eremita; nel 1963<br />

(56 edizione) Pittura N. 1 e Pittura N. 2; gli stessi saranno<br />

riproposti alla successiva edizione nel 1965 (57 edizione) e<br />

nel 1967 (58 edizione) sarà la volta di un Omaggio a Vivaldi<br />

e Omaggio ad Aristofane.<br />

Propositivo ed entusiasta lo ritroveremo nel 1975 alla<br />

Galleria Novelli. In questa storica galleria privata, la<br />

prima e più antica sede espositiva per gli artisti, realizzata<br />

dalla famiglia Novelli nel cuore della città di Verona, in<br />

anni importanti per la pittura veronese ed italiana, che<br />

diventerà ben presto un luogo di incontro per giovani<br />

artisti ed intellettuali. Qui proporrà una mostra antologica<br />

con le opere prodotte dal dopoguerra fino alle più recenti<br />

produzioni offrendo, così, una disamina delle sue fonti<br />

ispiratorie e dello svilupparsi del suo gusto compositivo e<br />

cromatico che si accompagna ad un’invenzione strutturale<br />

assai evidente in cui il supporto disegnativo è spesso<br />

collocato in evidenza con sensibilità quasi grafica e le<br />

accese cromie, pressoché incontenibili, sono giocate con<br />

sapiente ripresa di moduli liberty.<br />

Tavella, comunque, non esita ad ampliare le sue<br />

partecipazioni a mostre e concorsi: nel 1977 si sposta a<br />

Villa Contarini Simens a Piazzola sul Brenta, in provincia di<br />

Padova, dove espone ben dieci dipinti alla Triveneta delle


Arti, giunta in questi anni alla Terza edizione; nel 1981 sarà<br />

la volta del Concorso Nazionale di Pittura Città di Thiene,<br />

nel vicentino, giunto alla 17° edizione, in quest’occasione<br />

Salvatore Maugeri avrà parole di notevole apprezzamento<br />

nei confronti dei suoi dipinti, sottolineando come “i modi<br />

di proporre un nuovo rapporto con le realtà di natura”<br />

rappresentino un taglio nuovo per l’immagine non<br />

Olga, [1926]<br />

condizionata dalla forte incidenza impressa dalla materia.<br />

Del resto la Giuria, composta da esperti personaggi, tra<br />

i quali Andrea Zanzotto, Silvio Ceccato, Gian Antonio<br />

Cibotto, Salvatore Maugeri, Piero Pignatta e Franco<br />

Passoni, aveva ben donde a destreggiarsi tra 117 artisti, i<br />

più autorevoli della produzione italiana 16 .<br />

“Un ripasso su 80 anni d’arte di casa nostra” è il titolo della<br />

rassegna che nel 1982 viene presentata alla Gran Guardia:<br />

108 opere di pittura, scultura e grafica di 54 autori veronesi,<br />

trionfano nelle sale del palazzo e rappresentano il meglio<br />

dell’arte veronese, in uno spazio che è diventato un punto di<br />

riferimento importante, d’incontro e di confronto tra la Città<br />

ed i suoi artisti. Come evidenzia anche la cronaca locale,<br />

l’esposizione appare come un avvenimento singolare e di<br />

notevole importanza per la storia dell’arte stessa.<br />

Non passa molto tempo che Tavella ritorna “solitario” sulla<br />

23<br />

scena, quando il 28 ottobre 1984, alla Galleria Artestudio<br />

di Verona, inaugura una personale ed affronta nuovamente<br />

il pubblico con “solidità costruttiva di un segno che<br />

non rinuncia né alla sua incisività né alla sua capacità di<br />

definizione”. Così succederà, ininterrottamente, quasi ogni<br />

biennio, fino al 1988.<br />

Nel 1991 la stampa locale non esita a definire il nuovo<br />

appuntamento come un traguardo determinante che rivela<br />

quanto la pittura sia linfa vitale per questo artista, che opera<br />

all’insegna della purezza e dell’integrità professionale. In<br />

questo momento anche Tavella si esprimerà per riaffermare<br />

con forza e con determinazione i pensieri ed i propositi che<br />

lo hanno accompagnato per tutta la vita: “Volevo essere<br />

libero, lontano dalle mode e dai condizionamenti, anche a<br />

scapito del successo” 17 .<br />

Tutte queste rassegne potrebbero essere intese come<br />

una sorta di autobiografia, una pratica comunicativa, un<br />

metodo ricognitivo che pone la sua ricerca artistica non solo<br />

di fronte al legittimo autore, ricostruendo e rimembrando<br />

la sua memoria personale, ma rispondono, nello stesso<br />

tempo, al desiderio di auto-rappresentazione che genera<br />

uno specchio di situazioni e di momenti condivisi da altri.<br />

Esistono, dunque, oggettivi elementi per indagare questo<br />

racconto biografico, le sue mostre, contenenti ciascuna<br />

un pezzo della sua vita, ne seguono le evoluzioni, le<br />

involuzioni, i moti del profondo: lo conducono dal disastro<br />

all’esaltazione, dalle gioie ai dolori, insomma nello sviluppo<br />

del suo percorso pittorico risultato dalle lotte e dalle<br />

vibrazioni spese per la ricerca estetica.<br />

“Questa autobiografia” non rappresenta solo un’occasione<br />

di ritorno a ciò che si è stati e si è realizzato in passato, ma<br />

anche il desiderio di nuove esplorazioni, un’aspirazione che<br />

porterà avanti fino all’ultimo appuntamento, alla mostra<br />

organizzata nel 2004, al Palazzo della Gran Guardia, dove<br />

ancora una volta si rivelerà prodigiosamente “giovane”<br />

perché sempre propositivo ed innovativo nelle sue scelte<br />

stilistiche e, comunque, un illustre rappresentante della<br />

pittura veneta di un intero Secolo. Dipingere sulle “ali<br />

della memoria” sarà ancora la caratteristica, capace di<br />

contraddistinguerlo, proprio perché sapeva guardare con<br />

“gli occhi del fanciullino” tutto ciò che lo circondava. Un<br />

frammento d’immagine gli era sufficiente per fantasticare<br />

e trasformare la realtà in una sorta di apparenza onirica, un<br />

mondo velato di una sottile melanconia che trapela, per<br />

esempio, dalle numerose nature morte, dove conta di più<br />

il colore del segno, dove si manifesta altresì una grande<br />

maestria ed una profonda capacità nel rappresentare<br />

sentimenti ed emozioni immortali 18 .<br />

4. Lasciare una testimonianza<br />

Aldo Tavella è ormai definitivamente entrato nel novero<br />

dei protagonisti dell’arte del Secolo appena passato, è<br />

riconosciuto come un grande interprete del suo periodo e<br />

della Città dove ha operato. Non è più un artista dimenticato<br />

e tanto meno incompreso. In questi ultimi anni la lettura


della sua opera è diventata sempre più rigorosa e precisa:<br />

il contributo interpretativo di critici e storici dell’arte lo ha<br />

collocato definitivamente tra i protagonisti della pittura<br />

italiana del Novecento.<br />

Un’attenta lettura delle sue opere, infatti, ci conduce per<br />

mano a comprendere la sua straordinaria attività, anche<br />

se molti restano ancora i nodi da sciogliere nello studio<br />

di questa personalità complessa, a volte, per sua natura,<br />

quasi restia ed elusiva.<br />

Quella sottoscrittura indelebile e distinguibile, presente<br />

spesso nelle sue tele e tavole, sta quasi a sottolineare<br />

come l’ultimo atto del suo dipingere fosse in qualche<br />

modo il voler ad ogni costo concludere quel momento,<br />

quel pensiero, marchiandolo non solo con la sua firma, ma<br />

anche con titoli che, a volte, rimangono ancora difficili da<br />

capire.<br />

L’uomo Tavella è già stato svelato: un grande personaggio<br />

di una profonda umanità, capace di superare il dislivello<br />

culturale esistente fra un giovane artista veronese, senza<br />

retroterra culturale, con il vivace ambiente letterario ed<br />

artistico della Città veneta nel Novecento.<br />

La sua pittura può essere considerata la professione di un<br />

vegliardo, inteso come colui che diventa il testimone del<br />

suo tempo, in grado di compiere il passaggio da una pratica<br />

dilettantesca alla realizzazione, nell’arco di quasi un Secolo,<br />

di una sagace interpretazione dell’arte e rappresenta, con<br />

la sua formazione morale e culturale, una figura di alti ideali<br />

umanitari, sociali, culturali e, nello stesso tempo, ricchi di<br />

valori e dediti alla bellezza tout-court.<br />

La sicurezza del segno, la precisione e la capacità di creare<br />

profonde spazialità vanno molto al di là della pittura<br />

tecnicamente valida, così la maestria del tratto, raggiunta<br />

grazie alla scioltezza della pennellata, racchiusa da precisi<br />

contorni, è sostenuta da un impegno e da una ricerca<br />

costante, tesa a raggiungere una determinata compiutezza<br />

formale. Un processo questo che in Tavella si attiva con una<br />

sempre più rapida accelerazione, a partire dalla seconda<br />

metà degli anni Cinquanta del Secolo scorso. Il fatto che la<br />

sua non sia mai stata una pittura collegata ad un qualche<br />

manifesto programmatico, determinato spesso dagli<br />

“ismi” del primo Novecento, così ridondanti di ideologia,<br />

non vuol dire che egli non abbia manifestato una propria<br />

personale scelta di vita. Sembra quasi che abbia adottato<br />

il messaggio picassiano: “Ce n’est pas ce que l’artiste fait<br />

qui compte, mais ce qu’il est. Cézanne ne m’aurait jamais<br />

interessé s’il avait veçue et pensé comme Jacques-Emile<br />

Blanche, même si la pomme qu’il avait peinte eut été dix<br />

fois plus belle. Ce qui nous intéresse, c’est l’inquiétude<br />

de Cézanne, c’est l’einseignement de Cézanne, ce sont le<br />

tourments de Van Gogh, c’est à dire le drame de l’homme.<br />

Le reste est faux” 19 .<br />

In conclusione Tavella è essenziale nella forma, ricercato<br />

nella giustapposizione degli elementi figurativi, basta<br />

guardare l’abilità con cui organizza le superfici e con<br />

cui crea effetti di profondità inattesi, spesso ricorrendo<br />

unicamente alla saturazione del colore, manifestando<br />

aperture trasparenti e sensazioni di continuità proprio<br />

24<br />

come aveva appreso dalla lunga esperienza. Con i suoi<br />

quadri, cattura lo sguardo dello spettatore per originalità,<br />

per intensità e, insieme, per una forte carica comunicativa.<br />

Spesso, è vero, essi sono l’espressione di un linguaggio<br />

colto, elevato, ma non sono mai irraggiungibili. I suoi<br />

lavori, insomma, pur iscrivendosi nel solco di una tradizione<br />

artistica legata al figurativo, conservano un’immediatezza<br />

percepibile e coinvolgente, in quanto l’artista riesce a non<br />

creare distanze formali tra l’opera e il suo fruitore.<br />

D’altra parte, sebbene il rapporto con l’arte sia sempre<br />

molto soggettivo, le opere di Tavella hanno in loro un<br />

elemento importante, che stabilisce una sua peculiare ed<br />

originale connotazione, senza, però, risultare ingabbiato in<br />

definizioni rigide e in categorie fisse, una sorta, potremmo<br />

dire, di universalità.<br />

La pittura di Tavella, che restituisce la materia con la forza<br />

della trasparenza, è anche una pittura in movimento, un<br />

La massaia, 1954<br />

movimento ben disegnato, che egli sa esprimere con<br />

precisione e che sussiste nello sguardo e nella mente dello<br />

spettatore. La scelta e la combinazione dei colori e della<br />

loro maturazione, la collocazione delle forme nello spazio<br />

definito, rispondono a una precisa esigenza: quella che<br />

punta a comunicare attraverso la luce, senza mediazioni.<br />

A volte, si ha l’impressione che le forme siano sospese<br />

sulla tela con leggerezza, quasi a indicare qualcosa di più<br />

effimero, come le tracce del tempo che passa. Insomma,<br />

nei suoi dipinti c’è uno spazio per la natura, viva e autentica:<br />

i suoi paesaggi, pur filtrati dagli occhi dell’autore, vengono


spogliati per poi essere rivestiti attraverso una ricerca<br />

di luce e di colori. Anche in questo caso in Aldo Tavella<br />

vediamo emergere quella capacità di creare un mondo<br />

tridimensionale semplicemente attraverso la saturazione<br />

dei colori.<br />

Questo autentico veronese è un pittore che si muove<br />

con convincimento nello spazio del quadro, sicuro delle<br />

proprie risorse formali, soprattutto quando racconta, con<br />

naturalezza, storie di spazi che producono, su chi le osserva,<br />

prolungate sensazioni di armonia e di serenità. E l’arte - se<br />

ricordiamo bene lo diceva Paul Klee - ha, tra l’altro, proprio<br />

lo scopo di trasmettere felicità, coniugando intelligenza ed<br />

emotività.<br />

(1) Le monografie dedicate all’artista veronese sono A-Tavella,<br />

catalogo della mostra di Verona, Verona 1975, e Antologica del<br />

pittore Aldo Tavella, catalogo della mostra di Verona Palazzo<br />

della Gran Guardia, Verona 1992; Aldo Tavella, gli anni della<br />

ricerca e dell’approdo, a cura di M. Brognara, A. Conforti e C.<br />

Turco, Verona 1991 e Aldo Tavella “Tra estetica e magia”, a cura<br />

di U. Ronfani, Verona 1996. Le mostre più recenti hanno visto la<br />

pubblicazione di I colori della vita , percorsi artistici di Aldo Tavella,<br />

Verona 1998 e I colori di un mondo. Novantacinque anni di Aldo<br />

Tavella, Verona 2004. Per un generale inquadramento sulla storia<br />

della pittura in Italia e nel Veneto e per collocarvi la figura di Aldo<br />

Tavella sarà opportuno considerare la recente pubblicazione: La<br />

Pittura nel Veneto. Il Novecento, a cura di G. Pavanello, N. Stringa,<br />

I-II, Milano2006-2008. Per quanto riguarda più specificatamente<br />

la pittura veneziana sarà opportuno guardare il catalogo della<br />

mostra di Treviso: Venezia ‘900: da Boccioni a Vedova, a cura<br />

di N. Stringa, Venezia 2007. Più specificatamente sulla pittura a<br />

Verona nel corso del secolo XIX si veda: L. Lorenzoni, Verona, in<br />

La Pittura nel Veneto. Il Novecento, a cura di G. Pavanello, N.<br />

Stringa, I, Milano 2006, pp.285-326. Inoltre l’argomento potrà<br />

essere approfondito consultando la monografia 1950-59. Il<br />

rinnovamento della pittura in Italia, Ferrara 1999.<br />

(2) Chiesa decorata grazie alle bombe, in “L’Arena”, (13.Ott.<br />

2004).<br />

(3) G. Marussi, Le mostre d’arte all’Angelicum di Milano, in “La<br />

Fiera Letteraria”, 22 Mag. 1949.<br />

(4) G. Bianchi, Presenze internazionali, in Venezia ‘900’’: da Boccioni<br />

a Vedova, a cura di N. Stringa, Venezia 2007, pp. 154-169. A tale<br />

proposito sarà opportuno approfondire l’attività delle Biennali<br />

veneziani considerando: M.C. Bandera, Il carteggio Longhi-<br />

Pallucchini. Le prime Biennali del dopoguerra 1948-1956, Milano<br />

1999 e A. Castellani, Venezia 1948-1968, politiche espositive tra<br />

pubblico e privato, Padova 2006..<br />

(5) G. Dal Canton, Pittori Veneti alla Biennale, in Venezia e la<br />

Biennale, i percorsi del gusto, Venezia 1995; si veda anche S.<br />

Salvagnini, L’Accademia di Venezia da Tito a Vedova, in La pittura<br />

nel Veneto. Il Novecento, a cura di G. Pavanello e N. Stringa, II,<br />

Milano 2008, pp. 627-654.<br />

(6) A. Tavella, Dattiloscritto, Archivio Tavella alla data 11 Dic.<br />

1984.<br />

(7) Corsivo mostra Baguttino, (1958); Aldo Tavella. “Tra estetica e<br />

magia”, a cura di U. Ronfani, Verona 1996, p. 7.<br />

(8) L. Magagnato, Introduzione, in A-Tavella, Verona 1975.<br />

(9) A-Tavella, Verona 1975. Si veda anche G.L. Verzellesi nel<br />

giornale “L’Arena” in occasione di una personale alla Galleria<br />

25<br />

Novelli nel 1971 così riportava tra l’altro: “alle clamorose soluzioni<br />

di continuità che ricorrono negli itinerari dei professionisti<br />

dell’avanguardia più svagata, Tavella ha seguitato a contrapporre<br />

un rifiuto fermo, non meno risoluto e pungente della sua ironia<br />

per i conservatori troppo accidiosi, capaci di continuare a ripetersi<br />

scambiando la coerenza dello stile, che implica continue varianti<br />

con una sorta di canonicato, fatto di abitudinarie esercitazioni<br />

sempre più macchinali”.<br />

(10) U. Ronfani, cit., p. 24.<br />

(11) Si veda N. Stringa, La Biennale di Venezia, tracce per un<br />

secolo di storia, in La Pittura nel Veneto. Il Novecento, a cura di G.<br />

Pavanello, N. Stringa, II, Milano 2008, pp. 655-670, con Bibliografia.<br />

Inoltre sarà opportuno approfondire il tema con l’analisi degli<br />

studi contenuti in Il 1950. Premi ed esposizioni nell’Italia del<br />

dopoguerra, catalogo della mostra a cura di A. Zanella Manara,<br />

Gallarate 2000. Più specificatamente si veda: M. De Sabbata, Tra<br />

diplomazia e arte. Le Biennali di Maraini (1928-1942), Udine 2006<br />

e S. Salvagnini, Il sistema delle arti in Italia 1919-1943, Bologna<br />

2000. Sulla Biennale del 1950 si rimanda a S. Collicelli Cagol, Le<br />

grandi esposizioni a Venezia tra il 1950 e il 2000 da Palazzo Grassi<br />

alla Biennale di Venezia, in La Pittura nel Veneto. Il Novecento, a<br />

cura di G. Pavanello, N. Stringa, II, Milano 2008, pp. 699-717.<br />

(12) G.L. Vercellesi, Cinquantesima nazionale d’arte, in “Corriere<br />

del Mattino”, (9 Giu. 1951).<br />

(13) Società Belle Arti di Verona, Cinquantesima Mostra Biennale<br />

Nazionale d’Arte, Verona 1951.<br />

(14) C. Segala, Pittori cittadini. Aldo Tavella, in “Il Gardello”, 19<br />

Dic. 1952.<br />

(15) Idem, Personale di Aldo Tavella alla Galleria della Scala, in<br />

“L’Arena”, 1956.<br />

(16) S. Maugeri, Premio di pittura “Città di Thiene” dominato alla<br />

ricerca della figura, in “Il Giornale di Vicenza” 2 luglio 1981.<br />

(17) M. Ferrari, Aldo Tavella, sessant’anni di pittura fuori dalle<br />

mode, in “L’Arena”, 26 Feb. 1991)<br />

(18) M. Pedrini, Tavella, sulle ali della memoria, in “L’Arena”, 8 Apr.<br />

2004; I colori di un mondo. Novantacinque anni di Aldo Tavella,<br />

Verona 2004.<br />

(19) Conversations avec Picasso, in Cahiers d’art, Parigi 1935, p.<br />

176-177.


Meditazione, 1949


UN MAESTRO ALLA BIENNALE DI VENEZIA:<br />

ALDO TAVELLA<br />

Federica Luser<br />

Il 1950 è un anno di fondamentale importanza per Aldo<br />

Tavella che vede coronata di successo la propria attività<br />

non solo con la Tavolozza d’argento al Premio Michetti,<br />

ma anche e soprattutto con la partecipazione alla Biennale<br />

veneziana dopo aver superato la severa selezione della<br />

Giuria nominata dagli artisti stessi, secondo modalità che<br />

esamineremo in seguito.<br />

La XXV Biennale si aprì l’8 giugno del 1950 e fu un’edizione<br />

straordinaria.<br />

Ordinata da Rodolfo Pallucchini - che organizzerà<br />

l’Esposizione veneziana per cinque volte dal 1948 al 1956<br />

- presentò alcune novità d’impostazione nonchè alcune<br />

mostre personali e retrospettive notevoli per il peso<br />

che avranno nella storia dell’arte mondiale. La gestione<br />

Pallucchini nell’immediato Dopo Guerra segnò in modo<br />

particolarmente forte la storia della Biennale 1 . Suo merito fu<br />

di dare all’Esposizione un nuovo volto rispetto alle edizioni<br />

precedenti, ritornando allo spirito iniziale, quello del 1895.<br />

Tre furono i punti fondamentali intorno cui crebbero e si<br />

perfezionarono le mostre veneziane, presupposti che lo<br />

stesso Pallucchini elencò nella prefazione al catalogo del<br />

1950: “rigorosa selezione dell’arte italiana, pur tenendo<br />

conto di tutte le tendenze; continuazione del compito<br />

culturale della Biennale mediante retrospettive, mostre<br />

ai movimenti artistici, inviti ad artisti stranieri, allo scopo<br />

d’informare, sia pur succintamente, il pubblico italiano<br />

degli sviluppi dell’arte contemporanea; uniformità dei<br />

metodi di presentazione mediante accordi coi paesi<br />

stranieri, persuadendoli dell’utilità d’inviare mostre limitate<br />

a pochi artisti, scelti tra i più rappresentativi” 2 .<br />

Già nell’edizione precedente l’intuizione di creare una<br />

Commissione per l’Arte Figurativa di altissimo livello,<br />

composta da note figure provenienti dal mondo dell’arte,<br />

tra cui i migliori storici di allora Nino Barbantini, Roberto<br />

Longhi, Carlo Ludovico Ragghianti, Lionello Venturi e<br />

alcuni artisti scelti tra quelli di maggior prestigio come<br />

Carlo Carrà, Felice Casorati, Marino Marini, Giorgio<br />

Morandi e Pio Semeghini, che organizzasse il piano<br />

dell’Esposizione, era risultata estremamente efficace.<br />

Così nel 1950 tale Commissione venne riconfermata con<br />

l’aggiunta di due nuovi elementi, scelti tra i rappresentanti<br />

sindacali: Leoncillo e Giacomo Manzù e la sostituzione<br />

di Pio Semeghini, per motivi di salute, con lo storico<br />

Giuseppe Fiocco.<br />

Compito della Commissione era di inviare un numero<br />

circoscritto di inviti a quegli artisti che ritenevano<br />

rappresentativi delle linee guida dettate da Pallucchini.<br />

Nel 1948 ne partirono 407, mentre nell’edizione del 1950<br />

furono ridotti a 297, seguendo un criterio di maggiore<br />

severità per mantenere fede all’aspirazione principale della<br />

Biennale che, secondo quanto scritto da Pallucchini“ deve<br />

27<br />

essere soltanto una mostra di confronto e di comparazione<br />

e non un campionario di quanto oggi si fa in Italia nel<br />

campo artistico” 3 . La pressione da parte degli operatori<br />

del settore durante l’anno di preparazione all’Esposizione,<br />

fu così forte che l’ordinatore si vide costretto a farne<br />

cenno nell’introduzione al catalogo, consigliando a tutti<br />

moderazione e soprattutto auspicando una ripresa delle<br />

mostre nazionali nelle grandi città per “un controllo<br />

immediato delle forze artistiche italiane e un censimento<br />

puntuale di esse” 4 , lasciando alla Quadriennale di Roma<br />

il compito di offrire al pubblico il miglior panorama<br />

dell’ambiente artistico italiano. “Solo se nell’animo degli<br />

artisti si farà strada la necessità di dare alla Biennale il<br />

carattere che le spetta di unica competizione artistica<br />

mondiale, verrà meno quella pressione continua che i<br />

membri della Commissione sentono attorno ai loro lavori”,<br />

concludeva amaramente 5 .<br />

La consapevolezza di essere l’unica “esposizione mondiale”<br />

era suffragata dalla presenza di ben 22 nazioni contro le<br />

La conchiglia allo specchio, 1931<br />

14 dell’edizione precedente (nel 1952 saranno 26): Austria,<br />

Belgio, Brasile, Cecoslovacchia, Colombia, Danimarca,<br />

Egitto, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Irlanda,<br />

Israele, Jugoslavia, Messico, Olanda, Portogallo, Spagna,<br />

Stati Uniti d’America, Sud Africa, Svizzera, chiamate tutte<br />

a esporre delle mostre personali dedicate ai propri grandi<br />

maestri, per evitare di scadere in una sorta di “mostra<br />

campionaria” solo per il desiderio di mostrare tutto quanto<br />

vien prodotto in campo artistico nella propria terra 6 . Così<br />

la Francia allestì la retrospettiva di Bonnard, le personali<br />

di Utrillo e Matisse, proponendo tre diverse tendenze<br />

sviluppatesi tra la fine del ‘800 e i primi due decenni del<br />

‘900, accostando loro opere di Marcel Gromaire, Christian<br />

Caillard, Bernard Lorjou e Alfred Manessier, artisti della<br />

generazione successiva rappresentanti tendenze e gruppi<br />

che con un occhio guardavano alle esperienze fauviste<br />

e cubiste e con l’altro si aprivano la strada verso nuove<br />

esigenze compositive, dettate dal nuovo corso dell’arte<br />

contemporanea. Il Belgio espose 25 capolavori di James


Ensor accanto a dipinti di Constant Permeke, Gustave<br />

de Smet e Frits Van den Berghe della Scuola di Latthem<br />

Saint-Martin, e opere di Edgrad Tytgat, Jean Brusselmans<br />

e Paul Delvaux considerato da Emile Langui, ordinatore<br />

del padiglione “l’unico grande avvenimento della vita<br />

artistica belga del dopoguerra” 7 , mentre la Gran Bretagna<br />

propose un’importante retrospettiva di John Constable,<br />

Oggetti da cucina, 1947<br />

che seguiva quella su Turner ordinata nell’edizione<br />

precedente, accompagnata da mostre personali di<br />

Mattew Smith con il suo inno al colore impetuoso e la<br />

sua passionalità e della scultrice Barbara Hepworth con<br />

le sue sperimentazioni in relazione allo spazio e alla luce.<br />

Di notevole interesse anche il padiglione della Germania<br />

che ritornò ad esporre alla Biennale allestendo la mostra<br />

dedicata a il “Cavaliere Azzurro”, uno dei più innovativi<br />

gruppi di quell’avanguardia storica che rivoluzionò nel<br />

primo decennio del 1900 il panorama artistico europeo,<br />

28<br />

scatenando una tale rivoluzione da modificare anche<br />

quello mondiale. Wassily Kandinsky, Paul Klee, Alfred<br />

Kubin, Alexej Von Jawlensky, Auguste Macke, Franz Marc,<br />

Gabriele Munter lavoravano per creare un’arte nuova che<br />

guardasse all’essenza interiore delle cose, prescindendo<br />

dall’immagine esterna, dove l’ espressione assumesse<br />

valore di forma assoluta prodotta in nuove composizioni<br />

astratte e musicali-drammatiche 8 .<br />

Accanto ad essi le intense figure intagliate nel legno di<br />

Ernst Barlach, quindi i dipinti di Max Beckmann, esponente<br />

della Nuova Oggettività tedesca, di Gerhard Fietz, Werner<br />

Gilles, Carl Hofer, Georg Meistermann, Ernst Wilhelm Nay,<br />

Emil Nolde, Karl Schmidt-Rottluff, Max Peiffer Watenphul<br />

e Fritz Winter. Singolare apparve poi il padiglione del Messico<br />

che presentò al pubblico i suoi tre pittori muralisti Josè<br />

Clemente Orozco, Diego Rivera e David Alfaro Siquieros<br />

rappresentanti del movimento pittorico rinascimentale


messicano, che con forza ed impeto espressivi sottolineava<br />

l’esaltazione della nazionalità riconquistata.<br />

La volontà di guardare anche alle grandi personalità<br />

storiche e ai più rilevanti movimenti storici del 1900,<br />

approfondendone lo studio, fu sottolineata da Pallucchini<br />

con l’allestimento delle mostre retrospettive dedicate<br />

a Seurat, al Doganiere Rousseau, a Wassily Kandinsky e<br />

ai movimenti Fauves, Cubismo, Futurismo e Cavaliere<br />

Azzurro che come abbiamo già visto fu ordinata nel<br />

padiglione tedesco. Una vera e propria comparazione di<br />

stili e di idee per una maggiore conoscenza dei movimenti<br />

d’avanguardia che hanno saputo rivoluzionare il volto alla<br />

produzione artistica europea.<br />

La ricerca dell’eccellenza anche nel panorama artistico<br />

italiano indusse i commissari a volgere lo sguardo<br />

verso il passato con la creazione di due retrospettive di<br />

artisti dell’800 Giacomo Favretto e Medardo Rosso e<br />

l’allestimento di quella dedicata al Futurismo, equiparando<br />

a ragione gli sviluppi dell’arte italiana d’inizio Secolo a<br />

quella, forse più conosciuta, francese e tedesca. A queste<br />

si aggiungono le esposizione retrospettive dello scultore<br />

Ernesto De Fiori e dei pittori Lorenzo Viani, Cino Bozzetti<br />

e di Mario Broglio, mentre le mostre personali furono<br />

dedicate a Carlo Carrà, Alberto Magnelli, Pio Semeghini<br />

e Gino Severini: “Quattro temperamenti diversi, quattro<br />

personalità spiccate, quattro maestri la cui particolare<br />

storia è legata alla cultura di questo primo cinquantennio<br />

del Novecento” 9 . Maestri che, aggiungiamo noi, ebbero<br />

il merito di saper far crescere ed evolvere il proprio<br />

linguaggio creando i presupposti per lo sviluppo di un’arte<br />

contemporanea italiana di assoluta eccellenza. Basti<br />

pensare a Carrà e Severini e il loro passaggio dalle prime<br />

esperienze futuriste all’adesione a un realismo plastico e<br />

poetico che rimase tale per il primo e che si dissolse in<br />

pura ricerca teorica nel secondo.<br />

Accanto a essi furono invitati tra gli altri Roberto Melli,<br />

Filippo De Pisis, Osvaldo Licini, Luigi Spazzapan, Arturo<br />

Tosi, Renzo Vespignani con una decina di opere, quindi<br />

Giovanni Barbisan, Renato Birolli, Felice Carena, Virgilio<br />

Guidi, Mario Mafai, Fausto Pirandello, Ottone Rosai,<br />

Toti Scialoja, Ennio Morlotti, Giuseppe Santomaso,<br />

Giulio Turcato, Armando Pizzinato, Renato Guttuso<br />

con cinque e tre opere. Pittori che rappresentavano la<br />

complessità di aspetti di cui era formata l’arte italiana del<br />

momento, tendenze che andavano dall’espressionismo<br />

al neocubismo passando per un neorealismo che faceva<br />

riflettere l’ordinatore, rivolgendosi con ogni probabilità<br />

alle scelte di Guttuso, Pizzinato e Turcato.<br />

La complessità del nostro panorama pittorico e la pressione<br />

per la scelta anche di artisti meno noti, ma comunque di<br />

notevole spessore, o di quelli della più giovane generazione,<br />

spinse la Commissione per l’Arte Figurativa a “demandare<br />

ad una Giuria eletta interamente dagli artisti il compito<br />

della scelta di un gruppo di 250 opere... L’elezione della<br />

Giuria alla quale hanno partecipato 1608 artisti ha dato<br />

un risultato interessante sotto vari punti di vista: a grande<br />

maggioranza di voti si sono classificati proprio quegli<br />

29<br />

artisti che facevano parte della Commissione per le Arti<br />

Figurative, dimostrando implicitamente di riconoscere in<br />

tali maestri l’autorità dei giudici” 10 .<br />

Della Giuria dunque fecero parte Felice Carena, Carlo<br />

Carrà, Felice Casorati, Giorgio Morandi e Giacomo Manzù<br />

che seppero destreggiarsi egregiamente operando la<br />

propria scelta basandosi su un criterio “obiettivo di<br />

valutazione qualitativa” 11 .<br />

Tra gli artisti selezionati come abbiamo già visto, anche<br />

Aldo Tavella che espose nella sala XXXI il dipinto a olio<br />

Morte delle maschere, opera risalente al 1948 la cui<br />

composizione appare gremita di oggetti appoggiati su<br />

un tavolo, mentre sullo sfondo un cielo grigio accoglie<br />

uno stormo di gabbiani in volo. Fatto singolare fu la<br />

presenza nella sala XXII di Fiorenzo Tomea con due opere<br />

che presentavano il medesimo soggetto delle maschere,<br />

dipinte una decina di anni prima. Ma mentre il maestro di<br />

Zoppè delineava alla perfezione la distanza tra i vari piani<br />

e ammantava le composizioni di un’atmosfera sospesa<br />

di estatica contemplazione, Tavella strutturava l’opera<br />

dipingendo gli oggetti in modo sovrapposto, senza lasciare<br />

spazi, ma giocando con i diversi piani e abbandonando<br />

volutamente il senso prospettico.<br />

A parte questi primi facili confronti sembra chiaro che la<br />

partecipazione alla Biennale veneziana per Tavella, come<br />

per ogni artista impegnato a dar prova di sè nell’ambito di<br />

esposizioni internazionali, sia non solo una tappa ambita<br />

e fondamentale, ma rappresenti contemporaneamente<br />

un punto d’arrivo e uno di partenza. L’invito a partecipare<br />

infatti, sottolinea il raggiungimento di una tappa<br />

sostanziale della propria carriera e la conferma della bontà<br />

del proprio operare, mentre la possibilità di confronto con<br />

altre realtà apre la via, a chi le sappia cogliere, a nuove<br />

sfide e ulteriori approfondimenti.<br />

(1) E. Di Martino, Storia della Biennale di Venezia 1895-2003. Arti<br />

Visive-Architettura-Cinema-Danza-Musica-Teatro, Papiro Arte,<br />

Venezia 2003, pp. 53-59.<br />

(2) R. Pallucchini, Introduzione, in Catalogo della XXV Biennale<br />

di Venezia, Venezia 1950, pp. X-XI<br />

(3) Idem, p. XI<br />

(4) Idem, p. XI<br />

(5) Idem, p. XI<br />

(6) Idem, p. XVIII<br />

(7) Emile Langui, in Catologo della XXV Biennale di Venezia,<br />

Venezia 1950, p. 272.<br />

(8) L.v.W, pag. 303<br />

(9) R. Pallucchini, cit., pp. XII-XII<br />

(10) Idem, p. XIII<br />

(11) Idem, p. 26


Zona archeologica, 1964


NOTE SULLA PITTURA DI GENERE VENETA<br />

NEL NOVECENTO<br />

Marco Maria Polloniato<br />

Nel novero delle tipologie pittoriche la cosiddetta pittura di<br />

genere ha da sempre avuto un posto particolare: inizialmente<br />

marginale, ma via via parte sempre più integrante della<br />

consuetudine e dell’interesse degli artisti. Essa affonda le<br />

radici in secoli di graduale trasformazione, secoli di lenti<br />

cambiamenti durante i quali la dicotomia esistente tra<br />

grandi committenti e la gran parte della popolazione, si<br />

è ridotta in forza di una crescita delle categorie dedite ad<br />

attività economiche sempre più incidenti nella vita sociale.<br />

Provengono, infatti, dalle aree di commercio più intenso<br />

dell’Europa quattro-cinquecentesca i primi maestri di<br />

questo genere, in particolare dall’area fiamminga, basti<br />

pensare al più famoso Pieter Bruegel il vecchio. Nei<br />

secoli successivi le reti di scambio createsi portano ad<br />

una diffusione priva di confini delimitati proprio perchè<br />

ricca di peculiarità espressive. Queste contraddistinsero<br />

aree geografiche-nazionali. L’indole sempre più attenta al<br />

proprio sentire rovescia così un rapporto di sudditanza con<br />

il mecenate che perdurerà fino ad oggi. Cosa spinse gli<br />

artisti ad avvicinarsi alle scene tratte dalla vita d’ogni giorno?<br />

Ad accostarsi a quegli elementi che nella pittura religiosa,<br />

storico-politica o nella ritrattistica non trovavano spazio<br />

se non come contorno, come elemento decorativo? Cosa<br />

spinse un autore come Jacopo Da Ponte, detto il Bassano,<br />

ad inserire una moltitudine di popolani accompagnati dai<br />

propri animali nei quadri che andavano a rappresentare di<br />

volta in volta scene tratte dai Vangeli o che illustravano la<br />

vita di Santi protettori? Se l’attenzione veniva, comunque,<br />

canalizzata a concentrarsi sull’elemento centrale, sul<br />

messaggio evangelico o comunque prettamente religioso,<br />

non v’è dubbio che contemporaneamente andava creandosi<br />

un avvicinamento nella complicità silenziosa instauratasi tra<br />

spettatore e personaggi del quadro. Sta in questo la forza<br />

evocativa del quotidiano: una condivisione di momenti<br />

e situazioni che di fatto rappresentano gli aspetti più<br />

elementari ed immediati del vissuto contemporaneo.<br />

Nei secoli successivi la pittura di genere (che, non va<br />

dimenticato, è una mera categorizzazione ottocentesca<br />

atta a rendere più semplice l’individuazione dei soggetti), si<br />

avvia a diventare sempre più protagonista. In Italia si assiste<br />

quasi a una rincorsa che trova nei pittori caravaggeschi e,<br />

successivamente in quelli dediti ai temi dei bamboccianti<br />

e nei pitocchi, i principali esponenti. Ceruti, Crespi, ma<br />

anche i campioni del vedutismo veneziano come Canaletto<br />

e Guardi si dedicano, ognuno a proprio modo, alla lettura<br />

più o meno filtrata della realtà. Procedendo ancora nella<br />

linea temporale, il genere assume via via connotazioni per<br />

certi aspetti manieristiche, riflesse su se stesse ed è solo<br />

con il verismo ottocentesco che viene dato nuovo vigore<br />

alla scelta di soggetti destinati a suscitare tensioni nel<br />

pubblico.<br />

A ridosso del Novecento sono quindi molti gli autori che si<br />

31<br />

confrontano con un genere che trascende le connotazioni<br />

politiche che avevano caratterizzato, invece, tutto il periodo<br />

risorgimentale, caricandosi piuttosto di significati simbolici<br />

e di chiavi di lettura più complesse.<br />

La pittura, nel panorama veneto novecentesco, è materia<br />

estremamente variegata. Pur essendovi dei caratteri che<br />

vanno a riecheggiare solo in parte le lezioni date dai grandi<br />

maestri dell’ormai lontano periodo rinascimentale, sono<br />

senz’altro le occasioni pubbliche di esposizione e confronto<br />

che danno il là per una maggiore coscienza del proprio<br />

operato. In questo senso le piccole e grandi esposizioni (su<br />

tutte l’istituzione a Venezia nel 1895 della Internazionale<br />

Incendio nel cantiere, 1978<br />

d’Arte, meglio conosciuta come Biennale) che si diffondono<br />

su tutto il territorio fanno da collante tra gli artisti che hanno<br />

così modo di riscontrare direttamente il gradimento del<br />

pubblico.<br />

Venezia rappresenta in tal senso un punto di riferimento<br />

indispensabile per tutti, in primis per la sua vocazione<br />

di città sospesa nel tempo, ma anche per la presenza di<br />

istituzioni riconosciute come l’Accademia di Belle Arti e le<br />

prime fondazioni artistiche. Più che ai grandi nomi di fine<br />

Ottocento che avevano rinnovato l’ambiente veneziano<br />

quali Guglielmo Ciardi, Luigi Nono, Ettore Tito, Alessandro<br />

Milesi, è piuttosto un personaggio come Pietro Fragiacomo<br />

a mettere in evidenza nei paesaggi lagunari barche o nella<br />

rappresentazione di tutti quegli strumenti di lavoro che<br />

sono, molto spesso, l’unico indizio della presenza umana<br />

appena percepibile. È indubbio che la matrice simbolista di<br />

inizio Secolo è più evidente in altri autori come in Ettore Tito<br />

o in Mariano Fortuny, ben distanti dai richiami al passato<br />

di Cesare Laurenti, ma dovendo qui ricercare esempi di<br />

pittura di genere, il pensiero non può che andare verso<br />

un altro grande autore del primo Novecento veneziano:<br />

Marius Pictor. Il bolognese si inserisce a pieno titolo nel<br />

panorama lagunare prediligendone gli aspetti decadenti


ed evidenziandone i meno appariscenti. Una pittura giocata<br />

sui toni della luce notturna e sulle scene che la variegata<br />

Città lagunare propone e che troverà una costante fortuna<br />

anche successivamente. Spostando poi l’attenzione anche<br />

ai luoghi che circondano il centro storico lagunare vale<br />

la pena ricordare che istanze e suggestioni spesso sono<br />

giunte qui da autori stranieri che a Venezia si sono stabiliti<br />

e che hanno dato prova del loro valore. A Burano, oltre ad<br />

Umberto Veruda, v’è il polacco Jehudo Epstein a mettere<br />

in luce i caratteri più istintivi del microcosmo isolano. Gli<br />

altri grandi nomi contemporanei, quelli facenti capo alla<br />

Fondazione Bevilacqua e quindi alla famosa sede di Ca’<br />

Pesaro, sono in realtà estranei alla contaminazione con il<br />

quotidiano. I vari Boccioni, Casorati, Marussig, sia prima<br />

che dopo la Grande Guerra, non pongono la propria<br />

attenzione alla rappresentazione di frammenti del vissuto,<br />

prediligendo piuttosto il simbolismo dei particolari o la<br />

rievocazione mitologica. La stessa Secessione Viennese<br />

influenza con straordinari esiti alcuni autori di ampio respiro<br />

come Teodoro Wolf-Ferrari e Vittorio Zecchin. Un segno di<br />

svolta ed un nuovo interesse per il genere arriva con Gino<br />

Rossi che, reduce da viaggi importanti in Europa, porta<br />

una ventata di novità pur rappresentando soprattutto<br />

personaggi e figure popolari. Alla tendenza post-bellica del<br />

realismo magico aderisce Bortolo Sacchi, nelle cui opere<br />

è possibile vedere una genìa di personaggi che risultano<br />

sospesi tra laguna e cielo come la città che li ospita. Ma è<br />

nelle opere degli anni Venti di Cagnaccio da San Pietro che<br />

la pittura di genere trova nuova linfa diventando specchio<br />

della realtà e voce di denuncia. I suoi sono intenti polemici<br />

evidenti che si rifanno alla pittura tedesca contemporanea,<br />

riscrivendo in parte i canoni della pittura di genere.<br />

Prima di arrivare alla grande temperie culturale che sin<br />

dagli anni Quaranta porterà alla ricerca in chiave astratta<br />

e di più consone forme e tecniche, vi sono ancora alcuni<br />

nomi che è necessario ricordare. In primis quello di Guido<br />

Cadorin, anche lui in parte esponente del realismo magico,<br />

senza dimenticare altri artisti significativi tra i quali Virgilio<br />

Guidi: pittore atonale apparentemente neutro ai luoghi ed<br />

alle figure descritti.<br />

Le altre province venete sono sempre state foriere di autori<br />

che si sono dovuti confrontare con la temperie culturale di<br />

Venezia, richiamo e termine di confronto indispensabile<br />

per aprirsi al dialogo internazionale. La vicina Padova<br />

ad esempio, Città che non ha mai sentito troppo forte il<br />

confronto-scontro con Venezia, si manifesta come un luogo<br />

dove le istanze pittoriche hanno un percorso leggermente<br />

più lento. Giovanni Vianello e Domenico Bonatti possono<br />

ben rappresentare il clima cittadino all’alba del nuovo<br />

Secolo: tendenze realiste ancora vive, non prive di intenti<br />

simbolisti ormai acclarati. Per trovare veri esponenti della<br />

pittura di genere è necessario fare riferimento ad un<br />

pittore eclettico quale fu quel Mario Cavaglieri che fonde<br />

nelle proprie opere suggestioni europee con una resa<br />

cromatico di forte impatto. Gli altri rappresentanti della<br />

pittura padovana del primo Novecento, però, si discostano<br />

dalla rappresentazione del reale per dedicarsi piuttosto a<br />

32<br />

forme più moderne e che vedono forse solo in Giovanni<br />

Dandolo un richiamo alla realtà. Giuliano Tommasi e Mario<br />

Rigoni dei Graber, ad esempio, improntano la propria<br />

poetica in direzione del simbolismo. Dopo la parentesi del<br />

futurismo padovano, bisogna attendere Tono Zancanaro<br />

per tornare a vedere richiami al reale letto in una chiave<br />

antieroica. Distante, anche se affine alla poetica di forme<br />

pittoriche primitive come quelle di Fulvio Pendini e Antonio<br />

Fasan. Successivamente, dagli anni Cinquanta in poi, con<br />

la grande esplosione economica che accompagna il clima<br />

post-bellico, i soggetti di riferimento diventano sempre<br />

più connessi con le nuove realtà industriali. Molti sono i<br />

nomi che recepiscono e si confrontano con la nuova realtà<br />

emergente, ma non è raro cha da una prima forma di<br />

denuncia sociale taluni artisti spostino il loro interesse verso<br />

una rappresentazione introspettiva legata alla memoria di<br />

quanto era e non è più. Gianni Longinotti muove da queste<br />

istanze e traccia una strada in parte seguita ad esempio da<br />

Riccardo Galuppo. Sono quindi altri i nomi di autori dediti<br />

al realismo quali Piero Mancini ed Enrico Schiavinato; il<br />

secondo in particolare presenta nelle proprie opere, dai<br />

colori e dal taglio estremamente incisivi, una territorialità<br />

scavata nelle rughe dei contadini e degli altri elementi<br />

tipici della campagna veneta. Sono queste delle “derive”<br />

espressioniste, ma rappresentano una concreta visione del<br />

popolo e del medesimo paesaggio che è possibile ritrovare<br />

in Vittore Bonsembiante.<br />

A differenza del capoluogo patavino, Treviso si presenta al<br />

nuovo secolo con un panorama di pittori strettamente legati<br />

all’ambito veneziano, la cui Accademia di Belle Arti vide il<br />

passaggio di quasi tutti gli artisti più significativi del nuovo<br />

Secolo. Contemporaneamente è l’organizzazione della<br />

Mostra d’Arte Trevigiana a diventare punto di riferimento<br />

per le nuove generazioni che trovano l’occasione ideale<br />

per confrontarsi con i maestri di fine Ottocento. Luigi<br />

Serena in tal senso è il capostipite ed il più rappresentativo<br />

decano della pittura di genere oltrepiave, ed è difficile<br />

riscontrare allievi degni del maestro o comunque pittori che<br />

interpretino con la stessa efficacia l’ambiente circostante.<br />

I Ciardi, ad esempio, pur risiedendo spesso in provincia,<br />

non lasciano mai il tenue languore delle rappresentazioni<br />

lagunari. Altri autori contemporanei o di poco successivi<br />

non hanno la stessa incisività ad esclusione, in parte, di<br />

quel Giovanni Apollonio che stempera e fissa momenti<br />

“leggeri” di vita borghese. Se la genesi pittorica di Alberto<br />

Martini è saldamente legata a Treviso, con l’enfasi sugli<br />

aspetti della campagna, successivamente volge il proprio<br />

modus nella direzione del surrealismo, merita invece una<br />

citazione quell’Aldo Voltolin, la cui breve carriera, consegna<br />

nei modi del decorativismo e divisionismo autentiche<br />

perle cromatiche. A Ca’ Pesaro, intanto, sono Gino Rossi<br />

e Arturo Martini a contribuire in maniera sostanziale,<br />

ognuno con forte personalità, al rinnovo dei temi correnti.<br />

A loro va aggiunta la figura di Nino Springolo, che segna<br />

la pittura di genere con equilibrata obbiettività, estranea<br />

a provincialismi, a sovrascritture o abbellimenti e che<br />

troverà eccellenti riscontri anche fuori i confini nazionali.


In questo frangente si erge a coordinatore instancabile e<br />

propugnatore di una identità comune Giuseppe Mazzotti, il<br />

cui nome si lega all’organizzazione e promozione di mostre.<br />

I suoi contemporanei, però, tra i quali Giacomo Caramel,<br />

Lino Bianchi, e Rachele Tognana sembrano disinteressarsi a<br />

lungo dei soggetti di genere, focalizzandosi più sulle novità<br />

tecnico-pittoriche che su una ricerca di soggetti di rottura.<br />

La turista inglese, 1990<br />

Va sottolineato, inoltre, il valore della coscienza del proprio<br />

operare, svolto da Mazzotti, allorquando si confronta con gli<br />

indirizzi dati all’arte dal Regime. Nelle successive esposizioni<br />

continuano a formarsi generazioni di artisti, gli interessi dei<br />

quali vagano indagando la città. Basti pensare ai temi cari<br />

ad Arturo Malossi, al giovane Giovanni Barbisan, alle sorelle<br />

Maria e Tina Tommasini, ma soprattutto a Sante Cancian. È<br />

lui a “rappresentare” Treviso nei suoi aspetti più immediati<br />

utilizzando tecniche diversificate e ponendosi quasi come<br />

un cronista-sceneggiatore del tempo.<br />

Legata a Treviso per ragioni geografiche e solo relativamente<br />

aperta ad influenze nordiche, è Belluno con l’insieme<br />

delle valli cadorine e ampezzane. Il primo ventennio del<br />

Novecento non vede sostanziali rinnovamenti rispetto al<br />

Secolo, complice una committenza locale poco incline alle<br />

novità lagunari. Non è un caso che uno dei più rappresentativi<br />

artisti d’inizio secolo, Luigi Cima, non venga accettato dalla<br />

33<br />

commissione della Biennale del 1903. Maggior fortuna<br />

sembra avere Guglielmo Talamini attento osservatore<br />

di “facce” e volti della sua terra. Altri come Pio Solero si<br />

distaccano gradualmente dalla realtà abitata e conosciuta<br />

per un’immersione sempre più decisiva nell’ambiente<br />

montano, scelta influenzata dalle letture e dalle conoscenze<br />

dirette con gli ambienti artistici di Monaco. Una sua indiretta<br />

erede potrebbe essere individuata in Romana D’Ambros,<br />

pur se influenzata da altre sollecitazioni significative nel<br />

campo della pittura di genere che sono da ricercare al di<br />

fuori della tematica sacra, invero tra le più frequentate e<br />

dove gli autori bellunesi hanno rinnovato parte del loro<br />

linguaggio decorativo. E bisogna attendere almeno<br />

fino al primo scontro bellico per trovare in un Edgardo<br />

Rossaro i primi tentativi di fissare la realtà di guerra. Ma per<br />

tornare alla pittura di genere, carica di un simbolismo che<br />

trascende il tempo, il nome di punta è quello di Fiorenzo<br />

Tomea, ben conosciuto anche al di fuori del contesto locale<br />

grazie alle sue pitture fatte di oggetti, spesso moltiplicati e<br />

protagonisti assoluti del quadro. Altri come Bruno Milano<br />

o Romano Ocri tentano, invece, altre vie ed anche altre<br />

tecniche, rinnovando il repertorio e l’uso di una pittura<br />

ancora legate alle pratiche post-impressioniste. Grande<br />

esponente di una lettura cromatica irreale del quotidiano<br />

è invece Celso Valmassoi, cadorino come Aldo De Vidal,<br />

la cui vicenda personale lo porta ad essere espressione di<br />

una realtà sociale in evoluzione fino alla realizzazione dei<br />

“murales” di Cibiana.<br />

Su tutt’altre latitudini e richiami va invece inquadrata la<br />

terra di Palladio. Quella Vicenza a lungo rimasta chiusa in<br />

un contesto di “piccola” provincia e che solo in seconda<br />

battuta ha aperto e rinnovato il repertorio artistico grazie<br />

soprattutto all’impegno ed alla lungimiranza di alcune<br />

scelte istituzioni e di circoli la cui urgenza espositiva trovò<br />

sbocchi e riscontri meritati, prima fra tutte l’Accademia<br />

Olimpica. Ubaldo Oppi e Carlo Potente sono i primi nomi<br />

di rilievo che vanno ad incidere sul normale andamento<br />

della cultura ottocentesca in Città, come un altro dei pittori<br />

viaggiatori d’inizio secolo Wladimiro Gasparello. Ma i loro<br />

interessi vengono presto inquadrati in una ritrattistica o<br />

comunque, in opere canoniche, veicolate da forme e dalla<br />

studiata stesura del colore a discapito di soggetti presi dal<br />

quotidiano. Emerge, comunque, la voglia di dare spazio ad<br />

un’urgenza espressiva. Nelle esposizioni degli anni Venti<br />

passano quasi tutti i nomi più significativi, tra i quali anche<br />

il giovane Mario Venzo, poi conosciuto come Fratel Venzo.<br />

Altri nomi significativi sono quello di Pier Angelo Stefani, i<br />

cui allievi avranno un posto di rilievo dagli anni Quaranta.<br />

Nomi ben conosciuti quali il giovane Neri Pozza, Otello De<br />

Maria, Nerina Noro, Bruno Canfori e Antonio Marcon. Come<br />

anche l’aristocratico Bortolo Sacchi, Marcon è uno dei tanti<br />

maestri eclettici dell’ambiente bassanese, essendo anche<br />

xilografo e ceramista, a cui seguiranno in tempi successivi<br />

personaggi quali Miranda Visonà, Giovanni Petucco, Carlo<br />

Contin, Pompeo Pianezzola, tutti attenti a cogliere nel<br />

linguaggio di casa, negli affetti e nell’immediatezza il calore<br />

umano. Anche le donne hanno spazio in questo ambito con


Ina Barbieri e Mina Anselmi, la prima con richiami al modo di<br />

Gino Rossi, la seconda concedendosi libertà ed originalità<br />

rispetto alla formazione ricevuta a Venezia con Virgilio<br />

Guidi. Il terzo personaggio femminile che è indispensabile<br />

ricordare è Nerina Noro, la cui formazione con Guidi e Saetti<br />

si scorge talvolta nei suoi ritratti, ma che difficilmente vanno<br />

a toccare temi sociali per rimanere nell’intimo di evocazioni<br />

e paesaggi informali. Altri spunti significativi sono quelli<br />

che si raccolgono attorno ad altri centri nevralgici, come<br />

il Calibano del mecenate Angelo Carlo Festa o al Premio<br />

A San Giorgio - Cinema all’aperto, 1953<br />

Marzotto istituito dall’omonima azienda.<br />

La figura di Licisco Magagnato fa da ponte con la realtà<br />

veronese le cui ambizioni si sono esplicate, nel corso del XX<br />

secolo, ricercando un saldo legame con Venezia e con le<br />

istanze artistiche delle più importanti città mitteleuropee. In<br />

questo la dominazione asburgica ebbe un ruolo di rilievo<br />

inducendo alcuni autori a perfezionarsi a Vienna o a Monaco.<br />

Non è un caso che le prime istanze moderniste trovino in<br />

Verona un terreno fertile nel quale attecchire e che lascerà<br />

il segno in diversi pittori a cominciare da Vincenzo De<br />

Stefani, per passare a Francesco Danieli, Carlo Francesco<br />

Piccoli, Carlo Donati. A costoro si contrapponeva lo stile<br />

popolare, ma efficace di un Angelo Dall’Oca Bianca che<br />

grande successo riscuoteva in città, come il conterraneo<br />

Giovanni Bevilacqua. Alfredo Savini, bolognese, portò con<br />

sè qualche germe di novità che l’ambiente scaligero recepì<br />

e fece proprio, così come l’arrivo di Baldassare Longoni<br />

ebbe echi per molti anni, soprattutto per l’utilizzo del<br />

divisionismo. Nell’ambito della pittura di genere è un allievo<br />

di Savini, Benvenuto Ronca, a confrontarsi con le figure dei<br />

derelitti, così come Ettore Beraldini, quest’ultimo con un<br />

rapporto più sensibile con i soggetti rappresentati. Anche<br />

se lontano da queste tematiche val la pena di sottolineare<br />

il legame instauratosi tra la Città e la figura di Felice<br />

Casorati, e di alcuni colleghi: su tutti Guido Trentini. V’è<br />

da aggiungere che in questo primo Novecento la gaia vita<br />

34<br />

e la vena burlesca che caratterizza i “convivi” degli artisti,<br />

trova risvolti espositivi anche nelle mostre di caricatura. Il<br />

futurismo invece trova pochi echi significativi, nonostante<br />

la presenza di Boccioni fino alla morte. Guido Trentini<br />

rappresenta un caso significativo di accrescimento culturale<br />

all’interno di tutto quello Stile Novecento che si concretizza<br />

nella rappresentazione di piani in cui l’assenza del colore<br />

ed il plasticismo seriale sono il leit-motiv. Altro grande<br />

nome residente a lungo a Verona è quel Pio Semeghini<br />

che non apre alle tinte tenui e rarefatte molto diverse<br />

rispetto all’estetica fascista e ben distinto anche dall’altro<br />

esponente della pittura di genere quale fu Aldo Tavella. Il<br />

periodo successivo, però, non risulta all’altezza di quanto<br />

visto ad inizio Secolo e fino alla fine del Secondo Conflitto:<br />

gli anni Cinquanta fanno da incubatrice a quanto esploderà<br />

poi negli anni Sessanta e Settanta con l’arrivo dell’astratto,<br />

dell’espressionismo, dell’informale e del razionalismo.<br />

In questo breve excursus sulla pittura di genere nel Veneto, v’è<br />

una schematizzazione che riprende in buona sostanza quanto<br />

declinato con dovizia di particolari dagli autori dei volumi La<br />

pittura nel Veneto. Il Novecento, I-II, Milano 1999-2006.


35<br />

OPERE


MIO FRATELLO PINO, 1926 • Olio su compensato, cm 60x70<br />

36


RITRATTO, [1927] • Olio su cartoncino, cm 35x24<br />

37


E’ SOLO UN RICORDO, 1928 • Olio su compensato, cm 39x50<br />

PAESAGGIO, 1930 • Olio su cartone, cm 34x43<br />

38


LA SIGNORA ELDA, 1932 • Olio su cartone, cm 48X35<br />

39


L’ATTESA, 1933 • Olio su tavola, cm 50x33<br />

40<br />

LA SIGNORA ELDA, 1933 • Olio su compensato, cm 50x39


DONNA CHE CUCE, [1934] • Olio su carta, cm 50X35<br />

42


TEMPO DI CARNEVALE, 1934 • Olio su cartone, cm 40x50<br />

43


MATERNITà, 1935 • Olio su cartone, cm 48x35<br />

44<br />

NELLO STUDIO, 1936 • Olio su cartone, cm 49x36


CANALE A VENEZIA, 1936 • Olio su tela, cm 18x24<br />

46


FRUTTA E VINO, 1937 • Olio su cartone, cm 50x35<br />

47


DALLO STUDIO DEL PITTORE ALDO FRANZONI, 1938 • Olio su cartone, cm 35x24<br />

48


PAESAGGIO, [1939] • Olio su compensato, cm 50X60<br />

49


PICCOLO PAESE, 1939 • Olio su cartone, cm 24x30<br />

50


BATTELLI A PESCHIERA, 1940 • Olio su cartone, cm 13x20<br />

IL PITTORE, 1941 • Olio su cartone, cm 24x35<br />

51


COSTRUZIONI MEDIEVALI, 1943 • Olio su cartone, cm 60x50<br />

52


LA RAGAZZA, 1946 • Olio su cartone, cm 50x36<br />

53


55<br />

IL PORTO, 1946 • Olio su compensato, cm 80x100


CAMPAGNA A MINERBE, 1946 • Olio su compensato, cm 28X38<br />

56


COMPOSIZIONE, 1946 • Olio su cartone, cm 59x40<br />

57


GIARDINI, 1947 • Olio su cartone, cm 50x60<br />

58


MIA MOGLIE E MIA FIGLIA SOFIA, 1947 • Olio su cartone, cm 35x46<br />

59


NELLA VALPOLICELLA, 1948 • Olio su compensato, cm 35X42<br />

PAESAGGGIO INVERNALE PRESSO MANTOVA, 1948 • Olio su cartoncino, cm 24x30<br />

60


MORTE DELLE MASCHERE, 1948 • Olio su cartone, cm 50x60<br />

61


FIORAIA, 1948 • Olio su cartone, cm 50x60<br />

62<br />

IL CANTIERE, 1949 • Olio su cartone, cm 60x50


ORATE, 1949 • Olio su faesite, cm 50x60<br />

64


MASCHERE, 1949 • Olio su cartone, cm 50x60<br />

65


PIAZZA DELLE ERBE, 1949 • Olio su cartone, cm 50x60<br />

66


MEDITAZIONE, 1949 • Olio su cartone, cm 50x60<br />

67


ND, 1949 • Olio su cartone, cm 60X50<br />

68


MASCHERA, [1950] • Olio su cartoncino, cm 35x24<br />

69


IL VECCHIO “IL SIGNOR BENIAMINO”, 1950 • Olio su cartone, cm 60X50<br />

70


LA PIAZZA ALBERATA, 1950 • Olio su cartone, cm 50x60<br />

71


IL MURO “ LA MACCHIA ROSSA”, 1950 • tecnica mista collage, cm 100x70<br />

73<br />

SAN <strong>GIORGIO</strong> - VERONA, 1950 • Olio su cartone, cm 50X60


INVERNO SUL LAGO DI MANTOVA, 1951 • Olio su faesite, cm 50x60<br />

74


AUTUNNO, 1951 • Olio su cartone, cm 50x60<br />

75


NEVE IN PERIFERIA, 1951 • Olio su compensato, cm 59X69<br />

76


CORSO PORTA NUOVA DI SERA, 1951 • Olio su compensato, cm 50x60<br />

77


LA SIGNORA MADINELLI, 1952 • Olio su cartone, cm 60X50<br />

CORTILE RUSTICO PRESSO LUGAGNANO, 1952 • Olio su cartone, cm 50x60<br />

79


VENEZIA, 1952 • Olio su cartone, cm 50x60<br />

80


RICOSTRUZIONE DEL PONTE, 1953 • Olio su cartone, cm 50x60<br />

81


RAGAZZA CON MAZZO DI FIORI, 1953 • Olio su cartone, cm 60X50<br />

82


COMPOSIZIONE, 1954 • Olio su compensato, cm 50x60<br />

83


TRIGLIE E ZUCCHE, 1954 • Olio su cartone, cm 50x60<br />

84


LO STUDENTE, 1954 • Olio su cartone, cm 48x34<br />

85


OMAGGIO FLOREALE, 1955 • Olio su compensato, cm 60X50<br />

FIORI, ANGURIA E PICCHIO, 1956 • Olio su cartone, cm 50x60<br />

87


SUL TAVOLO DELLA CUCINA, 1957 • Olio su cartone, cm 50x60<br />

88


FRUTTA, 1958 • Olio su cartone, cm 50x60<br />

89


LA PASSEGGIATA, 1959 • Olio su cartone, cm 50x60<br />

90


VASO DI FIORI, 1959 • Olio su tela, cm 50X40<br />

91


DISPERAZIONE, 1959 • Olio su cartone, cm 50x60


COMPOSIZIONE CON MACININO, 1960 • Olio su cartone, cm 50x60<br />

94


SAN <strong>GIORGIO</strong>, 1960 • Olio su cartone, cm 50X60<br />

95


RUDERI, 1960 • Olio su cartone, cm 50x60<br />

96


COMPOSIZIONE, 1961 • Olio su tela, cm 48x63<br />

97


AL BAR, 1961 • Olio su cartone, cm 60x50<br />

98<br />

BAMBINA CON BAMBOLA, 1961 • Olio su cartone, cm 60x50


IL VASO DI FIORI, 1961 • Olio su compensato, cm 60x50<br />

100


LA LETTERA, 1962 • Olio su compensato, cm 60x50<br />

101


COMPOSIZIONE, 1963 • Olio su compensato, cm 50x60<br />

102


ANNA FRANK, 1963 • Olio su compensato, cm 50x60<br />

103


COMPOSIZIONE, 1964 • Olio su cartone, cm 50x60<br />

104


ZONA ARCHEOLOGICA, 1964 • Olio su cartone, cm 90x70<br />

105


LA SIGNORA PINA, 1964 • Olio su faesite, cm 60x50<br />

106


IL LAGO A MANTOVA IN INVERNO, 1964 • Olio su tela, cm 24x30<br />

107


108


RAGAZZA DAL GIUBBETTO ROSSO, 1965 • Olio su cartone, cm 60X50<br />

109<br />

IL CIRCO “INVERNO”, 1966 • Olio su cartone, cm 50x60


CANTIERE, [1966] • Olio su compensato, cm 50x60<br />

110


INVIDIA, 1967 • Olio su cartone, cm 60X50<br />

111


UN RICORDO, 1967 • Olio su compensato, cm 100x70<br />

112


GIARDINI, 1968 • Olio su tela di lino, cm 50x60<br />

113


COMPOSIZIONE CON CIPOLLE, 1968 • Olio su cartone, cm 50x60<br />

114


FIORI E ZUCCHE, 1970 • Olio su cartone, cm 50x60<br />

115


PERIFERIA, 1971 • Olio su compensato, cm 70x80<br />

116


COMPOSIZIONE, 1972 • Olio su cartone, cm 50x60<br />

117


NEVE A MALCESINE, 1972 • Olio su compensato, cm 70x100<br />

118


IL CANTIERE, 1975 • Olio su compensato, cm 50x60<br />

119


IMBARCAZIONI PRIMA DEL TEMPORALE, 1976 • Olio su compensato, cm 60x80<br />

120


PRIMA NEVE “DAL MIO STUDIO”, 1978 • Olio su compensato, cm 70x80<br />

121


MIA MOGLIE, 1980 • Olio su compensato, cm 100x70<br />

122


CAMPAGNA PRESSO CALMASINO, 1980 • Olio su compensato, cm 60x80<br />

123


124


COMPOSIZIONE, 1981 • Pastello su carta, cm 100x70<br />

GABBIANI AL TRAMONTO, 1985 • Olio su compensato, cm 100x70<br />

125


OMAGGIO ALLA MAMMA, 1985 • Olio su compensato, cm 100x70<br />

126


PRESSO IL PONTE DI VEjA, 1986 • Olio su compensato, cm 50x60<br />

127


COMPOSIZIONE, 1988 • Olio su faesite, cm 70x100<br />

128


IL COMPITO, 1989 • Olio su compensato, cm 80x60<br />

129


IL GATTO VENEZIANO, 1990 • Olio su tela, cm 70x70<br />

130


LA PIAZZA, 1991 • Olio su tavola, cm 50x60<br />

131


IL VASO DI CERAMICA, 1991 • Olio su compensato, cm 100x70<br />

132


LA SPOSA HA 16 ANNI, 1993 • Olio su compensato, cm 60X50<br />

133


134


135<br />

ZONA INDUSTRIALE , 1994<br />

Olio su compensato, cm 50x60


NOTE BIOGRAFICHE<br />

Ha compiuto i suoi studi presso l’Accademia Cignaroli di<br />

Verona, dove è poi ritornato quale titolare della Cattedra di<br />

affresco; è stato inoltre insegnante di figura presso il Liceo<br />

Artistico Statale dal 1967 al 1979.<br />

Dal 1963 è titolare della Cattedra di pittura presso l’Accademia<br />

Cignaroli, della quale è stato anche Direttore dal 1982<br />

al 1985.<br />

Sempre presente alle più importanti manifestazioni d’arte nazionali<br />

ed internazionali, la sua attività artistica punteggiata di<br />

successi e sue opere figurano in varie collezioni pubbliche e<br />

private, italiane e straniere.<br />

Di anno in anno, le partecipazioni sono sempre più numerose<br />

e i riconoscimenti frequenti.<br />

E’ alla Biennale di Venezia nel 1950, anno in cui viene premiato<br />

con tavolozza d’argento al “Nazionale di Pittura F. Michetti”<br />

a Francavilla al Mare (CH).<br />

Sempre nel ’50 è presente alla Mostra dei due secoli dell’Accademia<br />

Cignaroli di Verona, al premio Suzzara, all’Angelicum<br />

di Milano. L’anno seguente partecipa alla Quadriennale<br />

d’Arte di Roma e Torino, al Premio Roma per la Figura, alla<br />

1a Biennale internazionale d’arte Marinara di Genova. Espone<br />

alle Mostre nazionali di Messina, Monza e Gallarate e al<br />

premio di Pittura di Clusone.<br />

Non manca alla 1° Biennale Nazionale di Verona, alla quale<br />

ritorna nel ’53 e nel ’55; né alla Biennale Triveneta di Padova,<br />

dove si ripresenta negli stessi anni ’53 e ’55.<br />

Nel ’53 ritorna al Premio Burano dove già si era presentato<br />

nel ’51 e partecipa al Premio Brescia.<br />

Anche negli anni seguenti è presente a tutte le Biennali Nazionali<br />

di Verona e alle Biennali Trivenete di Padova, nonché<br />

ad altre numerose manifestazioni artistiche, conseguendo<br />

significativi riconoscimenti e premi.<br />

La stagione del 1956 ha visto quello che la stampa ha definito<br />

“un approdo” per Aldo Tavella, nella Mostra alla Galleria<br />

della Scala di Verona. Silvio Bertoldi ha scritto a questo<br />

proposito: “E’ arrivato per Tavella il momento dei bilanci, dei<br />

consuntivi, forse della scelta; ossia il momento di porre in discussione<br />

l’intera validità di una produzione pluriennale, perseguita<br />

con ammirevole serietà, punteggiata di successi e di<br />

soddisfazioni”. “L’artista ha raggiunto, nella vita, la stagione<br />

della piena estate. E’ naturale ed umano, è necessario che<br />

egli abbia considerato dentro di sé il cammino percorso … E<br />

questo è stato un approdo sicuro”.<br />

Il bilancio di questo periodo di fatiche e di studio, il consuntivo<br />

di ricerca e di approfondimento tematico, formale ed<br />

inventivo, è stato positivo.<br />

Non saremo noi a voler scoprire, oggi, le qualità di pittore<br />

di Tavella: che sono sempre state la serietà dell’impianto costruttivo<br />

del quadro, secondo una lezione non immemore<br />

di Cézanne; l’intelligente novità della figurazione, pur nel rispetto<br />

di una atmosfera sottilmente romantica che rivela agli<br />

attenti le segrete inclinazioni dell’anima; il colore scrupolosamente<br />

costruito sulla tavolozza, come accade a chi deve<br />

ricavare i toni dallo studio, piuttosto che dalla fantasia.<br />

Ebbene, tutte queste doti ci paiono oggi consolidate e raf-<br />

136<br />

forzate. Ci sembra anzi che altre se ne siano aggiunte come<br />

– per esempio – l’allargamento degli interessi prettamente<br />

pittorici (tocco, impasti, gradazioni cromatiche, tono, taglio<br />

dell’immagine) e il successo conseguito nel rendere sicura la<br />

propria “sigla creativa”, cioè quel dono di personalizzare la<br />

creazione fino a farla distinguere d’acchito e con certezza”.<br />

I giudizi della critica testimoniano della vitalità di questo pittore<br />

e delle sue doti e della sua anima. Il Verzellesi nel giornale<br />

“L’Arena” in occasione di una personale alla Galleria<br />

Novelli, nel 1971, così riportava tra l’altro: “alle clamorose<br />

soluzioni di continuità che ricorrono negli itinerari dei professionisti<br />

dell’avanguardia più svagata, Tavella ha seguitato a<br />

contrapporre un rifiuto fermo, non meno risoluto e pungente<br />

della sua ironia per i conservatori troppo accidiosi, capaci di<br />

continuare a ripetersi scambiando la coerenza dello stile, che<br />

implica continue varianti con una sorta di canonicato, fatto di<br />

abitudinarie esercitazioni sempre più macchinali”.<br />

Per quanto riguarda forma e stile, è interessante rileggere<br />

un altro giudizio scritto nell’opuscolo di presentazione di<br />

una recentissima mostra curata dall’Associazione Artestudio<br />

e dedicata al Tavella nel periodo denominato “dell’approdo”<br />

sopra accennato: “fatto è che nei quadri di Tavella non<br />

solo le forme si situano sui piani limite che invariabilmente<br />

definiscono e chiudono lo sfondo, ma anche le suggestioni<br />

di uno spazio aperto, pur rese con istintiva immediatezza, si<br />

risolvono in una pittura di paesaggio che nulla perde della<br />

consueta solidità di impianto. Al punto che perfino il piano<br />

dell’orizzonte o addirittura la porzione del cielo non diventano<br />

varco allo spazio e dalla luce, ma si propongono, senza<br />

deroga, come altrettanti ed essenziali elementi dell’incastro<br />

compositivo. Pittura densa e materica quindi e composizioni<br />

serrate: anche quando la pennellata porta con sé impasti<br />

cromatici di più pregnante sensorialità. Una pittura dove la<br />

luce non viene realisticamente affidata ad un preciso punto<br />

d’incidenza, ma ‘nasce dallo stesso impasto pittorico, in<br />

un’analisi segreta degli oggetti’ (Brindisi), finendo poi con il<br />

collocarli in una sorta di sospensione senza tempo, talora venata<br />

di malinconia.”<br />

Per Aldo Tavella pittore il viaggio continua ancora fervido e<br />

vitale, nella fedeltà ad una vocazione, nella ricerca e nella serenità,<br />

diventando sempre più eloquente.<br />

Negli ultimi venti anni l’artista veneto ha continuato a proporre<br />

ed esporre i suoi dipinti. Sue mostre sono state realizzate<br />

a Verona, Milano, Roma e nelle più importanti capitali<br />

europee.<br />

Nel 1992 il Comune di Verona ha voluto tributare un omaggio<br />

a questo suo grande figlio ospitandolo nel Palazzo della<br />

Gran Guardia con un’antologica che ha riscosso un notevole<br />

successo di pubblico e di critica.<br />

(Ugo Ronfani, Note biografiche, in Tra estetica e magia. Aldo<br />

Tavella, Verona 1996, pp. 11-13).<br />

La stessa celebrazione gli è stata tributata nel 2004.


ESPOSIZIONI<br />

1946<br />

Verona, Casa di Giulietta<br />

1949<br />

Ravenna, Quinta Esposizione Nazionale<br />

Verona, Palazzo della Gran Guardia<br />

Venezia, Premio di pittura Giacomo Favretto, Opera<br />

Bevilacqua La Masa<br />

Soave (VR), Comune<br />

Verona, 49a Esposizione Nazionale d’Arte<br />

Milano, Mostra d’Arte Sacra Angelicum<br />

1950<br />

Suzzara (MN), Premio Suzzara<br />

Cremona, Mostra d’arte sacra contemporanea, Palazzo<br />

dell’Arte<br />

Venezia, XXV Biennale d’arte<br />

Verona, Accademia Cignarli<br />

Verona, Galleria del Cappello<br />

Badia Polesine (RO), Arte triveneta contemporanea,<br />

Abbazia della Vangadizza<br />

Gallarate (VA), Premio Nazionale di pittura città di<br />

Gallarate<br />

Francavilla al Mare (CH), Premio di pittura Francesco<br />

Michetti<br />

1951<br />

Verona, 50a Mostra Biennale Nazionale d‘arte, Palazzo<br />

della Gran Guardia<br />

Venezia, Mostra del Premio Burano<br />

Roma, Premio Roma per la pittura<br />

Verona, Galleria d’Arte di Via Oberdan<br />

Roma, Sesta Quadriennale Nazionale d’Arte, Palazzo delle<br />

Esposizioni.<br />

Torino, Sesta Quadriennale Nazionale d’Arte<br />

Monza, Mostra Nazionale di pittura premio “Città di<br />

Monza”, Villa Reale<br />

Genova, 1a Biennale Internazionale d’arte marinara,<br />

Palazzo dell’Accademia<br />

137<br />

Clusone (BG), Premio di Pittura<br />

Messina, 1a Mostra Nazionale di pittura “Città di<br />

Messina”, Padiglione “Fiore”<br />

1952<br />

Verona, Galleria Cappello<br />

Badia Polesine (RO), Abbazia di Vangadizza<br />

Verona, San Nicolò<br />

Roma, VI Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma,<br />

1953<br />

Manerbio, Premio Marzotto. Prima Mostra Nazionale di<br />

Pittura Contemporanea Premio Manerbio.<br />

Monza, 2a Mostra Nazionale di Pittura “Premio Città di<br />

Monza”, Villa Reale<br />

Roma, Mostra delle Arti figurative, Esposizione<br />

dell’Agricoltura<br />

Francavilla al Mare (CH), VII Premio Nazionale di pittura<br />

“F.P.Michetti”<br />

Verona, Galleria Cappello<br />

Verona, 51a Biennale Nazionale, Palazzo della Gran<br />

Guardia<br />

Burano, Mostra Premio Burano<br />

Brescia, Premio Brescia, Palazzo della Loggia. Nel 1953<br />

Padova, 10 Biennale d’arte triveneta, Palazzo della<br />

Ragione<br />

Messina, Prima Mostra internazionale di pittura “Città di<br />

Messina”<br />

1955<br />

Padova, 11a Mostra Biennale d’Arte Triveneta, Sala della<br />

Ragione<br />

Milano, Seconda Mostra Biennale Italiana di Arte Sacra per<br />

la casa, Angelicum dei Frati Minori<br />

Verona, 52a Biennale Nazionale, Palazzo della Gran<br />

Guardia<br />

1956<br />

Verona, Galleria della Scala<br />

Verona, Cinquantaduesima Biennale Nazionale d’Arte,<br />

Palazzo della Gran Guardia


1957<br />

Verona, Mostra del Centenario. 53° Biennale Nazionale,<br />

Palazzo della Gran Guardia<br />

Orzinuovi (BS), 3° Premio di Pittura “Orzinuovi” di pittura.<br />

1958<br />

Orzinuovi (BS), 4° premio “Orzinuovi” di pittura.<br />

1959<br />

Verona, 54a Biennale Nazionale, Palazzo della Gran<br />

Guardia<br />

Milano, Baguttino<br />

1961<br />

Verona, 55a Biennale Nazionale, Palazzo della Gran<br />

Guardia<br />

1963<br />

Cremona, Mostra d’ Arte Sacra, Palazzo dell’Arte<br />

Verona, 56a Biennale Nazionale, Palazzo della Gran<br />

Guardia<br />

Padova, XV Biennale d’Arte Triveneta, Sala della Ragione<br />

1965<br />

Padova, XVI Biennale d’Arte Triveneta, sala della Ragione<br />

Verona, 57a Biennale Nazionale d’arte, Palazzo della Gran<br />

Guardia<br />

1967<br />

Padova, XVII Biennale d’Arte Triveneta, Sala della Ragione<br />

Verona, 58a Biennale Nazionale d’Arte, Palazzo della Gran<br />

Guardia<br />

1970<br />

Peschiera (VR), Collettiva di Peschiera<br />

1971<br />

Verona, Galleria Novelli<br />

1975<br />

Verona, Galleria Novelli<br />

Villafranca (VR), Concorso Mostra Nazionale di Pittura<br />

1977<br />

Piazzola del Brenta (PD), Triveneta delle arti<br />

1979<br />

Pescantina (VR), 8° Concorso Nazionale di Pittura<br />

1980<br />

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1981<br />

Thiene (VI), XVII Edizione Premio Nazionale di Pittura Città<br />

di Thiene<br />

Verona, Galleria del Cappello<br />

Pescantina (VR), 10° Concorso Nazionale di Pittura<br />

1982<br />

Verona, Palazzo della Gran Guardia<br />

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1984<br />

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1990<br />

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1991<br />

Verona, Galleria Arte Studio<br />

1991<br />

Verona, Palazzo della Gran Guardia<br />

1992<br />

Verona, Palazzo della Gran Guardia<br />

1996<br />

Rubiera (RE), Biblioteca Comunale<br />

1998<br />

Verona, Accademia Officina d’Arte<br />

1999<br />

Verona, A-Tavella. Incontri con la natura. Schizzi, Verona<br />

1999<br />

2004<br />

Verona, Palazzo della Gran Guardia<br />

2006<br />

Venezia, Galleria Santo Stefano<br />

Verona, Fondazione Aldo Tavella<br />

2007<br />

Verona, Fondazione Aldo Tavella<br />

Padova, Arte Fiera<br />

2009<br />

Verona, Loggia Barbaro Torre del Capitano


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in “Il Gazzettino”, (27 Giu. 1949).<br />

Ancora oggi per visitare la Mostra alla Gran Guardia, in “Il<br />

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“Il Gazzettino”, (30 Sett. 1949).<br />

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1951, p. 53.<br />

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1a Biennale Internazionale d’Arte Marinara, Genova 1951, p.<br />

34.<br />

Cinquantesima Mostra Biennale Nazionale d’Arte, Verona<br />

1951, p. 23.<br />

1a Mostra Nazionale di pittura “Città di Messina”, Messina<br />

1951, nn.231-232.<br />

Mostra del Premio Burano 1951, Burano 1951, n. 28.<br />

Artisti veronesi alla mostra di Burano, in “L’Arena”, (28 Ago.<br />

1951).<br />

Silvio Bertoldi, Nella Trattoria di Romano l’autentica pittura<br />

buranella, in “L’Arena”, (15 Sett. 1951).<br />

Renzo Biasion, Sei pittori con sei opere alla Bottega di Via<br />

Oberdan, in “Il Gazzettino”, (17 Mar. 1951).<br />

Gian Luigi Verzellesi, Cinquantesima Nazionale d’Arte:<br />

Montini Celada Tavella, in “Corriere del Mattino”, (9 Giu.<br />

1951).<br />

1952<br />

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Gian Luigi Verzellesi, Aldo Tavella pittore, in “Corriere di<br />

Verona”, (1 Nov. 1952).<br />

Silvio Bertoldi, L’unitario rigore della mostra sindacale, in<br />

“L’Arena”, (5 Dic. 1952).<br />

Aeffe, Espone Aldo Tavella alla Galleria Cappello, in “Il<br />

Gazzettino”, (30 Ott. 1952).<br />

Aeffe, Passiamo in Rassegna la Mostra degli artisti a San<br />

Nicolò. Opere di cinque pittori oggi alla ribalta. Sono quadri<br />

di Pigato, Nardi, Bagattini, Tavella e Zoppi, in “Il Gazzettino”,<br />

(6 Dic. 1952).


Silvio Bertoldi, Mostre D’arte. Aldo Tavella, in “L’Arena”, (28<br />

Ott. 1952).<br />

I premi della Biennale che si inaugura oggi, in “L’Arena”, (1<br />

Nov. 1952).<br />

Sesta Quadriennale Nazionale d’Arte, Roma, novembre<br />

1951-aprile 1952, Roma 1952.<br />

Carlo Segala, Pittori cittadini: Aldo Tavella, in “Il Gardello”,<br />

(19 Dic. 1952).<br />

Mostre d’arte. Espone Aldo Tavella alla Galleria Cappello, in<br />

“Il Gazzettino”, (30 Ott. 1952).<br />

Aeffe, La seconda rassegna d’Arte Triveneta. Un concittadino<br />

tra i premiati alla Mostra di Badia Polesine, in “Il Gazzettino”,<br />

(22 Ago. 1952).<br />

Aeffe, Opere di cinque pittori oggi alla ribalta, in “Il<br />

Gazzettino”, (6 Dic. 1952).<br />

Piero Franceschetti, La 2° Mostra d’Arte Triveneta a Badia<br />

Polesine, in “L’Avvenire letterario”, (4-5 Sett. 1952).<br />

1953<br />

Aeffe, Aldo Tavella alla Galleria del Cappello, in “Il Gazzettino”,<br />

(27 Gen. 1953).<br />

2° Mostra Nazionale di pittura “Premio Città di Monza”,<br />

Mostra postuma del pittore Eugenio Spreafico, Monza 1953,<br />

p. 59, n. 40.<br />

Società Belle Arti, 51° Biennale Nazionale Società Belle Arti.<br />

Palazzo della Gran Guardia, Verona 1953, p. 32, nn. 29, 30,<br />

31.<br />

Mostra Premio Burano 1953, Burano 1953, p. 44, n. 15.<br />

Mostra delle Arti figurative. Catalogo generale. Esposizione<br />

dell’Agricoltura, Roma 1953, p. 70, n. 439.<br />

VII Premio Naz. Di Pittura “F.P. Michetti”, Francavilla al Mare<br />

1953, p. 46.<br />

Premio Brescia 1953, Brescia 1953, p. 11, nn. 39, 40.<br />

10 Biennale d’Arte Triveneta, Padova 1953, p. 49, nn. 1, 2, 3,<br />

4, 5<br />

Prima mostra internazionale di pittura “Città di Messina”,<br />

Messina 1953, p. 31, n. 130.<br />

1955<br />

Biennale d’Arte Triveneta. 11° Mostra, Padova 1955, p. 64, nn.<br />

1, 2, 3.<br />

Seconda Mostra Biennale Italiana di Arte Sacra per la casa,<br />

Milano 1955, p. 27.<br />

140<br />

1956<br />

Società Belle Arti di Verona, Cinquantaduesima Biennale<br />

Nazionale d’Arte, Verona 1956, p. 23, nn. 5, 6.<br />

Carlo Segala, “Personale” di Aldo Tavella alla “Galleria della<br />

Scala”, in “L’Arena”, (17 Febbr. 1956).<br />

1957<br />

La mostra del Centenario allestita alla Gran Guardia, in “Il<br />

Gazzettino”, (8 Giu. 1957).<br />

Società Belle Arti di Verona, Mostra del Centenario. 53°<br />

Biennale Nazionale, Verona 1957, p. 32, nn. 14-15.<br />

Assegnati i premi alla Mostra del Centenario, “L’Arena”,<br />

1957.<br />

1959<br />

Società Belle Arti di Verona, 54a Biennale Nazionale, Verona<br />

1959, p. 28, nn. 25, 26.<br />

Assegnati i premi della 54a Biennale, in “L’Arena”, (24 magg.<br />

1959)<br />

Quattro pittori veronesi, in “Corriere Lombardo”, (1959).<br />

Quattro pittori veronesi, in “L’Italia”, (1959).<br />

1961<br />

Società Belle Arti, 55a Biennale Nazionale Verona Palazzo<br />

della Gran Guardia, Verona 1961, p. 33, nn. 34, 35.<br />

Tavella Aldo, in Annuario degli artisti 1961, Roma 1961, p.<br />

133.<br />

1963<br />

Società Belle Arti, 56a Biennale Nazionale Verona Palazzo<br />

della Gran Guardia, Verona 1963, p. 28, nn. 55, 56.<br />

IIIa Internazionale d’Arte Cremona 1963, Cremona 1963.<br />

XV Biennale d’Arte Triveneta. Padova Sala della Ragione,<br />

Padova 1963, p. 39, n. 226.<br />

1964<br />

Sabato s’inaugura la chiesa di Fosse, in “L’Arena”, (12 Gen.<br />

1964).<br />

1965<br />

Società delle Belle Arti, 57a Biennale Nazionale Verona Palazzo<br />

della Gran Guardia, Verona 1965, p. 32, nn. 32, 33.<br />

Vivo interesse per la Biennale, in “L’Arena”, (13 Mag. 1965).<br />

Società delle Belle Arti, 58a Biennale Nazionale d’arte di<br />

Verona, Verona 1965, p. 25.<br />

XVI Biennale d’Arte Triveneta, Padova 1965, p. 43, n. 203.


1967<br />

XVII Biennale d’Arte Triveneta, Padova 1967.<br />

1969<br />

Aldo Tavella, in Pittura e scultura dell’Italia contemporanea,<br />

III, Roma-Milano 1969, p. 169.<br />

Aldo Tavella, in Pittura e scultura dell’Italia contemporanea,<br />

VI, Roma-Milano 1969, p. 205.<br />

1975<br />

A-Tavella, Catalogo della Mostra, Verona 1975.<br />

Pittura a Verona 1950-1975, a cura di Alessandro Mozzambani<br />

e Galleria Cinquetti, Verona 1975, pp. 54-55.<br />

Licisco Magagnato, Introduzione, in A-Tavella, Verona 1975.<br />

Carlo Segala, Tavella alla “Novelli”, in “Il Gazzettino del<br />

lunedì”, (2 Giu. 1975).<br />

Nereo Tedeschi, Aldo Tavella, in “La Vernice”, A. XXV, nn. 5-6<br />

(1975), pp. 191-192.<br />

1980<br />

Antonio Antolini, 10° Concorso Nazionale di Pittura, in<br />

“L’Arena”, (1980).<br />

1981<br />

Silvio Bertoldi, Mostre d’arte. Aldo Tavella, in “L’Arena”, (2<br />

Giu. 1981).<br />

Salvatore Maugeri, Premio di pittura “Città di Thiene”<br />

dominato dalla ricerca della figura, in “Il Giornale di Vicenza”,<br />

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Salvatore Maugeri, Aldo Tavella, uomo e pittore, in “Il<br />

Giornale di Vicenza”, (2 Lugl. 1981).<br />

Città di Thiene, XVII Premio Nazionale di Pittura “Città di<br />

Thiene”, Thiene 1981.<br />

1982<br />

Una rassegna dedicata agli artisti veronesi, in “L’Arena”, (1<br />

Mag. 1982).<br />

La rassegna Arte Verona ’82, in “L’Avvenire”, (1 Mag. 1982).<br />

La Cignaroli tra le polemiche, in “Il Gazzettino”, (1 marzo<br />

1982).<br />

Un ripasso su 80 anni d’arte di casa nostra, in “Il nuovo<br />

veronese”, (1 Mag. 1982).<br />

Panoramica della “mostra”. Arte dall’inizio del secolo ad<br />

oggi, in “L’Arena”, (8 mag. 1982).<br />

Ottanta anni di arte veronese alla Gran Guardia, in “Il<br />

Gazzettino”, (10 Lug. 1982).<br />

141<br />

La mostra “Arte Verona ‘82”, in “Il mattino di Verona”, (10<br />

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Alessandro Mozzambani, Stili e poetiche di casa nostra. Pittura,<br />

scultura, grafica, in “Il Mattino di Verona”, (14 Mag. 1982).<br />

1984<br />

Giunto il decreto di legalizzazione per la “Cignaroli, in<br />

“L’Arena”, (2 Lugl. 1984).<br />

1985<br />

Ha dato tanto alla “Cignaroli” Ricordiamolo!, in “L’Arena”,<br />

(11 Ott. 1985).<br />

1988<br />

Ecco i divi di oggi con la faccia di ieri, in “Il nuovo veronese”,<br />

(10 Lugl. 1988).<br />

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Antologica del pittore Aldo Tavella, in “Verona sette”, (17<br />

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Dal 4 gennaio alla Gran Guardia. Mostra di Tavella, in<br />

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Vera Meneguzzo, Antologia pittorica alla Gran Guardia, in<br />

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Mostra antologica di Aldo Tavella, in “Il Nuovo Veronese”,<br />

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1999<br />

Felice Pin, Aldo Tavella la sua vita per l’arte è giunta a 90 anni,<br />

in “L’Arena”, (17 Apr. 1999).<br />

2002<br />

Tavella protagonista all’Arte Fiera, in “L’Arena”, (1 Nov.<br />

2002).<br />

2003<br />

L’Accademia Cignaroli diventa Politecnico delle Arti, in<br />

“Verona Manager” ,A. XV, n. 77 (Mar-Apr. 2003).<br />

2004<br />

Gianfranco Riolfi, Chiesa decorata grazie alle bombe. Un<br />

pittore sfollato in paese per salvare i figli dipinse tutti gli<br />

interni, in “L’Arena”, (13 Ott. 2004).<br />

Maurizio Pedrini, Si è spento il pittore Aldo Tavella, in<br />

“L’Arena”, (28 Nov. 2004).


Maurizio Pedrini, Tavella sulle ali della memoria, in “L’Arena”,<br />

(8 Apr. 2004).<br />

Maurizio Pedrini, Mostra del pittore Aldo Tavella al Palazzo<br />

della Gran Guardia, Comunicato stampa (4 Apr. 2004).<br />

I colori di un mondo. Novantacinque anni di Aldo Tavella,<br />

Verona 2004.<br />

2005<br />

Maurizio Pedrini, Fondazione Tavella. Valorizzerà i giovani<br />

artisti con un premio, in “L’Arena”, (28 Nov. 2005).<br />

2006<br />

Maurizio Pedrini, L’arte sacra di Aldo Tavella, in “Kyos”, n. 8<br />

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Vera Meneguzzo, Tavella pittore del sacro, in “L’Arena”, (30<br />

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