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dersi 1179) «avé gli Bolognixi lo castello de C<strong>il</strong>glano et la Roccha da Vicho» (12). La<br />

rocca di Vigo era tenuta da dominatores legati da vincoli feudali agli Alberti e prima<br />

ancora ai Cadolingi (13). Si potrebbe ipotizzare che <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio fosse legato alla persona<br />

che firmò gli accordi con gli Alberti. Il periodo di reggenza delle sorti c<strong>it</strong>tadine<br />

da parte del vescovo Gerardo (1191-1192) fu caratterizzato da un anno di buon<br />

governo, l’anno nel quale riuscì ad ottenere l’alleanza dei conti: certamente un successo<br />

per <strong>il</strong> prelato. L’anno seguente è invece passato alla storia come un periodo<br />

del tutto negativo, gli avvenimenti del quale portarono alla rimozione del vescovo<br />

Gerardo dalla carica di podestà. Non si può escludere che <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio mantenuto dai<br />

cronisti fosse legato alla damnatio memoriae infl<strong>it</strong>ta al personaggio, che avrebbe<br />

portato a tacere delle notizie inerenti <strong>il</strong> periodo del suo governo, anche quelle in cui<br />

si segnalò pos<strong>it</strong>ivamente.<br />

Potrebbero tuttavia emergere ragioni più profonde. I cronisti scrivevano di<br />

vicende e personaggi legati alla v<strong>it</strong>a c<strong>it</strong>tadina o agli interessi che, nello specifico,<br />

Bologna intratteneva con altre realtà. Chi era dunque agli occhi di questi scr<strong>it</strong>tori <strong>il</strong><br />

conte Alberto? Risponde indirettamente <strong>il</strong> Ghirardacci: «huomo nella Toscana di<br />

grande autor<strong>it</strong>à, et che assai poteva giovare à Bolognesi et in particolare contra<br />

Pistoiesi» (14). Il valore ed <strong>il</strong> significato di questo accordo non sembrano tanto, agli<br />

occhi del Ghirardacci, cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>i dall’assoggettamento al regime comunale di un<br />

grande signore con possessi anche sull’Appennino bolognese; piuttosto è messa in<br />

luce l’importanza dell’accordo da parte di Bologna con un uomo potente in funzione<br />

antipistoiese. In più questo «huomo... di grande autor<strong>it</strong>à» era di provenienza<br />

toscana, sottolineando con ciò la collocazione geografica: anche Pistoia si trovava<br />

in Toscana e ben poteva giovare l’alleanza con un soggetto che in loco poteva contrastarla.<br />

Forse anche i cronisti erano a conoscenza di questi patti del 1192, ma non considerarono<br />

degno di nota questo personaggio che anch’essi r<strong>it</strong>enevano toscano,<br />

estraneo alla loro c<strong>it</strong>tà. Eppure gli Alberti nel corso del XIII secolo ebbero case e<br />

possessi a Bologna e nelle immediate vicinanze, come si vedrà. Ma si trattava non<br />

più degli Alberti di Prato, bensì degli Alberti allora detti di Mangona. Il nesso oggi<br />

per noi è chiaro. Ma lo era pure a quell’epoca? Forse essi non individuarono <strong>il</strong> collegamento<br />

fra le due famiglie, che conclusero la spartizione del patrimonio già<br />

menzionata, lontano dall’Em<strong>il</strong>ia? Gli Alberti, come vedremo, accesero interessi a<br />

Bologna per effetto degli accordi col vescovo Gerardo. Di lì a pochi anni l’un<strong>it</strong>à del<br />

ceppo fam<strong>il</strong>iare non era più una realtà operante. Nel momento in cui essi, da persone<br />

estranee alle vicende c<strong>it</strong>tadine, divennero partecipi dell’aristocrazia bolognese si<br />

definivano conti di Mangona. Se ai cronisti non era chiaro tale passaggio, ciò fu<br />

perché si consumò lontano da Bologna e fra persone estranee alla c<strong>it</strong>tà.<br />

La questione sin qui analizzata si complica ulteriormente. Abbiamo messo in<br />

luce, pur non senza qualche punto oscuro, che l’Appennino oggi compreso nella<br />

provincia di Bologna fece parte fino al XII secolo exeunte della iudiciaria Pistoriensis,<br />

in altre parole del terr<strong>it</strong>orio toscano, della marca di Tuscia. I possedimenti<br />

alberteschi in questa zona rientravano nel terr<strong>it</strong>orio toscano, almeno sul piano<br />

dell’amministrazione laica. Ed è per questo che la zona appenninica appare completamente<br />

assente dalle cronache bolognesi fino ad anni relativamente recenti. Si<br />

trattava di terr<strong>it</strong>orio defin<strong>it</strong>o bolognese solamente sul piano delle circoscrizioni<br />

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