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local<strong>it</strong>à oggi nel bolognese, sulle quali al conte Alberto (V) venivano riconosciuti<br />

«canpedagia, ius et usantias quas consuev<strong>it</strong> Pater eius habere». Si tratta di Casio,<br />

Savignano (75), Vigo, Vericone (76) «que olim fu<strong>it</strong> de curte sua Cast<strong>il</strong>ionis de Gatis» (77).<br />

Ancora nell’Appennino bolognese si trovano «Creta de Montanis que non multo<br />

distat a Conflente», oggi Creda nel comune di Castiglione; Mugone (78). L’elenco<br />

continua con Pian del Voglio, Sparvo, Savignano, Fossato, Castrola, Burzanella,<br />

Giratola, e Cinzone. Nella valle del Bisenzio <strong>il</strong> diploma menziona Montauto e Vernio.<br />

Il priv<strong>il</strong>egio di Onorio III del 1220<br />

Alla morte della contessa Mat<strong>il</strong>de, nel 1115 si ripropose con allarmante attual<strong>it</strong>à<br />

la questione del destino dell’immenso patrimonio che ella reggeva. In Toscana, in<br />

particolare, l’evolversi delle vicende era complicato dalle lotte che da qualche anno<br />

si erano accese per <strong>il</strong> possesso dell’ered<strong>it</strong>à cadolingia, da quando, nel 1113, Ugo (III)<br />

era passato a miglior v<strong>it</strong>a (79).<br />

Con la donazione del 1102 la contessa aveva attribu<strong>it</strong>o al papa «omnia bona mea<br />

tam que nunc habeo, quam quae imposterum Deo prop<strong>it</strong>io acquis<strong>it</strong>ura sum» (80),<br />

rinnovando la promessa fatta in precedenza a Gregorio VII. Ma alla morte della<br />

contessa l’impero pretendeva che i terr<strong>it</strong>ori che essa deteneva in feudo r<strong>it</strong>ornassero<br />

alla Camera centrale; in più, essendo morta la donna in assenza di eredi, l’imperatore<br />

accampava dir<strong>it</strong>ti pure sull’allodio, in quanto era <strong>il</strong> parente più prossimo. Fu<br />

comp<strong>it</strong>o dunque delle parti cercare di raggiungere un accordo in mer<strong>it</strong>o, ma nel<br />

corso del XII secolo la faccenda si trascinò senza giungere ad accordi precisi e<br />

duraturi. Nel 1133 Innocenzo II investì l’imperatore Lotario dell’«allodium bone<br />

memorie Com<strong>it</strong>isse Mat<strong>il</strong>de, quod utique ab ea beato Petro constat esse collatum»<br />

(81). Ma alla morte del sovrano i beni dovevano tornare «ad ius et dominium<br />

Sancte Romane ecclesie cum integr<strong>it</strong>ate absque diminutione ac molestia».<br />

Nelle Const<strong>it</strong>utiones di Federico I del 1177, tuttavia, vi è un accenno ai vassalli<br />

di terre mat<strong>il</strong>diche (quali dovevano essere gli Alberti) che però aderivano all’impero,<br />

s<strong>it</strong>uazione quest’ultima ben testimoniata per i nostri conti. Pare che <strong>il</strong><br />

Barabarossa si r<strong>it</strong>iri su posizioni più caute rispetto a quelle tenute in precedenza:<br />

«Sim<strong>il</strong><strong>it</strong>er et universos vasallos ecclesie, quos occasione scismatis dominus imperator<br />

abstul<strong>it</strong> vel recep<strong>it</strong>, dominus imperator absolvet et domino pape A. rest<strong>it</strong>uet et<br />

ecclesie Romane» (82).<br />

Per <strong>il</strong> resto del XII secolo non sembra registrarsi un’evoluzione diretta della<br />

vicenda, almeno per quanto riguarda <strong>il</strong> caso degli Alberti in particolare. Fatto sta che<br />

nel 1206 si riaccese vivo <strong>il</strong> dibatt<strong>it</strong>o, con una serie di avvenimenti e provvedimenti<br />

che interessarono anche i conti di Mangona. Fu Innocenzo III a risollevare <strong>il</strong> problema<br />

dell’alta sovran<strong>it</strong>à sulle terre che furono di Mat<strong>il</strong>de e che nel frattempo erano<br />

state controllate o dagli eredi dei vecchi fideles della contessa o da altre realtà che<br />

se ne erano impadron<strong>it</strong>e. L’imperatore Ottone IV aveva, in ver<strong>it</strong>à, promesso nel<br />

1201 di riconoscere tutte le recuperationes effettuate dal papa e quelle future, nominando<br />

esplic<strong>it</strong>amente la «terra com<strong>it</strong>isse Math<strong>il</strong>dis» (83). Con Innocenzo III <strong>il</strong> papato<br />

conobbe un momento di forte riaffermazione del proprio primato rispetto all’imperatore,<br />

ridotto a «mero funzionario ecclesiastico» (84). Il papa superò <strong>il</strong> dualismo tra<br />

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