Monfalcone
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MT<br />
MONFALCONE TERRITORIO<br />
MT è un giornale promosso<br />
dall’associazione “libertà di parola”<br />
Reg. Trib. Go N° 01/09 del 08/01/2009<br />
Anno II, n° 1, Aprile 2010 | Prezzo 2 €<br />
LA FABBRICA DELLA PAURA<br />
MONFY E LA LOTTA<br />
AGLI INFEDELI<br />
ANCORA CARBONE<br />
PER MONFALCONE<br />
CENTRODESTRA<br />
MONFALCONESE<br />
MONFALCONE: ANATOMIA DI UN OMICIDIO<br />
Impaginato N°5.indd 1 12-04-2010 20:41:33<br />
M T
E DITORIALE<br />
Editoriale<br />
Eccoci al secondo anno.<br />
Siamo al primo numero del 2010.<br />
Con un po’ di ritardo sul previsto ma<br />
facciamo quello che possiamo .<br />
Anche se con grandi diffi coltà ci<br />
sembra importante mantenere viva questa<br />
voce fuori dal coro.<br />
A <strong>Monfalcone</strong> le cose continuano<br />
ad andare malamente. Assistiamo<br />
continuamente ad un imbarbarimento<br />
che a volte lascia sgomenti. La destra,<br />
Razzini in testa, non perde occasione per<br />
creare zizzania in città, per esasperare gli<br />
animi e creare solchi sociali diffi cili poi<br />
da ricomporre.<br />
Sembra sia andata persa ogni capacità<br />
di ragionare sui problemi, si preferisce<br />
agitarli, amplifi carli, inventarli per<br />
creare un clima di insofferenza che non<br />
appartiene alla nostra gente.<br />
Se ne sentono di tutti i colori: anche<br />
la proposta di abbattere gli alberi del<br />
viale per far posto a parcheggi. Sembra<br />
che ogni limite all’umana decenza sia<br />
ormai superato.<br />
In città si parla del mega piano Unicredit<br />
di cui si capisce la portata (1 ml di euro)<br />
ma non cosa rappresenterà per il nostro<br />
porto e la nostra città. Intanto la centrale<br />
termoelettrica continuerà ad andare a<br />
carbone ed il gas rimane una chimera.<br />
Con buona pace dei nostri polmoni. Di<br />
tutto questo parliamo nella copia di MT<br />
che avete tra le mani... ❒<br />
SOMMARIO<br />
2<br />
12<br />
21<br />
3<br />
4<br />
6<br />
8<br />
10<br />
11<br />
ECCOCI AL SECONDO ANNO<br />
IL MORSO DEL RAGNO<br />
MONFALCONE:<br />
ANATOMIA DI UN OMICIDIO<br />
SICUREZZA PER TUTTI<br />
O DELIRIO DI POTENZA?<br />
LA FABBRICA DELLA PAURA<br />
SE POTESSI AVERE 1000<br />
EURO AL MESE<br />
ANSIA PRESS<br />
MONFALCONE VISTA<br />
DA CHI CI VIENE A VIVERE<br />
DA FUORI<br />
SAPETE DOVE<br />
SI TROVA HAITI?<br />
COMITATO DI REDAZIONE<br />
Arturo Bertoli<br />
Bettina Binsau<br />
Mauro Bussani<br />
Giacomo Cuscunà<br />
Eva Demarchi<br />
Massimiliano Moschin<br />
DIRETTORE RESPONSABILE<br />
Gabriele Polo<br />
Michela Parovel<br />
Stefano Piredda<br />
Gianni Spizzo<br />
Franco Terzoni<br />
Roberto Zanet<br />
Tiziano Pizzamiglio<br />
13<br />
14<br />
15<br />
16<br />
17<br />
18<br />
20<br />
L’ISTINTO DELLA LIBERTÀ<br />
MONFY E LA LOTTA<br />
AGLI INFEDELI<br />
IL MURO DI MONFALCONE<br />
ANCORA A PROPOSITO DI AMIANTO<br />
ELZEVIRO<br />
LE MIE RIFORME<br />
IL CENTRO DESTRA<br />
MONFALCONESE BOLLE E RIBOLLE<br />
IN VISTA DEL 2011<br />
LA SCUOLA IN DEGRADO<br />
INTERVISTA AD ANTONIO INGROIA<br />
IL PORTO DELLE NEBBIE<br />
PROGETTAZIONE GRAFICA E IMPAGINAZIONE<br />
Lucia Bottegaro<br />
FOTO<br />
Foto di Roberto Francomano e Giacomo Cuscunà<br />
Copertina Giacomo<br />
22<br />
23<br />
24<br />
25<br />
26<br />
27<br />
28<br />
PENSO IN BISIACO, PARLO IN<br />
BISIACO, SONO BISIACO?<br />
MEDIAZIONE ANIMALE<br />
MAXI-ROTATORIA<br />
O MAXI-CAZZATA?<br />
MONFALCONE SI<br />
TRASFORMA..<br />
VARIETÀ<br />
ANCORA CARBONE PER<br />
MONFALCONE<br />
UNO A ZERO<br />
EL GAUCHO<br />
VIGNETTE DI<br />
Gianfranco Pilosio, Ester, Lara Babudro<br />
monfalconeterritorio@gmail.com<br />
Ringraziamo Gabriele Polo per aver<br />
acconsentito a fi rmare questo giornale<br />
STAMPA<br />
Stampato presso Grafi ka Soča Via Sedejeva, 4<br />
5000 Nova Gorica - Slovenia<br />
MT è un giornale promosso dall’ associazione “libertà di parola”.<br />
Un giornale per vivere ha bisogno del contributo di tutti coloro che hanno a cuore un’informazione libera e plurale. MT è aperto alle collaborazioni di tutti. Segnalazioni,<br />
articoli, proposte, offerte di collaborazione possono essere inviate a: monfalconeterritorio@gmail.com blog: http://monfalconeterritorio.org<br />
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Il morso del ragno<br />
Partiamo da un dato di fatto concreto:<br />
ben pochi oggi possono professarsi<br />
monfalconesi da più di due<br />
o tre generazioni, però magari percepirsi<br />
tali sì, tuttavia percepire è ben altra cosa<br />
dall’essere, come vedremo. Dunque si tratta<br />
di una comunità composita e sempre alimentata<br />
da nuovi venuti nella quale spesso<br />
i più intolleranti sono i penultimi arrivati.<br />
È un nuovo venuto il sindaco, e sono figli o<br />
nipoti di nuovi venuti quasi tutti i suoi assessori.<br />
Il dato oggettivo che ne consegue<br />
è che i nuovi venuti sono tali per ragioni di<br />
lavoro, e anche qua non ci piove.<br />
Non so se, in precedenza, l’integrazione<br />
fosse un fatto naturale, fatto sta<br />
che il fenomeno insicurezza esplode in<br />
questi anni e coincide con l’arrivo di una<br />
comunità proveniente da lontano e con la<br />
pelle appena un po’ più scura che, come<br />
chiunque altro in precedenza, è arrivata<br />
in città per concedersi un futuro grazie al<br />
lavoro, ed è proprio questo dato che ci<br />
rende tutti partecipi della medesima comunità<br />
di destino.<br />
Ora l’industria dell’insicurezza ha avviato<br />
la produzione anche nella fabbrica<br />
di <strong>Monfalcone</strong> e già il fatturato è significativo<br />
perché la paura del rischio dilaga e<br />
il bisogno di sicurezza è già una richiesta<br />
a cui volentieri rispondono i politici più<br />
voraci di consenso. In questo modo, la logica<br />
politica viene a corrispondere perfettamente<br />
a quella di mercato: prima si crea<br />
un bisogno, poi si realizzano i prodotti<br />
che, alla fine, vengono commercializzati.<br />
Tanto per essere chiaro confermo che<br />
l’insicurezza dilagante è figlia di quella<br />
politica insana che intenzionalmente l’alimenta<br />
ritenendo di ricavarne il consenso<br />
sufficiente per rimanere in sella.<br />
Il clima di paura non è suffragato da<br />
alcun dato reale e neanche da nessuna<br />
statistica ufficiale ma, lo stesso, si è scatenata<br />
una campagna d’insicurezza che<br />
ha per oggetto l’opinione pubblica monfalconese,<br />
come soggetti gli immigrati<br />
dal Bangladesh e come mezzo gli organi<br />
d’informazione locale che conoscono benissimo<br />
l’interesse dei lettori per tutto ciò<br />
che, anche di striscio, può essere definito<br />
cronaca nera. Ed è così che convergono<br />
gli interessi di informazione e politica che<br />
sono scontati quando si tratta di destra e<br />
forzati quando no. Su questo punto sarà<br />
bene spendere qualche parola in più per-<br />
ché le politiche di inserimento e di formazione,<br />
rivolte a chi è venuto in Italia<br />
per darsi un futuro, del “centrosinistra”<br />
furono del tutto insufficienti sopratutto a<br />
causa della variegata alleanza di partiti e<br />
partitini incapaci di darsi un programma<br />
di governo accettabile ed efficace, mentre<br />
gli interventi del governo di centrodestra:<br />
escludere gli immigrati dalla partecipazione<br />
alla nostra società, furono dettati da<br />
puntuali scelte politiche.<br />
Poi è chiaro che non sono tutte rose e<br />
fiori, ma è del tutto evidente che dall’inadeguatezza<br />
dell’accoglienza, che non è<br />
affatto facoltativa, ma imposta dalla globalizzazione,<br />
possono scaturire, disagio,<br />
regresso culturale e civile e sacche di povertà<br />
che queste sì possono determinare<br />
episodi di criminalità.<br />
Tuttavia, sia a destra e che a sinistra è<br />
ben noto, e infatti lo dichiarano apertamente,<br />
che l’insicurezza non è reale, ma solo<br />
percepita. Ma si può rispondere concretamente<br />
a ciò che per definizione è astratto?<br />
In un romanzo poliziesco di successo<br />
che si intitola Un luogo incerto, uscito nel<br />
2008 c’è un personaggio la cui vicenda<br />
umana è la metafora perfetta di tutto ciò<br />
che è percepito ma non è reale. Questo<br />
personaggio è Lucio, vicino di casa del<br />
commissario Jean Baptiste Adamsberg il<br />
celebre ispettore creato dalla dalla scrittrice<br />
francese Fred Vargas e diventato<br />
ormai un cult planetario. Lucio è privo<br />
di un braccio, lo ha perso 69 anni prima,<br />
quando di anni ne aveva solo nove, durante<br />
la guerra civile spagnola. Poco prima<br />
di perdere l’arto era stato morso da un<br />
ragno senza riuscire a finire di grattarsi.<br />
Per tutta la vita Lucio ha grattato a vuoto<br />
un braccio che non aveva più, percependo<br />
una sensazione che l’atto concreto di<br />
grattare il vuoto non può essere in grado<br />
di risolvere e nemmeno lenire. Alla stessa<br />
stregua, è impossibile produrre azioni<br />
concrete per ridurre o azzerare un sentimento<br />
astratto come l’insicurezza, a maggior<br />
ragione quando viene artificiosamente<br />
indotta da politici privi di cultura civile<br />
o, per contro, da politici che dietro il dito<br />
della cultura civile vorrebbero nascondere<br />
ciò che “rose e fiori” non è. E allora grattate,<br />
grattate all’infinito che tanto l’arto se<br />
l’è portato via la guerra di Spagna e il ragno<br />
è morto serenamente di vecchiaia da<br />
decenni. ❒<br />
M <strong>Monfalcone</strong><br />
ONFALCON<br />
[di Tiziano Pizzamiglio]<br />
Ben pochi monfalconesi<br />
oggi possono dichiararsi<br />
tali da più di due o tre generazioni,<br />
però magari percepirsi<br />
tali sì<br />
ma percepire è ben altra<br />
cosa dall’essere<br />
aprile 2010 • M T•<br />
3<br />
Impaginato N°5.indd 3 12-04-2010 20:41:35
M ONFALCONE<br />
<strong>Monfalcone</strong><br />
<strong>Monfalcone</strong>: anatomia<br />
di un omicidio<br />
LA SCENA DEL DELITTO<br />
Quando per l’ennesima volta mi sono<br />
sentito dire da triestini, goriziani, gradesi...<br />
che non venivano più a <strong>Monfalcone</strong><br />
perché “con tutto quello che si legge…”<br />
ho capito che il delitto era stato consumato!<br />
Il cadavere è sotto gli occhi di tutti: la<br />
“reputazione” della città di <strong>Monfalcone</strong>.<br />
Chi si occupa di comunicazione sa che è<br />
molto più semplice distruggere l’immagine<br />
di qualcuno o qualcosa che costruirla.<br />
Se nell’immaginario della gente si è<br />
consolidata l’equazione <strong>Monfalcone</strong> =<br />
paura, criminalità, violenza, sarà davvero<br />
molto difficile far cambiare idea. Come<br />
si sa, nella comunicazione la verità è un<br />
accessorio trascurabile, basta la verosimiglianza.<br />
I segni premonitori di questo delitto<br />
annunciato sono noti da tempo, ma si<br />
pensava che alla fine la ragione e la realtà<br />
dei fatti potessero avere il sopravvento. E<br />
invece pare proprio di no.<br />
Ma come si è arrivati all’omicidio?<br />
Quale o quali i moventi? E i killer?<br />
L’inizio della storia risale a qualche<br />
anno fa e segue un disegno preciso: creare<br />
le condizioni ambientali per indebolire<br />
la vittima, attribuire l’eventuale morte a<br />
cause naturali o a imperizia dei medici<br />
curanti, giustificare l’intervento miracoloso<br />
di improbabili salvatori della patria<br />
per resuscitare il morto.<br />
IL MOVENTE<br />
Per scoprire i colpevoli è necessario indagare<br />
sul movente. E qui di moventi ne abbiamo<br />
due: il primo riguarda l’economia,<br />
l’altro il potere.<br />
Si sa che un giornale, per vivere, ha<br />
bisogno di lettori e per conquistarli non<br />
si guarda in faccia nessuno! La storia del<br />
giornalismo e la fortuna dei tabloid inglesi<br />
ci insegnano che gli argomenti “acchiappa<br />
lettori” sono essenzialmente: il sesso,<br />
il sangue, lo sport, i tormentoni e tutti i<br />
loro derivati.<br />
La necessità di spregiudicatezza diventa<br />
più impellente quando le copie vendute<br />
passano dalle 50.000 dei tempi d‘oro<br />
alle risicate 30.000 dei nostri giorni. Bi-<br />
4 • M T • aprile 2010<br />
[di Arturo Bertoli]<br />
sogna correre ai ripari! E allora il Piccolo<br />
ingrana la marcia. Il primo tormentone<br />
risale al tempo della scelta della raccolta<br />
differenziata porta a porta. Per quasi due<br />
anni il giornale, quasi quotidianamente, si<br />
è esercitato nella costruzione dell’allarmismo:<br />
la raccolta porta a porta avrebbe<br />
reso la vita impossibile ai cittadini, la città<br />
sarebbe stata più sporca, le case sarebbero<br />
diventate maleodoranti, gli anziani non<br />
avrebbero mai imparato a differenziare<br />
i rifiuti, per non parlare degli immigrati,<br />
nostrani o stranieri.<br />
Addirittura la pagina web del Piccolo,<br />
per mesi, rappresentava <strong>Monfalcone</strong> con la<br />
foto di un cassonetto circondato di rifiuti.<br />
Ogni giorno articoli, lettere e sponsorizzazioni<br />
degli inceneritori (chiamati<br />
gentilmente termovalorizzatori), richieste<br />
di referendum, spazi concessi a ogni dichiarazione<br />
del centro destra per quanto<br />
ridicola e bizzarra fosse. Punti di vista<br />
parziali, usati anche recentemente, come<br />
la critica ai lievi aumenti di tariffa a <strong>Monfalcone</strong>,<br />
omettendo che a Trieste, dove<br />
praticamente la differenziata non si fa e si<br />
manda tutto a bruciare, le tariffe sono più<br />
alte del 50%.<br />
Finito un tormentone ne è partito subito<br />
un altro: quello sulla sicurezza. In due<br />
anni di grancassa <strong>Monfalcone</strong>, una delle<br />
città italiane con meno reati, è diventata<br />
una specie di Bronx, dove si rischia la<br />
vita girando per strada. Di volta in volta<br />
sono stati individuati i colpevoli del nulla,<br />
prima i trasfertisti meridionali, poi il<br />
bullismo dei ragazzi, poi i colpevoli perfetti:<br />
gli immigrati. E improvvisamente la<br />
comunità più pacifica che ci potesse capitare,<br />
i Bangladeshi dalla pelle un pochino<br />
più scura della nostra, sono diventati i<br />
capri espiatori. Poco importa che nessun<br />
reato sia mai stato contestato alla comunità,<br />
poco importa che i fatti e i numeri<br />
dimostrino che non c’è nessuna predisposizione<br />
a delinquere. Basta inventarsele,<br />
le cose. E allora ecco che diventa un problema<br />
il fatto che vadano in piazza, si siedano<br />
sulle panchine, girino in bicicletta,<br />
cucinino speziato, aprano negozi dei loro<br />
prodotti alimentari. Infine il colpo da maestro:<br />
sono mussulmani, quindi potenziali<br />
talebani (che è come dire che tutti i preti<br />
cattolici sono pedofili) e vogliono una<br />
moschea. Non importa che non l’abbiano<br />
mai nemmeno chiesta, non importa che<br />
il Comune, anche volendo, non potrebbe<br />
mai finanziarla. L’importante è inventare<br />
l’idea di un possibile pericolo e lavorarci<br />
sopra anche in assenza di fatti.<br />
L’altro elemento/movente, che ha determinato<br />
questa insensata campagna di<br />
terrore, è il potere e riguarda i due partiti<br />
di destra, Lega Nord e Popolo della libertà<br />
(di far quel che si vuole n.d.r.), che in<br />
città brillano per la mancanza di qualsiasi<br />
capacità progettuale. In anni di esistenza<br />
non hanno prodotto una sola idea su<br />
come governare la città, come risolvere<br />
i problemi del lavoro, della sanità, delle<br />
scuole, degli anziani. Ma hanno condiviso,<br />
alimentato, sostenuto e rilanciato, con<br />
il Piccolo, la campagna della paura. Flic e<br />
Floc alla guerra.<br />
Che le loro campagne non corrispondano<br />
alla verità dei fatti non è rilevante.<br />
A loro interessa prendersi le poltrone e<br />
non sono schizzinosi. Per raggiungere il<br />
potere di cui sono ghiotti non si fermano<br />
davanti a nulla, nemmeno di fronte al<br />
ridicolo.<br />
Eccoli allora sempre solerti sui due<br />
argomenti che il cielo ha offerto loro. Si<br />
agitano offrendosi come sceriffi, parlando<br />
per mesi di ronde (non pervenute), gridano<br />
al pericolo mussulmano soffiando continuamente<br />
su rigurgiti razzisti e si alleano<br />
con i prima odiati meridionali per dare<br />
addosso ai bangladeshi, evitando d’imporre<br />
questioni scomode alla Fincantieri<br />
dove la Lega ha conquistato poltrone di<br />
vertice. Così Nicoli, Razzini e i loro poco<br />
decorosi seguaci si sono lanciati in crociate<br />
politiche prima contro la moschea,<br />
che non c’è, poi per la sicurezza con la<br />
ridicola distribuzione degli spray al peperoncino,<br />
che però non fanno nelle città<br />
amministrate dai loro partiti dove il tasso<br />
di delinquenza è molte volte superiore a<br />
quello di <strong>Monfalcone</strong>.<br />
Si sa, l’importante non è la verità, ma<br />
l’apparenza. In fondo le tecniche usate<br />
dal Piccolo e dai partiti di destra a <strong>Monfalcone</strong><br />
sono ben studiate dalla psicologia<br />
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neurolinguistica applicata alle strategie<br />
persuasorie: più un concetto viene ripetuto,<br />
al di là della sua veridicità, più resta<br />
in memoria e maggiore è la probabilità<br />
che influenzi opinioni e atteggiamenti.<br />
Il movente è dunque chiaro. <strong>Monfalcone</strong><br />
deve morire affinché “loro” possano vivacchiare.<br />
I COLPEVOLI<br />
Le prove sono numerosissime e portano direttamente<br />
ai colpevoli, il movente è certo.<br />
Negli ultimi quattro anni il Piccolo<br />
ha offerto spazi generosi ai denigratori<br />
della città, ha ricostruito faziosamente i<br />
fatti e ignorato le dichiarazioni degli addetti<br />
ai lavori. Che importa se persino il<br />
questore, confortato dai numeri, ripete in<br />
continuazione che <strong>Monfalcone</strong> è una città<br />
tranquilla e sicura e che gli episodi di criminalità<br />
sono marginali? Che importa se<br />
i problemi maggiori sono quelli legati al<br />
sistema degli appalti e subappalti di Fincantieri<br />
con il loro corredo di paghe globali,<br />
di caporalato, di sfruttamento? Non<br />
importa, bisogna dire che <strong>Monfalcone</strong> è<br />
insicura, che non si può più passeggiare<br />
tranquilli nelle strade. E se non ci sono<br />
reati si amplificano i pochi che avvengono.<br />
Si spinge per riempire la città di telecamere<br />
che riprendono il nulla e si fa<br />
di necessità virtù lavorando sulla notizia.<br />
Così una scazzottata a scuola diventa bullismo<br />
di eccezionale gravità, un atto di<br />
banale vandalismo come il taglio di una<br />
tenda occupa una pagina intera (20 anni<br />
fa mi hanno rigato la macchina e rubato<br />
lo specchietto… e non c’erano Bangladeshi<br />
o trasferisti). E le interviste? Solo<br />
alle persone anziane, che dicono di avere<br />
paura di passare in piazza nonostante sia<br />
200 volte più luminosa di Piazza Vittoria<br />
a Gorizia. Le prove a carico del Piccolo<br />
sono schiaccianti.<br />
Inconfutabili anche le prove a carico<br />
dei complici: Razzini (Lega Nord) e Nicoli<br />
(Popolo della libertà - di far quel che<br />
si vuole - n.d.r.) che le pensano proprio<br />
tutte per sputtanare questa povera città.<br />
Ricordate quando dicevano: “adesso che<br />
a Gorizia comandiamo noi, cambieremo<br />
la raccolta differenziata” infatti tutto è rimasto<br />
– giustamente – come ai tempi del<br />
centro sinistra. I complici omettono di dire<br />
che nella quasi totalità dei comuni veneti,<br />
dove governano, la raccolta porta a porta<br />
si fa eccome e con modalità più restrittive<br />
che da noi. Altro cavallo di battaglia:<br />
il problema della sicurezza. D’altronde la<br />
cosa ha ben funzionato con Berlusconi.<br />
Ricorderete che prima delle ultime elezioni<br />
nazionali i telegiornali grondavano sangue,<br />
rapine in villa, furti, scippi, violenze<br />
di ogni tipo. Dopo la vittoria di Berlusconi,<br />
come per magia, tutto è praticamente<br />
scomparso, anche se le statistiche dicono<br />
che le variazioni sul numero e la tipologia<br />
dei reati sono di lieve entità.<br />
E così anche i nostri prodi guerrieri<br />
si sono messi di buona lena a denunciare<br />
la criminalità che invaderebbe la<br />
città. Razzini e Nicoli non hanno perso<br />
una sola occasione per ingigantire ogni<br />
piccolo episodio di disagio sociale in<br />
città, per evocare spettri e catastrofi, per<br />
invocare telecamere in ogni dove (ma<br />
il loro capo non è acceso fautore della<br />
privacy?). Hanno deciso di infischiarsene<br />
della nuda verità dei numeri, delle<br />
dichiarazioni degli addetti ai lavori, dell’evidenza<br />
dei fatti. Quello che importava<br />
loro era far crescere la percezione del<br />
M ONFALCONE<br />
<strong>Monfalcone</strong><br />
pericolo. Ecco la parola magica: paura<br />
percepita. E questa è un’altra prova a<br />
loro carico. Prima creano un clima di<br />
paura, poi, di fronte all’evidenza, ammettono<br />
che forse è vero, che non c’è la<br />
delinquenza tanto spesso evocata, ma la<br />
gente percepisce un clima di paura. E chi<br />
l’ha creato questo clima? Complimenti,<br />
un vero capolavoro!<br />
Centinaia di persone sono morte,<br />
muoiono e moriranno a causa dell’amianto.<br />
Uno spargimento di sangue senza precedenti.<br />
Eppure il crimine è sputare per<br />
terra.<br />
Di nuovo complimenti.<br />
I colpevoli, i killer hanno anche altri<br />
complici. Chi sono? Uno, ad esempio, è<br />
l’ex assessore Luise, il girovago della politica,<br />
l’uomo che nella sua vita ha cambiato<br />
più partiti che mutande, l’uomo che<br />
si è inventato le ordinanze per stroncare<br />
la delinquenza a <strong>Monfalcone</strong>: gli sputi<br />
(in un anno nemmeno una sanzione) e le<br />
biciclette parcheggiate male (per le auto<br />
in doppia fila, niente). L’uomo che se n’è<br />
andato dalla giunta non perché, come alcuni<br />
dicono, il centrosinistra non voleva<br />
candidarlo a prossimo sindaco, ma perché<br />
avrebbe voluto emettere ordinanze ancora<br />
più restrittive (contro cosa non è dato<br />
sapere).<br />
Altro complice il presidente locale<br />
dell’Ascom Boscarolli, sempre attivissimo<br />
nel denunciare il clima oscuro della<br />
città. Vorrebbe ancora più luci in centro<br />
ma non riesce a convincere i negozianti<br />
a lasciare le vetrine accese, vorrebbe la<br />
piazza nuovamente attraversata dalle auto<br />
e l’eliminazione del trasporto pubblico<br />
(saremmo gli unici al mondo!). Continuando<br />
a denigrare la città rende davvero<br />
un servizio fantastico ai suoi associati che<br />
vedono sparire, sempre di più, i clienti<br />
provenienti da fuori.<br />
Dipingere <strong>Monfalcone</strong> come la casbah<br />
che non è, come il bronx che non è,<br />
alla fine ha prodotto un grande risultato:<br />
isolare la città, renderla meno attrattiva,<br />
scoraggiare chi vorrebbe venire a viverci,<br />
aprire un’azienda o semplicemente a<br />
lavorare.<br />
Il danno l’hanno fatto. Quello che dovrebbe<br />
essere evidente a tutti è che non<br />
potranno mai essere gli assassini a ridare<br />
vita alla città che hanno ucciso. Toccherà<br />
a qualcun altro, non a loro, non a loro. ❒<br />
aprile 2010 • M T•<br />
5<br />
Impaginato N°5.indd 5 12-04-2010 20:41:37
SICUREZZA<br />
Sicurezza<br />
Sicurezza per tutti o<br />
delirio di potenza?<br />
Avanza in qualche maniera un immaginario<br />
collettivo che tende a ridefinire<br />
i giovani in quanto tali come<br />
una categoria pericolosa che deve per<br />
forza avere le caratteristiche del bullismo,<br />
del vandalismo e della dipendenza da alcool<br />
e sostanze.<br />
Si direbbe che i carabinieri odino il<br />
carnevale e facciano di tutto per impedire<br />
agli altri di divertirsi. Ad un anno preciso<br />
dalla ormai famosa “operazione blu”, le<br />
forze dell’ordine della provincia di Gorizia<br />
tornano a suscitare un certo clamore,<br />
in negativo vale la pena da aggiungere,<br />
inventando l’ennesima bislacca operazione<br />
tesa a colpire il piccolo consumo di<br />
sostanze leggere.<br />
Nella notte del 5 febbraio infatti scatta<br />
la perquisizione nelle case di una trentina<br />
di giovanissimi tra i 17 e 23 anni con<br />
risultati talmente scarsi che il comando<br />
provinciale, per salvare la faccia, si trincera<br />
dietro un ben poco plausibile scopo<br />
“educativo preventivo” dell’operazione.<br />
Sullo scopo educativo è bene stendere<br />
un velo di pietà e non spendere altre<br />
parole se non rimarcare il fatto che ben<br />
altri sono i soggetti competenti per questo<br />
tipo di iniziative, dalla famiglia alla<br />
scuola passando per le istituzioni e l’associazionismo.<br />
Preme invece sottolineare un altro<br />
aspetto, questo si la novità, assolutamente<br />
non condivisibile e del quale è necessario<br />
impedirne eventuali repliche.<br />
I ragazzini ed i loro genitori infatti<br />
sono stati indotti, evidentemente intimoriti<br />
dalla presenza delle divise alle tre di<br />
notte, a firmare un consenso per la ricerca<br />
di tracce di assunzione di sostanze nelle<br />
urine e solo in pochi casi tale tentativo è<br />
stato rifiutato.<br />
Si è così potuto assistere ad una continua<br />
processione verso il pronto soccorso<br />
dell’ospedale di San Polo proseguita per<br />
tutto il giorno tanto da mettere in crisi un<br />
servizio di prima emergenza già di per sé<br />
molto utilizzato.<br />
Nelle discussioni delle giornate successive<br />
a proposito di questo episodio<br />
sono emerse tutta una serie di valutazioni<br />
che è indispensabile riportare non<br />
fosse altro che per informare chiunque<br />
6 • M T • aprile 2010<br />
[di Mauro Bussani]<br />
dei propri diritti, sempre più messi in<br />
discussione da un modo di fare che si<br />
avvicina più all’esercizio ossessivo e delirante<br />
del mero potere piuttosto che a un<br />
ragionamento collettivo atto a garantire<br />
un miglior livello di sicurezza sociale<br />
per tutti.<br />
- L’analisi delle urine per verificare<br />
l’assunzione di qualsiasi tipologia di sostanze<br />
è un atto volontario che deve essere<br />
meditato in autonomia e consapevolezza,<br />
nessuno può esservi indotto dietro<br />
pressioni di chicchessia.<br />
- Il consenso può essere firmato solamente<br />
davanti al medico competente in<br />
La fabbrica<br />
della paura<br />
Il 5 e 6 febbraio il territorio monfalconese<br />
ha vissuto una iniziativa da<br />
parte dei Carabinieri, che ha avuto<br />
una larga eco sulla stampa locale: una<br />
trentina di ragazzi di età tra i 17 e i 23<br />
anni hanno subito all’alba una perquisizione<br />
domiciliare alla ricerca di sostanze<br />
stupefacenti; l’operazione ha visto<br />
protagonisti un centinaio di carabinieri<br />
e si è conclusa con l’accompagnamento<br />
“spontaneo” dei ragazzi al Pronto Soccorso<br />
dell’Ospedale di <strong>Monfalcone</strong> per<br />
sottoporli ai test antidroga.<br />
Tale operazione ha avuto una larga<br />
eco nella stampa locale; in particolare<br />
nei giorni e settimane successivi sono<br />
apparsi numerosi articoli, che portavano<br />
all’attenzione dei lettori il fatto che<br />
l’uso di droghe è largamente presente<br />
non solo nelle scuole, ma anche nei luoghi<br />
di lavoro ed intrattenimento.<br />
Che grande scoperta!!!<br />
Tutta l’operazione è stata presentata<br />
quanto autorità sanitaria; nessuna altra<br />
autorità dello stato può essere delegata a<br />
raccogliere tale adesione.<br />
- Tale analisi in virtù del persistere<br />
delle tracce nelle urine anche per settimane<br />
non ha carattere d’urgenza e pertanto<br />
non può essere utilizzato il pronto<br />
soccorso per tale scopo. Dopo questa vicenda<br />
infatti sarebbe il caso che la direzione<br />
sanitaria dell’ASS n°2 “Isontina”<br />
emanasse prontamente una circolare che<br />
specifichi meglio ai propri servizi la modalità<br />
idonea di intervento.<br />
- L’iter corretto per questo genere<br />
di intervento è recarsi dal proprio<br />
Come e qualmodo la repressione diventa<br />
maestra di vita<br />
[Gianni Cavallini]<br />
dall’Arma dei Carabinieri e dalla stessa<br />
Procura della Repubblica di Gorizia<br />
come un’attività di prevenzione, volta<br />
a sensibilizzare le famiglie e i giovani<br />
stessi rispetto al consumo di sostanze;<br />
esplicitamente è stata descritta come finalizzata<br />
al recupero di un “sano stile di<br />
vita”.<br />
Noi crediamo che tale operazione “preventiva”<br />
di polizia sia allarmante e ciò<br />
per alcune precise motivazioni:<br />
• Il consumo di sostanze a <strong>Monfalcone</strong>,<br />
come in tutto il mondo, è presente, va<br />
diffondendosi sempre più e non solo tra<br />
i giovani, assume i caratteri di un vero e<br />
proprio consumismo, dato che frequentemente<br />
l’acquisto non differenza più<br />
i tipi di sostanze, anche perché il mercato<br />
illegale dominato dalle organizzazioni<br />
criminali offre sostanzialmente<br />
allo stesso prezzo tutte le sostanze; le<br />
leggi orientate – come quella italiana<br />
– alla criminalizzazione e punizione<br />
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medico di fiducia per farsi prescrivere<br />
l’impegnativa, pagare il ticket relativo,<br />
aspettare il proprio turno presso l’ambulatorio<br />
analisi il giorno indicato dell’appuntamento.<br />
Non è un caso infatti che proprio<br />
verso questo modo di procedere si sia<br />
pronunciata da subito la Camera Penale,<br />
organo degli avvocati del Foro di<br />
Gorizia, con una dura nota firmata dal<br />
presidente avv. Riccardo Cattarini nella<br />
quale, tra l’altro, si afferma un’ “estrema<br />
preoccupazione per l’utilizzo di uno<br />
strumento delicato e assai invasivo quale<br />
quello dell’indagine penale in situazioni<br />
che paiono invece appartenere a forme<br />
di disagio sociale e che dunque debbono<br />
trovare giusta soluzione in interventi di<br />
natura educativa ed assistenziale, non già<br />
del consumo sono sostanzialmente fallite,<br />
proprio perché non sono state in grado di<br />
contrastare la diffusione molecolare del<br />
comportamento. In tutto il mondo, anche<br />
nei governi, cresce la consapevolezza<br />
della necessità di modificare radicalmente<br />
l’approccio, al fine di contrastare efficacemente<br />
la situazione.<br />
• L’educazione in particolare dei giovani<br />
non può essere affidata e gestita dagli<br />
organi di polizia, attraverso operazioni<br />
spettacolari quanto inutili (pochissimi i<br />
grammi di sostanze cannabinoidi sequestrate<br />
nell’operazione di <strong>Monfalcone</strong>):<br />
educare deve significare rinforzare nei<br />
giovani e nelle famiglie le conoscenze e le<br />
competenze sul tema specifico, in modo<br />
da rendere i consumatori soggetti capaci<br />
di realizzare scelte consapevoli dei rischi<br />
e delle modalità per contrastare i danni<br />
possibili.<br />
• Il consumo di sostanze è cosa diversa<br />
dalla dipendenza da sostanze: nel vino<br />
come nelle cosiddette droghe è esperienza<br />
diffusa l’utilizzo moderato e consapevole<br />
che non si accompagna allo stato di<br />
tossicodipendenza; da millenni l’umanità<br />
convive con questi comportamenti e a noi<br />
appare irrealistico pensare alla soppressione<br />
di questi comportamenti, attraverso<br />
in particolare il ricorso al carcere o a<br />
provvedimenti quali la sospensione della<br />
patente e dal lavoro, nel caso di positività<br />
in operazioni di polizia”. Nota trasmessa<br />
a tutti i livelli istituzionali dal ministro<br />
Maroni in giù.<br />
Avanza in qualche maniera un immaginario<br />
collettivo che tende a ridefinire i<br />
giovani in quanto tali come una categoria<br />
pericolosa che deve per forza avere<br />
le caratteristiche del bullismo, del vandalismo<br />
e della dipendenza da alcool e<br />
sostanze.<br />
Anche da questo punto di vista l’Italia<br />
continua a distinguersi dal resto del<br />
mondo per l’aspetto repressivo che viene<br />
dato a tutte le politiche sociali. L’unico<br />
modello educativo condivisibile è quello<br />
teso a far emergere in positivo dai ragazzi<br />
le specifiche risorse insite in ciascuno<br />
per metterle a disposizione della collettività.<br />
Che è tutt’altra cosa che eseguire<br />
i L<br />
consumo di sostanze<br />
è cosa diversa<br />
Ddalla dipendenza da<br />
sostanze<br />
ai test; non esiste in alcun paese del mondo<br />
prova di efficacia di approcci repressivi<br />
di questo tipo. Anzi in Italia – proprio<br />
a seguito dell’incarcerazione di massa per<br />
reati connessi al consumo di sostanze – le<br />
carceri ormai hanno raggiunto un livello<br />
inqualificabile di detenzione, stigmatizzato<br />
anche da organismi internazionali.<br />
Depenalizzare i reati connessi ai comportamenti<br />
sulle droghe consentirebbe di<br />
ripristinare nelle carceri stesse una situazione<br />
di gestione normale (si consideri<br />
che circa un terzo dei detenuti sono legati<br />
all’applicazione della Legge Fini Giovanardi<br />
sulle droghe).<br />
• Oggi i giovani sono oggetto di un approccio<br />
persecutorio: dalla presenza della<br />
Polizia con i cani nelle scuole ai continui<br />
controlli nelle strade è un susseguirsi<br />
di azioni di controllo particolarmente<br />
orientate ai giovani in quanto tali: quasi<br />
fossero una classe sociale pericolosa, i<br />
giovani vivono il proprio diritto alla vita,<br />
al divertimento, alla socialità come se si<br />
trattasse di un reato di per sé. Noi crediamo<br />
che un siffatto approccio – anche<br />
alla luce di esperienze già realizzatesi in<br />
SICUREZZA<br />
Sicurezza<br />
retate nel cuore della notte, con buona<br />
pace dei carabinieri.<br />
Nel frattempo, mercoledì 16 marzo è<br />
stata celebrata l’udienza preliminare della<br />
scandalosa “operazione blu” (vedere<br />
il secondo numero di MT) con tanto di<br />
presidio di protesta fuori dal tribunale di<br />
Gorizia. Tutti gli imputati rinviati a giudizio<br />
ma la nota rilevante è l’immediato<br />
proscioglimento dalle accuse relative all’aver<br />
adibito alcuni domicili privati e lo<br />
stesso edificio di via Natisone a luoghi di<br />
consumo di sostanze.<br />
Cioè Officina Sociale non era in alcun<br />
modo la centrale dello spaccio monfalconese<br />
come sbandierato a piena pagina<br />
sui giornali e come ipotesi portante di<br />
tutta l’operazione nelle teste degli inquirenti.<br />
❒<br />
S ICUREZZA<br />
Sicurezza<br />
altri contesti – possa solamente promuovere<br />
la progressiva marginalizzazione di<br />
fasce sempre più ampie di ragazze/i, che<br />
già -per la situazione del mercato del lavoro-<br />
vivono una concreta e quotidiana<br />
esperienza di precarietà rispetto al reddito<br />
e alla possibilità di soddisfare i comuni<br />
bisogni sociali.<br />
In conclusione, ritengo che quanto accaduto<br />
sia un eccellente segnale di una pericolosa<br />
deriva: diffusa nella popolazione è<br />
la paura per la propria sicurezza; in realtà,<br />
tutte le relazioni ufficiali, ministeriali e/<br />
o europee, confermano che il numero di<br />
reati, in particolare contro il patrimonio, è<br />
in costante riduzione in tutti i paesi cosiddetti<br />
sviluppati; il consumo di alcolici e di<br />
droghe è, invece, in progressivo aumento;<br />
la stessa legge sul tabacco, dopo l’iniziale<br />
successo, non ha assolutamente ridotto<br />
i consumi. Allora, se ciò è vero come è<br />
vero, possiamo capire che da una parte i<br />
provvedimenti “forti” non hanno efficacia<br />
sui comportamenti diffusi delle persone;<br />
dall’altra, che tali comportamenti (in crescita)<br />
non hanno alcuna correlazione con<br />
i reati (in diminuzione).<br />
Perché, allora, si spendono centinaia di<br />
migliaia di euro per installare telecamere<br />
nelle scuole( 800.000 solo a Udine)? Non<br />
è che per caso la costruzione della paura<br />
sia utile a realizzare profitti e controllo sociale?<br />
❒<br />
aprile 2010 • M T • 7<br />
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INTERVISTA<br />
Intervista<br />
Se potessi avere mille euro al mese<br />
Intervista a Paolo Sceusa,<br />
Presidente del Tribunale per i minorenni di Trieste [di Eva Demarchi]<br />
ciò che si vende come<br />
attenzione ai diritti del fan-<br />
“Tutto<br />
ciullo e dei minori assorbe<br />
risorse e crea un ritorno favorevole a<br />
chi promuove convegni, manifestazioni<br />
e quant’altro”.<br />
C’è grande attenzione, in giro, per le tematiche<br />
legate ai minori: celebrazioni di<br />
ricorrenze, interventi di esperti, protocolli<br />
d’intesa tra le scuole e gli enti territoriali,<br />
dibattiti, studi sul fenomeno del bullismo,<br />
servizi televisi e trasmissioni dedicate<br />
ai più disparati fenomeni di devianza<br />
dei minori … Insomma tutti si occupano<br />
della condizione minorile segnalando<br />
l’aumento del disagio, le violenze subite<br />
o perpetrate e così via. E’ un tema di<br />
grande attualità, così come la prevenzione.<br />
Prova ne sia che a <strong>Monfalcone</strong> perfi -<br />
no le nostre forze dell’ordine, a proposito<br />
dell’operazione antidroga, hanno messo<br />
l’accento sulla necessità di prevenire<br />
comportamenti pericolosi: “Tante famiglie<br />
– ha spiegato il comandante Zuliani<br />
– non immaginavano nemmeno che i fi gli<br />
consumassero droga, seppure leggera. È<br />
sbagliato – ha aggiunto il colonnello -,<br />
signifi ca che i ragazzi hanno già intrapreso<br />
la strada sbagliata. Può essere una vita<br />
rovinata in partenza. Per i genitori, la nostra<br />
operazione di forte prevenzione deve<br />
essere un bel campanello d’allarme”. (Il<br />
Piccolo)<br />
Insomma pare che l’attenzione del<br />
paese sia davvero molto forte quindi suppongo<br />
che le forze messe in campo sia per<br />
la prevenzione sia per la tutela e la giustizia<br />
minorile siano davvero effi cienti.<br />
Per averne conferma ne parlo con il dott.<br />
Paolo Sceusa, Presidente del Tribunale<br />
per i Minorenni di Trieste, organismo di<br />
competenza regionale.<br />
Conosco Paolo dal 1970, frequentavamo<br />
la stessa classe al Liceo, siamo amici<br />
8 • M T • aprile 2010<br />
e ricordo bene quando, giovanissimo intraprese<br />
la sua carriera in magistratura,<br />
era uno dei “giudici ragazzini” tanto cari<br />
a Cossiga… Sei anni al tribunale di Gorizia,<br />
una dozzina alla Procura dei minorenni,<br />
sei anni al Tribunale civile di Trieste.<br />
Da quanto tempo sei Presidente del<br />
Tribunale per i minorenni di Trieste?<br />
Da luglio del 2009.<br />
Qual è la situazione in merito agli organici,<br />
fi nanziamenti e così via?<br />
I problemi sono sempre gli stessi, scarsità<br />
di personale (l’organico è di 20 impiegati,<br />
presenti 11, di cui 6 a tempo pieno e<br />
i rimanenti part time) e carenza di mezzi<br />
materiali. I fondi del Ministero sono davvero<br />
esigui, quest’anno circa 1.000 euro.<br />
Tieni conto che le spese del Tribunale riguardano<br />
tutto ciò che serve: dotazioni di<br />
carta, toner, codici, che dobbiamo comprare<br />
dalle case editrici e che vengono<br />
ripubblicati frequentemente a seguito di<br />
continui aggiornamenti, abbonamenti a<br />
riviste, l’auto di servizio, la benzina…Ti<br />
faccio un esempio: in dicembre 2009,<br />
praticamente a fondi esauriti, ci giunge<br />
la disposizione del Ministero di fare la<br />
manutenzione dell’auto di servizio, im-<br />
matricolata dodici anni fa. Disponevamo<br />
di 300 euro, quindi mini gara d’appalto.<br />
Totale della spesa 380 euro. A venti giorni<br />
dalla messa a punto dell’auto ci perviene<br />
l’ordine di demolizione da eseguire entro<br />
dieci giorni. Detto fatto: a oggi siamo<br />
ancora senza automobile e il meccanico<br />
deve ancora avere 80 euro. La macchina è<br />
indispensabile, devo spostarmi in tutta la<br />
regione, quindi uso la mia…<br />
Quindi siete in diffi coltà?<br />
Direi proprio di sì, l’urgenza più seria<br />
riguarda il settore civile: affi damenti,<br />
adozioni nazionali e internazionali, provvedimenti<br />
sulla potestà, riconoscimenti<br />
e disconoscimenti. Sono circa 1000 casi<br />
l’anno. Il cattivo esercizio della potestà<br />
genitoriale in tutte le sue forme, dalle più<br />
piccole trascuratezze alle peggiori forme<br />
di abbandono, violenza e abusi sessuali,<br />
rappresenta l’urgenza reale e drammatica.<br />
Purtroppo non c’è suffi ciente tempestività<br />
rispetto a queste tematiche e siamo carenti<br />
di risorse umane, anche per quanto riguarda<br />
i servizi territoriali e gli enti locali…<br />
A proposito degli enti locali e dei servizi<br />
territoriali quanto è importante la loro<br />
azione?<br />
E’ fondamentale, proprio per affrontare le<br />
situazioni di disagio prima che esse arrivino<br />
sul mio tavolo. Mi spiego, l’azione<br />
dei servizi pubblici essenziali diffusi sul<br />
territorio è molto importante, dovrebbe<br />
offrire interventi preventivi prima che i<br />
disagi dei minori acquistino una rilevanza<br />
giuridica ma, purtroppo, risulta carente<br />
per i soliti motivi: risorse e fi nanziamenti<br />
insuffi cienti.<br />
Eppure, apparentemente, lo sforzo è<br />
grande...dei minori si parla molto…<br />
Sì, se ne parla, si parla molto, ma gli in-<br />
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terventi concreti a favore degli operatori<br />
minorili giudiziari e sociali non sono la<br />
priorità nella distribuzione delle risorse.<br />
Tutto ciò che si vende come attenzione<br />
ai diritti del fanciullo e dei minori assorbe<br />
risorse e crea un ritorno favorevole a<br />
chi promuove convegni, manifestazioni e<br />
quant’altro. Si tratta di quello che io definisco<br />
“minorilismo di facciata”, produce<br />
consenso senza affrontare e risolvere i<br />
problemi reali. Ti faccio un altro esempio:<br />
il Tribunale per i Minorenni è stato creato<br />
nel 1934, allora era composto da un organico<br />
di 3 giudici professionali, oggi siamo<br />
a un organico di 5 giudici.<br />
Il ministro Brunetta ha ripetutamente<br />
chiesto i tornelli per i magistrati dichiarando<br />
che “molti sono al lavoro 2/3<br />
giorni su sette”, che ne pensi?<br />
Evidentemente confonde il fatto che i magistrati<br />
lavorano per due o tre giorni con<br />
il fatto che tengono udienze due, tre se<br />
non quattro volte la settimana. La parte<br />
più consistente del lavoro, che riguarda<br />
lo studio dei fascicoli e la redazione delle<br />
sentenze, molti magistrati sono costretti a<br />
farla a casa per la cronica mancanza di uffici,<br />
computer e strutture adeguate. Provo a<br />
spiegarmi con un esempio: immagina che<br />
in un ristorante con venti coperti il cameriere<br />
e il cuoco siano la stessa persona…<br />
se tutti i tavoli sono occupati immagina i<br />
tempi di attesa per mangiare e prova ad<br />
immaginare il lavoro del cuoco/cameriere.<br />
E’ ovvio che la contemporaneità non è<br />
possibile. Il ministro Brunetta vede solo il<br />
lavoro di sala … Mi sono spiegato?<br />
Perfettamente. Veniamo al settore penale,<br />
qual è la situazione in regione?<br />
Affrontiamo circa 700 casi l’anno, per la<br />
maggior parte si tratta di reati patrimoniali<br />
(furti e danneggiamenti), anche se<br />
si avverte un incremento di reati a sfondo<br />
sessuale tra i minorenni. Nella nostra regione<br />
il settore penale è comunque meno<br />
significativo dal punto di vista dell’allarme<br />
sociale. I diversi provvedimenti messi<br />
in atto come perdono giudiziario, limiti<br />
più ampi della condizionale, messa alla<br />
prova, hanno come scopo il recupero socio<br />
educativo del minore.<br />
tUTTO CIÒ<br />
CHE SI VENDE<br />
COME<br />
ATTENZIONE<br />
Ai diritti del fanciullo e dei<br />
minori assorbe risorse e crea<br />
consenso<br />
Puoi spiegare in che cosa consiste il<br />
provvedimento di “messa alla prova”?<br />
Si tratta di un’innovazione nel processo<br />
penale minorile. Con questo provvedimento<br />
il processo viene sospeso e il minore<br />
è affidato ai servizi minorili dell’amministrazione<br />
della giustizia che, anche<br />
in collaborazione con i servizi socio-assistenziali<br />
degli enti locali, svolgono nei<br />
suoi confronti attività di osservazione,<br />
sostegno e controllo.<br />
L’applicabilità della misura è possibile<br />
indipendentemente dalla tipologia e<br />
dalla gravità del reato. Su precise indicazioni<br />
del Tribunale, che ritiene possibile<br />
il recupero del minore, i servizi sociali<br />
elaborano il progetto di messa alla prova,<br />
che deve necessariamente essere accettato<br />
e condiviso dal ragazzo. In una personalità<br />
in crescita, come quella del minorenne,<br />
il singolo atto trasgressivo non<br />
può essere considerato indicativo di una<br />
scelta di vita deviante, pertanto l’istituto<br />
della messa alla prova tende a non interrompere<br />
i processi di crescita del minore,<br />
puntando al suo recupero sociale.<br />
Il fenomeno del bullismo: proviamo a<br />
definire il termine, spesso abusato…<br />
Ovviamente nessuna legge definisce il<br />
termine bullismo, né descrive il comportamento<br />
da “bullo” in una forma specifica<br />
di reato. Per semplificare, forse banalizzando<br />
il concetto, posso dire che il bullismo<br />
sta alla scuola come il nonnismo sta<br />
alla caserma. Sostanzialmente si determina<br />
un clima, più o meno consapevole, di<br />
atti vessatori da parte di più persone verso<br />
un soggetto che già si trova in condizioni<br />
di fragilità personale e che proprio per<br />
questo diventa un bersaglio. La novità<br />
è l’attenzione speciale nei confronti del<br />
fenomeno perché alcune volte le conseguenze<br />
possono essere molto gravi: abbandoni<br />
scolastici, problemi psicologici o<br />
peggio, come alcuni fatti di cronaca hanno<br />
dimostrato.<br />
I NTERVISTA<br />
Intervista<br />
I casi di reati minorili sono in aumento<br />
in regione? Hai qualche dato anche sul<br />
territorio di <strong>Monfalcone</strong>?<br />
Tendenzialmente non si registra un significativo<br />
aumento della casistica penale<br />
minorile in regione, negli ultimi anni. Per<br />
quanto riguarda <strong>Monfalcone</strong> c’è un certo<br />
aumento delle denunce a carico dei minorenni<br />
ma nulla di allarmante. Non mi<br />
risultano in aumento reati, denunce e processi<br />
in merito all’uso, abuso e spaccio di<br />
sostanze stupefacenti e comunque si tratta,<br />
per lo più, di sostanze “leggere.” Per<br />
quanto riguarda il reato di clandestinità, a<br />
oggi, non ci sono state incriminazioni.<br />
Recentemente la Cassazione ha respinto<br />
il ricorso di un padre albanese, con<br />
moglie in attesa della cittadinanza italiana<br />
e due figli minori, che chiedeva di<br />
poter restare in Italia in nome del diritto<br />
al «sano sviluppo psicofisico» dei<br />
suoi bambini, che sarebbe stato alterato<br />
dall’allontanamento del papà. Che<br />
cosa ne pensi?<br />
In questo caso la sentenza della Cassazione<br />
ha ritenuto di non porre un problema<br />
di costituzionalità della normativa che ha<br />
applicato privilegiando, posso dire incredibilmente,<br />
l’osservanza delle norme anticlandestinità<br />
rispetto al diritto dei figli<br />
minorenni di conservare l’integrità della<br />
propria famiglia.<br />
Insomma la giustizia minorile funziona?<br />
Siamo classicamente tra il dire e il fare, in<br />
sostanza ci troviamo di fronte a un sistema<br />
di regole ben congeniate, che, ti assicuro,<br />
il mondo ci invidia, come ad esempio, la<br />
composizione mista del Tribunale fatta<br />
di giudici e di esperti di problematiche<br />
minorili. Il problema è l’attuazione, cioè<br />
il fare, che viene lasciato languire nella<br />
penuria di risorse umane e di mezzi di cui<br />
abbiamo parlato all’inizio.<br />
Grazie Paolo<br />
Prego, ma non dovevamo incontrarci per<br />
parlare di Avatar?<br />
La prossima volta, te lo prometto… ❒<br />
aprile 2010 • M T•<br />
9<br />
Impaginato N°5.indd 9 12-04-2010 20:41:40
ICUREZZA<br />
Sicurezza<br />
Ansia Press<br />
Ovvero cronache dalla città che non dorme mai<br />
(sonni tranquilli)<br />
<strong>Monfalcone</strong>, a leggerne sui giornali, ha un tremendo problema con il crimine e la<br />
sicurezza. Non c’è da sorprendersi, allora, che l’amministrazione, allarmata, chieda<br />
un incontro col questore con lo scopo di parlare di sicurezza. Anzi, di sicurezza e percezione.<br />
Binomio psicanalitico diventato ormai patrimonio comune.<br />
Il dott. Tozzi prende la parola, davanti<br />
ai seggi del consiglio comunale,<br />
con una relazione interessante, breve<br />
e concisa, che ritrae una città profondamente<br />
diversa da quella cesellata<br />
dal Piccolo, che quotidianamente tra<br />
bande armate e narcotrafficanti la paragona<br />
più alla periferia di Bogotà che<br />
alla realtà di una cittadina del nord-est.<br />
Parla a tutto tondo il questore di<br />
Gorizia. Parla della realtà dell’immigrazione,<br />
dei cambiamenti di composizione<br />
sociale, parla delle nuove droghe<br />
che girano tra i ragazzi, parla soprattutto<br />
di una città monitorata e molto controllata,<br />
provoca addirittura sull’ipotesi<br />
di un ulteriore aumento delle telecamere<br />
(poi puntualmente arrivato a breve<br />
giro di posta) considerando la presenza<br />
di occhi elettronici già sufficiente e oltretutto<br />
difficile da gestire, essendo palesemente<br />
impossibile mettere un uomo<br />
dietro ogni schermo, ventiquattro ore<br />
su ventiquattro (tra l’altro sarebbe un<br />
lavoro enormemente noioso ndA).<br />
Lo fa da uomo d’ordine, senza sociologia<br />
né giri di parole, facendo spesso<br />
ricorso a eventi, esempi, chiarimenti.<br />
Chiarisce una volta in più che la collaborazione<br />
con i vigili è più che buona e<br />
che l’organico attuale è da considerarsi<br />
sufficiente per coprire il territorio.<br />
Con in mano un foglietto di appunti<br />
riassume i numeri, usciti sulla stampa<br />
anche in questi giorni, della situazione<br />
criminale nel mandamento, numeri minuscoli,<br />
da contabilità elementare, indicativi<br />
di una situazione assolutamente<br />
sotto controllo, inserita in una dimensione<br />
urbana sicura e pacifica.<br />
Risponde con la calma e con i dati<br />
al fuoco di fila delle destre, pronte a<br />
spostare abilmente la discussione dalla<br />
sostanza, dai fatti, alle percezioni.<br />
Quando lascio la sala ho la netta<br />
sensazione che le garanzie portate siano<br />
sensate, ragionevoli e convincenti.<br />
Eppure nonostante le statistiche, no-<br />
10 • M T•<br />
aprile 2010<br />
VISTA DA VICINO<br />
[Alessandro Saullo]<br />
nostante i numeri (che nessuno smentirà,<br />
nemmeno in seguito), nonostante<br />
le garanzie del questore, assistiamo al<br />
quotidiano bombardamento mediatico...<br />
“Il questore non allontana la Paura”<br />
il titolo del giorno dopo sul Piccolo<br />
è il ritratto di un’offensiva mediatica<br />
e il manifesto di una linea editoriale.<br />
Quella della Paura.<br />
Sicurezza e Percezione, binomio<br />
che si ripete fino alla noia sui giornali,<br />
<strong>Monfalcone</strong> vista da chi<br />
ci viene a vivere da fuori.<br />
Vivo a <strong>Monfalcone</strong> da quasi 5<br />
anni, ma la mia prima volta qui<br />
è stata per un lavoro che durava<br />
una settimana, un lavoro incentrato su<br />
“La Questione Amianto”. Ho conosciuto<br />
la città con gli occhi di chi sa una sola<br />
cosa: che qui c’è tanta gente che muore<br />
di amianto. Ero qui per denunciare il<br />
Male, con le parole di Massimo Carlotto,<br />
con uno spettacolo teatrale. La prima<br />
cosa che mi ha colpito di <strong>Monfalcone</strong>?<br />
dotato di un piccolo trabocchetto retorico,<br />
se infatti è chiaro che la città è materialmente<br />
sicura, allora il problema si<br />
sposta sulla percezione. Ma come guarire<br />
un malato che non ha alcuna vera<br />
malattia?<br />
Ecco che si propone di armare i vigili<br />
urbani, di sparare raffiche di ordinanze,<br />
di aumentare le telecamere, di<br />
spendere fiumi di denaro pubblico (perchè<br />
di questo si tratta) per affrontare un<br />
problema che non c’è.<br />
Mentre si sposta, con questa scusa,<br />
lo sguardo lontano da una crisi economica<br />
angosciante che rischia di mettere<br />
in crisi l’intero comparto produttivo del<br />
territorio, da una ristrutturazione sanitaria<br />
che potrebbe annichilire la sanità<br />
isontina, da un progressivo logoramento<br />
dei diritti civili, dalla destrutturazione<br />
della cultura come spazio di proposta<br />
pubblica.<br />
Per questi temi non c’è spazio, tutto<br />
occupato dall’infinito dibattito sulla sicurezza<br />
placebo.<br />
Nel mercato elettorale, evidentemente,<br />
l’ansia paga un prezzo molto<br />
alto. ■<br />
[di Laura Fogagnolo]<br />
Che la Sua Fabbrica sia ancora attiva.<br />
Ma come? Ha provocato la morte di centinaia<br />
di persone ed è ancora qui? Col<br />
tempo ho capito il Suo peso nell’economia<br />
dei fatti e il vero significato del<br />
verso di una poesia “il cantiere è come<br />
un buon papà”. Ci si può ribellare ad<br />
un buon papà? Infatti molti ancora oggi<br />
fanno finta di niente. E la città va avanti:<br />
ignora i tanti morti, le tante brutture, per<br />
concentrarsi su somme lamentele come<br />
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Sapete dove si trova Haiti?<br />
Per la Gelmini lo studio della geografia non serve più [di Eva Demarchi]<br />
A<br />
questa domanda alcuni studenti hanno<br />
risposto con sicurezza:” E’ quell’isola<br />
delle ragazze con le corone di<br />
fiori al collo e i gonnellini di paglia”. Poco<br />
male, dirà qualcuno, confondere il Pacifico<br />
con i Caraibi non è un problema vitale.<br />
E sapere dov’è accaduto uno dei più gravi<br />
disastri della storia moderna non è fondamentale…è<br />
un posto così lontano…e<br />
poi la geografia è una materia così noiosa<br />
e desueta. Forse la pensa così anche il<br />
ministro Gelmini, che nella riforma delle<br />
scuola superiore prevede il ridimensionamento<br />
dello studio della geografia, disciplina<br />
già bistrattata alle medie, tagliata di<br />
netto negli istituti professionali e quasi in<br />
tutti i tecnici (anche nei nautici e aeronautici!!!),<br />
drasticamente ridotta nei licei.<br />
La Aiig, associazione italiana insegnanti<br />
di geografia, ha lanciato una raccolta<br />
firme via internet che ha raccolto<br />
4.000 adesioni in tre giorni. Come mai<br />
tanto clamore?<br />
«Perchè meno geografia rende tutti<br />
più poveri», risponde Gino De Vecchis,<br />
docente, geografo e presidente dell’Aigg.<br />
E ha ragione, perché privare gli studenti<br />
di conoscenze indispensabili relative ai<br />
problemi mondiali come quelli ambientali,<br />
socio-economici, geopolitici e culturali,<br />
legati alla globalizzazione, significa<br />
impoverire la formazione dei cittadini.<br />
Da anni ormai lo studio della geografia<br />
la compianta scomparsa del biscotto, le<br />
pericolosissime piste ciclabili, la brutalità<br />
delle strade cittadine e la disgraziata<br />
raccolta differenziata. Il discorso di Sior<br />
Anzoleto, che sempre abbonda di battute<br />
sui bengalesi che occupano la piazza<br />
e la città, mi infastidisce in quanto atto<br />
pubblico che alimenta l’intolleranza<br />
già abusata dai giornali e dal pensiero<br />
comune che cioè lo straniero sia una<br />
minaccia. Che cosa vede una Torinese<br />
di questa città? Vede tanta gente che ha<br />
voglia di vivere, di ridere, di creare iniziative.<br />
Vede molte ricchezze: il mare,<br />
orizzonte sempre aperto, il Carso, con<br />
la sua guerra e la sua testimonianza,<br />
un’eredità sociale e culturale originata<br />
non si limita alla<br />
memorizzazione<br />
nozionistica ma<br />
affronta tematiche<br />
legate all’umanizzazione<br />
del pianeta, alle<br />
relazioni tra la<br />
collettività e la<br />
natura nel corso<br />
della storia, all’intercultura…<br />
Se nella scuola<br />
dell’obbligo si<br />
può riparare (con<br />
fatica) ai tagli attraverso<br />
l’insegnamento interdisciplinare<br />
(storia, scienze, italiano, cittadinanza e<br />
quant’altro) è proprio nella scuola superiore<br />
che l’approfondimento di temi così<br />
complessi ma indispensabili dovrebbe<br />
trovare la giusta collocazione. Invece la<br />
geografia viene accorpata alla storia (nel<br />
biennio) per un totale di 3 ore settimanali<br />
e scompare nel triennio! Ancora una volta,<br />
in nome del riordino e della razionalizzazione<br />
(vedi risparmio), si usa l’accetta<br />
e si colpisce dove, apparentemente, fa<br />
meno male: materia di serie “b”, noiosa e<br />
inutile dal momento che su Internet si può<br />
trovare tutto!<br />
Così continueremo a stupirci dell’<br />
ignoranza della geografia, anche quella<br />
anche dall’essere stata crocevia di tante<br />
esistenze, di tanto lavoro, di tante provenienze<br />
e di tanto dolore. È una terra<br />
che ha dato tanto questa, cadendo forse<br />
in una sorta di abitudine all’oblio: si dimentica<br />
di queste terre il resto d’Italia e<br />
si dimenticano della propria storia molti<br />
di quelli che qui vivono. C’è paura dell’altro,<br />
ma fomentare paure e amplificare<br />
i facili giudizi ci allontana, ci tiene<br />
chiusi in casa, ci fa presumere di sapere<br />
già tutto. Siamo tutti soltanto ospiti temporanei<br />
del territorio in cui viviamo: qui<br />
possiamo dare e avere nella misura in<br />
cui mettiamo in gioco le nostre energie<br />
per conoscere e rispettare ogni altro da<br />
noi. ■<br />
S CUOLA Scuola<br />
“tradizionale”, che almeno ci permetteva<br />
di collocarci nel mondo partendo dal nostro<br />
territorio, la regione, lo stato e così<br />
via. Continueremo a ridere amaramente di<br />
fronte all’incertezza sulla capitale d’Italia<br />
e a pensare che a scuola “non insegnano<br />
più niente”. Beh, non è sempre colpa della<br />
scuola, spesso scelte scellerate rendono<br />
impossibile la trasmissione dei saperi! Non<br />
voglio certamente difendere la memorizzazione<br />
delle nozioni su bandiere, altezze<br />
dei monti, capitali e fiumi, argomenti così<br />
cari ai quiz televisivi, che pure ci dimostrano<br />
quanto poco conosciamo del nostro<br />
pianeta, ma sono convinta che lo studio<br />
della geografia oggi sia indispensabile alla<br />
formazione del cittadino globale.<br />
E allora viva la geografia che fa riflettere<br />
i ragazzi sulla qualità della vita, sulla<br />
tutela dell’ambiente, sul consumo di energia,<br />
sulle cause e le conseguenze dei movimenti<br />
di popolazione e la crescita incontrollata<br />
delle megalopoli; viva la geografia<br />
che stimola a conoscere come è la vita in<br />
altre parti del mondo; viva la geografia che<br />
porta a conoscere chi arriva da lontano e<br />
vive accanto a noi, anche in classe; viva la<br />
geografia che ci proietta oltre il confine di<br />
casa nostra; viva la geografia che insegna<br />
a leggere le carte e che aiuta a comprendere<br />
il paese che visitiamo in vacanza; viva<br />
la geografia, che anche grazie a Internet,<br />
GPS e quant’altro ci aiuta a trasferire le<br />
nostre conoscenze dal locale al globale.<br />
Insomma, viva la geografia senza la quale<br />
non c’è storia e viceversa. E’ ovvio che tutto<br />
ciò non serve per partecipare al “Grande<br />
Fratello”… ma forse “resistono” anche altre<br />
aspirazioni, o no? ■<br />
aprile 2010 • M T•<br />
11<br />
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I L’istinto della Libertà<br />
NCONTRI<br />
Incontri<br />
Breve intervista a Beppino Englaro [a cura di Giacomo Cuscunà]<br />
Ad un anno da quando l’intero dibattito<br />
politico, mediatico e civile<br />
era incentrato sul caso di Eluana,<br />
qual’è oggi la situazione della legge sul<br />
fine-vita, da un punto di vista politico?<br />
Come si può constatare i politici non hanno<br />
ancora trovato il bandolo della matassa,<br />
il filo rosso per portare questa legge al<br />
livello che deve avere una norma che si<br />
occupa di questi temi eticamente sensibili.<br />
Sono lontani dal darle l’impostazione<br />
giusta.<br />
Al di là degli slogan che tanto hanno<br />
- CENTRALINO COMUNALE-<br />
Driiiin....Driiiin...<br />
- “Comune di <strong>Monfalcone</strong>, desidera?”<br />
- “Si, sono Naci. Antonio Naci. Vorrei<br />
parlare con il parroco del comune”<br />
- “Mi scusi, questo è il centralino del municipio,<br />
per parlare con un prete dovrebbe<br />
provare a telefonare in canonica”<br />
- “Come? Non è mai stato assunto un<br />
parroco comunale? Vergognatevi, non è<br />
accettabile che il Comune di <strong>Monfalcone</strong><br />
non tenga conto delle esigenze del mondo<br />
cattolico”<br />
12 • M T•<br />
aprile 2010<br />
riempito le bocche dei politici, secondo<br />
lei si arriverà ad una legge realmente<br />
laica attraverso un dibattito serio all’interno<br />
delle istituzioni?<br />
Senz’altro è possibile. Ci deve essere però<br />
la volontà politica di dialogo e di confronto.<br />
Ma che siano un dialogo ed un confronto<br />
realmente aperti.<br />
Lei al momento vede questa possibilità?<br />
No in questo momento no. Ancora non la<br />
intravedo.<br />
Durante l’incontro ha sottolineato<br />
Monfy e la lotta agli infedeli<br />
Vivaddio (espressione scelta non a<br />
caso) l’Italia è un paese laico. Le posizioni<br />
del mondo cattolico, chiaramente<br />
espresse nelle sedi ecclesiali più autorevoli,<br />
vanno rispettate, ma non per<br />
forza ascoltate con riverenza e considerate<br />
“Verbo”.<br />
In fin dei conti gli omosessuali secondo<br />
me non sono anime perse o esseri contro<br />
natura e in certi paesi sarebbe meglio<br />
incentivare l’utilizzo del preservativo<br />
per contrastare il contagio e la<br />
diffusione dell’AIDS. Ma si sa: siamo<br />
come abbia sentito una forte sensibilità<br />
da parte della gente comune...<br />
Sì, questo è vero. Il clima culturale è cambiato<br />
e lo dicono i sondaggi. Ne sono un<br />
segnale anche tutte quelle persone che si<br />
stanno muovendo per avere nei comuni<br />
e nelle province la possibilità di lasciare<br />
le indicazioni terapeutiche nel caso ci si<br />
venisse a trovare “scoperti” nel dialogo<br />
medico-paziente. La gente comune credo<br />
si stia muovendo bene.<br />
Secondo lei perchè nessuno sottolinea<br />
adeguatamente la contraddizione tra<br />
le dichiarazioni di alcuni schieramenti<br />
politici che si ergono a difensori della<br />
vita oltre ogni limite e le azioni concrete<br />
poi intraprese dagli stessi? Penso ai tagli<br />
all’assistenza ai malati di SLA.<br />
Questo è preoccupante. L’ho detto: guai<br />
l’abbandono terapeutico. Hanno promesso<br />
che nessuno verrà abbandonato. Ma<br />
certo, sono i cittadini che devono rivendicare<br />
quello che a loro è stato promesso.<br />
L’hanno attuato da una parte contro<br />
la volontà di qualcuno, come nel caso di<br />
Eluana. Lo devono attuare con chi ritiene<br />
giusto vivere così.<br />
Ritiene che i media di oggi possano<br />
rappresentare un mezzo per mantenere<br />
alta l’attenzione su questi temi?<br />
I media oscillano. Alle volte cavalcano<br />
queste cose, alle volte rimuovono anche<br />
loro più del dovuto, da una situazione invece<br />
a cui sarebbe necessario dare maggiore<br />
rilievo. ■<br />
[di Giacomo Cuscunà]<br />
quasi in primavera e in questa stagione<br />
le offensive dei talebani ricominciano a<br />
farsi sentire.<br />
Ultima escalation la “benedizione mancata”<br />
che ha, più che mosso le coscienze,<br />
dato fiato a tromboni e riempito pagine<br />
sul quotidiano locale. Comunque, per<br />
fortuna c’è qualcuno che pensa e interpreta<br />
il cattolicesimo come una fede illuminata<br />
e aperta. Provare per credere, vi<br />
consiglio il Centro Balducci di Zugliano<br />
(Ud) e una chiacchierata con Don Pierluigi<br />
di Piazza. ■<br />
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Il muro di <strong>Monfalcone</strong><br />
I monfalconesi, membri di una nuova comunità [di Maurizio Platania]<br />
A<br />
<strong>Monfalcone</strong> ci si diverte a fare esperimenti.<br />
E’ un po’ tutto un esperimento<br />
in giro, ma qui a <strong>Monfalcone</strong><br />
siamo più convinti che altrove e poi quanto<br />
a know-how non ci batte nessuno, sono<br />
cento anni buoni che qui si fanno esperimenti.<br />
La città sperimentale è sotto gli<br />
occhi di tutti. Ai tradizionalisti non piace,<br />
cioè a quelli che vagheggiano una vecchia<br />
<strong>Monfalcone</strong> probabilmente mai esistita e<br />
che comunque non hanno fatto in tempo<br />
a vedere. <strong>Monfalcone</strong> è un esperimento<br />
continuo perlomeno dalla fondazione del<br />
cantiere, una realtà che non si è mai assestata<br />
e che oggi è lontanissima da una<br />
qualsiasi sorta di assestamento. Diceva<br />
il vecchio Baudelaire che una città<br />
cambia più rapidamente del cuore<br />
di un uomo e <strong>Monfalcone</strong> cambia<br />
da un giorno all’altro. In giro non<br />
si vedono mai le stesse facce,<br />
e se non altro non ci si annoia.<br />
L’amministrazione comunale poi<br />
ci mette del suo modifi cando in<br />
continuazione la viabilità e questo<br />
contribuisce a disorientare il<br />
cittadino, ma anche il non cittadino,<br />
se si può parlare di non cittadini.<br />
Il nocciolo della questione è esattamente<br />
questo, le frotte di ragazze bengalesi dai<br />
vestiti sgargianti che capita d’incontrare<br />
per le strade alla chiusura delle scuole<br />
sono esempi di non cittadine? Sono non<br />
monfalconesi, o diversamente monfalconesi?<br />
E’ possibile che una ragazza nata<br />
a <strong>Monfalcone</strong>, o comunque cresciuta a<br />
<strong>Monfalcone</strong>, ma i cui antenati coltivavano<br />
il riso nel delta del Gange-Brahmaputra,<br />
poi di fatto non sia una monfalconese tanto<br />
quanto un negoziante del centro, uno<br />
degli ultimi rimasti, i sopravvissuti alla<br />
metastatizzazione dei centri commerciali?<br />
Respira l’aria che respira il negoziante, e<br />
dicono non sia particolarmente salubre,<br />
cammina per le stesse strade, frequenta<br />
la stessa scuola frequentata dai nipotini<br />
del negoziante, anche se poi in classe la<br />
ragazza bengalese e il nipotino del negoziante<br />
non si rivolgono la parola e forse<br />
non si guardano neppure in faccia. Esiste<br />
un muro fra i due, fatto anche solo di timidezza,<br />
il grave è che questo muro se non<br />
lo si abbatte neppure in classe, ci sono poche<br />
speranze che si riesca a farlo altrove.<br />
Per la strada siamo tutti anonimi, tutti<br />
stranieri, quelli che vengono da fuori, perché<br />
<strong>Monfalcone</strong> somiglia poco a Napoli<br />
o a Mostar o a un villaggio qualsiasi del<br />
Bangladesh, quelli che l’incredibile volatilità<br />
demografi ca cittadina fa sembrare<br />
autoctoni, perché non riconoscono più la<br />
<strong>Monfalcone</strong> di ieri, letteralmente di ieri, e<br />
non riescono a farsene una ragione.<br />
<strong>Monfalcone</strong> è diventata una città di stranieri,<br />
anzi una città straniera, straniera<br />
a se stessa, straniera ai suoi abitanti e<br />
nessuna città può permettersi a lungo un<br />
lusso del genere. Esiste per ciascuno<br />
di noi la vitale necessità di riconoscersi<br />
negli altri e nella città in cui si vive. Ai<br />
gloriosi tempi dell’indipendenza indiana<br />
Ghandi constatò che l’India era un paese<br />
irriducibilmente multiculturale e che ogni<br />
tentativo di omogeneizzazione sarebbe<br />
miseramente fallito. Era necessario che<br />
ciascuno restasse se stesso, l’indù, il musulmano,<br />
il cristiano, il sikh, ma che nello<br />
stesso tempo conoscesse l’altro. Era necessaria<br />
valorizzare le affi nità, piuttosto<br />
che le differenze, nella convinzione che al<br />
fondo di tutte le religioni, e di tutte le culture,<br />
vi fossero delle fondamenta comuni.<br />
Ghandi in sostanza immaginava il futuro e<br />
lottava per costruire il futuro che immaginava.<br />
Ci si chiede molto di meno, cioè di<br />
considerare la comunità dei monfalconesi,<br />
a prescindere dall’origine, membri di<br />
una nuova comunità, le cui regole di con-<br />
C ITTÀ Città<br />
vivenza sono in sostanza già state scritte<br />
dalla nostra costituzione. E’ un discorso<br />
di diritti e di doveri, molto più semplice<br />
in Italia che in India al tempo di Ghandi o<br />
anche adesso dove ad esempio in ambito<br />
induista non ci si è rassegnati alla parità<br />
giuridica dei dalit o intoccabili. Come<br />
tutti i discorsi esige le sue solide basi economico-giuridiche.<br />
E’ noto, ma mai abbastanza,<br />
il meccanismo che ha condotto<br />
genti di tutte le razze a convivere in una<br />
cittadina dell’Alto Adriatico. Il processo<br />
di esternalizzazione delle lavorazioni in<br />
cantiere, già avviato da decenni, ha subito<br />
un’accelerazione negli ultimi anni. E’<br />
opinione non peregrina che l’obiettivo<br />
fi nale del management Fincantieri sia<br />
una pressoché totale esternalizzazione<br />
dietro il pretesto della crisi, sotto<br />
il quale si nasconde la volontà di<br />
ottimizzare i profi tti. E’ un fenomeno<br />
globale, ne abbiamo numerosi<br />
esempi in Italia, ad esempio<br />
nel settore farmaceutico.<br />
Se queste sono le basi della convivenza,<br />
cioè lo sfruttamento di una<br />
manodopera spesso straniera, non<br />
qualifi cata né tantomeno sindacalizzata,<br />
non c’è che dire, sono estremamente fragili<br />
e comunque dolorose. Dietro quella<br />
ragazzina bengalese che esce di scuola<br />
con lo zainetto in spalla c’è un padre che<br />
fa turni di notte in condizioni giudicate<br />
schiavili e di cui nessun sindacato fi nora<br />
si è fatto carico. Un padre che sarà odiato<br />
dai colleghi italiani, proprio perché si presta<br />
a lavori schiavili. Temono di essere<br />
costretti ad imitarlo di qui a non molto, e<br />
forse già lo imitano, pur di portare soldi<br />
a casa.<br />
Non c’è da farsi troppe illusioni su soluzioni<br />
indolori. La ricerca del profi tto e le<br />
necessità della convivenza, per non dire<br />
della ridefi nizione del concetto di cittadinanza,<br />
seguono percorsi inconciliabili.<br />
Presto o tardi si dovrà intervenire sui processi<br />
di produzione, come già si dovrebbe<br />
fare anche solo attenendosi al diritto del<br />
lavoro.<br />
Intanto la ragazza è tornata a casa. Alla<br />
mamma racconta che a scuola è andato<br />
tutto bene. E’ un tipo intelligente, ha visto<br />
quel muro in classe, ma non se ne è<br />
lasciata spaventare. ■<br />
aprile 2010 • M T•<br />
13<br />
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A MIANTO<br />
Amianto<br />
Ancora a proposito<br />
di amianto [di Giacomo Ioan]<br />
Non era più mia intenzione tornare a<br />
scrivere alcunchè inerente al problema<br />
amianto, dato che si è aperta<br />
una grossa ferita ogni volta che l’ho fatto.<br />
Circa un anno fa, ho contribuito con<br />
la mia testimonianza nella stesura di un<br />
libro che uscirà a breve, sovvenzionato<br />
dalle tre associazioni (SPYRAGLIO,<br />
AEA e LILT) ed anche in quella circostanza<br />
ho sofferto non poco nel leggere<br />
altre testimonianze di lavoratori che hanno<br />
prestato la loro opera lavorativa in<br />
Fincantieri/MO e che, poco tempo più in<br />
la, sono deceduti da mesotelioma (tumore<br />
della pleura).<br />
Quello che mi ha fatto cambiare idea è<br />
stata una telefonata ricevuta recentemente<br />
da un mio ex collega di lavoro dove mi informava<br />
che l’avevano appena operato e<br />
che gli diagnosticavano un mesotelioma.<br />
Si sta assistendo ad un’indifferenza<br />
generale su questa tragedia immane che<br />
si perpetua ormai da troppi anni. Mentre<br />
migliaia di lavoratori che hanno dato una<br />
vita di lavoro per mantenere le proprie famiglie<br />
e hanno contribuito al boom economico<br />
del nostro paese muoiono come<br />
cani rabbiosi soffocati dall’amianto.<br />
Milioni di cittadini si sono scandaliz-<br />
14 • M T•<br />
aprile 2010<br />
zati ultimamente guardando un fi lmato<br />
in onda nei telegiornali, dove la camorra<br />
eseguiva un’esecuzione in pieno giorno<br />
in un bar di Napoli nell’indifferenza di<br />
tutti i presenti come se quanto accadeva<br />
fosse una normalità, ma sono in pochi<br />
però a scandalizzarsi quando un killer<br />
silenzioso come l’amianto ammazza migliaia<br />
di persone e dove non si intravede<br />
ancora una fi ne.<br />
Circa un anno fa, intervenne il capo<br />
dello stato presso le procure di Trieste e<br />
Gorizia sollecitando il riavvio dei processi<br />
“inceppati” da troppo tempo. Ma come<br />
sempre nulla cambia, si continua a rinviare<br />
le sentenze da un’udienza all’altra.<br />
Non parliamo delle forze politiche<br />
che su questo tema hanno legiferato circa<br />
un anno fa la prescrizione dopo dieci anni<br />
anche per i casi di morte d’amianto.<br />
Il D. di legge che dorme già da diversi<br />
anni in Parlamento e che prevede un<br />
risarcimento per le vittime dell’amianto<br />
continuerà a sonnecchiare visto che il<br />
Governo ha ben altre cose a cui pensare<br />
in questo momento.<br />
Spero di sbagliarmi, ma ho l’impressione<br />
che anche l’opinione pubblica si<br />
stia assuefacendo a questo stillicidio di<br />
morti, senza chiedersi se qualcuno sia<br />
responsabile di questo disastro e magari<br />
si renda responsabile nel risarcire i danni<br />
procurati a tante famiglie. Forse si pensa<br />
che accompagnare il feretro in cimitero<br />
sia una specie di rassegnazione di fronte<br />
ad un destino che ormai non si può più<br />
cambiare, oggi a lui e domani a me.<br />
Io personalmente invece non mi rassegno<br />
poichè dentro di me provo una<br />
gran rabbia. Ogni volta che scopro un<br />
mio ex collega di lavoro che ha contratto<br />
il mesotelioma è come se avessi una<br />
bomba nello stomaco che stà per esplodere.<br />
A questo punto ho ragione di credere<br />
che si giochi tutto sul tempo, lasciando<br />
il tutto inalterato, in uno stallo infernale,<br />
tanto penserà sempre il tempo a cancellare<br />
i morti, i ricordi e gli affetti stroncati<br />
ai propri cari.<br />
Per concludere, penso che sia legittimo<br />
chiedersi: ma quanto sangue ancora<br />
bisogna versare prima che si faccia giustizia<br />
sulle morti dall’esposizione all’amianto?<br />
■<br />
ELZEVIRO:<br />
il giorno<br />
del ricordo<br />
[di Giacomo Cuscunà]<br />
Lasciarono le loro case con<br />
i pochi averi che erano riusciti<br />
a recuperare chiusi in<br />
grandi fagotti improvvisati con le<br />
lenzuola. Le chiavi di casa in tasca.<br />
Alcuni credevano di poter un<br />
giorno tornare. Altri ci speravano<br />
soltanto. In pochi immaginavano<br />
che quello era in realtà l’inizio di<br />
un esilio.<br />
Scapparono per sottrarsi alle<br />
violenze che imperversavano sempre<br />
più intense sul territorio, ma i<br />
più furono costretti a partire dopo<br />
aver assistito alla distruzione del<br />
proprio villaggio e in molti casi<br />
all’uccisione dei propri cari. Così<br />
cominciò l’esodo che li avrebbe<br />
visti segregati in campi profughi.<br />
Dimenticati.<br />
La guerra, che sul fi nire degli<br />
anni ‘40 del ‘900 per quasi tutti<br />
poteva dirsi conclusa, per altri, per<br />
loro, cominciava appena. L’area<br />
geografi ca che fece da palcoscenico<br />
a questi fatti era stata da sempre<br />
terra di conquista per gli eserciti<br />
imperiali più importanti del continente<br />
europeo ed asiatico. Regione<br />
piccola, racchiusa tra il mare e le<br />
colline, luogo di incontro (e a volte<br />
scontro) di culture e genti diverse.<br />
Da tutti voluta e rivendicata.<br />
I profughi si ritrovarono così da<br />
un giorno all’altro senza una casa,<br />
senza una patria, vittime di una<br />
vera e propria pulizia etnica, che<br />
non risparmiò nessuno.<br />
Ancora oggi conservano gelosamente<br />
le loro chiavi, simbolo<br />
della loro catastrofe, nell’attesa di<br />
fare ritorno nella loro terra. In Palestina.<br />
❖<br />
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Le Mie Riforme<br />
Seconda riforma: il voto sottrattivo [Il dottor Divago]<br />
Ed eccoci alla seconda cruciale riforma:<br />
la legge elettorale. Sì, perché<br />
una volta ottenuta la sua brava patente<br />
per votare (si ricorderà che nello<br />
scorso numero si auspicava l’introduzione<br />
di una patente -a punti- abilitante<br />
all’esercizio del diritto di voto), l’elettore<br />
di sinistra come quello di destra si<br />
troverà di fronte al solito attanagliante<br />
dilemma: “e ora che me ne faccio di sta<br />
patente dato che il mio bel partito storico<br />
ormai si è modernamente trasferito su<br />
posizioni tipiche della controparte e che<br />
da anni sono tentato di starmene a casa<br />
(o andare al mare) anziché recarmi alle<br />
urne? E perché mai io (dice l’elettore di<br />
destra) che sono per l’Ordine, la Legge<br />
e il Tricolore devo fare a baci in bocca<br />
con chi l’Italia me la vuole fare a tranci<br />
e con la bandiera ci si pulisce il lasciamo<br />
stare, o con chi l’ordine e la legge<br />
se li cuce e scuce addosso ad personam<br />
per farsi i cavoli suoi, così tutti i peggiori<br />
delinquenti se ne escono di galera<br />
o non ci vanno proprio? E perché mai<br />
io, allora (dice l’elettore di sinistra), che<br />
sono per i valori della Resistenza e della<br />
Costituzione, per la Pace nel Mondo<br />
e per la Distribuzione delle Risorse alla<br />
Robin Hood, devo ostinarmi a sostenere<br />
chi su quei valori tratta ogni giorno al ribasso,<br />
sulla pace chiude un occhio bombardando<br />
la Serbia appena se ne presenta<br />
l’occasione e a Robin Hood preferisce la<br />
Robin Tax?”<br />
Ma, dico io, è il sistema bipolare<br />
baby! Si sa! In tutto il mondo moderno<br />
è così! La gente è chiamata a scegliere<br />
tra il grigio chiaro e il grigio scuro e finisce<br />
che se ne sta a casa. In Amerrega, nel<br />
Regno Unito e negli altri Paesi Anglosassoni<br />
Fari di Civiltà è così da sempre! Da<br />
sempre laggiù il primo partito è quello<br />
degli astensionisti. Gente con idee politiche<br />
disparate -ma precisissime- che,<br />
semplicemente non si sente rappresentata<br />
dai due partiti unici dominanti.<br />
E che nessuno si permetta di chiamare<br />
gli astenuti qualunquisti. I qualunquisti,<br />
semmai, nei suddetti moderni sistemi<br />
bipolari sono quelli che votano. Infatti,<br />
qualunque schieramento vinca, il sistema<br />
procede sempre sui medesimi binari.<br />
Guardate che il problema è assolutamente<br />
molto serio. I governi vengono<br />
eletti dalla maggioranza (brogli a parte)<br />
dei votanti. Ma i votanti rappresentano<br />
sempre più una netta minoranza della popolazione.<br />
Anche in Italia l’astensionismo<br />
è in crescita vertiginosa (pare sia già il secondo<br />
o il terzo “partito”) e non ha ancora<br />
èNECESSARIO<br />
ED<br />
URGENTE<br />
INTRODURRE<br />
Il voto contro<br />
raggiunto quote maggioritarie solo perché<br />
il belpaese è una new entry nel club dei<br />
bipolaristi. Ora, poi, che la lungimiranza<br />
democratica dei nostrani maggiori strateghi<br />
della sinistra e della destra storica<br />
ha realizzato leggi elettorali con soglie di<br />
sbarramento responsabili dell’epurazione<br />
parlamentare delle loro fasce più radicali<br />
(benché ormai, anche loro edulcorate dagli<br />
anni e dalla Storia), l’astensionismo<br />
elettorale schizzerà alle stelle.<br />
Però sul bipolarismo indietro non si<br />
torna, baby. Vi è piaciuto votare “sì” al<br />
referendum sul sistema maggioritario?<br />
Ecco, adesso tenetevelo, così imparate<br />
a votare senza patente (io ho votato per<br />
I DEE<br />
Idee<br />
il proporzionale, ma, come al solito, ho<br />
perso). Però adesso occorre recuperare<br />
al voto la sterminata schiera di astensionisti,<br />
la cui massiccia mancanza di partecipazione<br />
al gioco elettorale, induce a<br />
dubitare della stessa effettività del fondamento<br />
democratico dei governi che sortiscono<br />
dalle urne.<br />
E’ necessario ed urgente introdurre<br />
il voto contro, altrimenti detto voto sottrattivo.<br />
Funziona così: all’elettore amareggiato<br />
e disorientato dalle suddette modernità<br />
dei partiti in cui prima si riconosceva e<br />
che da tempo non si reca più alle urne e,<br />
se ancora ci va, giura ogni volta che sarà<br />
l’ultima, bisogna dare un nuovo stimolo,<br />
una chance di esprimere l’unica certezza<br />
che ancora possiede anche quando non sa<br />
più “per” chi votare. Bisogna dargli l’opzione<br />
di poter finalmente esprimere un<br />
voto “contro” qualcuno.<br />
Riflettete: non è forse vero che sempre,<br />
ma proprio sempre, dal bel mezzo<br />
della fangosa palude di dubbi elettorali,<br />
in ciascuno di noi sorge e si staglia Fulgida,<br />
Radiosa e Bella qual Venere botticelliana,<br />
la certezza su chi sia, fra tutti,<br />
proprio il peggiore in assoluto? Quello<br />
da cui rifuggire ululando? Quello contro<br />
cui faremmo scudo col nostro corpo<br />
ai nostri bambini? Quello che “vinca<br />
chiunque, basta che lui no!!!”? Nel segreto<br />
dell’urna, ognuno si sceglie il candidato<br />
(o lo schieramento) più odiato. E<br />
gli vota contro!<br />
Ovvio che bisogna scegliere: chi vota<br />
contro qualcuno (candidato o partito che<br />
sia) non può contemporaneamente votare<br />
anche a favore di qualcun altro, sennò<br />
la scheda, appositamente predisposta per<br />
l’alternativa sottrattiva, sarà nulla. Del<br />
resto questa riforma viene incontro solo<br />
a chi non gli è rimasto più nessuno (o<br />
quasi) per cui votare a favore. E siamo<br />
in tanti.<br />
Alla fine si fa la conta e i voti “contro”<br />
si sottraggono dai voti a favore. Così<br />
si vede chi ha vinto veramente.<br />
Grazie dell’attenzione e arrivederci<br />
alla prossima riforma (che si intitolerà:<br />
“Dalla Democrazia alla Monanarchia” sì<br />
monanarchia, non è un refuso). ■<br />
aprile 2010 • M T•<br />
15<br />
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POLITICA<br />
Politica<br />
Il centrodestra monfalconese<br />
bolle e ribolle in vista del 2011 [di Stefano Piredda]<br />
E’ arrivato Luise lo scompigliatore<br />
Gli scenari apertisi nel centrodestra<br />
monfalconese dopo la scelta di Michele<br />
Luise, ex assessore della giunta Pizzolitto,<br />
di candidarsi a sindaco contro il<br />
centrosinistra sono davvero affascinanti.<br />
Fino a qualche mese fa si credeva che la<br />
corsa alla candidatura di Giuseppe Nicoli<br />
- Pdl, ex Forza Italia - non avrebbe conosciuto<br />
ostacoli: la sua notevole performance<br />
alle ultime elezioni regionali, costruita<br />
in anni di lavoro tenace e caparbio<br />
(e pure furbetto: vedi, al di là dell’esito,<br />
il referendum sulla raccolta differenziata<br />
dei rifiuti a <strong>Monfalcone</strong>, che Nicoli riuscì<br />
- con una certa abilità, va detto - a far passare<br />
come una cosa ‘di tutti i monfalconesi’<br />
e non solo come una battaglia di Forza<br />
Italia), appariva decisamente un buon viatico,<br />
per le comunali del 2011. E invece,<br />
Luise... Oh, la sua – com’è che si dice?<br />
- discesa in campo non ha stupito quasi<br />
nessuno: è dalla scorsa primavera che si<br />
sapeva (che molti sapevano...) che la strada<br />
dell’assessore allo sport, al personale<br />
16 • M T•<br />
aprile 2010<br />
e alla Sicurezza (maiuscolo, ‘Sicurezza’,<br />
non vi sarà sfuggito) si sarebbe prima o<br />
poi separata da quella del centrosinistra.<br />
C’era stato persino qualcuno che aveva<br />
suggerito al sindaco in carica di farlo fuori<br />
lui, dalla sua squadra, anticipandone le<br />
mosse: non consentendogli cioè di andarsene<br />
facendo la vittima (con un copione<br />
peraltro scontatissimo: “i comunisti non<br />
mi fanno lavorare, ce l’hanno con me<br />
perché sono un moderato!”, capirai che<br />
novità). Ma il primo cittadino aveva fatto<br />
orecchie da mercante. Gianfranco Pizzolitto,<br />
si sa, è uno di quegli uomini che<br />
non devono chiedere mai e un uomo che<br />
non deve chiedere mai 1) sa sempre esattamente<br />
qual è la propria linea del Piave<br />
e 2) non può mica accettare consigli da<br />
chicchessia sulla gestione politica dei<br />
propri collaboratori: eh, no! Ciò potrebbe<br />
suonare, infatti, come una deminutio,<br />
anzi come un vero e proprio commissariamento...<br />
E insomma, quando Luise ha<br />
mollato gli ormeggi, Pizzolitto gli ha pure<br />
fatto gli auguri e grazie, grazie, e ancora<br />
grazie per la tua preziosa collaborazione,<br />
amico mio: è stato bello! Il reprobo<br />
ha ovviamente disprezzato l’affettuosa<br />
pacca sulla spalla (non è mica scemo...)<br />
e ha quindi provveduto a strapazzare per<br />
benino il signor sindaco sul Piccolo: lui se<br />
ne stava andando arrabbiatissimo e sbattendo<br />
la porta, altro che auguri, altro che<br />
amicizia! Pizzolitto ci dev’essere rimasto<br />
malissimo se, a quel punto, ha tirato fuori<br />
un pistolotto niente affatto lusinghiero per<br />
il suo ex collaboratore (un collaboratore,<br />
lo ricordiamo volentieri, a cui era stata<br />
affidata una delega politicamente assai<br />
delicata come la Sicurezza): l’uomo che<br />
se ne stava andando, secondo il sindaco<br />
di <strong>Monfalcone</strong>, come assessore non era<br />
stato precisamente un fulmine di guerra,<br />
anzi... Ma mi accorgo che sto divagando.<br />
Luise se n’è ghiuto, e soli ci ha lasciato,<br />
dicevo. E dov’è che è andato a “riposizionarsi”<br />
- si dice in politichese – il grande<br />
amico di Pizzolitto? Ma tra i piedi del<br />
buon Nicoli, povero Nicoli. Che a questo<br />
punto immaginiamo incazzato come un<br />
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puma. Ma come? Anni di opposizione in<br />
consiglio comunale (gli ultimi sopportando<br />
pure Giorgio Pacor, un’esperienza che<br />
personalmente non augurerei neppure al<br />
mio peggior nemico), anni di sabati mattina<br />
passati a salutare le signore eleganti<br />
di passaggio davanti al bar De Pellegrin<br />
sfoggiando sorrisi assassini (bel mulo, il<br />
Nicoli), anni di raccolte di fi rme in piazza<br />
sulle peggiori corbellerie (perché il centrodestra<br />
cittadino fa mostra di odiare la<br />
piazza di Pizzolitto, ma ha imparato da<br />
tempo a tenerla, quella piazza: il centrosinistra,<br />
invece, sembra non esserne più<br />
capace), anni di pubbliche relazioni, di<br />
strette di mano, di foto spaccaobiettivo<br />
sul compiacentissimo quotidiano locale<br />
ed ecco che ti arriva ‘sto Luise - che<br />
fi no a ieri se ne stava là, tutto pappa e<br />
ciccia con gli odiati compagni “buoni a<br />
nulla e capaci di tutto”, come direbbe il<br />
papi della Patria – ‘sto impunito di Luise<br />
a proporsi urbi et orbi come federatore del<br />
centrodestra, uomo del destino del centrodestra,<br />
salvatore del centrodestra. Quello<br />
stesso Luise che – visti gli innumerevoli,<br />
spericolatissimi salti da destra e sinistra e<br />
da sinistra a destra della sua ormai lunga<br />
carriera politica – alcune carognacce, in<br />
privato, chiamano “Tarzan” (niente di originalissimo,<br />
in realtà: trattasi di citazione.<br />
“Tarzan” essendo il modo in cui il leggendario<br />
Franco Evangelisti soprannominò<br />
Enzo Scotti, per la di lui spiccata attitudine<br />
a librarsi sulla terribile giungla dello Scudo<br />
Crociato usando le correnti come liane).<br />
Luise, che fi no a ieri era parte del problema<br />
e oggi pretenderebbe di essere non parte<br />
della soluzione ma la soluzione tout court,<br />
nientemeno! C’è di che rosicare, ammettiamolo.<br />
Come andrà a fi nire? Mah... Alcuni<br />
dicono con un Deus ex machina che<br />
La scuola in degrado<br />
Con la prossima riforma Gelmini si<br />
perderanno 25.000 posti di lavoro<br />
nella scuola - molti nella nostra regione<br />
- e verranno tolte ore di insegnamento.<br />
Negli Istituti Tecnici salta nel biennio<br />
l’insegnamento della geografi a e un’ora di<br />
italiano: nell’epoca della globalizzazione<br />
ci sarà chi non sa individuare sulla carta<br />
geografi ca il Brasile e leggerà ancora<br />
stentatamente. E’ complicato riuscire a<br />
capire quale idea di istruzione abbia questo<br />
governo. Leggendo i programmi ministeriali<br />
la defi nizione delle competenze è<br />
talmente generica da far sorgere il sospetto<br />
che la scuola pubblica diventi al massimo<br />
un’istituzione psico assistenziale.<br />
Permane una frattura lacerante tra coloro<br />
che frequentano i licei, e che qualche conoscenza<br />
in più ce l’hanno, anche grazie<br />
all’intervento delle famiglie, e coloro che<br />
frequentano altre scuole, spesso privi di<br />
una solida preparazione complessiva.<br />
Forze politiche serie dovrebbero capire<br />
che la ripresa economica del paese è<br />
impossibile se non si qualifi ca culturalmente<br />
la scuola, ridiscutendo i contenuti e<br />
gli insegnamenti alla luce di ragionamenti<br />
e di previsioni per il futuro.<br />
Invece di approfondimenti serrati<br />
su ciò che è fondamentale insegnare nei<br />
programmi di storia dei licei per il quinto<br />
anno, Gelmini afferma sul sito del ministero<br />
che, nello studio del Novecento, “non<br />
possono essere tralasciati i seguenti nodi<br />
tematici: il nazismo, la Shoah e gli altri<br />
genocidi del XX secolo, la seconda guerra<br />
mondiale, la guerra fredda...” Quello<br />
che stupisce non è solo la rimozione della<br />
Resistenza, accorpata secondo il ministro<br />
nella seconda guerra mondiale, ma l’equiparazione<br />
della Shoah con “altri genocidi<br />
del XX secolo”. Quali sono? Gelmini dice<br />
di lasciare ampia libertà alle scuole, così<br />
ci potrà essere chi parla delle foibe e chi<br />
dei curdi, come se l’individuazione di temi<br />
cruciali della storia debba essere lasciata<br />
alle inclinazioni del fai da te didattico di<br />
ogni insegnante. Attaccata politicamente<br />
sulla questione della Resistenza, Gelmini<br />
non ha diffi coltà a reinserire l’argomento<br />
nei “programmi” pochi giorni dopo. Ribadisce<br />
comunque che il suo progetto è<br />
che “l’alunno conosca i momenti fondamentali<br />
della Storia italiana, dalle forme<br />
di insediamento e di potere medioevali<br />
alla formazione dello stato unitario, alla<br />
formazione della Repubblica”. Chiara e<br />
sintetica, Gelmini delinea così il suo evanescente<br />
asse culturale. Qui il problema<br />
non è tanto il revisionismo delle forze di<br />
governo, ma il nulla della loro proposta didattica.<br />
Siamo sicuri che in questo disinte-<br />
P OLITICA<br />
Politica<br />
scenderà a imporre ai contendenti una<br />
pax politica che in questo momento non<br />
appare alle viste: tra Nicoli e Luise adesso<br />
come adesso siamo ai materassi, si<br />
sarà capito... Volano stracci, insomma. E<br />
mica pochi. Ma la caduta di <strong>Monfalcone</strong><br />
nelle mani del centrodestra è cosa troppo<br />
importante, si sa, per lasciar fare solo<br />
ai ragazzi di qua e quindi, chissà? Magari<br />
scoppierà presto l’amore, tra i due<br />
galli. Imposto dall’alto fi n che si vuole,<br />
ma comunque amore. Per il momento la<br />
mia solidarietà va tutta a Giuseppe Nicoli.<br />
Soprattutto in forza del famoso referendum<br />
sulla raccolta differenziata: uno<br />
straordinario capolavoro di demagogia<br />
politicante, indimenticabile davvero. Nicoli<br />
ci ha costruito un bel po’ di cose, su<br />
quella simpaticissima minchiata. E poi<br />
non ti arriva Michele Luise? Tieni duro,<br />
Giuseppe! Tieni duro. ■<br />
[di Anna Di Gianantonio]<br />
È complicato riuscire a capire quale idea di istruzione abbia questo governo<br />
resse ed abbandono culturale, i giovani si<br />
sentano bene o non è forse questa incuria<br />
che rafforza la convinzione di non contare<br />
proprio nulla in questo paese? Concludo<br />
con un’osservazione rivolta a chi si occupa<br />
con successo dell’identità dei territori.<br />
Mi piacerebbe conoscere quale è l’idea di<br />
identità che bisogna difendere. Si tratta<br />
solo di quella religiosa (ormai in declino)<br />
o è anche quella che deriva dalla storia di<br />
un territorio come il nostro? Se per identità<br />
intendiamo il peculiare contesto storico<br />
ed umano che ci è stato lasciato in eredità,<br />
allora è necessario intraprendere una nuova<br />
e grande fase della ricerca storica nel<br />
monfalconese su almeno due questioni<br />
tipiche dell’identità locale:la capacità di<br />
assorbimento sociale degli immigrati meridionali<br />
richiamati dal Cantiere e degli<br />
esuli dopo la seconda guerra mondiale e<br />
la storia delle grandi famiglie antifasciste<br />
come quella dei Fontanot,convinti internazionalisti<br />
capaci di combattere contro<br />
il nazismo e di morire in una patria diversa<br />
da quella d’origine per diventare<br />
addirittura eroi della resistenza francese.<br />
Senz’altro qualche segno di questo<br />
passato è presente ancor oggi e fa parte<br />
dell’identità storica e concreta della città,<br />
non di quella ideologica che molti vogliono<br />
disegnare. ■<br />
aprile 2010 • M T•<br />
17<br />
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INTERVISTA<br />
Intervista<br />
Vino rosso, caminetto acceso:<br />
quattro chiacchiere con Antonio Ingroia<br />
A <strong>Monfalcone</strong> il magistrato siciliano in prima linea contro la mafia.<br />
Si parla sempre dell’Antonio Ingroia<br />
magistrato antimafia. Io<br />
ho ventidue anni e la domanda<br />
mi sorge spontanea: com’era l’Antonio<br />
Ingroia ragazzo? Che aspirazioni aveva?<br />
Era questo quello che voleva fare?<br />
No! Diciamo la verità. Nel senso che non<br />
avevo le idee chiare su quello che volevo<br />
fare, anche perchè, i magistrati venivano<br />
percepiti un po’ più distanti. E forse lo<br />
erano. Figure come Falcone e Borsellino<br />
sembravano modelli quasi inarrivabili.<br />
Non mi passava neppure per la testa di<br />
diventare un magistrato antimafia. Però il<br />
tema della lotta alla criminalità organizzata<br />
lo avevo cominciato ad affrontare e<br />
aveva iniziato ad appassionarmi da studente<br />
di giurisprudenza, appena fu fatta<br />
la legge di introduzione del 416 bis e nel<br />
1982 decisi di fare la mia tesi proprio sul<br />
quell’argomento.<br />
Da ragazzo e da studente, già alle<br />
scuole medie superiori mi ero documentato<br />
e impegnato nel movimento studentesco<br />
sulla questione della mafia, poi<br />
questa cosa l’ho portata avanti all’università<br />
e poi, finita l’università, ero un po’<br />
incerto se intraprendere la carriera giudiziaria<br />
o la carriera accademica. Sostanzialmente<br />
pensavo di fare il ricercatore<br />
per approfondire il diritto penale, materia<br />
che mi piaceva molto.<br />
Alla fine feci il concorso per la magistratura,<br />
ma la vera svolta è stata la<br />
conoscenza con Paolo Borsellino. Fatto<br />
il concorso e avendolo vinto, avevo la<br />
possibilità di scegliere le sedi. Tra queste<br />
c’era quella di sostituto procuratore<br />
a Marsala dove sapevo c’era Borsellino.<br />
La scelsi, nonostante non avessi necessariamente<br />
l’inclinazione a fare il pubblico<br />
ministero. Anzi: ero incerto se fare il PM<br />
o il giudice, ma proseguii proprio perchè<br />
sapevo lì c’era Borsellino.<br />
Conoscere Borsellino è stata un’esperienza<br />
sia sul piano professionale, che su<br />
quello umano, subito contagiosa. Lui era<br />
molto bravo, capace di coinvolgere i giovani.<br />
L’ufficio di Marsala era una piccola<br />
procura, dove prevalevano i giovani:<br />
18 • M T•<br />
aprile 2010<br />
eravamo tutti più o meno ragazzini e lui<br />
il procuratore anziano che faceva un po’<br />
da chioccia a tutti noi. Da quel momento<br />
ho iniziato ad interessarmi ad indagini<br />
sempre più importanti, Borsellino mi<br />
coinvolse anche nella prima indagine per<br />
fatti di mafia e da lì il mio impegno è decollato.<br />
I suoi rapporti con due grandi figure<br />
come Borsellino e Falcone com’erano?<br />
Come si misurava un giovane magistrato<br />
con due uomini di tale spessore?<br />
Per la verità ho conosciuto Falcone prima<br />
di Borsellino. Ho avuto a che fare con lui<br />
quando iniziai il periodo di tirocinio all’università<br />
ed era ancora giudice istruttore.<br />
Erano due personalità completamente<br />
diverse: Falcone era pieno di carattere,<br />
ma un po’ introverso; Borsellino invece<br />
era molto estroverso. Falcone era di poche<br />
parole; a Borsellino piaceva raccontare<br />
le sue esperienze.<br />
Proprio all’inizio il rapporto con Giovanni<br />
Falcone non fu facilissimo: lui era<br />
riservato, io un po’ intimidito da questa<br />
grande personalità, quindi ero in un angolino<br />
della sua stanza, con Falcone, questo<br />
[a cura di Giacomo Cuscunà]<br />
mostro sacro... però fu molto utile da un<br />
punto di vista professionale: ho assistito<br />
ad interrogatori di pentiti, di mafiosi...<br />
E il passaggio dalla teoria dell’università<br />
alla pratica?<br />
Il passaggio dalla teoria alla pratica: beh,<br />
in effetti un abisso. Purtroppo questo è un<br />
difetto della nostra formazione universitaria,<br />
che è soprattutto concentrata sui<br />
libri e non prevede nessun contatto con<br />
la pratica. Anche il periodo iniziale di tirocinio<br />
ti consente di conoscere solo un<br />
po’ il mondo dei magistrati e il loro modo<br />
di lavorare, ma non è sufficiente e il salto<br />
è forte. La formazione è certamente<br />
fondamentale: ho avuto la fortuna di avere<br />
avuto un ottimo professore di diritto<br />
penale, il professor Fiandaca, e questo è<br />
stato fondamentale, ma purtroppo, specialmente<br />
per fare il pubblico ministero,<br />
c’è poco tempo per gli approfondimenti<br />
giuridici e bisogna avere una buona ossatura<br />
e preparazione da studente.<br />
Con Borsellino poi è iniziata anche<br />
una grande esperienza di conoscenza<br />
indiretta. Come dicevo, era una persona<br />
a cui piaceva raccontare e molte storie<br />
del pull le ho apprese dalla viva voce di<br />
Borsellino che amava raccontare questi<br />
episodi.<br />
Per come lo vive lei fare il magistrato è<br />
un lavoro come un altro oppure è una<br />
missione in cui bisogna essere coinvolti?<br />
Dipende. Di per sè può essere anche un<br />
lavoro come un altro. Se lo fai, senza nulla<br />
togliere ai colleghi che fanno un lavoro<br />
importante, ma se lo fai, che ne so, ad<br />
Ancona o ad Imperia, è sempre un lavoro<br />
di pressione e responsabilità, perchè hai<br />
a che fare con la libertà dei cittadini, con<br />
decisioni importanti sulla vita delle persone;<br />
però da noi e nelle terre di mafia in<br />
generale, è qualcosa in più. Ci sono una<br />
serie di rischi in più, di responsabilità in<br />
più, di coinvolgimento anche sul piano<br />
emotivo ed emozionale in più. Lo puoi<br />
fare solo se hai una grande convinzione<br />
in quello che fai e la convinzione che<br />
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quello che fai possa servire a migliorare<br />
la società. In fondo molti di noi sono un<br />
po’ idealisti.<br />
Rifarebbe tutto senza dubbi?<br />
Assolutamente sì.<br />
Una domanda più legata al nostro territorio:<br />
qual’è la situazione del crimine<br />
organizzato nel nord-est e nel Friuli<br />
Venezia-Giulia, anche in relazione alla<br />
presenza di grandi industrie come Fincantieri<br />
che fanno una largo utilizzo di<br />
ditte appaltatrici provenienti da molte<br />
zone d’Italia?<br />
Io naturalmente non so e non conosco<br />
nello specifico la situazione da queste<br />
parti. L’unica cosa che so è che la mafia<br />
negli ultimi anni, essendo in una fase di<br />
finanziarizzazione, cerca soprattutto zone<br />
dove poter investire il proprio denaro<br />
sporco: aree particolarmente ricche dove<br />
ci sono insediamenti industriali, produttivi.<br />
Quindi non mi sorprenderebbe una<br />
presenza e un condizionamento. Per altro<br />
il settore della cantieristica, ad esempio<br />
in Sicilia, è profondamente inquinato ed<br />
infiltrato dalla mafia e siccome ci sono<br />
interazioni tra le varie realtà economiche<br />
dello stesso tipo non lo escludo. Non ho<br />
comunque dati.<br />
Il modus operandi del crimine orga-<br />
COSA<br />
CHE SO È CHE<br />
l’UNICA<br />
LA MAFIA<br />
NEGLI ULTIMI ANNI<br />
Ccerca soprattutto zone dove<br />
poter investire il proprio denaro<br />
sporco<br />
nizzato al nord e al sud è differente?<br />
No. E’ più o meno lo stesso. Sicuramente<br />
al sud prevale l’aspetto militare-territoriale,<br />
al nord quello finanziario e di investimento.<br />
All’estero Italia e mafia sono concetti<br />
strettamente collegati e l’aggettivo italiano<br />
è quasi inseparabile dall’aggettivo<br />
mafioso, quasi come Italia-pizzamandolino.<br />
Alla base secondo lei vi è<br />
una effettiva “mentalità mafiosa” tutta<br />
nostra?<br />
Purtroppo qui è così. Però paradossalmente<br />
succede una cosa strana: da una<br />
I NTERVISTA<br />
Intervista<br />
parte questa mentalità si sta annacquando<br />
nelle sue regioni tradizionali, quindi<br />
al sud, dove vi è una maggiore sensibilità,<br />
ma ancora non ci è liberati del fenomeno<br />
mafioso; ma questa mentalità<br />
mafiosa annacquata si è diffusa nel resto<br />
d’Italia. Cioè, prima al nord si era maggiormente<br />
immuni da un certo modo di<br />
pensare, mentre oggi si è più contagiati.<br />
Nel contempo al sud prima si era più condizionati,<br />
ora invece la cosa si è diluita.<br />
Insomma, l’Italia è diventata un po’ più<br />
omogenea, ma non necessariamente in<br />
senso positivo.<br />
Per quanto riguarda i rapporti mafiaimmigrazione?<br />
Su questo noi, per la verità, non abbiamo<br />
registrato una effettiva relazione, nel senso<br />
che il fenomeno dell’immigrazione è<br />
gestito da molte organizzazioni criminali,<br />
ma ad oggi, almeno per la Sicilia, non<br />
è registrata una relazione diretta tra esse e<br />
l’organizzazione mafiosa, cioè che ci sia<br />
la mafia dietro questo fenomeno.<br />
Tra cani e gatti cosa sceglierebbe?<br />
Che domanda strana! Premesso che non<br />
ho grande dimestichezza con gli animali,<br />
infatti non tengo animali domestici in<br />
casa, i cani mi sono simpatici, però in genere<br />
preferisco i gatti. ■<br />
aprile 2010 • M T•<br />
19<br />
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P ORTO Porto<br />
Il porto delle nebbie<br />
Brevi considerazioni sul futuro del nostro porto<br />
<strong>Monfalcone</strong> e il suo porto.<br />
Non solo la città delle grandi<br />
navi da crociera ma anche<br />
una città portuale, ricca di lavoro e<br />
di commercio, appesantita dal traffico<br />
ma ottimamente servita da collegamenti<br />
autostradali e ferroviari. Il<br />
porto più a nord del Mediterraneo, in<br />
posizione ottimale per il commercio e<br />
il transito delle merci verso l’Europa.<br />
Tutto questo ha significato ricchezza<br />
e lavoro, occupazione e crescita del<br />
mandamento e non solo. Oggi, finalmente,<br />
ci si accorge delle potenzialità<br />
del porto e imprenditori privati<br />
presentano un progetto integrato, che<br />
vede <strong>Monfalcone</strong> valorizzata e ben inserita.<br />
Nulla da obiettare sull’Autorità<br />
unica e la direzione amministrativa<br />
a Trieste a patto, però, che si riconosca<br />
il ruolo del nostro scalo attraverso<br />
una reale progettualità, che concretamente<br />
valorizzi il porto di <strong>Monfalcone</strong>.<br />
Proprio in merito al nostro ruolo<br />
e all’economia ad esso collegata, mi<br />
preme sottolineare la preoccupazione<br />
20 • M T•<br />
aprile 2010<br />
che il lavoro venga “perso” in attesa<br />
dell’esecuzione del progetto Unicredit.<br />
<strong>Monfalcone</strong> è un porto industriale<br />
ben conosciuto e apprezzato da anni, i<br />
4.000.000 di tonnellate di merci scaricate<br />
e imbarcate che fine faranno? Si<br />
tratta di lavoro, occupazione e milioni<br />
di euro che transitano in città, nulla<br />
in confronto alla manipolazione containerizzata.<br />
Il container “unitizza” le<br />
merci, cioè i materiali “spariscono”;<br />
nei progetti non si parla più di tonnellate<br />
ma di TEU (unità di misura indicante<br />
il singolo container), quindi il<br />
lavoro e la produttività viene indicata<br />
e valorizzata in termine di TEU/ora.<br />
Sappiamo che il progresso non si deve<br />
fermare, ma sicuramente nei processi<br />
di crescita e cambiamento, il lavoro e<br />
le persone che lo fanno devono adeguare<br />
non solo i metodi ma anche la<br />
professionalità. In merito ai palesati<br />
1.500 nuovi posto di lavoro, quali<br />
sono le linee guida di professionalizzazione<br />
proposte? Quello che si nota<br />
ultimamente è una perdita di traffici e<br />
posti di lavoro; certamente la crisi è<br />
un problema reale ma potrebbe anche<br />
essere “voluta” o funzionale al progetto.<br />
Non a caso i porti vicini si sono<br />
resi disponibili auspicando il trasferimento<br />
dei traffici monfalconesi da<br />
loro. La preoccupazione è sostanzialmente<br />
che, dopo la presentazione del<br />
piano, dopo le affermazioni di principio,<br />
dopo le discussioni e le condivisioni,<br />
il progetto non parta nonostante<br />
il porto di <strong>Monfalcone</strong> sia pronto a<br />
concretizzarlo. Per il momento Trieste<br />
ha avviato unicamente una raccolta di<br />
investimenti, non per la portualità, ma<br />
per la città. Come ben indicato da Boniciolli,<br />
attuale presidente del porto di<br />
Trieste, potrebbe accadere che la città<br />
non usi il porto per crescere ma per<br />
mantenersi soffocandolo, come succede<br />
da 50 anni. <strong>Monfalcone</strong>, il porto<br />
“del fare” e del lavoro di cui abbiamo<br />
vissuto e prosperato, può avere il suo<br />
ruolo solo se le politiche e le finalità<br />
progettuali sono realmente indirizzate<br />
allo sviluppo portuale. ❒<br />
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Una lingua è più importante di un<br />
dialetto? Sembrerebbe di sì perché<br />
molto spesso si sente dire:<br />
“Noi non parliamo un dialetto. Noi parliamo<br />
una lingua!” Non voglio fare accostamenti<br />
improbabili, ma mi è capitato<br />
di sentire questa affermazione soprattutto<br />
da Serbi e Friulani. Veramente! Niente di<br />
male, per carità. Tuttavia non mi pare affatto<br />
un azzardo scrivere che sia i Serbi di<br />
Bosnia che gli Autonomisti friulani hanno<br />
usato l’espediente della lingua per costruire<br />
identità più o meno posticce su cui,<br />
successivamente, avanzare pretese che, in<br />
ultima analisi, sono sempre di carattere<br />
economico.<br />
Ora anche il dialetto bisiaco ha una sua<br />
bella legge di tutela. Sarà un bene? Non<br />
lo so. Sinceramente ho sempre saputo che<br />
la lingua a cui ricorro per pensare, con cui<br />
mi esprimo e grazie alla quale ho potuto<br />
dire le cose più importanti della mia vita,<br />
si chiama bisiaco. Però son venuti a frotte<br />
a rammentarmi che il bisiaco non è una<br />
lingua, che il bisiaco è un dialetto… A<br />
parte il fatto che il correttore automatico<br />
di windows sottolinea zigzagando “bisiaco”<br />
in rosso, mentre se scrivo friulano me<br />
la lascia così, bella nera su sfondo bianco,<br />
non riesco a capire se i segnalatori della<br />
distinzione ritengano che una lingua sia<br />
una cosa più importante di un dialetto.<br />
Io penso che tutti gli idiomi del mondo<br />
siano belli e che nessuno sia più importante<br />
di un altro. Con buona pace degli<br />
autonomisti, dei poeti o sedicenti tali e dei<br />
politici sempre pronti ad usare ogni argomento<br />
che abbia una buona produttività di<br />
consenso. Infatti, lo scorso 10 febbraio,<br />
quando il triestino e il bisiaco sono diventati<br />
l’oggetto della tutela di una specifica<br />
legge, i consiglieri regionali più gongolanti<br />
sono stati: Federico Razzini della<br />
Lega Nord soddisfatto perché il bisiaco<br />
entrerà a scuola e nella toponomastica;<br />
Piero Colussi dei Cittadini raggiante perché<br />
“sono stati recepiti i principi previsti<br />
dalla Carta costituzionale e riconosciuto<br />
nei dialetti un patrimonio di diversità<br />
di straordinario valore”; un altro Piero,<br />
questa volta Camber, di Forza Italia che<br />
esalta “la straordinaria valenza dei dialetti<br />
portatori culturali che attraversano la storia.<br />
La loro tutela, assieme a quella delle<br />
parlate locali, significa garantire pari di-<br />
gnità a una pluralità di forme espressive e<br />
al considerevole patrimonio culturale della<br />
regione”; e infine Roberto Antonaz che<br />
indulge sul filo della sua personalissima<br />
memoria e, contemporaneamente strizza<br />
l’occhio alle varie associazioni culturali<br />
bisiache con affermazioni “glocal” un po’<br />
stucchevoli e brillanti per piaggeria, eccole<br />
qua: “le parlate locali rappresentano<br />
una testimonianza inestimabile dell’agire<br />
umano, delle relazioni, della cultura di una<br />
comunità, il cui impoverimento o addirittura<br />
la perdita sarebbero un danno per tutti<br />
e per di più irreversibile. Rispetto alla mia<br />
infanzia il bisiaco parlato oggi è molto più<br />
povero e asciutto. Espressioni e locuzioni<br />
di grande immediatezza sono sparite a<br />
causa di un’interpretazione poco intelligente<br />
del processo di modernizzazione,<br />
che prosciuga tutti i linguaggi. Compresi i<br />
nostro dialetti”. La legge è passata all’unanimità,<br />
quindi devono averla votata anche<br />
quelli del Pd, benché non siano reperibili<br />
loro dichiarazioni in merito. Tuttavia penso<br />
sia abbastanza nota la sufficienza con<br />
cui diversi esponenti del Pd liquidano la<br />
questione “bisiaco”.<br />
Applicando la teoria della cultura leggera<br />
ai residenti, più o meno autoctoni del Territorio,<br />
si scopre che tutti possono essere<br />
bisiachi perché, per esserlo, è sufficiente<br />
pensare e parlare in bisiaco ed essere nati<br />
lontano o da venuti da lontano esser stati<br />
generati non conta nulla. È stato così per<br />
secoli, (perché a dar retta ai cultori del bisiaco,<br />
qui i bisiachi ci sarebbero da secoli),<br />
ed ora tutto ciò sembra non andar più bene.<br />
Ora si vogliono operare delle distinzioni<br />
T ERRITORIO<br />
Territorio<br />
Penso in bisiaco, parlo in bisiaco,<br />
sono bisiaco?<br />
[di Tiziano Pizzamiglio]<br />
caricando di significati politici ed identitari<br />
un idioma che corrisponde ad un dato territorio;<br />
così si rischia di interrompere il meccanismo<br />
che qui esisteva in natura, grazie<br />
al quale qualsiasi nuovo venuto poteva<br />
maturare in un quarto d’ora metaforico un<br />
senso d’appartenenza alla comunità solido<br />
e sincero. E guarda caso, rischia d’interrompersi<br />
proprio quando è arrivata una<br />
comunità da più lontano di qualsiasi altra<br />
venuta in precedenza, importata dal duce o<br />
no che fosse. Infatti è proprio quando una<br />
comunità diventa consapevole dei più significativi<br />
effetti della globalizzazione che<br />
tende a rifugiarsi nel locale; è proprio da<br />
questo rapporto di causa-effetto che la produzione<br />
poetica s’impenna, che si raschia<br />
con il machete il fondo del barile della storia<br />
locale e che si comincia a farneticare su<br />
presunte diversità.<br />
A scanso di equivoci preciso che ci sono<br />
alcuni poeti locali che scrivono versi stupendi,<br />
citerò per tutti Colussi, Crico e la<br />
Trevisan, ma aggiungo che costoro sarebbero<br />
bravi poeti a prescindere dal bisiaco<br />
a cui ricorrono.<br />
Ma più di tutti apprezzo il rocker Claudio<br />
Marongiu che, alle centinaia di giovani<br />
che vanno ad assistere i suoi concerti, rivolge<br />
un messaggio molto semplice e diretto:<br />
penso in bisiaco e canto in bisiaco,<br />
perciò sono un bisiaco. Notevole davvero.<br />
Sono questi gli argomenti che dovrebbero<br />
cercare di capire sia i politici ed i poeti che<br />
cercano nel bisiaco pretese identità, sia gli<br />
intellettuali più o meno sinistri che parlano<br />
in bisiaco tutto il giorno e poi, di sera,<br />
lo disprezzano in italiano. ■<br />
aprile 2010 • M T•<br />
21<br />
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PUNTI DI VISTA<br />
Punti di vista<br />
Mediazione animale<br />
Terzo reportage da mondi dietro l’angolo<br />
Se non hai esperienze di ambulatori<br />
veterinari la cosa che può colpirti<br />
per prima visitandone uno è<br />
l’odore, sì, come entri, nell’aria avverti<br />
un vago ma ineludibile mix di disinfettante<br />
+ umori di ghiandole a secrezione<br />
esterna. Tracce della paura animale,<br />
pensi, e ti vengono in mente tavoli<br />
operatori con gli annessi e connessi<br />
alla Bacon, sì non riescono a cancellare<br />
completamente l’adrenalina in sospensione.<br />
Pensi. Non a caso la cagnona<br />
che hai con te alza immediatamente<br />
il naso e sbarra gli occhi, infi lando la<br />
coda tra le gambe, si irrigidisce, tu lì<br />
subito a consolarla naturalmente, per<br />
accorgerti, a quel punto, che gli altri<br />
clienti in quella sala d’aspetto grosso<br />
modo fanno lo stesso coi rispettivi cani<br />
e gatti. Un’affettività uomo/animale<br />
riempie l’ambiente, diresti, sì proprio<br />
così e, inesorabilmente, quel clima<br />
tenero/struggente si traduce presto in<br />
affabilità tra padroni. Qualcosa di decisamente<br />
inusuale di questi tempi tra<br />
gli umani l’affabilità.<br />
Una sorta di nana, corvina e con la<br />
faccia di luna piena, tiene il suo gatto<br />
nero nella cesta di vimini, due occhioni<br />
gialli sbucano dall’ombra, lei guarda<br />
la sua creatura e ti sorride. E tu le sorridi.<br />
Un ragazzone tatuato e imponente<br />
le sta seduto accanto, gratta il mento<br />
del suo barboncino bianco che tiene<br />
sulla pancia, e ti sorride. Gli sorridi.<br />
Come non sorridergli. Infi ne ti sorride<br />
una coppia di anziani smilzi e occhialuti<br />
con coppia di chihuahua, uno per<br />
ciascuno in braccio. Emanano buoni<br />
sentimenti da ogni poro i chihuahua e i<br />
padroni, gli sorridi, non puoi non sorridergli.<br />
E, fi nita la carrellata, ti siedi<br />
anche tu, la cagnona tra le gambe. Che<br />
resta nervosa comunque, non vuole<br />
accucciarsi, poverina!, e pertanto ti<br />
chiedono di lei, razza anni cucciolate<br />
carattere, e tu lì a rispondere – come si<br />
fa a non rispondere – e così si passa al<br />
vortice delle confi denze sui problemi<br />
dei bobi e dei mici: salute parassitosi<br />
22 • M T•<br />
aprile 2010<br />
profi lassi vaccinazioni, sì, assolutamente<br />
inevitabile. Altri cinque minuti<br />
e ti snocciolano i dettagli di quelle loro<br />
paternità e maternità putative, tu complice<br />
a palesare il tuo di amore per gli<br />
animali e tutte le nozioni di zoologia<br />
di cui disponi. Apprezzati gli aneddoti.<br />
Ovviamente.<br />
Il paragone che ti viene in mente a<br />
quel punto è con una scena della tua<br />
infanzia: tu con tua madre dal pediatra,<br />
tutte quelle donne intorno con i<br />
rispettivi pargoli sulle ginocchia, in<br />
parte frignanti, in ogni caso decisamente<br />
più fastidiosi di questi animali<br />
– come per altro i bambini nello studio<br />
del pediatra dove hai portato tua<br />
fi glia tanti anni dopo… Pensi. Stesse<br />
dinamiche, apparentemente. Ma no,<br />
non proprio le stesse, a ben guardare<br />
c’è maggiore confi denza tra quelli che<br />
si incontrano con al guinzaglio il proprio<br />
animale domestico piuttosto che<br />
tra quelli che s’incontrano tenendo in<br />
braccio o in carrozzella i propri fi gli.<br />
Con gli animali domestici, oltre che i<br />
genitori, possiamo fare i bambini, tornare<br />
bambini, regredire quel tanto che<br />
basta per staccarci di dosso la spocchia<br />
e la paura, tutta la grigia serietà che ci<br />
incattivisce. Pensi. Possiamo, come<br />
dire, tornare una punta leggeri stando<br />
con i nostri animali, calarci le brache<br />
e metterci in mutande e ciabatte, fare<br />
i perdigiorno per qualche ora con i<br />
nostri animali. La ricreazione. Pensi.<br />
Nostri compagni di giochi gli animali<br />
domestici, dopotutto.<br />
Comunque sia, sembrano tutti più<br />
buoni gli esseri umani con allegato il<br />
rispettivo bobi o micio, non è retorica,<br />
sì, magari sembrano anche un po’ risibili,<br />
volendo, o proprio fulminati, in<br />
certi casi, ma in genere sembrano decisamente<br />
più buoni. Pensi. Da simili<br />
illuminazioni puoi essere colto nella<br />
sala d’aspetto di un ambulatorio veterinario,<br />
immerso in un tenero avvolgente<br />
calore di mammiferi, per scoprirti<br />
poi a farneticare l’utopia di un mondo<br />
[Gianni Spizzo Mar 2010]<br />
con le piazze e le strade – anche quelle<br />
di un buco di provincia tipo Monfy<br />
– trasformate in stanze e corridoi di<br />
un immenso ideale ambulatorio veterinario<br />
consociato pieno di animali, con<br />
donne e uomini che, portandoli a spasso,<br />
anche si guardano amabilmente<br />
quando si incrociano per quelle stanze<br />
e corridoi, magari accompagnando lo<br />
sguardo con un sorriso, senza peraltro<br />
la sensazione di praticare in questo<br />
modo un’estrazione di midollo spinale<br />
al malcapitato che hanno di fronte.<br />
Magari – visto che portare a passeggio<br />
mirabili cani cavalli cammelli e lama<br />
orsi gazzelle e unicorni li mette proprio<br />
in estro – tutti a invitarsi spesso<br />
e volentieri a prendersi un caffè o<br />
un drinkino, si capisce, per parlare e<br />
riparlare di tutto con vera curiosità e<br />
vero gusto, facile allegria addirittura.<br />
Relax…<br />
Ma la scena si interrompe, è uscito<br />
dalla porta in fondo un uomo in camice<br />
bianco, le mani, dentro guanti di lattice<br />
celeste, tengono fogli e confezioni<br />
di medicinali. Un attimo di silenzio<br />
e poi, gentilissimo, chiama dei nomi.<br />
Così uno dopo l’altro gli astanti si alzano<br />
per ricevere le rispettive ricette<br />
e preparati. Ognuno sembra avere di<br />
nuovo fretta dopo la lunga pausa, così,<br />
con un rapido saluto, alla chetichella<br />
escono tutti. Anche tu te la sbrighi alla<br />
svelta, si sta un attimo per le vaccinazioni<br />
e i relativi timbri sul passaporto<br />
canino. Insopportabile l’idea di essere<br />
respinti a una frontiera perché il cane<br />
non è in regola. Devi partire domani,<br />
hai combinato tutto appena in tempo.<br />
Fuori dall’ambulatorio la cagnona<br />
si rilassa, cammina tutta piena di sé,<br />
perfettamente indifferente al cañon di<br />
condomini di via 25 Aprile in cui passiamo.<br />
Sei tu e lei, e il vuoto crescente<br />
del mondo per la strada. I pochi che<br />
girano non hanno nessuna importanza<br />
per te, certamente neanche tu per loro.<br />
Magari non è poi così grave, magari<br />
non abbiamo bisogno di nessuno. ❒<br />
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V<br />
[Lost]<br />
IABILITÁ<br />
Viabilità<br />
Maxi-rotatoria o maxi-cazzata<br />
In questi giorni sono state portate all’attenzione<br />
della cittadinanza monfalconese<br />
le nuove proposte progettuali<br />
per il miglioramento della viabilità<br />
cittadina: nuovi assi di scorrimento, nuovi<br />
sottopassi, nuove rotatorie, tra cui quella<br />
del porticciuolo Nazario Sauro ecc.... Un<br />
bell’ardire, se non fosse che di progetti<br />
d’opere costose, ambiziose e tecnicamente<br />
di difficile esecuzione ce ne sia abbondante<br />
documentazione negli archivi del<br />
comune!<br />
Chi ha seguito la vita amministrativa<br />
degli ultimi trent’anni, non potrà non<br />
ricordarsi i progetti di massima giacenti<br />
in Comune del professionista Sebastiano<br />
Cacciaguerra, incaricato negli anni ottanta<br />
dal Comune per la stesura del piano della<br />
viabilità cittadina, che dedicò non poco<br />
del suo sapere alla ricerca di soluzioni<br />
praticabili per migliorare lo scorrimento<br />
del traffico.<br />
Progetti che non convinsero, vuoi per<br />
il loro impatto vuoi per il costo, nonostante<br />
all’epoca non ci fossero gli impedimenti<br />
infrastrutturali oggi presenti.<br />
In poche parole tra il viale e la statale<br />
14, non c’era il collettore primario della<br />
fognatura che da via Verdi va lungo via<br />
Boito per servire tutto il lato nordest della<br />
città, non c’era la linea 132 kV sotterranea<br />
dell’ENEL e non c’era il cedimento strutturale<br />
del ponte di viale Oscar Cosulich.<br />
Sarà quindi interessante la sfida tecnico-costruttiva,<br />
che sarà messa in atto<br />
nella realizzazione di un così importante<br />
cantiere nel bel centro di un nodo fondamentale<br />
per la viabilità cittadina. Sarà<br />
interessante capire come sarà risolta la<br />
gestione del sottosuolo con una fognatura<br />
che dovrà essere riposata in pratica a<br />
livello del mare. Sarà interessante, in occasione<br />
di tale intervento vedere come si<br />
procederà al rifacimento delle palancole<br />
di contenimento del lato a mare, presenti<br />
nel manufatto del viale e che negli ultimi<br />
anni stanno dando evidenti segni di cedimento.<br />
Prova ne sia il costante ricarico di<br />
materiale che il Comune fa sui marciapiedi<br />
del manufatto.<br />
A questo andranno aggiunte le eventuali<br />
osservazioni o imposizioni dell’Ente<br />
proprietario, qualora non mutato negli<br />
ultimi anni, essendo il tratto interessato<br />
opera del Demanio in concessione.<br />
Superato il tutto sarà realizzabile e,<br />
una volta eseguito, i fautori del progetto<br />
vedranno rivivere il collegamento tra la<br />
città e Panzano... ma sarà poi vero?<br />
Io credo che l’opera proposta sia invece<br />
l’ultimo tassello di una viabilità ad<br />
alto scorrimento che attraverserà la città<br />
dividendola ulteriormente, dal Viale a<br />
via Grado con le sue corsie e la barriera<br />
centrale (che tra l’altro rende difficoltoso<br />
l’accesso degli autoarticolati nelle attività<br />
esistenti) , per arrivare alla nuova bretella<br />
che collega la strada provinciale per Grado<br />
alla rotonda di Ronchi.<br />
Si sta infatti ormai configurando un<br />
nuovo asse stradale d’attraversamento<br />
della città che già oggi, nonostante i<br />
divieti, sta purtroppo portando più<br />
traffico pesante in città. Quotidianamente<br />
infatti si assiste<br />
all’incolonnamento<br />
di autoarticolati che<br />
usano la bretella in<br />
costruzione per<br />
attraversare la<br />
città, favoriti da<br />
una segnaletica<br />
che li incanala<br />
in direzione<br />
del centro a<br />
cui si contrappone<br />
un unico<br />
cartello di divieto<br />
di transito<br />
per i mezzi<br />
pesanti, posto<br />
troppo a ridosso<br />
del centro cittadino,<br />
quindi inefficace..<br />
La costruzione di<br />
rotonde in brevi spazi andrà<br />
poi a contrastare con i passaggi<br />
pedonali necessari a collegare in sicurezza<br />
gli istituti scolastici presenti in<br />
zona. Si dovrà quindi ricorrere a semafori<br />
pedonali che nelle ore di punta porteranno<br />
al blocco delle rotonde distanti pochi metri<br />
l’una dall’altra.<br />
Si pensi poi agli attraversamenti pedonali<br />
e ciclabili, nei pressi del porto Nazario<br />
Sauro, che essendo posti al centro dei<br />
viali dovrà vedere il continuo passaggio<br />
di pedoni e ciclisti dai marciapiedi laterali<br />
al centro della carreggiata.<br />
La triste realtà che invece si legge con<br />
questi progetti, ci riporta alla nostra attenzione<br />
il definitivo abbandono da parte regionale<br />
e forse anche locale della proposta<br />
di liberalizzazione del tratto autostradale<br />
Ronchi-Lisert, naturale circonvallazione<br />
per <strong>Monfalcone</strong> e Comuni limitrofi.<br />
Saranno così contenti non solo gli autotrasportatori<br />
di passaggio ma anche la<br />
comunità triestina che arriverà puntuale<br />
in spiaggia a Grado a godersi il bel sole,<br />
mentre nelle panchine del Viale Cosulich,<br />
da un lato i cittadini di Panzano e dall’altro<br />
la rimanente parte della città, li vedranno<br />
sfrecciare sorridenti per aver guadagnato<br />
cinque minuti di tempo libero....<br />
Ne varrà la pena? Forse sarebbe meglio<br />
pensare seriamente a nuovi semafori più<br />
intelligenti! ❒<br />
P.S. Caro<br />
Nicoli non c’è<br />
niente di scandaloso se la Regione<br />
interviene sulla viabilità di<br />
<strong>Monfalcone</strong>, rientra a pieno titolo<br />
nelle sue funzioni, come a Udine,<br />
Trieste, Gorizia, Pordenone, ecc...<br />
aprile 2010 • M T•<br />
23<br />
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T ERRITORIO<br />
Territorio<br />
<strong>Monfalcone</strong> si trasforma... [di Mauro Bussani]<br />
La trasformazione di <strong>Monfalcone</strong>,<br />
agli occhi di chi ci abita da sem-<br />
pre, risulta evidente soprattutto per<br />
come il suo territorio fisico è stato<br />
tagliato a pezzi, svuotato del senso<br />
che lo ha storicamente determinato<br />
e riprogettato ad uso e consumo<br />
dei profitti privati e della gestione<br />
del potere in senso assoluto.<br />
Si pensi alla vicenda della storica<br />
azienda monfalconese Ineos, a<br />
come è stata liquidata, abbattuta<br />
e rimpiazzata con la nuova Mangiarotti<br />
s.p.a., guarda caso produttrice di componenti<br />
per centrali nucleari nel preciso<br />
momento in cui si discute di costruirne<br />
una proprio a <strong>Monfalcone</strong>. Solo la crisi<br />
in atto e la litania dei posti di lavoro<br />
hanno evitato, per il momento, il voltastomaco<br />
generale per questo epilogo.<br />
Si pensi al centro cittadino tout<br />
court, sempre più svuotato dalle persone<br />
e continuamente sotto il controllo<br />
di occhi elettronici e volanti delle forze<br />
dell’ordine, con l’unico risultato di<br />
aver inculcato nella mente del “monfalconese<br />
tipo” la paura di uscire di<br />
casa se non per andare al lavoro o al<br />
centro commerciale. Quando è evidente<br />
che l’unico modo per trasmettere<br />
percezione di sicurezza nei cittadini<br />
è fare in modo che le vie e le piazze<br />
siano sempre piene di gente.<br />
Si pensi al continuo stillicidio di<br />
esercizi commerciali che ha determinato<br />
l’insediamento delle stesse catene<br />
di negozi in leasing e brand multinazionali<br />
onnipresenti, rendendolo di<br />
fatto un territorio anonimo e uguale a<br />
qualsiasi altra città globalizzata.<br />
Sarebbe interessante anche sapere<br />
che fine ha fatto l’unico progetto sociale<br />
di una certa rilevanza che l’amministrazione<br />
ha messo in campo per mitigare<br />
la tensione abitativa, l’autoristruttura-<br />
24 • M T•<br />
aprile 2010<br />
zione di un condominio ex Solvay, per<br />
il momento ancora sulla carta.<br />
Si pensi alla ristrutturazione dei<br />
grossi edifici storici come l’albergo<br />
impiegati e quello operai. A come si<br />
è tentato, maldestramente, di sottrarre<br />
il territorio pubblico del parco di via<br />
Cellottini per trasformarlo in un parcheggio.<br />
Quell’albergo impiegati che<br />
in tempi recenti almeno una funzione<br />
sociale l’ha avuta quando, per pochi<br />
giorni, è diventato rifugio di qualche<br />
decina di richiedenti asilo politico sotto<br />
il nome di Hotel Esilio.<br />
Non è un caso che un piccolo territorio<br />
come quello di Officina Sociale<br />
sia continuamente sotto attacco perché<br />
probabilmente resta l’unico ancora in<br />
grado, in tutta la città, di esprimere e<br />
mettere in pratica una visione diversa,<br />
e in quanto tale scomoda, della realtà.<br />
A partire dalle celebrazioni del centenario<br />
del cantiere nel 2008 non può<br />
sfuggire quello che è il problema di<br />
fondo di tutte le questioni sociali aperte,<br />
ovvero il rapporto tra la città e la<br />
grande fabbrica navale. Dove il termine<br />
“rapporto” diventa sempre più sinonimo<br />
di “conquista”, di tentativo di<br />
trasformare il territorio stesso ad uso e<br />
consumo dei profitti del cantiere.<br />
Non sono misteri questi in città ovviamente,<br />
se ne è discusso in abbondanza.<br />
Con il risultato di rendere palese<br />
l’assoluta volontà, da parte della quasi<br />
totalità della classe politica attuale, di<br />
non voler affrontare i problemi e, soprattutto,<br />
di non voler in alcun modo<br />
porre elementi di critica nei confronti<br />
di una realtà economica sempre più<br />
avida ed ingombrante.<br />
A ben vedere, tutte le questioni che<br />
riguardano la casa, il reddito, l’uso del<br />
territorio, ecc. sono diretta conseguenza<br />
del cantiere. Non sarebbe il caso<br />
di iniziare un ragionamento che ponga<br />
il cantiere navale alla stregua di una<br />
componente sociale con tutta una serie<br />
di doveri nei confronti della città invece<br />
delle sempre più vaghe e strumentali<br />
leggi di mercato?<br />
É quanto meno necessario quindi<br />
introdurre un terzo livello di contrattazione,<br />
oltre a quella nazionale e quella<br />
aziendale, che si potrebbe definire<br />
come “territoriale” e che abbia lo scopo<br />
di obbligare l’azienda a concedere<br />
una serie di risarcimenti per le problematiche<br />
di natura sociale che causa al<br />
territorio sul quale insiste.<br />
Evidentemente gli attori sociali di<br />
questo livello contrattuale non possono<br />
che essere le organizzazioni di cittadini<br />
che già operano nel settore e che<br />
hanno sviluppato competenze e pratiche<br />
da quando Fincantieri ha adottato<br />
il modello produttivo per appalti agli<br />
inizi degli anni novanta.<br />
Non serve molta immaginazione<br />
per capire l’importanza di un badget<br />
da fonte Fincantieri ad integrazione<br />
del sostegno all’affitto o del reddito<br />
sempre precario di certi lavoratori<br />
dell’appalto in un processo produttivo<br />
caratterizzato da una marcata ciclicità<br />
dei carichi di lavoro nell’arco dell’anno.<br />
Tanto più nel caso di lavoratori per<br />
cui non sono previsti, o sono difficili<br />
da ottenere, servizi di sostegno come<br />
la cassa integrazione ordinaria. O per<br />
i lavoratori migranti per cui il venir<br />
meno di un rapporto di lavoro equivale<br />
a dire la decadenza del permesso di<br />
soggiorno.<br />
Ripensare il territorio da un punto<br />
di vista sociale e non solo economico<br />
è la grossa sfida che la città deve cominciare<br />
ad affrontare in tutte le sue<br />
declinazioni, a partire da quella amministrativa,<br />
per invertire un trend che<br />
proprio il questore ha definito al “limite<br />
della militarizzazione”.<br />
Un territorio che assume sempre<br />
più le caratteristiche di una prigione<br />
a cielo aperto. E poiché le cose non<br />
succedono mai per pura coincidenza,<br />
ecco Fincantieri che elabora una proposta<br />
già presentata al ministero degli<br />
Interni per un nuovo modello di carcere<br />
galleggiante da costruire, guarda<br />
caso, proprio nel suo cantiere di <strong>Monfalcone</strong>.<br />
❒<br />
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V ARIETÀ<br />
Varietà<br />
aprile 2010 • M T•<br />
25<br />
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E NERGIA<br />
Energia<br />
Ancora carbone per <strong>Monfalcone</strong><br />
Caro Babbo Natale forse che siamo stati cattivi?<br />
Come da previsioni, almeno quelle<br />
più realistiche, la centrale elettrica<br />
di <strong>Monfalcone</strong> non verrà riconvertita.<br />
Quello che sembra evidente nelle<br />
ultime dichiarazioni di A2A, la società<br />
proprietaria della centrale elettrica è che<br />
invece venga riproposto ad anni di distanza<br />
quanto già presentao da ENDESA, a<br />
suo tempo proprietaria delle centrale di<br />
Monfralcone, cioè il TUTTO CARBONE<br />
PER MONFALCONE.<br />
La ragione di questa scelta è molto<br />
semplice: dopo anni che i vari governi<br />
che si sono succeduti hanno raccontato<br />
favole incredibili sulla cultura del fare e<br />
del superamento dei NO dei territori nella<br />
costruzione di nuove centrali elettriche, ci<br />
ritroviamo, cosa che peraltro era già stata<br />
preannunciata dalle associazioni ambientaliste<br />
ad aver tappezzato il territorio nazionale<br />
di centrali elettriche che restano<br />
sottoutilizzate, in quanto comunque la<br />
materia prima principale è il gas, il cui<br />
prezzo segue in linea di massima quello<br />
del petrolio.<br />
In pratica i notevoli investimenti che<br />
sono stati fatti nella costruzione di centrali<br />
elettriche si stanno rivelando un pessimo<br />
affare fi nanziario che non verrà certo<br />
salvato dall’importazione di gas tramite<br />
rigasifi catori, poichè se è vero che con<br />
i rigasifi catori si possono diversifi care<br />
i paesi di approvigionamento (meno di<br />
quanto si creda comunque poichè normalmente<br />
i rigasifi catori sono legati ai<br />
paesi produttori tramite contratti a lungo<br />
termine), non è sicuramente vero in linea<br />
generale che l’importazione di gas tramite<br />
rigasifi catori sia economicamente vantaggiosa<br />
rispetto le importazioni tramite<br />
gasdotto.<br />
In questo quadro di costo elevato del<br />
gas e di obsolescenza tecnologica per<br />
l’olio combustibile, la fonte più a buon<br />
mercato è il carbone.<br />
A differenza del gas tuttavia solo pochi<br />
posti in Italia permettono la costruzione<br />
di centrali a carbone.<br />
Il requisito principale è la presenza di<br />
un porto in grado di scaricare il carbone.<br />
Sembra un requisito banale, tuttavia<br />
non lo è, in quanto il trasporto via treno in<br />
Italia (negli USA le condizioni sono mol-<br />
26 • M T•<br />
aprile 2010<br />
to differenti) è praticamente impossibile.<br />
Per questo motivo le aree come <strong>Monfalcone</strong><br />
sono una ghiotta preda per la produzione<br />
di elettricità dal carbone.<br />
E’ certo che nei prossimi mesi assisteremo<br />
ad un progressivo succedersi di<br />
offerte con queste caratteristiche :<br />
A) Il progetto della nuova centrale a<br />
carbone va a sostituore i 2 vecchi gruppi a<br />
carbone attualmente esistenti.<br />
B) Con la centrale a carbone lavoreranno<br />
molte persone.<br />
C) Promesse di contributi economici<br />
vari.<br />
A tutto ciò si può rispondere in modo<br />
molto semplice osservando che sicuramente<br />
i vecchi gruppi a carbone continueranno<br />
a funzionare quando verrò costruita<br />
la nuova centrale a carbone e che non vi è<br />
nessuna garanzia sul fatto che i due vecchi<br />
gruppi esistenti vengano “rottamati”. C’è<br />
quindi il rischio di tenersi il “vecchio”<br />
carbone oltre al “nuovo”, in quanto alla<br />
[di Rudi Fumolo]<br />
promessa di nuovi posti di lavoro bisogna<br />
anche capire da chi verranno coperti oltre<br />
al fatto che l’utilità di un progetto industriale<br />
si misura sulle prospettive di sviluppo,<br />
sull’indotto che riesce a muovere e<br />
sulla qualità tecnologica di ciò che viene<br />
proposto, più su un numero di occupati<br />
comunque molto ridotto.<br />
Inoltre c’è un altro fatto su cui è bene<br />
far mente locale ciòè che il progetto del<br />
carbone non è sostitutivo del nucleare.<br />
Paradossalmente se passasse il progetto<br />
del carbone si aprirebbe la porta ad un<br />
progetto di nucleare (si picchia sempre<br />
nelle parti molli). Di siti idonei ad ospitare<br />
una centrale nucleare in Italia ce ne<br />
sono pochi e molti presidenti di regione<br />
anche di centrodestra si sono espressi<br />
contro. Il Friuli Venezia Giulia è una delle<br />
poche Regioni disposta ad ospitarle, per<br />
questo motivo dimostrare “mollezza” sui<br />
progetti di A2A può essere estremamente<br />
pericoloso. ❒<br />
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Uno a zero [di<br />
Giorgio masticava pezzi di carta,<br />
Giulio si grattava nelle mutande,<br />
Paolo fi ssava un punto nel muro,<br />
Victor mangiava di nascosto. Fulvio, il<br />
mister, disegnava formule sulla lavagna,<br />
era come stare a scuola, ma era domenica<br />
e nessuno faceva fi nta di ascoltare.<br />
Dal campo pieno di polvere nuvolosa<br />
si vedeva la sagoma della “Queen of the<br />
Stars” in costruzione al Cantiere, dove gli<br />
operai battevano le lamiere anche quel<br />
giorno.<br />
Sfi davamo Doberdò, che aveva undici<br />
ragazzini grossi come bestie. “Zdravo!”<br />
urlarono a metàcampo, prima dell’inizio.<br />
Guardandoli, qualcuno dei nostri si cagò<br />
addosso. Erano secondi in classifi ca. Il<br />
più temuto, baffi e capelli da futuro biker,<br />
era Milovan Princic, capocannoniere del<br />
girone con 29 gol in 11 partite.<br />
Eravamo nei bassifondi, si lottava per<br />
la salvezza, anche se in quei campionati<br />
non c’erano retrocessioni. Nessuno ci diceva<br />
nulla quando perdevamo, i dirigenti<br />
erano sempre in chiosco, l’allenatore li<br />
seguiva durante gli allenamenti, in partita<br />
non poteva per regolamento.<br />
“Cambia gioco, cambia gioco!!”- urlava.<br />
Sedeva in panca con un paio di occhiali<br />
a specchio stile Arrigo Sacchi. Fulvio<br />
era milanista fi ssato, voleva inculcarci<br />
zona, sovrapposizioni, ripartenze, pressing,<br />
diagonali. Vicino a lui una specie di<br />
massaggiatore, poi l’unica riserva fi ssa e<br />
due bimbi degli Esordienti imbacuccati in<br />
una coperta sporca.<br />
In attacco non eravamo male, però la<br />
palla non arrivava mai alle due punte, Lucio<br />
ed Ezio. Lucio, un “macho” di tredici<br />
anni, beveva e fumava e aveva storie con<br />
tutte le ragazze del quartiere. Il giorno prima<br />
della partita con un pugno aveva sfondato<br />
la porta della palestra della scuola.<br />
Tutti avevano paura di lui: aveva la testa a<br />
forma di pannocchia e in spogliatoio esibiva<br />
orgoglioso il suo affare: in primavera<br />
saltava fuori dallo stanzone e lo mostrava<br />
alle stranite mammine che venivano ad<br />
aspettare i fi gli.<br />
Ezio, un tipo tranquillo, grande amico<br />
di Lucio, aveva scatto e tecnica, ma preferiva<br />
baciarsi con qualche ragazzina al<br />
cinema invece di allenarsi.<br />
“Ezio, un tipo<br />
tranquillo, grande<br />
amico di Lucio, aveva<br />
scatto e tecnica, ma<br />
preferiva baciarsi con<br />
qualche ragazzina<br />
al cinema invece di<br />
allenarsi.”<br />
Per farsi invidiare, durante l’allenamento<br />
del giovedì, se ne stava dietro la<br />
porta: noi calciavamo a rete senza convinzione,<br />
lui tirava linguate a certe tipe<br />
più grandi di noi. Fulvio non gli diceva<br />
niente, poi la domenica giocava, perchè<br />
se la cavava e perchè non c’era nessuno<br />
da buttar dentro.<br />
Pensavo di dover beccarne sette nel<br />
primo tempo, invece era ancora 0-0: noi<br />
tutti dietro a coprire il portiere: aveva una<br />
maglia gialla da cui spuntava uno scandaloso<br />
dolcevita verde jugoslavo, rubato<br />
alla mamma in qualche cassettone mentre<br />
cercava altro.<br />
Al 21’ la stranezza: mi arriva la palla,<br />
mi giro, sparo un lancio, la sfera arriva<br />
a Lucio che stoppando il pallone un po’<br />
con la mano, un po’ con il destro, scatta<br />
carambolando fra due avversari, che<br />
stende di forza, presentandosi davanti al<br />
portiere. Lucio era un disastro, sapevamo<br />
che avrebbe sparato verso la nave, però<br />
con un tocco impercettibile e involontario<br />
aveva superato il portiere, fi nendo in<br />
porta lui, il pallone, il suo affare e tutto<br />
quanto nello stesso istante: 1-0.<br />
Aveva esultato per tre minuti berciando<br />
come un bongo, facendo gestacci<br />
e noi lì prima a guardarlo, poi a corrergli<br />
dietro per abbracciarlo, cercando nella<br />
mischia di tirargli qualche pedata di<br />
R ACCONTI<br />
Racconti<br />
Enrico Colussi]<br />
nascosto. Il gol li mandò in crisi. “Ma<br />
come facciamo a perdere con questi babbuini?”-dicevano.<br />
La domanda era la risposta allo svantaggio,<br />
avevano sottovalutato, giustamente,<br />
una squadra senza gioco e senza tattica.<br />
Avevamo paura, perchè sapevamo che<br />
se quelli l’avessero buttata su qualsiasi<br />
aspetto che non fosse stata la disperazione<br />
calcistica, sarebbe stato impossibile uscirne.<br />
Ci eravamo messi ancora di più a far<br />
barriera in area, Fulvio sbraitava ma nessuno<br />
lo ascoltava, avevamo le orecchie<br />
gonfi e di freddo e sudore. Faceva un freddo<br />
boia e la derelitta squadra di periferia<br />
stava battendo la seconda della classifi ca.<br />
Laurencic, il loro regista e faro, ci guardava<br />
senza capirci nulla, Vitez buttava palloni<br />
in mezzo, Gergolet bestemmiava come<br />
un archimandrita. Ma non passavano.<br />
A furia di girar a vuoto loro si erano<br />
cotti da soli e alcuni dei miei perdevano<br />
tempo buttandosi in terra, mentre loro ci<br />
insultavano in sloveno. Ad un minuto dalla<br />
fi ne uno mi strattona in corsa, l’arbitro<br />
non fi schia, io mando a cagare il mediano<br />
e quello mi tira giù un mezzo destro in<br />
faccia. Cado, mi fa male. Casino incredibile,<br />
i pochi genitori dalla tribuna vogliono<br />
saltare in campo, in panchina urla<br />
e minacce.<br />
“Slavi di merda!Terroni!Titini!Fascist<br />
i! Ladri! Ti aspetto fuori!” I soliti suoni.<br />
L’arbitro cacciò il mediano, mentre<br />
sulla tribuna arrugginita la gente si stava<br />
calmando: in fondo ad essere stato colpito<br />
ero solo io, non qualche idolo della curva<br />
come Lucio o Ezio. “Ecco! Un vero capitano<br />
ci rimette la faccia e anche il resto<br />
per la squadra”- mi disse il massaggiatore,<br />
e fu la mia medaglia..<br />
Dopo il caos arrivò il triplice fischio,<br />
avevamo vinto, loro superincazzati,<br />
noi a far festa, io sulla linea laterale<br />
a tenermi la faccia, poi tutti sotto la<br />
doccia, tranne me.<br />
All’una tornai a casa, con la borsa del<br />
ghiaccio sul muso. Mia madre mi vide e<br />
disse che non sarei andato più a giocare a<br />
calcio, non voleva gente rotta in casa.<br />
“Per rovinarti la testa hai ancora 70<br />
anni di tempo!”- mi stroncò.<br />
Me ne sono bastati molti di meno. ❒<br />
aprile 2010 • M T • 27<br />
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:El Gaucho<br />
(da <strong>Monfalcone</strong> a Salta,<br />
dal Manzanarre al Reno)<br />
Una Poesia Su Pizzolitto In Argentina<br />
Corre el gaucho nella pampa<br />
l'orizzonte si spalanca<br />
batte il cuore sotto il poncho<br />
dal Comune Dios lo scampa.<br />
Sanza posa, sanza tosa,<br />
sanza shopping né dinero<br />
sempre in sella al suo destriero<br />
sempre al trotto el gaucho va.<br />
Sta pensando al suo futuro:<br />
“Non sarà certo l’ospisio!<br />
Adelante, mio caballo,<br />
adelante con juicio.”<br />
Picchia il sole sulla pampa<br />
e negato gli è il diletto<br />
di pranzare con i cracker,<br />
il suo cibo prediletto.<br />
Picchia il sole e lui galoppa<br />
anelando alla frescura<br />
dondolando sulla groppa<br />
della sua cavalcatura.<br />
“Il futuro non è scritto!”,<br />
pensa el gaucho en Argentina:<br />
sulla pampa sconfinata<br />
picchia il sole, la mattina.<br />
Stefano Piredda<br />
monfalconeterritorio@gmail.com | blog: http://monfalconeterritorio.org<br />
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