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Monfalcone

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MT<br />

MONFALCONE TERRITORIO<br />

MT è un giornale promosso<br />

dall’associazione “libertà di parola”<br />

Reg. Trib. Go N° 01/09 del 08/01/2009<br />

Anno II, n° 1, Aprile 2010 | Prezzo 2 €<br />

LA FABBRICA DELLA PAURA<br />

MONFY E LA LOTTA<br />

AGLI INFEDELI<br />

ANCORA CARBONE<br />

PER MONFALCONE<br />

CENTRODESTRA<br />

MONFALCONESE<br />

MONFALCONE: ANATOMIA DI UN OMICIDIO<br />

Impaginato N°5.indd 1 12-04-2010 20:41:33<br />

M T


E DITORIALE<br />

Editoriale<br />

Eccoci al secondo anno.<br />

Siamo al primo numero del 2010.<br />

Con un po’ di ritardo sul previsto ma<br />

facciamo quello che possiamo .<br />

Anche se con grandi diffi coltà ci<br />

sembra importante mantenere viva questa<br />

voce fuori dal coro.<br />

A <strong>Monfalcone</strong> le cose continuano<br />

ad andare malamente. Assistiamo<br />

continuamente ad un imbarbarimento<br />

che a volte lascia sgomenti. La destra,<br />

Razzini in testa, non perde occasione per<br />

creare zizzania in città, per esasperare gli<br />

animi e creare solchi sociali diffi cili poi<br />

da ricomporre.<br />

Sembra sia andata persa ogni capacità<br />

di ragionare sui problemi, si preferisce<br />

agitarli, amplifi carli, inventarli per<br />

creare un clima di insofferenza che non<br />

appartiene alla nostra gente.<br />

Se ne sentono di tutti i colori: anche<br />

la proposta di abbattere gli alberi del<br />

viale per far posto a parcheggi. Sembra<br />

che ogni limite all’umana decenza sia<br />

ormai superato.<br />

In città si parla del mega piano Unicredit<br />

di cui si capisce la portata (1 ml di euro)<br />

ma non cosa rappresenterà per il nostro<br />

porto e la nostra città. Intanto la centrale<br />

termoelettrica continuerà ad andare a<br />

carbone ed il gas rimane una chimera.<br />

Con buona pace dei nostri polmoni. Di<br />

tutto questo parliamo nella copia di MT<br />

che avete tra le mani... ❒<br />

SOMMARIO<br />

2<br />

12<br />

21<br />

3<br />

4<br />

6<br />

8<br />

10<br />

11<br />

ECCOCI AL SECONDO ANNO<br />

IL MORSO DEL RAGNO<br />

MONFALCONE:<br />

ANATOMIA DI UN OMICIDIO<br />

SICUREZZA PER TUTTI<br />

O DELIRIO DI POTENZA?<br />

LA FABBRICA DELLA PAURA<br />

SE POTESSI AVERE 1000<br />

EURO AL MESE<br />

ANSIA PRESS<br />

MONFALCONE VISTA<br />

DA CHI CI VIENE A VIVERE<br />

DA FUORI<br />

SAPETE DOVE<br />

SI TROVA HAITI?<br />

COMITATO DI REDAZIONE<br />

Arturo Bertoli<br />

Bettina Binsau<br />

Mauro Bussani<br />

Giacomo Cuscunà<br />

Eva Demarchi<br />

Massimiliano Moschin<br />

DIRETTORE RESPONSABILE<br />

Gabriele Polo<br />

Michela Parovel<br />

Stefano Piredda<br />

Gianni Spizzo<br />

Franco Terzoni<br />

Roberto Zanet<br />

Tiziano Pizzamiglio<br />

13<br />

14<br />

15<br />

16<br />

17<br />

18<br />

20<br />

L’ISTINTO DELLA LIBERTÀ<br />

MONFY E LA LOTTA<br />

AGLI INFEDELI<br />

IL MURO DI MONFALCONE<br />

ANCORA A PROPOSITO DI AMIANTO<br />

ELZEVIRO<br />

LE MIE RIFORME<br />

IL CENTRO DESTRA<br />

MONFALCONESE BOLLE E RIBOLLE<br />

IN VISTA DEL 2011<br />

LA SCUOLA IN DEGRADO<br />

INTERVISTA AD ANTONIO INGROIA<br />

IL PORTO DELLE NEBBIE<br />

PROGETTAZIONE GRAFICA E IMPAGINAZIONE<br />

Lucia Bottegaro<br />

FOTO<br />

Foto di Roberto Francomano e Giacomo Cuscunà<br />

Copertina Giacomo<br />

22<br />

23<br />

24<br />

25<br />

26<br />

27<br />

28<br />

PENSO IN BISIACO, PARLO IN<br />

BISIACO, SONO BISIACO?<br />

MEDIAZIONE ANIMALE<br />

MAXI-ROTATORIA<br />

O MAXI-CAZZATA?<br />

MONFALCONE SI<br />

TRASFORMA..<br />

VARIETÀ<br />

ANCORA CARBONE PER<br />

MONFALCONE<br />

UNO A ZERO<br />

EL GAUCHO<br />

VIGNETTE DI<br />

Gianfranco Pilosio, Ester, Lara Babudro<br />

monfalconeterritorio@gmail.com<br />

Ringraziamo Gabriele Polo per aver<br />

acconsentito a fi rmare questo giornale<br />

STAMPA<br />

Stampato presso Grafi ka Soča Via Sedejeva, 4<br />

5000 Nova Gorica - Slovenia<br />

MT è un giornale promosso dall’ associazione “libertà di parola”.<br />

Un giornale per vivere ha bisogno del contributo di tutti coloro che hanno a cuore un’informazione libera e plurale. MT è aperto alle collaborazioni di tutti. Segnalazioni,<br />

articoli, proposte, offerte di collaborazione possono essere inviate a: monfalconeterritorio@gmail.com blog: http://monfalconeterritorio.org<br />

Impaginato N°5.indd 2 12-04-2010 20:41:35


Il morso del ragno<br />

Partiamo da un dato di fatto concreto:<br />

ben pochi oggi possono professarsi<br />

monfalconesi da più di due<br />

o tre generazioni, però magari percepirsi<br />

tali sì, tuttavia percepire è ben altra cosa<br />

dall’essere, come vedremo. Dunque si tratta<br />

di una comunità composita e sempre alimentata<br />

da nuovi venuti nella quale spesso<br />

i più intolleranti sono i penultimi arrivati.<br />

È un nuovo venuto il sindaco, e sono figli o<br />

nipoti di nuovi venuti quasi tutti i suoi assessori.<br />

Il dato oggettivo che ne consegue<br />

è che i nuovi venuti sono tali per ragioni di<br />

lavoro, e anche qua non ci piove.<br />

Non so se, in precedenza, l’integrazione<br />

fosse un fatto naturale, fatto sta<br />

che il fenomeno insicurezza esplode in<br />

questi anni e coincide con l’arrivo di una<br />

comunità proveniente da lontano e con la<br />

pelle appena un po’ più scura che, come<br />

chiunque altro in precedenza, è arrivata<br />

in città per concedersi un futuro grazie al<br />

lavoro, ed è proprio questo dato che ci<br />

rende tutti partecipi della medesima comunità<br />

di destino.<br />

Ora l’industria dell’insicurezza ha avviato<br />

la produzione anche nella fabbrica<br />

di <strong>Monfalcone</strong> e già il fatturato è significativo<br />

perché la paura del rischio dilaga e<br />

il bisogno di sicurezza è già una richiesta<br />

a cui volentieri rispondono i politici più<br />

voraci di consenso. In questo modo, la logica<br />

politica viene a corrispondere perfettamente<br />

a quella di mercato: prima si crea<br />

un bisogno, poi si realizzano i prodotti<br />

che, alla fine, vengono commercializzati.<br />

Tanto per essere chiaro confermo che<br />

l’insicurezza dilagante è figlia di quella<br />

politica insana che intenzionalmente l’alimenta<br />

ritenendo di ricavarne il consenso<br />

sufficiente per rimanere in sella.<br />

Il clima di paura non è suffragato da<br />

alcun dato reale e neanche da nessuna<br />

statistica ufficiale ma, lo stesso, si è scatenata<br />

una campagna d’insicurezza che<br />

ha per oggetto l’opinione pubblica monfalconese,<br />

come soggetti gli immigrati<br />

dal Bangladesh e come mezzo gli organi<br />

d’informazione locale che conoscono benissimo<br />

l’interesse dei lettori per tutto ciò<br />

che, anche di striscio, può essere definito<br />

cronaca nera. Ed è così che convergono<br />

gli interessi di informazione e politica che<br />

sono scontati quando si tratta di destra e<br />

forzati quando no. Su questo punto sarà<br />

bene spendere qualche parola in più per-<br />

ché le politiche di inserimento e di formazione,<br />

rivolte a chi è venuto in Italia<br />

per darsi un futuro, del “centrosinistra”<br />

furono del tutto insufficienti sopratutto a<br />

causa della variegata alleanza di partiti e<br />

partitini incapaci di darsi un programma<br />

di governo accettabile ed efficace, mentre<br />

gli interventi del governo di centrodestra:<br />

escludere gli immigrati dalla partecipazione<br />

alla nostra società, furono dettati da<br />

puntuali scelte politiche.<br />

Poi è chiaro che non sono tutte rose e<br />

fiori, ma è del tutto evidente che dall’inadeguatezza<br />

dell’accoglienza, che non è<br />

affatto facoltativa, ma imposta dalla globalizzazione,<br />

possono scaturire, disagio,<br />

regresso culturale e civile e sacche di povertà<br />

che queste sì possono determinare<br />

episodi di criminalità.<br />

Tuttavia, sia a destra e che a sinistra è<br />

ben noto, e infatti lo dichiarano apertamente,<br />

che l’insicurezza non è reale, ma solo<br />

percepita. Ma si può rispondere concretamente<br />

a ciò che per definizione è astratto?<br />

In un romanzo poliziesco di successo<br />

che si intitola Un luogo incerto, uscito nel<br />

2008 c’è un personaggio la cui vicenda<br />

umana è la metafora perfetta di tutto ciò<br />

che è percepito ma non è reale. Questo<br />

personaggio è Lucio, vicino di casa del<br />

commissario Jean Baptiste Adamsberg il<br />

celebre ispettore creato dalla dalla scrittrice<br />

francese Fred Vargas e diventato<br />

ormai un cult planetario. Lucio è privo<br />

di un braccio, lo ha perso 69 anni prima,<br />

quando di anni ne aveva solo nove, durante<br />

la guerra civile spagnola. Poco prima<br />

di perdere l’arto era stato morso da un<br />

ragno senza riuscire a finire di grattarsi.<br />

Per tutta la vita Lucio ha grattato a vuoto<br />

un braccio che non aveva più, percependo<br />

una sensazione che l’atto concreto di<br />

grattare il vuoto non può essere in grado<br />

di risolvere e nemmeno lenire. Alla stessa<br />

stregua, è impossibile produrre azioni<br />

concrete per ridurre o azzerare un sentimento<br />

astratto come l’insicurezza, a maggior<br />

ragione quando viene artificiosamente<br />

indotta da politici privi di cultura civile<br />

o, per contro, da politici che dietro il dito<br />

della cultura civile vorrebbero nascondere<br />

ciò che “rose e fiori” non è. E allora grattate,<br />

grattate all’infinito che tanto l’arto se<br />

l’è portato via la guerra di Spagna e il ragno<br />

è morto serenamente di vecchiaia da<br />

decenni. ❒<br />

M <strong>Monfalcone</strong><br />

ONFALCON<br />

[di Tiziano Pizzamiglio]<br />

Ben pochi monfalconesi<br />

oggi possono dichiararsi<br />

tali da più di due o tre generazioni,<br />

però magari percepirsi<br />

tali sì<br />

ma percepire è ben altra<br />

cosa dall’essere<br />

aprile 2010 • M T•<br />

3<br />

Impaginato N°5.indd 3 12-04-2010 20:41:35


M ONFALCONE<br />

<strong>Monfalcone</strong><br />

<strong>Monfalcone</strong>: anatomia<br />

di un omicidio<br />

LA SCENA DEL DELITTO<br />

Quando per l’ennesima volta mi sono<br />

sentito dire da triestini, goriziani, gradesi...<br />

che non venivano più a <strong>Monfalcone</strong><br />

perché “con tutto quello che si legge…”<br />

ho capito che il delitto era stato consumato!<br />

Il cadavere è sotto gli occhi di tutti: la<br />

“reputazione” della città di <strong>Monfalcone</strong>.<br />

Chi si occupa di comunicazione sa che è<br />

molto più semplice distruggere l’immagine<br />

di qualcuno o qualcosa che costruirla.<br />

Se nell’immaginario della gente si è<br />

consolidata l’equazione <strong>Monfalcone</strong> =<br />

paura, criminalità, violenza, sarà davvero<br />

molto difficile far cambiare idea. Come<br />

si sa, nella comunicazione la verità è un<br />

accessorio trascurabile, basta la verosimiglianza.<br />

I segni premonitori di questo delitto<br />

annunciato sono noti da tempo, ma si<br />

pensava che alla fine la ragione e la realtà<br />

dei fatti potessero avere il sopravvento. E<br />

invece pare proprio di no.<br />

Ma come si è arrivati all’omicidio?<br />

Quale o quali i moventi? E i killer?<br />

L’inizio della storia risale a qualche<br />

anno fa e segue un disegno preciso: creare<br />

le condizioni ambientali per indebolire<br />

la vittima, attribuire l’eventuale morte a<br />

cause naturali o a imperizia dei medici<br />

curanti, giustificare l’intervento miracoloso<br />

di improbabili salvatori della patria<br />

per resuscitare il morto.<br />

IL MOVENTE<br />

Per scoprire i colpevoli è necessario indagare<br />

sul movente. E qui di moventi ne abbiamo<br />

due: il primo riguarda l’economia,<br />

l’altro il potere.<br />

Si sa che un giornale, per vivere, ha<br />

bisogno di lettori e per conquistarli non<br />

si guarda in faccia nessuno! La storia del<br />

giornalismo e la fortuna dei tabloid inglesi<br />

ci insegnano che gli argomenti “acchiappa<br />

lettori” sono essenzialmente: il sesso,<br />

il sangue, lo sport, i tormentoni e tutti i<br />

loro derivati.<br />

La necessità di spregiudicatezza diventa<br />

più impellente quando le copie vendute<br />

passano dalle 50.000 dei tempi d‘oro<br />

alle risicate 30.000 dei nostri giorni. Bi-<br />

4 • M T • aprile 2010<br />

[di Arturo Bertoli]<br />

sogna correre ai ripari! E allora il Piccolo<br />

ingrana la marcia. Il primo tormentone<br />

risale al tempo della scelta della raccolta<br />

differenziata porta a porta. Per quasi due<br />

anni il giornale, quasi quotidianamente, si<br />

è esercitato nella costruzione dell’allarmismo:<br />

la raccolta porta a porta avrebbe<br />

reso la vita impossibile ai cittadini, la città<br />

sarebbe stata più sporca, le case sarebbero<br />

diventate maleodoranti, gli anziani non<br />

avrebbero mai imparato a differenziare<br />

i rifiuti, per non parlare degli immigrati,<br />

nostrani o stranieri.<br />

Addirittura la pagina web del Piccolo,<br />

per mesi, rappresentava <strong>Monfalcone</strong> con la<br />

foto di un cassonetto circondato di rifiuti.<br />

Ogni giorno articoli, lettere e sponsorizzazioni<br />

degli inceneritori (chiamati<br />

gentilmente termovalorizzatori), richieste<br />

di referendum, spazi concessi a ogni dichiarazione<br />

del centro destra per quanto<br />

ridicola e bizzarra fosse. Punti di vista<br />

parziali, usati anche recentemente, come<br />

la critica ai lievi aumenti di tariffa a <strong>Monfalcone</strong>,<br />

omettendo che a Trieste, dove<br />

praticamente la differenziata non si fa e si<br />

manda tutto a bruciare, le tariffe sono più<br />

alte del 50%.<br />

Finito un tormentone ne è partito subito<br />

un altro: quello sulla sicurezza. In due<br />

anni di grancassa <strong>Monfalcone</strong>, una delle<br />

città italiane con meno reati, è diventata<br />

una specie di Bronx, dove si rischia la<br />

vita girando per strada. Di volta in volta<br />

sono stati individuati i colpevoli del nulla,<br />

prima i trasfertisti meridionali, poi il<br />

bullismo dei ragazzi, poi i colpevoli perfetti:<br />

gli immigrati. E improvvisamente la<br />

comunità più pacifica che ci potesse capitare,<br />

i Bangladeshi dalla pelle un pochino<br />

più scura della nostra, sono diventati i<br />

capri espiatori. Poco importa che nessun<br />

reato sia mai stato contestato alla comunità,<br />

poco importa che i fatti e i numeri<br />

dimostrino che non c’è nessuna predisposizione<br />

a delinquere. Basta inventarsele,<br />

le cose. E allora ecco che diventa un problema<br />

il fatto che vadano in piazza, si siedano<br />

sulle panchine, girino in bicicletta,<br />

cucinino speziato, aprano negozi dei loro<br />

prodotti alimentari. Infine il colpo da maestro:<br />

sono mussulmani, quindi potenziali<br />

talebani (che è come dire che tutti i preti<br />

cattolici sono pedofili) e vogliono una<br />

moschea. Non importa che non l’abbiano<br />

mai nemmeno chiesta, non importa che<br />

il Comune, anche volendo, non potrebbe<br />

mai finanziarla. L’importante è inventare<br />

l’idea di un possibile pericolo e lavorarci<br />

sopra anche in assenza di fatti.<br />

L’altro elemento/movente, che ha determinato<br />

questa insensata campagna di<br />

terrore, è il potere e riguarda i due partiti<br />

di destra, Lega Nord e Popolo della libertà<br />

(di far quel che si vuole n.d.r.), che in<br />

città brillano per la mancanza di qualsiasi<br />

capacità progettuale. In anni di esistenza<br />

non hanno prodotto una sola idea su<br />

come governare la città, come risolvere<br />

i problemi del lavoro, della sanità, delle<br />

scuole, degli anziani. Ma hanno condiviso,<br />

alimentato, sostenuto e rilanciato, con<br />

il Piccolo, la campagna della paura. Flic e<br />

Floc alla guerra.<br />

Che le loro campagne non corrispondano<br />

alla verità dei fatti non è rilevante.<br />

A loro interessa prendersi le poltrone e<br />

non sono schizzinosi. Per raggiungere il<br />

potere di cui sono ghiotti non si fermano<br />

davanti a nulla, nemmeno di fronte al<br />

ridicolo.<br />

Eccoli allora sempre solerti sui due<br />

argomenti che il cielo ha offerto loro. Si<br />

agitano offrendosi come sceriffi, parlando<br />

per mesi di ronde (non pervenute), gridano<br />

al pericolo mussulmano soffiando continuamente<br />

su rigurgiti razzisti e si alleano<br />

con i prima odiati meridionali per dare<br />

addosso ai bangladeshi, evitando d’imporre<br />

questioni scomode alla Fincantieri<br />

dove la Lega ha conquistato poltrone di<br />

vertice. Così Nicoli, Razzini e i loro poco<br />

decorosi seguaci si sono lanciati in crociate<br />

politiche prima contro la moschea,<br />

che non c’è, poi per la sicurezza con la<br />

ridicola distribuzione degli spray al peperoncino,<br />

che però non fanno nelle città<br />

amministrate dai loro partiti dove il tasso<br />

di delinquenza è molte volte superiore a<br />

quello di <strong>Monfalcone</strong>.<br />

Si sa, l’importante non è la verità, ma<br />

l’apparenza. In fondo le tecniche usate<br />

dal Piccolo e dai partiti di destra a <strong>Monfalcone</strong><br />

sono ben studiate dalla psicologia<br />

Impaginato N°5.indd 4 12-04-2010 20:41:36


neurolinguistica applicata alle strategie<br />

persuasorie: più un concetto viene ripetuto,<br />

al di là della sua veridicità, più resta<br />

in memoria e maggiore è la probabilità<br />

che influenzi opinioni e atteggiamenti.<br />

Il movente è dunque chiaro. <strong>Monfalcone</strong><br />

deve morire affinché “loro” possano vivacchiare.<br />

I COLPEVOLI<br />

Le prove sono numerosissime e portano direttamente<br />

ai colpevoli, il movente è certo.<br />

Negli ultimi quattro anni il Piccolo<br />

ha offerto spazi generosi ai denigratori<br />

della città, ha ricostruito faziosamente i<br />

fatti e ignorato le dichiarazioni degli addetti<br />

ai lavori. Che importa se persino il<br />

questore, confortato dai numeri, ripete in<br />

continuazione che <strong>Monfalcone</strong> è una città<br />

tranquilla e sicura e che gli episodi di criminalità<br />

sono marginali? Che importa se<br />

i problemi maggiori sono quelli legati al<br />

sistema degli appalti e subappalti di Fincantieri<br />

con il loro corredo di paghe globali,<br />

di caporalato, di sfruttamento? Non<br />

importa, bisogna dire che <strong>Monfalcone</strong> è<br />

insicura, che non si può più passeggiare<br />

tranquilli nelle strade. E se non ci sono<br />

reati si amplificano i pochi che avvengono.<br />

Si spinge per riempire la città di telecamere<br />

che riprendono il nulla e si fa<br />

di necessità virtù lavorando sulla notizia.<br />

Così una scazzottata a scuola diventa bullismo<br />

di eccezionale gravità, un atto di<br />

banale vandalismo come il taglio di una<br />

tenda occupa una pagina intera (20 anni<br />

fa mi hanno rigato la macchina e rubato<br />

lo specchietto… e non c’erano Bangladeshi<br />

o trasferisti). E le interviste? Solo<br />

alle persone anziane, che dicono di avere<br />

paura di passare in piazza nonostante sia<br />

200 volte più luminosa di Piazza Vittoria<br />

a Gorizia. Le prove a carico del Piccolo<br />

sono schiaccianti.<br />

Inconfutabili anche le prove a carico<br />

dei complici: Razzini (Lega Nord) e Nicoli<br />

(Popolo della libertà - di far quel che<br />

si vuole - n.d.r.) che le pensano proprio<br />

tutte per sputtanare questa povera città.<br />

Ricordate quando dicevano: “adesso che<br />

a Gorizia comandiamo noi, cambieremo<br />

la raccolta differenziata” infatti tutto è rimasto<br />

– giustamente – come ai tempi del<br />

centro sinistra. I complici omettono di dire<br />

che nella quasi totalità dei comuni veneti,<br />

dove governano, la raccolta porta a porta<br />

si fa eccome e con modalità più restrittive<br />

che da noi. Altro cavallo di battaglia:<br />

il problema della sicurezza. D’altronde la<br />

cosa ha ben funzionato con Berlusconi.<br />

Ricorderete che prima delle ultime elezioni<br />

nazionali i telegiornali grondavano sangue,<br />

rapine in villa, furti, scippi, violenze<br />

di ogni tipo. Dopo la vittoria di Berlusconi,<br />

come per magia, tutto è praticamente<br />

scomparso, anche se le statistiche dicono<br />

che le variazioni sul numero e la tipologia<br />

dei reati sono di lieve entità.<br />

E così anche i nostri prodi guerrieri<br />

si sono messi di buona lena a denunciare<br />

la criminalità che invaderebbe la<br />

città. Razzini e Nicoli non hanno perso<br />

una sola occasione per ingigantire ogni<br />

piccolo episodio di disagio sociale in<br />

città, per evocare spettri e catastrofi, per<br />

invocare telecamere in ogni dove (ma<br />

il loro capo non è acceso fautore della<br />

privacy?). Hanno deciso di infischiarsene<br />

della nuda verità dei numeri, delle<br />

dichiarazioni degli addetti ai lavori, dell’evidenza<br />

dei fatti. Quello che importava<br />

loro era far crescere la percezione del<br />

M ONFALCONE<br />

<strong>Monfalcone</strong><br />

pericolo. Ecco la parola magica: paura<br />

percepita. E questa è un’altra prova a<br />

loro carico. Prima creano un clima di<br />

paura, poi, di fronte all’evidenza, ammettono<br />

che forse è vero, che non c’è la<br />

delinquenza tanto spesso evocata, ma la<br />

gente percepisce un clima di paura. E chi<br />

l’ha creato questo clima? Complimenti,<br />

un vero capolavoro!<br />

Centinaia di persone sono morte,<br />

muoiono e moriranno a causa dell’amianto.<br />

Uno spargimento di sangue senza precedenti.<br />

Eppure il crimine è sputare per<br />

terra.<br />

Di nuovo complimenti.<br />

I colpevoli, i killer hanno anche altri<br />

complici. Chi sono? Uno, ad esempio, è<br />

l’ex assessore Luise, il girovago della politica,<br />

l’uomo che nella sua vita ha cambiato<br />

più partiti che mutande, l’uomo che<br />

si è inventato le ordinanze per stroncare<br />

la delinquenza a <strong>Monfalcone</strong>: gli sputi<br />

(in un anno nemmeno una sanzione) e le<br />

biciclette parcheggiate male (per le auto<br />

in doppia fila, niente). L’uomo che se n’è<br />

andato dalla giunta non perché, come alcuni<br />

dicono, il centrosinistra non voleva<br />

candidarlo a prossimo sindaco, ma perché<br />

avrebbe voluto emettere ordinanze ancora<br />

più restrittive (contro cosa non è dato<br />

sapere).<br />

Altro complice il presidente locale<br />

dell’Ascom Boscarolli, sempre attivissimo<br />

nel denunciare il clima oscuro della<br />

città. Vorrebbe ancora più luci in centro<br />

ma non riesce a convincere i negozianti<br />

a lasciare le vetrine accese, vorrebbe la<br />

piazza nuovamente attraversata dalle auto<br />

e l’eliminazione del trasporto pubblico<br />

(saremmo gli unici al mondo!). Continuando<br />

a denigrare la città rende davvero<br />

un servizio fantastico ai suoi associati che<br />

vedono sparire, sempre di più, i clienti<br />

provenienti da fuori.<br />

Dipingere <strong>Monfalcone</strong> come la casbah<br />

che non è, come il bronx che non è,<br />

alla fine ha prodotto un grande risultato:<br />

isolare la città, renderla meno attrattiva,<br />

scoraggiare chi vorrebbe venire a viverci,<br />

aprire un’azienda o semplicemente a<br />

lavorare.<br />

Il danno l’hanno fatto. Quello che dovrebbe<br />

essere evidente a tutti è che non<br />

potranno mai essere gli assassini a ridare<br />

vita alla città che hanno ucciso. Toccherà<br />

a qualcun altro, non a loro, non a loro. ❒<br />

aprile 2010 • M T•<br />

5<br />

Impaginato N°5.indd 5 12-04-2010 20:41:37


SICUREZZA<br />

Sicurezza<br />

Sicurezza per tutti o<br />

delirio di potenza?<br />

Avanza in qualche maniera un immaginario<br />

collettivo che tende a ridefinire<br />

i giovani in quanto tali come<br />

una categoria pericolosa che deve per<br />

forza avere le caratteristiche del bullismo,<br />

del vandalismo e della dipendenza da alcool<br />

e sostanze.<br />

Si direbbe che i carabinieri odino il<br />

carnevale e facciano di tutto per impedire<br />

agli altri di divertirsi. Ad un anno preciso<br />

dalla ormai famosa “operazione blu”, le<br />

forze dell’ordine della provincia di Gorizia<br />

tornano a suscitare un certo clamore,<br />

in negativo vale la pena da aggiungere,<br />

inventando l’ennesima bislacca operazione<br />

tesa a colpire il piccolo consumo di<br />

sostanze leggere.<br />

Nella notte del 5 febbraio infatti scatta<br />

la perquisizione nelle case di una trentina<br />

di giovanissimi tra i 17 e 23 anni con<br />

risultati talmente scarsi che il comando<br />

provinciale, per salvare la faccia, si trincera<br />

dietro un ben poco plausibile scopo<br />

“educativo preventivo” dell’operazione.<br />

Sullo scopo educativo è bene stendere<br />

un velo di pietà e non spendere altre<br />

parole se non rimarcare il fatto che ben<br />

altri sono i soggetti competenti per questo<br />

tipo di iniziative, dalla famiglia alla<br />

scuola passando per le istituzioni e l’associazionismo.<br />

Preme invece sottolineare un altro<br />

aspetto, questo si la novità, assolutamente<br />

non condivisibile e del quale è necessario<br />

impedirne eventuali repliche.<br />

I ragazzini ed i loro genitori infatti<br />

sono stati indotti, evidentemente intimoriti<br />

dalla presenza delle divise alle tre di<br />

notte, a firmare un consenso per la ricerca<br />

di tracce di assunzione di sostanze nelle<br />

urine e solo in pochi casi tale tentativo è<br />

stato rifiutato.<br />

Si è così potuto assistere ad una continua<br />

processione verso il pronto soccorso<br />

dell’ospedale di San Polo proseguita per<br />

tutto il giorno tanto da mettere in crisi un<br />

servizio di prima emergenza già di per sé<br />

molto utilizzato.<br />

Nelle discussioni delle giornate successive<br />

a proposito di questo episodio<br />

sono emerse tutta una serie di valutazioni<br />

che è indispensabile riportare non<br />

fosse altro che per informare chiunque<br />

6 • M T • aprile 2010<br />

[di Mauro Bussani]<br />

dei propri diritti, sempre più messi in<br />

discussione da un modo di fare che si<br />

avvicina più all’esercizio ossessivo e delirante<br />

del mero potere piuttosto che a un<br />

ragionamento collettivo atto a garantire<br />

un miglior livello di sicurezza sociale<br />

per tutti.<br />

- L’analisi delle urine per verificare<br />

l’assunzione di qualsiasi tipologia di sostanze<br />

è un atto volontario che deve essere<br />

meditato in autonomia e consapevolezza,<br />

nessuno può esservi indotto dietro<br />

pressioni di chicchessia.<br />

- Il consenso può essere firmato solamente<br />

davanti al medico competente in<br />

La fabbrica<br />

della paura<br />

Il 5 e 6 febbraio il territorio monfalconese<br />

ha vissuto una iniziativa da<br />

parte dei Carabinieri, che ha avuto<br />

una larga eco sulla stampa locale: una<br />

trentina di ragazzi di età tra i 17 e i 23<br />

anni hanno subito all’alba una perquisizione<br />

domiciliare alla ricerca di sostanze<br />

stupefacenti; l’operazione ha visto<br />

protagonisti un centinaio di carabinieri<br />

e si è conclusa con l’accompagnamento<br />

“spontaneo” dei ragazzi al Pronto Soccorso<br />

dell’Ospedale di <strong>Monfalcone</strong> per<br />

sottoporli ai test antidroga.<br />

Tale operazione ha avuto una larga<br />

eco nella stampa locale; in particolare<br />

nei giorni e settimane successivi sono<br />

apparsi numerosi articoli, che portavano<br />

all’attenzione dei lettori il fatto che<br />

l’uso di droghe è largamente presente<br />

non solo nelle scuole, ma anche nei luoghi<br />

di lavoro ed intrattenimento.<br />

Che grande scoperta!!!<br />

Tutta l’operazione è stata presentata<br />

quanto autorità sanitaria; nessuna altra<br />

autorità dello stato può essere delegata a<br />

raccogliere tale adesione.<br />

- Tale analisi in virtù del persistere<br />

delle tracce nelle urine anche per settimane<br />

non ha carattere d’urgenza e pertanto<br />

non può essere utilizzato il pronto<br />

soccorso per tale scopo. Dopo questa vicenda<br />

infatti sarebbe il caso che la direzione<br />

sanitaria dell’ASS n°2 “Isontina”<br />

emanasse prontamente una circolare che<br />

specifichi meglio ai propri servizi la modalità<br />

idonea di intervento.<br />

- L’iter corretto per questo genere<br />

di intervento è recarsi dal proprio<br />

Come e qualmodo la repressione diventa<br />

maestra di vita<br />

[Gianni Cavallini]<br />

dall’Arma dei Carabinieri e dalla stessa<br />

Procura della Repubblica di Gorizia<br />

come un’attività di prevenzione, volta<br />

a sensibilizzare le famiglie e i giovani<br />

stessi rispetto al consumo di sostanze;<br />

esplicitamente è stata descritta come finalizzata<br />

al recupero di un “sano stile di<br />

vita”.<br />

Noi crediamo che tale operazione “preventiva”<br />

di polizia sia allarmante e ciò<br />

per alcune precise motivazioni:<br />

• Il consumo di sostanze a <strong>Monfalcone</strong>,<br />

come in tutto il mondo, è presente, va<br />

diffondendosi sempre più e non solo tra<br />

i giovani, assume i caratteri di un vero e<br />

proprio consumismo, dato che frequentemente<br />

l’acquisto non differenza più<br />

i tipi di sostanze, anche perché il mercato<br />

illegale dominato dalle organizzazioni<br />

criminali offre sostanzialmente<br />

allo stesso prezzo tutte le sostanze; le<br />

leggi orientate – come quella italiana<br />

– alla criminalizzazione e punizione<br />

Impaginato N°5.indd 6 12-04-2010 20:41:37


medico di fiducia per farsi prescrivere<br />

l’impegnativa, pagare il ticket relativo,<br />

aspettare il proprio turno presso l’ambulatorio<br />

analisi il giorno indicato dell’appuntamento.<br />

Non è un caso infatti che proprio<br />

verso questo modo di procedere si sia<br />

pronunciata da subito la Camera Penale,<br />

organo degli avvocati del Foro di<br />

Gorizia, con una dura nota firmata dal<br />

presidente avv. Riccardo Cattarini nella<br />

quale, tra l’altro, si afferma un’ “estrema<br />

preoccupazione per l’utilizzo di uno<br />

strumento delicato e assai invasivo quale<br />

quello dell’indagine penale in situazioni<br />

che paiono invece appartenere a forme<br />

di disagio sociale e che dunque debbono<br />

trovare giusta soluzione in interventi di<br />

natura educativa ed assistenziale, non già<br />

del consumo sono sostanzialmente fallite,<br />

proprio perché non sono state in grado di<br />

contrastare la diffusione molecolare del<br />

comportamento. In tutto il mondo, anche<br />

nei governi, cresce la consapevolezza<br />

della necessità di modificare radicalmente<br />

l’approccio, al fine di contrastare efficacemente<br />

la situazione.<br />

• L’educazione in particolare dei giovani<br />

non può essere affidata e gestita dagli<br />

organi di polizia, attraverso operazioni<br />

spettacolari quanto inutili (pochissimi i<br />

grammi di sostanze cannabinoidi sequestrate<br />

nell’operazione di <strong>Monfalcone</strong>):<br />

educare deve significare rinforzare nei<br />

giovani e nelle famiglie le conoscenze e le<br />

competenze sul tema specifico, in modo<br />

da rendere i consumatori soggetti capaci<br />

di realizzare scelte consapevoli dei rischi<br />

e delle modalità per contrastare i danni<br />

possibili.<br />

• Il consumo di sostanze è cosa diversa<br />

dalla dipendenza da sostanze: nel vino<br />

come nelle cosiddette droghe è esperienza<br />

diffusa l’utilizzo moderato e consapevole<br />

che non si accompagna allo stato di<br />

tossicodipendenza; da millenni l’umanità<br />

convive con questi comportamenti e a noi<br />

appare irrealistico pensare alla soppressione<br />

di questi comportamenti, attraverso<br />

in particolare il ricorso al carcere o a<br />

provvedimenti quali la sospensione della<br />

patente e dal lavoro, nel caso di positività<br />

in operazioni di polizia”. Nota trasmessa<br />

a tutti i livelli istituzionali dal ministro<br />

Maroni in giù.<br />

Avanza in qualche maniera un immaginario<br />

collettivo che tende a ridefinire i<br />

giovani in quanto tali come una categoria<br />

pericolosa che deve per forza avere<br />

le caratteristiche del bullismo, del vandalismo<br />

e della dipendenza da alcool e<br />

sostanze.<br />

Anche da questo punto di vista l’Italia<br />

continua a distinguersi dal resto del<br />

mondo per l’aspetto repressivo che viene<br />

dato a tutte le politiche sociali. L’unico<br />

modello educativo condivisibile è quello<br />

teso a far emergere in positivo dai ragazzi<br />

le specifiche risorse insite in ciascuno<br />

per metterle a disposizione della collettività.<br />

Che è tutt’altra cosa che eseguire<br />

i L<br />

consumo di sostanze<br />

è cosa diversa<br />

Ddalla dipendenza da<br />

sostanze<br />

ai test; non esiste in alcun paese del mondo<br />

prova di efficacia di approcci repressivi<br />

di questo tipo. Anzi in Italia – proprio<br />

a seguito dell’incarcerazione di massa per<br />

reati connessi al consumo di sostanze – le<br />

carceri ormai hanno raggiunto un livello<br />

inqualificabile di detenzione, stigmatizzato<br />

anche da organismi internazionali.<br />

Depenalizzare i reati connessi ai comportamenti<br />

sulle droghe consentirebbe di<br />

ripristinare nelle carceri stesse una situazione<br />

di gestione normale (si consideri<br />

che circa un terzo dei detenuti sono legati<br />

all’applicazione della Legge Fini Giovanardi<br />

sulle droghe).<br />

• Oggi i giovani sono oggetto di un approccio<br />

persecutorio: dalla presenza della<br />

Polizia con i cani nelle scuole ai continui<br />

controlli nelle strade è un susseguirsi<br />

di azioni di controllo particolarmente<br />

orientate ai giovani in quanto tali: quasi<br />

fossero una classe sociale pericolosa, i<br />

giovani vivono il proprio diritto alla vita,<br />

al divertimento, alla socialità come se si<br />

trattasse di un reato di per sé. Noi crediamo<br />

che un siffatto approccio – anche<br />

alla luce di esperienze già realizzatesi in<br />

SICUREZZA<br />

Sicurezza<br />

retate nel cuore della notte, con buona<br />

pace dei carabinieri.<br />

Nel frattempo, mercoledì 16 marzo è<br />

stata celebrata l’udienza preliminare della<br />

scandalosa “operazione blu” (vedere<br />

il secondo numero di MT) con tanto di<br />

presidio di protesta fuori dal tribunale di<br />

Gorizia. Tutti gli imputati rinviati a giudizio<br />

ma la nota rilevante è l’immediato<br />

proscioglimento dalle accuse relative all’aver<br />

adibito alcuni domicili privati e lo<br />

stesso edificio di via Natisone a luoghi di<br />

consumo di sostanze.<br />

Cioè Officina Sociale non era in alcun<br />

modo la centrale dello spaccio monfalconese<br />

come sbandierato a piena pagina<br />

sui giornali e come ipotesi portante di<br />

tutta l’operazione nelle teste degli inquirenti.<br />

❒<br />

S ICUREZZA<br />

Sicurezza<br />

altri contesti – possa solamente promuovere<br />

la progressiva marginalizzazione di<br />

fasce sempre più ampie di ragazze/i, che<br />

già -per la situazione del mercato del lavoro-<br />

vivono una concreta e quotidiana<br />

esperienza di precarietà rispetto al reddito<br />

e alla possibilità di soddisfare i comuni<br />

bisogni sociali.<br />

In conclusione, ritengo che quanto accaduto<br />

sia un eccellente segnale di una pericolosa<br />

deriva: diffusa nella popolazione è<br />

la paura per la propria sicurezza; in realtà,<br />

tutte le relazioni ufficiali, ministeriali e/<br />

o europee, confermano che il numero di<br />

reati, in particolare contro il patrimonio, è<br />

in costante riduzione in tutti i paesi cosiddetti<br />

sviluppati; il consumo di alcolici e di<br />

droghe è, invece, in progressivo aumento;<br />

la stessa legge sul tabacco, dopo l’iniziale<br />

successo, non ha assolutamente ridotto<br />

i consumi. Allora, se ciò è vero come è<br />

vero, possiamo capire che da una parte i<br />

provvedimenti “forti” non hanno efficacia<br />

sui comportamenti diffusi delle persone;<br />

dall’altra, che tali comportamenti (in crescita)<br />

non hanno alcuna correlazione con<br />

i reati (in diminuzione).<br />

Perché, allora, si spendono centinaia di<br />

migliaia di euro per installare telecamere<br />

nelle scuole( 800.000 solo a Udine)? Non<br />

è che per caso la costruzione della paura<br />

sia utile a realizzare profitti e controllo sociale?<br />

❒<br />

aprile 2010 • M T • 7<br />

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INTERVISTA<br />

Intervista<br />

Se potessi avere mille euro al mese<br />

Intervista a Paolo Sceusa,<br />

Presidente del Tribunale per i minorenni di Trieste [di Eva Demarchi]<br />

ciò che si vende come<br />

attenzione ai diritti del fan-<br />

“Tutto<br />

ciullo e dei minori assorbe<br />

risorse e crea un ritorno favorevole a<br />

chi promuove convegni, manifestazioni<br />

e quant’altro”.<br />

C’è grande attenzione, in giro, per le tematiche<br />

legate ai minori: celebrazioni di<br />

ricorrenze, interventi di esperti, protocolli<br />

d’intesa tra le scuole e gli enti territoriali,<br />

dibattiti, studi sul fenomeno del bullismo,<br />

servizi televisi e trasmissioni dedicate<br />

ai più disparati fenomeni di devianza<br />

dei minori … Insomma tutti si occupano<br />

della condizione minorile segnalando<br />

l’aumento del disagio, le violenze subite<br />

o perpetrate e così via. E’ un tema di<br />

grande attualità, così come la prevenzione.<br />

Prova ne sia che a <strong>Monfalcone</strong> perfi -<br />

no le nostre forze dell’ordine, a proposito<br />

dell’operazione antidroga, hanno messo<br />

l’accento sulla necessità di prevenire<br />

comportamenti pericolosi: “Tante famiglie<br />

– ha spiegato il comandante Zuliani<br />

– non immaginavano nemmeno che i fi gli<br />

consumassero droga, seppure leggera. È<br />

sbagliato – ha aggiunto il colonnello -,<br />

signifi ca che i ragazzi hanno già intrapreso<br />

la strada sbagliata. Può essere una vita<br />

rovinata in partenza. Per i genitori, la nostra<br />

operazione di forte prevenzione deve<br />

essere un bel campanello d’allarme”. (Il<br />

Piccolo)<br />

Insomma pare che l’attenzione del<br />

paese sia davvero molto forte quindi suppongo<br />

che le forze messe in campo sia per<br />

la prevenzione sia per la tutela e la giustizia<br />

minorile siano davvero effi cienti.<br />

Per averne conferma ne parlo con il dott.<br />

Paolo Sceusa, Presidente del Tribunale<br />

per i Minorenni di Trieste, organismo di<br />

competenza regionale.<br />

Conosco Paolo dal 1970, frequentavamo<br />

la stessa classe al Liceo, siamo amici<br />

8 • M T • aprile 2010<br />

e ricordo bene quando, giovanissimo intraprese<br />

la sua carriera in magistratura,<br />

era uno dei “giudici ragazzini” tanto cari<br />

a Cossiga… Sei anni al tribunale di Gorizia,<br />

una dozzina alla Procura dei minorenni,<br />

sei anni al Tribunale civile di Trieste.<br />

Da quanto tempo sei Presidente del<br />

Tribunale per i minorenni di Trieste?<br />

Da luglio del 2009.<br />

Qual è la situazione in merito agli organici,<br />

fi nanziamenti e così via?<br />

I problemi sono sempre gli stessi, scarsità<br />

di personale (l’organico è di 20 impiegati,<br />

presenti 11, di cui 6 a tempo pieno e<br />

i rimanenti part time) e carenza di mezzi<br />

materiali. I fondi del Ministero sono davvero<br />

esigui, quest’anno circa 1.000 euro.<br />

Tieni conto che le spese del Tribunale riguardano<br />

tutto ciò che serve: dotazioni di<br />

carta, toner, codici, che dobbiamo comprare<br />

dalle case editrici e che vengono<br />

ripubblicati frequentemente a seguito di<br />

continui aggiornamenti, abbonamenti a<br />

riviste, l’auto di servizio, la benzina…Ti<br />

faccio un esempio: in dicembre 2009,<br />

praticamente a fondi esauriti, ci giunge<br />

la disposizione del Ministero di fare la<br />

manutenzione dell’auto di servizio, im-<br />

matricolata dodici anni fa. Disponevamo<br />

di 300 euro, quindi mini gara d’appalto.<br />

Totale della spesa 380 euro. A venti giorni<br />

dalla messa a punto dell’auto ci perviene<br />

l’ordine di demolizione da eseguire entro<br />

dieci giorni. Detto fatto: a oggi siamo<br />

ancora senza automobile e il meccanico<br />

deve ancora avere 80 euro. La macchina è<br />

indispensabile, devo spostarmi in tutta la<br />

regione, quindi uso la mia…<br />

Quindi siete in diffi coltà?<br />

Direi proprio di sì, l’urgenza più seria<br />

riguarda il settore civile: affi damenti,<br />

adozioni nazionali e internazionali, provvedimenti<br />

sulla potestà, riconoscimenti<br />

e disconoscimenti. Sono circa 1000 casi<br />

l’anno. Il cattivo esercizio della potestà<br />

genitoriale in tutte le sue forme, dalle più<br />

piccole trascuratezze alle peggiori forme<br />

di abbandono, violenza e abusi sessuali,<br />

rappresenta l’urgenza reale e drammatica.<br />

Purtroppo non c’è suffi ciente tempestività<br />

rispetto a queste tematiche e siamo carenti<br />

di risorse umane, anche per quanto riguarda<br />

i servizi territoriali e gli enti locali…<br />

A proposito degli enti locali e dei servizi<br />

territoriali quanto è importante la loro<br />

azione?<br />

E’ fondamentale, proprio per affrontare le<br />

situazioni di disagio prima che esse arrivino<br />

sul mio tavolo. Mi spiego, l’azione<br />

dei servizi pubblici essenziali diffusi sul<br />

territorio è molto importante, dovrebbe<br />

offrire interventi preventivi prima che i<br />

disagi dei minori acquistino una rilevanza<br />

giuridica ma, purtroppo, risulta carente<br />

per i soliti motivi: risorse e fi nanziamenti<br />

insuffi cienti.<br />

Eppure, apparentemente, lo sforzo è<br />

grande...dei minori si parla molto…<br />

Sì, se ne parla, si parla molto, ma gli in-<br />

Impaginato N°5.indd 8 12-04-2010 20:41:39


terventi concreti a favore degli operatori<br />

minorili giudiziari e sociali non sono la<br />

priorità nella distribuzione delle risorse.<br />

Tutto ciò che si vende come attenzione<br />

ai diritti del fanciullo e dei minori assorbe<br />

risorse e crea un ritorno favorevole a<br />

chi promuove convegni, manifestazioni e<br />

quant’altro. Si tratta di quello che io definisco<br />

“minorilismo di facciata”, produce<br />

consenso senza affrontare e risolvere i<br />

problemi reali. Ti faccio un altro esempio:<br />

il Tribunale per i Minorenni è stato creato<br />

nel 1934, allora era composto da un organico<br />

di 3 giudici professionali, oggi siamo<br />

a un organico di 5 giudici.<br />

Il ministro Brunetta ha ripetutamente<br />

chiesto i tornelli per i magistrati dichiarando<br />

che “molti sono al lavoro 2/3<br />

giorni su sette”, che ne pensi?<br />

Evidentemente confonde il fatto che i magistrati<br />

lavorano per due o tre giorni con<br />

il fatto che tengono udienze due, tre se<br />

non quattro volte la settimana. La parte<br />

più consistente del lavoro, che riguarda<br />

lo studio dei fascicoli e la redazione delle<br />

sentenze, molti magistrati sono costretti a<br />

farla a casa per la cronica mancanza di uffici,<br />

computer e strutture adeguate. Provo a<br />

spiegarmi con un esempio: immagina che<br />

in un ristorante con venti coperti il cameriere<br />

e il cuoco siano la stessa persona…<br />

se tutti i tavoli sono occupati immagina i<br />

tempi di attesa per mangiare e prova ad<br />

immaginare il lavoro del cuoco/cameriere.<br />

E’ ovvio che la contemporaneità non è<br />

possibile. Il ministro Brunetta vede solo il<br />

lavoro di sala … Mi sono spiegato?<br />

Perfettamente. Veniamo al settore penale,<br />

qual è la situazione in regione?<br />

Affrontiamo circa 700 casi l’anno, per la<br />

maggior parte si tratta di reati patrimoniali<br />

(furti e danneggiamenti), anche se<br />

si avverte un incremento di reati a sfondo<br />

sessuale tra i minorenni. Nella nostra regione<br />

il settore penale è comunque meno<br />

significativo dal punto di vista dell’allarme<br />

sociale. I diversi provvedimenti messi<br />

in atto come perdono giudiziario, limiti<br />

più ampi della condizionale, messa alla<br />

prova, hanno come scopo il recupero socio<br />

educativo del minore.<br />

tUTTO CIÒ<br />

CHE SI VENDE<br />

COME<br />

ATTENZIONE<br />

Ai diritti del fanciullo e dei<br />

minori assorbe risorse e crea<br />

consenso<br />

Puoi spiegare in che cosa consiste il<br />

provvedimento di “messa alla prova”?<br />

Si tratta di un’innovazione nel processo<br />

penale minorile. Con questo provvedimento<br />

il processo viene sospeso e il minore<br />

è affidato ai servizi minorili dell’amministrazione<br />

della giustizia che, anche<br />

in collaborazione con i servizi socio-assistenziali<br />

degli enti locali, svolgono nei<br />

suoi confronti attività di osservazione,<br />

sostegno e controllo.<br />

L’applicabilità della misura è possibile<br />

indipendentemente dalla tipologia e<br />

dalla gravità del reato. Su precise indicazioni<br />

del Tribunale, che ritiene possibile<br />

il recupero del minore, i servizi sociali<br />

elaborano il progetto di messa alla prova,<br />

che deve necessariamente essere accettato<br />

e condiviso dal ragazzo. In una personalità<br />

in crescita, come quella del minorenne,<br />

il singolo atto trasgressivo non<br />

può essere considerato indicativo di una<br />

scelta di vita deviante, pertanto l’istituto<br />

della messa alla prova tende a non interrompere<br />

i processi di crescita del minore,<br />

puntando al suo recupero sociale.<br />

Il fenomeno del bullismo: proviamo a<br />

definire il termine, spesso abusato…<br />

Ovviamente nessuna legge definisce il<br />

termine bullismo, né descrive il comportamento<br />

da “bullo” in una forma specifica<br />

di reato. Per semplificare, forse banalizzando<br />

il concetto, posso dire che il bullismo<br />

sta alla scuola come il nonnismo sta<br />

alla caserma. Sostanzialmente si determina<br />

un clima, più o meno consapevole, di<br />

atti vessatori da parte di più persone verso<br />

un soggetto che già si trova in condizioni<br />

di fragilità personale e che proprio per<br />

questo diventa un bersaglio. La novità<br />

è l’attenzione speciale nei confronti del<br />

fenomeno perché alcune volte le conseguenze<br />

possono essere molto gravi: abbandoni<br />

scolastici, problemi psicologici o<br />

peggio, come alcuni fatti di cronaca hanno<br />

dimostrato.<br />

I NTERVISTA<br />

Intervista<br />

I casi di reati minorili sono in aumento<br />

in regione? Hai qualche dato anche sul<br />

territorio di <strong>Monfalcone</strong>?<br />

Tendenzialmente non si registra un significativo<br />

aumento della casistica penale<br />

minorile in regione, negli ultimi anni. Per<br />

quanto riguarda <strong>Monfalcone</strong> c’è un certo<br />

aumento delle denunce a carico dei minorenni<br />

ma nulla di allarmante. Non mi<br />

risultano in aumento reati, denunce e processi<br />

in merito all’uso, abuso e spaccio di<br />

sostanze stupefacenti e comunque si tratta,<br />

per lo più, di sostanze “leggere.” Per<br />

quanto riguarda il reato di clandestinità, a<br />

oggi, non ci sono state incriminazioni.<br />

Recentemente la Cassazione ha respinto<br />

il ricorso di un padre albanese, con<br />

moglie in attesa della cittadinanza italiana<br />

e due figli minori, che chiedeva di<br />

poter restare in Italia in nome del diritto<br />

al «sano sviluppo psicofisico» dei<br />

suoi bambini, che sarebbe stato alterato<br />

dall’allontanamento del papà. Che<br />

cosa ne pensi?<br />

In questo caso la sentenza della Cassazione<br />

ha ritenuto di non porre un problema<br />

di costituzionalità della normativa che ha<br />

applicato privilegiando, posso dire incredibilmente,<br />

l’osservanza delle norme anticlandestinità<br />

rispetto al diritto dei figli<br />

minorenni di conservare l’integrità della<br />

propria famiglia.<br />

Insomma la giustizia minorile funziona?<br />

Siamo classicamente tra il dire e il fare, in<br />

sostanza ci troviamo di fronte a un sistema<br />

di regole ben congeniate, che, ti assicuro,<br />

il mondo ci invidia, come ad esempio, la<br />

composizione mista del Tribunale fatta<br />

di giudici e di esperti di problematiche<br />

minorili. Il problema è l’attuazione, cioè<br />

il fare, che viene lasciato languire nella<br />

penuria di risorse umane e di mezzi di cui<br />

abbiamo parlato all’inizio.<br />

Grazie Paolo<br />

Prego, ma non dovevamo incontrarci per<br />

parlare di Avatar?<br />

La prossima volta, te lo prometto… ❒<br />

aprile 2010 • M T•<br />

9<br />

Impaginato N°5.indd 9 12-04-2010 20:41:40


ICUREZZA<br />

Sicurezza<br />

Ansia Press<br />

Ovvero cronache dalla città che non dorme mai<br />

(sonni tranquilli)<br />

<strong>Monfalcone</strong>, a leggerne sui giornali, ha un tremendo problema con il crimine e la<br />

sicurezza. Non c’è da sorprendersi, allora, che l’amministrazione, allarmata, chieda<br />

un incontro col questore con lo scopo di parlare di sicurezza. Anzi, di sicurezza e percezione.<br />

Binomio psicanalitico diventato ormai patrimonio comune.<br />

Il dott. Tozzi prende la parola, davanti<br />

ai seggi del consiglio comunale,<br />

con una relazione interessante, breve<br />

e concisa, che ritrae una città profondamente<br />

diversa da quella cesellata<br />

dal Piccolo, che quotidianamente tra<br />

bande armate e narcotrafficanti la paragona<br />

più alla periferia di Bogotà che<br />

alla realtà di una cittadina del nord-est.<br />

Parla a tutto tondo il questore di<br />

Gorizia. Parla della realtà dell’immigrazione,<br />

dei cambiamenti di composizione<br />

sociale, parla delle nuove droghe<br />

che girano tra i ragazzi, parla soprattutto<br />

di una città monitorata e molto controllata,<br />

provoca addirittura sull’ipotesi<br />

di un ulteriore aumento delle telecamere<br />

(poi puntualmente arrivato a breve<br />

giro di posta) considerando la presenza<br />

di occhi elettronici già sufficiente e oltretutto<br />

difficile da gestire, essendo palesemente<br />

impossibile mettere un uomo<br />

dietro ogni schermo, ventiquattro ore<br />

su ventiquattro (tra l’altro sarebbe un<br />

lavoro enormemente noioso ndA).<br />

Lo fa da uomo d’ordine, senza sociologia<br />

né giri di parole, facendo spesso<br />

ricorso a eventi, esempi, chiarimenti.<br />

Chiarisce una volta in più che la collaborazione<br />

con i vigili è più che buona e<br />

che l’organico attuale è da considerarsi<br />

sufficiente per coprire il territorio.<br />

Con in mano un foglietto di appunti<br />

riassume i numeri, usciti sulla stampa<br />

anche in questi giorni, della situazione<br />

criminale nel mandamento, numeri minuscoli,<br />

da contabilità elementare, indicativi<br />

di una situazione assolutamente<br />

sotto controllo, inserita in una dimensione<br />

urbana sicura e pacifica.<br />

Risponde con la calma e con i dati<br />

al fuoco di fila delle destre, pronte a<br />

spostare abilmente la discussione dalla<br />

sostanza, dai fatti, alle percezioni.<br />

Quando lascio la sala ho la netta<br />

sensazione che le garanzie portate siano<br />

sensate, ragionevoli e convincenti.<br />

Eppure nonostante le statistiche, no-<br />

10 • M T•<br />

aprile 2010<br />

VISTA DA VICINO<br />

[Alessandro Saullo]<br />

nostante i numeri (che nessuno smentirà,<br />

nemmeno in seguito), nonostante<br />

le garanzie del questore, assistiamo al<br />

quotidiano bombardamento mediatico...<br />

“Il questore non allontana la Paura”<br />

il titolo del giorno dopo sul Piccolo<br />

è il ritratto di un’offensiva mediatica<br />

e il manifesto di una linea editoriale.<br />

Quella della Paura.<br />

Sicurezza e Percezione, binomio<br />

che si ripete fino alla noia sui giornali,<br />

<strong>Monfalcone</strong> vista da chi<br />

ci viene a vivere da fuori.<br />

Vivo a <strong>Monfalcone</strong> da quasi 5<br />

anni, ma la mia prima volta qui<br />

è stata per un lavoro che durava<br />

una settimana, un lavoro incentrato su<br />

“La Questione Amianto”. Ho conosciuto<br />

la città con gli occhi di chi sa una sola<br />

cosa: che qui c’è tanta gente che muore<br />

di amianto. Ero qui per denunciare il<br />

Male, con le parole di Massimo Carlotto,<br />

con uno spettacolo teatrale. La prima<br />

cosa che mi ha colpito di <strong>Monfalcone</strong>?<br />

dotato di un piccolo trabocchetto retorico,<br />

se infatti è chiaro che la città è materialmente<br />

sicura, allora il problema si<br />

sposta sulla percezione. Ma come guarire<br />

un malato che non ha alcuna vera<br />

malattia?<br />

Ecco che si propone di armare i vigili<br />

urbani, di sparare raffiche di ordinanze,<br />

di aumentare le telecamere, di<br />

spendere fiumi di denaro pubblico (perchè<br />

di questo si tratta) per affrontare un<br />

problema che non c’è.<br />

Mentre si sposta, con questa scusa,<br />

lo sguardo lontano da una crisi economica<br />

angosciante che rischia di mettere<br />

in crisi l’intero comparto produttivo del<br />

territorio, da una ristrutturazione sanitaria<br />

che potrebbe annichilire la sanità<br />

isontina, da un progressivo logoramento<br />

dei diritti civili, dalla destrutturazione<br />

della cultura come spazio di proposta<br />

pubblica.<br />

Per questi temi non c’è spazio, tutto<br />

occupato dall’infinito dibattito sulla sicurezza<br />

placebo.<br />

Nel mercato elettorale, evidentemente,<br />

l’ansia paga un prezzo molto<br />

alto. ■<br />

[di Laura Fogagnolo]<br />

Che la Sua Fabbrica sia ancora attiva.<br />

Ma come? Ha provocato la morte di centinaia<br />

di persone ed è ancora qui? Col<br />

tempo ho capito il Suo peso nell’economia<br />

dei fatti e il vero significato del<br />

verso di una poesia “il cantiere è come<br />

un buon papà”. Ci si può ribellare ad<br />

un buon papà? Infatti molti ancora oggi<br />

fanno finta di niente. E la città va avanti:<br />

ignora i tanti morti, le tante brutture, per<br />

concentrarsi su somme lamentele come<br />

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Sapete dove si trova Haiti?<br />

Per la Gelmini lo studio della geografia non serve più [di Eva Demarchi]<br />

A<br />

questa domanda alcuni studenti hanno<br />

risposto con sicurezza:” E’ quell’isola<br />

delle ragazze con le corone di<br />

fiori al collo e i gonnellini di paglia”. Poco<br />

male, dirà qualcuno, confondere il Pacifico<br />

con i Caraibi non è un problema vitale.<br />

E sapere dov’è accaduto uno dei più gravi<br />

disastri della storia moderna non è fondamentale…è<br />

un posto così lontano…e<br />

poi la geografia è una materia così noiosa<br />

e desueta. Forse la pensa così anche il<br />

ministro Gelmini, che nella riforma delle<br />

scuola superiore prevede il ridimensionamento<br />

dello studio della geografia, disciplina<br />

già bistrattata alle medie, tagliata di<br />

netto negli istituti professionali e quasi in<br />

tutti i tecnici (anche nei nautici e aeronautici!!!),<br />

drasticamente ridotta nei licei.<br />

La Aiig, associazione italiana insegnanti<br />

di geografia, ha lanciato una raccolta<br />

firme via internet che ha raccolto<br />

4.000 adesioni in tre giorni. Come mai<br />

tanto clamore?<br />

«Perchè meno geografia rende tutti<br />

più poveri», risponde Gino De Vecchis,<br />

docente, geografo e presidente dell’Aigg.<br />

E ha ragione, perché privare gli studenti<br />

di conoscenze indispensabili relative ai<br />

problemi mondiali come quelli ambientali,<br />

socio-economici, geopolitici e culturali,<br />

legati alla globalizzazione, significa<br />

impoverire la formazione dei cittadini.<br />

Da anni ormai lo studio della geografia<br />

la compianta scomparsa del biscotto, le<br />

pericolosissime piste ciclabili, la brutalità<br />

delle strade cittadine e la disgraziata<br />

raccolta differenziata. Il discorso di Sior<br />

Anzoleto, che sempre abbonda di battute<br />

sui bengalesi che occupano la piazza<br />

e la città, mi infastidisce in quanto atto<br />

pubblico che alimenta l’intolleranza<br />

già abusata dai giornali e dal pensiero<br />

comune che cioè lo straniero sia una<br />

minaccia. Che cosa vede una Torinese<br />

di questa città? Vede tanta gente che ha<br />

voglia di vivere, di ridere, di creare iniziative.<br />

Vede molte ricchezze: il mare,<br />

orizzonte sempre aperto, il Carso, con<br />

la sua guerra e la sua testimonianza,<br />

un’eredità sociale e culturale originata<br />

non si limita alla<br />

memorizzazione<br />

nozionistica ma<br />

affronta tematiche<br />

legate all’umanizzazione<br />

del pianeta, alle<br />

relazioni tra la<br />

collettività e la<br />

natura nel corso<br />

della storia, all’intercultura…<br />

Se nella scuola<br />

dell’obbligo si<br />

può riparare (con<br />

fatica) ai tagli attraverso<br />

l’insegnamento interdisciplinare<br />

(storia, scienze, italiano, cittadinanza e<br />

quant’altro) è proprio nella scuola superiore<br />

che l’approfondimento di temi così<br />

complessi ma indispensabili dovrebbe<br />

trovare la giusta collocazione. Invece la<br />

geografia viene accorpata alla storia (nel<br />

biennio) per un totale di 3 ore settimanali<br />

e scompare nel triennio! Ancora una volta,<br />

in nome del riordino e della razionalizzazione<br />

(vedi risparmio), si usa l’accetta<br />

e si colpisce dove, apparentemente, fa<br />

meno male: materia di serie “b”, noiosa e<br />

inutile dal momento che su Internet si può<br />

trovare tutto!<br />

Così continueremo a stupirci dell’<br />

ignoranza della geografia, anche quella<br />

anche dall’essere stata crocevia di tante<br />

esistenze, di tanto lavoro, di tante provenienze<br />

e di tanto dolore. È una terra<br />

che ha dato tanto questa, cadendo forse<br />

in una sorta di abitudine all’oblio: si dimentica<br />

di queste terre il resto d’Italia e<br />

si dimenticano della propria storia molti<br />

di quelli che qui vivono. C’è paura dell’altro,<br />

ma fomentare paure e amplificare<br />

i facili giudizi ci allontana, ci tiene<br />

chiusi in casa, ci fa presumere di sapere<br />

già tutto. Siamo tutti soltanto ospiti temporanei<br />

del territorio in cui viviamo: qui<br />

possiamo dare e avere nella misura in<br />

cui mettiamo in gioco le nostre energie<br />

per conoscere e rispettare ogni altro da<br />

noi. ■<br />

S CUOLA Scuola<br />

“tradizionale”, che almeno ci permetteva<br />

di collocarci nel mondo partendo dal nostro<br />

territorio, la regione, lo stato e così<br />

via. Continueremo a ridere amaramente di<br />

fronte all’incertezza sulla capitale d’Italia<br />

e a pensare che a scuola “non insegnano<br />

più niente”. Beh, non è sempre colpa della<br />

scuola, spesso scelte scellerate rendono<br />

impossibile la trasmissione dei saperi! Non<br />

voglio certamente difendere la memorizzazione<br />

delle nozioni su bandiere, altezze<br />

dei monti, capitali e fiumi, argomenti così<br />

cari ai quiz televisivi, che pure ci dimostrano<br />

quanto poco conosciamo del nostro<br />

pianeta, ma sono convinta che lo studio<br />

della geografia oggi sia indispensabile alla<br />

formazione del cittadino globale.<br />

E allora viva la geografia che fa riflettere<br />

i ragazzi sulla qualità della vita, sulla<br />

tutela dell’ambiente, sul consumo di energia,<br />

sulle cause e le conseguenze dei movimenti<br />

di popolazione e la crescita incontrollata<br />

delle megalopoli; viva la geografia<br />

che stimola a conoscere come è la vita in<br />

altre parti del mondo; viva la geografia che<br />

porta a conoscere chi arriva da lontano e<br />

vive accanto a noi, anche in classe; viva la<br />

geografia che ci proietta oltre il confine di<br />

casa nostra; viva la geografia che insegna<br />

a leggere le carte e che aiuta a comprendere<br />

il paese che visitiamo in vacanza; viva<br />

la geografia, che anche grazie a Internet,<br />

GPS e quant’altro ci aiuta a trasferire le<br />

nostre conoscenze dal locale al globale.<br />

Insomma, viva la geografia senza la quale<br />

non c’è storia e viceversa. E’ ovvio che tutto<br />

ciò non serve per partecipare al “Grande<br />

Fratello”… ma forse “resistono” anche altre<br />

aspirazioni, o no? ■<br />

aprile 2010 • M T•<br />

11<br />

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I L’istinto della Libertà<br />

NCONTRI<br />

Incontri<br />

Breve intervista a Beppino Englaro [a cura di Giacomo Cuscunà]<br />

Ad un anno da quando l’intero dibattito<br />

politico, mediatico e civile<br />

era incentrato sul caso di Eluana,<br />

qual’è oggi la situazione della legge sul<br />

fine-vita, da un punto di vista politico?<br />

Come si può constatare i politici non hanno<br />

ancora trovato il bandolo della matassa,<br />

il filo rosso per portare questa legge al<br />

livello che deve avere una norma che si<br />

occupa di questi temi eticamente sensibili.<br />

Sono lontani dal darle l’impostazione<br />

giusta.<br />

Al di là degli slogan che tanto hanno<br />

- CENTRALINO COMUNALE-<br />

Driiiin....Driiiin...<br />

- “Comune di <strong>Monfalcone</strong>, desidera?”<br />

- “Si, sono Naci. Antonio Naci. Vorrei<br />

parlare con il parroco del comune”<br />

- “Mi scusi, questo è il centralino del municipio,<br />

per parlare con un prete dovrebbe<br />

provare a telefonare in canonica”<br />

- “Come? Non è mai stato assunto un<br />

parroco comunale? Vergognatevi, non è<br />

accettabile che il Comune di <strong>Monfalcone</strong><br />

non tenga conto delle esigenze del mondo<br />

cattolico”<br />

12 • M T•<br />

aprile 2010<br />

riempito le bocche dei politici, secondo<br />

lei si arriverà ad una legge realmente<br />

laica attraverso un dibattito serio all’interno<br />

delle istituzioni?<br />

Senz’altro è possibile. Ci deve essere però<br />

la volontà politica di dialogo e di confronto.<br />

Ma che siano un dialogo ed un confronto<br />

realmente aperti.<br />

Lei al momento vede questa possibilità?<br />

No in questo momento no. Ancora non la<br />

intravedo.<br />

Durante l’incontro ha sottolineato<br />

Monfy e la lotta agli infedeli<br />

Vivaddio (espressione scelta non a<br />

caso) l’Italia è un paese laico. Le posizioni<br />

del mondo cattolico, chiaramente<br />

espresse nelle sedi ecclesiali più autorevoli,<br />

vanno rispettate, ma non per<br />

forza ascoltate con riverenza e considerate<br />

“Verbo”.<br />

In fin dei conti gli omosessuali secondo<br />

me non sono anime perse o esseri contro<br />

natura e in certi paesi sarebbe meglio<br />

incentivare l’utilizzo del preservativo<br />

per contrastare il contagio e la<br />

diffusione dell’AIDS. Ma si sa: siamo<br />

come abbia sentito una forte sensibilità<br />

da parte della gente comune...<br />

Sì, questo è vero. Il clima culturale è cambiato<br />

e lo dicono i sondaggi. Ne sono un<br />

segnale anche tutte quelle persone che si<br />

stanno muovendo per avere nei comuni<br />

e nelle province la possibilità di lasciare<br />

le indicazioni terapeutiche nel caso ci si<br />

venisse a trovare “scoperti” nel dialogo<br />

medico-paziente. La gente comune credo<br />

si stia muovendo bene.<br />

Secondo lei perchè nessuno sottolinea<br />

adeguatamente la contraddizione tra<br />

le dichiarazioni di alcuni schieramenti<br />

politici che si ergono a difensori della<br />

vita oltre ogni limite e le azioni concrete<br />

poi intraprese dagli stessi? Penso ai tagli<br />

all’assistenza ai malati di SLA.<br />

Questo è preoccupante. L’ho detto: guai<br />

l’abbandono terapeutico. Hanno promesso<br />

che nessuno verrà abbandonato. Ma<br />

certo, sono i cittadini che devono rivendicare<br />

quello che a loro è stato promesso.<br />

L’hanno attuato da una parte contro<br />

la volontà di qualcuno, come nel caso di<br />

Eluana. Lo devono attuare con chi ritiene<br />

giusto vivere così.<br />

Ritiene che i media di oggi possano<br />

rappresentare un mezzo per mantenere<br />

alta l’attenzione su questi temi?<br />

I media oscillano. Alle volte cavalcano<br />

queste cose, alle volte rimuovono anche<br />

loro più del dovuto, da una situazione invece<br />

a cui sarebbe necessario dare maggiore<br />

rilievo. ■<br />

[di Giacomo Cuscunà]<br />

quasi in primavera e in questa stagione<br />

le offensive dei talebani ricominciano a<br />

farsi sentire.<br />

Ultima escalation la “benedizione mancata”<br />

che ha, più che mosso le coscienze,<br />

dato fiato a tromboni e riempito pagine<br />

sul quotidiano locale. Comunque, per<br />

fortuna c’è qualcuno che pensa e interpreta<br />

il cattolicesimo come una fede illuminata<br />

e aperta. Provare per credere, vi<br />

consiglio il Centro Balducci di Zugliano<br />

(Ud) e una chiacchierata con Don Pierluigi<br />

di Piazza. ■<br />

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Il muro di <strong>Monfalcone</strong><br />

I monfalconesi, membri di una nuova comunità [di Maurizio Platania]<br />

A<br />

<strong>Monfalcone</strong> ci si diverte a fare esperimenti.<br />

E’ un po’ tutto un esperimento<br />

in giro, ma qui a <strong>Monfalcone</strong><br />

siamo più convinti che altrove e poi quanto<br />

a know-how non ci batte nessuno, sono<br />

cento anni buoni che qui si fanno esperimenti.<br />

La città sperimentale è sotto gli<br />

occhi di tutti. Ai tradizionalisti non piace,<br />

cioè a quelli che vagheggiano una vecchia<br />

<strong>Monfalcone</strong> probabilmente mai esistita e<br />

che comunque non hanno fatto in tempo<br />

a vedere. <strong>Monfalcone</strong> è un esperimento<br />

continuo perlomeno dalla fondazione del<br />

cantiere, una realtà che non si è mai assestata<br />

e che oggi è lontanissima da una<br />

qualsiasi sorta di assestamento. Diceva<br />

il vecchio Baudelaire che una città<br />

cambia più rapidamente del cuore<br />

di un uomo e <strong>Monfalcone</strong> cambia<br />

da un giorno all’altro. In giro non<br />

si vedono mai le stesse facce,<br />

e se non altro non ci si annoia.<br />

L’amministrazione comunale poi<br />

ci mette del suo modifi cando in<br />

continuazione la viabilità e questo<br />

contribuisce a disorientare il<br />

cittadino, ma anche il non cittadino,<br />

se si può parlare di non cittadini.<br />

Il nocciolo della questione è esattamente<br />

questo, le frotte di ragazze bengalesi dai<br />

vestiti sgargianti che capita d’incontrare<br />

per le strade alla chiusura delle scuole<br />

sono esempi di non cittadine? Sono non<br />

monfalconesi, o diversamente monfalconesi?<br />

E’ possibile che una ragazza nata<br />

a <strong>Monfalcone</strong>, o comunque cresciuta a<br />

<strong>Monfalcone</strong>, ma i cui antenati coltivavano<br />

il riso nel delta del Gange-Brahmaputra,<br />

poi di fatto non sia una monfalconese tanto<br />

quanto un negoziante del centro, uno<br />

degli ultimi rimasti, i sopravvissuti alla<br />

metastatizzazione dei centri commerciali?<br />

Respira l’aria che respira il negoziante, e<br />

dicono non sia particolarmente salubre,<br />

cammina per le stesse strade, frequenta<br />

la stessa scuola frequentata dai nipotini<br />

del negoziante, anche se poi in classe la<br />

ragazza bengalese e il nipotino del negoziante<br />

non si rivolgono la parola e forse<br />

non si guardano neppure in faccia. Esiste<br />

un muro fra i due, fatto anche solo di timidezza,<br />

il grave è che questo muro se non<br />

lo si abbatte neppure in classe, ci sono poche<br />

speranze che si riesca a farlo altrove.<br />

Per la strada siamo tutti anonimi, tutti<br />

stranieri, quelli che vengono da fuori, perché<br />

<strong>Monfalcone</strong> somiglia poco a Napoli<br />

o a Mostar o a un villaggio qualsiasi del<br />

Bangladesh, quelli che l’incredibile volatilità<br />

demografi ca cittadina fa sembrare<br />

autoctoni, perché non riconoscono più la<br />

<strong>Monfalcone</strong> di ieri, letteralmente di ieri, e<br />

non riescono a farsene una ragione.<br />

<strong>Monfalcone</strong> è diventata una città di stranieri,<br />

anzi una città straniera, straniera<br />

a se stessa, straniera ai suoi abitanti e<br />

nessuna città può permettersi a lungo un<br />

lusso del genere. Esiste per ciascuno<br />

di noi la vitale necessità di riconoscersi<br />

negli altri e nella città in cui si vive. Ai<br />

gloriosi tempi dell’indipendenza indiana<br />

Ghandi constatò che l’India era un paese<br />

irriducibilmente multiculturale e che ogni<br />

tentativo di omogeneizzazione sarebbe<br />

miseramente fallito. Era necessario che<br />

ciascuno restasse se stesso, l’indù, il musulmano,<br />

il cristiano, il sikh, ma che nello<br />

stesso tempo conoscesse l’altro. Era necessaria<br />

valorizzare le affi nità, piuttosto<br />

che le differenze, nella convinzione che al<br />

fondo di tutte le religioni, e di tutte le culture,<br />

vi fossero delle fondamenta comuni.<br />

Ghandi in sostanza immaginava il futuro e<br />

lottava per costruire il futuro che immaginava.<br />

Ci si chiede molto di meno, cioè di<br />

considerare la comunità dei monfalconesi,<br />

a prescindere dall’origine, membri di<br />

una nuova comunità, le cui regole di con-<br />

C ITTÀ Città<br />

vivenza sono in sostanza già state scritte<br />

dalla nostra costituzione. E’ un discorso<br />

di diritti e di doveri, molto più semplice<br />

in Italia che in India al tempo di Ghandi o<br />

anche adesso dove ad esempio in ambito<br />

induista non ci si è rassegnati alla parità<br />

giuridica dei dalit o intoccabili. Come<br />

tutti i discorsi esige le sue solide basi economico-giuridiche.<br />

E’ noto, ma mai abbastanza,<br />

il meccanismo che ha condotto<br />

genti di tutte le razze a convivere in una<br />

cittadina dell’Alto Adriatico. Il processo<br />

di esternalizzazione delle lavorazioni in<br />

cantiere, già avviato da decenni, ha subito<br />

un’accelerazione negli ultimi anni. E’<br />

opinione non peregrina che l’obiettivo<br />

fi nale del management Fincantieri sia<br />

una pressoché totale esternalizzazione<br />

dietro il pretesto della crisi, sotto<br />

il quale si nasconde la volontà di<br />

ottimizzare i profi tti. E’ un fenomeno<br />

globale, ne abbiamo numerosi<br />

esempi in Italia, ad esempio<br />

nel settore farmaceutico.<br />

Se queste sono le basi della convivenza,<br />

cioè lo sfruttamento di una<br />

manodopera spesso straniera, non<br />

qualifi cata né tantomeno sindacalizzata,<br />

non c’è che dire, sono estremamente fragili<br />

e comunque dolorose. Dietro quella<br />

ragazzina bengalese che esce di scuola<br />

con lo zainetto in spalla c’è un padre che<br />

fa turni di notte in condizioni giudicate<br />

schiavili e di cui nessun sindacato fi nora<br />

si è fatto carico. Un padre che sarà odiato<br />

dai colleghi italiani, proprio perché si presta<br />

a lavori schiavili. Temono di essere<br />

costretti ad imitarlo di qui a non molto, e<br />

forse già lo imitano, pur di portare soldi<br />

a casa.<br />

Non c’è da farsi troppe illusioni su soluzioni<br />

indolori. La ricerca del profi tto e le<br />

necessità della convivenza, per non dire<br />

della ridefi nizione del concetto di cittadinanza,<br />

seguono percorsi inconciliabili.<br />

Presto o tardi si dovrà intervenire sui processi<br />

di produzione, come già si dovrebbe<br />

fare anche solo attenendosi al diritto del<br />

lavoro.<br />

Intanto la ragazza è tornata a casa. Alla<br />

mamma racconta che a scuola è andato<br />

tutto bene. E’ un tipo intelligente, ha visto<br />

quel muro in classe, ma non se ne è<br />

lasciata spaventare. ■<br />

aprile 2010 • M T•<br />

13<br />

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A MIANTO<br />

Amianto<br />

Ancora a proposito<br />

di amianto [di Giacomo Ioan]<br />

Non era più mia intenzione tornare a<br />

scrivere alcunchè inerente al problema<br />

amianto, dato che si è aperta<br />

una grossa ferita ogni volta che l’ho fatto.<br />

Circa un anno fa, ho contribuito con<br />

la mia testimonianza nella stesura di un<br />

libro che uscirà a breve, sovvenzionato<br />

dalle tre associazioni (SPYRAGLIO,<br />

AEA e LILT) ed anche in quella circostanza<br />

ho sofferto non poco nel leggere<br />

altre testimonianze di lavoratori che hanno<br />

prestato la loro opera lavorativa in<br />

Fincantieri/MO e che, poco tempo più in<br />

la, sono deceduti da mesotelioma (tumore<br />

della pleura).<br />

Quello che mi ha fatto cambiare idea è<br />

stata una telefonata ricevuta recentemente<br />

da un mio ex collega di lavoro dove mi informava<br />

che l’avevano appena operato e<br />

che gli diagnosticavano un mesotelioma.<br />

Si sta assistendo ad un’indifferenza<br />

generale su questa tragedia immane che<br />

si perpetua ormai da troppi anni. Mentre<br />

migliaia di lavoratori che hanno dato una<br />

vita di lavoro per mantenere le proprie famiglie<br />

e hanno contribuito al boom economico<br />

del nostro paese muoiono come<br />

cani rabbiosi soffocati dall’amianto.<br />

Milioni di cittadini si sono scandaliz-<br />

14 • M T•<br />

aprile 2010<br />

zati ultimamente guardando un fi lmato<br />

in onda nei telegiornali, dove la camorra<br />

eseguiva un’esecuzione in pieno giorno<br />

in un bar di Napoli nell’indifferenza di<br />

tutti i presenti come se quanto accadeva<br />

fosse una normalità, ma sono in pochi<br />

però a scandalizzarsi quando un killer<br />

silenzioso come l’amianto ammazza migliaia<br />

di persone e dove non si intravede<br />

ancora una fi ne.<br />

Circa un anno fa, intervenne il capo<br />

dello stato presso le procure di Trieste e<br />

Gorizia sollecitando il riavvio dei processi<br />

“inceppati” da troppo tempo. Ma come<br />

sempre nulla cambia, si continua a rinviare<br />

le sentenze da un’udienza all’altra.<br />

Non parliamo delle forze politiche<br />

che su questo tema hanno legiferato circa<br />

un anno fa la prescrizione dopo dieci anni<br />

anche per i casi di morte d’amianto.<br />

Il D. di legge che dorme già da diversi<br />

anni in Parlamento e che prevede un<br />

risarcimento per le vittime dell’amianto<br />

continuerà a sonnecchiare visto che il<br />

Governo ha ben altre cose a cui pensare<br />

in questo momento.<br />

Spero di sbagliarmi, ma ho l’impressione<br />

che anche l’opinione pubblica si<br />

stia assuefacendo a questo stillicidio di<br />

morti, senza chiedersi se qualcuno sia<br />

responsabile di questo disastro e magari<br />

si renda responsabile nel risarcire i danni<br />

procurati a tante famiglie. Forse si pensa<br />

che accompagnare il feretro in cimitero<br />

sia una specie di rassegnazione di fronte<br />

ad un destino che ormai non si può più<br />

cambiare, oggi a lui e domani a me.<br />

Io personalmente invece non mi rassegno<br />

poichè dentro di me provo una<br />

gran rabbia. Ogni volta che scopro un<br />

mio ex collega di lavoro che ha contratto<br />

il mesotelioma è come se avessi una<br />

bomba nello stomaco che stà per esplodere.<br />

A questo punto ho ragione di credere<br />

che si giochi tutto sul tempo, lasciando<br />

il tutto inalterato, in uno stallo infernale,<br />

tanto penserà sempre il tempo a cancellare<br />

i morti, i ricordi e gli affetti stroncati<br />

ai propri cari.<br />

Per concludere, penso che sia legittimo<br />

chiedersi: ma quanto sangue ancora<br />

bisogna versare prima che si faccia giustizia<br />

sulle morti dall’esposizione all’amianto?<br />

■<br />

ELZEVIRO:<br />

il giorno<br />

del ricordo<br />

[di Giacomo Cuscunà]<br />

Lasciarono le loro case con<br />

i pochi averi che erano riusciti<br />

a recuperare chiusi in<br />

grandi fagotti improvvisati con le<br />

lenzuola. Le chiavi di casa in tasca.<br />

Alcuni credevano di poter un<br />

giorno tornare. Altri ci speravano<br />

soltanto. In pochi immaginavano<br />

che quello era in realtà l’inizio di<br />

un esilio.<br />

Scapparono per sottrarsi alle<br />

violenze che imperversavano sempre<br />

più intense sul territorio, ma i<br />

più furono costretti a partire dopo<br />

aver assistito alla distruzione del<br />

proprio villaggio e in molti casi<br />

all’uccisione dei propri cari. Così<br />

cominciò l’esodo che li avrebbe<br />

visti segregati in campi profughi.<br />

Dimenticati.<br />

La guerra, che sul fi nire degli<br />

anni ‘40 del ‘900 per quasi tutti<br />

poteva dirsi conclusa, per altri, per<br />

loro, cominciava appena. L’area<br />

geografi ca che fece da palcoscenico<br />

a questi fatti era stata da sempre<br />

terra di conquista per gli eserciti<br />

imperiali più importanti del continente<br />

europeo ed asiatico. Regione<br />

piccola, racchiusa tra il mare e le<br />

colline, luogo di incontro (e a volte<br />

scontro) di culture e genti diverse.<br />

Da tutti voluta e rivendicata.<br />

I profughi si ritrovarono così da<br />

un giorno all’altro senza una casa,<br />

senza una patria, vittime di una<br />

vera e propria pulizia etnica, che<br />

non risparmiò nessuno.<br />

Ancora oggi conservano gelosamente<br />

le loro chiavi, simbolo<br />

della loro catastrofe, nell’attesa di<br />

fare ritorno nella loro terra. In Palestina.<br />

❖<br />

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Le Mie Riforme<br />

Seconda riforma: il voto sottrattivo [Il dottor Divago]<br />

Ed eccoci alla seconda cruciale riforma:<br />

la legge elettorale. Sì, perché<br />

una volta ottenuta la sua brava patente<br />

per votare (si ricorderà che nello<br />

scorso numero si auspicava l’introduzione<br />

di una patente -a punti- abilitante<br />

all’esercizio del diritto di voto), l’elettore<br />

di sinistra come quello di destra si<br />

troverà di fronte al solito attanagliante<br />

dilemma: “e ora che me ne faccio di sta<br />

patente dato che il mio bel partito storico<br />

ormai si è modernamente trasferito su<br />

posizioni tipiche della controparte e che<br />

da anni sono tentato di starmene a casa<br />

(o andare al mare) anziché recarmi alle<br />

urne? E perché mai io (dice l’elettore di<br />

destra) che sono per l’Ordine, la Legge<br />

e il Tricolore devo fare a baci in bocca<br />

con chi l’Italia me la vuole fare a tranci<br />

e con la bandiera ci si pulisce il lasciamo<br />

stare, o con chi l’ordine e la legge<br />

se li cuce e scuce addosso ad personam<br />

per farsi i cavoli suoi, così tutti i peggiori<br />

delinquenti se ne escono di galera<br />

o non ci vanno proprio? E perché mai<br />

io, allora (dice l’elettore di sinistra), che<br />

sono per i valori della Resistenza e della<br />

Costituzione, per la Pace nel Mondo<br />

e per la Distribuzione delle Risorse alla<br />

Robin Hood, devo ostinarmi a sostenere<br />

chi su quei valori tratta ogni giorno al ribasso,<br />

sulla pace chiude un occhio bombardando<br />

la Serbia appena se ne presenta<br />

l’occasione e a Robin Hood preferisce la<br />

Robin Tax?”<br />

Ma, dico io, è il sistema bipolare<br />

baby! Si sa! In tutto il mondo moderno<br />

è così! La gente è chiamata a scegliere<br />

tra il grigio chiaro e il grigio scuro e finisce<br />

che se ne sta a casa. In Amerrega, nel<br />

Regno Unito e negli altri Paesi Anglosassoni<br />

Fari di Civiltà è così da sempre! Da<br />

sempre laggiù il primo partito è quello<br />

degli astensionisti. Gente con idee politiche<br />

disparate -ma precisissime- che,<br />

semplicemente non si sente rappresentata<br />

dai due partiti unici dominanti.<br />

E che nessuno si permetta di chiamare<br />

gli astenuti qualunquisti. I qualunquisti,<br />

semmai, nei suddetti moderni sistemi<br />

bipolari sono quelli che votano. Infatti,<br />

qualunque schieramento vinca, il sistema<br />

procede sempre sui medesimi binari.<br />

Guardate che il problema è assolutamente<br />

molto serio. I governi vengono<br />

eletti dalla maggioranza (brogli a parte)<br />

dei votanti. Ma i votanti rappresentano<br />

sempre più una netta minoranza della popolazione.<br />

Anche in Italia l’astensionismo<br />

è in crescita vertiginosa (pare sia già il secondo<br />

o il terzo “partito”) e non ha ancora<br />

èNECESSARIO<br />

ED<br />

URGENTE<br />

INTRODURRE<br />

Il voto contro<br />

raggiunto quote maggioritarie solo perché<br />

il belpaese è una new entry nel club dei<br />

bipolaristi. Ora, poi, che la lungimiranza<br />

democratica dei nostrani maggiori strateghi<br />

della sinistra e della destra storica<br />

ha realizzato leggi elettorali con soglie di<br />

sbarramento responsabili dell’epurazione<br />

parlamentare delle loro fasce più radicali<br />

(benché ormai, anche loro edulcorate dagli<br />

anni e dalla Storia), l’astensionismo<br />

elettorale schizzerà alle stelle.<br />

Però sul bipolarismo indietro non si<br />

torna, baby. Vi è piaciuto votare “sì” al<br />

referendum sul sistema maggioritario?<br />

Ecco, adesso tenetevelo, così imparate<br />

a votare senza patente (io ho votato per<br />

I DEE<br />

Idee<br />

il proporzionale, ma, come al solito, ho<br />

perso). Però adesso occorre recuperare<br />

al voto la sterminata schiera di astensionisti,<br />

la cui massiccia mancanza di partecipazione<br />

al gioco elettorale, induce a<br />

dubitare della stessa effettività del fondamento<br />

democratico dei governi che sortiscono<br />

dalle urne.<br />

E’ necessario ed urgente introdurre<br />

il voto contro, altrimenti detto voto sottrattivo.<br />

Funziona così: all’elettore amareggiato<br />

e disorientato dalle suddette modernità<br />

dei partiti in cui prima si riconosceva e<br />

che da tempo non si reca più alle urne e,<br />

se ancora ci va, giura ogni volta che sarà<br />

l’ultima, bisogna dare un nuovo stimolo,<br />

una chance di esprimere l’unica certezza<br />

che ancora possiede anche quando non sa<br />

più “per” chi votare. Bisogna dargli l’opzione<br />

di poter finalmente esprimere un<br />

voto “contro” qualcuno.<br />

Riflettete: non è forse vero che sempre,<br />

ma proprio sempre, dal bel mezzo<br />

della fangosa palude di dubbi elettorali,<br />

in ciascuno di noi sorge e si staglia Fulgida,<br />

Radiosa e Bella qual Venere botticelliana,<br />

la certezza su chi sia, fra tutti,<br />

proprio il peggiore in assoluto? Quello<br />

da cui rifuggire ululando? Quello contro<br />

cui faremmo scudo col nostro corpo<br />

ai nostri bambini? Quello che “vinca<br />

chiunque, basta che lui no!!!”? Nel segreto<br />

dell’urna, ognuno si sceglie il candidato<br />

(o lo schieramento) più odiato. E<br />

gli vota contro!<br />

Ovvio che bisogna scegliere: chi vota<br />

contro qualcuno (candidato o partito che<br />

sia) non può contemporaneamente votare<br />

anche a favore di qualcun altro, sennò<br />

la scheda, appositamente predisposta per<br />

l’alternativa sottrattiva, sarà nulla. Del<br />

resto questa riforma viene incontro solo<br />

a chi non gli è rimasto più nessuno (o<br />

quasi) per cui votare a favore. E siamo<br />

in tanti.<br />

Alla fine si fa la conta e i voti “contro”<br />

si sottraggono dai voti a favore. Così<br />

si vede chi ha vinto veramente.<br />

Grazie dell’attenzione e arrivederci<br />

alla prossima riforma (che si intitolerà:<br />

“Dalla Democrazia alla Monanarchia” sì<br />

monanarchia, non è un refuso). ■<br />

aprile 2010 • M T•<br />

15<br />

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POLITICA<br />

Politica<br />

Il centrodestra monfalconese<br />

bolle e ribolle in vista del 2011 [di Stefano Piredda]<br />

E’ arrivato Luise lo scompigliatore<br />

Gli scenari apertisi nel centrodestra<br />

monfalconese dopo la scelta di Michele<br />

Luise, ex assessore della giunta Pizzolitto,<br />

di candidarsi a sindaco contro il<br />

centrosinistra sono davvero affascinanti.<br />

Fino a qualche mese fa si credeva che la<br />

corsa alla candidatura di Giuseppe Nicoli<br />

- Pdl, ex Forza Italia - non avrebbe conosciuto<br />

ostacoli: la sua notevole performance<br />

alle ultime elezioni regionali, costruita<br />

in anni di lavoro tenace e caparbio<br />

(e pure furbetto: vedi, al di là dell’esito,<br />

il referendum sulla raccolta differenziata<br />

dei rifiuti a <strong>Monfalcone</strong>, che Nicoli riuscì<br />

- con una certa abilità, va detto - a far passare<br />

come una cosa ‘di tutti i monfalconesi’<br />

e non solo come una battaglia di Forza<br />

Italia), appariva decisamente un buon viatico,<br />

per le comunali del 2011. E invece,<br />

Luise... Oh, la sua – com’è che si dice?<br />

- discesa in campo non ha stupito quasi<br />

nessuno: è dalla scorsa primavera che si<br />

sapeva (che molti sapevano...) che la strada<br />

dell’assessore allo sport, al personale<br />

16 • M T•<br />

aprile 2010<br />

e alla Sicurezza (maiuscolo, ‘Sicurezza’,<br />

non vi sarà sfuggito) si sarebbe prima o<br />

poi separata da quella del centrosinistra.<br />

C’era stato persino qualcuno che aveva<br />

suggerito al sindaco in carica di farlo fuori<br />

lui, dalla sua squadra, anticipandone le<br />

mosse: non consentendogli cioè di andarsene<br />

facendo la vittima (con un copione<br />

peraltro scontatissimo: “i comunisti non<br />

mi fanno lavorare, ce l’hanno con me<br />

perché sono un moderato!”, capirai che<br />

novità). Ma il primo cittadino aveva fatto<br />

orecchie da mercante. Gianfranco Pizzolitto,<br />

si sa, è uno di quegli uomini che<br />

non devono chiedere mai e un uomo che<br />

non deve chiedere mai 1) sa sempre esattamente<br />

qual è la propria linea del Piave<br />

e 2) non può mica accettare consigli da<br />

chicchessia sulla gestione politica dei<br />

propri collaboratori: eh, no! Ciò potrebbe<br />

suonare, infatti, come una deminutio,<br />

anzi come un vero e proprio commissariamento...<br />

E insomma, quando Luise ha<br />

mollato gli ormeggi, Pizzolitto gli ha pure<br />

fatto gli auguri e grazie, grazie, e ancora<br />

grazie per la tua preziosa collaborazione,<br />

amico mio: è stato bello! Il reprobo<br />

ha ovviamente disprezzato l’affettuosa<br />

pacca sulla spalla (non è mica scemo...)<br />

e ha quindi provveduto a strapazzare per<br />

benino il signor sindaco sul Piccolo: lui se<br />

ne stava andando arrabbiatissimo e sbattendo<br />

la porta, altro che auguri, altro che<br />

amicizia! Pizzolitto ci dev’essere rimasto<br />

malissimo se, a quel punto, ha tirato fuori<br />

un pistolotto niente affatto lusinghiero per<br />

il suo ex collaboratore (un collaboratore,<br />

lo ricordiamo volentieri, a cui era stata<br />

affidata una delega politicamente assai<br />

delicata come la Sicurezza): l’uomo che<br />

se ne stava andando, secondo il sindaco<br />

di <strong>Monfalcone</strong>, come assessore non era<br />

stato precisamente un fulmine di guerra,<br />

anzi... Ma mi accorgo che sto divagando.<br />

Luise se n’è ghiuto, e soli ci ha lasciato,<br />

dicevo. E dov’è che è andato a “riposizionarsi”<br />

- si dice in politichese – il grande<br />

amico di Pizzolitto? Ma tra i piedi del<br />

buon Nicoli, povero Nicoli. Che a questo<br />

punto immaginiamo incazzato come un<br />

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puma. Ma come? Anni di opposizione in<br />

consiglio comunale (gli ultimi sopportando<br />

pure Giorgio Pacor, un’esperienza che<br />

personalmente non augurerei neppure al<br />

mio peggior nemico), anni di sabati mattina<br />

passati a salutare le signore eleganti<br />

di passaggio davanti al bar De Pellegrin<br />

sfoggiando sorrisi assassini (bel mulo, il<br />

Nicoli), anni di raccolte di fi rme in piazza<br />

sulle peggiori corbellerie (perché il centrodestra<br />

cittadino fa mostra di odiare la<br />

piazza di Pizzolitto, ma ha imparato da<br />

tempo a tenerla, quella piazza: il centrosinistra,<br />

invece, sembra non esserne più<br />

capace), anni di pubbliche relazioni, di<br />

strette di mano, di foto spaccaobiettivo<br />

sul compiacentissimo quotidiano locale<br />

ed ecco che ti arriva ‘sto Luise - che<br />

fi no a ieri se ne stava là, tutto pappa e<br />

ciccia con gli odiati compagni “buoni a<br />

nulla e capaci di tutto”, come direbbe il<br />

papi della Patria – ‘sto impunito di Luise<br />

a proporsi urbi et orbi come federatore del<br />

centrodestra, uomo del destino del centrodestra,<br />

salvatore del centrodestra. Quello<br />

stesso Luise che – visti gli innumerevoli,<br />

spericolatissimi salti da destra e sinistra e<br />

da sinistra a destra della sua ormai lunga<br />

carriera politica – alcune carognacce, in<br />

privato, chiamano “Tarzan” (niente di originalissimo,<br />

in realtà: trattasi di citazione.<br />

“Tarzan” essendo il modo in cui il leggendario<br />

Franco Evangelisti soprannominò<br />

Enzo Scotti, per la di lui spiccata attitudine<br />

a librarsi sulla terribile giungla dello Scudo<br />

Crociato usando le correnti come liane).<br />

Luise, che fi no a ieri era parte del problema<br />

e oggi pretenderebbe di essere non parte<br />

della soluzione ma la soluzione tout court,<br />

nientemeno! C’è di che rosicare, ammettiamolo.<br />

Come andrà a fi nire? Mah... Alcuni<br />

dicono con un Deus ex machina che<br />

La scuola in degrado<br />

Con la prossima riforma Gelmini si<br />

perderanno 25.000 posti di lavoro<br />

nella scuola - molti nella nostra regione<br />

- e verranno tolte ore di insegnamento.<br />

Negli Istituti Tecnici salta nel biennio<br />

l’insegnamento della geografi a e un’ora di<br />

italiano: nell’epoca della globalizzazione<br />

ci sarà chi non sa individuare sulla carta<br />

geografi ca il Brasile e leggerà ancora<br />

stentatamente. E’ complicato riuscire a<br />

capire quale idea di istruzione abbia questo<br />

governo. Leggendo i programmi ministeriali<br />

la defi nizione delle competenze è<br />

talmente generica da far sorgere il sospetto<br />

che la scuola pubblica diventi al massimo<br />

un’istituzione psico assistenziale.<br />

Permane una frattura lacerante tra coloro<br />

che frequentano i licei, e che qualche conoscenza<br />

in più ce l’hanno, anche grazie<br />

all’intervento delle famiglie, e coloro che<br />

frequentano altre scuole, spesso privi di<br />

una solida preparazione complessiva.<br />

Forze politiche serie dovrebbero capire<br />

che la ripresa economica del paese è<br />

impossibile se non si qualifi ca culturalmente<br />

la scuola, ridiscutendo i contenuti e<br />

gli insegnamenti alla luce di ragionamenti<br />

e di previsioni per il futuro.<br />

Invece di approfondimenti serrati<br />

su ciò che è fondamentale insegnare nei<br />

programmi di storia dei licei per il quinto<br />

anno, Gelmini afferma sul sito del ministero<br />

che, nello studio del Novecento, “non<br />

possono essere tralasciati i seguenti nodi<br />

tematici: il nazismo, la Shoah e gli altri<br />

genocidi del XX secolo, la seconda guerra<br />

mondiale, la guerra fredda...” Quello<br />

che stupisce non è solo la rimozione della<br />

Resistenza, accorpata secondo il ministro<br />

nella seconda guerra mondiale, ma l’equiparazione<br />

della Shoah con “altri genocidi<br />

del XX secolo”. Quali sono? Gelmini dice<br />

di lasciare ampia libertà alle scuole, così<br />

ci potrà essere chi parla delle foibe e chi<br />

dei curdi, come se l’individuazione di temi<br />

cruciali della storia debba essere lasciata<br />

alle inclinazioni del fai da te didattico di<br />

ogni insegnante. Attaccata politicamente<br />

sulla questione della Resistenza, Gelmini<br />

non ha diffi coltà a reinserire l’argomento<br />

nei “programmi” pochi giorni dopo. Ribadisce<br />

comunque che il suo progetto è<br />

che “l’alunno conosca i momenti fondamentali<br />

della Storia italiana, dalle forme<br />

di insediamento e di potere medioevali<br />

alla formazione dello stato unitario, alla<br />

formazione della Repubblica”. Chiara e<br />

sintetica, Gelmini delinea così il suo evanescente<br />

asse culturale. Qui il problema<br />

non è tanto il revisionismo delle forze di<br />

governo, ma il nulla della loro proposta didattica.<br />

Siamo sicuri che in questo disinte-<br />

P OLITICA<br />

Politica<br />

scenderà a imporre ai contendenti una<br />

pax politica che in questo momento non<br />

appare alle viste: tra Nicoli e Luise adesso<br />

come adesso siamo ai materassi, si<br />

sarà capito... Volano stracci, insomma. E<br />

mica pochi. Ma la caduta di <strong>Monfalcone</strong><br />

nelle mani del centrodestra è cosa troppo<br />

importante, si sa, per lasciar fare solo<br />

ai ragazzi di qua e quindi, chissà? Magari<br />

scoppierà presto l’amore, tra i due<br />

galli. Imposto dall’alto fi n che si vuole,<br />

ma comunque amore. Per il momento la<br />

mia solidarietà va tutta a Giuseppe Nicoli.<br />

Soprattutto in forza del famoso referendum<br />

sulla raccolta differenziata: uno<br />

straordinario capolavoro di demagogia<br />

politicante, indimenticabile davvero. Nicoli<br />

ci ha costruito un bel po’ di cose, su<br />

quella simpaticissima minchiata. E poi<br />

non ti arriva Michele Luise? Tieni duro,<br />

Giuseppe! Tieni duro. ■<br />

[di Anna Di Gianantonio]<br />

È complicato riuscire a capire quale idea di istruzione abbia questo governo<br />

resse ed abbandono culturale, i giovani si<br />

sentano bene o non è forse questa incuria<br />

che rafforza la convinzione di non contare<br />

proprio nulla in questo paese? Concludo<br />

con un’osservazione rivolta a chi si occupa<br />

con successo dell’identità dei territori.<br />

Mi piacerebbe conoscere quale è l’idea di<br />

identità che bisogna difendere. Si tratta<br />

solo di quella religiosa (ormai in declino)<br />

o è anche quella che deriva dalla storia di<br />

un territorio come il nostro? Se per identità<br />

intendiamo il peculiare contesto storico<br />

ed umano che ci è stato lasciato in eredità,<br />

allora è necessario intraprendere una nuova<br />

e grande fase della ricerca storica nel<br />

monfalconese su almeno due questioni<br />

tipiche dell’identità locale:la capacità di<br />

assorbimento sociale degli immigrati meridionali<br />

richiamati dal Cantiere e degli<br />

esuli dopo la seconda guerra mondiale e<br />

la storia delle grandi famiglie antifasciste<br />

come quella dei Fontanot,convinti internazionalisti<br />

capaci di combattere contro<br />

il nazismo e di morire in una patria diversa<br />

da quella d’origine per diventare<br />

addirittura eroi della resistenza francese.<br />

Senz’altro qualche segno di questo<br />

passato è presente ancor oggi e fa parte<br />

dell’identità storica e concreta della città,<br />

non di quella ideologica che molti vogliono<br />

disegnare. ■<br />

aprile 2010 • M T•<br />

17<br />

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INTERVISTA<br />

Intervista<br />

Vino rosso, caminetto acceso:<br />

quattro chiacchiere con Antonio Ingroia<br />

A <strong>Monfalcone</strong> il magistrato siciliano in prima linea contro la mafia.<br />

Si parla sempre dell’Antonio Ingroia<br />

magistrato antimafia. Io<br />

ho ventidue anni e la domanda<br />

mi sorge spontanea: com’era l’Antonio<br />

Ingroia ragazzo? Che aspirazioni aveva?<br />

Era questo quello che voleva fare?<br />

No! Diciamo la verità. Nel senso che non<br />

avevo le idee chiare su quello che volevo<br />

fare, anche perchè, i magistrati venivano<br />

percepiti un po’ più distanti. E forse lo<br />

erano. Figure come Falcone e Borsellino<br />

sembravano modelli quasi inarrivabili.<br />

Non mi passava neppure per la testa di<br />

diventare un magistrato antimafia. Però il<br />

tema della lotta alla criminalità organizzata<br />

lo avevo cominciato ad affrontare e<br />

aveva iniziato ad appassionarmi da studente<br />

di giurisprudenza, appena fu fatta<br />

la legge di introduzione del 416 bis e nel<br />

1982 decisi di fare la mia tesi proprio sul<br />

quell’argomento.<br />

Da ragazzo e da studente, già alle<br />

scuole medie superiori mi ero documentato<br />

e impegnato nel movimento studentesco<br />

sulla questione della mafia, poi<br />

questa cosa l’ho portata avanti all’università<br />

e poi, finita l’università, ero un po’<br />

incerto se intraprendere la carriera giudiziaria<br />

o la carriera accademica. Sostanzialmente<br />

pensavo di fare il ricercatore<br />

per approfondire il diritto penale, materia<br />

che mi piaceva molto.<br />

Alla fine feci il concorso per la magistratura,<br />

ma la vera svolta è stata la<br />

conoscenza con Paolo Borsellino. Fatto<br />

il concorso e avendolo vinto, avevo la<br />

possibilità di scegliere le sedi. Tra queste<br />

c’era quella di sostituto procuratore<br />

a Marsala dove sapevo c’era Borsellino.<br />

La scelsi, nonostante non avessi necessariamente<br />

l’inclinazione a fare il pubblico<br />

ministero. Anzi: ero incerto se fare il PM<br />

o il giudice, ma proseguii proprio perchè<br />

sapevo lì c’era Borsellino.<br />

Conoscere Borsellino è stata un’esperienza<br />

sia sul piano professionale, che su<br />

quello umano, subito contagiosa. Lui era<br />

molto bravo, capace di coinvolgere i giovani.<br />

L’ufficio di Marsala era una piccola<br />

procura, dove prevalevano i giovani:<br />

18 • M T•<br />

aprile 2010<br />

eravamo tutti più o meno ragazzini e lui<br />

il procuratore anziano che faceva un po’<br />

da chioccia a tutti noi. Da quel momento<br />

ho iniziato ad interessarmi ad indagini<br />

sempre più importanti, Borsellino mi<br />

coinvolse anche nella prima indagine per<br />

fatti di mafia e da lì il mio impegno è decollato.<br />

I suoi rapporti con due grandi figure<br />

come Borsellino e Falcone com’erano?<br />

Come si misurava un giovane magistrato<br />

con due uomini di tale spessore?<br />

Per la verità ho conosciuto Falcone prima<br />

di Borsellino. Ho avuto a che fare con lui<br />

quando iniziai il periodo di tirocinio all’università<br />

ed era ancora giudice istruttore.<br />

Erano due personalità completamente<br />

diverse: Falcone era pieno di carattere,<br />

ma un po’ introverso; Borsellino invece<br />

era molto estroverso. Falcone era di poche<br />

parole; a Borsellino piaceva raccontare<br />

le sue esperienze.<br />

Proprio all’inizio il rapporto con Giovanni<br />

Falcone non fu facilissimo: lui era<br />

riservato, io un po’ intimidito da questa<br />

grande personalità, quindi ero in un angolino<br />

della sua stanza, con Falcone, questo<br />

[a cura di Giacomo Cuscunà]<br />

mostro sacro... però fu molto utile da un<br />

punto di vista professionale: ho assistito<br />

ad interrogatori di pentiti, di mafiosi...<br />

E il passaggio dalla teoria dell’università<br />

alla pratica?<br />

Il passaggio dalla teoria alla pratica: beh,<br />

in effetti un abisso. Purtroppo questo è un<br />

difetto della nostra formazione universitaria,<br />

che è soprattutto concentrata sui<br />

libri e non prevede nessun contatto con<br />

la pratica. Anche il periodo iniziale di tirocinio<br />

ti consente di conoscere solo un<br />

po’ il mondo dei magistrati e il loro modo<br />

di lavorare, ma non è sufficiente e il salto<br />

è forte. La formazione è certamente<br />

fondamentale: ho avuto la fortuna di avere<br />

avuto un ottimo professore di diritto<br />

penale, il professor Fiandaca, e questo è<br />

stato fondamentale, ma purtroppo, specialmente<br />

per fare il pubblico ministero,<br />

c’è poco tempo per gli approfondimenti<br />

giuridici e bisogna avere una buona ossatura<br />

e preparazione da studente.<br />

Con Borsellino poi è iniziata anche<br />

una grande esperienza di conoscenza<br />

indiretta. Come dicevo, era una persona<br />

a cui piaceva raccontare e molte storie<br />

del pull le ho apprese dalla viva voce di<br />

Borsellino che amava raccontare questi<br />

episodi.<br />

Per come lo vive lei fare il magistrato è<br />

un lavoro come un altro oppure è una<br />

missione in cui bisogna essere coinvolti?<br />

Dipende. Di per sè può essere anche un<br />

lavoro come un altro. Se lo fai, senza nulla<br />

togliere ai colleghi che fanno un lavoro<br />

importante, ma se lo fai, che ne so, ad<br />

Ancona o ad Imperia, è sempre un lavoro<br />

di pressione e responsabilità, perchè hai<br />

a che fare con la libertà dei cittadini, con<br />

decisioni importanti sulla vita delle persone;<br />

però da noi e nelle terre di mafia in<br />

generale, è qualcosa in più. Ci sono una<br />

serie di rischi in più, di responsabilità in<br />

più, di coinvolgimento anche sul piano<br />

emotivo ed emozionale in più. Lo puoi<br />

fare solo se hai una grande convinzione<br />

in quello che fai e la convinzione che<br />

Impaginato N°5.indd 18 12-04-2010 20:41:48


quello che fai possa servire a migliorare<br />

la società. In fondo molti di noi sono un<br />

po’ idealisti.<br />

Rifarebbe tutto senza dubbi?<br />

Assolutamente sì.<br />

Una domanda più legata al nostro territorio:<br />

qual’è la situazione del crimine<br />

organizzato nel nord-est e nel Friuli<br />

Venezia-Giulia, anche in relazione alla<br />

presenza di grandi industrie come Fincantieri<br />

che fanno una largo utilizzo di<br />

ditte appaltatrici provenienti da molte<br />

zone d’Italia?<br />

Io naturalmente non so e non conosco<br />

nello specifico la situazione da queste<br />

parti. L’unica cosa che so è che la mafia<br />

negli ultimi anni, essendo in una fase di<br />

finanziarizzazione, cerca soprattutto zone<br />

dove poter investire il proprio denaro<br />

sporco: aree particolarmente ricche dove<br />

ci sono insediamenti industriali, produttivi.<br />

Quindi non mi sorprenderebbe una<br />

presenza e un condizionamento. Per altro<br />

il settore della cantieristica, ad esempio<br />

in Sicilia, è profondamente inquinato ed<br />

infiltrato dalla mafia e siccome ci sono<br />

interazioni tra le varie realtà economiche<br />

dello stesso tipo non lo escludo. Non ho<br />

comunque dati.<br />

Il modus operandi del crimine orga-<br />

COSA<br />

CHE SO È CHE<br />

l’UNICA<br />

LA MAFIA<br />

NEGLI ULTIMI ANNI<br />

Ccerca soprattutto zone dove<br />

poter investire il proprio denaro<br />

sporco<br />

nizzato al nord e al sud è differente?<br />

No. E’ più o meno lo stesso. Sicuramente<br />

al sud prevale l’aspetto militare-territoriale,<br />

al nord quello finanziario e di investimento.<br />

All’estero Italia e mafia sono concetti<br />

strettamente collegati e l’aggettivo italiano<br />

è quasi inseparabile dall’aggettivo<br />

mafioso, quasi come Italia-pizzamandolino.<br />

Alla base secondo lei vi è<br />

una effettiva “mentalità mafiosa” tutta<br />

nostra?<br />

Purtroppo qui è così. Però paradossalmente<br />

succede una cosa strana: da una<br />

I NTERVISTA<br />

Intervista<br />

parte questa mentalità si sta annacquando<br />

nelle sue regioni tradizionali, quindi<br />

al sud, dove vi è una maggiore sensibilità,<br />

ma ancora non ci è liberati del fenomeno<br />

mafioso; ma questa mentalità<br />

mafiosa annacquata si è diffusa nel resto<br />

d’Italia. Cioè, prima al nord si era maggiormente<br />

immuni da un certo modo di<br />

pensare, mentre oggi si è più contagiati.<br />

Nel contempo al sud prima si era più condizionati,<br />

ora invece la cosa si è diluita.<br />

Insomma, l’Italia è diventata un po’ più<br />

omogenea, ma non necessariamente in<br />

senso positivo.<br />

Per quanto riguarda i rapporti mafiaimmigrazione?<br />

Su questo noi, per la verità, non abbiamo<br />

registrato una effettiva relazione, nel senso<br />

che il fenomeno dell’immigrazione è<br />

gestito da molte organizzazioni criminali,<br />

ma ad oggi, almeno per la Sicilia, non<br />

è registrata una relazione diretta tra esse e<br />

l’organizzazione mafiosa, cioè che ci sia<br />

la mafia dietro questo fenomeno.<br />

Tra cani e gatti cosa sceglierebbe?<br />

Che domanda strana! Premesso che non<br />

ho grande dimestichezza con gli animali,<br />

infatti non tengo animali domestici in<br />

casa, i cani mi sono simpatici, però in genere<br />

preferisco i gatti. ■<br />

aprile 2010 • M T•<br />

19<br />

Impaginato N°5.indd 19 12-04-2010 20:41:49


P ORTO Porto<br />

Il porto delle nebbie<br />

Brevi considerazioni sul futuro del nostro porto<br />

<strong>Monfalcone</strong> e il suo porto.<br />

Non solo la città delle grandi<br />

navi da crociera ma anche<br />

una città portuale, ricca di lavoro e<br />

di commercio, appesantita dal traffico<br />

ma ottimamente servita da collegamenti<br />

autostradali e ferroviari. Il<br />

porto più a nord del Mediterraneo, in<br />

posizione ottimale per il commercio e<br />

il transito delle merci verso l’Europa.<br />

Tutto questo ha significato ricchezza<br />

e lavoro, occupazione e crescita del<br />

mandamento e non solo. Oggi, finalmente,<br />

ci si accorge delle potenzialità<br />

del porto e imprenditori privati<br />

presentano un progetto integrato, che<br />

vede <strong>Monfalcone</strong> valorizzata e ben inserita.<br />

Nulla da obiettare sull’Autorità<br />

unica e la direzione amministrativa<br />

a Trieste a patto, però, che si riconosca<br />

il ruolo del nostro scalo attraverso<br />

una reale progettualità, che concretamente<br />

valorizzi il porto di <strong>Monfalcone</strong>.<br />

Proprio in merito al nostro ruolo<br />

e all’economia ad esso collegata, mi<br />

preme sottolineare la preoccupazione<br />

20 • M T•<br />

aprile 2010<br />

che il lavoro venga “perso” in attesa<br />

dell’esecuzione del progetto Unicredit.<br />

<strong>Monfalcone</strong> è un porto industriale<br />

ben conosciuto e apprezzato da anni, i<br />

4.000.000 di tonnellate di merci scaricate<br />

e imbarcate che fine faranno? Si<br />

tratta di lavoro, occupazione e milioni<br />

di euro che transitano in città, nulla<br />

in confronto alla manipolazione containerizzata.<br />

Il container “unitizza” le<br />

merci, cioè i materiali “spariscono”;<br />

nei progetti non si parla più di tonnellate<br />

ma di TEU (unità di misura indicante<br />

il singolo container), quindi il<br />

lavoro e la produttività viene indicata<br />

e valorizzata in termine di TEU/ora.<br />

Sappiamo che il progresso non si deve<br />

fermare, ma sicuramente nei processi<br />

di crescita e cambiamento, il lavoro e<br />

le persone che lo fanno devono adeguare<br />

non solo i metodi ma anche la<br />

professionalità. In merito ai palesati<br />

1.500 nuovi posto di lavoro, quali<br />

sono le linee guida di professionalizzazione<br />

proposte? Quello che si nota<br />

ultimamente è una perdita di traffici e<br />

posti di lavoro; certamente la crisi è<br />

un problema reale ma potrebbe anche<br />

essere “voluta” o funzionale al progetto.<br />

Non a caso i porti vicini si sono<br />

resi disponibili auspicando il trasferimento<br />

dei traffici monfalconesi da<br />

loro. La preoccupazione è sostanzialmente<br />

che, dopo la presentazione del<br />

piano, dopo le affermazioni di principio,<br />

dopo le discussioni e le condivisioni,<br />

il progetto non parta nonostante<br />

il porto di <strong>Monfalcone</strong> sia pronto a<br />

concretizzarlo. Per il momento Trieste<br />

ha avviato unicamente una raccolta di<br />

investimenti, non per la portualità, ma<br />

per la città. Come ben indicato da Boniciolli,<br />

attuale presidente del porto di<br />

Trieste, potrebbe accadere che la città<br />

non usi il porto per crescere ma per<br />

mantenersi soffocandolo, come succede<br />

da 50 anni. <strong>Monfalcone</strong>, il porto<br />

“del fare” e del lavoro di cui abbiamo<br />

vissuto e prosperato, può avere il suo<br />

ruolo solo se le politiche e le finalità<br />

progettuali sono realmente indirizzate<br />

allo sviluppo portuale. ❒<br />

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Una lingua è più importante di un<br />

dialetto? Sembrerebbe di sì perché<br />

molto spesso si sente dire:<br />

“Noi non parliamo un dialetto. Noi parliamo<br />

una lingua!” Non voglio fare accostamenti<br />

improbabili, ma mi è capitato<br />

di sentire questa affermazione soprattutto<br />

da Serbi e Friulani. Veramente! Niente di<br />

male, per carità. Tuttavia non mi pare affatto<br />

un azzardo scrivere che sia i Serbi di<br />

Bosnia che gli Autonomisti friulani hanno<br />

usato l’espediente della lingua per costruire<br />

identità più o meno posticce su cui,<br />

successivamente, avanzare pretese che, in<br />

ultima analisi, sono sempre di carattere<br />

economico.<br />

Ora anche il dialetto bisiaco ha una sua<br />

bella legge di tutela. Sarà un bene? Non<br />

lo so. Sinceramente ho sempre saputo che<br />

la lingua a cui ricorro per pensare, con cui<br />

mi esprimo e grazie alla quale ho potuto<br />

dire le cose più importanti della mia vita,<br />

si chiama bisiaco. Però son venuti a frotte<br />

a rammentarmi che il bisiaco non è una<br />

lingua, che il bisiaco è un dialetto… A<br />

parte il fatto che il correttore automatico<br />

di windows sottolinea zigzagando “bisiaco”<br />

in rosso, mentre se scrivo friulano me<br />

la lascia così, bella nera su sfondo bianco,<br />

non riesco a capire se i segnalatori della<br />

distinzione ritengano che una lingua sia<br />

una cosa più importante di un dialetto.<br />

Io penso che tutti gli idiomi del mondo<br />

siano belli e che nessuno sia più importante<br />

di un altro. Con buona pace degli<br />

autonomisti, dei poeti o sedicenti tali e dei<br />

politici sempre pronti ad usare ogni argomento<br />

che abbia una buona produttività di<br />

consenso. Infatti, lo scorso 10 febbraio,<br />

quando il triestino e il bisiaco sono diventati<br />

l’oggetto della tutela di una specifica<br />

legge, i consiglieri regionali più gongolanti<br />

sono stati: Federico Razzini della<br />

Lega Nord soddisfatto perché il bisiaco<br />

entrerà a scuola e nella toponomastica;<br />

Piero Colussi dei Cittadini raggiante perché<br />

“sono stati recepiti i principi previsti<br />

dalla Carta costituzionale e riconosciuto<br />

nei dialetti un patrimonio di diversità<br />

di straordinario valore”; un altro Piero,<br />

questa volta Camber, di Forza Italia che<br />

esalta “la straordinaria valenza dei dialetti<br />

portatori culturali che attraversano la storia.<br />

La loro tutela, assieme a quella delle<br />

parlate locali, significa garantire pari di-<br />

gnità a una pluralità di forme espressive e<br />

al considerevole patrimonio culturale della<br />

regione”; e infine Roberto Antonaz che<br />

indulge sul filo della sua personalissima<br />

memoria e, contemporaneamente strizza<br />

l’occhio alle varie associazioni culturali<br />

bisiache con affermazioni “glocal” un po’<br />

stucchevoli e brillanti per piaggeria, eccole<br />

qua: “le parlate locali rappresentano<br />

una testimonianza inestimabile dell’agire<br />

umano, delle relazioni, della cultura di una<br />

comunità, il cui impoverimento o addirittura<br />

la perdita sarebbero un danno per tutti<br />

e per di più irreversibile. Rispetto alla mia<br />

infanzia il bisiaco parlato oggi è molto più<br />

povero e asciutto. Espressioni e locuzioni<br />

di grande immediatezza sono sparite a<br />

causa di un’interpretazione poco intelligente<br />

del processo di modernizzazione,<br />

che prosciuga tutti i linguaggi. Compresi i<br />

nostro dialetti”. La legge è passata all’unanimità,<br />

quindi devono averla votata anche<br />

quelli del Pd, benché non siano reperibili<br />

loro dichiarazioni in merito. Tuttavia penso<br />

sia abbastanza nota la sufficienza con<br />

cui diversi esponenti del Pd liquidano la<br />

questione “bisiaco”.<br />

Applicando la teoria della cultura leggera<br />

ai residenti, più o meno autoctoni del Territorio,<br />

si scopre che tutti possono essere<br />

bisiachi perché, per esserlo, è sufficiente<br />

pensare e parlare in bisiaco ed essere nati<br />

lontano o da venuti da lontano esser stati<br />

generati non conta nulla. È stato così per<br />

secoli, (perché a dar retta ai cultori del bisiaco,<br />

qui i bisiachi ci sarebbero da secoli),<br />

ed ora tutto ciò sembra non andar più bene.<br />

Ora si vogliono operare delle distinzioni<br />

T ERRITORIO<br />

Territorio<br />

Penso in bisiaco, parlo in bisiaco,<br />

sono bisiaco?<br />

[di Tiziano Pizzamiglio]<br />

caricando di significati politici ed identitari<br />

un idioma che corrisponde ad un dato territorio;<br />

così si rischia di interrompere il meccanismo<br />

che qui esisteva in natura, grazie<br />

al quale qualsiasi nuovo venuto poteva<br />

maturare in un quarto d’ora metaforico un<br />

senso d’appartenenza alla comunità solido<br />

e sincero. E guarda caso, rischia d’interrompersi<br />

proprio quando è arrivata una<br />

comunità da più lontano di qualsiasi altra<br />

venuta in precedenza, importata dal duce o<br />

no che fosse. Infatti è proprio quando una<br />

comunità diventa consapevole dei più significativi<br />

effetti della globalizzazione che<br />

tende a rifugiarsi nel locale; è proprio da<br />

questo rapporto di causa-effetto che la produzione<br />

poetica s’impenna, che si raschia<br />

con il machete il fondo del barile della storia<br />

locale e che si comincia a farneticare su<br />

presunte diversità.<br />

A scanso di equivoci preciso che ci sono<br />

alcuni poeti locali che scrivono versi stupendi,<br />

citerò per tutti Colussi, Crico e la<br />

Trevisan, ma aggiungo che costoro sarebbero<br />

bravi poeti a prescindere dal bisiaco<br />

a cui ricorrono.<br />

Ma più di tutti apprezzo il rocker Claudio<br />

Marongiu che, alle centinaia di giovani<br />

che vanno ad assistere i suoi concerti, rivolge<br />

un messaggio molto semplice e diretto:<br />

penso in bisiaco e canto in bisiaco,<br />

perciò sono un bisiaco. Notevole davvero.<br />

Sono questi gli argomenti che dovrebbero<br />

cercare di capire sia i politici ed i poeti che<br />

cercano nel bisiaco pretese identità, sia gli<br />

intellettuali più o meno sinistri che parlano<br />

in bisiaco tutto il giorno e poi, di sera,<br />

lo disprezzano in italiano. ■<br />

aprile 2010 • M T•<br />

21<br />

Impaginato N°5.indd 21 12-04-2010 20:41:50


PUNTI DI VISTA<br />

Punti di vista<br />

Mediazione animale<br />

Terzo reportage da mondi dietro l’angolo<br />

Se non hai esperienze di ambulatori<br />

veterinari la cosa che può colpirti<br />

per prima visitandone uno è<br />

l’odore, sì, come entri, nell’aria avverti<br />

un vago ma ineludibile mix di disinfettante<br />

+ umori di ghiandole a secrezione<br />

esterna. Tracce della paura animale,<br />

pensi, e ti vengono in mente tavoli<br />

operatori con gli annessi e connessi<br />

alla Bacon, sì non riescono a cancellare<br />

completamente l’adrenalina in sospensione.<br />

Pensi. Non a caso la cagnona<br />

che hai con te alza immediatamente<br />

il naso e sbarra gli occhi, infi lando la<br />

coda tra le gambe, si irrigidisce, tu lì<br />

subito a consolarla naturalmente, per<br />

accorgerti, a quel punto, che gli altri<br />

clienti in quella sala d’aspetto grosso<br />

modo fanno lo stesso coi rispettivi cani<br />

e gatti. Un’affettività uomo/animale<br />

riempie l’ambiente, diresti, sì proprio<br />

così e, inesorabilmente, quel clima<br />

tenero/struggente si traduce presto in<br />

affabilità tra padroni. Qualcosa di decisamente<br />

inusuale di questi tempi tra<br />

gli umani l’affabilità.<br />

Una sorta di nana, corvina e con la<br />

faccia di luna piena, tiene il suo gatto<br />

nero nella cesta di vimini, due occhioni<br />

gialli sbucano dall’ombra, lei guarda<br />

la sua creatura e ti sorride. E tu le sorridi.<br />

Un ragazzone tatuato e imponente<br />

le sta seduto accanto, gratta il mento<br />

del suo barboncino bianco che tiene<br />

sulla pancia, e ti sorride. Gli sorridi.<br />

Come non sorridergli. Infi ne ti sorride<br />

una coppia di anziani smilzi e occhialuti<br />

con coppia di chihuahua, uno per<br />

ciascuno in braccio. Emanano buoni<br />

sentimenti da ogni poro i chihuahua e i<br />

padroni, gli sorridi, non puoi non sorridergli.<br />

E, fi nita la carrellata, ti siedi<br />

anche tu, la cagnona tra le gambe. Che<br />

resta nervosa comunque, non vuole<br />

accucciarsi, poverina!, e pertanto ti<br />

chiedono di lei, razza anni cucciolate<br />

carattere, e tu lì a rispondere – come si<br />

fa a non rispondere – e così si passa al<br />

vortice delle confi denze sui problemi<br />

dei bobi e dei mici: salute parassitosi<br />

22 • M T•<br />

aprile 2010<br />

profi lassi vaccinazioni, sì, assolutamente<br />

inevitabile. Altri cinque minuti<br />

e ti snocciolano i dettagli di quelle loro<br />

paternità e maternità putative, tu complice<br />

a palesare il tuo di amore per gli<br />

animali e tutte le nozioni di zoologia<br />

di cui disponi. Apprezzati gli aneddoti.<br />

Ovviamente.<br />

Il paragone che ti viene in mente a<br />

quel punto è con una scena della tua<br />

infanzia: tu con tua madre dal pediatra,<br />

tutte quelle donne intorno con i<br />

rispettivi pargoli sulle ginocchia, in<br />

parte frignanti, in ogni caso decisamente<br />

più fastidiosi di questi animali<br />

– come per altro i bambini nello studio<br />

del pediatra dove hai portato tua<br />

fi glia tanti anni dopo… Pensi. Stesse<br />

dinamiche, apparentemente. Ma no,<br />

non proprio le stesse, a ben guardare<br />

c’è maggiore confi denza tra quelli che<br />

si incontrano con al guinzaglio il proprio<br />

animale domestico piuttosto che<br />

tra quelli che s’incontrano tenendo in<br />

braccio o in carrozzella i propri fi gli.<br />

Con gli animali domestici, oltre che i<br />

genitori, possiamo fare i bambini, tornare<br />

bambini, regredire quel tanto che<br />

basta per staccarci di dosso la spocchia<br />

e la paura, tutta la grigia serietà che ci<br />

incattivisce. Pensi. Possiamo, come<br />

dire, tornare una punta leggeri stando<br />

con i nostri animali, calarci le brache<br />

e metterci in mutande e ciabatte, fare<br />

i perdigiorno per qualche ora con i<br />

nostri animali. La ricreazione. Pensi.<br />

Nostri compagni di giochi gli animali<br />

domestici, dopotutto.<br />

Comunque sia, sembrano tutti più<br />

buoni gli esseri umani con allegato il<br />

rispettivo bobi o micio, non è retorica,<br />

sì, magari sembrano anche un po’ risibili,<br />

volendo, o proprio fulminati, in<br />

certi casi, ma in genere sembrano decisamente<br />

più buoni. Pensi. Da simili<br />

illuminazioni puoi essere colto nella<br />

sala d’aspetto di un ambulatorio veterinario,<br />

immerso in un tenero avvolgente<br />

calore di mammiferi, per scoprirti<br />

poi a farneticare l’utopia di un mondo<br />

[Gianni Spizzo Mar 2010]<br />

con le piazze e le strade – anche quelle<br />

di un buco di provincia tipo Monfy<br />

– trasformate in stanze e corridoi di<br />

un immenso ideale ambulatorio veterinario<br />

consociato pieno di animali, con<br />

donne e uomini che, portandoli a spasso,<br />

anche si guardano amabilmente<br />

quando si incrociano per quelle stanze<br />

e corridoi, magari accompagnando lo<br />

sguardo con un sorriso, senza peraltro<br />

la sensazione di praticare in questo<br />

modo un’estrazione di midollo spinale<br />

al malcapitato che hanno di fronte.<br />

Magari – visto che portare a passeggio<br />

mirabili cani cavalli cammelli e lama<br />

orsi gazzelle e unicorni li mette proprio<br />

in estro – tutti a invitarsi spesso<br />

e volentieri a prendersi un caffè o<br />

un drinkino, si capisce, per parlare e<br />

riparlare di tutto con vera curiosità e<br />

vero gusto, facile allegria addirittura.<br />

Relax…<br />

Ma la scena si interrompe, è uscito<br />

dalla porta in fondo un uomo in camice<br />

bianco, le mani, dentro guanti di lattice<br />

celeste, tengono fogli e confezioni<br />

di medicinali. Un attimo di silenzio<br />

e poi, gentilissimo, chiama dei nomi.<br />

Così uno dopo l’altro gli astanti si alzano<br />

per ricevere le rispettive ricette<br />

e preparati. Ognuno sembra avere di<br />

nuovo fretta dopo la lunga pausa, così,<br />

con un rapido saluto, alla chetichella<br />

escono tutti. Anche tu te la sbrighi alla<br />

svelta, si sta un attimo per le vaccinazioni<br />

e i relativi timbri sul passaporto<br />

canino. Insopportabile l’idea di essere<br />

respinti a una frontiera perché il cane<br />

non è in regola. Devi partire domani,<br />

hai combinato tutto appena in tempo.<br />

Fuori dall’ambulatorio la cagnona<br />

si rilassa, cammina tutta piena di sé,<br />

perfettamente indifferente al cañon di<br />

condomini di via 25 Aprile in cui passiamo.<br />

Sei tu e lei, e il vuoto crescente<br />

del mondo per la strada. I pochi che<br />

girano non hanno nessuna importanza<br />

per te, certamente neanche tu per loro.<br />

Magari non è poi così grave, magari<br />

non abbiamo bisogno di nessuno. ❒<br />

Impaginato N°5.indd 22 12-04-2010 20:41:52


V<br />

[Lost]<br />

IABILITÁ<br />

Viabilità<br />

Maxi-rotatoria o maxi-cazzata<br />

In questi giorni sono state portate all’attenzione<br />

della cittadinanza monfalconese<br />

le nuove proposte progettuali<br />

per il miglioramento della viabilità<br />

cittadina: nuovi assi di scorrimento, nuovi<br />

sottopassi, nuove rotatorie, tra cui quella<br />

del porticciuolo Nazario Sauro ecc.... Un<br />

bell’ardire, se non fosse che di progetti<br />

d’opere costose, ambiziose e tecnicamente<br />

di difficile esecuzione ce ne sia abbondante<br />

documentazione negli archivi del<br />

comune!<br />

Chi ha seguito la vita amministrativa<br />

degli ultimi trent’anni, non potrà non<br />

ricordarsi i progetti di massima giacenti<br />

in Comune del professionista Sebastiano<br />

Cacciaguerra, incaricato negli anni ottanta<br />

dal Comune per la stesura del piano della<br />

viabilità cittadina, che dedicò non poco<br />

del suo sapere alla ricerca di soluzioni<br />

praticabili per migliorare lo scorrimento<br />

del traffico.<br />

Progetti che non convinsero, vuoi per<br />

il loro impatto vuoi per il costo, nonostante<br />

all’epoca non ci fossero gli impedimenti<br />

infrastrutturali oggi presenti.<br />

In poche parole tra il viale e la statale<br />

14, non c’era il collettore primario della<br />

fognatura che da via Verdi va lungo via<br />

Boito per servire tutto il lato nordest della<br />

città, non c’era la linea 132 kV sotterranea<br />

dell’ENEL e non c’era il cedimento strutturale<br />

del ponte di viale Oscar Cosulich.<br />

Sarà quindi interessante la sfida tecnico-costruttiva,<br />

che sarà messa in atto<br />

nella realizzazione di un così importante<br />

cantiere nel bel centro di un nodo fondamentale<br />

per la viabilità cittadina. Sarà<br />

interessante capire come sarà risolta la<br />

gestione del sottosuolo con una fognatura<br />

che dovrà essere riposata in pratica a<br />

livello del mare. Sarà interessante, in occasione<br />

di tale intervento vedere come si<br />

procederà al rifacimento delle palancole<br />

di contenimento del lato a mare, presenti<br />

nel manufatto del viale e che negli ultimi<br />

anni stanno dando evidenti segni di cedimento.<br />

Prova ne sia il costante ricarico di<br />

materiale che il Comune fa sui marciapiedi<br />

del manufatto.<br />

A questo andranno aggiunte le eventuali<br />

osservazioni o imposizioni dell’Ente<br />

proprietario, qualora non mutato negli<br />

ultimi anni, essendo il tratto interessato<br />

opera del Demanio in concessione.<br />

Superato il tutto sarà realizzabile e,<br />

una volta eseguito, i fautori del progetto<br />

vedranno rivivere il collegamento tra la<br />

città e Panzano... ma sarà poi vero?<br />

Io credo che l’opera proposta sia invece<br />

l’ultimo tassello di una viabilità ad<br />

alto scorrimento che attraverserà la città<br />

dividendola ulteriormente, dal Viale a<br />

via Grado con le sue corsie e la barriera<br />

centrale (che tra l’altro rende difficoltoso<br />

l’accesso degli autoarticolati nelle attività<br />

esistenti) , per arrivare alla nuova bretella<br />

che collega la strada provinciale per Grado<br />

alla rotonda di Ronchi.<br />

Si sta infatti ormai configurando un<br />

nuovo asse stradale d’attraversamento<br />

della città che già oggi, nonostante i<br />

divieti, sta purtroppo portando più<br />

traffico pesante in città. Quotidianamente<br />

infatti si assiste<br />

all’incolonnamento<br />

di autoarticolati che<br />

usano la bretella in<br />

costruzione per<br />

attraversare la<br />

città, favoriti da<br />

una segnaletica<br />

che li incanala<br />

in direzione<br />

del centro a<br />

cui si contrappone<br />

un unico<br />

cartello di divieto<br />

di transito<br />

per i mezzi<br />

pesanti, posto<br />

troppo a ridosso<br />

del centro cittadino,<br />

quindi inefficace..<br />

La costruzione di<br />

rotonde in brevi spazi andrà<br />

poi a contrastare con i passaggi<br />

pedonali necessari a collegare in sicurezza<br />

gli istituti scolastici presenti in<br />

zona. Si dovrà quindi ricorrere a semafori<br />

pedonali che nelle ore di punta porteranno<br />

al blocco delle rotonde distanti pochi metri<br />

l’una dall’altra.<br />

Si pensi poi agli attraversamenti pedonali<br />

e ciclabili, nei pressi del porto Nazario<br />

Sauro, che essendo posti al centro dei<br />

viali dovrà vedere il continuo passaggio<br />

di pedoni e ciclisti dai marciapiedi laterali<br />

al centro della carreggiata.<br />

La triste realtà che invece si legge con<br />

questi progetti, ci riporta alla nostra attenzione<br />

il definitivo abbandono da parte regionale<br />

e forse anche locale della proposta<br />

di liberalizzazione del tratto autostradale<br />

Ronchi-Lisert, naturale circonvallazione<br />

per <strong>Monfalcone</strong> e Comuni limitrofi.<br />

Saranno così contenti non solo gli autotrasportatori<br />

di passaggio ma anche la<br />

comunità triestina che arriverà puntuale<br />

in spiaggia a Grado a godersi il bel sole,<br />

mentre nelle panchine del Viale Cosulich,<br />

da un lato i cittadini di Panzano e dall’altro<br />

la rimanente parte della città, li vedranno<br />

sfrecciare sorridenti per aver guadagnato<br />

cinque minuti di tempo libero....<br />

Ne varrà la pena? Forse sarebbe meglio<br />

pensare seriamente a nuovi semafori più<br />

intelligenti! ❒<br />

P.S. Caro<br />

Nicoli non c’è<br />

niente di scandaloso se la Regione<br />

interviene sulla viabilità di<br />

<strong>Monfalcone</strong>, rientra a pieno titolo<br />

nelle sue funzioni, come a Udine,<br />

Trieste, Gorizia, Pordenone, ecc...<br />

aprile 2010 • M T•<br />

23<br />

Impaginato N°5.indd 23 12-04-2010 20:41:52


T ERRITORIO<br />

Territorio<br />

<strong>Monfalcone</strong> si trasforma... [di Mauro Bussani]<br />

La trasformazione di <strong>Monfalcone</strong>,<br />

agli occhi di chi ci abita da sem-<br />

pre, risulta evidente soprattutto per<br />

come il suo territorio fisico è stato<br />

tagliato a pezzi, svuotato del senso<br />

che lo ha storicamente determinato<br />

e riprogettato ad uso e consumo<br />

dei profitti privati e della gestione<br />

del potere in senso assoluto.<br />

Si pensi alla vicenda della storica<br />

azienda monfalconese Ineos, a<br />

come è stata liquidata, abbattuta<br />

e rimpiazzata con la nuova Mangiarotti<br />

s.p.a., guarda caso produttrice di componenti<br />

per centrali nucleari nel preciso<br />

momento in cui si discute di costruirne<br />

una proprio a <strong>Monfalcone</strong>. Solo la crisi<br />

in atto e la litania dei posti di lavoro<br />

hanno evitato, per il momento, il voltastomaco<br />

generale per questo epilogo.<br />

Si pensi al centro cittadino tout<br />

court, sempre più svuotato dalle persone<br />

e continuamente sotto il controllo<br />

di occhi elettronici e volanti delle forze<br />

dell’ordine, con l’unico risultato di<br />

aver inculcato nella mente del “monfalconese<br />

tipo” la paura di uscire di<br />

casa se non per andare al lavoro o al<br />

centro commerciale. Quando è evidente<br />

che l’unico modo per trasmettere<br />

percezione di sicurezza nei cittadini<br />

è fare in modo che le vie e le piazze<br />

siano sempre piene di gente.<br />

Si pensi al continuo stillicidio di<br />

esercizi commerciali che ha determinato<br />

l’insediamento delle stesse catene<br />

di negozi in leasing e brand multinazionali<br />

onnipresenti, rendendolo di<br />

fatto un territorio anonimo e uguale a<br />

qualsiasi altra città globalizzata.<br />

Sarebbe interessante anche sapere<br />

che fine ha fatto l’unico progetto sociale<br />

di una certa rilevanza che l’amministrazione<br />

ha messo in campo per mitigare<br />

la tensione abitativa, l’autoristruttura-<br />

24 • M T•<br />

aprile 2010<br />

zione di un condominio ex Solvay, per<br />

il momento ancora sulla carta.<br />

Si pensi alla ristrutturazione dei<br />

grossi edifici storici come l’albergo<br />

impiegati e quello operai. A come si<br />

è tentato, maldestramente, di sottrarre<br />

il territorio pubblico del parco di via<br />

Cellottini per trasformarlo in un parcheggio.<br />

Quell’albergo impiegati che<br />

in tempi recenti almeno una funzione<br />

sociale l’ha avuta quando, per pochi<br />

giorni, è diventato rifugio di qualche<br />

decina di richiedenti asilo politico sotto<br />

il nome di Hotel Esilio.<br />

Non è un caso che un piccolo territorio<br />

come quello di Officina Sociale<br />

sia continuamente sotto attacco perché<br />

probabilmente resta l’unico ancora in<br />

grado, in tutta la città, di esprimere e<br />

mettere in pratica una visione diversa,<br />

e in quanto tale scomoda, della realtà.<br />

A partire dalle celebrazioni del centenario<br />

del cantiere nel 2008 non può<br />

sfuggire quello che è il problema di<br />

fondo di tutte le questioni sociali aperte,<br />

ovvero il rapporto tra la città e la<br />

grande fabbrica navale. Dove il termine<br />

“rapporto” diventa sempre più sinonimo<br />

di “conquista”, di tentativo di<br />

trasformare il territorio stesso ad uso e<br />

consumo dei profitti del cantiere.<br />

Non sono misteri questi in città ovviamente,<br />

se ne è discusso in abbondanza.<br />

Con il risultato di rendere palese<br />

l’assoluta volontà, da parte della quasi<br />

totalità della classe politica attuale, di<br />

non voler affrontare i problemi e, soprattutto,<br />

di non voler in alcun modo<br />

porre elementi di critica nei confronti<br />

di una realtà economica sempre più<br />

avida ed ingombrante.<br />

A ben vedere, tutte le questioni che<br />

riguardano la casa, il reddito, l’uso del<br />

territorio, ecc. sono diretta conseguenza<br />

del cantiere. Non sarebbe il caso<br />

di iniziare un ragionamento che ponga<br />

il cantiere navale alla stregua di una<br />

componente sociale con tutta una serie<br />

di doveri nei confronti della città invece<br />

delle sempre più vaghe e strumentali<br />

leggi di mercato?<br />

É quanto meno necessario quindi<br />

introdurre un terzo livello di contrattazione,<br />

oltre a quella nazionale e quella<br />

aziendale, che si potrebbe definire<br />

come “territoriale” e che abbia lo scopo<br />

di obbligare l’azienda a concedere<br />

una serie di risarcimenti per le problematiche<br />

di natura sociale che causa al<br />

territorio sul quale insiste.<br />

Evidentemente gli attori sociali di<br />

questo livello contrattuale non possono<br />

che essere le organizzazioni di cittadini<br />

che già operano nel settore e che<br />

hanno sviluppato competenze e pratiche<br />

da quando Fincantieri ha adottato<br />

il modello produttivo per appalti agli<br />

inizi degli anni novanta.<br />

Non serve molta immaginazione<br />

per capire l’importanza di un badget<br />

da fonte Fincantieri ad integrazione<br />

del sostegno all’affitto o del reddito<br />

sempre precario di certi lavoratori<br />

dell’appalto in un processo produttivo<br />

caratterizzato da una marcata ciclicità<br />

dei carichi di lavoro nell’arco dell’anno.<br />

Tanto più nel caso di lavoratori per<br />

cui non sono previsti, o sono difficili<br />

da ottenere, servizi di sostegno come<br />

la cassa integrazione ordinaria. O per<br />

i lavoratori migranti per cui il venir<br />

meno di un rapporto di lavoro equivale<br />

a dire la decadenza del permesso di<br />

soggiorno.<br />

Ripensare il territorio da un punto<br />

di vista sociale e non solo economico<br />

è la grossa sfida che la città deve cominciare<br />

ad affrontare in tutte le sue<br />

declinazioni, a partire da quella amministrativa,<br />

per invertire un trend che<br />

proprio il questore ha definito al “limite<br />

della militarizzazione”.<br />

Un territorio che assume sempre<br />

più le caratteristiche di una prigione<br />

a cielo aperto. E poiché le cose non<br />

succedono mai per pura coincidenza,<br />

ecco Fincantieri che elabora una proposta<br />

già presentata al ministero degli<br />

Interni per un nuovo modello di carcere<br />

galleggiante da costruire, guarda<br />

caso, proprio nel suo cantiere di <strong>Monfalcone</strong>.<br />

❒<br />

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V ARIETÀ<br />

Varietà<br />

aprile 2010 • M T•<br />

25<br />

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E NERGIA<br />

Energia<br />

Ancora carbone per <strong>Monfalcone</strong><br />

Caro Babbo Natale forse che siamo stati cattivi?<br />

Come da previsioni, almeno quelle<br />

più realistiche, la centrale elettrica<br />

di <strong>Monfalcone</strong> non verrà riconvertita.<br />

Quello che sembra evidente nelle<br />

ultime dichiarazioni di A2A, la società<br />

proprietaria della centrale elettrica è che<br />

invece venga riproposto ad anni di distanza<br />

quanto già presentao da ENDESA, a<br />

suo tempo proprietaria delle centrale di<br />

Monfralcone, cioè il TUTTO CARBONE<br />

PER MONFALCONE.<br />

La ragione di questa scelta è molto<br />

semplice: dopo anni che i vari governi<br />

che si sono succeduti hanno raccontato<br />

favole incredibili sulla cultura del fare e<br />

del superamento dei NO dei territori nella<br />

costruzione di nuove centrali elettriche, ci<br />

ritroviamo, cosa che peraltro era già stata<br />

preannunciata dalle associazioni ambientaliste<br />

ad aver tappezzato il territorio nazionale<br />

di centrali elettriche che restano<br />

sottoutilizzate, in quanto comunque la<br />

materia prima principale è il gas, il cui<br />

prezzo segue in linea di massima quello<br />

del petrolio.<br />

In pratica i notevoli investimenti che<br />

sono stati fatti nella costruzione di centrali<br />

elettriche si stanno rivelando un pessimo<br />

affare fi nanziario che non verrà certo<br />

salvato dall’importazione di gas tramite<br />

rigasifi catori, poichè se è vero che con<br />

i rigasifi catori si possono diversifi care<br />

i paesi di approvigionamento (meno di<br />

quanto si creda comunque poichè normalmente<br />

i rigasifi catori sono legati ai<br />

paesi produttori tramite contratti a lungo<br />

termine), non è sicuramente vero in linea<br />

generale che l’importazione di gas tramite<br />

rigasifi catori sia economicamente vantaggiosa<br />

rispetto le importazioni tramite<br />

gasdotto.<br />

In questo quadro di costo elevato del<br />

gas e di obsolescenza tecnologica per<br />

l’olio combustibile, la fonte più a buon<br />

mercato è il carbone.<br />

A differenza del gas tuttavia solo pochi<br />

posti in Italia permettono la costruzione<br />

di centrali a carbone.<br />

Il requisito principale è la presenza di<br />

un porto in grado di scaricare il carbone.<br />

Sembra un requisito banale, tuttavia<br />

non lo è, in quanto il trasporto via treno in<br />

Italia (negli USA le condizioni sono mol-<br />

26 • M T•<br />

aprile 2010<br />

to differenti) è praticamente impossibile.<br />

Per questo motivo le aree come <strong>Monfalcone</strong><br />

sono una ghiotta preda per la produzione<br />

di elettricità dal carbone.<br />

E’ certo che nei prossimi mesi assisteremo<br />

ad un progressivo succedersi di<br />

offerte con queste caratteristiche :<br />

A) Il progetto della nuova centrale a<br />

carbone va a sostituore i 2 vecchi gruppi a<br />

carbone attualmente esistenti.<br />

B) Con la centrale a carbone lavoreranno<br />

molte persone.<br />

C) Promesse di contributi economici<br />

vari.<br />

A tutto ciò si può rispondere in modo<br />

molto semplice osservando che sicuramente<br />

i vecchi gruppi a carbone continueranno<br />

a funzionare quando verrò costruita<br />

la nuova centrale a carbone e che non vi è<br />

nessuna garanzia sul fatto che i due vecchi<br />

gruppi esistenti vengano “rottamati”. C’è<br />

quindi il rischio di tenersi il “vecchio”<br />

carbone oltre al “nuovo”, in quanto alla<br />

[di Rudi Fumolo]<br />

promessa di nuovi posti di lavoro bisogna<br />

anche capire da chi verranno coperti oltre<br />

al fatto che l’utilità di un progetto industriale<br />

si misura sulle prospettive di sviluppo,<br />

sull’indotto che riesce a muovere e<br />

sulla qualità tecnologica di ciò che viene<br />

proposto, più su un numero di occupati<br />

comunque molto ridotto.<br />

Inoltre c’è un altro fatto su cui è bene<br />

far mente locale ciòè che il progetto del<br />

carbone non è sostitutivo del nucleare.<br />

Paradossalmente se passasse il progetto<br />

del carbone si aprirebbe la porta ad un<br />

progetto di nucleare (si picchia sempre<br />

nelle parti molli). Di siti idonei ad ospitare<br />

una centrale nucleare in Italia ce ne<br />

sono pochi e molti presidenti di regione<br />

anche di centrodestra si sono espressi<br />

contro. Il Friuli Venezia Giulia è una delle<br />

poche Regioni disposta ad ospitarle, per<br />

questo motivo dimostrare “mollezza” sui<br />

progetti di A2A può essere estremamente<br />

pericoloso. ❒<br />

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Uno a zero [di<br />

Giorgio masticava pezzi di carta,<br />

Giulio si grattava nelle mutande,<br />

Paolo fi ssava un punto nel muro,<br />

Victor mangiava di nascosto. Fulvio, il<br />

mister, disegnava formule sulla lavagna,<br />

era come stare a scuola, ma era domenica<br />

e nessuno faceva fi nta di ascoltare.<br />

Dal campo pieno di polvere nuvolosa<br />

si vedeva la sagoma della “Queen of the<br />

Stars” in costruzione al Cantiere, dove gli<br />

operai battevano le lamiere anche quel<br />

giorno.<br />

Sfi davamo Doberdò, che aveva undici<br />

ragazzini grossi come bestie. “Zdravo!”<br />

urlarono a metàcampo, prima dell’inizio.<br />

Guardandoli, qualcuno dei nostri si cagò<br />

addosso. Erano secondi in classifi ca. Il<br />

più temuto, baffi e capelli da futuro biker,<br />

era Milovan Princic, capocannoniere del<br />

girone con 29 gol in 11 partite.<br />

Eravamo nei bassifondi, si lottava per<br />

la salvezza, anche se in quei campionati<br />

non c’erano retrocessioni. Nessuno ci diceva<br />

nulla quando perdevamo, i dirigenti<br />

erano sempre in chiosco, l’allenatore li<br />

seguiva durante gli allenamenti, in partita<br />

non poteva per regolamento.<br />

“Cambia gioco, cambia gioco!!”- urlava.<br />

Sedeva in panca con un paio di occhiali<br />

a specchio stile Arrigo Sacchi. Fulvio<br />

era milanista fi ssato, voleva inculcarci<br />

zona, sovrapposizioni, ripartenze, pressing,<br />

diagonali. Vicino a lui una specie di<br />

massaggiatore, poi l’unica riserva fi ssa e<br />

due bimbi degli Esordienti imbacuccati in<br />

una coperta sporca.<br />

In attacco non eravamo male, però la<br />

palla non arrivava mai alle due punte, Lucio<br />

ed Ezio. Lucio, un “macho” di tredici<br />

anni, beveva e fumava e aveva storie con<br />

tutte le ragazze del quartiere. Il giorno prima<br />

della partita con un pugno aveva sfondato<br />

la porta della palestra della scuola.<br />

Tutti avevano paura di lui: aveva la testa a<br />

forma di pannocchia e in spogliatoio esibiva<br />

orgoglioso il suo affare: in primavera<br />

saltava fuori dallo stanzone e lo mostrava<br />

alle stranite mammine che venivano ad<br />

aspettare i fi gli.<br />

Ezio, un tipo tranquillo, grande amico<br />

di Lucio, aveva scatto e tecnica, ma preferiva<br />

baciarsi con qualche ragazzina al<br />

cinema invece di allenarsi.<br />

“Ezio, un tipo<br />

tranquillo, grande<br />

amico di Lucio, aveva<br />

scatto e tecnica, ma<br />

preferiva baciarsi con<br />

qualche ragazzina<br />

al cinema invece di<br />

allenarsi.”<br />

Per farsi invidiare, durante l’allenamento<br />

del giovedì, se ne stava dietro la<br />

porta: noi calciavamo a rete senza convinzione,<br />

lui tirava linguate a certe tipe<br />

più grandi di noi. Fulvio non gli diceva<br />

niente, poi la domenica giocava, perchè<br />

se la cavava e perchè non c’era nessuno<br />

da buttar dentro.<br />

Pensavo di dover beccarne sette nel<br />

primo tempo, invece era ancora 0-0: noi<br />

tutti dietro a coprire il portiere: aveva una<br />

maglia gialla da cui spuntava uno scandaloso<br />

dolcevita verde jugoslavo, rubato<br />

alla mamma in qualche cassettone mentre<br />

cercava altro.<br />

Al 21’ la stranezza: mi arriva la palla,<br />

mi giro, sparo un lancio, la sfera arriva<br />

a Lucio che stoppando il pallone un po’<br />

con la mano, un po’ con il destro, scatta<br />

carambolando fra due avversari, che<br />

stende di forza, presentandosi davanti al<br />

portiere. Lucio era un disastro, sapevamo<br />

che avrebbe sparato verso la nave, però<br />

con un tocco impercettibile e involontario<br />

aveva superato il portiere, fi nendo in<br />

porta lui, il pallone, il suo affare e tutto<br />

quanto nello stesso istante: 1-0.<br />

Aveva esultato per tre minuti berciando<br />

come un bongo, facendo gestacci<br />

e noi lì prima a guardarlo, poi a corrergli<br />

dietro per abbracciarlo, cercando nella<br />

mischia di tirargli qualche pedata di<br />

R ACCONTI<br />

Racconti<br />

Enrico Colussi]<br />

nascosto. Il gol li mandò in crisi. “Ma<br />

come facciamo a perdere con questi babbuini?”-dicevano.<br />

La domanda era la risposta allo svantaggio,<br />

avevano sottovalutato, giustamente,<br />

una squadra senza gioco e senza tattica.<br />

Avevamo paura, perchè sapevamo che<br />

se quelli l’avessero buttata su qualsiasi<br />

aspetto che non fosse stata la disperazione<br />

calcistica, sarebbe stato impossibile uscirne.<br />

Ci eravamo messi ancora di più a far<br />

barriera in area, Fulvio sbraitava ma nessuno<br />

lo ascoltava, avevamo le orecchie<br />

gonfi e di freddo e sudore. Faceva un freddo<br />

boia e la derelitta squadra di periferia<br />

stava battendo la seconda della classifi ca.<br />

Laurencic, il loro regista e faro, ci guardava<br />

senza capirci nulla, Vitez buttava palloni<br />

in mezzo, Gergolet bestemmiava come<br />

un archimandrita. Ma non passavano.<br />

A furia di girar a vuoto loro si erano<br />

cotti da soli e alcuni dei miei perdevano<br />

tempo buttandosi in terra, mentre loro ci<br />

insultavano in sloveno. Ad un minuto dalla<br />

fi ne uno mi strattona in corsa, l’arbitro<br />

non fi schia, io mando a cagare il mediano<br />

e quello mi tira giù un mezzo destro in<br />

faccia. Cado, mi fa male. Casino incredibile,<br />

i pochi genitori dalla tribuna vogliono<br />

saltare in campo, in panchina urla<br />

e minacce.<br />

“Slavi di merda!Terroni!Titini!Fascist<br />

i! Ladri! Ti aspetto fuori!” I soliti suoni.<br />

L’arbitro cacciò il mediano, mentre<br />

sulla tribuna arrugginita la gente si stava<br />

calmando: in fondo ad essere stato colpito<br />

ero solo io, non qualche idolo della curva<br />

come Lucio o Ezio. “Ecco! Un vero capitano<br />

ci rimette la faccia e anche il resto<br />

per la squadra”- mi disse il massaggiatore,<br />

e fu la mia medaglia..<br />

Dopo il caos arrivò il triplice fischio,<br />

avevamo vinto, loro superincazzati,<br />

noi a far festa, io sulla linea laterale<br />

a tenermi la faccia, poi tutti sotto la<br />

doccia, tranne me.<br />

All’una tornai a casa, con la borsa del<br />

ghiaccio sul muso. Mia madre mi vide e<br />

disse che non sarei andato più a giocare a<br />

calcio, non voleva gente rotta in casa.<br />

“Per rovinarti la testa hai ancora 70<br />

anni di tempo!”- mi stroncò.<br />

Me ne sono bastati molti di meno. ❒<br />

aprile 2010 • M T • 27<br />

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:El Gaucho<br />

(da <strong>Monfalcone</strong> a Salta,<br />

dal Manzanarre al Reno)<br />

Una Poesia Su Pizzolitto In Argentina<br />

Corre el gaucho nella pampa<br />

l'orizzonte si spalanca<br />

batte il cuore sotto il poncho<br />

dal Comune Dios lo scampa.<br />

Sanza posa, sanza tosa,<br />

sanza shopping né dinero<br />

sempre in sella al suo destriero<br />

sempre al trotto el gaucho va.<br />

Sta pensando al suo futuro:<br />

“Non sarà certo l’ospisio!<br />

Adelante, mio caballo,<br />

adelante con juicio.”<br />

Picchia il sole sulla pampa<br />

e negato gli è il diletto<br />

di pranzare con i cracker,<br />

il suo cibo prediletto.<br />

Picchia il sole e lui galoppa<br />

anelando alla frescura<br />

dondolando sulla groppa<br />

della sua cavalcatura.<br />

“Il futuro non è scritto!”,<br />

pensa el gaucho en Argentina:<br />

sulla pampa sconfinata<br />

picchia il sole, la mattina.<br />

Stefano Piredda<br />

monfalconeterritorio@gmail.com | blog: http://monfalconeterritorio.org<br />

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