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Monfalcone

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T ERRITORIO<br />

Territorio<br />

<strong>Monfalcone</strong> si trasforma... [di Mauro Bussani]<br />

La trasformazione di <strong>Monfalcone</strong>,<br />

agli occhi di chi ci abita da sem-<br />

pre, risulta evidente soprattutto per<br />

come il suo territorio fisico è stato<br />

tagliato a pezzi, svuotato del senso<br />

che lo ha storicamente determinato<br />

e riprogettato ad uso e consumo<br />

dei profitti privati e della gestione<br />

del potere in senso assoluto.<br />

Si pensi alla vicenda della storica<br />

azienda monfalconese Ineos, a<br />

come è stata liquidata, abbattuta<br />

e rimpiazzata con la nuova Mangiarotti<br />

s.p.a., guarda caso produttrice di componenti<br />

per centrali nucleari nel preciso<br />

momento in cui si discute di costruirne<br />

una proprio a <strong>Monfalcone</strong>. Solo la crisi<br />

in atto e la litania dei posti di lavoro<br />

hanno evitato, per il momento, il voltastomaco<br />

generale per questo epilogo.<br />

Si pensi al centro cittadino tout<br />

court, sempre più svuotato dalle persone<br />

e continuamente sotto il controllo<br />

di occhi elettronici e volanti delle forze<br />

dell’ordine, con l’unico risultato di<br />

aver inculcato nella mente del “monfalconese<br />

tipo” la paura di uscire di<br />

casa se non per andare al lavoro o al<br />

centro commerciale. Quando è evidente<br />

che l’unico modo per trasmettere<br />

percezione di sicurezza nei cittadini<br />

è fare in modo che le vie e le piazze<br />

siano sempre piene di gente.<br />

Si pensi al continuo stillicidio di<br />

esercizi commerciali che ha determinato<br />

l’insediamento delle stesse catene<br />

di negozi in leasing e brand multinazionali<br />

onnipresenti, rendendolo di<br />

fatto un territorio anonimo e uguale a<br />

qualsiasi altra città globalizzata.<br />

Sarebbe interessante anche sapere<br />

che fine ha fatto l’unico progetto sociale<br />

di una certa rilevanza che l’amministrazione<br />

ha messo in campo per mitigare<br />

la tensione abitativa, l’autoristruttura-<br />

24 • M T•<br />

aprile 2010<br />

zione di un condominio ex Solvay, per<br />

il momento ancora sulla carta.<br />

Si pensi alla ristrutturazione dei<br />

grossi edifici storici come l’albergo<br />

impiegati e quello operai. A come si<br />

è tentato, maldestramente, di sottrarre<br />

il territorio pubblico del parco di via<br />

Cellottini per trasformarlo in un parcheggio.<br />

Quell’albergo impiegati che<br />

in tempi recenti almeno una funzione<br />

sociale l’ha avuta quando, per pochi<br />

giorni, è diventato rifugio di qualche<br />

decina di richiedenti asilo politico sotto<br />

il nome di Hotel Esilio.<br />

Non è un caso che un piccolo territorio<br />

come quello di Officina Sociale<br />

sia continuamente sotto attacco perché<br />

probabilmente resta l’unico ancora in<br />

grado, in tutta la città, di esprimere e<br />

mettere in pratica una visione diversa,<br />

e in quanto tale scomoda, della realtà.<br />

A partire dalle celebrazioni del centenario<br />

del cantiere nel 2008 non può<br />

sfuggire quello che è il problema di<br />

fondo di tutte le questioni sociali aperte,<br />

ovvero il rapporto tra la città e la<br />

grande fabbrica navale. Dove il termine<br />

“rapporto” diventa sempre più sinonimo<br />

di “conquista”, di tentativo di<br />

trasformare il territorio stesso ad uso e<br />

consumo dei profitti del cantiere.<br />

Non sono misteri questi in città ovviamente,<br />

se ne è discusso in abbondanza.<br />

Con il risultato di rendere palese<br />

l’assoluta volontà, da parte della quasi<br />

totalità della classe politica attuale, di<br />

non voler affrontare i problemi e, soprattutto,<br />

di non voler in alcun modo<br />

porre elementi di critica nei confronti<br />

di una realtà economica sempre più<br />

avida ed ingombrante.<br />

A ben vedere, tutte le questioni che<br />

riguardano la casa, il reddito, l’uso del<br />

territorio, ecc. sono diretta conseguenza<br />

del cantiere. Non sarebbe il caso<br />

di iniziare un ragionamento che ponga<br />

il cantiere navale alla stregua di una<br />

componente sociale con tutta una serie<br />

di doveri nei confronti della città invece<br />

delle sempre più vaghe e strumentali<br />

leggi di mercato?<br />

É quanto meno necessario quindi<br />

introdurre un terzo livello di contrattazione,<br />

oltre a quella nazionale e quella<br />

aziendale, che si potrebbe definire<br />

come “territoriale” e che abbia lo scopo<br />

di obbligare l’azienda a concedere<br />

una serie di risarcimenti per le problematiche<br />

di natura sociale che causa al<br />

territorio sul quale insiste.<br />

Evidentemente gli attori sociali di<br />

questo livello contrattuale non possono<br />

che essere le organizzazioni di cittadini<br />

che già operano nel settore e che<br />

hanno sviluppato competenze e pratiche<br />

da quando Fincantieri ha adottato<br />

il modello produttivo per appalti agli<br />

inizi degli anni novanta.<br />

Non serve molta immaginazione<br />

per capire l’importanza di un badget<br />

da fonte Fincantieri ad integrazione<br />

del sostegno all’affitto o del reddito<br />

sempre precario di certi lavoratori<br />

dell’appalto in un processo produttivo<br />

caratterizzato da una marcata ciclicità<br />

dei carichi di lavoro nell’arco dell’anno.<br />

Tanto più nel caso di lavoratori per<br />

cui non sono previsti, o sono difficili<br />

da ottenere, servizi di sostegno come<br />

la cassa integrazione ordinaria. O per<br />

i lavoratori migranti per cui il venir<br />

meno di un rapporto di lavoro equivale<br />

a dire la decadenza del permesso di<br />

soggiorno.<br />

Ripensare il territorio da un punto<br />

di vista sociale e non solo economico<br />

è la grossa sfida che la città deve cominciare<br />

ad affrontare in tutte le sue<br />

declinazioni, a partire da quella amministrativa,<br />

per invertire un trend che<br />

proprio il questore ha definito al “limite<br />

della militarizzazione”.<br />

Un territorio che assume sempre<br />

più le caratteristiche di una prigione<br />

a cielo aperto. E poiché le cose non<br />

succedono mai per pura coincidenza,<br />

ecco Fincantieri che elabora una proposta<br />

già presentata al ministero degli<br />

Interni per un nuovo modello di carcere<br />

galleggiante da costruire, guarda<br />

caso, proprio nel suo cantiere di <strong>Monfalcone</strong>.<br />

❒<br />

Impaginato N°5.indd 24 12-04-2010 20:41:53

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