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Giornale Italiano<br />
di Medicina Interna<br />
dodici popolazioni in sei di sette paesi del Seven<br />
Countries Study.<br />
In questo studio furono presi in considerazione<br />
i seguenti fattori di rischio:<br />
• pressione arteriosa<br />
• colesterolo totale<br />
• composizione dei grassi nella dieta<br />
Si rilevò che il contenuto alimentare in grassi<br />
“saturi” era correlato con un elevato rischio di<br />
mortalità per cardiopatia ischemica (quattro volte<br />
maggiore) e che lo stesso si riduceva se nella dieta<br />
comparivano i grassi “insaturi” o se aumentava<br />
la percentuale di carboidrati complessi (Tab. 3).<br />
In un altro studio 24 durato quindici anni, a un<br />
gruppo di pazienti veniva somministrata una<br />
dieta con un ridotto contenuto in acidi grassi<br />
saturi, ma molto alto in acidi grassi polinsaturi<br />
aggiunti, come gli oli vegetali, e inoltre veniva<br />
consigliata l’astensione dal fumo.<br />
Significativi i risultati ottenuti nei pazienti sottoposti<br />
a questo regime dietetico rispetto ai controlli,<br />
nel senso che si rilevava un buona riduzione<br />
degli eventi cardiovascolari.<br />
Nello studio DART, 25 2033 pazienti maschi che<br />
102<br />
B<br />
Rischio relativo<br />
A<br />
Maschi<br />
6<br />
5<br />
4<br />
3<br />
2<br />
1<br />
0<br />
Rischio di morte relativa<br />
21<br />
22<br />
23<br />
24<br />
25<br />
26<br />
27<br />
3<br />
2,5<br />
2<br />
1,5<br />
1<br />
0,5<br />
0<br />
18<br />
18,5-20,4<br />
20,5-21,9<br />
22-23,4<br />
BMI<br />
28<br />
29<br />
>30<br />
maschi<br />
femmine<br />
23,5-24,9<br />
25-26,4<br />
26,5-27,9<br />
28-29,9<br />
30-31,9<br />
32-34,9<br />
>35<br />
BMI<br />
Rischio relativo<br />
6<br />
5<br />
4<br />
3<br />
2<br />
1<br />
0<br />
Femmine<br />
21<br />
22<br />
23<br />
24<br />
25<br />
26<br />
27<br />
28<br />
29<br />
BMI<br />
2005;4:98-106<br />
Figura 1. Rischio di morte per malattia cardiovascolare in relazione al BMI (A). Rischio relativo di<br />
sviluppare alcune patologie (diabete mellito di tipo 2 [ ], colelitiasi [ ], ipertensione arteriosa ( ) e<br />
malattia coronarica [ ] in relazione al BMI (B).<br />
avevano già subito un evento infartuale erano<br />
divisi in tre bracci di trattamento: il primo era sottoposto<br />
a un regime dietetico povero di grassi; il<br />
secondo a una dieta caratterizzata da un aumento<br />
del rapporto tra grassi insaturi e saturi, con<br />
aumentato consumo di pesce o olio di pesce<br />
(ricco in una classe particolare di polinsaturi, gli<br />
acidi grassi ω 3); il terzo a un aumentato consumo<br />
di fibre vegetali (Fig. 3).<br />
Lo studio ha mostrato, a 2 anni, una riduzione<br />
significativa delle cause di morte nel gruppo che<br />
assumeva maggiori quantità di acidi grassi ω 3.0<br />
Nello studio DAMET 26 pazienti a rischio per<br />
malattia coronarica erano divisi in tre gruppi: uno<br />
era sottoposto a una dieta comportante una<br />
riduzione calorica e un’integrazione di 400 g di<br />
frutta e verdura; un secondo gruppo, oltre alla<br />
dieta e all’integrazione, iniziava, dopo quattro<br />
settimane, un allenamento fisico della durata di<br />
20 settimane; i rimanenti 232 pazienti erano<br />
messi solo a dieta. I pazienti erano seguiti per 24<br />
mesi. Tutti mostrarono una significativa riduzione<br />
del rischio.<br />
Nello studio di LIONE, 27 dei 423 pazienti che<br />
avevano subito infarto miocardico, 219 erano<br />
>30