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ORFEO 9. - Zona Editrice

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ogni caso avere le idee è il mestiere che voglio fare da grande, e visto che non<br />

riesco a concentrarmi sul da farsi per via della solita ennesima chiassosissima<br />

improvvisazione “free” che arriva da un’altra stanza, provo a fare come i cinesi,<br />

quando tramutano le calamità in vantaggi. Se un invasione di cavallette può essere<br />

una fonte di cibo, anche lo scatenamento dionisiaco di Romeo e dei suoi potrà<br />

venir buono, hai visto mai.<br />

Servono i fischi alla pecorara, per far tacere quel frastuono. Pian piano si<br />

deconcentrano e il suono si affievolisce, poi cessa. Si rassegnano ad ascoltare<br />

ancora una volta cosa vuole questo rompipalle col suo progetto teatrale cosi<br />

“square”. Li vedo riaccendersi nell’espressione, però, quando capiscono che voglio<br />

da loro proprio quello che stavano appena facendo.<br />

La vedo così: Simon urlerà dall’esterno “Felicità!” tre o quattro volte.<br />

“Happiness, posso dirlo in inglese?” chiede Simon. Concesso, come no.<br />

E quello sarà l’attacco. A me interessa solo che il riff di base sia e rimanga il<br />

due quarti in minore che ci interessa. Su quello si scatenassero come meglio credono,<br />

diciamo per un tre minuti. Simon userà quel momento come spazio per la<br />

sua entrata e per inventarsi la pantomima da incantatore che preferirà (lui ammicca<br />

e fa cenno che ok, ha capito). Incarico Marco Piacente, l’unico del complesso<br />

che mi pare in grado di restare coi piedi a terra, di sparare a chiunque tenti di<br />

oltrepassare quei tre minuti, dato che a quel punto voglio che il Venditore cominci<br />

effettivamente a cantare il suo pezzo secondo lo spartito. E poi che Dio ce la<br />

mandi buona.<br />

Enrico Lucherini arriva puntualissimo (lui sì) alle 16 del giorno dopo, accompagnato<br />

da un Fabrizio Bogiankino che sotto la solita aria da duro tradisce un’agitazione<br />

peggiore della nostra. Con loro c’è anche uno sconosciuto molto rispettato<br />

che ancora non so chi diavolo fosse, forse un pezzo grosso di qualche TG. Io ho<br />

organizzato i ragazzi del coro con un’introduzione la più dolce possibile, per far<br />

contrasto con l’improvvisa irruzione di Simon. Bill preludia al piano in maniera<br />

tenue e essenziale, di lui posso fidarmi. Nella stanza che abbiamo scelto per l’audizione<br />

il sole basso dell’inverno penetra dalle finestrelle che danno sul marciapiede,<br />

e nell’aria polverosa dello scantinato i raggi tramutano la luce in materia. I<br />

ragazzi, che ora cominciano a cantare, si colorano incredibilmente di rosa e oro.<br />

“Meglio di qualsiasi cosa riusciremo mai a inventarci in palcoscenico” penso, e<br />

comincio a credere che qualche santo ci stia aiutando, anzi, quando il coro si<br />

arresta e Simon sta per gridare da fuori ho un momento di vero ottimismo, ma<br />

crolla verticale appena mi rendo conto che quel matto invece di “Happiness!” sta<br />

in realtà gridando “A penis!” (Un pene!). Emesso a quel modo suona quasi identico<br />

e lui se ne approfitta. Quelli del cast che capiscono l’inglese prendono a torcersi<br />

dalle risate trattenute, e io mi dico ok, a che ora parte il primo treno per<br />

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