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6. Cortile della Biblioteca<br />
Tratto da: “<strong>Garlate</strong>, conoscere e inventare insieme un paese”<br />
<strong>di</strong> P. De Gra<strong>di</strong>.<br />
L’e<strong>di</strong>ficio <strong>di</strong> piazza Vittorio Veneto, sede attuale della<br />
Biblioteca Comunale, è del 1888 e fu costruito come<br />
sede delle Scuole Elementari Statali. La costruzione ha<br />
una sua linea decorosa. L’ingresso iniziale dell’e<strong>di</strong>ficio,<br />
che durò fino al 1960, era <strong>di</strong> fronte all’ingresso dello<br />
stabile, quin<strong>di</strong>, a causa dell’aumento del traffico, è stato<br />
spostato sul lato sinistro della cancellata. Due classi al<br />
mattino e due classi al pomeriggio occupavano i locali<br />
del pianterreno. I locali del primo piano erano a<strong>di</strong>biti:<br />
uno ad abitazione dell’insegnante, l’altro, dal 1920 al<br />
1930, era sede del Municipio. Tutti gli insegnanti avevano<br />
classi miste e pluriclasse, e, più tar<strong>di</strong>, si fecero i turni.<br />
Dal 1991 il fabbricato è <strong>di</strong>ventato sede della Biblioteca<br />
Civica Comunale, qui trasferita dalla vecchia sede che<br />
si trovava nell’attuale Palazzo Comunale. La Biblioteca<br />
Civica è stata voluta da un gruppo <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>ni ed inaugurata<br />
il 7 aprile 1974.<br />
Ecco alcuni dati statistici dei suoi primi 35 anni <strong>di</strong> attività.<br />
Al 31 <strong>di</strong>cembre 2008:<br />
- 14.948 il totale dei volumi <strong>di</strong> proprietà<br />
- 70.986 il totale dei volumi prestati a domicilio<br />
Attualmente la Biblioteca si è trasferita provvisoriamente<br />
nell’e<strong>di</strong>ficio della Fondazione A. Bruni, in quanto l’intera<br />
palazzina sarà oggetto <strong>di</strong> completo restauro.<br />
7. Curt del Cürat<br />
Tratto da: “<strong>Garlate</strong>, conoscere e inventare insieme un paese”<br />
<strong>di</strong> P. De Gra<strong>di</strong>.<br />
Il suo nome trarrebbe origine dal fatto che l’immobile<br />
era <strong>di</strong> proprietà della Chiesa, (come lo è tuttora, almeno<br />
per una parte). Archi, volte, finestre, tutto <strong>di</strong>ce quanto<br />
sia antica e sia rimasta bella. Meriterebbe da sola una<br />
monografia! Vi abitavano “Chi de Sèpa”, “Chi de Bram”<br />
e “Chi de la Surda”. Con un po’ <strong>di</strong> fantasia vi possiamo<br />
ancora vedere le donne che si mettevano “a rosc”, (facevano<br />
gruppo), “i fàven i scalfétt e i sulètt”, (facevano la<br />
calza), le bambine che giocavano “a spazi”. E ciascuno<br />
raccontava “ognivon la sua”, (ognuno quello che aveva<br />
da <strong>di</strong>re). E i bambini “i faven i cume<strong>di</strong>”, potevano giocare<br />
liberamente: e giocare voleva <strong>di</strong>re scoprire. Gli<br />
anziani erano severità e timore, ma anche <strong>di</strong>sponibilità<br />
e benevolenza: insomma un microcosmo ad elevato<br />
controllo sociale.<br />
8. Curt del Còm<br />
Tratto da: “<strong>Garlate</strong>, conoscere e inventare insieme un paese”<br />
<strong>di</strong> P. De Gra<strong>di</strong>.<br />
Subito oltre il cancello, sulla sinistra in alto, ve<strong>di</strong>amo<br />
incisa sulla pietra la data del 1559. Si tratta senz’altro<br />
della rifusione <strong>di</strong> precedenti fabbricati, in quanto il<br />
complesso <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici fa parte del nucleo più antico del<br />
paese, che stava a monte della Strada Regia. Il nome<br />
della Corte, detta anche “Curt del Còm in Sòmm”, deriva<br />
probabilmente dal luogo <strong>di</strong> origine delle famiglie che<br />
qui vi abitavano; qui c’erano “chi del Còm”, appunto, e<br />
“chi de Crüstu”.<br />
La corte, oggi alquanto “modernizzata”, era molto<br />
probabilmente collegata con l’a<strong>di</strong>acente “Curt del<br />
Vignascia”, come si nota dai muri e dalla pavimentazione<br />
della stessa corte. Nelle corti, quasi tutte abitate<br />
un tempo da conta<strong>di</strong>ni, sotto i portici c’erano “carètt e<br />
caretétt, gèrli, gabi, cavagn, scighèzz, ranzén, la vanga,<br />
baston in <strong>di</strong> canton”… I portici ospitavano via via i<br />
prodotti della terra: le pannocchie <strong>di</strong> granoturco appese<br />
a mazzi, il frumento che veniva battuto con verga<br />
sull’aia improvvisata, verdure e frutta in attesa <strong>di</strong> essere<br />
smistate. Nelle stanze in alto (cameron e camerén), si<br />
conservavano l’uva da mangiare a Natale, mele, pere,<br />
caki; le patate si conservavano in cantina al buio, perché<br />
non <strong>di</strong>ventassero verde-malsano.<br />
E quando meno ce lo si aspettava…, le mucche sciolte<br />
dalle catene, invadevano a gran<strong>di</strong> salti la corte, provocando<br />
un fuggi fuggi generale: era l’ora della loro libertà.<br />
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