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ATTI CAPITOLO ANNUALE TEMPLARE - Osmth-It.Org

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ORDO SUPREMUS MILITARIS TEMPLI HIERSOLYMITANI<br />

Magnus Magister et Princeps Regens, S.A.E. Dom Fernando Pinto Pereira de Sousa Fontes<br />

Gran Priorato d’<strong>It</strong>alia<br />

<strong>ATTI</strong><br />

<strong>CAPITOLO</strong> <strong>ANNUALE</strong><br />

<strong>TEMPLARE</strong><br />

Abbazia Cistercense<br />

SANTA MARIA IN FOLLINA<br />

24 Maggio MMVIII A.D.


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Nella cartina, la rcte divie<br />

controìlate dai Templari nel<br />

1200. Utalia era divisa in du!<br />

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centro'nord e sud con le isole.<br />

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Autorità<br />

Gentile signore e signori ospiti<br />

Carissimi confratelli e carissime consorelle<br />

ho il piacere di porgere a tutti Voi il mio benvenuto a questo Convegno/Capitolo<br />

annuale del Gran Priorato d’<strong>It</strong>alia dell’Ordo Supremus Militaris Templi<br />

Hierosolymitani, anche a nome del Gran Maestro dom Fernando Pinto Pereira de<br />

Sousa Fontes.<br />

I miei più sinceri ringraziamenti vanno, come sempre, a Padre Clemente Nadalet<br />

osm, Priore, a Padre Ermenegildo Zordan osm, a tutto il venerabilissimo Ordine dei<br />

Servi di Maria, e a tutta la comunità abbaziale di Santa Maria in Follina che ci<br />

accoglie e ci ospita per i nostri incontri in spirito di fraternità e serenità, in questo<br />

bellissimo tempio di alta spiritualità.<br />

Un ringraziamento al signor Sindaco di Follina che ci onora della Sua presenza, e a<br />

tutta la Giunta Comunale che anche quest’anno ci ha concesso il suo patrocinio; un<br />

particolare grazie a loro per aver voluto intitolare la rinnovata piazza centrale di<br />

questo storico e bellissimo borgo pedemontano ai “ Cavalieri del Tempio “, piazza<br />

dove andremo poi in processione e con l’ausilio di Padre Ermenegildo, ad inaugurare<br />

e a benedire. Ricordo a tutti Voi che la lapide, in bianca pietra di Trani, a ricordo di<br />

questo evento è dono della nostra Commanderia “San Michele Arcangelo Apuliae“.<br />

Grazie mille carissimi confratelli per questo prezioso regalo.<br />

Un ringraziamento di cuore a tutti i confratelli che si sono prodigati con il loro lavoro<br />

per la buona riuscita di questa giornata.<br />

Un particolare grazie ai relatori, il prof. Bruno Poggi, il prof. Marco Materassi, l’Avv.<br />

Danilo Riponti e la nostra prof.ssa Leda Paola, per i lavori che ci esporranno.<br />

Un grazie veramente sentito alle delegazioni straniere dell’Ordine che nonostante il<br />

lungo viaggio, non hanno voluto mancare al tradizionale appuntamento in Follina.<br />

Merci beaucoup mon frère Gerard Willery Grand Prieur de France, nos meilleurs et<br />

fraternelles salutations à Toi et à tous le confrères de la très belle terre de France qui<br />

sont ici aujourd’hui.<br />

Un ben ritrovati ai numerosi confratelli in rappresentanza del Gran Priorato di<br />

Romania.<br />

Un gracias al querido hermano Francisco G. Trujillo in rappresentanza del Gran<br />

Priorato di Spagna.


Ultima della lista, come sempre, ma come sempre sicuramente non ultima nel nostro<br />

cuore, un forte e affettuoso abbraccio alla Sr. Roula Rogan Gran Priore di Grecia, che<br />

ci segue in questa nostra giornata da molti anni ormai.<br />

Naturalmente un grande grazie anche alle delegazioni delle commanderie italiane,<br />

sempre numerose, e mi riferisco ai confr. di Puglia, delle Terre di Sicilia e della<br />

Toscana.<br />

Quest’anno il convegno , e non poteva essere altrimenti, sarà focalizzato per la<br />

maggior parte sulla cosi detta “ Pergamena di Chinon “ e sul suo ritrovamento<br />

nell’Archivio Segreto Vaticano da parte della dott.ssa Barbara Frale.<br />

Ritrovamento che ha dato origine attraverso la casa editrice Scrinium, fiduciaria<br />

proprio dell’Archivio Segreto Vaticano, a quella bellissima e ormai arcifamosa opera<br />

editoriale chiamata “ Processus Contra Templarios “.<br />

Si aggiunga poi che nell’ottobre dell’anno scorso, a 700 anni esatti dall’arresto di tutti<br />

i templari di Francia da parte di Filippo il Bello, questo volume è stato presentato in<br />

forma ufficiale nelle Sale Vaticane, e capite bene che siamo di fronte a un evento di<br />

portata storica.<br />

Ringraziamo di cuore i professori Bruno Poggi e Marco Materassi sia per la loro<br />

comprensione e cortesia, sia per i loro lavori su argomenti molto interessanti e non di<br />

facile reperibilità.<br />

Non volendo togliere altro tempo prezioso al convegno, chiudo questa brevissima<br />

presentazione auspicando per voi una buona giornata con il mio consueto augurio:<br />

Che la Rosa Mistica Maria, che onoriamo particolarmente in questo mese di Maggio,<br />

mese delle rose, sotto la cui protezione è questa bellissima abbazia, e sotto la cui<br />

protezione i nostri amati predecessori hanno voluto mettere il nostro venerabile<br />

Ordine, protegga i nostri lavori, protegga le nostre famiglie, protegga tutti noi.<br />

Grazie<br />

Nel giorno di S. Maria Ausiliatrice<br />

24 Maggio MMVIII A.D.<br />

Santa Maria in Follina Paolo Smagliato C.G.C.<br />

Legato Magistrale per l’<strong>It</strong>alia


PROCESSUS CONTRA TEMPLARIOS<br />

“ La Pergamena di Chinon ”<br />

Assoluzione per l’Ordine Templare<br />

Giovedì 27 ottobre 2007 è stato pubblicato dal Vaticano, in forma ufficiale, un documento, la<br />

cosiddetta “ Pergamena di Chinon ”, ovvero gli atti, in edizione integrale, dell’antico processo ai<br />

Templari ( 1308-1312 ).<br />

È, in effetti, il verbale di interrogatorio dei superiori dell’Ordine rinchiusi nella prigione-fortezza<br />

reale di Chinon, presso Vienne, sulla Loira, voluto dal Papa Clemente V che avrebbe voluto<br />

interrogare personalmente i frati che, come Ordine Templare, era sottoposto solo al Papa stesso ma,<br />

non potendolo fare, aveva incaricato una commissione di inchiesta per farlo in sua vece.<br />

I Templari, interrogati, respinsero ogni accusa, manifestarono la loro fedeltà alla Chiesa e furono<br />

completamente assolti dall’accusa di eresia; furono assolti e reintegrati nei sacramenti.<br />

Le accuse mosse erano insostenibili: l’Ordine dei Cavalieri del Tempio non è mai stato condannato<br />

dalla Santa Sede come “ eretico ” e quando i Templari perirono sul rogo morirono innocenti,<br />

comunicati e con il giuramento di fedeltà alla Chiesa sulle labbra.<br />

Mentre la cerchia degli studiosi sapeva che l’>Ordine era immune da eresia, la Chiesa aveva, però,<br />

fino ad oggi, trascurato di fare piena chiarezza sull’argomento, così il grande pubblico ha<br />

considerato i Templari come eretici finiti tra le fiamme.<br />

Si è nuovamente riacceso, dunque, l’interesse per i Cavalieri del Tempio, monaci-guerrieri, il primo<br />

ordine religioso-militare della storia della Chiesa, una storia esaltante, circondata da un alone di<br />

mistero, soffocata nel sangue e, poi, nell’oblio; una “ nobile militia ” nata nel 1119, all’epoca delle<br />

Crociate, per difendere i pellegrini che si recavano in Terrasanta, ma attaccata, dopo 200 anni di vita<br />

gloriosa, sul piano della credibilità come crociati eretici, mentre erano solo troppo potenti e custodi<br />

di una conoscenza superiore che li aveva resi scomodi.<br />

Istituzionalizzati nel 1129 da Papa Onorio II nel Sinodo di Troyes, nel 1128 avevano ricevuto la<br />

regola, in parte scritta da San Bernardo, quale Ordine monastico di stretta osservanza cistercense<br />

( benedettina ) che univa ai tre voti quello di impugnare la spada per difendere i pellegrini, i luoghi<br />

e le strade che conducevano ai luoghi santi: combattevano anche uno contro tre, non potevano<br />

arrendersi né ricevere riscatto.<br />

San Bernardo scrisse, in loro onore, il “ De laude novæ militiæ ” e, nel 1139, Papa Innocenzo II ne<br />

confermò la regola dove si spiegava la loro missione e si concedeva loro l’esenzione dal potere<br />

vescovile ( e questo fu l’inizio della loro potenza ).<br />

Indossavano il bianco mantello con la croce rossa sul petto: era nata la “ Cavalleria spirituale ”, un<br />

Ordine a carattere iniziatico che, per duecento anni, combatté ed operò in Oriente fino alla caduta,<br />

nel 1291 di San Giovanni d’Acri, ultima roccaforte cristiana del Regno di Gerusalemme, dove morì<br />

eroicamente il Gran Maestro dell’Ordine, Guillame de Beaujeu.<br />

La nuova sede templare fu Cipro ma, come Ordine sovranazionale, aveva “ Maisons ”, cioè<br />

commende, in tutta l’Europa e la Casa madre, il Tempio, a Parigi, dove custodivano il tesoro della<br />

Corona di Francia, avevano incarichi da parte di sovrani e pontefici ed erano depositari di denaro<br />

destinato alla Terrasanta da parte di tutta la Cristianità.<br />

Dopo 150 anni di vita, l’Ordine era considerato tra i più ricchi proprietari d’Europa, i suoi redditi<br />

ammontavano a 112 milioni di franchi; un terzo di Parigi era di loro proprietà; avevano anche<br />

inventato l’assegno bancario, per trasmettere denaro a distanza, per ragioni di sicurezza; avendo un<br />

deposito nel Tempio, a Parigi, si poteva ritirare una somma in ogni parte del mondo, esibendo una<br />

ricevuta col timbro templare.


Tanta potenza provocò l’invidia ed il timore dei potenti, in primis del Re di Francia Filippo IV il<br />

Bello le cui finanze erano in pieno dissesto: siamo all’inizio del ‘300.<br />

Filippo voleva i beni dei Templari per ragioni economiche ma anche perché, con le loro immunità<br />

fiscali e giurisdizionali, i loro territori e le loro fortezze erano una vera potenza politica.<br />

Era Papa Clemente V, un francese, Bertrand de Goth, già arcivescovo di Bordeaux, anziano e<br />

malato, durante la cosiddetta “ cattività avignonese ”, periodo in cui la sede papale era ad Avignone<br />

e non più a Roma.<br />

Clemente tentò di resistere in vari modi al volere del Re che era intenzionato ad eliminare l’Ordine<br />

( questo è stato rivelato dalla critica più recente ), solo alla fine, nel 1312, cedette alle pressioni<br />

regie e sospese l’Ordine.<br />

Il re Filippo IV aveva attinto ripetutamente ai fondi templari perché, stremato dalla lotta con<br />

l’Inghilterra, tanto che si era fatto consegnare dal Tesoriere del Tempio di Parigi, Jean de la Tour,<br />

300.000 fiorini d’oro, una somma enorme, approfittando del fatto che il Gran Maestro Jacques de<br />

Molay ( che sarà l’ultimo ) si trovava a Cipro.<br />

Ricordo che il Re, in precedenza, aveva alterato perfino il contenuto d’oro della moneta sollevando<br />

una sommossa popolare che lo costrinse a rifugiarsi proprio nel Tempio.<br />

Il Re inizia un lavoro perfido di insinuazioni contro i Templari, facendosi aiutare da alcuni<br />

professori della Sorbona; voci di eresie, di comportamenti immorali per cui il Papa, unica autorità<br />

abilitata al giudizio, decide di aprire una inchiesta e richiama da Cipro il Gran Maestro dell’Ordine:<br />

siamo nel 1307. Ma per un colpo di mano del Re, nell’ottobre 1307, i Templari di Francia vengono<br />

tutti arrestati, senza porre resistenza poiché non potevano mai alzare la spada contro un cristiano e<br />

si trovavano nella condizione di frati.<br />

Il Papa si trovava a Poitiers, come molto spesso faceva per curare i suoi disturbi intestinali che lo<br />

porteranno, presto, alla morte; di là manda, per due volte, due legati a Parigi per ordinare al Re di<br />

liberare i Templari e di porli in custodia della Chiesa, ma invano; la seconda volta con la facoltà di<br />

scomunicare il re e dare l’interdetto alla Francia.<br />

Alla fine, Jacques de Molay riuscì a denunciare le torture, i soprusi patiti dai Templari, per cui il<br />

Papa avocò a se tutti i poteri giudicanti che erano in mano all’Inquisizione.<br />

La fermezza papale è chiara: il re allora riunisce 70 Templari, con i capi dell’Ordine e, legati, li<br />

manda su carri a Poitiers dal Papa ma, giunti presso Vienne, nella fortezza reale di Chinon, blocca e<br />

rinchiude nella prigione i più importanti maestri dell’Ordine perché non incontrino il Papa,<br />

prendendo la scusa che fossero malati.<br />

I capi erano Jacques de Molay, il Gran Maestro dell’Ordine, Raimbaud de Caron, il Precettore delle<br />

Terre d’Oltremare, Hugues de Perraud, Precettore di Francia, Geoffroy de Gouneville, Precettore di<br />

Aquitania e Poitou, e Geoffroy de Charnis, Precettore di Normandia.<br />

Siamo nell’estate del 1308: il Papa, a Poitiers, apre una inchiesta; i Templari interrogati non<br />

mostrano segni di eresia, solo uno strano uso, non però frequente, di una prova di entrata<br />

nell’Ordine.<br />

Chiesto il perdono, vengono assolti e riammessi alla Comunione.<br />

Il Papa emette la bolla “ Faciens misericordiam ” con l’assoluzione collettiva e con la quale<br />

bandisce, per i prossimi anni, un Concilio per esaminare vari problemi urgenti tra cui il problema<br />

templare: infatti, egli voleva, come i suoi predecessori, unificare i Templari agli Ospitalieri e<br />

bandire una nuova crociata contro gli infedeli.


Doveva, però, ascoltare i capi dell’Ordine e per far questo inviò tre legati, tre cardinali, Berengario,<br />

Stefano e Landolfo a Chinon, in agosto, nel giorno dell’Assunta, in viaggio segreto, affinché, alla<br />

presenza di notai qualificati e di testimoni, fossero interrogati ( 17 – 20 agosto 1308 ).<br />

Anche i Maestri negarono qualunque eresia, qualcuno di loro confessò qualche pratica di ingresso<br />

nell’Ordine, non ortodossa, ma furono tutti assolti e reintegrati ai sacramenti.<br />

Il Papa ripete la bolla “ Faciens misericordiam ” e dà pubbliche notizie che i Templari sono stati<br />

assolti e sono protetti da immunità giudiziaria.<br />

L’atto originale dell’inchiesta di Chinon, voluta dal Papa , è stato trovato dopo 700 anni,<br />

nell’Archivio Segreto Vaticano, a Castel Sant’Angelo, dalla studiosa Barbara Frale, per caso,<br />

trovandosi tra i documenti del ‘600, non si sa se posti colà volontariamente o meno.<br />

Vi è scritta l’assoluzione piena dei capi Templari e il reintegro nella Comunione cattolica, assolti<br />

dall’accusa di eresia: è il cosiddetto Editto di Chinon.<br />

In breve: sappiamo, poi, che nel 1310 il vescovo della diocesi di Sens fa bruciare vivi 54 Templari;<br />

che, nel 1312, il Papa apre il Concilio annunciato, a Vienne, sulla Loira, ma che, debolissimo di<br />

salute, pressato dal Re, dal Delfino e dalla Corte, cede al dictat reale.<br />

Filippo voleva sostituirsi, per diritto divino, all’autorità pontificia, in effetti assai corrotta, e<br />

minacciava di processare il Papa Bonifacio VIII, Papa Caetani, accusato di brogli, simonia ed<br />

eresia.<br />

Così, forse per salvare la Chiesa da scandali, Clemente V cede e proclama, il 3 aprile 1312, la bolla<br />

“ Vox in excelso ” con cui sospende, non scioglie, l’Ordine “ non per modum definitivæ sententiæ,<br />

non de iure sed de facto ”, con “ amarezza e senza prove ”.<br />

La sospensione è ancora immutata e, dopo 7 secoli, è ancora un provvedimento non definitivo e<br />

solo un altro Pontefice può modificare tale provvedimento. Il Papa era riuscito, almeno, a<br />

rivendicare l’innocenza dei monaci guerrieri, fedeli alla Chiesa, e che tanto avevano operato per la<br />

Cristianità.<br />

Filippo, però, temeva il ricostituirsi dell’Ordine, essendo vivi i suoi capi, per cui, all’insaputa del<br />

Papa, fa riarrestare i maggiori Dignitari dell’Ordine che, nella prima udienza del Concilio avevano<br />

gridato la loro innocenza e, nel marzo 1314, fa bruciare sul rogo il Gran Maestro, Jacques de Molay,<br />

ed il Precettore di Aquitania che muoiono come cristiani assolti e comunicati: è il 18 marzo - gli<br />

altri moriranno in carcere - e siamo prossimi alla Chiesa di Notre Dame, la Dama per eccellenza dei<br />

Templari, la Vergine Maria.<br />

Dalle rive della Senna si alza il grido di de Molay: “ L’Ordine è puro e santo, le accuse assurde, le<br />

confessioni estorte con le torture ”.<br />

Il sito web ufficiale del Vaticano dichiara con l’editto non prosciolto ma assolto l’Ordine.<br />

È vero, però che fino ad oggi la Chiesa non aveva fatto conoscere la verità, per cui i Templari sono<br />

stati considerati degli eretici, e quindi disprezzati e lesi nella loro dignità: tra l’altro, oggetto di<br />

assurde verità, di trame, di oscuri segreti su cui si è molto speculato.<br />

I Templari, che hanno rappresentato i più alti ideali cristiani e cavallereschi, i difensori della<br />

Cristianità, in una notte, quella dell’arresto ( 12 ottobre 1307 ) sono diventati eretici ed il Papa<br />

Clemente, pur difendendoli coraggiosamente, alla fine non ebbe la forza di resistere alle pressioni<br />

regie divenendo debole e vile.


I Templari sono stati dunque, vittime sacrificali per la Chiesa ed attendono una riabilitazione<br />

completa in seno alla Chiesa che tanto amarono da offrirle la loro vita.<br />

Gli ideali templari sono oggi ancora vivi: la Fede, la Cavalleria e la Fedeltà alla Chiesa sono<br />

professati dai “ neo Templari ” che tengono viva la memoria dell’Ordine ed agiscono nel segno<br />

della tradizione templare di matrice cattolica.<br />

--------------------------------ooooooo--------------------------------------<br />

Un atto di somma ingiustizia innalzò i Templari alle altezze del mito, da monaci – soldati ad<br />

illuminati e saggi cavalieri del Tempio della Saggezza.<br />

La presenza Templare nel punto di contatto tra Occidente ed Oriente, fortemente caratterizzato dalla<br />

storia ebraica ha alimentato un sapere templare fondato sulla cabala giudaica, sulla tradizione<br />

islamica e sull’esegesi biblica – cristiana.<br />

I Templari sono stati l’anello di congiunzione tra le culture gnostiche cristiane, ebraiche e<br />

musulmane sufiste perché operarono nel cuore spirituale delle tre religioni monoteiste.<br />

Alcune ammissioni di colpevolezza su particolari riti iniziatici al momento della cerimonia ufficiale<br />

per l’ingresso nell’Ordine rivelano dei riti segreti di incerte origini: per esempio, essi, come da<br />

documenti, celebravano la Pasqua sotto la sola specie del vino, come sangue di Cristo e bevanda di<br />

eternità; era, probabilmente, un rituale paleocristiano orientale ma, per tradizione, i Templari<br />

saranno considerati i “ custodi del Graal ”, cioè del santo calice del sangue di Cristo.<br />

Più grave e, apparentemente, inspiegabile è il rinnegamento del Cristo crocifisso con il calpestarne<br />

l’immagine o sputare su di essa che veniva imposto, a volte, al nuovo Templare: era una voluta<br />

professione di assoluta ubbidienza e abnegazione verso i superiori, per saggiare il coraggio e la<br />

lealtà all’Ordine, ma desidero ricordare che la crocifissione, presso i Romani, era considerata una<br />

pena infamante: un civis romanus non poteva subire una pena riservata ai ladri della peggiore<br />

specie, tanto che, sia nelle catacombe che in epoca paleocristiana non esiste la rappresentazione<br />

della crocifissione. La prima ed unica immagine risale alla fine del V secolo, sulla porta in legno di<br />

S. Sabina in Roma, dove si vedono le tre croci e che le immagini medievali del Cristo crocifisso<br />

presentano il “ Cristo triunfans ”, vestito regalmente, con i piedi posati come a terra, in atto<br />

benedicente, e bisogna giungere a Giunta Pisano per vedere un “ Cristo patiens ” nudo con il<br />

perizoma ed i segni ben visibili delle ferite e della sofferenza 1 .<br />

In ogni caso non si trattava di eresie ma di comportamenti eterodossi.<br />

La giusta reintegrazione dei monaci nella comunione cristiana, e l’innocenza provata, la fedeltà alla<br />

Chiesa ed il sangue sparso per la cristianità, non hanno, però, ancora portato alla completa<br />

reintegrazione dell’Ordine ed alla sua nuova riconosciuta attività.<br />

L’Ordine del Tempio, che dopo secoli di clandestinità è riapparso pubblicamente nel Convegno<br />

Generale del 1705, a Versailles, per opera del Duca d’Orleans e che oggi opera con il nome di<br />

O.S.M.T.H., per difendere gli stessi principi di un tempo, naturalmente adattati alla nostra epoca,<br />

non hanno ancora un pieno riconoscimento papale: noi, oggi, difendiamo i valori cristiani non con<br />

1 Forse si voleva rinnegare l’infamia insita in quella pena riservata al proprio Dio


le armi ma con la parola, lo studio, gli scritti e, soprattutto, con l’esempio di una vita integra che<br />

dedichiamo allo studio e ad opere di bene, come cavalieri di giustizia.<br />

L’Ordine ha diritto ad una riabilitazione completa per diritto canonico e per diritto internazionale.<br />

Alessandro III l’aveva proclamato “ Magnus Ordo in Ecclesia ”, una istituzione mondiale ed<br />

elettiva con piena capacità giuridica e sappiamo che una estinzione giuridica non può venire da un<br />

provvedimento papale, neanche da un “ motu proprio ” ma può venire solo da un altro fatto<br />

giuridico sopravvenuto.<br />

La “ Bolla Clementina ” poteva essere solo un decreto amministrativo, come in effetti fu.<br />

Nel Diritto canonico, le sentenze non passano in giudicato e perciò è possibile un riesame giudiziale<br />

con il “ privilegium restitutionis in integrum ”. Infatti, il processo ai Templari fu fatto in<br />

violazione dei più elementari diritti della difesa e del contradditorio, sotto prigionia e tortura.<br />

Secondo il Diritto internazionale, l’Ordine ha il diritto di vivere, ricompreso sotto la Santa Sede,<br />

proprio nello spirito del Vaticano II, perché tale diritto rientra nelle norme che regolano l’apostolato<br />

associato, considerate le sue dimensioni internazionali, la sua mai mutata personalità giuridica e la<br />

sua sovranità non territoriale ma operante per la Cristianità tutta.<br />

L’Ordine era ed è una struttura indipendente dai suoi associati che possono anche aver compiuto<br />

errori; in ogni caso si doveva intervenire solo “ ad personam ” non sospendendo l’Ordine.<br />

Purtroppo noi, oggi, lavoriamo come se la “ Bolla Clementina ”, “ tamquam non esset ”, facciamo<br />

investiture nell’alveo religioso, sul solco della Tradizione, sicuri della nostra legittimità spirituale<br />

ma la condizione di “ sospensione ” ci pone in imbarazzo e ci avvilisce. 2<br />

Santa Maria in Follina<br />

24 Maggio MMVIII AD Leda Paola Tonon D.G.C.<br />

Gran Priore d’<strong>It</strong>alia<br />

2 Caduta l’accusa di eresia, il Papa non poteva sopprimere l’Ordine; si ricorse, così, ad un escamotage, la sospensione:<br />

sospensione che, dopo 700 anni, ancora persiste. Un limbo da cui una mano ispirata dal divino può trarci.


Premessa<br />

L’«Ordine» e la «Croce Greca»<br />

Prima di entrare nel vivo della tematica, è necessario, da parte mia, fare un distinguo, in senso<br />

sostanziale, tra il sapere e il conoscere.<br />

Con il primo termine vorrei riferirmi all’enorme patrimonio del Sapere Scientifico, con il secondo<br />

vorrei riferirmi alla necessaria coscienza del singolo con cui lo stesso soggetto pensante può<br />

stabilire se lui, uomo sincero e cosciente,<br />

è o non è in ordine<br />

con l’armonia dell’universo cosmico. Mentre il “sapere” è un avere acquisito, cioè collocato in un<br />

tempo storico (superato), il “conoscere” è quella costante ricerca dell’essere che si proietta in un<br />

tempo futuro… e che non ha fine, se non al termine dei nostri giorni terreni.<br />

Con parole più semplici il “fare ordine” non significa solo volontà di porre ordine nelle cose, ma<br />

soprattutto “avere una precisa coscienza del disordine che regna in quelle nostre cose”. Non a caso<br />

la saggezza che regola e costruisce il linguaggio degli uomini, scritto o parlato, si manifesta con al<br />

necessaria presenza dei due verbi ausiliari… l’Essere e l’Avere.<br />

Come l’uomo d’oggi impegna gran parte delle sue energie mentali nelle scoperte tecnicoscientifiche,<br />

così l’uomo antico impegnava il suo intelletto a interpretare il mito… per poi<br />

personalmente viverlo.<br />

La storia umana è piena di “miti e leggende”, ma come si giustifica che queste realtà abbiano<br />

superato generazioni d’uomini o secoli di storia, se il mito o la leggenda non fossero stati i<br />

contenitori di una nascosta Essenza, che aveva ed ha capacità evocativa, se non provocatoria, per<br />

un fare umano sempre nuovo?<br />

Un oggetto, una immagine figurativa, una azione ecc. possono essere, di caso in caso, stimoli<br />

evocativi di diverse realtà prodottesi nella mente del soggetto. La molteplicità evocativa così<br />

prodotta è condizionata da un complesso di fattori (disponibilità mentale, cultura, ambiente,<br />

emotività, creatività, ecc.). Ma il primum movens è sempre comunque un simbolo. Purtroppo<br />

quando una realtà evocativa da simbolo diventasse “segno”, allora tutto si bloccherebbe nella<br />

cristallizzazione di una verità relativa e/o dogmatica.<br />

L’Ordine<br />

In senso lato il temine “ordine” mostra la disposizione di un molteplice che si raccoglie in un<br />

complesso unitario. Si ottiene ordine solo se il complesso unitario è organizzato seguendo una<br />

Legge Fissa, ed in vista di particolari Finalità.<br />

Ordine assume un significato più preciso quando è capace di definire una assetto armonicamente<br />

sistemato accanto ad esigenze o di tipo pratico o di tipo ideale. La disposizione (ordinistica) ha in sé<br />

il carattere distintivo del valore gerarchico, con cui si evidenzia la “superiorità” dell’elemento che<br />

lo precede, e nel contempo la “sub-alternanza” di quello che lo segue.<br />

L’Ordine ha in sé anche un “senso morale”, in quanto solo l’osservanza categorica di una Regola<br />

Ordinistica fa di ogni suo membro-osservante un Uomo Libero che non interferisce sul<br />

comportamento degli altri membri. «Unicuique suum» (motto giuridico di Giustiniano, Libro I, Tit.<br />

I, 1).<br />

C. Tacito, storico romano d’epoca imperiale (I-II sec. d.C.), descrive con il termine ordinem<br />

(accusativo di ordo, ordinis) l’elenco dei nomi, di giovani abilitati alle armi, posti in senso ordinale.


Questo elenco era conservato, in segretezza, presso il Senato, e serviva, in caso di lotta armata a<br />

difesa dell’Urbe, per meglio affrontare «su file bene assestate», il nemico sul campo di battaglia.<br />

N. Macchiavelli (1527) riprenderà questo antico concetto d’Ordine, definendo: «L’Ordinanza (è)<br />

quella (ottimale) formazione e disposizione di forze (in armi)».<br />

La Chiesa Cattolica, al Concilio di Trento (1563… alla XXIII seduta) istituì l’Ordine Sacro (che fu<br />

inteso come Sacramento) con la sua Gerarchia.<br />

Il mito della Cavalleria<br />

Nell’antica Roma la “cavalleria” non era un mito, ma una realtà concreta che la madre lingua latina,<br />

con vari e precisi termini, ci dice del “cavaliere” romano. …Eques (equitis) era l’uomo armato a<br />

cavallo… Homo equestris censu era colui che portava in se una sua dignità… Lo stesso concetto<br />

veniva espresso da termini homo nobilis, homo summo loco notus. Mentre Equitatus (equitatus) era<br />

la milizia intesa come forza armata a cavallo. Turmae equitum designavano gli squadroni di<br />

cavalleria, e chi comandava questi armati a cavallo era un Magister equitum.<br />

In Roma accanto al “patriziato” (“patres”, i padri delle più antiche famiglie costituenti il primitivo<br />

nucleo dell’Urbe) esisteva “la nobiltà” (da “gnosco” cioè “riconosciuta”) non ereditata ma acquisita,<br />

di tipo “equestre”, che dagli imperatori ebbe incarichi e privilegi (giudici nei tribunali e appaltatori<br />

nelle rendite dello Stato) per bilanciare il “potere senatoriale” dei patrizi.<br />

Con la caduta dell’Impero ogni forma di nobiltà venne meno. Tutto rimase caotico fino a Carlo<br />

Magno (742-814)… ma il successivo “periodo feudale” ed il “frazionamento” dei beni ereditari<br />

distribuiti tra le genti Longobarde e Franche produsse “cadetti”, sempre più poveri, e con il noto<br />

appellativo di “i senza terra”. Costoro, nel X secolo, avevano il solo privilegio di sapere bene usare<br />

le armi. Il nome dell’armato a cavallo era miles (e non più eques). Costui era un devastatore<br />

sanguinario e violento, profanatore di case e di monasteri, che usando il cavallo era rapido nella<br />

rapina e nel delitto, ed altrettanto veloce era nel fuggire. Verso l’anno 1000, la Chiesa di Roma, lo<br />

mise sotto accusa, colpendolo con la scomunica qualora avesse versato “sangue cristiano”. Nello<br />

stesso tempo, presso le chiese d’Occidente, dettero inizio ai “Concili di pace”. Per la prima volta la<br />

Chiesa Romana legittimò la categoria degli armati, ma obbligandola a una precisa etica. Nel 1054, a<br />

Narbonne nacque il «Ceto militare Cavalleresco», definito «Mediae, quae dicitur, Aetatis Equestre<br />

Ordo» cioè «l’Ordine Equestre del cosiddetto Medio Evo». Ma non dimentichiamo che il Cavaliere<br />

non solo fu un “uomo in armi”, pronto a combattere, ma innanzi tutto un uomo che si prefiggeva un<br />

Grande Ideale” partecipando ad una Grande Impresa.<br />

Sembrerebbe di ravvisare in questa figura quella dell’antico atleta dei Giochi Olimpici. il Cavaliere,<br />

come l’antico Campione Olimpico, era colui che aveva mostrato con le sue gesta ed impegno di<br />

essere il più vicino a Dio. Nel contempo il Cavaliere, non più analfabeta macchina sanguinaria da<br />

guerra, nella prima metà del 1100, ben figurando nella “Chanson de geste”, d’epoca carolingia,<br />

seppe sempre destreggiarsi nei tornei, e nel trovar rime e nei giochi d’amore, in cui la “donna” per<br />

la prima volta, nel medioevo, ascendeva a ruolo spirituale. L’aggettivo “cortese”, delle corti<br />

castellane (inizialmente di Provenza e del Tolesano), prese poi piede in tutto l’Occidente, e con<br />

netto riscatto della “femminilità”… in cui la donna non era più “oggetto” del suo “signore”… ma<br />

ella stessa era “dama” cioè “domina”. Il 1200 visse l’epica della Cavalleria (Artù, il Santo Graal, i<br />

Cavalieri della Tavola Rotonda). Questa letteratura regalò, e ancora regala, un mondo fantastico in<br />

cui l’allegoria è dominante, in un sincretismo celtico-cristiano, capace di unire tradizioni, ballate,<br />

ideali e gesta.<br />

L’esoterismo del Cavaliere viene espresso, nella lettura delle “sue battaglie vinte” o “nel trionfo<br />

delle sue armi”, come un “auto-controllo sulla natura umana”. Ogni Cavaliere, visitando la sua<br />

interiorità, scoprirà sempre una sua nuova e sacrale dimensione. Il cavaliere, padrone del proprio


cavallo, evoca il “signore di se stesso” (magister sibi). La stessa statua equestre mette a fuoco colui<br />

che sta in sella, cioè colui che ha dominato la bestia.<br />

Ogni Ordine Cavalleresco trae origine dal Mito della Cavalleria.<br />

Raimondo Lullo (Ramon Lull), catalano (1236-1315), è il primo che scrive dell’Ordine della<br />

Cavalleria (Libre del Orde de Cavalleria). Lullo fu definito “doctor illuminatus” per la vastità dei<br />

suoi interessi che andavano dalla Teologia, alla Alchimia, alla Scrittura, e alle Scienze Naturali.<br />

Quando fu colto da crisi mistica abbracciò la vita religiosa, sperando di avvicinare il mondo<br />

dell’Islam a quello di Cristo, ma in Algeria, fu lapidato a morte.<br />

Riportando alcune parole di R. Lullo, meglio si comprende la figura del Cavaliere:<br />

dal mondo scomparvero la Lealtà, la Solidarietà, la Verità e la Giustizia… Dilagarono allora la Ingiuria,<br />

la Falsità, provocando orrore e sconcerto nel mondo degli uomini… Quando nel popolo contato tra<br />

migliaia e migliaia di uomini, ne fu scelto uno che si distinguesse dagli altri per Gentilezza d’Animo,<br />

Saggezza e Forza.<br />

Con queste parole fu presentata la figura del Cavaliere. Non tanto l’armato che combatte a cavallo<br />

(heques in turma equitum = l’armato a cavallo nello squadrone di cavalleria), ma è colui che tra i<br />

tanti primeggia per Nobiltà, Coraggio, Tenacia, ed è Devoto ai suoi Ideali che si esprimono con una<br />

Generosità senza limiti, nel rispetto della Parola Data, con la protezione dei Deboli, rifiutando la<br />

inutile Violenza, e disprezzando ogni forma di Tradimento. Il Cavaliere sentirà sempre pietà per<br />

l’Avversario battuto.<br />

Infine nel Cavaliere si scopre il Rito della Investitura che non può essere se non eseguita e<br />

trasmessa da un altro Cavaliere. L’Investitura a Cavaliere altro non è che una vera e propria<br />

Iniziazione Spirituale<br />

Questi Principi Etici, nonostante i cambiamenti sociali, le trasformazioni dei costumi, e la<br />

evoluzione della storia, mai potranno essere svalutati né mai essi potranno essere dimenticati<br />

dall’uomo libero.<br />

I più antichi Ordini Cavallereschi traggono la loro origine dalle Associazioni Monastico-Militari<br />

che sorsero all’epoca delle Crociate, e i cui membri erano vincolati da voti religiosi. Tenuti a<br />

combattere per la riconquista del Santo Sepolcro, contrastavano la espansione dell’Islam verso<br />

Occidente.<br />

Inoltre prestavano cura agli ammalati, ali lebbrosi, agli appestati ed ai feriti. I tre più antichi e più<br />

conosciuti Ordini Monastico-Militari furono:<br />

1) i Gerosolimitani, o di San Giovanni, … poi divenuti Cavalieri di Rodi… poi Cavalieri di<br />

Malta;<br />

2) i Poveri Soldati del Tempio (o Templari);<br />

3) i Cavalieri Teutonici.<br />

Dopo la distruzione dell’Ordine Templare (1312), in Portogallo, il re Denis I, con i Cavalieri<br />

Templari sfuggiti alla persecuzione in Francia, fondò l‘«Ordine Militare del Cavalieri di<br />

Cristo» (1319). Questo fatto diede inizio ad una serie di nuovi Ordini Cavallereschi, che di mano<br />

in mano furono creati dai vari Sovrani, con il tacito consenso della Santa Sede, che rilasciava una<br />

formale approvazione per ogni nuovo Ordine. In contropartita ogni sovrano doveva essere garante<br />

di un sostegno morale e/o armato per la Chiesa di Roma. Dal XIV sec. ad oggi sono stati fondati<br />

(ma per la maggior parte scomparsi) trecento Ordini Cavallereschi. 1<br />

La Decorazione<br />

1 Notizie tratte da F. CUOMO, Gli Ordini Cavallereschi, Newton Compton, 1992).


Questo termine definisce una concessione cavalleresca (onorificenza) elargita al merito. La<br />

“decorazione” è rappresentata dal “distintivo” (in genere è un disco metallico nummolare,<br />

artisticamente ad hoc coniato) con cui il “decorato” può, o deve, fregiarsi in particolari occasioni.<br />

Il riconoscimento di meriti acquisiti viene sempre concesso dai Capi di Stato o dai Presidenti di Enti<br />

Riconosciuti (Accademie, Associazioni Culturali…). 2<br />

La “Scienza Araldica” dichiara che il Sovrano regnante è l’unica “Fonte degli Onori”.<br />

L’Ordine di Croce Greca<br />

«La Croce stabilisce la relazione primaria fra il Mondo Terrestre e il Mondo Celeste» (P. DIEL, Le<br />

Symbolisme dans la Mythologie greque, Paris, 1952).<br />

Nella “Croce greca” sono contenuti i simboli fondamentali o “archetipi grafici essenziali e<br />

primitivi”. Cioè il Cerchio, il Centro, la Croce, il Quadrato.<br />

Il Centro e il Cerchio hanno comuni proprietà simboliche e precisamente:<br />

la perfezione e la omogeneità<br />

(Plotino scrive: «Il centro è il padre del cerchio»).<br />

Mentre il Punto-Centro può vedersi come “primordiale”, ossia la “perfezione nascosta” (immane ed<br />

inesauribile energia potenziale), il Cerchio deve vedersi non tanto come una fissa manifestazione<br />

grafica, ma piuttosto come “movimento” circolare perfetto e immutabile, perché esso non ha né<br />

inizio, né fine.<br />

Partendo da questi elementi (grafico-geometrici) facilmente si giunge a porre una similitudine tra il<br />

Cerchio e il Cielo. L’uomo, nel Cielo, con occhi attenti riscontra l’inalterabile movimento dei<br />

Corpi Celesti, cioè il “Cielo Cosmico”.<br />

Da sempre l’umanità vede nel Cerchio-Cielo l’esemplare ruolo sicuro e provvidenziale (ciclico) di<br />

un Creatore (abitante in Cielo) che con premura sorveglia, regola, ed ordina la vita sulla Terra.<br />

Il “Quadrato” graficamente esprime una figura antidinamica, cioè una figura geometrica piana che<br />

è ancorata – cioè fissata saldamente – sulla faccia della Terra… Il “creato manifesto”… ossia<br />

quanto è concretamente rilevato dai nostri sensi. Dunque si può dire che il Cerchio è in antitesi al<br />

Quadrato (Platone scrive: «Il cerchio ed il quadrato sono belli in sé»). Gli Ebrei con il Tetragramma<br />

(J H W H) cioè con quattro lettere, compongono il nome maiuscolo che non deve mai essere<br />

pronunciato. I Pitagorici hanno nella “Tetraktys” (Fons ac Origo Hominum) fondato la loro<br />

dottrina. Quindi il “Quattro”, ossia il “Quadrato”, rispettivamente sono “il numero” e “la figura<br />

geometrica” che simbolicamente evocano il completo sviluppo della manifestazione.<br />

Come e quando potremo vedere coniugati il Cerchio e il Quadrato?<br />

A questa domanda segue una sola risposta…<br />

Quando lo sviluppo del Quaternario partirà dal centro della Croce Greca.<br />

Allora i quattro bracci, tra loro uguali e ortogonali, daranno le quattro direzioni, o meglio saranno i<br />

(4) vettori energetici e direzionali nello spazio piano (Punti Cardinali) e cronologicamente<br />

definiranno le Quattro Stagioni cicliche, annuali.<br />

2 Nota storica sulle “Decorazioni d’<strong>It</strong>alia”: Sino al Referendum del 2 giugno 1946 i Re di Casa Savoia furono i Capi<br />

degli Ordini Equestri. Con la Repubblica, il Presidente in carica (Costituzione <strong>It</strong>aliana, art. 87, ultimo capoverso) di<br />

fatto è il tutore delle tradizioni storiche del Paese, facendosi erede dispensatore delle “decorazioni” intese a premiare i<br />

cittadini meritevoli. Durante il “regno” esisteva (1869), come <strong>Org</strong>ano di Stato, una Consulta Araldica che dava pareri al<br />

Governo, rispondendo alle questioni in “materia araldica”. Con al Costituzione Repubblicana, che non riconosce alcun<br />

titolo “nobiliare”, la Consulta Araldica d’<strong>It</strong>alia è stata soppressa.


La figura ottenuta è la “Gammadia” (o Gammadion), ossia quattro squadre opposte al vertice<br />

evocanti la Croce. 3<br />

( Vedi figura in allegato )<br />

Legenda della costruzione grafica:<br />

a) il quadrato (piccolo), inscritto nel cerchio, è stato ottenuto dalla unione grafica dei quattro punti di intersezione di<br />

ogni braccio della “gammadia” (quattro squadre al vertice), con il cerchio;<br />

b) il quadrato (grande) che inscrive lo stesso cerchio, è stato ottenuto dalla rotazione assiale (180°) sulla ipotenusa di<br />

ogni squadra. Per costruzione grafica questo quadrato grande ha in comune con il cerchio e con il piccolo quadrato<br />

lo stesso centro. I quattro suoi lati sono tangenti al cerchio inscritto.<br />

Il Quadrato piccolo è dinamico, ovvero è in equilibrio instabile, perché cerca una trasformazione. Il<br />

Quadrato grande è statico (fermo e seduto).<br />

Simbolicamente ogni Cerchio esprime (per la sua dinamicità rotatoria) il Cielo, in cui un Ordinato<br />

Movimento dei Corpi Celesti si ripete ciclico e costante nel tempo.<br />

La Croce-gammadia esprime una perfezione grafico-geometrica, e nel contempo ci dice di “quattro<br />

bracci” della croce e di un “punto” centrale (convergenza).<br />

Ovvero (4 + 1) la Croce-greca è un complesso quinario, evocante l’immagine dell’Uomo… coi suoi<br />

cinque sensi… e anche dell’Uomo (inscritto) di Leonardo, e i cinque triangoli sublimi di Platone,<br />

letti nelle cinque cuspidi della Stella IGEYA dei Pitagorici. Questo quinario ha in comune i quattro<br />

punti di intersezione dei bracci col cerchio, cui si aggiunge il quinto punto che è il centro dello<br />

stesso cerchio.<br />

Il suo atteggiamento in bilico, cioè di attesa, evoca la necessità di un colloquio (pre-edenico<br />

perduto) della creatura con il suo Creatore (che sta nel Cielo).<br />

Quando invece osserviamo il Quadrato Grande che inscrive lo stesso Cerchio-Cielo possiamo<br />

leggere, simbolicamente, che nel Quaternario Terrestre, scenderà la rivelazione… meglio nota<br />

come la Apocalisse Joannita, che trova riscontro nella profetica Era dello Spirito, predicata nel XIII<br />

secolo da Gioacchino da Fiore, monaco calabrese amico di Federico II (Stupor Mundi).<br />

Epilogo<br />

Per meglio definire l’Ordine, con questo mio elaborato ho creato, con l’immaginazione, il<br />

“Cavaliere della Croce Greca”, identificato nella sua stessa “decorazione”.<br />

Già il grande umanista Nicola Cusano (Nicolas Krebbs), nel suo De Docta Ignorantia, seppe<br />

magistralmente esporre, invocando lo spazio geometrico,<br />

l’idea dell’Universo Cosmico<br />

Nello spazio infinito geometrico esistono infiniti punti… ed in ogni punto dello spazio infinito c’è<br />

Dio… … … ed ogni punto dell’infinito spazio è il Centro dell’Universo.<br />

Noi, uomini del tempo tecnologico e consumistico, faticosamente rientriamo nella ricerca della<br />

sacralità delle nostre esistenze. Tuttavia, se non ci lasciamo troppo distrarre dal caos del mondo, ma<br />

umilmente avvertiamo la nostra infinitesima parte di Un Tutto Ordinato, allora accostandoci al<br />

mondo del simbolo, con grande meraviglia spesso vedremo quanto prima prima none ravamo in<br />

grado vedere.<br />

3 Qualora ogni Squadra ruotasse sulla sua ipotenusa, di 180°, si otterrebbe un Nuovo Quadrato che inscrive lo stesso<br />

Cerchio, che già inscriveva la Croce Greca… ed il Nuovo Quadrato con le sue due diagonali, incontrerà sempre l’unico<br />

e comune Centro.


La immagine grafica in questione, ha un punto fisso comune che è il Centro. La Antica Scienza lo<br />

identificava nel “Cuore”, ritenuto la sede dell’Intelletto e dell’Etica (… il capo-cervello era solo<br />

l’organo preposto alla esecuzione di un comando). Ogni centro è il punto in cui i contrari si<br />

annullano… quasi fosse una quinta essenza… o coniunctio oppositorum o Lapis Philosophorum<br />

dell’Arte Reale.<br />

Ora se recuperiamo la figura nella sua globalità, essa può essere vista come un vero Cuore<br />

(muscolo cardiaco cavo) che pulsando senza interruzione vive e dà vita, grazie a una serie sistole<br />

(quadrato piccolo dinamico) e di diastole (quadrato grande statico). Ogni suo atto di implosione e di<br />

esplosione è testimonianza di vita vissuta nella ricerca di una sempre più illuminata<br />

conoscenza. Il primum movens, di tanto suo tenace lavoro, ha il nome (purtroppo usurato dal<br />

tempo) che è l’Amore per il sé e per il prossimo.<br />

Santa Maria in Follina<br />

24 Maggio MMVIII<br />

Bruno Poggi<br />

Studioso di Medievalistica


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I Templari :<br />

verità e leggende alla luce dei più recenti ritrovamenti archivistici<br />

Il 25 ottobre 2007 , presso la Sala Vecchia del sinodo nella città del Vaticano, alla presenza del<br />

Cardinale Segretario di Stato e di numerose autorità ecclesiastiche e Accademiche, è stata<br />

presentata un’opera fondamentale per la corretta ricostruzione storica e archivistica delle ultime ,<br />

tragiche vicende dell’Ordine dei Poveri Cavalieri di Cristo e del Tempio di Salomone.<br />

“Processus contra Templarios” ha affrontato con rigore scientifico e meticolosa cura archivistica, la<br />

fase giudiziaria, epilogo della storia dei Templari, lo straordinario Ordine monastico-militare che<br />

nella sua breve esistenza attiva, meno di duecento anni, ha così fortemente influenzato la cultura<br />

religiosa e laica della Cristianità, affidando alla Storia un enorme patrimonio di spiritualità, oltre<br />

che di miti e leggende.<br />

L’Opera,di eccezionale pregio archivistico, supera per completezza e rigore scientifico la<br />

precedente edizione critica di Schottmüller del lontano 1887 e gli studi di poco successivi del Finke<br />

e comprende le fedeli riproduzioni degli originali pergamenacei conservati in Archivio Vaticano,<br />

(segnatura archivistica ASV, A.A., Arm. D 208, 209, 210, 217), e pertanto anche il più recente e<br />

fondamentale ritrovamento documentale (il n.217), sconosciuto ai predetti studiosi e destinato ad<br />

incidere significativamente su tutta la storiografia e la spiritualità templare.<br />

Le pergamene hanno dimensioni minime di cm 53x69 e massime di cm 64x77. La riproduzione del<br />

fascicolo del registro è stata realizzata su carta dell’antica cartiera Amatruda di Amalfi, in puro<br />

cotone 100%, fabbricata con antichi procedimenti manuali.<br />

I primi tre documenti (208, 209, 210) documentano l’inchiesta pontificia sull’Ordine dei Templari<br />

celebratasi a Poitiers e costituiscono gli esemplari superstiti di un corpus originario di 5 rotoli<br />

membranacei, contenente le dichiarazioni, talvolta confessorie, dei 72 Cavalieri Templari<br />

interrogati da Clemente V dal 28 giugno al 2 luglio1308. La quarta pergamena (217), rinvenuta solo<br />

nel settembre del 2001 a causa di un’errata catalogazione avvenuta nel 600’ (fu scambiata per il<br />

verbale di un banale processo di provincia contro alcuni templari), è l’atto originale dell’unica<br />

indagine posta in essere dall’Autorità Pontificia senza i violenti condizionamenti regi, tra il 17 e il<br />

20 agosto del 1308 .<br />

Tale fondamentale inchiesta si è articolata attraverso l’interrogatorio dei 5 massimi dignitari<br />

dell’Ordine, affidati alla custodia ufficiale del Cardinale Pierre de la Chapelle nelle prigioni del<br />

castello di Chinon, dove Filippo IV il Bello li aveva illecitamente reclusi: si trattava, nell’ordine, di<br />

audizione di Raymbaud de Caron, precettore di Cipro-Outremer, Geoffroy de Charny, precettore di<br />

normandia, Geoffroy de Gonneville, precettore di Aquitania e Poitou, Hugues de Perraud ,<br />

Visitatore di Francia e Jacques de Molay, Gran Maestro dell’Ordine.<br />

Tale autonoma indagine apostolica è culminata nell’assoluzione concessa dai cardinali<br />

plenipotenziari di Clemente V , gli autorevoli giuristi Berenger Fredol , Etienne de Suizy e<br />

Landolfo Brancacci, al Gran Maestro del Tempio e agli alti dignitari templari.<br />

La valenza di un tale documento meriterà infra un certo approfondimento , in relazione alla duplice<br />

versione della Bolla “Faciens Misericordiam” del 12 agosto del 1308 .<br />

1


Oltre alle pergamene è stato riprodotto 1 fascicolo di 24 fogli, rilegato nel Reg. Aven. 48 di<br />

Benedetto XII, redatto per ordine di Clemente V, che conserva quarantasette rubrice, ovvero gli<br />

estratti delle deposizioni dei Templari contenute nelle pergamene 208-210 e 217, ma anche quelli di<br />

altri nove interrogatori attestati dal solo registro. Il fascicolo si chiude con una sezione compilata a<br />

partire dalle rubrice e intitolata Concordancie: si tratta di una comparazione delle dichiarazioni e<br />

risposte fornite dai Cavalieri del Tempio in merito ai diversi riferimento a ciascun capo d’accusa.<br />

Di assoluto rilievo è la presenza nel fascicolo di moltissime note marginali redatte probabilmente<br />

dallo stesso Clemente V e dai suoi più stretti collaboratori durante l’esame e lo studio delle prove a<br />

carico dei Templari. Si tratta di chiose di estrema utilità per comprendere l’atteggiamento del Papa<br />

francese Bertrand De Got, che pur succube del Re di Francia aveva in primo tempo tentato una<br />

difesa giuridica dell’Ordine, consapevole dell’innocenza dello stesso dalle accuse rivolte a suo<br />

danno.<br />

Infatti, il 14 settembre del 1307,giorno dell’Esaltazione della Croce (circostanza che va tenuta in<br />

giusto conto, attesa la particolare sensibilità medioevale nel collocare gli eventi in corrispondenza a<br />

specifiche ricorrenze religiose) il Re di Francia Filippo IV detto il Bello aveva sottoscritto l’Ordine<br />

di arresto dei principali dignitari del più potente e prestigioso Ordine Cavalleresco del tempo,<br />

imperniando un tale atto , inaudito e quasi inconcepibile, su false accuse di eresia, idolatria e<br />

sodomia ordite dai giuristi di Corte, primo tra tutti Guillaume de Nogaret, e dall’Inquisitore di<br />

Francia Guillaume de Paris.<br />

Giova precisare per completezza storica che Filippo IV era detto il Bello , ma anche il falsario,<br />

avendo falsificato per i coprire i propri dissesti finanziari il conio della moneta aurea legale nel<br />

Regno di Francia, sottraendovi una parte d’oro, fatto per il quale solo pochi anni prima della<br />

tragica decisione era stato salvato da sommosse popolari proprio dai Cavalieri del Tempio, che lo<br />

avevano accolto e protetto all’interno della propria celebre fortezza, vera e proria sede dell’Ordine<br />

in Occidente.<br />

Il citato atto di arresto era stato materialmente eseguito, con l’arresto di centinaia di Cavalieri in<br />

tutto il territorio di Francia, il venerdì 13 ottobre 1307, così creandosi l’infausta tradizione del<br />

venerdì 13. Si trattava di un atto per sé giuridicamente illegittimo , in quanto l’Ordine era<br />

sottoposto in modo esclusivo alla Giurisdizione del Pontefice Romano.<br />

L’Ordine infatti, costituito intorno al 1119 da nove nobili cavalieri capitanati da Ugo de Payns, con<br />

lo scopo precipuo di fornire difesa militare ai pellegrini di Terrasanta, trasformava in modo<br />

sorprendente i canoni filosofici e teologici nonché l’impostazione sociale del medioevo, fondendo<br />

la figura dei “bellatores” (guerrieri) con quella degli “oratores” (chierici),sino ad allora ritenute<br />

inconciliabili; aveva ottenuto un primo riconoscimento da parte del Re di Gerusalemme Baldovino<br />

II, che al concilio di Nablus aveva assegnato il 23 gennaio del 1120, al Maestro Ugo, una porzione<br />

del Tempio di Salomone (oggi identificabile con parte della moschea Al Aqsa), quale quartier<br />

generale dell’Ordine, che proprio per tale motivo assumeva la denominazione “Templare”.<br />

Il 13 gennaio del 1129 il Papa Onorio II (Lamberto Scannabecchi di Fagnana) approvava al<br />

Concilio di Troyes la Regola del Tempio redatta da Ugo con il nome di “Lettera ai Cavalieri di<br />

Cristo”, sull’eccezionale ondata di spiritualità cavalleresca mirabilmente espressa da S.Bernardo di<br />

Chiaravalle con il celebre De Laude novae militiae, vero manifesto ideale dell’Ordine, al punto che<br />

la spiritualità cistercense progressivamente si fuse in modo indissolubile con quella del Tempio<br />

(che pure aveva originariamente assunto la Regola Agostiniana).<br />

Tra il 1135 , anno del Concilio di Pisa e il 1139, con la promulgazione della fondamentale Bolla<br />

“Omne Datum Optimum”, il Papa innocenzo II attribuiva un’amplissima serie di privilegi ed<br />

esenzioni fiscali all’Ordine, sottoponendolo alla esclusiva giurisdizione del pontefice romano.<br />

2


Da allora , e sino alla Bolla “Vox in Excelso” del 22 marzo del 1312, pronunciata nel corso del<br />

concilio di Vienne, con cui Clemente V non ha condannato ma si è limitato a sospendere l’Ordine<br />

con sentenza non definitiva, mai questa straordinaria Istituzione della Cristianità medioevale è stata<br />

sottratta alla obbedienza, protezione e giurisdizione pontificia, onde l’iniziativa del Re falsario si<br />

appalesa , anche sotto un profilo formale , del tutto illegittima.<br />

Ma in realtà il processo , fondato su false prove (inquietantemente moderno , potremmo dire) , si<br />

fondava su plurime motivazioni.<br />

1<br />

La stagione delle Crociate stava terminando e ,dopo la morte di Luigi IX il Santo, avvenuta a Tunisi<br />

nel 1270, i tempi stavano rapidamente mutando e le esigenze originarie per la costituzione<br />

dell’Ordine monastico con funzioni militari di difesa dei pellegrini venivano significativamente<br />

meno.<br />

La perdita della Terrasanta, culminata il 18 maggio del 1291 con la caduta nelle mani del sultano<br />

d’Egitto Baibars di S.Giovanni d’Acri (il cui assedio si era protratto dal 5 aprile al 28 maggio,<br />

giorno in cui cadde anche la Rocca Templare) sanciva definitivamente la fine del Regno Latino<br />

d’Oriente e di un’epoca.<br />

Nella disperata difesa del quartiere Templare , si era coperto di gloria,sacrificando la propria vita ,<br />

il Gran Maestro del Tempio Guglielmo di Beaujeu.<br />

Nel successivo settembre , i Templari lasciavano anche Chateau Pelerin, la splendida fortezza<br />

templare emblema dell’architettura militare medioevale, mai espugnata quindi dal nemico.<br />

Nell’Occidente, sempre più spesso la società e le Istituzioni dell’epoca si chiedevano quindi quale<br />

senso avessero non solo i privilegi e le esenzioni fiscali, ma addirittura la sopravvivenza stessa<br />

dell’Ordine, che per contro costituiva , per forza militare ed economica,una realtà imponente e<br />

scomoda.<br />

Anche all’interno dell’Ordine, si sviluppavano due visioni finalistiche ben distinte per non dire<br />

contrapposte.<br />

Una importante parte del Tempio , capitanata dallo stesso Gran Maestro Jacques de Molay,<br />

conservava una visione dello stesso tradizionale e fortemente militare , con l’obiettivo esplicito di<br />

una riconquista di Outremer.<br />

Altra fazione, capitanata dal visitatore di Francia Hugues de Perraud, propugnava una visione<br />

istituzionale e amministrativa dell’Ordine, auspicandone una progressiva trasformazione e<br />

smilitarizzazione.<br />

Le due fazioni si fronteggiavano soprattutto in territorio di Francia, cuore dell’Ordine, ove il<br />

visitatore era certamente vicino al Re di Francia, e attraverso il suo appoggio forse addirittura<br />

ambiva a divenire la guida del Tempio , avvalendosi anche della smisurata influenza che Filippo il<br />

bello aveva sul papa Clemente V ,Bertrand de Got, di origine francese (tolosana) e di fatto posto<br />

sul soglio pontificio proprio dal Re.<br />

In tale situazione, il visitatore di Francia aveva indotto il tesoriere dell’Ordine, Jean de la Tour, a<br />

erogare continui finanziamenti al Re , senza l’avallo del Gran Maestro, generando forti attriti<br />

all’interno del Tempio, fonte di debolezza e gravi pericoli per la sopravvivenza dello stesso.<br />

2<br />

3


Il Re falsario era sull’orlo della bancarotta,soprattutto per finanziare la guerra contro l’Inghilterra,<br />

ed era avido delle ricchezze dell’Ordine, che aveva potuto visionare proprio quando era stato<br />

salvato dai Cavalieri del Tempio e ospitato nella fortezza templare di Parigi, in occasione delle<br />

sommosse popolari già richiamate.<br />

L’ordine era infatti straordinariamente ben organizzato, sia sotto un profilo amministrativo (e<br />

potremmo dire imprenditoriale) nella gestione delle cospicue proprietà ricevute per donazioni o<br />

lasciti, sia nell’assicurare servizi finanziari ai pellegrini ( è noto infatti come la lettera di credito<br />

bancaria e la stessa crittografia siano riferibili a vere e proprie invenzioni templari),lo avevano reso<br />

la più ricca e potente istituzione dell’epoca, che sovente finanziava addirittura le case reali<br />

Cristiane.<br />

Il Re di Francia, già pesantemente indebitato col Tempio, intendeva attingere ulteriori risorse, ma il<br />

Gran Maestro Jacques de Molay, non riteneva di assecondare tali richieste , destinate a finanziare la<br />

guerra con un altro Re Cattolico, come quello inglese, in modo inaccettabile per un’Istituzione<br />

profondamente cattolica come il Tempio.<br />

Profittando della lontananza dello stesso (essendo la sede dell’Ordine, dopo la perdita di Outremer,<br />

a Cipro) , il Re aveva indotto il Tesoriere dell’Ordine Jean de la Tour, a erogare comunque un<br />

ennesimo finanziamento con il beneplacito del Visitatore di Francia, Hugues de Perraud,<br />

circostanza che aveva fatto adirare non poco il Gran Maestro.<br />

E’ pacifico che l’avidità di ricchezza del Re Filippo sia stata una causa decisiva del violento attacco<br />

giudiziario perpetrato dallo stesso ai danni del Tempio, finalizzato all’illecita appropriazione dei<br />

patrimoni dello stesso.<br />

3<br />

Il periodo storico era estremamente drammatico: all’indomani del “gran rifiuto “ di Celestino V , a<br />

Roma si era aperta una violenta tensione per l’elezione del nuovo pontefice, tra le principali<br />

famiglie romane, capitanate dai Caetani da un lato e dai Colonna , alleati del Re di Francia ,<br />

dall’altro.<br />

L’elezione di Benedetto Caetani, Bonifacio VIII, aveva acuito la contrapposizione tra le due fazioni,<br />

al punto che il Re di Francia aveva tentato il sequestro del Papa ad Anagni (1303) e quest’ultimo lo<br />

aveva scomunicato con la Bolla “Super Petri solio”.<br />

Alla morte di Bonifacio VIII, l’influenza del Re sulla elezione di Clemente V (1305-1314) era<br />

talmente rilevante che fu Filippo il Bello a decidere che il papa , contro i “desiderata” dello stesso,<br />

fosse incoronato a Lione.<br />

La particolare debolezza pontificia nei confronti del potere regio di Francia che era scaturita da tali<br />

premesse, fu certamente causa rilevante della persecuzione posta in essere contro il Tempio e<br />

costituisce un’ombra sulle determinazioni della Santa Sede nei confronti di alcuni tra i più devoti e<br />

fedeli servitori che nella storia abbia mai avuto .<br />

4<br />

Le accuse nel merito rivolte all’Ordine consistevano in principalità nell’eresia , con riferimento a<br />

presunte deviazioni di tipo teologico liturgico (il rinnegare Cristo e lo sputare sulla Croce) ,<br />

nell’idolatria , con riferimento all’adorazione del mitico Baphomet, e nella sodomia, con<br />

riferimento a pratiche di baci in parti corporee impudiche ( ad es. i baci, in fine spine dorsi, […] in<br />

virga virili, […] in umbilico et […] in ore) e all’invito “a rivolgersi a un fratello,se proprio non si<br />

riusciva a conservare castità” .<br />

4


La storia ha reso Giustizia di tali infamie.<br />

La falsità delle accuse si è in realtà fondata sulla sistematica distorsione di alcune prassi ,invero<br />

piuttosto rozze e da caserma , definite anche come codice d’ombra di obbedienza militare, come<br />

pure sullo stravolgimento e la damnatio di alcune componenti spirituali profondamente cristiane<br />

ma altrettanto particolari, con riferimento alla tradizione giovannita e al pensiero del Battista, alla<br />

teologia giovannea della luce, alla visione del mondo ispirata alla lotta del bene contro il male e alla<br />

vittoria delle forze del bene.<br />

Baussant , lo stendardo templare , composto dalla contrapposizione di una parte bianca ad una nera,<br />

echeggia di tale visione, di cui i Templari erano paladini .<br />

Alcune prassi liturgiche, per esempio la celebrazione della “missa in coena Domini” con<br />

l’eucarestia nella sola forma del sangue di Cristo,sono state ingiustamente perseguite come<br />

deviazioni.<br />

Nella certezza della propria Fede , il 13 marzo del 1314 , allorquando il Re di Francia fece rapire il<br />

Gran Maestro Jacques de Molay e il precettore di Normandia Geoffroy de Charny (uno Charny , la<br />

cui famiglia custodì per secoli la Sindone sino a donarla ai Savoia) , e li fece bruciare sul rogo su<br />

un'isoletta della Senna, a Parigi , il Gran Maestro, forte della assoluta dedizione del Tempio alla<br />

Chiesa e al Sommo Pontefice, offrì il sacrificio proprio e dell’Ordine alla protettrice , la Santa<br />

Madre di Dio, secondo la spiritualità templare di cui anche di recente sono stati rinvenuti brani di<br />

una mistica bellezza :” Santa Maria, madre di Dio, piissima, gloriosa, santa genitrice di Dio,<br />

preziosa e sempre vergine Maria, salvezza di chi è alla deriva, consolazione di chi spera, tu che<br />

conforti e difendi chi si pente dei suoi peccati, dona a noi consiglio e difesa; e proteggi l'ordine<br />

religioso tuo, che fu fondato dal beato Bernardo tuo santo confessore con altri uomini buoni della<br />

Santa Chiesa di Roma, e dedicato a te, santissima e gloriosissima. Te imploriamo umilmente,<br />

concedi la libertà per il nostro ordine, con l'intercessione degli angeli, degli arcangeli, dei profeti,<br />

degli evangelisti, degli apostoli, dei martiri, dei confessori, delle vergini, e nonostante tutte le<br />

calunnie rovesciate su di noi dai bugiardi, come tu sai, i nostri avversari siano ricondotti alla verità e<br />

alla carità, sicché noi possiamo serbare i nostri voti e i comandamenti del Signore nostro Gesù<br />

Cristo Tuo Figlio, che è difensore, creatore e redentore nostro, salvatore pieno di misericordia, Dio<br />

che vive e regna nei secoli dei secoli. Amen”.<br />

E ha nel contempo chiamato alla responsabilità della giustizia vera , quella divina , tanto Filippo il<br />

Bello che Clemente V per l’atroce misfatto : quest’ultimo morì solo un mese dopo e il Re entro un<br />

anno.<br />

Il valore principale della recente edizione critica degli atti del processo al Tempio rende Giustizia<br />

alla storia dell’Ordine, apparendo chiaramente che il pontefice, pur malato e succube del Re di<br />

Francia, aveva rifiutato di condannare lo stesso per eresia e le altre accuse infamanti .<br />

Tutto ciò si basa sui documenti e i testi oggetto di rigorosa analisi : Il rinnovato esame delle<br />

pergamene originali, eseguito con l’ausilio della lampada di Wood, ha consentito ai curatori di<br />

emendare le precedenti edizioni, restituendo in tal modo, una più precisa e genuina lettura dei<br />

documenti. La collazione delle fonti superstiti ha permesso altresì di recuperare porzioni di testo di<br />

dubbia interpretazione e uniformare nomi di persone e luoghi. In questa nuova prospettiva potranno<br />

essere eseguite ulteriori ricerche e studi da parte della comunità scientifica.<br />

Le importanti acquisizioni già consolidate contribuiscono a chiarire le vicende che hanno portato il<br />

pontefice ad assolvere i Templari dall’accusa di eresia.<br />

Clemente V, pronunciando a Vienne una sentenza non definitiva, sospese l’Ordine senza scioglierlo,<br />

ferma la reintegra degli alti dignitari Templari nella comunione e nei sacramenti della Chiesa, come<br />

espressamente affermato nel verbale di Chinon. La sospensione dell’Ordine era maturata in un<br />

5


clima di forte scontro politico con Filippo il Bello, impegnato nella dispendiosissima guerra contro<br />

l’Inghilterra, che come abbiamo ricostruito, lo vedeva disposto a tutto pur di impossessarsi delle<br />

sostanze dell’Ordine.<br />

Il Pontefice ,debole e malato, allorquando il Re di Francia lanciò le sue accuse di eresia, fondate su<br />

un ordigno accusatorio elaborato da Nogaret e dall’inquisitore di Francia, sostenuto dai teologi della<br />

Sorbona, non ebbe la forza di proteggere dall’oltraggiosa infamia i suoi figli più devoti, che pur<br />

essendo la più grande potenza militare dell’epoca si lasciarono catturare nella certezza che il Papa<br />

sarebbe intervenuto risolutivamente in loro favore.<br />

Non li seppe proteggere neppure dal carcere e dalle spaventose torture cui furono sottoposti i<br />

Cavalieri, con i quali Filippo ottenne ammissioni di colpevolezza su particolari riti iniziatici di<br />

investitura nell’Ordine, fra cui le prassi del rinnegamento di Cristo e dello sputo sulla croce, cui i<br />

frati “anziani” sottoponevano, con prova certamente rozza e censurabile nelle modalità, gli<br />

aspiranti cavalieri per metterne all’estrema prova lo spirito di abnegazione e di totale sottomissione<br />

alla gerarchia del Tempio.<br />

Con l’inchiesta di Chinon il papa, pur condannando fermamente le pratiche da caserma e gli usi<br />

deprecabili che si erano diffusi nell’Ordine, così come ricostruiti sulla base delle deposizioni dei<br />

cavalieri inquisiti, non cadde nel tranello del Re di Francia e riuscì tuttavia a smontare l’impianto<br />

accusatorio dei giuristi regi. Le asserite adorazioni di idoli,i rituali da caserma, così come altri atti<br />

scandalosi e impudichi non erano che puri formalismi posti in essere , a parole ma senza<br />

convincimento (=ore, non corde), al solo fine di rinsaldare i forti legami gerarchici che dovevano<br />

prevalere su qualsiasi tipo di ordine o vincolo, specie alla luce delle torture gravi che avrebbero<br />

potuto subire in Outremer, cadendo nelle mani del nemico musulmano. la sopravvivenza<br />

dell’Ordine alle vicende del processo si rivelava tuttavia, nella visione della diplomazia pontificia<br />

dell’epoca, impossibile, perché il Papa temeva un vero e proprio scisma e considerava prioritario<br />

rispetto a qualsiasi altro obiettivo salvaguardare l’unità della chiesa .<br />

A tale supremo obiettivo sono stati sacrificati, vittime innocenti , i Cavalieri del Tempio.<br />

Umiliati e indeboliti dagli arresti in vari paesi della cristianità , privati dell’onore e dell’ideale<br />

cavalleresco a servizio del Pontefice Romano e della causa cristiana, depauperati delle ricchezze e<br />

della forza del loro amatissimo Ordine , tuttavia non si giunse al punto di considerarli eretici: infatti,<br />

convintosi dell’infondatezza dell’accusa di eresia, il 14 agosto 1308, dopo aver ingannato le spie di<br />

Filippo il Bello, il papa inviò segretamente i suoi tre cardinali fiduciari a Chinon, con l’incarico di<br />

tenere in suo nome quell’inchiesta pontificia sui dignitari del Tempio che Filippo il Bello aveva<br />

sempre impedito: solo due giorni prima, Clemente V aveva pronunciato la Bolla “Faciens<br />

Misericordiam”, con cui stabiliva che entro due anni si sarebbe dovuto tenere un concilio<br />

ecumenico per decidere le sorti dell’Ordine e circa la promozione di una nuova Crociata,<br />

autorizzando unicamente inchieste locali in attesa della decisione unica del Pontefice. I<br />

commissari, interrogati i massimi dignitari del Tempio , li esortarono a fare ammenda per i loro<br />

errori mediante una richiesta di perdono alla Chiesa: ricevuta tale profonda e supplichevole istanza ,<br />

avendone avuto i poteri dal Pontefice, assolsero i penitenti in nome di Clemente V, reintegrandoli<br />

nei sacramenti ecclesiastici.<br />

Il 20 agosto del 1308 , i commissari facevano ritorno dal Papa, che si affrettò ad emanane una<br />

seconda versione della Bolla “Faciens Misericordiam”, che provvedeva a integrare con una nota<br />

sull’assoluzione dei Templari , con la riaffermazione della totale immunità giudiziaria dell’Ordine ,<br />

per essere lo stesso sottoposto unicamente all’autorità del Papa e alle indagini pontificie; ed infine<br />

rigettando ogni accusa di eresia , con piena reintegrazione dei singoli Dignitari dell’Ordine nella<br />

piena comunione della Chiesa, riservandosi ogni decisione finale sull’Ordine medesimo, nel suo<br />

complesso.<br />

6


Dal 1312 , l’Ordine del Tempio è sospeso, sino a nuova determinazione del Sommo Pontefice.<br />

Il recupero del prezioso fascicolo archivistico e ritrovamento del documento di Chinon, hanno<br />

aperto agli studiosi nuovi ambiti di indagine, dimostrando come probabilmente Clemente V<br />

intendeva salvare l’esistenza del Tempio, fondendolo con nuovi e appositi atti e regole, con<br />

l’Ordine di S.Giovanni di Gerusalemme ,poi di Rodi, destinato a divenire l’attuale, vivo e<br />

importante , Ordine di S.Giovanni di Malta.<br />

Santa Maria in Follina<br />

24 Maggio MMVIII<br />

Danilo Riponti<br />

Storico degli Ordini Cavallereschi e Membro del Comitato scientifico di Scrinium,<br />

fiduciaria dell’Archivio Segreto Vaticano<br />

7


Bernardo di Clairvaux e la musica: una riforma nella riforma<br />

Una tradizione oggi in parte riconosciuta come incerta attribuisce a Bernardo di Clairvaux<br />

(1090-1153) tre dissertazioni d’argomento musicale: Epistola seu Prologus super antiphonarium<br />

Ordinis Cisterciensium et Praefatio seu Tractatus de cantu et correctione antiphonarii Ordinis<br />

Cisterciensium, 1 Tonale Sancti Bernardi, 2 Tractatus cantandi graduale. 3<br />

Già nel 1784 l’abate Martin Gerbert, accogliendo il Tonale nel corpus degli Scriptores ecclesiastici<br />

de musica, mette in dubbio la paternità dell’opera che «se non allo stesso Bernardo, si può almeno<br />

attribuire a qualcuno che sotto la sua guida ha compiuto la revisione dell’Antifonario<br />

Cistercense» (Certe si non ipsi Bernardo, cuidam saltem ex correctoribus cantus ac antiphonarii<br />

Cisterciensis sub ductu S. Bernardi tribui potest). 4<br />

Che anche questi testi siano stati ricompresi fra le opere di Bernardo, tramandate attraverso un<br />

cospicuo numero di testimoni manoscritti dal XII al XV secolo attestanti il suo perdurante prestigio<br />

(Lutero stesso dirà che «Bernardus omnes Ecclesiae doctores vincit»), si può motivare con la<br />

statura religiosa, intellettuale e politica del personaggio; senza dubbio una delle maggiori<br />

auctoritates del suo tempo, tale da esercitare una forte influenza sui diversi sinodi e concilii cui<br />

prese parte (Troyes nel 1128, Pisa nel 1135, Langres nel 1138, Sens nel 1140 e Reims nel 1148).<br />

A Troyes ottiene da papa Onorio II il riconoscimento dell’«Ordine dei Poveri Cavalieri di Cristo e<br />

del Tempio di Gerusalemme» dei quali detta secondo tradizione anche i 72 articoli della severissima<br />

Regula pauperum commilitonum Christi Templique Salomonici (Regola dei poveri commilitoni di<br />

Cristo e del Tempio di Salomone). Certamente di Bernardo è invece il De laude novae militae,<br />

indirizzato a Hugoni militi Christi, et magistro Militiae Christi (ossia il primo Gran Maestro dei<br />

Templari, Hugues de Payns) che esalta e promuove nel mondo il ruolo e lo spirito dell’Ordine:<br />

Si dice da qualche tempo che un nuovo genere di milizia sia apparso nel mondo, e proprio dalle<br />

parti che un giorno Colui che sorge, incarnandosi, visitò dall’alto. In quegli stessi luoghi dai quali<br />

Egli con la potenza della sua mano scacciò i principi delle tenebre, possa oggi annientare per mano<br />

delle sue forti schiere i loro seguaci, figli dell’infedeltà, riscattando di nuovo il suo popolo e<br />

ripristinando per noi la potenza della salvezza nella casa di David, suo servo. Un nuovo genere di<br />

Cavalieri, dico, mai prima conosciuto: essi combattono senza tregua una duplice battaglia, sia<br />

contro la carne ed il sangue, sia contro gli spiriti maligni del mondo invisibile. [...].Dunque, o<br />

militi, procedete sicuri e con animo intrepido respingete i nemici della croce di Cristo, certi che né<br />

la morte, né la vita potranno separarvi dalla carità di Dio, che è in Cristo Gesù [...] Se buona sarà la<br />

causa del combattente, l’esito della battaglia non potrà essere avverso; così come il fine non sarà<br />

giudicato buono, laddove non lo saranno la causa e l’intenzione. 5<br />

Le intonazioni infervorate del De laude novae militiae, sempre però improntate da uno stringente<br />

rigore espositivo, attestano la personalità carismatica di Bernardo, forte anche di una preparazione<br />

1 Riprodotti in F.J.GÜNTNER Epistola S. Bernardi De revisione cantus Cisterciensis, et Tractatus Cantum quem<br />

Cisterciensis Ordinis ecclesiae cantare, in Corpus scriptorum de musica (24), American Institute of Musicology, Roma,<br />

1974, pp. 21-41.<br />

2 Riprodotto in M. GERBERT, Scriptores ecclesiastici de musica sacra potissimum, 3 voll., St. Blasien, 1784;<br />

Hildesheim, Olms, 1967, vol 2, pp. 265-277.<br />

3 Riprodotto in Patrologia cursus completus, series latina, ed. J. P. Migne, 221 voll., Parigi, Garnier, 1844-1904, vol.<br />

182, pp. 1153-1166.<br />

4 M. GERBERT, Scriptores ecclesiastici, cit., p. 265.<br />

5 Il testo integrale è riprodotto in BERNARDO DI CHIARAVALLE, Elogio della nuova cavalleria, in Opere di san Bernardo.<br />

Trattati, a cura di F. Gastaldelli, Milano, Scriptorium Claravallense. Fondazione di studi cistercensi, 1984.<br />

1


teologica di prim’ordine e d’una affilata dialettica espositiva. Tutte doti, queste, che a tre anni<br />

dall’ingresso nel monastero di Citeaux (1112) gli fruttano appena venticinquenne la carica di abate,<br />

tenuta fino alla morte, della comunità monastica cistercense di Clairvaux che egli stesso è inviato a<br />

fondare con un gruppo di compagni.<br />

Oltre a quello delle diverse dispute teologiche che lo vedono impegnato a difesa dell’ortodossia, 6<br />

campo d’azione privilegiato di Bernardo è la riforma liturgica cistercense, nella quale egli assume<br />

un ruolo di primissimo piano.<br />

Il movimento riformistico cistercense era iniziato nel momento in cui un gruppo di monaci<br />

provenienti dall’abazia di Molesme (fondata nel 1075) e guidati dall’abate Robert decidono di<br />

fondare un nuovo cenobio. Ottenuta nel 1097 l’autorizzazione dal legato pontificio per la Francia<br />

Hugh de Die di Lione, il gruppo sceglie Cistercium (Citeaux), località borgognona impervia e<br />

acquitrinosa nella diocesi dell’attuale Dijon. Tale scelta appare del tutto coerente con l’intento che<br />

muove la ventina di monaci fondatori: ritirarsi in un angolo appartato di mondo e ripristinare la più<br />

stretta osservanza della Regula Sancti Benedicti che a loro sentire veniva applicata in modo «tiepido<br />

e negligente» in molte comunità monastiche, a incominciare dalla stessa Molesme che sempre più si<br />

avvicinava all’indiscusso modello cenobitico di Cluny, potente e ricca abazia fondata nel 910.<br />

Quella di Citeaux è una delle tante iniziative riformistiche avviate fra le comunità religiose a<br />

ridosso della ripresa, intorno al 1000, di un monachesimo a forte vocazione ascetico-eremitica che<br />

non si riconosce in un cenobitismo troppo secolarizzato per interessi politici, economici e mondani.<br />

In sostanza, «la scelta di vivere secondo la Regola, senza cedere a compromessi, insieme a un<br />

ardente desiderio di solitudine, divenne la pietra angolare della fondazione di Cîteaux. In tale abile<br />

combinazione degli ideali ascetici dell’eremitismo popolare con la forma tradizionale della vita<br />

monastica benedettina, consiste propriamente l’importanza della riforma cistercense. Cîteaux dava<br />

ampia possibilità di seguire le virtù eroiche dei Padri del Deserto a quanti lo desideravano, salvando<br />

al tempo stesso il carattere cenobitico della vita monastica e l’autorità ormai assoluta di san<br />

Benedetto e della sua Regola». 7<br />

Il richiamo alla integritas Regulae, ossia la sua applicazione integrale e senza compromessi, è<br />

comune a tutti i movimenti riformatori. Divergono invece le posizioni laddove ciascuno fornisce<br />

una propria interpretazione “autentica” dello spirito che sta dietro la lettera della Regola, 8 a misura<br />

dell’ideale e stile di vita monastica attorno cui le varie comunità si costituiscono; anzi in molti casi,<br />

come quello di Citeaux, la fondazione di un nuovo monastero, con il distacco di un gruppo dalla<br />

comunità di origine, altro non è che il primo passo di una riforma che diversamente interpreta<br />

l’auctoritas della Regula Sancti Benedicti.<br />

6 La più nota delle controversie teologiche sostenute da Bernardo di Clairvaux è quello che lo oppone a Pietro Abelardo,<br />

del quale confuta la dottrina trinitaria ottenendone la condanna nel 1140 dall’assemblea dei vescovi riuniti in a Sens,<br />

presente il re di Francia Luigi VII. In generale, sull’azione politica di Bernardo e la sua influenza sul papato nel quadro<br />

del movimento riformistico cistercense fra il concordato di Worms (1122) e l’elezione a pontefice di Adriano IV (1154),<br />

si veda H.V. WHITE, The Gregorian Ideal and Saint Bernard of Clairvaux, «Journal of the History of Ideas», Vol. 21,<br />

No. 3 (Jul. - Sep. 1960), pp. 321-348.<br />

7 L.J. LEKAI, I Cistercensi. Ideali e realtà, Pavia, Certosa di Pavia, 1989, pp. 278-279.<br />

8 La versione originale della Regula, redatta da San Benedetto a Montecassino verso il 540, fu distrutta in un incendio<br />

intorno all’890 e il più antico esemplare oggi conservato è quello contenuto nel codice Sangallensis 914 (San Gallo,<br />

Stiftfsbibliothek, Ms. 914) risalente agli inizi del sec. IX. Anche nel caso della Regula la diffusione per copie realizzate<br />

da amanuensi comporta una serie di alterazioni più o meno intenzionali del testimone primitivo (interpolazioni,<br />

emendamenti, soppressioni) che si propagano e a volte si integrano nella catena delle copie. La natura stessa della<br />

tradizione manoscritta rende piuttosto labile il confine fra arbitrio e reale volontà di restitutio ad integrum di un testo.<br />

2


Le idealità di fondo che sorreggono la nuova comunità, e le vicende che portano alla fondazione di<br />

Citeaux, sono esposte nell’Exordium parvum, primo documento delle origini databile intorno al<br />

1120:<br />

[I fondatori] decisero di introdurre nel proprio monastero la Regola di San Benedetto e di<br />

osservarla all’unanimità. Rigettarono tutto ciò che è contrario alla Regola, e cioè la ampie cocolle,<br />

le pellicce, le camicie di lino, anche i cappucci e i calzoni di stoffa, le coperte e i materassi; nel<br />

refettorio i cibi speciali, i grassi e tutto quanto si opponeva alla purità della Regola. E così,<br />

prendendo la Regola come norma di tutta la loro vita, si conformarono pienamente ad essa sia nelle<br />

cose di chiesa come nelle altre. Spogliatisi dunque dell’uomo vecchio, erano lieti di essersi rivestiti<br />

del nuovo. E poiché, sia dalla Regola che dalla vita di San Benedetto, risultava che il santo patriarca<br />

non aveva posseduto né chiese, né oratori, né offerte, né tombe, né decime, né forni, né mulini, né<br />

poderi, né servi, né giammai donne erano entrate nel monastero, né vi erano stati sepolti i morti, ad<br />

eccezione di Santa Scolastica, essi rinunziarono solennemente a tutte queste cose. Là dove il beato<br />

Padre Benedetto insegna che il monaco deve estraniarsi dalle abitudini mondane, lì è espressamente<br />

affermato che queste cose non devono aver posto né nelle azioni e neppure nei cuori dei monaci.<br />

Questi, rifuggendo da esse, devono impegnarsi a realizzare nella pratica di vita l’etimologia del loro<br />

nome. 9<br />

La stessa austerità radicale s’impone anche negli arredi sacri e nei paramenti:<br />

E perché poi non restasse nella loro chiesa, dove desideravano servire devotamente Dio notte e<br />

giorno, alcunché che sapesse di ricchezza o di superfluo e che potesse svilire la povertà, custode<br />

delle virtù, da loro spontaneamente scelta, stabilirono diverse cose: non possedere croci d’oro e di<br />

argento, ma solo di legno dipinto; non candelabri, se non uno solo e questo di ferro; non turiboli, se<br />

non di rame o di ferro; non casule, se non di fustagno o di lino, senza seta, oro e argento non<br />

camici, se non di lino e similmente senza seta, oro e argento. Smisero completamente l’uso di ogni<br />

sorta di cappe, dalmatiche, mantelli e tuniche. Conservarono l’uso del calice, non d’oro, ma<br />

possibilmente dorato; la cannuccia doveva essere d’argento, al massimo dorata. Mantennero solo le<br />

stole e i manipoli di seta, senza oro e argento. Le tovaglie degli altari dovevano essere di lino e<br />

senza ricami; le ampolle del vino senza ornamenti d’oro o di argento. 10<br />

La reinterpretazione cistercense della tradizione benedettina pone al proprio centro la liturgia, in<br />

quanto paradigma della vita quotidiana nella comunità monastica, articolata secondo un vero e<br />

proprio “ritmo liturgico”. Questo è precisamente fissato nelle formulazione originaria della Regula<br />

Sancti Benedicti per quanto riguarda la ripartizione della Liturgia delle ore (sette volte di giorno e<br />

una volta di notte) 11 e la distribuzione della recita di salmi e lodi nel corso della giornata.<br />

La «volontà di riduzione» dei Cistercensi trova efficace applicazione nell'intero ambito liturgico,<br />

poiché gli originari valori monastici dell'umiltà e povertà «custode di virtù» vengono con coerenza<br />

immessi anche nella liturgia e nella sua celebrazione. Del tutto innovativa è, sotto tale aspetto,<br />

l’introduzione nella riforma della nozione di «fragilità dell’umana debolezza» (fragilitas infirmitatis<br />

humanae). In quanto tale, la natura umana non può essere troppo duramente provata – nello spirito<br />

non meno che nel fisico – anche nel servizio liturgico, dal quale vengono dunque espunte molte<br />

lungaggini, elementi accessori della liturgia, considerati “non autentici”, che rischiano di ingenerare<br />

nei monaci noia, stanchezza e quindi trascuratezza nell’esercizio della devozione.<br />

Come si legge nell’Exordium magnum, altro testimone fondamentale delle origini cistercensi<br />

redatto da Conrad von Eberbach all’inizio del sec. XIII,<br />

9 Origines cisterciennes, les plus anciens textes, Edition du Cerf, Paris 1998, p. 47.<br />

10 Ibi, p. 50.<br />

11 Ciò secondo la prescrizione della Regula al capitolo XVI: «Questo sacro numero di sette sarà adempiuto da noi, se<br />

assolveremo i doveri del nostro servizio alle Lodi, a Prima, a Terza, a Sesta, a Nona, a Vespro e Compieta, perché<br />

proprio di queste ore diurne il profeta ha detto: “Sette volte al giorno ti ho lodato” [...] Dunque in queste ore innalziamo<br />

lodi al nostro Creatore “per le opere della sua giustizia” e cioè alle lodi, a Prima, a Terza, a Sesta, a Nona, a Vespro e a<br />

Compieta; e di notte alziamoci per celebrare la sua grandezza».<br />

3


in primissimo luogo decisero di osservare fedelmente ciò che ordina la Regola (traditiones) per la<br />

misura e la disposizione dell’Ufficio divino e di tagliare (rejicere) assolutamente tutti i salmi,<br />

orazioni e litanie che i loro padri vi avevano aggiunto (appendicia) a proprio piacimento (pro velle<br />

suo) e senza discrezione (minus discreti); essi ebbero in effetti la saggezza di comprendere che<br />

queste aggiunte per la fragilità umana, sono più nocive che salutari ai monaci, perché il loro<br />

accumulo (multiplicitas) comporta che non soltanto i tiepidi (fastidiosi), ma anche i ferventi<br />

(studiosi) non vi si accostino se non con noia (omnino tepide) e negligenza (negligenter). Poi, con<br />

la Regola sotto gli occhi, essi ne esaminarono minuziosamente tutti i capitoli (diligenter<br />

examinatione ventilantes) e decretarono di rigettare interamente (ex integro alienare) della loro<br />

maniera di vivere (conversatio) tutto ciò che era in opposizione alla stessa.. 12<br />

L’impulso riformista partito da Citeaux con Robert di Molesme (†1111) e proseguito sotto la guida<br />

dei successivi abati Alberico (†1108) e Stefano Harding (†1134), tutti cofondatori del monastero,<br />

trova piena attuazione con Bernardo abate di Clairvaux. Già dal 1125 egli appare impegnato su<br />

questo fronte come attesta la sua Apologia ad Guillelmum Sancti Theoderici Abbatem scritta per<br />

difendere la scelta cistercense dalle accuse di rottura con la tradizione benedettina, provenienti in<br />

particolare dai cluniacensi ai quali i riformatori di Citeaux apparivano «temerarii novitatum<br />

adinventores» (una polemica, questa, destinata a protrarsi nel tempo).<br />

È però soprattutto dopo il 1140 che Bernardo si concentra sulla prosecuzione della riforma liturgica<br />

avviata dai predecessori a Citeaux; ed è in tale contesto che si collocano i suoi scritti sulla musica,<br />

la cui importanza più che al valore intrinseco dei contenuti, allineati alle posizioni della trattatistica<br />

teorica e didattica contemporanea, è da correlarsi proprio all’ambito generale della riforma<br />

cistercense.<br />

Non potevano d’altronde mancare in tale prospettiva specifici e articolati riferimenti alla musica,<br />

componente fondamentale e non semplice accessorio decorativo della liturgia. V’è tutta una<br />

tradizione che dalla concezione musicale della cultura classica risale presso che intatta al medioevo,<br />

principalmente attraverso il De institutione musica di Severino Boezio (ca. 500), 13 e accoglie,<br />

volgendolo in senso cristiano, il principio del potere psicagogico della musica (la sua capacità di<br />

influire sulle passioni dell’animo). La benefica influenza del canto volto alla preghiera è ben<br />

rappresentata nella Omelia sul Salmo 1,2 di San Basilio da Cesarea (sec. IV), uno dei padri<br />

fondatori del monachesimo cenobitico:<br />

Il salmo è tranquillità dell’anima, arbitro di pace, calma l’onda tumultuosa dei pensieri, reprime<br />

l’ira dell’animo, corregge e modera la sfrenatezza [...] concilia l’amicizia e riconcilia i separati,<br />

mette in fuga i demoni, invoca l’aiuto degli angeli [...] è sicurezza ai fanciulli, ornamento dei<br />

giovani, consolazione per gli anziani. È base per chi muove i primi passi nella perfezione,<br />

incremento per chi progredisce in questo cammino, sostegno per chi giunge alla meta”.<br />

Non è poi di Sant’Agostino, come tradizionalmente si ritiene, il detto proverbiale « Chi canta bene<br />

prega due volte» (Qui bene canit bis orat) 14 nel quale comunque si riassume il concetto della giusta<br />

disposizione d’animo nella preghiera cantata, ribadito anche nella Regula Sancti Benedicti al<br />

Capitolo XIX (De disciplina psallendi): «partecipiamo alla salmodia in modo tale che l'intima<br />

disposizione dell'animo si armonizzi con la nostra voce» (sic stemus ad psallendum ut mens nostra<br />

concordet voci nostrae).<br />

12 Exordium magnum cisterciense sive narratio de initio cisterciensis Ordinis, edizione B. GRIESSER, Roma, 1961<br />

(Series Scriptorum S.O.Cist., vol. 2), I 20, 13-14, p.75.<br />

13 A.M.S.T. BOEZIO, De institutione musica, a cura di G. Marzi, Roma, Istituto italiano per la storia della musica, 1990.<br />

14 L’espressione è riferita all’Enarratio in Psalmus 72,1 dove in realtà non ricorre. Nel passo Agostino afferma piuttosto<br />

che «nel canto c’è l’affetto di colui che ama» (in cantico amantis affectio), mentre più vicino all’idea del “cantar bene”<br />

è un passo dell’Enarratio 32: «Ciascuno si domanda come cantare a Dio. Devi cantare a lui, ma non in modo stonato.<br />

Non vuole che siano offese le sue orecchie. Cantate con arte, o fratelli».<br />

4


Forte è anche negli Instituta Patrum de modo psallendi sive cantandi (un testo anonimo del sec.<br />

V) 15 il richiamo agli insegnamenti dei Sancti Patres nostri antiqui sulle sulle modalità da osservare<br />

nel canto liturgico affinché «il canto delle lodi sia grato a Dio [...] accetto e lieto per gli Angeli»,<br />

mentre negli uomini questo modo di intonare i testi sacri deve «generare devozione e<br />

contemplazione, indurre l’animo a penetrare il significato delle Sacre Scritture, elevare la mente alla<br />

visione di ciò che di celeste e divino ci sovrasta». In conseguenza di ciò<br />

chiunque nel canto assembleare porti e coltivi discordia ed errore, sia sacerdote sia diacono, sappia<br />

che commette peccato grave verso Dio, gli angeli e gli uomini, che lo faccia intenzionalmente o<br />

meno [...]. Riteniamo dunque detestabili ogni esibizionismo o arbitrario inserimento di novità nel<br />

canto [...].Chi perciò temerariamente osi trasgredire e violare questa regola della nostra istituzione,<br />

sia punito tanto severamente che gli altri ne provino timore e si ravvedano. 16<br />

Con toni non dissimili si parla del canto liturgico nel citato Exordium Magnum:<br />

Sappia perciò chiunque abbia ricevuto da Dio la grazia di una bella voce, che è un peccato<br />

gravissimo, del quale si nutre il male demoniaco, cantare in modo lascivo ed esibizionistico (lascive<br />

et plausibiliter cantando), laddove si dovrà invece onorare Dio inneggiando a lui con devozione e<br />

umiltà. È dunque necessario impegnarsi al sommo grado per elevare salmi e canti al nostro Dio con<br />

serietà, timorata reverenza e umiltà, secondo la modestia a noi prescritta dal nostro Ordine, e non di<br />

meno secondo l’autorità alla quale ci forma la Regola che abbiamo abbracciato, ciascuno in<br />

particolare e tutti parimenti in generale.<br />

L’auctoritas della Regola rimane punto di riferimento primario anche negli interventi sull’apparato<br />

musicale della liturgia. A essa, come canone dell’autenticità, i riformatori cistercensi si attengono<br />

nel separare ciò che loro appare conforme alla “verità” da quanto invece viene ritenuto arbitraria<br />

manomissione. In un contesto come questo, dalle prevalenti motivazioni ideologiche, va da sé che i<br />

criteri d’intervento rispondano a interpretazioni comunque soggettive, intese a ricondurre ogni<br />

elemento alla “verità” assunta come tale; tali dunque da lasciare in ogni caso ampi margini a nuove<br />

iniziative analoghe volte a ripristinare una diversa e altrettanto presunta “autenticità”.<br />

Quanto tali dinamiche intervengano nella riforma musicale cistercense risulta evidente dagli eventi<br />

delle due fasi in cui essa si articola. Ad affrontare sistematicamente la revisione dei libri di canto è<br />

per primo Stefano Harding, terzo abate di Citeaux sotto il quale Bernardo entra ventiduenne nel<br />

monastero. Fra 1109 e 1113 Stefano organizza una duplice spedizione di monaci, con direzione<br />

Metz e Milano. I monasteri della regione di Metz hanno all’epoca la fama di coltivare una delle più<br />

autentiche tradizioni del canto gregoriano (primato che ha trovato piena conferma nella moderna<br />

musicologia), per cui lì i Cistercensi sono convinti di trovare le fonti melodiche incontaminate del<br />

Graduale e dell’Antifonario da adottare nei propri ecclesiastica officia. Milano è invece il luogo<br />

d’origine della tradizione innodica avviata dal vescovo Ambrogio nel IV secolo e dunque il punto di<br />

riferimento più autorevole per il repertorio degli inni, la cui intonazione era pure contemplata nella<br />

liturgia cistercense assieme ai canti della Messa e dell’Ufficio.<br />

Nel Monitum accluso alla cosiddetta “Bibbia di Stefano Harding”(1109) l’abate di Citeaux illustra il<br />

criterio filologico applicato per adottare una versione delle Bibbia il più possibile autentica<br />

(veracior), sottoponendo la Vulgata di San Girolamo alla recensione di esegeti di lingua ebraica.<br />

Parimenti dalla successiva prefazione all’innario cistercense si deduce come analogo criterio sia<br />

stato assunto anche sul versante musicale della riforma:<br />

Portiamo a conoscenza dei figli della santa Chiesa che questi inni, certamente composti dal beato<br />

arcivescovo Ambrogio, li abbiamo fatti giungere dalla chiesa di Milano, ove sono cantati, fino al<br />

nostro luogo, cioè il nuovo ordine monastico (novum monasterium). D’accordo con i nostri fratelli,<br />

15 Riprodotto in M. GERBERT, Scriptores ecclesiastici, cit., vol. I, p. 5.<br />

16 Ibi, pp. 6, 8.<br />

5


abbiamo deciso che questi soltanto, e null’altro, saranno d’ora in avanti cantati da noi, come da<br />

quelli che dopo di noi verranno. Poiché sono questi gli inni che il nostro beato padre e maestro San<br />

Benedetto ci invita a cantare nella sua Regola che noi abbiamo stabilito di osservare in questo luogo<br />

con il massimo zelo.<br />

Nell’Epistola seu Prologus indirizzata da Bernardo di Clairvaux a «quanti trascriveranno questo<br />

Antifonario o su di esso canteranno» si ribadisce che la ricerca dell’autenticità è lo scopo della<br />

riforma musicale; obiettivo che, a giudizio dei nuovi riformatori, l’intervento di Stefano Harding ha<br />

sostanzialmente fallito:<br />

Fra le diverse imprese che più stavano a cuore ai fondatori del nostro Ordine Cistercense v’era anche<br />

quella di adoperarsi con l’impegno e il sentimento religioso più alti per riportare nel canto delle<br />

divine lodi ciò che di più autentico si potesse trovare (quod magis authenticum inveniretur). Inviati<br />

quindi alcuni monaci per trascrivere e portare con sé l’Antifonario della Chiesa di Metz (che si diceva<br />

essere il Gregoriano [autentico]) scoprirono che si trattava di cosa assai diversa da quella di cui<br />

avevano sentito parlare. Esaminati testi e musica, dispiacque che quanto trovato fosse pieno di errori,<br />

approssimativo e quasi del tutto inattendibile (vitiosum et incompositum nimis, ac paene per omnia<br />

contemptibile).<br />

Ciò nonostante, continua Bernardo, si persistette nel mantenere in uso quell’Antifonario «fino al<br />

nostro tempo» (intorno al 1140), quando fu finalmente deciso di cambiarlo e correggerlo; compito<br />

affidato allo stesso abate di Clairvaux che con l’aiuto di confratelli più preparati ed esperti nella<br />

dottrina e nella pratica del canto (in arte et usu canendi instructiores atque peritiores) 17 predispone<br />

un nuovo Antifonario «ineccepibile, come crediamo, sia nella musica che quanto ai testi » (et cantu,<br />

sicut credimus, et littera irreprehensibile). Pertanto<br />

vogliamo che d’ora in avanti esso sia adottato in ognuno dei nostri monasteri, tanto nel testo quanto<br />

nelle melodie, così come è stato revisionato; e si vieta a chiunque di mutare alcunché, d’autorità del<br />

Capitolo generale, là dove esso è stato accolto e approvato all’unanimità dall’assemblea degli abati.<br />

Inoltre, se qualcuno desideri conosce in dettaglio le ragioni dei cambiamenti apportati, legga la<br />

breve prefazione (praefatiuncula) seguente, che i revisori del vecchio antifonario hanno curato di<br />

anteporre a questo, al fine di rendere evidenti gli errori musicali e testuali che hanno reso utile e<br />

necessaria la nuova versione.<br />

La Praefatio che segue l’Epistula di Bernardo descrive i presunti difetti dell’Antifonario adottato a<br />

Citeaux al tempo di da Stefano Harding con una puntigliosità che sfiora l’acrimonia verso i<br />

precedenti revisori. Le parole, se non dettate dallo stesso abate di Clairvaux, hanno quanto meno<br />

l’intonazione della sua combattiva intransigenza:<br />

Il canto usato per consuetudine nelle chiese dell’ordine cistercense, benché snaturato da gravi e<br />

molteplici assurdità, fu mantenuto a lungo per il volere dei cantori. Ma poiché pareva del tutto<br />

indegno che quanti avevano deciso di vivere secondo la Regola (regulariter) cantassero a Dio<br />

queste lodi contro la Regola stessa (irregulariter), con la loro approvazione si troverà qui il canto<br />

corretto di modo che, eliminata la lordura delle falsità ed espunte le illecite licenze degli<br />

incompetenti, sia ripristinata la piena verità delle regole e si possa scriverlo ed eseguirlo con<br />

maggior comodità rispetto ad altri [repertori] dei quali era [in precedenza] peggiore.<br />

Conviene di fatto che quanto si attengono alla verità della Regola, tralasciato quanto stabilito da<br />

altri (pratermissis aliorum dispensationibus), facciano riferimento alla retta dottrina del canto e<br />

respingano gli arbitrii di quanti nel cantare preferiscono l’apparenza alla sostanza, rompono l’unità<br />

e mettono assieme gli opposti. Così confondendo ogni cosa, iniziano e terminano un canto a loro<br />

17 I monaci che affiancano Bernardo nell’opera di revisione dell’Antifonario e del Graduale sono identificati in Guy<br />

d’Eu monaco di Clairvaux, Guy abate di Cherlieu, possibili autori della Prefazione susseguente al Prologo, e<br />

successivamente Richard di Vauclair.<br />

6


piacere e non come si dovrebbe, li fanno sconfinare in basso e in alto dal loro ambitus naturale, 18 lo<br />

ricombinano e ne mutano l’ordinata disposizione. Pertanto nessuno si meravigli o si indigni se<br />

troverà i canti in più punti diversi da come finora li ha sentiti [...] In essi infatti o lo svolgersi della<br />

melodia è irregolare (irregularis est progressio), o la linea melodica contraddice il suo [naturale]<br />

procedere e disporsi (progressioni sive dispositioni reclamat compositio), o è vanificata<br />

dall’opposizione. Con tutto ciò, essendo tali disordini la negazione piuttosto che la conferma delle<br />

regole, questi sono stati rimossi da chi ben sa come estirpare i disordini piuttosto che perpetuarli.<br />

Poiché infine la musica è la dottrina del ben cantare, dalla musica rimangono esclusi tutte quei canti<br />

che si praticano non secondo le regole, ma contro di esse [...] In molti punti del vecchio Antifonario<br />

abbiamo riscontrato prove di tanta rilassatezza e sovvertimento che per le molte falsità o nenie<br />

fasulle (apochryphorum naeniis) che vi sono sparse non solo induce noia e fastidio in chi legge, ma<br />

anche i novizi, formati alla disciplina ecclesiastica, mal sopportando e non comprendendo tale<br />

antifonario sia per i testi sia per la musica , si ritrovano alle divine lodi più fiacchi e sonnolenti.<br />

Segue, nella Praefatio, un dettagliato riscontro delle correctiones apportate all’Antifonario di Metz<br />

allo scopo di preservare nella musica un generale carattere di sobrietà e modestia (sobriam tamen<br />

atque prudentem musicam ubique servantes) eliminando da essa tutto quanto risulti «vitiosus aut<br />

superfluus» per i «molti errori con i quali la presunzione degli incapaci ha contaminato (maculavit)<br />

la musica». Il discorso si inoltra qui un una rigorosa disamina tecnica che passa gli interventi di<br />

revisione al vaglio dei canoni della trattatistica musicale coeva, invocata a sostegno e certificazione<br />

delle scelte operate.<br />

C’è davvero da rammaricarsi che l’Antifonario, cui gli scritti in esame fanno da premessa, non sia<br />

pervenuto fino a noi, così privandoci della possibilità di raffrontare la versione cistercense realizzata<br />

sotto la guida di Bernardo con il testimone di Metz e di potere così valutare appieno la portata delle<br />

correctiones introdotte.<br />

A questa seconda fase delle riforma cistercense si possono ascrivere anche gli altri due brevi scritti<br />

apocrifi citati in apertura:<br />

- il Tractatus cantandi Graduale (Graduali Cistercensi prologi instar praemissus) riprende, in<br />

riferimento al repertorio del Graduale, 19 le argomentazioni già esposte nella Praefatio<br />

dell’Antifonario, di cui ribadisce i criteri adottati in sede di revisione per quanto in particolare<br />

concerne la struttura e le proprietà dei “modi” (scale) che costituiscono il sistema teorico di<br />

riferimento del canto gregoriano;<br />

- l’anonimo Tonale, impropriamente detto “di San Bernardo”, e oggi ritenuto attribuibile a Guy<br />

d’Eu, è redatto nella forma catechistica (a domanda e risposta fra Discipulus e Magister) propria<br />

degli scritti didattici coevi. La trattazione risponde infatti a intenti specificamente didascalici nel<br />

fornire una serie di definizioni dei concetti teorici chiave (tonus, dispositio, progressio, compositio<br />

e maneriae, ossia le stutture degli otto “modi” gregoriani) che ricorrono negli scritti precedenti, ai<br />

18 Nel testimone: «deponunt et elevan»t. L’interpretazione data in traduzione si basa su analogo passo seguente della<br />

stessa Praefatio che chiarisce il senso dei termini: «habentes nimirum plenariam tam autentorum elevationem quam<br />

depositionem plagalium». Allo stesso modo nel Tractatus cantandi Graduale: «Eas autem sola litteras dici et esse<br />

finales, quae tam depositione plagalium quam elevatione authentorum plenitudine fulciuntur». Detta in termini meno<br />

specifici, ogni melodia non dovrebbe superare l’ambito di estensione proprio della scala su cui è costruita, né mischiare<br />

le specie “autentica” (più estesa verso l’acuto) e “plagale” (più estesa verso il grave) proprie di ciascuna scala.<br />

19 L’esordio del Tractatus fa diretto riferimento all’Antifonario cistercense: «Come già abbiamo fatto presente ai<br />

copiatori degli Antifonarii, ci rivolgiamo parimenti a chi copierà i Graduali, supplicando questi e quelli che non<br />

disgiungano le figure musicali congiunte, o viceversa; così che nel canto come nel suo procedere, per quanto attiene alle<br />

pause e alle articolazioni di frase (distinctiones), si conservi l’uniformità (servetur identitas)».<br />

7


quali è senza dubbio riconducibile in ragione delle corrispondenze terminologiche e<br />

dell’impostazione concettuale complessiva. 20<br />

Verosimilmente soltanto l’Epistola seu Prologus super Antiphonarium è opera autentica di<br />

Bernardo, ma non v’è dubbio che tutti i quattro documenti citati rientrino nel quadro della seconda<br />

riforma cistercense condotta sotto la sua inflessibile regìa.<br />

All’atto pratico i criteri assunti nell’affrontare la revisione dei canti liturgici contenuti nelle raccolte<br />

canoniche dell’Antifonario e del Graduale rinviano ai principi base più generali della riforma. Anzi<br />

tutto quello della veritas e puritas, ossia dell’autenticità della tradizione qual è oggettivamente<br />

riscontrabile in lettera e spirito nelle fonti documentarie assunte come auctoritates in materia. Cura<br />

primaria dei riformatori è sotto questo profilo quella di ricondurre tutti i canti ai loro schemi modali<br />

originari, con un’attenta opera di rimodellamento delle melodie per eliminare da esse ogni<br />

ambiguità ed elemento spurio che non consenta di individuare con certezza a quale delle otto scale<br />

del sistema teorico ogni canto appartenga. Ciò giustifica l’insistenza concorde dei documenti<br />

esaminati sulla descrizione dei modi e delle loro caratteristiche con un ampio corredo di riferimenti<br />

a brani del repertorio assunti come esempio.<br />

Secondo principio cardine è quello della semplicità, cioè della radicale austerità adottata dal<br />

monachesimo cistercense come regola di vita, nell’attitudine interiore come nelle manifestazioni<br />

esteriori. Entra qui in campo una forte componente ideologica che, coerente al precetto cistercense<br />

dell’uniformitas e della concordia, 21 impone di conformare ogni componente della liturgia alla<br />

Regola, così come essa è interpretata dai riformatori. Sul piano musicale questa stretta osservanza si<br />

traduce in sistematici interventi di soppressione di tutti quegli elementi che ai revisori appaiono non<br />

essenziali, e quindi in sospetto di iactantia (vanità, esibizionismo) o prolissità, incompatibili con la<br />

Regola. Vengono perciò sistematicamente eliminate tutte le ripetizioni di frasi, soppressi i lunghi<br />

melismi ornamentali soprattutto negli Alleluja, semplificate le figure ritmiche più elaborate. Tutto<br />

ciò indipendentemente dal canone dell’autenticità oggettiva, alla quale viene anteposta la superiore<br />

veritas dello spirito cistercense.<br />

Può darsi che i revisori s’attendessero qualche contestazione alle modifiche introdotte nella liturgia,<br />

come già accaduto alle riforme di Stefano Harding, bollate come «innovazioni scandalose» da<br />

Pietro Abelardo in una lettera del 1136 indirizzata a Bernardo (di lì a qualche anno suo contendente<br />

nella disputa teologica davanti al Concilio di Sens). Forse anche quelle osservazioni spingono<br />

l’abate di Clairvaux a riprendere le fila della riforma cistercense. A ogni buon conto, nella parte<br />

finale della Praefatio all’Antifonario si motivano le ragioni che hanno indotto alla nuova revisione:<br />

Contro le consuetudini di tutte le comunità monastiche (contra usum omnium ecclesiarum) siamo<br />

stati costretti a correggere questo antifonario, seguendo in ciò senz’altro più un’esigenza interiore<br />

(naturam) che le usanze. Né ci ha indotto a ciò la presunzione, quanto l’obbedienza. E se<br />

dovessimo essere criticati per aver realizzato un’opera a sè stante, diversa da ogni altro antifonario,<br />

ci conforta la convinzione che la diversità del nostro ha fondamenti razionali, mentre gli altri sono<br />

diversi solo per caso. Può essere che tutti vadano più o meno d’accordo negli errori, mentre<br />

discordano in ciò su cui potrebbero razionalmente concordare, tanto che non troverai due provincie<br />

che cantino il medesimo antifonario [...]. Per dire solo dei monasteri circostanti, prendi l’antifonario<br />

di Reims, confrontalo con quello di Beuavais, o di Amiens o di Soissons, che ti ritrovi quasi a<br />

portata di mano, e se trovi delle concordanze rendi grazie a Dio.<br />

20 Per maggiori dettagli in proposito si veda R. MONTEROSSO, La riforma musicale di San Bernardo, in Annali della<br />

Biblioteca Governativa e Libreria Civica di Cremona, vol. VII (1954), fasc. II, Cremona, Athenaeum Cremonense<br />

1955, p. 7.<br />

21 La Carta Caritatis, altro documento di fondazione dell’Ordine Cistercense, riporta una sorta di motto dell’Ordine:<br />

«una charitate, una regula, similibusque vivamus moribus» (un’unica carità, un’unica regola e una condotta di vita che<br />

vi corrisponda).<br />

8


Almeno in parte i riformatori di Clairvaux hanno ragione. Per oltre otto secoli il canto liturgico è<br />

circolato nelle comunità cristiane per trasmissione orale, con una conseguente infinità di varianti<br />

locali poi consolidatesi nelle forme scritte che il repertorio è venuto assumendo a partire dal IX e<br />

soprattutto X secolo nell’ambito del più vasto disegno di riunificazione liturgica dal quale prende<br />

corpo il “canto gregoriano”.<br />

Rispetto alla persistenza indiscriminata di varianti consuetudinarie recepite nei vari antifonarii e<br />

graduali in uso (le diversità “per caso” richiamate nella Praefatio), la riforma cistercense ha avuto il<br />

merito di affrontare con criteri sistematici il problema dell’autenticità, cercando di riportare nel<br />

canto «quod magis authenticum inveniretur». Lo ha fatto, seguendo quello che oggi definiremmo<br />

metodo filologico, nella fase di Stefano Harding, il quale ha individuato nell’Antifonario di Metz e<br />

nell’innario milanese le fonti più attendibili del repertorio da assumere, in quanto tali, nella loro<br />

integrità. Lo ha fatto, certo con minor scrupolo filologico, anche nella seconda fase con Bernardo di<br />

Clairvaux, collocando comunque la revisione dei canti liturgici entro un preciso e consapevole<br />

piano d’intervento dove la ratio della Regola indirizza l’intima convinzione (natura) a procedere<br />

con un medesimo criterio d’uniformità su tutto il fronte della riforma.<br />

Santa Maria in Follina<br />

24 Maggio MMVIII<br />

Marco Materassi<br />

Docente di Storia ed Estetica della Musica<br />

Conservatorio di Verona<br />

9


“ ASSOCIAZIONE ITALIANA TEMPLARI OSMTH “<br />

Padova<br />

ORDO SUPREMUS MILITARIS TEMPLI HIEROSOLYMITANI<br />

Magnus Magister et Princeps Regens SAE Dom Fernando Pinto Pereira de Sousa Fontes<br />

Delegazione Magistrale per l’<strong>It</strong>alia<br />

Padova<br />

www.osmth-it.org

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