PAOLO (Voce del Nuovo Dizionario di Teologia Biblica – ed ...
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Anno 2004/05 La figura <strong>di</strong> San Paolo 1/1<br />
SOMMARIO —<br />
I. Elementi biografici:<br />
1. Fonti;<br />
2. Cronologia;<br />
3. La conversione;<br />
4. Uomo <strong>di</strong> tre culture;<br />
5. IL più grande mis sionario cristiano;<br />
6. I rivali <strong>di</strong> Paolo.<br />
II.Le lettere.<br />
III. Il vangelo <strong>di</strong> Paolo:<br />
1. Il <strong>di</strong>segno salvifico <strong>del</strong> Padre;<br />
2. L'opera <strong>di</strong> Cristo r<strong>ed</strong>entore;<br />
3. "Salvati nella speranza";<br />
4. La salvezza me<strong>di</strong>ante la f<strong>ed</strong>e;<br />
5. L'uomo nuova creatura;<br />
6. "Camminare secondo lo Spirito";<br />
7. Gli ebrei e i non cristiani;<br />
8. II ministero degli apostoli.<br />
IV. Paolo e Gesù.<br />
V. Paolo nella Chiesa.<br />
I - ELEMENTI BIOGRAFICI<br />
<strong>PAOLO</strong><br />
(<strong>Voce</strong> <strong>del</strong> <strong>Nuovo</strong> <strong>Dizionario</strong> <strong>di</strong> <strong>Teologia</strong> <strong>Biblica</strong> <strong>–</strong> <strong>ed</strong>. Paoline)<br />
1. FONTI - Per conoscere s. Paolo si hanno a <strong>di</strong>sposizione due tipi <strong>di</strong> fonti. Anzitutto le lettere, nelle quali lui stesso dà<br />
notizie frammentarie <strong>di</strong> sé, <strong>del</strong>la sua origine, <strong>del</strong>la sua conversione, <strong>del</strong>le fatiche apostoliche, dei collaboratori e<br />
avversari, degli itinerari <strong>del</strong>la missione. Sette <strong>di</strong> esse, cioè la prima ai Tessalonicesi, la prima e la seconda ai Corinzi,<br />
quelle ai Galati, ai Romani, ai Filippesi e a Filemo ne, ritenute all'unanimità dai critici scritte personalmente da lui,<br />
riferiscono il timbro <strong>del</strong>la sua voce. Di altre cioè <strong>del</strong>la seconda ai Tessalonicesi, <strong>di</strong> quelle agli Efesini, ai Colossesi,<br />
<strong>del</strong>le due a Timoteo e <strong>di</strong> quella a Tito si dubita da molti se si debbano ascrivere <strong>di</strong>rettamente a Paolo o a qualcuno dei<br />
suoi collaboratori e <strong>di</strong>scepoli.<br />
Accanto alle lettere stanno gli Atti degli Apostoli, dove Paolo succ<strong>ed</strong>e a Pietro nella funzione <strong>di</strong> protagonista a partire<br />
dal c. 13 fino alla fine. È <strong>di</strong>fficile mettere in dubbio le notizie offerte dagli Atti sulle vicende <strong>di</strong> Paolo, ma tenendo<br />
presente il carattere letterario e teologico <strong>del</strong>l'opera è certo che devono essere sottoposte al vaglio; in particolare viene<br />
<strong>di</strong>ffidato dai critici il metodo concor<strong>di</strong>stico <strong>di</strong> abbinare materialmente i dati <strong>del</strong>le due fonti. Scrive per esempio G.<br />
Bornkamm: «Non è possibile prendere senza riserve gli Atti come filo conduttore su cui inserire <strong>di</strong> volta in volta le<br />
lettere come gra<strong>di</strong>ti complementi o illustrazioni, ma non è neanche consentito riempire le lacune lasciate dalle lettere<br />
servendosi in<strong>di</strong>scriminatamente <strong>del</strong>le abbondanti notizie ricavabili dagli Atti ».<br />
2. CRONOLOGIA - E abbastanza facile <strong>del</strong>ineare il quadro generale <strong>del</strong>la vita <strong>di</strong> Paolo. Nato verso gli inizi <strong>del</strong>l'era<br />
cristiana, circa l'anno 35 d.C. si converte <strong>ed</strong> entra a far parte dei seguaci <strong>di</strong> Cristo; sale ripetutamente a Gerusalemme,<br />
dove incontra Pietro e partecipa al concilio degli apostoli; un'intensa attività missionaria lo rende pellegrino in tutto<br />
l'arco <strong>del</strong> Me<strong>di</strong>terraneo orientale, con soste prolungate ad Antiochia <strong>di</strong> Siria, a Corinto, a Efeso e a Roma, dove muore<br />
martire sotto Nerone.<br />
Riesce <strong>di</strong>fficile invece in<strong>di</strong>care cronologicamente gli episo<strong>di</strong> <strong>del</strong>la vita, i viaggi e la stessa morte, che viene collocata da<br />
alcuni verso gli inizi <strong>del</strong>l'impero <strong>di</strong> Nerone, da altri verso la fine. Il punto <strong>di</strong> riferimento più sicuro e importante per la<br />
biografia <strong>di</strong> Paolo è l'iscrizione <strong>di</strong> Delfi, da cui risulta che il proconsole romano Gallione nel 50/51 (o al più tar<strong>di</strong> nel<br />
51/52) risi<strong>ed</strong>eva a Corinto. Ora secondo Atti 18,12ss Paolo incontrò Gallione a Corinto, non si può <strong>di</strong>re se all'inizio o<br />
alla fine <strong>del</strong> proconsolato. In ogni caso si può <strong>di</strong>re che verso l'anno 50 Paolo era a Corinto. A partire da questa data si<br />
lavora per or<strong>di</strong>nare cronologicamente la biografia <strong>di</strong> Paolo.<br />
Negli ultimi anni il problema <strong>del</strong>la cronologia paolina è stato molto vagliato, con ipotesi e risultati sorprendenti. Non<br />
potendo entrare nei particolari ci si limita ad accennare qui a due schemi cronologici <strong>del</strong>la sua vita, quello tra<strong>di</strong>zionale<br />
classico che si basa soprattutto sugli Atti degli Apostoli, e quello critico che privilegia i dati offerti dalle lettere. Il primo<br />
scan<strong>di</strong>sce la missione <strong>di</strong> Paolo in tre gran<strong>di</strong> viaggi, pone il concilio <strong>di</strong> Gerusalemme (anni 49-50) dopo il primo viaggio,<br />
la prigionia a Cesarea nel "biennio" 58-60, nel 60-62 il "biennio" <strong>di</strong> prigionia a Roma, nel 64 o 67 il secondo arresto e la<br />
morte. Il secondo colloca il concilio <strong>di</strong> Ge rusalemme verso il 50-51 dopo il secondo viaggio missionario che ha portato<br />
Paolo in Grecia, nel 52-55 il soggiorno a Efeso, nel 56 l'arresto a Gerusalemme e la prigionia a Cesarea, nell'inverno<br />
57/58 il viaggio a Roma, nel 58/60 il domicilio coatto nella capitale <strong>del</strong>l'impero, e nel 60 il martirio sotto Nerone.<br />
3. LA CONVERSIONE - Che Paolo sia stato un fiero avversario <strong>del</strong>la comunità cristiana nascente lo si ricava sia dagli<br />
Atti che dalle lettere. «Oltre ogni misura perseguitavo la chiesa <strong>di</strong> Dio cercando <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggerla», confessa egli stesso<br />
<strong>Nuovo</strong> <strong>Dizionario</strong> <strong>di</strong> <strong>Teologia</strong> <strong>Biblica</strong> <strong>–</strong> <strong>ed</strong>. Paoline
Anno 2004/05 La figura <strong>di</strong> San Paolo 2/2<br />
nella lettera ai Galati (1,13). Gli Atti annotano: «Saulo era compiaciuto <strong>del</strong>la soppressione <strong>di</strong> Stefano» 8,1). Dagli uni e<br />
dalle altre risulta però che nella vita <strong>di</strong> Paolo ci fu un cataclisma improvviso che lo trasformò da persecutore in apostolo<br />
e missionario. L'autore degli Atti presenta l'evento per tre volte: nel c. 9 si dà il racconto in terza persona, nel c. 22<br />
Paolo stesso ne riferisce in maniera autobiografica davanti alla folla ostile <strong>di</strong> Gerusalemme, nel c. 26 è ancora Paolo a<br />
parlarne nella deposizione davanti a Festo e ad Agrippa. Le tre narrazioni attestano con grande rilievo la cristofania<br />
sulla via <strong>di</strong> Damasco, il tu per tu <strong>di</strong> Cristo con Paolo, la nuova percezione che Paolo ha <strong>di</strong> Gesù <strong>di</strong> Nazaret e <strong>di</strong> sé<br />
stesso, la missione straor<strong>di</strong>naria che gli viene affidata tra i pagani, missione che ha segnato la grande svolta <strong>del</strong><br />
cristianesimo nascente.<br />
Nelle lettere Paolo vi ritorna in modo ora apologetico ora polemico, per <strong>di</strong>fendere se stesso dagli avversari e in<strong>di</strong>care il<br />
nodo profondo su cui si regge la sua vita. Così nella prima lettera ai Corinzi: «E apparso anche a me come a un feto<br />
abortito» (15,8); nella lettera ai Galati per riven<strong>di</strong>care l'investitura <strong>di</strong>vina <strong>del</strong>la sua missione e l'origine autentica <strong>del</strong> suo<br />
vangelo: e Si degnò <strong>di</strong> rivelare a me il suo Figlio perché l'annunciassi tra i Pagani» (1,15-16); nella lettera ai Filippesi,<br />
in polemica con gli avversari giudaizzanti e rovesciando l'ideale <strong>del</strong>la autogiustificazione: «Sono stato io stesso<br />
afferrato da Cristo Gesù» (3,12). Nonostante il carattere autobiografico, sia le tre narrazioni degli Atti, sia i tre<br />
riferimenti <strong>del</strong>le lettere appaiono sensibilmente teologizzati e riflettono una lettura retrospettiva <strong>del</strong>l'evento alla luce <strong>di</strong><br />
tutta la vita <strong>del</strong>l'Apostolo e <strong>del</strong> cammino <strong>del</strong>la chiesa. Ma lungi dall'infirmare il valore storico, ciò evidenzia il carattere<br />
epocale <strong>del</strong>l'avvenimento.<br />
4. UOMO DI TRE CULTURE <strong>–</strong> Paolo è stato definito da A. Deissmann "un cosmopolita'"; in realtà si incrociano nella<br />
sua persona e nella sua opera tre mon<strong>di</strong> e tre culture: ebreo per nascita e per religione, si esprime nella lingua e nelle<br />
forme <strong>del</strong>l'ellenismo, <strong>ed</strong> è un citta<strong>di</strong>no romano che si inquadra lealmente nel quadro politico-amministrativo<br />
<strong>del</strong>l'impero.<br />
L'ebraismo lo segna in<strong>del</strong>ebilmente fin dalla nascita. «Sono un ebreo <strong>di</strong> Tarso, in Cilicia » <strong>di</strong>chiara al tribuno romano<br />
che gli chi<strong>ed</strong>e le generalità all'arresto in Gerusalemme (At 21,39), in<strong>di</strong>cando così <strong>di</strong> appartenere alla <strong>di</strong>aspora ebraica<br />
sparsa nel mondo ellenizzato. Di fronte ai detrattori <strong>di</strong> Corinto che ne contestano l'autorità apostolica riven<strong>di</strong>ca<br />
polemicamente l'ascendenza ebraica: «Sono essi ebrei? Anch'io. Sono israeliti? Anch'io. Sono stirpe <strong>di</strong> Abramo?<br />
Anch'io» (2Cor 2,11). «Circonciso l'ottavo giorno, <strong>del</strong>la stirpe d'Israele, <strong>del</strong>la tribù <strong>di</strong> Beniamino, ebreo da ebrei, fariseo<br />
secondo la legge», così ai Filippesi (3,5-6), calcando la mano per dare risalto al nuovo stato in cui si trova dopo essere<br />
stato afferrato da Cristo. Nella lettera ai Romani appare la lucida consapevolezza teologica <strong>di</strong> appartenere per nascita al<br />
popolo chiamato da Dio per un <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> salvezza a favore <strong>di</strong> tutta l'umanità: «Vorrei essere io stesso mal<strong>ed</strong>etto da<br />
Dio, separato da Cristo per i miei fratelli, <strong>del</strong>la mia stirpe, che sono israeliti, possi<strong>ed</strong>ono l'adozione a figli, la gloria, le<br />
alleanze, la legge, il culto, le promesse, i patriarchi, e dai quali è nato Cristo secondo la carne» (9,3-5). In un passo ad<strong>di</strong>rittura<br />
affiora l'orgoglio separatista: «per natura ebrei e non come le genti peccatori» (Gal 2,15).<br />
Pur sentendosi ra<strong>di</strong>calmente convertito a Cristo, Paolo vive in un clima spirituale ebraico: quando fissa date o scadenze<br />
<strong>di</strong> tempo lo fa in termini <strong>di</strong> calendario ebraico (cf. 1Cor 16,8); due volte gli Atti lo presentano impegnato nel voto <strong>di</strong><br />
nazireato (At 18,18; 21,17-26). La Bibbia è il suo libro, che egli usa e tratta alla maniera dei rabbini, seguendone i<br />
meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> lettura e <strong>di</strong> interpretazione (midrasim, cf. 1Cor 10,1-10). Gli Atti contengono la notizia <strong>del</strong>la sua "crescita" a<br />
Gerusalemme e <strong>del</strong>la sua "formazione" (pepaideuménos) «alla scuola <strong>di</strong> Gamaliele, nelle più rigide norme <strong>del</strong>la legge<br />
dei padri» (22,3). Si deve anche alla tra<strong>di</strong>zione ebraica l'avere appreso un mestiere, per motivi etici oltre che utilitaristici,<br />
che nel caso <strong>di</strong> Paolo era quello <strong>di</strong> "fabbricatore <strong>di</strong> tende" (skenopoiós), termine generico che dà a<strong>di</strong>to a <strong>di</strong>verse<br />
interpretazioni: tessitore <strong>di</strong> peli <strong>di</strong> capre per formare stoffe ruvide a vario uso, come il cilicium, così detto dalla regione<br />
<strong>di</strong> Cilicia ove era confezionato, oppure lavoratore <strong>del</strong>le pelli e <strong>del</strong> cuoio per fabbricare tende <strong>di</strong> varia destinazione?<br />
Ma questo ebreo era <strong>di</strong> lingua greca e tarsiota, cioè <strong>di</strong> Tarso «non oscura città <strong>del</strong>la Cilicia », come egli stesso con<br />
compiaciuta litote la denomina (At 21,39). Tarso, sul fiume Cidno, era a quel tempo all'apogeo <strong>del</strong> suo splendore <strong>di</strong><br />
città ellenistica e cosmopolita. Era una <strong>del</strong>le patrie <strong>del</strong>lo stoicismo. Paolo conobbe certamente questo tipo <strong>di</strong> pensiero e<br />
ne assimilò tratti etici, come l'ideale <strong>del</strong>l'autosufficienza (cf. Fil 4,11: autarkes), e filosofico-religiosi, come la<br />
trasparenza <strong>di</strong> Dio nel mondo (cf. Rm 1,19-20).<br />
Tutto il quadro <strong>del</strong>la sua attività si colloca in una temperie culturale ellenistica; usa il greco con <strong>di</strong>sinvoltura e in<br />
maniera personale; non gli sono estranee né le forme <strong>del</strong>la <strong>di</strong>atriba, né le figure <strong>del</strong>la retorica contemporanea e si rivela<br />
linguisticamente creativo: basti pensare ai verbi formati con una o più preposizioni (cf. Rm 5,20; 8,26; 2Cor 7,4), tra cui<br />
sono tipici i composti con syn (=con) per in<strong>di</strong>care la simbiosi con i collaboratori e gli amici nella comu nicazione vitale<br />
con Cristo, nella morte, nella risurrezione e nella gloria (cf. Rm 6,4s; 8,17; Gal 2,19; Fil 3,10; Ef 2,6; Col 2,12; 3,1ss).<br />
Non sono rari i casi in cui i vocaboli in uso nella cultura greca contemporanea vengono piegati sotto la sua penna a<br />
esprimere contenuti e significati nuovi, conformi al suo pensiero teologico: basti pensare alla <strong>di</strong>latazione e<br />
trasformazione semantica da lui impressa a termini chiave come carne (sarx) e spirito (pneuma), peccato (hamartìa) e<br />
salvezza (soteria), amore (agape) e giustizia (<strong>di</strong>kaiosyne), libertà (eleuthería) e servitù (doulótes). In particolare il suo<br />
pensiero è sollecitato dalla situazione esistenziale e culturale che incontra, al punto che si può parlare in lui <strong>di</strong> una vera<br />
e propria "inculturazione" <strong>del</strong>la f<strong>ed</strong>e in contesti <strong>di</strong>versi da quello ebraico-gerosolimitano in cui era nata. Le due lettere<br />
ai Corinzi e quelle agli Efesini e ai Colossesi ne offrono testimonianza in maniera propria e <strong>di</strong>fferenziata.<br />
Ma quest'uomo ebreo e greco si autopresenta in tutte le lettere con lo schietto nome latino <strong>di</strong> Paolo, che portava quasi<br />
certamente dalla nascita insieme all'appellativo Saulo, che i genitori gli avevano attribuito a ricordo <strong>del</strong> primo re <strong>del</strong>la<br />
tribù <strong>di</strong> Beniamino. Da notare che nella cristofania <strong>di</strong> Damasco la voce misteriosa, secondo gli Atti, lo chiama alla<br />
maniera ebraica: «Sa'ul, Sa'ul»<br />
<strong>Nuovo</strong> <strong>Dizionario</strong> <strong>di</strong> <strong>Teologia</strong> <strong>Biblica</strong> <strong>–</strong> <strong>ed</strong>. Paoline
Anno 2004/05 La figura <strong>di</strong> San Paolo 3/3<br />
(9,4). Le autorità <strong>del</strong>l'impero rispondono, ai suoi occhi, a una <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong>vina: sono «a servizio <strong>di</strong> Dio in tuo<br />
favore», perciò meritano rispetto e obbe<strong>di</strong>enza «a motivo <strong>del</strong>la coscienza» (Rm 13,4-5). Secondo l'autore degli Atti, si è<br />
confrontato serenamente con proconsoli e procuratori romani a Cipro, a Corinto, a Cesarea, <strong>ed</strong> ha riven<strong>di</strong>cato non una<br />
volta sola le garanzie giuri<strong>di</strong>che che gli spettavano in forza <strong>del</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>nanza romana che poss<strong>ed</strong>eva per nascita<br />
(At 22,28). Nei suoi programmi missionari Roma figura al vertice, quale centro e base <strong>di</strong> una più grande<br />
evangelizzazione, che avrebbe dovuto portarlo fin nella Spagna (Rm 15,22-24), nell'arco occidentale <strong>del</strong> Me<strong>di</strong>terraneo,<br />
dopo avere tanto operato nell'arco orientale. Non si conosce con sicurezza se il grande sogno si sia avverato, ma certo ai<br />
romani scrisse la lettera più impegnativa, sintesi <strong>del</strong> suo vangelo, e a Roma coronò la sua attività con il martirio.<br />
5. IL PIÙ GRANDE MISSIONARIO CRISTIANO - Il libro degli Atti offre una narrazione or<strong>di</strong>nata <strong>del</strong>l'opera mis -<br />
sionaria <strong>di</strong> Paolo. Essa si svolge prevalentemente in quella parte costiera <strong>del</strong> Me<strong>di</strong>terraneo che Deissmann chiama<br />
"l'ellisse <strong>del</strong>l'ulivo", toccando le città <strong>di</strong> Damasco, Tarso, Antiochia <strong>di</strong> Siria, Cipro e l'Anatolia sudorientale; vengono<br />
quin<strong>di</strong> le città <strong>di</strong> Filippi, Tessalonica, Berea, Atene, Corinto in Europa; Efeso capitale <strong>del</strong>la provincia romana <strong>di</strong> Asia, e<br />
Roma capitale <strong>del</strong>l'impero.<br />
I dati <strong>del</strong>le lettere confermano tale quadro, anche se non permettono <strong>di</strong> seguirne la linearità e <strong>di</strong> ancorarlo sullo schema<br />
<strong>di</strong> una triplice spe<strong>di</strong>zione, quale viene <strong>del</strong>ineato negli Atti.<br />
Sceglieva intenzionalmente i gran<strong>di</strong> agglomerati urbani, soprattutto quelli non ancora toccati dal vangelo, dove cercava<br />
<strong>di</strong> far sorgere almeno una piccola comunità cristiana che veniva animata e presi<strong>ed</strong>uta da persone particolarmente de<strong>di</strong>te<br />
e generose (cf. 1Ts 5,12-13; 1Cor 16,15-16). Tutto fa pensare che la metodologia missionaria <strong>di</strong> Paolo, a <strong>di</strong>fferenza dei<br />
pre<strong>di</strong>catori ambulanti <strong>del</strong> suo tempo, ha <strong>di</strong> mira i popoli più che non i singoli in<strong>di</strong>vidui; per questo appare veramente<br />
singolare che Paolo non abbia mai preso in considerazione una città popolosa e significativa come Alessandria d'Egitto.<br />
Ha la coscienza fin dagli inizi <strong>di</strong> essere chiamato ad evangelizzare i gentili (Gal 1,16) e questa vocazione gli viene<br />
ratificata da Pietro e dagli apostoli (Gal 2,9-10).<br />
Il suo metodo <strong>di</strong> comunicare il vangelo si compen<strong>di</strong>a nella parola, nell'esempio e nell'amore: una parola che non è<br />
semplice trasmissione verbale, ma è permeata dallo Spirito e dalla potenza <strong>di</strong> Dio che interpella gli uomini per mezzo<br />
dei suoi inviati, «come se Dio esortasse per mezzo nostro» (2Cor 5,20). Alla comunità <strong>di</strong> Tessalonica scrive: «Nel<br />
ricevere la parola <strong>di</strong> Dio da noi pre<strong>di</strong>cata, non l'accoglieste come parola d'uomini, ma come parola <strong>di</strong> Dio, che <strong>di</strong>spiega<br />
la sua energia in voi che avete cr<strong>ed</strong>uto» (1Ts 2,13); il vangelo infatti è «potenza <strong>di</strong> Dio per la salvezza <strong>di</strong> chiunque<br />
cr<strong>ed</strong>e» (Rm 1,16). La parola viene corroborata con la forza <strong>del</strong> «mo<strong>del</strong>lo umano che trae origine nell'umanità <strong>di</strong> Cristo<br />
<strong>ed</strong> è così importante per Paolo», come notava Bonhoeffer nel suo Schema per un saggio scritto in carcere. Poiché il<br />
vangelo non è una teoria ma un mo do <strong>di</strong> esistere, Paolo sa <strong>di</strong> doverlo trasmettere con l'esistere stesso, "nell'esercizio" <strong>di</strong><br />
ciò che comporta. I due termini maggiori che vengono usati in questo contesto sono "mo<strong>del</strong>lo" e "imitatore": «Fatevi<br />
miei imitatori, come io lo sono <strong>di</strong> Cristo» (1Cor 4,16; cf. 1Ts 1,6; Fil 4,9; 2Ts 3,7).<br />
La parola però parte dall'amore e tende alla "e<strong>di</strong>ficazione", cioè alla costruzione e alla crescita spirituale dei singoli e<br />
<strong>del</strong>la comunità. Paolo lo ricorda ripetutamente, ai Tessalonicesi (1Ts 2,7-8.12), ai Corinzi (2Cor 4,15; 5,14; 6,12), ai<br />
Galati (4,15). Essa è pronunciata in fe<strong>del</strong>tà e lealtà <strong>di</strong> spirito davanti a Dio e agli uomini (cf. 1Ts 2,1-12), con la<br />
franchezza (parrhesìa, 2Cor 3,12; Fil 1,20; Ef 3,12) e la limpidezza cristallina (eilikrìneia, 2Cor 2,17) che si ad<strong>di</strong>ce ai<br />
ministri <strong>del</strong>la nuova alleanza. Per poter giungere al cuore dei suoi interlocutori Paolo sa farsi greco con i greci, giudeo<br />
con i giudei, «debole con i deboli», «tutto a tutti», «servo <strong>di</strong> tutti, per guadagnare il maggior numero» (1Cor 9,12-23).<br />
Il contenuto essenziale <strong>del</strong> suo messaggio è quello <strong>del</strong>la "tra<strong>di</strong>zione" (paràdosis) apostolica: Gesù <strong>di</strong> Nazaret morto e<br />
risuscitato per la salvezza <strong>di</strong> tutti gli uomini (1Cor 15,1-5). A tale "verità <strong>del</strong> vangelo" nulla può essere tolto, così come<br />
nulla può surrogarla: «Se anche noi stessi o un angelo venuto dal cielo vi annunciasse un vangelo <strong>di</strong>verso da quello che<br />
noi vi abbiamo pre<strong>di</strong>cato, sia votato alla male<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Dio» (Gal 1,6-8; 2,5.14). Ma cotesto messaggio esigeva <strong>di</strong><br />
essere tradotto in uno stile <strong>di</strong> vita <strong>ed</strong> era destinato a produrre una "creatura nuova" (2Cor 5,17); per questo Paolo si fa<br />
<strong>ed</strong>ucatore e pastore, e moltiplica le sue risorse.<br />
Sono state raccolte e analizzate le forme verbali che Paolo adopera per descrivere la sua azione missionaria: egli "<strong>di</strong>ce",<br />
"evangelizza", "annunzia", "esorta", "prega", "desidera", "incoraggia", "scongiura", "ammonisce", "dà istruzioni",<br />
"ingiunge", "<strong>di</strong>spone", "insegna", "rende noto", "persuade", "conforta" (cf. G. Barbaglio, o.c., p. 125), e non esita a<br />
inculcare l'apertura verso tutti i valori etici <strong>del</strong>la tra<strong>di</strong>zione classica: «Per il resto, fratelli, tutto ciò che c'è <strong>di</strong> vero,<br />
nobile, giusto, puro, amabile, lodevole, virtuoso e onorato sia oggetto dei vostri pensieri» (Fil 4,8). «Provate ogni cosa,<br />
tenete ciò che è buono» (kalón, lett. "bello"; 1Ts 5,21). «Tutte le cose sono per voi », scrive ai Corinzi, «...ma voi siete<br />
<strong>di</strong> Cristo e Cristo è <strong>di</strong> Dio» (1Cor 3,22-23).<br />
6. I RIVALI DI <strong>PAOLO</strong> - Il campo missionario <strong>di</strong> Paolo appare, si può <strong>di</strong>re, sempre infestato da presenze moleste che<br />
spesso rivelano il volto <strong>di</strong> veri e propri avversari, con i quali egli è costretto a misurarsi appassionatamente. Chi sono<br />
questi nemici <strong>di</strong> Paolo e in che cosa lo contrastano?<br />
La maggior parte degli stu<strong>di</strong>osi v<strong>ed</strong>e in essi dei giudeo-cristiani integralisti che gli rimproveravano <strong>di</strong> aver rinnegato<br />
l'ere<strong>di</strong>tà ebraica, non imponendo i dettami <strong>del</strong>la legge mosaica; quin<strong>di</strong> senza valore sarebbe la sua pretesa autorità<br />
apostolica. Si nota però una grande varietà in questo fronte antipaolino. Le in<strong>di</strong>cazioni che si ricavano dalla descrizione<br />
che Paolo ne dà, e sono per noi l'unica fonte, autorizzano a pensare che gli avversari operanti a Corinto non sono gli<br />
stessi <strong>di</strong> quelli presentati nella lettera ai Galati, e che quelli che lo contrad<strong>di</strong>cono in Galazia non coincidono con quelli<br />
<strong>di</strong> Filippi. Di più è <strong>di</strong>fficile <strong>di</strong>re.<br />
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Anno 2004/05 La figura <strong>di</strong> San Paolo 4/4<br />
La reazione <strong>di</strong> Paolo avviene sul terreno dei principi e <strong>del</strong>l'apologia personale. Egli si batte anzitutto per «la verità <strong>del</strong><br />
vangelo» (Gal 2,5. 14), cioè che la salvezza è data gratuitamente da Dio a tutti semplicemente per la f<strong>ed</strong>e in Cristo<br />
morto e risorto, e poi riven<strong>di</strong>ca senza mezzi termini il suo carisma apostolico: inviato <strong>di</strong>rettamente da Dio alle genti<br />
(Gal 1,1.15-16), legittimato come gli apostoli dall'apparizione <strong>del</strong> Risorto (1Cor 15,3ss), comprovato dall'efficacia <strong>del</strong>la<br />
sua azione (Cor 9,1-2), riconosciuto dalle "colonne" <strong>del</strong>la chiesa <strong>di</strong> Gerusalemme (Gal 2,9: Pietro, Giovanni, Giacomo)<br />
e, come se ciò non bastasse, si <strong>di</strong>chiara "ebreo" <strong>di</strong> alta ascendenza (Fil 2,4-6).<br />
II - LE LETTERE<br />
Anche se avessimo soltanto le lettere <strong>di</strong> Paolo, esse basterebbero già a collocarlo tra i gran<strong>di</strong> scrittori <strong>del</strong>l'antichità. Più<br />
che la quantità colpisce l'intelligenza, l'acutezza <strong>del</strong> pensiero e l'imme<strong>di</strong>atezza esistenziale. Sono nate a servizio <strong>del</strong>la<br />
missione e come sua integrazione. «Un frammento <strong>di</strong> missione» le ha chiamate W. Wr<strong>ed</strong>e, e ben si ad<strong>di</strong>ce loro la<br />
definizione <strong>del</strong>la lettera che dà lo scrittore greco Demetrio, probabilmente contemporaneo <strong>di</strong> Paolo: «l'altra parte <strong>del</strong><br />
<strong>di</strong>alogo» già instaurato con i destinatari.<br />
Tre<strong>di</strong>ci lettere recano nell'in<strong>di</strong>rizzo il nome <strong>di</strong> Paolo, e una quattor<strong>di</strong>cesima, la lettera agli Ebrei, gli è stata attribuita fin<br />
dal II secolo, pur non essendo scritta da lui, anche se l'autore <strong>di</strong>s cretamente si mette nei suoi panni (cf. 13,23-25). Delle<br />
tre<strong>di</strong>ci lettere, sette sono ritenute da tutti autentiche (1Ts; 1 e 2 Cor; Gal; Rm; Fil; Fm): scritte tra gli anni 50 e 60, esse<br />
sono gli scritti più antichi <strong>del</strong> cristianesimo. Nelle altre lettere la maggioranza dei critici è incline a ravvisare la mano <strong>di</strong><br />
qualche <strong>di</strong>scepolo, se non ad<strong>di</strong>rittura la pseudoepigrafia, secondo un'usanza in voga in quei secoli.<br />
Vengono raccolte in determinati gruppi: sono dette "lettere principali" le quattro lettere più ampie (Rm, 1 e 2 Cor, Gal),<br />
"lettere <strong>del</strong>la prigionia" quelle che, secondo la loro stessa testimonianza, sono state scritte in prigione (Fil, Ef, Col, Fm,<br />
2Tm); e poiché le lettere a Tito e Timoteo si caratterizzano come un gruppo a sé e trattano argomenti attinenti alla pratica,<br />
vengono denominate "lettere pastorali". [Colossesi, Corinzi, I e II; Ebrei; Efesini; Filemo ne; Filippesi; Galati;<br />
Romani; Tessalonicesi, I e II; Timoteo; Tito]<br />
Dopo A. Deissmann, che le ha messe a confronto con la grande quantità <strong>di</strong> lettere papiracee scoperte in Egitto, si pone<br />
la questione se siano lettere reali oppure "epistole", cioè lettere fittizie, come per esempio quella <strong>di</strong> Orazio ad Pisones,<br />
de arte Poetica. La lettera serve al <strong>di</strong>alogo <strong>di</strong> uomini separati, l'epistola è un'esercitazione letteraria, destinata al gran<br />
pubblico.<br />
Ora non c'è dubbio che in Paolo si tratta <strong>di</strong> lettere vere e proprie, che si rivolgono a un destinatario preciso e non a un<br />
pubblico generico, sono dovute a determinate ragioni, affrontano questioni che riguardano situazioni concrete,<br />
contengono comunicazioni e saluti personali. Ma anche quando tratta argomenti <strong>di</strong> attualità, egli li investe con<br />
argomentazioni teologiche. Inoltre le sue lettere contengono vere e proprie sezioni dottrinali che vanno al <strong>di</strong> là <strong>del</strong>le<br />
questioni contingenti: così 1Ts 4,13ss, dove dal caso concreto dei tessalonicesi passa a trattare <strong>del</strong>l'escatologia cristiana;<br />
lo stesso in 1Cor 10.13.15 ove la situazione <strong>del</strong>la comunità dà spunto a considerazioni teologico-pastorali sulla<br />
situazione "eso<strong>di</strong>ca" <strong>del</strong>la vita cristiana, sul primato <strong>del</strong>la carità (agape) e sulla speranza <strong>del</strong>la risurrezione.<br />
Le lettere ai Galati e ai Romani sono trattazioni teologiche, ma conservano il carattere <strong>di</strong> vere lettere alle rispettive<br />
comunità. Lettere occasionali dunque, nate dalle esigenze <strong>del</strong>la missione, ma nel contempo lettere pastorali e<br />
apostoliche destinate a costruire le comunità. Il loro modulo espositivo è ampiamente <strong>di</strong>alogico; spesso egli fa esporre<br />
obiezioni da un presunto interlocutore o gli rivolge domande retoriche per avere modo <strong>di</strong> presentare la risposta (cf. Rm<br />
2,1.21; 1Cor 15,29-35). È lo stile classico <strong>del</strong>la <strong>di</strong>atriba, in uso nella tra<strong>di</strong>zione e nella prassi p<strong>ed</strong>agogica cinico-stoica<br />
contemporanea. Colpisce a prima vista l'uso frequente <strong>del</strong>le antitesi e <strong>del</strong>le contrapposizioni (luce-tenebre, morte-vita,<br />
schiavitù-libertà, peccato-giustizia, per<strong>di</strong>zione-salvezza, carne-spirito, debolezza-forza, vecchio-nuovo, ecc.), in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong><br />
una personalità vivace, operativa e senza mezzi termini.<br />
Risulta con sicurezza che le comu nità leggevano le lettere (cf. 1Ts 5,27) e se le scambiavano tra loro (cf. Col 4,16). Ci<br />
si domanda se qualcuna sia andata perduta; in 1Cor 5,9 Paolo cita una prec<strong>ed</strong>ente missiva che non ci è rimasta. Lo<br />
stesso si deve <strong>di</strong>re <strong>del</strong>la cosiddetta "lettera <strong>del</strong>le lacrime", citata in 2Cor 2,4; ma vi sono motivi <strong>di</strong> ritenere che alcune<br />
lettere da noi poss<strong>ed</strong>ute contengano e fondano insieme più lettere o frammenti <strong>di</strong> lettere; in particolare la seconda lettera<br />
ai Corinzi viene ritenuta da alcuni, non senza fondamento, una compilazione <strong>di</strong> vari scritti più brevi inviati alla stessa<br />
comunità.<br />
Una raccolta degli scritti <strong>di</strong> Paolo deve essere cominciata assai presto. La seconda lettera <strong>di</strong> Pietro attesta l'esistenza,<br />
verso la fine <strong>del</strong> primo secolo, <strong>di</strong> un corpus <strong>di</strong> lettere paoline, che viene paragonato alle altre Scritture sacre (si trattava<br />
<strong>di</strong> quelle ebraiche, fatte proprie dai cristiani); <strong>di</strong> esse si <strong>di</strong>ce che hanno bisogno <strong>di</strong> essere interpretate correttamente, per<br />
non essere indotti nell'errore: «La magnanimità <strong>del</strong> nostro Signore giu<strong>di</strong>catela come salvezza, come anche il nostro<br />
carissimo fratello Paolo vi ha scritto, secondo la sapienza che gli è stata data; così egli fa in tutte le lettere, in cui tratta<br />
<strong>di</strong> queste cose. In esse ci sono alcune cose <strong>di</strong>fficili da comprendere e gli ignoranti e gli instabili le travisano, al pari<br />
<strong>del</strong>le altre Scritture, per la propria rovina» (3,15-16). Chi abbia promosso tale raccolta, a quali lettere si estendesse e<br />
quali scopi perseguisse non è dato saperlo. Verso la metà <strong>del</strong> II secolo Marcione definì <strong>di</strong> propria iniziativa un catalogo<br />
<strong>di</strong> sacre Scritture, con <strong>di</strong>eci lettere <strong>di</strong> s. Paolo, escluse le pastorali a Timoteo e a Tito.<br />
Il Papiro 46, <strong>del</strong> 200 circa, riporta ancora <strong>di</strong>eci lettere, inclusa quella agli Ebrei, escluse Filemone e le pastorali. Il<br />
cosiddetto Frammento Muratoriano, <strong>del</strong> 180 circa, cataloga tre<strong>di</strong>ci lettere, esclusa quella agli Ebrei. I martiri <strong>di</strong> Scilium<br />
(180 d.C.), interrogati dal proconsole Saturnino circa i libri che portano con sé, rispondono: «Libri e le lettere <strong>di</strong> Paolo,<br />
uomo giusto». Non è dato conoscere il numero <strong>del</strong>le lettere. Ma tutte le lettere <strong>di</strong> Paolo, fatta eccezione per il breve<br />
biglietto a Filemo ne, si trovano citate in Ireneo <strong>di</strong> Lione, verso la fine <strong>del</strong> II secolo: ciò fa supporre che abbia avuto tra<br />
le mani una raccolta <strong>del</strong>le lettere <strong>del</strong>l'Apostolo. Ma qui si entra nella storia <strong>del</strong> "canone".<br />
<strong>Nuovo</strong> <strong>Dizionario</strong> <strong>di</strong> <strong>Teologia</strong> <strong>Biblica</strong> <strong>–</strong> <strong>ed</strong>. Paoline
Anno 2004/05 La figura <strong>di</strong> San Paolo 5/5<br />
Gli autografi <strong>del</strong>le lettere, vergate certamente su papiro, sono andati irrime<strong>di</strong>abilmente perduti; si possi<strong>ed</strong>ono tuttavia<br />
oltre 5.000 copie manoscritte, un patrimonio eccezionalmente ricco. Spiccano tra esse 10 papiri <strong>del</strong> III secolo,<br />
frammentari, che prec<strong>ed</strong>ono i gran<strong>di</strong> co<strong>di</strong>ci unciali completi, il Sinaitico e il Vaticano, <strong>del</strong> IV secolo. Il manoscritto più<br />
antico e autorevole è il già citato Papiro 46 <strong>del</strong>la collezione Chester Beatty, databile al 200 circa, giunto a noi quasi<br />
completo.<br />
III - IL VANGELO D1 <strong>PAOLO</strong><br />
C'è <strong>del</strong> vero nell'affermazione <strong>di</strong> Bultmann secondo la quale l'importanza storica <strong>di</strong> Paolo sta nel fatto che egli fu<br />
teologo.<br />
Tuttavia Paolo non è stato un pensatore sistematico e in ogni caso la forma frammentaria e occasionale nella quale ci è<br />
giunto il suo pensiero non permette <strong>di</strong> organizzarlo compiutamente.<br />
Nelle singole lettere il patrimonio concettuale teologico è più presupposto che illustrato, onde non fa meraviglia che da<br />
oltre un secolo storici <strong>ed</strong> esegeti vadano alla ricerca degli elementi costitutivi <strong>del</strong> "paolinismo". Si è oscillato agli inizi<br />
<strong>di</strong> questo secolo tra la scuola religionistica (Wr<strong>ed</strong>e, Bousset, Reitzenstein) e la scuola escatologica (A. Schweitzer), per<br />
cui Paolo sarebbe l'autore <strong>di</strong> un mistero e <strong>di</strong> un culto nuovo fortemente influenzato dalla Grecia, oppure un sognatore<br />
che attendeva prossima la venuta <strong>del</strong> Figlio <strong>del</strong>l'uomo.<br />
Ma tali interpretazioni perdettero ben presto il loro fascino. Nacquero successivamente da parte cattolica tentativi <strong>di</strong><br />
esporre in modo sistematico il pensiero <strong>di</strong> Paolo sulla falsariga dei manuali <strong>di</strong> teologia (Prat, Bonsirven), mentre su<br />
un'altra sponda si collocavano altri autori, primi tra tutti R. Buhmann e K. Barth, che riportavano il nucleo centrale <strong>del</strong><br />
pensiero <strong>di</strong> Paolo alla contrapposizione tra f<strong>ed</strong>e e legge, riferendosi alla polemica <strong>del</strong>l'Apostolo contro i suoi avversari<br />
giudaizzanti. Forse si <strong>di</strong>scuterà ancora sull'articolazione interna <strong>del</strong> pensiero <strong>di</strong> Paolo, ma intanto è <strong>di</strong>ventato chiaro che<br />
egli si pone rigorosamente in un quadro dottrinale già proprio <strong>del</strong> cristianesimo primitivo, <strong>del</strong> quale sottolinea e<br />
sviluppa alcuni aspetti sulla base <strong>del</strong>la sua esperienza personale e <strong>del</strong>la sua particolare vocazione apostolica.<br />
Si è <strong>di</strong>scusso molto sui rapporti <strong>di</strong> Paolo con l'ebraismo e sul suo <strong>di</strong>stacco dal ceppo <strong>del</strong>la tra<strong>di</strong>zione ebraica; certo vi<br />
sono e rimangono concordanze fondamentali riguardo al <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> Dio, all'alleanza, alla f<strong>ed</strong>e, al messianismo, ma vi è<br />
una <strong>di</strong>fferenza ra<strong>di</strong>cale che è la f<strong>ed</strong>e in Gesù Cristo morto e risorto, il quale segna la fine <strong>del</strong>la "legge" (Rm 10,4) e<br />
inaugura una alleanza universale alla quale tutti possono partecipare me<strong>di</strong>ante la f<strong>ed</strong>e. Il quadro <strong>del</strong> pensiero <strong>di</strong> Paolo<br />
sembra dunque potersi <strong>del</strong>ineare così: In un grande <strong>di</strong>segno salvifico Dio offre la salvezza a tutti, ebrei e gentili, in<br />
Gesù Cristo morto e risorto (<strong>ed</strong> ha chiamato Paolo ad essere apostolo dei gentili). Si <strong>di</strong>venta partecipi <strong>del</strong>la salvezza<br />
unendosi a Cristo me<strong>di</strong>ante la f<strong>ed</strong>e, morendo con lui al peccato e partecipando alla forza <strong>del</strong>la sua risurrezione. La<br />
salvezza tuttavia non è ancora completa finché egli venga; nel frattempo colui che è in Cristo è stato affrancato dal<br />
potere <strong>del</strong> peccato e <strong>del</strong>la legge, <strong>di</strong>venta un uomo nuovo per opera <strong>del</strong>lo Spirito e la sua condotta dev'essere ispirata<br />
dalla nuova situazione in cui è venuto a trovarsi per la chiamata <strong>di</strong>vina (cf. E. P. Sanders, o.c., p. 549). Tale sembra<br />
essere il centro <strong>del</strong> pensiero <strong>di</strong> Paolo, quello che egli chiama «il suo vangelo» (cf. Rm 2,16; 16,25; 2Cor 4,3), che gioverà<br />
analizzare nei suoi elementi particolari.<br />
1. Il. DISEGNO SALVIFICO DEL PADRE - All'origine <strong>di</strong> tutto sta il <strong>di</strong>segno salvifico <strong>del</strong> Padre ispirato da un amore<br />
eterno e comunicativo, il quale chiama tutti gli uomini alla grazia e alla gloria.<br />
Spesso nelle lettere Paolo fa appello a questa iniziativa <strong>di</strong>vina: « Dio vi ha scelto fin dall'inizio [o come primizia] per la<br />
salvezza nella santificazione <strong>del</strong>lo Spirito e nella f<strong>ed</strong>e <strong>del</strong>la verità, chiamandovi a questo con il nostro vangelo, per il<br />
possesso <strong>del</strong>la gloria <strong>del</strong> nostro Signore Gesù Cristo» (2Ts 2,13-14). È in conseguenza <strong>di</strong> questa scelta "fin dall'inizio",<br />
"ab aeterno" che Dio chiama nel tempo. Un altro passo <strong>di</strong>chiara che «Dio non ci ha destinati all'ira ma al possesso <strong>del</strong>la<br />
salvezza per il Signore nostro Gesù Cristo, il quale è morto per noi, affinché sia che vegliamo sia che dormiamo<br />
possiamo vivere con lui» (1Ts 5,9-10). Di questo "<strong>di</strong>segno" (próthesis) salvifico eterno si fa menzione spesso nelle<br />
lettere (Ef 1,9.11; 3,11; Rm 8,28; 9,11). Gran<strong>di</strong> testi come Rm 5,8-11, Rm 8,28-30 e Ef 1,3-14 <strong>di</strong>mostrano che tutto<br />
proc<strong>ed</strong>e dall'amore <strong>di</strong> Dio, il quale, mentre eravamo ancora "nemici" e "peccatori" (Rm 5,8.10), ci ha amato "nel Cristo"<br />
(Rm 8,38), "nel suo Figlio <strong>di</strong>letto" (Ef 1,6).<br />
Insieme all'amore fontale <strong>del</strong> Padre vengono messe in causa da s. Paolo la sapienza, la potenza e la giustizia <strong>di</strong>vina.<br />
Nelle due dossologie <strong>del</strong>la lettera ai Romani si fa appello alla «profon<strong>di</strong>tà <strong>del</strong>la ricchezza, <strong>del</strong>la sapienza e <strong>del</strong>la scienza<br />
<strong>di</strong> Dio» (11,33), a «Dio che solo è sapiente» (16,27) <strong>ed</strong> ha manifestato il «Mistero taciuto per secoli» riguardante la<br />
salvezza <strong>di</strong> tutto il genere umano. Nella tra<strong>di</strong>zione <strong>del</strong>l'AT la giustizia salvifica <strong>di</strong> Dio rappresenta per l'umanità il bene<br />
supremo e l'aurora <strong>del</strong>la salvezza. S. Paolo si connette a questa tra<strong>di</strong>zione al punto che per lui Dio che chiama alla<br />
grazia e alla gloria è anche il Dio che "giustifica" (cf. Gal 3,8; Rm 3,26.30; 4,5; 8, 30.33). In quest'opera <strong>di</strong> giustificazione<br />
salvifica il Cristo opera la funzione essenziale <strong>di</strong> me<strong>di</strong>atore: «Dio è datore <strong>del</strong>la giustizia a colui che ha la f<strong>ed</strong>e in<br />
Gesù Cristo» (Rm 3,26). Noi siamo «giustificati gratuitamente per la sua grazia, per la r<strong>ed</strong>enzione avvenuta in Gesù<br />
Cristo» (Rm 3,24).<br />
2. L'OPERA DI CRISTO REDENTORE<br />
- Ve<strong>di</strong>amo ora più attentamente in che cosa consiste l'opera me<strong>di</strong>atrice <strong>di</strong> Cristo nel <strong>di</strong>segno <strong>del</strong>la salvezza attuato dal<br />
Padre.<br />
Dev'essere ancora notata una volta l'attività <strong>del</strong> Padre. È lui che ha mandato il Figlio nel nostro mondo <strong>di</strong> peccatori per<br />
salvarlo (Gal 4,4; Rm 8,3), è lui che ci ha riconciliati a sé me<strong>di</strong>ante Cristo (2Cor 5,18), lui che lo ha esposto come un<br />
propiziatorio asperso <strong>del</strong> suo sangue (Rm 3,25) per giustificare i cr<strong>ed</strong>enti (Rm 3,26), lui che lo ha risuscitato dai morti<br />
<strong>Nuovo</strong> <strong>Dizionario</strong> <strong>di</strong> <strong>Teologia</strong> <strong>Biblica</strong> <strong>–</strong> <strong>ed</strong>. Paoline
Anno 2004/05 La figura <strong>di</strong> San Paolo 6/6<br />
per la nostra giustificazione (Rm 4,25): tutto proc<strong>ed</strong>e da Dio che ci ha amati mentre eravamo ancora peccatori (Rm 5,8;<br />
8,35.39).<br />
«Ma l'insistenza con cui Paolo sottolinea l'iniziativa <strong>del</strong> Padre non deve in nessun modo offuscare il ruolo <strong>di</strong> Cristo e il<br />
posto assolutamente centrale che la sua persona tiene nella mente <strong>del</strong>l'Apostolo. Se Paolo <strong>di</strong>chiara che il Padre ha<br />
inviato il Figlio (Gal 4,6; Rm 8,3), che non lo ha risparmiato ma dato per noi (Rm 8,32), afferma egualmente che Cristo<br />
ha dato sé stesso (Gal 1,4; 1Tm 2,6; Tt 2,14), si è dato per amore per noi (Gal 2,20); Ef 5,2.25)» (Lyonnet).<br />
Tutto quello che viene attribuito al Padre, Paolo non esita ad attribuirlo al Figlio che vive <strong>ed</strong> opera in perfetta sintonia<br />
con il Padre. Ora l'atto per eccellenza attraverso il quale Cristo ha operato la salvezza è per Paolo la morte in croce<br />
seguita dalla risurrezione. «Noi pre<strong>di</strong>chiamo Cristo crocefisso, scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani; ma per i<br />
chiamati, sia giudei sia greci, è il messia, la potenza <strong>di</strong> Dio e la sapienza <strong>di</strong> Dio» (Cor 1,22-23). «Tutti sono giustificati<br />
gratuitamente... grazie alla r<strong>ed</strong>enzione avvenuta in Cristo Gesù; Dio lo ha esposto quale propiziatorio nel suo sangue...<br />
per manifestare la sua giustizia» (Rm 3,24-25). «In lui abbiamo la r<strong>ed</strong>enzione me<strong>di</strong>ante il suo sangue» (Ef 1,7).<br />
Incontriamo qui alcuni vocaboli e concetti fondamentali <strong>del</strong>la soteriologia <strong>di</strong> Paolo; ve<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> analizzarli brevemente.<br />
Vi è anzitutto il termine apolytrosis con il significato <strong>di</strong> "r<strong>ed</strong>enzione, riscatto, liberazione da". Si è sostenuto<br />
(Deissmann) che si deve leggere qui una reminiscenza <strong>del</strong> "prezzo <strong>del</strong> riscatto" che nell'uso greco si pagava per la<br />
liberazione <strong>di</strong> uno schiavo, prezzo che lo schiavo poteva pagare versandolo ai sacerdoti <strong>di</strong> un tempio. In questo modo il<br />
<strong>di</strong>o stesso acquistava lo schiavo dal suo proprietario e gli offriva in cambio la libertà. «Nulla impe<strong>di</strong>sce che Paolo si sia<br />
ispirato a questa usanza », nota Lyonnet, ma la vera interpretazione sembra da cercarsi altrove e precisamente nel<br />
linguaggio e nelle categorie <strong>del</strong>la versione greca dei LXX, dove la grande r<strong>ed</strong>enzione consiste nella liberazione dalla<br />
servitù <strong>del</strong>l'Egitto e nella speranza messianica, quando Dio «re<strong>di</strong>merà Israele da tutte le sue colpe» (Sal 130,7-8).<br />
Queste categorie <strong>del</strong>l'AT vennero applicate all'opera <strong>di</strong> Cristo compiuta sul Calvario. « Di<strong>ed</strong>e se stesso per noi, per<br />
re<strong>di</strong>merci [hina lytrósetai] da ogni empietà e formarsi un popolo puro che gli appartenga» (Tt 2,14). Si realizza<br />
misticamente ma realmente nei cristiani quello che fu sperimentato dagli ebrei nella liberazione dall'Egitto.<br />
Al contesto veterotestamentario rimanda anche il vocabolo "propiziatorio" (hilasterion), con il quale viene presentato<br />
l'atto r<strong>ed</strong>entore <strong>di</strong> Cristo in Rm 3,24-25: «Dio lo ha esposto come propiziatorio nel suo sangue», dove si evoca il rituale<br />
<strong>di</strong> Lv 16,15-19. Coperchio d'oro collocato sull'arca <strong>del</strong>l'alleanza nel santo dei santi, ornato da due cherubini, il<br />
propiziatorio era il segno <strong>del</strong>la presenza <strong>di</strong>vina e in particolare il luogo <strong>del</strong> perdono <strong>di</strong> Dio me<strong>di</strong>ante l'aspersione <strong>del</strong><br />
sangue sacrificale fatta dal sommo sacerdote nel gran "giorno <strong>del</strong>l'espiazione". L'Apostolo v<strong>ed</strong>e realizzarsi nella croce,<br />
cosparsa <strong>del</strong> sangue <strong>di</strong> Cristo al momento <strong>del</strong>la sua morte, ciò che significava il rituale levitico, cioè la comunione spirituale<br />
tra il popolo e Dio me<strong>di</strong>ante l'offerta <strong>del</strong> sangue. Secondo il rituale levitico la comunione spirituale tra Dio e il<br />
suo popolo rotta dal peccato veniva restaurata dall'offerta <strong>del</strong> sangue che rappresenta la vita <strong>del</strong>l'uomo (Lv 17,11). Nella<br />
m<strong>ed</strong>esima prospettiva viene v<strong>ed</strong>uto da s. Paolo il sangue sulla croce <strong>di</strong> Cristo.<br />
Un'altra espressione soteriologica ricorrente nel vocabolario paolino è la compera e il prezzo. L'immagine ricorre in<br />
1Cor 6,20; 7,23 e in Gal 3,13; 4,5: «Siete stati comperati a prezzo! Glorificate dunque Dio nel vostro corpo» (Cor 6,20).<br />
Questa "compera" evoca essenzialmente l'acquisto che Dio si era fatto <strong>del</strong> suo popolo al tempo <strong>del</strong>l'alleanza (Es 19,6)<br />
per l'attuazione dei suoi <strong>di</strong>segni. C'è ancora rimando al contesto veterotestamentario.<br />
Tipicamente paolino è il modo <strong>di</strong> intendere l'opera <strong>di</strong> Cristo come riconciliazione. Questo tema ricorre principalmente<br />
nella seconda lettera ai Corinzi. Come sempre, l'iniziativa parte da Dio; Gesù ne è l'agente e il me<strong>di</strong>atore, l'uomo il<br />
destinatario che ne risulta intimamente rinnovato e ricreato: «Se uno è in Cristo è nuova creatura; le vecchie cose sono<br />
passate, ecco ne sono nate <strong>di</strong> nuove. E il tutto è da Dio che ci ha riconciliati a sé per mezzo <strong>di</strong> Gesù Cristo e ha dato a<br />
noi il ministero <strong>del</strong>la riconciliazione, poiché Dio in Cristo ha riconciliato l'uomo a sé non imputandogli le sue<br />
trasgressioni e ponendo in noi la parola <strong>del</strong>la riconciliazione. Fungiamo dunque da ambasciatori per Cristo, come se Dio<br />
parlasse attraverso noi. Vi preghiamo in nome <strong>di</strong> Cristo, lasciatevi riconciliare con Dio» (2Cor 5,17-20).<br />
Un grande testo <strong>del</strong>la lettera agli Efesini presenta la morte <strong>di</strong> Cristo come olocausto (thysia), cioè come sacrificio che è<br />
al tempo stesso l'espressione <strong>del</strong> suo amore per gli uomini: «Ci ha amati e ha dato se stesso per noi, oblazione e offerta a<br />
Dio in sacrificio <strong>di</strong> soave profumo» (Ef 5,2). La tra<strong>di</strong>zione apostolica aveva già sanzionato la formula: «Cristo è morto<br />
per i nostri peccati» (Cor 15,3). Paolo ha concepito essenzialmente questa morte come un atto supremo <strong>di</strong> obbe<strong>di</strong>enza e<br />
<strong>di</strong> amore. «Alla <strong>di</strong>subbi<strong>di</strong>enza <strong>di</strong> Adamo, origine <strong>del</strong>la condanna universale, egli oppone l'atto <strong>di</strong> obbe<strong>di</strong>enza <strong>di</strong> Cristo<br />
per il quale tutti sono giustificati (Rm 5,19), e ancora in Fil 2,5-11 alla pretesa orgogliosa <strong>ed</strong> egoistica <strong>di</strong> Adamo Paolo<br />
sembra opporre il mistero <strong>del</strong>la croce come un mistero <strong>di</strong> obbe<strong>di</strong>enza e <strong>di</strong> amore, <strong>del</strong> quale la risurrezione gloriosa è il<br />
compimento più ancora che la ricompensa (vv. 9-11) » (Lyonnet).<br />
Un testo conciso e oscuro <strong>del</strong>la seconda lettera ai Corinzi sembra offrire un'ulteriore categoria, quella <strong>del</strong>l'espiazione o<br />
<strong>del</strong>la sod<strong>di</strong>sfazione data per un altro e al suo posto: Cristo, si <strong>di</strong>ce, «non avendo conosciuto peccato, Dio lo ha fatto<br />
peccato per noi, affinché noi <strong>di</strong>ventassimo giustizia <strong>di</strong> Dio in lui» (2Cor 5,21). Cristo è <strong>di</strong>ventato peccato in quanto si<br />
fece portatore volontario <strong>del</strong> peccato degli uomini per eliminarlo, con allusione al passo <strong>di</strong> Is 53,10, in cui il Servo <strong>del</strong><br />
Signore offre la sua vita in espiazione ('asam) per i peccati <strong>del</strong> suo popolo, e in forza <strong>di</strong> ciò riceverà «in ere<strong>di</strong>tà i popoli<br />
e genti infinite come bottino».<br />
Un passo <strong>del</strong>la lettera a Tito raccoglie in una formula pregnante i temi maggiori <strong>del</strong>l'insegnamento paolino sulla<br />
r<strong>ed</strong>enzione: « IL nostro grande Dio e Salvatore Gesù Cristo <strong>di</strong><strong>ed</strong>e se stesso per noi, per riscattarci da ogni empietà e<br />
formarsi un popolo puro che gli appartenga, zelante nelle opere buone» (2,13-14).<br />
3. "SALVATI NELLA SPERANZA" -<br />
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Anno 2004/05 La figura <strong>di</strong> San Paolo 7/7<br />
La r<strong>ed</strong>enzione che si acquisisce in Cristo è per Paolo una salvezza attuale e presente, ma il suo compimento rimane<br />
ancora nell'attesa. Non si avrà che con la risurrezione dei corpi, quando ci sarà la manifestazione gloriosa <strong>di</strong> Cristo, che<br />
dopo aver trionfato su tutte le manifestazioni ostili, e ultima sarà la morte, consegnerà il regno al Padre (Cor 15,25).<br />
«Poiché è nella speranza che siamo stati salvati» (Rm 8,24). «Ve<strong>di</strong>amo ora come in uno specchio, in immagine, ma<br />
allora v<strong>ed</strong>remo faccia a faccia» (Cor 13,12). Come lui è risorto, anche noi risorgeremo, anzi in forza <strong>di</strong> lui anche noi<br />
sperimenteremo la gloria <strong>del</strong>la risurrezione, perché Cristo è risorto, «primizia <strong>di</strong> quelli che dormono» (Cor 15,12-20; cf.<br />
Rm 8,11; 1Ts 4,14). Dicendo risurrezione non si intende r<strong>ed</strong>enzione dal corpo, bensì r<strong>ed</strong>enzione <strong>del</strong> corpo, cioè <strong>del</strong>la<br />
totalità <strong>del</strong> soggetto umano.<br />
Per questo «interiormente gemiamo nell'attesa <strong>del</strong>la r<strong>ed</strong>enzione <strong>del</strong> nostro corpo» (Rm 8,23). E tuttavia è certo che già<br />
«Dio ci ha salvati» (Tt 3,5), che ci ha risuscitati e fatti rivivere con Cristo (Ef 2,5-6) e ci salva dal giu<strong>di</strong>zio futuro (Rm<br />
5,9), in quanto ci ha sottratti alla servitù <strong>di</strong> Satana e ci riconcilia con sé in modo da formare un solo essere in Cristo (cf.<br />
Gal 3,28): si tratta <strong>di</strong> uno stato certamente acquisito, ma la cui pienezza sarà donata alla fine dei tempi, precisamente<br />
alla manifestazione <strong>di</strong> Cristo alla fine <strong>del</strong>la storia. E <strong>di</strong>ventato usuale nel gergo cristiano, dopo Cullmann, esprimere<br />
questa situazione paradossale e stimolante <strong>del</strong> cristiano con le espressioni "già" e "non ancora".<br />
Qui si innesta il <strong>di</strong>namismo <strong>del</strong>la speranza, fondamentale nell'esistenza cristiana secondo s. Paolo. «E la speranza non<br />
<strong>del</strong>ude, perché l'amore <strong>di</strong> Dio è stato effuso nei nostri cuori con lo Spirito Santo che ci fu dato» (Rm 5,5; cf. 8,16-18.31-<br />
39). IL c. 8 <strong>del</strong>la lettera ai Romani dona alla speranza una <strong>di</strong>mensione corale e cosmica: «Lo Spirito <strong>di</strong> colui che ha risuscitato<br />
Gesù dai morti darà vita anche ai vostri corpi mortali in grazia <strong>del</strong> suo Spirito che abita in voi» (Rm 8,11).<br />
Anzi «la creazione tutta è nell'attesa <strong>del</strong>la rivelazione dei figli <strong>di</strong> Dio; fu sottoposta alla vanità... nella speranza che<br />
anch'essa, la creazione, sarà liberata dalla schiavitù <strong>del</strong>la corruzione per entrare nella libertà <strong>del</strong>la gloria dei figli <strong>di</strong> Dio»<br />
(8,19-21).<br />
Una celebre pagina <strong>del</strong>la costituzione pastorale Gau<strong>di</strong>um et spes <strong>del</strong> Vat.II ha collocato questa prospettiva escatologica<br />
in chiara connessione con il progresso umano. Giova riportare qui tale testo, tutto intessuto <strong>di</strong> reminiscenze paoline: «<br />
Ignoriamo il tempo in cui avranno fine la terra e l'umanità, e non sappiamo il modo in cui sarà trasformato l'universo.<br />
Passa certamente l'aspetto <strong>di</strong> questo mondo deformato dal peccato. Sappiamo però dalla rivelazione che Dio prepara una<br />
nuova abitazione e una terra nuova in cui abita la giustizia e la cui felicità sazierà sovrabbondantemente tutti i desideri<br />
<strong>di</strong> pace che salgono nel cuore degli uomini. Allora, vinta la morte, i figli <strong>di</strong> Dio saranno risuscitati in Cristo, e ciò che fu<br />
seminato nella debolezza e corruzione rivestirà l'incorruzione, e restando la carità con i suoi frutti, sarà liberata dalla<br />
schiavitù <strong>del</strong>la vanità tutta quella realtà che Dio ha creato appunto per l'uomo. Certo, siamo avvertiti che niente giova<br />
all'uomo se guadagna il mondo intero ma perde se stesso. Tuttavia l'attesa <strong>di</strong> una terra nuova non deve indebolire, bensì<br />
piuttosto stimolare la sollecitu<strong>di</strong>ne nel lavoro relativo alla terra presente dove cresce quel corpo <strong>del</strong>l'umanità nuova che<br />
già riesce ad offrire una certa prefigurazione che adombra il mondo nuovo. Pertanto, benché si debba accuratamente<br />
<strong>di</strong>stinguere il progresso terreno dallo sviluppo <strong>del</strong> regno <strong>di</strong> Dio, tuttavia, nella misura in cui può contribuire a meglio<br />
or<strong>di</strong>nare l'umana società, tale progresso è <strong>di</strong> grande importanza per il regno <strong>di</strong> Dio» (n. 39).<br />
4. LA SALVEZZA MEDIANTE LA FEDE - Come si applica e giunge all'uomo l'opera r<strong>ed</strong>entrice <strong>di</strong> Cristo? In altri<br />
termini, come l'uomo può partecipare ai frutti <strong>del</strong>la salvezza operata da Cristo?<br />
Tocchiamo qui uno dei punti centrali <strong>del</strong> pensiero <strong>di</strong> Paolo, per il quale ha sofferto e combattuto contro i giudaizzanti<br />
che imponevano la legge mosaica. Si attinge alle fonti <strong>del</strong>la r<strong>ed</strong>enzione e <strong>del</strong>la salvezza me<strong>di</strong>ante la f<strong>ed</strong>e. Per questo il<br />
vocabolo pístis-pisteúein sta al vertice <strong>del</strong>la nomenclatura paolina, e la f<strong>ed</strong>e è al centro <strong>del</strong> suo vangelo.<br />
per la f<strong>ed</strong>e che l'uomo vive agli occhi <strong>di</strong> Dio (Rm 1,17).<br />
IL tema <strong>del</strong>la f<strong>ed</strong>e riempie la lettera ai Galati e soprattutto quella ai Romani. La f<strong>ed</strong>e è la risposta personale <strong>del</strong>l'uomo<br />
all'iniziativa <strong>di</strong> Dio che ci viene incontro con la sua parola e i suoi interventi salvifici (Rm 10,14s; Gal 1,11s). "Cr<strong>ed</strong>ere"<br />
(pisteúein) significa accettare come reale e salvifico il fatto <strong>del</strong>la risurrezione <strong>di</strong> Gesù (Rm 4,24-25; 10,9; 1Cor 12,3;<br />
15,1-19; 1Ts 4,14; Fil 2,8-11), mentre il sostantivo "f<strong>ed</strong>e" (pistis) viene talvolta usato per in<strong>di</strong>care il contenuto <strong>del</strong>la<br />
pre<strong>di</strong>cazione apostolica (Rm 10,8; Gal 1,23; Ef 4,5; ecc.). La salvezza viene dalla f<strong>ed</strong>e e non dalle opere <strong>del</strong>la legge<br />
(Rm 3,20.28), ma la f<strong>ed</strong>e è attiva nell'amore e si espande in frutti <strong>di</strong> carità (Rm 8,14; 1Cor 6,9-11; Gal 5,25);<br />
nell'esor<strong>di</strong>o <strong>del</strong>la lettera ai Tessalonicesi Paolo ringrazia Dio per «l'operosità <strong>del</strong>la loro f<strong>ed</strong>e» (Ts 1,3). Non è il risultato<br />
<strong>di</strong> una riflessione umana, ma è dono <strong>di</strong> Dio (Ef 2,8-9) <strong>ed</strong> è prodotta gratuitamente nell'uomo dallo Spirito Santo e dalla<br />
potenza <strong>di</strong> Dio (Rm 3,27; 4,2-5; 1Cor 12,3; 2Ts 2,13). Esistenzialmente è una consegna <strong>di</strong> sé a Cristo, che Dio ha<br />
risuscitato (Rm 10,9), mettendo tutto il proprio essere in relazione con Dio.<br />
La lettera agli Ebrei contiene una definizione <strong>del</strong>la f<strong>ed</strong>e (10,38) e la illustra con l'esempio dei santi <strong>del</strong>l'AT (c. 1l). È<br />
conoscenza nel senso biblico <strong>del</strong> termine, in quanto afferra tutto l'essere e influisce sulla sua condotta; comporta fiducia<br />
assoluta nel Dio vero e vivente, appoggio esclusivo su <strong>di</strong> lui e ubbi<strong>di</strong>enza (Rm 1,5; 6,17; 2Cor 10,4; 1Ts 1,6; 2Ts 1,8).<br />
Essa fa sperimentare nei cuori l'opera <strong>di</strong> Dio (Rm 5,5). Investendo tutto l'essere, è fe<strong>del</strong>tà nella prova (Cor 16,13; Fil<br />
1,29; Ef 6,16; Col 1,23; 1Ts 3,2s) e progresso continuo nella conoscenza <strong>di</strong> Dio, che <strong>di</strong>venta sapienza e "superconoscenza"<br />
(epignosis) (1Cor 1,19s; 2Cor 10,15; Ef 3,16-19; Fil 3,8-10). Unita alla speranza e alla carità nella<br />
grande triade cristiana, la f<strong>ed</strong>e non cesserà che nel cielo (Cor 13,13). Offerta a tutti senza <strong>di</strong>stinzione alcuna <strong>di</strong> nazione,<br />
<strong>di</strong> classe o <strong>di</strong> sesso, è suscitata dalla parola degli apostoli <strong>ed</strong> è a <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> ogni uomo, anche se non <strong>di</strong> tutti è la<br />
f<strong>ed</strong>e (Rm 10,8.14-18; 2Ts 3,2).<br />
Nell'itinerario verso la salvezza la f<strong>ed</strong>e si esprime nel 'battesimo, il quale <strong>di</strong>venta l'atto sensibile e significativo <strong>di</strong><br />
accesso alla chiesa. Anche se personalmente Paolo non sembra de<strong>di</strong>carsi particolarmente al rito battesimale (cf. 1Cor<br />
1,14-17), tuttavia la sua dottrina battesimale è chiara <strong>ed</strong> offre <strong>di</strong>verse spiegazioni <strong>del</strong>l'evento. Congiunto alla f<strong>ed</strong>e, il<br />
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Anno 2004/05 La figura <strong>di</strong> San Paolo 8/8<br />
battesimo fa partecipare alla morte e alla risurrezione <strong>di</strong> Gesù, immergendo, per così <strong>di</strong>re, il catecumeno nella morte <strong>di</strong><br />
Cristo per renderlo partecipe <strong>di</strong> una vita nuova sul mo<strong>del</strong>lo <strong>del</strong> Risorto (Rm 6,3-5; Col 2,12; cf. 1Pt 3,18-21). È un<br />
bagno purificatore (Ef 5,26), un sigillo (2Cor 1,22; Ef 1,13; 4,30), una illuminazione (Ef 5,8-14; Eb 6,4), una<br />
circoncisione nuova che soppianta l'antica (Col 2,11-13), un lavacro <strong>di</strong> rigenerazione (Tt 3,5). Esso è segno <strong>di</strong> unità dei<br />
cr<strong>ed</strong>enti che sono chiamati a vivere la stessa vita <strong>di</strong> Cristo (Ef 4,5; Gal 3,27).<br />
Tra i mezzi <strong>del</strong>l'appropriazione personale <strong>del</strong>la salvezza si deve ancora annoverare chiaramente per Paolo l'eucaristia: la<br />
prima lettera ai Corinzi presenta la "cena <strong>del</strong> Signore" come "comunione" con il corpo e con il sangue <strong>di</strong> Cristo (1 Cor<br />
10,16) e come principio <strong>di</strong> unità <strong>del</strong>la chiesa: «Essendo uno solo il pane, noi siamo un corpo solo, sebbene in molti,<br />
partecipando tutti <strong>del</strong>lo stesso pane» (Cor 10,17). Essa è il «calice <strong>del</strong>la nuova alleanza» (Cor 11,25) che sancisce la<br />
convocazione <strong>del</strong> nuovo popolo <strong>di</strong> Dio in cammino verso la patria celeste (cf. 1Cor 10, 3-4.11-12).<br />
5. L'UOMO NUOVA CREATURA -<br />
Conseguenza <strong>del</strong>la r<strong>ed</strong>enzione attuata da Cristo è una nuova antropologia.<br />
S. Paolo non esita a <strong>di</strong>chiarare che chi entra nel raggio <strong>del</strong>l'azione salvatrice <strong>di</strong> Cristo me<strong>di</strong>ante la f<strong>ed</strong>e <strong>di</strong>venta "una<br />
nuova creatura" (Cor 5,17; Gal 6,15), ha rivestito Cristo (Gal 3,27), l'uomo nuovo (Ef 4,24; Col 3,10), acquisisce la<br />
filiazione adottiva (Gal 4,5; Rm 8,15.23; Ef 1,5) <strong>di</strong>ventando così er<strong>ed</strong>e <strong>del</strong>le promesse <strong>del</strong>la gloria messianica (Rm<br />
8,17). Chi è "in Cristo" — e la formula "in Cristo" resta emblematica <strong>di</strong> tutto l'esistere cristiano con una forte densità <strong>di</strong><br />
significato — riceve lo Spirito che gli dà la liberazione interiore dal peccato e dalle prescrizioni costringenti <strong>del</strong>la legge<br />
(Rm 8,2-3; Gal 5,1).<br />
In virtù <strong>del</strong> battesimo il cristiano forma con i suoi fratelli un corpo solo che è il "corpo <strong>di</strong> Cristo" (Cor 12,12ss; 12,27),<br />
un corpo <strong>di</strong> cui Cristo è "capo" (Col 1,18; 2,19; Ef 4,15). «Tutti voi siete figli <strong>di</strong> Dio me<strong>di</strong>ante la f<strong>ed</strong>e in Cristo Gesù.<br />
Quanti infatti siete stati battezzati in Cristo avete rivestito Cristo. Non c'è più giudeo né greco, non più servo né libero,<br />
non più uomo e donna: tutti infatti siete uno in Cristo Gesù. E se siete <strong>di</strong> Cristo siete <strong>di</strong>scendenza <strong>di</strong> Abramo, ere<strong>di</strong><br />
secondo la promessa» (Gal 3,26-29). I cr<strong>ed</strong>enti sono trasferiti «nel regno <strong>del</strong> Figlio <strong>del</strong> suo amore» (Col 1,13; cf. 1Ts<br />
2,12) <strong>ed</strong> hanno in prospettiva l'ere<strong>di</strong>tà <strong>del</strong> regno (Ef 5,5). In un passo celebre Paolo compen<strong>di</strong>a il soggetto cristiano nella<br />
triade spirito, anima e corpo: pneuma, psyche, soma (Ts 5,23).<br />
6. "CAMMINARE SECONDO LO SPIRITO" - Questo nuovo modo <strong>di</strong> essere <strong>del</strong>l'uomo si traduce spontaneamente in<br />
un nuovo modo <strong>di</strong> operare che scaturisce dalle ra<strong>di</strong>ci <strong>del</strong>l'essere rinnovato.<br />
L'etica <strong>di</strong> s. Paolo è tutta consequenziale alla nuova situazione ontologica <strong>del</strong> cristiano. Per questo in alcune lettere,<br />
come Rm, Ef, Col, le in<strong>di</strong>cazioni morali seguono la parte dottrinale espositiva. Il cristiano deve vivere in maniera degna<br />
e conforme alla vocazione a cui è stato chiamato (Ef 4,1; Col 1,10; 1Ts 2,12). «Se riceviamo vita dallo Spirito,<br />
camminiamo secondo lo Spirito» (Gal 5,25). E «il frutto <strong>del</strong>lo Spirito è amore, gau<strong>di</strong>o, pace, longanimità, benevolenza,<br />
bontà, f<strong>ed</strong>e, mitezza, temperanza » (Gal 5,22). Nella prima lettera ai Corinzi i <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni sessuali vengono combattuti<br />
riferendosi all'incorporazione dei cristiani a Cristo e alla inabitazione <strong>del</strong>lo Spirito Santo in loro (Cor 6,15-20). La catechesi<br />
battesimale che si legge nel c.6 <strong>del</strong>la lettera ai Romani parte dall'esperienza <strong>del</strong>l'inserzione in Cristo nel<br />
battesimo (aoristo passivo) per dare un'esortazione nel presente (imperativo, esortativo), prospettando un traguardo che<br />
sarà raggiunto soltanto alla fine per donazione <strong>di</strong>vina (futuro): «Siamo stati sepolti nella sua morte... consideratevi<br />
quin<strong>di</strong> morti al peccato... offrite voi stessi a Dio come viventi destati dai morti... Se siamo stati uniti a lui con la somiglianza<br />
<strong>del</strong>la sua morte, lo saremo anche con la somiglianza <strong>del</strong>la sua risurrezione» (Rm 6,4-13).<br />
Lo Spirito Santo, che è lo Spirito <strong>di</strong> Cristo, è la vera legge interiore <strong>del</strong> cristiano per s. Paolo, che v<strong>ed</strong>e adempiersi<br />
nell'età messianica il grande vaticinio <strong>di</strong> Geremia 31,31-34 e <strong>di</strong> Ezechiele 36,25-27 sulla legge nuova scritta nei cuori e<br />
sullo Spirito principio <strong>di</strong> azione interiore (cf. Rm 8,2; Eb 8,8-12; 1Ts 4,9; Gal 5,18. 22-23). La grande traiettoria etica in<br />
cui immette lo Spirito è la carità, un tema sul quale Paolo ha trovato accenti e in<strong>di</strong>cazioni insuperate; basti citare 1Cor<br />
13. «Praticando la verità nella carità cresciamo in ogni cosa in lui che è il capo, Cristo, grazie al quale tutto il corpo,<br />
compaginato e connesso, me<strong>di</strong>ante la collaborazione <strong>di</strong> ogni giuntura, secondo l'energia insita in ogni membro, realizza<br />
la sua crescita per l'e<strong>di</strong>ficazione <strong>di</strong> sé nella carità» (Ef 4,15-16).<br />
Insieme alla carità, la f<strong>ed</strong>e e la speranza formano la grande triade <strong>di</strong>stintiva <strong>del</strong>la vita cristiana che ne informa<br />
interiormente tutta l'attività (cf. 1Ts 1,3; 1Cor 13,13; Rm 5,1-5), mo<strong>di</strong>ficandone lo stile <strong>di</strong> azione e creando nuovi<br />
rapporti sociali tra padroni e schiavi (Cor 7,21-23; Fm 16), tra marito e moglie, genitori e figli (Col 3,18; Ef 5,22ss),<br />
citta<strong>di</strong>ni privati e is tituzioni pubbliche (Rm 13,1-7; 12,18), imprimendo così alle comunità cristiane un ruolo profetico<br />
<strong>di</strong> prefigurazione <strong>di</strong> una nuova umanità e <strong>di</strong> un nuovo or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> cose (cf. Fil 2,15; Col 3,14-17).<br />
7. GLI EBREI E I NON CRISTIANI <strong>–</strong> Ci si può domandare a questo punto quale sia, secondo s. Paolo, la posizione<br />
degli ebrei e dei non cristiani nei confronti <strong>del</strong>la salvezza, dal mo mento che non con<strong>di</strong>vidono la f<strong>ed</strong>e in Gesù Cristo.<br />
Il problema è <strong>di</strong>ventato attuale dopo il Vat. Il, ma si può <strong>di</strong>re che era vivo già nel cuore <strong>di</strong> Paolo che viveva<br />
quoti<strong>di</strong>anamente a contatto sia con i suoi fratelli d'Israele, nella maggioranza chiusi alla f<strong>ed</strong>e cristiana, sia con le folle<br />
incontrate nelle città greco-romane, dove la percentuale dei convertiti era così piccola da parere trascurabile. Paolo<br />
tocca esplicitamente il problema nella lettera ai Romani: «Dio darà a ciascuno secondo le sue opere, vita eterna a quelli<br />
che nella perseveranza nel bene cercano la gloria, l'onore e l'immortalità; ira e in<strong>di</strong>gnazione a quelli che vivono nella<br />
contesa e <strong>di</strong>subbi<strong>di</strong>scono alla verità ubbidendo all'ingiustizia» (Rm 2,7-9); e più oltre nello stesso capitolo: «Quando i<br />
pagani, che non hanno la legge, per natura agiscono conforme alla legge, pur non avendo la legge sono legge a se stessi;<br />
portano il dettame <strong>del</strong>la legge scritto nei loro cuori; ne danno testimonianza la loro coscienza e i giu<strong>di</strong>zi che si<br />
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accuseranno o si <strong>di</strong>fenderanno a vicenda, nel giorno in cui Dio giu<strong>di</strong>cherà i segreti degli uomini» (vv. 14-16).<br />
L'insegnamento è chiaro: ogni uomo, per natura (physei), qualunque sia la sua origine, ha la legge <strong>di</strong> Dio scritta nel<br />
cuore e se la osserva riceve la giustificazione <strong>del</strong>lo Spirito, perché vera circoncisione « non è quella esteriore, nella<br />
carne... ma quella <strong>del</strong> cuore, nello Spirito, non nella lettera; e la sua lode non viene dagli uomini, ma da Dio» (Rm 2,28-<br />
29). Ci si può domandare che cosa sia questo "dettame <strong>del</strong>la legge" (érgon tou nómou) scritto nei cuori. Quali sono gli<br />
atti dettati dal cuore che sono utili per la giustificazione e la salvezza (cf. Rm 12,26)? Riferendosi al contesto <strong>del</strong><br />
pensiero <strong>di</strong> Paolo che v<strong>ed</strong>e la quintessenza <strong>del</strong>la legge condensata nel precetto <strong>del</strong>l'amore <strong>del</strong> prossimo (cf. Rm 13,8-10;<br />
Gal 5,14), vi sono motivi sufficienti per ritenere che il "dettame <strong>del</strong>la legge", l'"opera <strong>del</strong>la legge" sia l'amore attivo <strong>del</strong><br />
prossimo, conforme alla regola d'oro che si trova nel NT (Mt 7,12), nell'At (Lv 19,18; Tb 4,15) e in tutte le gran<strong>di</strong> religioni.<br />
Più articolato e sofferto in Paolo è il problema degli ebrei che non hanno aderito alla f<strong>ed</strong>e nel Signore Gesù. Ne tratta<br />
ampiamente nei cc. 9-11 <strong>del</strong>la lettera ai Romani. «Provo un dolore grande e una sofferenza continua nel mio cuore;<br />
vorrei essere io stesso mal<strong>ed</strong>etto da Cristo a favore dei miei fratelli, miei connazionali secondo la carne, i quali sono<br />
israeliti e possi<strong>ed</strong>ono l'adozione in figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse, i patriarchi e dai<br />
quali proviene Cristo secondo la carne» (Rm 9,1-5). Che cosa <strong>di</strong>ce in sostanza Paolo degli ebrei? Essi sono la "primizia<br />
santa", la "ra<strong>di</strong>ce santa", l’”ulivo buono" sul quale le genti sono state innestate (Rm 11,16.24). Ora la parola <strong>di</strong> Dio non<br />
è venuta meno (Rm 9,6), Dio non ha ripu<strong>di</strong>ato il suo popolo (Rm 11,1), irrevocabili sono i doni e la chiamata <strong>di</strong>vina<br />
(Rm 11,29). Ciò significa che l'antica alleanza non è mai stata abolita e che il <strong>di</strong>segno <strong>di</strong>vino sul suo popolo si compirà.<br />
Ché se la loro caduta è stata occasione <strong>di</strong> salvezza per le genti, «che cosa non sarà la loro pienezza?» (Rm 11,11).<br />
E qui viene la misteriosa affermazione: il loro accecamento parziale è avvenuto finché non sia entrata la pienezza <strong>del</strong>le<br />
genti, «e allora tutto Israele conseguirà la salvezza... E come voi un tempo siete stati <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>enti a Dio <strong>ed</strong> ora avete<br />
ottenuto misericor<strong>di</strong>a per la loro <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>enza, così anch'essi ora sono stati <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>enti per la misericor<strong>di</strong>a usata<br />
verso <strong>di</strong> voi, al fine <strong>di</strong> ottenere anch'essi ora misericor<strong>di</strong>a» (Rm 11, 26.30-31).<br />
8. IL MINISTERO DEGLI APOSTOLI -<br />
La r<strong>ed</strong>enzione e la salvezza vengono offerte agli uomini nella storia attraverso il ministero degli apostoli, «ministri <strong>di</strong><br />
Cristo e <strong>di</strong>spensatori dei misteri <strong>di</strong> Dio» (1Cor 4,1).<br />
La chiesa è chiamata a comunicare a tutti gli uomini la «multiforme sapienza <strong>di</strong> Dio» (Ef 3,10), e s. Paolo ha la<br />
coscienza <strong>di</strong> essere stato chiamato, lui «il più piccolo <strong>di</strong> tutti i santi, ad annunciare alle genti la ricchezza infinita <strong>di</strong><br />
Cristo e illuminare tutti sulla comunicazione <strong>del</strong> mistero nascosto da secoli in Dio creatore <strong>del</strong>l'universo» (Ef 3,9).<br />
Molteplici e <strong>di</strong>verse sono le funzioni affidate alla chiesa a questo scopo. «Egli (Cristo) pose alcuni apostoli, altri profeti,<br />
altri evangelisti, altri pastori e maestri... per e<strong>di</strong>ficare il corpo <strong>di</strong> Cristo, finché arriviamo tutti all'unità <strong>del</strong>la f<strong>ed</strong>e e <strong>del</strong>la<br />
conoscenza <strong>del</strong> Figlio <strong>di</strong> Dio» (Ef 3,11-13). Nel <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> Dio la salvezza è legata all'evangelizzazione (cf. 1Ts 2,16)<br />
che si serve <strong>del</strong>le Scritture (Rm 16,25-26) per far nascere la f<strong>ed</strong>e in tutte le genti, ma l'evangelizzazione suppone<br />
l'attività dei missionari: «Infatti chiunque invocherà il nome <strong>del</strong> Signore sarà salvato. Ma come potranno invocarlo<br />
senza avere cr<strong>ed</strong>uto? E come potranno cr<strong>ed</strong>ere senza u<strong>di</strong>re? E come potranno u<strong>di</strong>re senza chi lo annunzi? E come lo<br />
annunzieranno se non vengono inviati?» (Rm 10,13-14).<br />
Quanto a Paolo, è assillato dall'urgenza <strong>di</strong> annunciare il vangelo: «messo da parte per il vangelo <strong>di</strong> Dio» (Rm 1,1),<br />
poss<strong>ed</strong>uto e spinto dall'amore <strong>di</strong> Cristo (2Cor 5,14), ha cr<strong>ed</strong>uto e perciò parla (2Cor 4,13), "necessità" lo spinge, «e guai<br />
a me se non pre<strong>di</strong>co il vangelo» (1Cor 10,16). Appare <strong>di</strong> qui l'importanza fondamentale <strong>del</strong>la "parola" <strong>del</strong>l'annuncio, in<br />
or<strong>di</strong>ne alla <strong>di</strong>ffusione <strong>del</strong>la salvezza (1Ts 1,5; 2,1-12; 1Cor 2,1-5).<br />
Depositari <strong>del</strong>la "parola <strong>del</strong>la riconciliazione" (2Cor 5,19), gli apostoli ne esercitano il ministero in qualità <strong>di</strong><br />
"collaboratori <strong>di</strong> Dio" (2Cor 5,18; 6,1). Nelle lettere pastorali vengono impartite <strong>di</strong>sposizioni perché la "parola" venga<br />
trasmessa fe<strong>del</strong>mente nelle generazioni che verranno, fino all'avvento <strong>del</strong> Signore. Si legge nella seconda lettera a<br />
Timoteo: «Tu dunque, o figlio mio, pren<strong>di</strong> forza nella grazia <strong>di</strong> Cristo e le cose che hai u<strong>di</strong>to da me sulla parola <strong>di</strong> molti<br />
testimoni trasmettile a persone fidate, le quali siano in grado <strong>di</strong> istruire altri a loro volta» (2Tm 2,1-2; cf. 4,1; Tt 1,9;<br />
1Tm 3,2).<br />
Subor<strong>di</strong>natamente alla "parola" anche il battesino e la cena <strong>del</strong> Signore annunciano <strong>ed</strong> attualizzano la morte <strong>di</strong> Cristo e i<br />
cr<strong>ed</strong>enti sono chiamati a prendervi parte per <strong>di</strong>ventare partecipi <strong>del</strong>la sua risurrezione (1Cor 11,26; Rm 6,5).<br />
Anche se le lettere <strong>di</strong> Paolo non offrono molte in<strong>di</strong>cazioni a questo riguardo, non vi può essere dubbio sulla funzione<br />
soteriologica <strong>di</strong> questi atti sacramentali <strong>del</strong>la chiesa primitiva.<br />
IV - <strong>PAOLO</strong> E GESÙ<br />
La persona e l'opera <strong>di</strong> Gesù dominano la vita e il pensiero <strong>di</strong> Paolo <strong>ed</strong> hanno ragione i critici che v<strong>ed</strong>ono nella cristologia<br />
la "struttura fondamentale" <strong>del</strong> suo pensiero. Tuttavia si impongono qui due constatazioni che da più <strong>di</strong> un secolo<br />
stimolano l'interesse degli stu<strong>di</strong>osi. La prima è che Paolo non rivela grande interesse per la biografia storica <strong>di</strong> Gesù; la<br />
sua attenzione si concentra tutta sul duplice evento <strong>del</strong>la morte e risurrezione. La seconda è che, mentre Gesù annuncia<br />
l'imminenza e la venuta <strong>del</strong> regno <strong>di</strong> Dio, Paolo pre<strong>di</strong>ca che la morte e la risurrezione <strong>di</strong> Gesù sono l'evento capitale<br />
<strong>del</strong>la storia e che nel Cristo morto e risorto Dio salva per grazia tutti gli uomini.<br />
L'una e l'altra constatazione meritano qualche <strong>del</strong>ucidazione, mentre ha minore importanza l'interrogativo, al quale si<br />
risponde per lo più negativamente, se Paolo abbia conosciuto Gesù durante la sua vita terrena. Non lo si può arguire<br />
dall'affermazione <strong>di</strong> 2Cor 5,16: «Anche se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo conosciamo più<br />
così». Lo scarso interesse <strong>di</strong> Paolo per la biografia terrena <strong>di</strong> Gesù e la concentrazione <strong>del</strong>la sua riflessione sulla morte-<br />
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risurrezione hanno indotto critici come F.C. Baur e W. Wr<strong>ed</strong>e a contrapporre Paolo a Gesù, facendo <strong>di</strong> lui il "secondo<br />
fondatore <strong>del</strong> cristianesimo", colui che avrebbe trasformato il puro "messaggio morale" <strong>del</strong> vangelo in un culto<br />
misterico.<br />
A tali posizioni hanno aderito in passato anche critici italiani, come Santangelo e Omodeo. Da esse <strong>di</strong>pende F.<br />
Nietzsche nella sua violenta polemica antipaolina. Ma progressivamente la critica si è liberata da tali ideologie, già con<br />
A. Schweitzer, W. Heitmüller e poi con R. Bultmann, per il quale «la cosa decisiva che Gesù attende, per Paolo si è già<br />
compiuta». Paolo v<strong>ed</strong>e come presente o come un presente cominciato nel passato ciò che per Gesù è futuro (La<br />
signification du Jésus historique pour la théologie de St. Paul in Foi et compréhension, I, Parigi 1970, pp. 211-238). I<br />
<strong>di</strong>scepoli <strong>di</strong> Bultmann, tra cui E. Käsemann e G. Bornkamm, perfezionando le indagini hanno fatto rilevare la continuità<br />
tra l'annuncio <strong>di</strong> Gesù e la pre<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> Paolo, sottolineando come Gesù abbia presentato già chiaramente se stesso<br />
come punto <strong>di</strong> incontro tra gli uomini e Dio (cf. Le 12,8-9; 14,26), abbia avuto coscienza <strong>di</strong> sé quale Figlio <strong>di</strong> Dio (cf.<br />
Mc 14,36), rivelandosi superiore alla legge (cf. Mt 5,21ss) e con il potere <strong>di</strong> rimettere i peccati (Lc 11,20).<br />
Se poi si tiene presente che tra la pre<strong>di</strong>cazione "prepasquale" <strong>di</strong> Gesù e la teologia <strong>di</strong> s. Paolo è avvenuta la morte e la<br />
risurrezione <strong>di</strong> Gesù, il dono <strong>del</strong>lo Spirito a pentecoste, la formulazione <strong>del</strong> kerygma primitivo e l'esperienza<br />
<strong>del</strong>l'effusione <strong>del</strong>lo Spirito anche sulle genti (cf. At 10,47-48), il rapporto tra la cristologia implicita <strong>di</strong> Gesù e quella<br />
esplicita <strong>di</strong> Paolo appare in termini <strong>di</strong> sostanziale continuità storica. «Il Cristo cr<strong>ed</strong>uto e proclamato da s. Paolo non è<br />
altro dal Gesù manifestatosi nel suo <strong>di</strong>re e nel suo fare... L'evento nuovo <strong>del</strong>la risurrezione, che separa Gesù da Paolo e<br />
dal cristianesimo primitivo, non costituisce solo l'esplosione <strong>del</strong>le forze <strong>del</strong> nuovo mondo nel Risorto, <strong>di</strong>ventato perciò<br />
"spirito creatore <strong>di</strong> vita" (pneúma zoopoioún, 1Cor 15,45), ma anche la legittimazione <strong>del</strong> potere <strong>di</strong>vino <strong>ed</strong> escatologico<br />
(exousia) <strong>di</strong> perdonare i peccati riven<strong>di</strong>cato dal Gesù storico (Mc 2,10) e incarnato nella sua con<strong>di</strong>visione <strong>del</strong>la mensa<br />
dei peccatori (cf. Mc 2,15-17; Lc 19,1-10). D'altra parte si spiega il <strong>di</strong>sinteresse <strong>di</strong> Paolo per quanto il Nazareno ha detto<br />
e fatto. Privo <strong>del</strong>l'esperienza dei <strong>di</strong>scepoli storici, fattosi cristiano e apostolo in forza <strong>del</strong>la "visione" <strong>del</strong> Risorto, inserito<br />
nel cristianesimo <strong>di</strong> lingua greca <strong>del</strong>la Siria, egli ha concentrato tutta la sua attenzione sulla morte e risurrezione <strong>di</strong><br />
Cristo, vertice <strong>del</strong>la rivelazione (apokalypsis) <strong>del</strong> Padre <strong>di</strong> Gesù. Gli bastava mantenere e sottolineare che il Risorto,<br />
visto con gli occhi <strong>del</strong>la f<strong>ed</strong>e, è per identità personale Gesù <strong>di</strong> Nazaret finito in croce» (G. Barbaglio, o.c., p. 250). In<br />
altre parole, tra Gesù terreno e Paolo si collocano la morte e la risurrezione <strong>di</strong> Gesù, culmine <strong>del</strong>la sua vita e principio<br />
<strong>del</strong> mondo nuovo. La comunità primitiva formulando l'annuncio evangelico aveva ad<strong>di</strong>tato qui il car<strong>di</strong>ne <strong>del</strong>l'evento<br />
messianico e il compimento <strong>del</strong> <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> Dio per gli uomini: Gesù è morto "per noi", "per gli empi", "per i nostri<br />
peccati", "per tutti" (formule hypér). Paolo si è impadronito <strong>di</strong> questa formula (cf. 1Cor 1,13; 11,24; 2Cor 5,14.15.21;<br />
Gal 1,4; 2,20; 3,13; Rm 5,6-8; 8,32; 14,15; Col 1,24; Ef 5,2.25), puntando secondo il suo genio all'essenziale e ne ha<br />
fatto praticamente la base <strong>di</strong> tutta la sua cristologia. Tra Gesù e Paolo si pone così quale anello <strong>di</strong> congiunzione la comunità<br />
cristiana primitiva, con la quale l'apostolo con<strong>di</strong>vide la f<strong>ed</strong>e e la pre<strong>di</strong>cazione, anche se il suo speciale carisma e<br />
la vocazione lo hanno condotto a sviluppare aspetti propri.<br />
V - <strong>PAOLO</strong> NELLA CHIESA<br />
La presenza <strong>di</strong> Paolo nella chiesa è sempre stata stimolante e tale risulta fin dalle origini cristiane. Si è già detto <strong>del</strong>la<br />
seconda lettera <strong>di</strong> Pietro, dove Pietro si appoggia a Paolo riconoscendo l'autorità (3,15-16) <strong>del</strong> "carissimo fratello".<br />
Analogo abbinamento a Pietro <strong>ed</strong> esaltazione <strong>del</strong>la loro autorità nella Prima lettera ai Corinzi <strong>di</strong> Clemente e nella<br />
Lettera ai Romani <strong>di</strong> Ignazio <strong>di</strong> Antiochia. Policarpo si riferisce ripetutamente a Paolo nella Seconda lettera alla chiesa<br />
<strong>di</strong> Filippi, confessando <strong>di</strong> non «poter mai avvicinarsi alla sapienza <strong>del</strong> beato e glorioso Paolo». L'Epistola Apostolorum,<br />
un apocrifo scritto negli anni 160-170, ne tesse l'apologia sottolineandone l'investitura <strong>di</strong>vina; la Lettera a Diogneto<br />
mostra una profonda conoscenza e assimilazione <strong>del</strong> pensiero paolino; la Lettera <strong>di</strong> Barnaba <strong>di</strong>mostra una sicura<br />
conoscenza <strong>del</strong> suo insegnamento, mentre nessun accenno a Paolo si trova nella Didachè. Silenzio intenzionale o<br />
casuale? Vi sono ragioni <strong>di</strong> porsi questa domanda, perché proprio nel II secolo Paolo si trova al centro <strong>del</strong>le gran<strong>di</strong><br />
controversie cristiane, riven<strong>di</strong>cato od osteggiato dalle correnti marginali <strong>ed</strong> ereticali.<br />
Così verso la metà <strong>del</strong> II secolo Marcione se ne appropriò in maniera massimalistica, facendosi fautore <strong>di</strong> un paolinismo<br />
esasperato che ra<strong>di</strong>calizzava l'antitesi vangelo-legge, contrapponendolo a Pietro e agli altri apostoli giudaizzanti.<br />
Nello stesso periodo gli gnostici lo riven<strong>di</strong>cavano per sé, sfruttando alcune sue espressioni, come "eoni", "pleroma",<br />
"psichico-pneumatico", "gnosi", "culto spirituale", "<strong>di</strong>scesa" sulla terra, "ultimo Adamo", ecc. Sulla sponda opposta<br />
gruppi <strong>di</strong> giudeo-cristiani ai margini <strong>del</strong>la grande chiesa, che riven<strong>di</strong>cavano l'osservanza <strong>del</strong>le prescrizioni <strong>del</strong>la legge<br />
(ebioniti, elcesaiti, ecc.), lo rigettano e lo scomunicano inappellabilmente, qualificandolo, come le Pseudoclementine,<br />
"inimicus homo", "inimicus ille homo".<br />
Contro i due estremi <strong>del</strong>l'antipaolinismo dei giudeocristiani e <strong>del</strong> paolinismo massimalista <strong>di</strong> Marcione e degli gnostici<br />
levò vigorosamente la voce verso la fine <strong>del</strong> II secolo Ireneo <strong>di</strong> Lione, <strong>di</strong>mostrando la sintonia <strong>del</strong>l'Apostolo con i<br />
vangeli, gli Atti e le Scritture ebraiche. Ecco come si esprime alla conclusione <strong>del</strong> IV libro <strong>del</strong>l'Adversus haereses:<br />
«Dobbiamo ancora aggiungere, dopo le parole <strong>del</strong> Signore, le parole <strong>di</strong> Paolo, esaminare il suo pensiero, esporre<br />
l'Apostolo, chiarire tutto ciò che dagli eretici, i quali non capiscono affatto quello che ha detto Paolo, ha ricevuto altre<br />
interpretazioni, mostrare la stupi<strong>di</strong>tà <strong>del</strong>la loro follia e <strong>di</strong>mostrare, proprio a partire da Paolo, dal quale derivano le loro<br />
obiezioni contro <strong>di</strong> noi, che essi sono mentitori, mentre l'Apostolo, araldo <strong>del</strong>la verità, ha insegnato tutte le cose in<br />
pieno accordo con la pre<strong>di</strong>cazione <strong>del</strong>la verità» (o.c., IV, 41,4).<br />
Da allora Paolo continua la sua presenza <strong>di</strong>namica nella chiesa. Senza <strong>di</strong> lui non sarebbe pensabile né la teologia<br />
cristiana né la storia stessa <strong>del</strong> cristianesimo. Basti pensare all'influsso esercitato dalla sola lettera ai Romani sulla storia<br />
spirituale <strong>del</strong>l'Occidente.<br />
<strong>Nuovo</strong> <strong>Dizionario</strong> <strong>di</strong> <strong>Teologia</strong> <strong>Biblica</strong> <strong>–</strong> <strong>ed</strong>. Paoline