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CEnTO AnnI - Associazione Italiana Arbitri

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Lettera d’elogio di Mussolini agli arbitri<br />

non A.I.A. MA C.I.T.A. - Il radicale cambiamento<br />

naturalmente riguardò anche l’AIA che fu privata della<br />

democratica elezione dei propri dirigenti, ma conservò<br />

il rispetto dell’autonomia tecnica attestata dalla stessa<br />

nuova denominazione di Comitato Italiano Tecnico<br />

Arbitrale (C.I.T.A.) e fieramente presidiata dalla grande<br />

statura di dirigente di Giovanni Mauro confermato alla<br />

presidenza.<br />

Presidente della Federazione fu nominato Leandro<br />

Arpinati, uno degli esponenti più in vista del partito e del<br />

governo, sicuramente sportivo ma di carattere autoritario<br />

come affermò fin dal suo primo atto con il trasferimento<br />

della sede federale da Torino a Bologna, sua città, e l’anno<br />

dopo intervenendo drasticamente con la revoca dello<br />

scudetto al Torino in seguito allo scandalo Allemandi: la<br />

sua fu una sentenza senza appello, ma decisa con assoluta<br />

imparzialità poiché si rifiutò di assegnarlo al Bologna,<br />

secondo classificato.<br />

32<br />

n. 1/2011<br />

L’illecito di Torino fu la spia di un mondo del calcio in<br />

cui sempre più si diffondeva il tarlo dell’affarismo e ad<br />

essere più esposto era indubbiamente il fronte arbitrale.<br />

Tanto ne era consapevole il presidente Mauro che agli<br />

arbitri riuniti a Piacenza, nel 1929, indirizzò un messaggio<br />

che è rimasto memorabile. Fra l’altro ammonì: “L’arbitro<br />

è come la moglie di Cesare. Troppe passioni, oggi giorno<br />

anche troppo denaro inquinano il mondo del calcio. E<br />

di conseguenza grandi i pericoli: forse più che non le<br />

tentazioni di Sant’Antonio: continuo il sospetto, rinfocolate<br />

le maldicenze. Non voglio erigermi a predicare la moralità.<br />

Sappiano e ricordino soltanto, i miei colleghi, che non basta<br />

essere arbitri di grido sui campi, bisogna sovra tutto essere<br />

uomini onesti nella vita privata, uomini che sanno trarre<br />

dal proprio lavoro i mezzi più chiari di esistenza e che con<br />

l’indipendenza e la dignità del carattere sanno dare a tutto<br />

il mondo sportivo garanzia di lealtà. E, infine, un ultimo<br />

accorgimento: sappiano gli arbitri, che hanno veramente<br />

Testimonianza sulla costituzione dell’AIA tratta dalla Rivista “Lettura Sporti-<br />

va” del 16 dicembre 1911

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