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difesa della tradizione<br />

pag 6<br />

nella tradizione popolare i riti di iniziazione<br />

le fiabe: un esempio<br />

pag 8<br />

mutinis-priapus:divinità minore?<br />

pag 10<br />

l’iniziazione come pratica di conoscenza<br />

rivoluzione e tradizione<br />

pag16<br />

il mito, la stirpe, il paesaggio<br />

attualità<br />

pag 24<br />

la democrazia. questa bella parola<br />

pag 26<br />

trasporti europei. alternative possibili<br />

pag30<br />

ecstasy e trafficanti israeliani<br />

pag34<br />

Asia Centrale. l’ambito forziere<br />

pag 36<br />

la manipolazione<br />

pag38<br />

friends?<br />

storia e controstoria<br />

pag 44<br />

il mistero di nuova berlino<br />

prima parte<br />

pag48<br />

il mistero di nuova berlino<br />

seconda parte<br />

pag50<br />

un momentito por favor<br />

pag54<br />

donne nella storia<br />

viaggi e resoconti<br />

pag60<br />

i monti martani tra storia e leggenda<br />

recensioni<br />

pag66<br />

L’invenzione dell’antico Israele.<br />

La storia negata della Palestina<br />

pag72<br />

Note sul Pitagora di Rostagni.<br />

Dottrina degli elementi, metempsicosi,<br />

metacosmesi.<br />

pag76<br />

La colonna sonora del “Tramonto dell’occidente”:<br />

Death in June<br />

in lingua<br />

pag80<br />

L’invention de l’ancien Israël”. “L’histoire niée de la Palestine<br />

pag86<br />

RELATIONS BETWEEN<br />

THE UNITED STATES<br />

AND THE GERMAN III REICH (1929-1942)<br />

pag98<br />

Deutsche Kriegsmarine<br />

pag100<br />

spirit di bellatrix<br />

<strong>thule</strong> <strong>italia</strong><br />

editoriale<br />

Lodovico Ellena<br />

mensile<br />

anno IV<br />

Febbraio/Marzo 2006<br />

distribuzione gratuita interna<br />

fotocomposto in proprio<br />

progetto grafico e copertina:<br />

Antonello Molella (atanordesign.com)<br />

illustrazione copertina:<br />

“The March of Ent” David Day<br />

E’<br />

semplicemente sconcertante<br />

constatare a<br />

quale punto sia arrivata<br />

l’assenza di coscienza<br />

e di memoria non<br />

tanto del cosiddetto<br />

popolino, quanto di quelli che invece le<br />

cose le conoscono e anche molto bene.<br />

Ma è ancora più sconcertante constatare<br />

quanto la rimozione dei fatti e della verità<br />

sia ormai un assodato contro valore di<br />

questa società dell’immagine e dell’effimero.<br />

Si prendano a questo proposito<br />

due casi emblematici, Fini e Che Guevara,<br />

e li si guardi con un briciolo di attenzione.<br />

Fini è stato per anni a capo di un<br />

partito che si è ispirato a noti valori e ad<br />

altrettanti noti riferimenti fino a quando,<br />

con la cosiddetta “svolta di Fiuggi”, ha cominciato<br />

un processo che lo ha portato<br />

a sostenere l’esatto contrario di ciò che<br />

egli stesso aveva predicato per anni. Non<br />

soltanto - e non sarà certo qui il caso di<br />

ripercorrere i mille fatti e contraffatti che<br />

in merito abbondano fonti -, ma addirittura<br />

in alcuni casi il medesimo è giunto<br />

a compiere gesti e prendere posizioni di<br />

cui nessuno (nemmeno dei “suoi”) avvertiva<br />

necessità alcuna, quali ad esempio la<br />

genuflessa conversione politica e insieme<br />

religiosa. Curioso. Singolare. Suggestivo.<br />

Facile rispondere al perché di tale necessità<br />

da parte sua, meno facile comprendere<br />

invece quanto le masse a ciò non<br />

prestino minima attenzione, disattenzione<br />

ben nota e assai utile agli scafati<br />

politici di casa nostra. E qui sta il punto:<br />

l’abile riconversione in dollari di ciò che<br />

indifferenza e nescienza riconsegnano,<br />

ovvero il democratico consenso sul quale<br />

questa classe politica ha costruito fortune<br />

proprie e sfortune altrui. E’ infatti noto che<br />

la stragrande maggioranza del popolo si<br />

occupi del problema del voto soltanto<br />

nelle settimane precedenti, quando cioè<br />

il fatto diventa il “grande fratello” di turno<br />

sulla bocca di tutti. Ed è soprattutto in<br />

questa fase che la partita politica si gioca;<br />

i media abbondano di volti rassicuranti,<br />

convincenti, tranquillizzanti. E tu valla<br />

a raccontare che in mezzo a questi visi<br />

pallidi si celano invece volpi, venditori di<br />

fumo, opportunisti disposti a qualunque<br />

cosa per un grammo di potere: parole<br />

note e arcinote, trite e ritrite eppure grazie<br />

a smemoria e apparenza è proprio tali<br />

sostanze umane che il sistema rinnova.<br />

Sono infatti infiniti i votanti che spesso<br />

non sanno cosa e perché scelgono, così<br />

delegando recipienti umani perché “parla<br />

bene”, “presenta bene”, “veste bene”, “piace<br />

alle donne” o, più raramente, “ha argomenti”.<br />

Se poi questi ultimi siano l’esatto contrario<br />

di quelli che lo hanno portato fino<br />

a lì nulla conta, ciò che invece importa è<br />

l’aspetto, la superficie. Non è un caso che<br />

agli appuntamenti più importanti questi<br />

personaggi si presentino abbronzati al<br />

punto giusto, cotti quanto basta per piacere<br />

a masse belanti, le stesse poi che trascorrono<br />

parte dell’esistenza ad assistere<br />

a negazioni dell’intelligenza più elemen-<br />

tare quali “l’isola dei famosi”. Sono elettori<br />

in fin dei conti, purtroppo quelli che poi<br />

alla fine andranno democraticamente a<br />

determinare l’assetto politico del paese. E<br />

gente come Fini, vuoi per il look (parola<br />

odiosa…), per la pacatezza dei toni, per la<br />

giusta cottura, per la retorica o per la voce<br />

rassicurante e famigliare simile a quella<br />

di Mike Buongiorno, si impone. E chi se<br />

ne frega se affermò che avrebbe portato<br />

il fascismo nel Duemila o che volò con<br />

Le Pen a p<strong>org</strong>ere solidarietà a Saddam,<br />

e chi se ne impipa se il grande statista a<br />

cui si riferiva diventò in un minuto il male<br />

assoluto, e se dopo avere detto tutto e il<br />

contrario di tutto oggi pontifica contro i<br />

“voltagabbana”. Lui. Ma si sa, è cosa nota,<br />

parte consistente della massa è attratta<br />

da fuochi d’artificio e cotillon prima che<br />

coerenza, determinazione, progetti: per<br />

questa ragione ogni popolo ha il governo<br />

che si merita. Infinita, ripetente, disperata,<br />

ancora espressione del nulla.<br />

E “mutatis mutandis” ovvero cambiando<br />

ciò che va cambiato, stesso dicasi per<br />

uno dei miti del XXI secolo: Che Guevara.<br />

Uomo-icona celebrato e reso immagine<br />

per manifestazioni gay e pacifiste fu, per<br />

paradosso, sterminatore di omosessuali<br />

e feroce assassino: “serial killer” lo hanno<br />

recentemente definito alcuni parenti delle<br />

sue vittime in un’intervista al Corriere<br />

della Sera. Guevara l’eroe romantico, il<br />

guerrigliero in lotta contro l’ingiustizia<br />

nel mondo, difensore di poveri ed oppressi,<br />

il rivoluzionario incorrotto fu in realtà<br />

tutto il contrario di questo, eppure bastò<br />

una sua fotografia (scattata da Alberto<br />

Korda, tramite la quale Feltrinelli fece palate<br />

di soldi alla faccia dei “compagni”) a<br />

santificarlo nell’immaginario collettivo.<br />

Ora, che il popolo abbia bisogno di miti<br />

e riferimenti è sacrosanto e legittimo, ma<br />

che questi vadano tributati a personaggi<br />

belli in fotografia ce ne passa. E intanto<br />

l’equivoco rimane e della realtà e dei fatti<br />

invece chissenefrega. Sui crimini di Guevara<br />

esiste una discreta letteratura. Sappiamo<br />

che faceva fucilare omosessuali,<br />

dissidenti ed oppositori. Sappiamo che<br />

la sua missione in Bolivia fu una inconcludente<br />

Armata Brancaleone. Sappiamo<br />

che come ministro dell’economia fu un<br />

fallimento e che divenne tale perché alla<br />

domanda di Castro se tra i rivoluzionari<br />

ci fosse stato un economista, lui fraintendendo<br />

la parola “economista” con “comunista”<br />

alzò la mano e tanto bastò. Con<br />

conseguenze disastrose. E sappiamo che<br />

quasi 300 (trecento) uomini furono da lui<br />

ammazzati o dietro suo ordine: gay, oppositori,<br />

dissidenti. Eppure grazie ad una<br />

fotografia che lo ritrasse con sguardo assorto<br />

e magnetico, grazie ad un basco con<br />

stella che ha acceso farneticanti fantasie<br />

di masse poco propense all’uso di occhi<br />

e cervello, Che Guevara è diventato icona<br />

di gay e pacifisti. E ci sarebbe altro da raccontare<br />

sul conto di questo sconclusionato<br />

eroe in calzamaglia, ma verità e storia<br />

sembrano oggi essere dettagli ormai del<br />

tutto ininfluenti.

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