Antropologia e pedagogia a Roma da Giuseppe ... - Aracne Editrice
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FURIO PESCI<br />
<strong>Antropologia</strong> e <strong>pe<strong>da</strong>gogia</strong> a <strong>Roma</strong><br />
<strong>da</strong> <strong>Giuseppe</strong> Sergi a Maria Montessori<br />
Letture per il laboratorio di Storia della Pe<strong>da</strong>gogia<br />
ARACNE
Copyright © MMII, ARACNE EDITRICE S.R.L.<br />
00173 <strong>Roma</strong>, via R. Garofalo, 133 a–b<br />
tel. 06 93781065 – fax 06 72678427<br />
www.aracneeditrice.it<br />
info@aracneeditrice.it<br />
isbn 88-7999-430-1<br />
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,<br />
di riproduzione e di a<strong>da</strong>ttamento anche parziale,<br />
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.<br />
I edizione: ottobre 2002
Indice<br />
7 Introduzione<br />
Capitolo I<br />
17 <strong>Giuseppe</strong> Sergi tra antropologia e <strong>pe<strong>da</strong>gogia</strong><br />
17 L’educazione del “carattere”<br />
come dimensione globale della formazione<br />
47 I “pensieri” sull’educazione<br />
80 Problemi della scuola popolare<br />
83 Cominciare <strong>da</strong>ll’infanzia per riformare<br />
complessivamente il sistema formativo<br />
Capitolo II<br />
101 I fattori sociali della follia e il problema dell’educazione<br />
nella concezione di Clodomiro Bonfigli<br />
Capitolo III<br />
137 La “psicologia pe<strong>da</strong>gogica” nell’insegnamento<br />
di Sante De Sanctis alla Scuola Magistrale Ortofrenica<br />
137 La formazione psicologica degli educatori<br />
e l’esigenza di rifon<strong>da</strong>re la <strong>pe<strong>da</strong>gogia</strong> su basi scientifiche<br />
183 1922-23. Il dibattito sulla riforma della scuola<br />
e la presa di posizione del De Sanctis<br />
Capitolo IV<br />
201 Le lezioni di antropologia di Maria Montessori<br />
e la loro dimensione pe<strong>da</strong>gogica<br />
241 Nota bibliografica<br />
5
Introduzione<br />
Questo volume nasce <strong>da</strong>ll’esigenza duplice di approfondire un<br />
filone di ricerche in corso <strong>da</strong> alcuni anni presso la cattedra di storia<br />
della <strong>pe<strong>da</strong>gogia</strong> della Facoltà di Filosofia della “Sapienza” sulla<br />
scuola antropologica romana e di offrire, nel contempo, agli studenti<br />
dei corsi di scienze della formazione un primo accostamento a testi e<br />
documenti di rilevanza storico-educativa.<br />
L’antropologia fu, com’è ben noto, una delle discipline<br />
scientifiche più coltivate nel panorama della cultura positivistica di<br />
fine Ottocento e vantò alcuni tra i suoi principali esponenti proprio in<br />
Italia; Cesare Lombroso fu, forse, il più noto anche al di fuori della<br />
cerchia dei ricercatori, le sue opere furono pubblicate in grandi<br />
tirature, ristampate più volte e circolarono anche all’estero. Ma oltre al<br />
Lombroso, che ebbe il merito di sollecitare con le sue in<strong>da</strong>gini una<br />
considerazione più problematica del disagio mentale e di fenomeni<br />
sociali come, soprattutto, il crimine, vi furono in Italia anche altri<br />
studiosi che riscossero ampia considerazione a livello internazionale.<br />
Tra loro spicca il nome di quello che si può considerare come il<br />
capofila della ricerca antropologica all’Università di <strong>Roma</strong>, <strong>Giuseppe</strong><br />
Sergi, meno noto e, si può dire, anche meno ricor<strong>da</strong>to e studiato del<br />
suo contemporaneo Lombroso, ma non per questo meno ricco di lati<br />
interessanti e meritevole, invece, di una più attenta considerazione<br />
storica.<br />
Certamente, il vasto campo delle ricerche antropologiche<br />
condotte in Italia e in Europa tra fine Ottocento e primi del Novecento<br />
appartiene alla storia delle scienze naturali, della medicina e della<br />
psicologia, più che a quella dell’educazione e della <strong>pe<strong>da</strong>gogia</strong>. Ed<br />
effettivamente sono stati gli studiosi della storia di quelle discipline a<br />
sviluppare gli studi più approfonditi sulle figure qui menzionate e su<br />
quelle che saranno oggetto dei saggi contenuti in questo volume.<br />
Tuttavia, l’opera di Sergi e degli altri esponenti di primo piano<br />
dell’antropologia romana (Bonfigli, Montesano, De Sanctis e la stessa<br />
Maria Montessori che ebbe legami profondi con questo gruppo di<br />
studiosi soprattutto negli anni della sua formazione universitaria e in<br />
quelli delle sue prime ricerche e iniziativa in campo educativo) riveste<br />
7
8<br />
un rilievo non secon<strong>da</strong>rio anche nello specifico campo<br />
dell’educazione e della <strong>pe<strong>da</strong>gogia</strong>.<br />
Uno degli scopi di questo volume consiste precisamente nel<br />
tentativo di cogliere la dimensione dell’interesse pe<strong>da</strong>gogico presente<br />
nell’opera degli studiosi sopra citati, dimensione che fu tutt’altro che<br />
trascurabile, avendo ciascuno di essi, e soprattutto <strong>Giuseppe</strong> Sergi,<br />
dedicato scritti numerosi e talvolta non solo d’occasione, ma studi<br />
sistematici, ai problemi dell’educazione e della scuola del loro tempo.<br />
Anzi, la stessa direzione prevalente della loro in<strong>da</strong>gine scientifica,<br />
vale a dire lo studio delle cosiddette “degenerazioni della razza”, sia<br />
sul piano fisico sia sul piano psichico, aveva in sé una serie di<br />
conseguenze di carattere direttamente e decisamente pe<strong>da</strong>gogico 1 .<br />
In particolare, fin <strong>da</strong>gli anni Ottanta dell’Ottocento, gli<br />
antropologi romani, in questo distinguendosi anche <strong>da</strong>gli altri<br />
antropologi loro contemporanei, indicarono con chiarezza e, anzi,<br />
sottolinearono l’importanza di quelli che chiamavano i “fattori sociali<br />
della follia”, riconoscendo che di fronte a queste problematiche, allora<br />
considerate, non senza un certo allarmismo, il rimedio poteva venire<br />
più <strong>da</strong>lla prevenzione che <strong>da</strong>l trattamento clinico.<br />
Sulla base di questa convinzione, determinata <strong>da</strong>llo stesso<br />
lavoro scientifico di questi studiosi e rafforzata <strong>da</strong>lle scelte, per così<br />
dire, d’orientamento politico compiute <strong>da</strong> alcuni di loro (Sergi, ad<br />
esempio, pur senza appartenere ad alcuno schieramento ideologico<br />
collaborerà più volte con circoli culturali d’area socialista; Bonfigli,<br />
che diverrà parlamentare, pronuncerà interventi a favore di riforme<br />
sociali impegnative, ecc.) la questione educativa emerse chiaramente<br />
1 Giovanni Bollea, in uno scritto breve, ma di grande importanza, ricostruisce la<br />
vicen<strong>da</strong> della giovane Montessori studiosa dell’handicap infantile, cogliendo il<br />
carattere fortemente unitario dell’impegno del gruppo romano, per il quale usa il<br />
termine “squadra”, che suggerisce a noi la liceità di definire questo gruppo di<br />
studiosi come “scuola” raccolta attorno al comune interesse per le conseguenze<br />
sociali del lavoro antropologico: “Ecco la squadra <strong>da</strong>lla quale nascerà con Sante De<br />
Sanctis la Neuropsichiatria infantile, con la Montessori la <strong>pe<strong>da</strong>gogia</strong> normale, con<br />
<strong>Giuseppe</strong> Montesano la <strong>pe<strong>da</strong>gogia</strong> speciale” grazie agli appoggi e agli<br />
incoraggiamenti di Clodomiro Bonfigli , “illuminato promotore” e di Guido Baccelli<br />
“illuminato Ministro dell’educazione” (G. Bollea, Montessori e il bambino<br />
handicappato, in “Vita dell’Infanzia”, a. XLVI, n. 6, luglio-agosto 1997, p. 25).
all’attenzione degli antropologi che intervennero più volte<br />
sull’argomento, intrattenendo anche con pe<strong>da</strong>gogisti d’orientamento<br />
affine (<strong>da</strong> Gabelli a De Dominicis) contatti e relazioni.<br />
L’educazione era concepita <strong>da</strong> questo gruppo di studiosi come<br />
lo strumento della trasmissione culturale all’interno delle società<br />
evolute, intendendo, tuttavia, per “cultura” un concetto molto vasto<br />
che abbracciava non solamente i prodotti della cultura “alta” (la<br />
letteratura, le scienze, le arti, ecc.), oggetto di ciò che s’intende per<br />
istruzione e fine specifico della scuola, ma tutto l’insieme delle<br />
caratteristiche che compongono il “carattere” individuale e collettivo<br />
(in effetti, nell’antropologia del tempo era forte il riferimento ad un<br />
supposto carattere tipico dei vari popoli). Nella nozione di carattere<br />
era inclusa <strong>da</strong>gli antropologi anche la “sanità” mentale, l’assenza di<br />
forme patologiche, di disturbi della personalità e del comportamento,<br />
secondo una concezione psichiatrica che non distingueva ancora<br />
sufficientemente il campo della psicopatologia <strong>da</strong> quello delle varie<br />
forme di disagio sociale e di devianza.<br />
Ciò che, in questa concezione dell’uomo, <strong>da</strong>l punto di vista<br />
naturalistico, e dell’educazione emergeva con risalto era una visione<br />
molto equilibrata e realistica del rapporto tra i fattori ereditari e quelli<br />
ambientali in gioco nello sviluppo psichico dell’individuo (a<br />
prescindere, poi, <strong>da</strong>lle sostanzialmente poco “scientifiche”<br />
estrapolazioni di carattere socio- ed etno-logico); a differenza di altre<br />
correnti dell’antropologia del tempo, il gruppo romano sottolineava il<br />
valore dei fattori ambientali nello sviluppo delle patologie mentali e<br />
delle “degenerazioni”, con una concezione dell’uomo che si potrebbe<br />
forse lecitamente accostare ad una sorta di funzionalismo sui generis.<br />
Di qui il riconoscimento dell’esigenza di concentrare<br />
l’attenzione sull’educazione e sulla scuola come fattori di crescita<br />
sociale in un momento storico in cui l’Italia viveva il travaglio di uno<br />
sviluppo che già stava determinando trasformazioni profonde nel<br />
tessuto sociale e diseguaglianze accentuate (per esempio, quelle tra<br />
Nord e Sud) e insieme cominciava a prendere coscienza dell’ampiezza<br />
delle nuove questioni sociali (anzi, della questione sociale) e dei rischi<br />
che il loro persistere avrebbe comportato per la stessa pacifica<br />
convivenza tra classi.<br />
9
10<br />
Pur con molte contraddizioni legate all’estrazione borghese<br />
degli stessi studiosi, portati a sollecitare misure di riforma sociale sia<br />
per esigenze di giustizia e di progresso sia per evitare l’allargarsi dei<br />
conflitti di classe, si può certamente affermare che l’opera degli<br />
antropologi romani, nel corso dell’età giolittiana in particolare, svolse<br />
un ruolo notevole nell’orientare almeno una parte dell’opinione<br />
pubblica verso istanze di cambiamento che vedevano nella scuola un<br />
luogo cruciale per il progresso dell’intera nazione ed anche per la<br />
costruzione di una società migliore.<br />
Temi, questi, presenti soprattutto nell’opera di <strong>Giuseppe</strong> Sergi,<br />
più degli altri antropologi operanti a <strong>Roma</strong> interessato alle questioni<br />
socio-politiche e più degli altri presente, nel lungo arco della sua<br />
attività scientifica (che va <strong>da</strong>l 1870 circa addirittura fino alle soglie<br />
degli anni Trenta del Novecento), nei dibattiti intorno alle questioni<br />
sociali più rilevanti del suo tempo. Sergi propose a più riprese vedute<br />
significativamente aperte alle nuove istanze provenienti, ad esempio,<br />
oltre che <strong>da</strong>l movimento socialista, <strong>da</strong> quello femminista e, negli anni<br />
Dieci, <strong>da</strong>l movimento pacifista, di cui sposò e rilanciò nei suoi scritti<br />
idee fon<strong>da</strong>mentali.<br />
Per Sergi, in sostanza, le conclusioni raggiunte <strong>da</strong>l sapere<br />
scientifico sperimentale giustificavano una forte rivendicazione di<br />
giustizia sociale in più direzioni: occorreva, fon<strong>da</strong>mentalmente, un<br />
miglioramento delle condizioni di vita delle classi inferiori, che<br />
coinvolgeva sia gli aspetti materiali (il salario, l’orario di lavoro,<br />
l’impiego della manodopera minorile e femminile) sia quelli culturali<br />
(quindi l’accesso diffuso e in base al merito alle scuole di ogni ordine<br />
e grado, la propagazione della cultura attraverso le scuole per adulti e<br />
le biblioteche, ecc.); occorreva un riconoscimento della funzione<br />
sociale delle donne, del loro lavoro nella famiglia ma anche al di fuori<br />
(non senza un permanere anche in Sergi di una considerazione sulla<br />
“diversità” femminile basata sulle “debolezze” anatomo-fisiologiche<br />
delle donne); occorreva una decisa evoluzione in senso pacifico delle<br />
relazioni tra i popoli, unica via per lo sviluppo ulteriore dell’umanità<br />
che <strong>da</strong>lla barbarie primitiva si era innalzata ai più alti vertici della<br />
cultura e dello spirito, mantenendo tuttavia contraddizioni sociali che,<br />
impedendo un accesso generalizzato, di tutti gli uomini, ai prodotti
dello spirito umano e a livelli adeguati di soddisfacimento dei bisogni<br />
fon<strong>da</strong>mentali, minavano il progresso ulteriore della specie umana e,<br />
forse, la sua stessa sopravvivenza.<br />
Questi e altri temi sono stati già presi in considerazione <strong>da</strong><br />
Giacomo Cives in alcuni tra i suoi ultimi scritti dedicati a Maria<br />
Montessori, che di Sergi fu allieva e collaboratrice, oggi raccolti nel<br />
volume Maria Montessori, pe<strong>da</strong>gogista complessa (Pisa, ETS, 2001).<br />
Sulla traccia di questi studi, i più sistematici sull’argomento tra quelli<br />
di carattere storico-pe<strong>da</strong>gogico, si è indirizzata anche una parte del<br />
lavoro condotto in margine ai corsi di storia della <strong>pe<strong>da</strong>gogia</strong> tenuti<br />
<strong>da</strong>llo stesso Cives negli ultimi anni, e in seminari ed esercitazioni di<br />
studenti. Il presente volume nasce, in qualche modo, <strong>da</strong> queste<br />
ricerche, che hanno coinvolto i collaboratori del docente e, in<br />
particolare, il sottoscritto. Come evidenzia Cives nel suo volume,<br />
infatti, l’opera degli antropologi romani trova un riferimento ed un<br />
significato pe<strong>da</strong>gogici nell’ispirazione, se così si può dire, che ne<br />
trasse Maria Montessori per lo sviluppo del suo metodo e, prima<br />
ancora, per gli accenti di rinnovamento sociale e educativo che ebbe la<br />
sua attività fin <strong>da</strong>gli esordi dopo la laurea in medicina.<br />
Maria Montessori ebbe una fase di pensiero che si può<br />
chiamare “antropologica”; insegnò, anzi, questa disciplina, abbinata<br />
all’igiene, in varie istituzioni superiori romane: la facoltà di medicina<br />
stessa, la scuola magistrale ortofrenica, l’istituto superiore femminile<br />
di magistero. Come riconobbe pubblicamente, fu proprio Sergi ad<br />
indirizzarla all’approfondimento delle tematiche educative a partire<br />
<strong>da</strong>l sapere antropologico, che lei stessa, d’altra parte, sentì il bisogno<br />
di orientare in chiave “pe<strong>da</strong>gogica”: di qui la proposta originale <strong>da</strong><br />
parte della Montessori di un’antropologia “pe<strong>da</strong>gogica”, alla quale<br />
intitolò l’opera principale deisuoi primi anni. Seguendo anche in<br />
questo caso un filone di riflessioni compiute <strong>da</strong>l suo maestro, la<br />
Montessori faceva dipendere <strong>da</strong>llo sviluppo di questa nuova<br />
antropologia pe<strong>da</strong>gogica la possibilità di fon<strong>da</strong>re su basi scientifiche<br />
la <strong>pe<strong>da</strong>gogia</strong> stessa. E il manuale di “antropologia pe<strong>da</strong>gogica”<br />
assume effettivamente connotati di continuità, a prescindere <strong>da</strong>lle<br />
numerose ed ampie parti “<strong>da</strong>tate”, piene di misurazioni anatomiche<br />
care agli antropologi del tempo, ma che la stessa Montessori farà<br />
11
12<br />
“cadere” in anni successivi, con l’opera sua più famosa, appunto<br />
dedicata al “metodo della <strong>pe<strong>da</strong>gogia</strong> scientifica”, nel quale già il<br />
richiamo all’antropologia si fa più fievole, riaffermando tuttavia<br />
un’intuizione centrale presente nello stesso Sergi, vale a dire che la<br />
<strong>pe<strong>da</strong>gogia</strong> come scienza e il metodo educativo devono fon<strong>da</strong>rsi<br />
sull’osservazione del bambino. Saranno proprio i metodi e gli<br />
strumenti di questa osservazione a determinare, nell’arco di pochi anni<br />
(all’incirca gli anni Dieci del Novecento), un sostanziale<br />
allontanamento della Montessori <strong>da</strong>ll’area antropologica e<br />
l’assimilazione <strong>da</strong> parte sua, nella prospettiva “mondialistica” che<br />
intanto aveva assunto la sua attività di fon<strong>da</strong>trice di “case dei<br />
bambini”, di indirizzi culturali diversi <strong>da</strong>lla sua matrice in fondo<br />
positivistica.<br />
La scuola antropologica romana rappresenta, dunque, una<br />
corrente culturale di rilievo pe<strong>da</strong>gogico per due motivi: <strong>da</strong> un lato, per<br />
la consistenza intrinseca della sua sensibilità verso i problemi<br />
dell’educazione in vista del progresso sociale, <strong>da</strong>ll’altro, per la sua<br />
indiscutibilmente forte influenza sulla maggiore pe<strong>da</strong>gogista del<br />
Novecento, Maria Montessori appunto, che si formò e cominciò ad<br />
operare sotto la direzione di alcuni tra i maggiori esponenti di questo<br />
gruppo di studiosi.<br />
Il presente volume raccoglie studi in parte già pubblicati sul<br />
periodico telematico “La Mediazione Pe<strong>da</strong>gogica”, che raccoglie<br />
contributi di studiosi e studenti che operano, nella maggior parte dei<br />
casi, insieme al prof. Cives, sia nell’università sia in altre istituzioni,<br />
tra le quali l’Opera Nazionale Montessori.<br />
Pur potendosi considerare l’antropologia romana come un<br />
gruppo piuttosto omogeneo, i cui membri erano certamente legati tra<br />
loro <strong>da</strong> affinità scientifico-culturali e personali, si è preferito in questo<br />
libro dedicare un capitolo a ciascuna figura considerata, sia per<br />
evidenziarne le innegabili peculiarità rispetto ad altri studiosi sia per<br />
l’esigenza di una maggiore analiticità della trattazione, che ripercorre,<br />
a mo’ di gui<strong>da</strong> per la lettura, testi e documenti di carattere pe<strong>da</strong>gogico<br />
scritti <strong>da</strong>gli antropologi romani tra gli anni Novanta dell’Ottocento e<br />
gli anni Venti del Novecento, vale a dire nel periodo più significativo<br />
della vita della scuola romana, <strong>da</strong>ll’affermarsi di <strong>Giuseppe</strong> Sergi al
progressivo dissolvimento del gruppo originario e al differenziarsi<br />
degli indirizzi di ricerca <strong>da</strong> parte dei “successori”.<br />
Nel volume si troverà, quindi, un capitolo iniziale su <strong>Giuseppe</strong><br />
Sergi (1841-1936), la voce principale, come s’è detto,<br />
dell’antropologia romana di fine Ottocento-primi del Novecento,<br />
grande organizzatore di strutture scientifiche e di<strong>da</strong>ttiche, oltre che<br />
scienziato di valore riconosciuto in campo internazionale. Sergi<br />
intervenne con frequenza sulle questioni educative, scrivendo, tra<br />
l’altro, un libro di mole interamente dedicato a questi problemi. Non<br />
elaborò una concezione sistematica, limitandosi piuttosto ad una<br />
critica dell’esistente sulla base del suo sapere scientifico. Tuttavia, il<br />
suo interesse pe<strong>da</strong>gogico si inseriva organicamente, come s’è già<br />
detto, nella sua sincera passione per la questione sociale. D’interesse,<br />
<strong>da</strong>l punto di vista della storia delle idee pe<strong>da</strong>gogiche, è il suo schietto<br />
evoluzionismo <strong>da</strong>rwinistico, che professò tenacemente fino alla morte<br />
negli anni Trenta, quando la sua voce, per quanto prestigiosa, non<br />
esercitava influenze significative in un panorama culturale dominato<br />
<strong>da</strong>l neoidealismo. All’interno di questa visione evoluzionistica, che<br />
permarrà a lungo come punto di riferimento teorico di tutti gli<br />
antropologi, Sergi maturò l’idea di un’educazione conforme allo<br />
sviluppo naturale del bambino e di una <strong>pe<strong>da</strong>gogia</strong> scientifica basata<br />
sull’osservazione non preconcetta, né schematica del bambino. Alla<br />
luce di questi due fon<strong>da</strong>menti, Sergi svolgeva critiche serrate, talvolta<br />
ingenerose, ma sempre significative, della <strong>pe<strong>da</strong>gogia</strong> del suo tempo,<br />
che l’in<strong>da</strong>gine storica successiva ha peraltro spesso confermato nella<br />
loro validità generale (al di là degli accenti talvolta letteralmente<br />
spietati del discorso di Sergi, specialmente al riguardo di figure come<br />
Froebel e del suo metodo, come si vedrà), alla luce del rinnovamento<br />
operato <strong>da</strong>ll’attivismo, che lo stesso Sergi in qualche misura presagì,<br />
ispirando in questo la Montessori.<br />
Un altro capitolo è dedicato alla figura di Clodomiro Bonfigli,<br />
uomo politico, oltre che scienziato, autore di una breve memoria sui<br />
“fattori sociali della follia” che segnò un momento estremamente<br />
importante nella storia della psichiatria italiana e che riveste un<br />
carattere di assoluta rilevanza anche in campo pe<strong>da</strong>gogico,<br />
individuando Bonfigli una serie di questioni educative alla base dello<br />
13
14<br />
stesso lavoro psichiatrico e auspicando un’opera di sviluppo della<br />
<strong>pe<strong>da</strong>gogia</strong> come scienza e dell’educazione scolastica in direzioni<br />
anticipatrici, anche in questo caso, di orientamenti che saranno battuti<br />
nel corso del Novecento.<br />
Nel terzo capitolo è analizzata l’opera “pe<strong>da</strong>gogica” di Sante<br />
De Sanctis (1862-1935), studioso che può sembrare opinabile<br />
collocare nell’ambito dell’antropologia, per la rilevanza e l’originalità<br />
della sua lunga attività di scienziato (tra l’altro è considerato come<br />
uno dei fon<strong>da</strong>tori della neuropsichiatria infantile e orientò i suoi studi<br />
in campi e direzioni particolari rispetto a quelli di altri antropologi<br />
“alienisti”); è stata ritenuta opportuna una sua collocazione<br />
“antropologica”, in questa sede, per la sua partecipazione alle attività<br />
di<strong>da</strong>ttiche, oltre che scientifiche, promosse <strong>da</strong>llo stesso Sergi e<br />
animate <strong>da</strong>gli antropologi suoi allievi, in primo luogo la scuola<br />
magistrale ortofrenica, e per lo sviluppo <strong>da</strong>to personalmente alle<br />
attività di educazione dei bambini minorati fisici e psichici, sulla scia<br />
di un interesse comune a tutto il gruppo antropologico romano.<br />
L’evoluzionismo professato proprio nelle lezioni di “psicologia<br />
pe<strong>da</strong>gogica” rivolte agli studenti della scuola ortofrenica, negli anni in<br />
cui vi insegnò la stessa Montessori, giustifica, ad avviso dello<br />
scrivente, la collocazione che qui si è <strong>da</strong>ta a questa figura, il cui valore<br />
scientifico e la cui influenza travalicano i limiti stessi dell’antropologia<br />
propriamente detta.<br />
Infine, un capitolo è dedicato a Maria Montessori (1870-1952),<br />
sulla quale moltissimo è stato scritto e la cui opera ancora oggi è al<br />
centro non solo dell’in<strong>da</strong>gine storiografica, ma della <strong>pe<strong>da</strong>gogia</strong> e della<br />
vita scolastica contemporanee. Non è qui necessario ripercorrere le<br />
tappe di maturazione del pensiero montessoriano; basti qui avvertire<br />
che nelle pagine seguenti si concentrerà l’attenzione su testi del primo<br />
periodo della sua attività. Emerge, secondo la lettura che se ne<br />
propone in questa sede, il legame che univa la Montessori a Sergi e ad<br />
altri antropologi (intendendo in questo caso gli studiosi che<br />
provenivano <strong>da</strong>l settore delle scienze naturali e <strong>da</strong> quello della<br />
medicina e operavano principalmente nella facoltà, appunto, medica,<br />
impartendovi insegnamenti vari, <strong>da</strong>ll’anatomia alla psichiatria) e
insieme l’originalità del contributo <strong>da</strong>to <strong>da</strong>lla Montessori alla stessa<br />
antropologia.<br />
Questa introduzione deve giustificare, infine, anche alcune<br />
scelte operate nella trattazione. In primo luogo, il volume nel suo<br />
complesso è stato concepito in vista della sua utilizzazione di<strong>da</strong>ttica.<br />
La riforma universitaria ha visto, specialmente in alcune sedi, un<br />
sensibile aumento del numero degli studenti dei corsi di scienze della<br />
formazione, creando, accanto alle potenzialità positive della nuova<br />
articolazione curricolare, anche alcune difficoltà di<strong>da</strong>ttiche.<br />
In particolare, chi scrive si è reso conto della problematicità di<br />
un insegnamento storico sistematico. La compressione dei tempi<br />
di<strong>da</strong>ttici rende necessari nuovi approcci per lo sviluppo delle<br />
competenze finali richieste agli studi, e agli studenti, universitari.<br />
Soprattutto le capacità di ricerca autonoma e di critica, obiettivo<br />
d’arrivo di un insegnamento storico-pe<strong>da</strong>gogico, richiedono strumenti<br />
per l’esercizio personale dei singoli studenti. Senza ambizioni<br />
eccessive, lo scrivente ha pensato di proporre ai lettori inquadramenti<br />
di tematiche toccate nel corso delle lezioni attraverso una lettura<br />
critica di testi rari, che vuol essere un punto di partenza per<br />
approfondimenti individuali e di gruppo, attraverso tesine, relazioni,<br />
esposizioni orali, ricerche bibliografiche, ecc. Un testo “aperto”,<br />
quindi, al contributo dei suoi lettori, in vista di una di<strong>da</strong>ttica<br />
laboratoriale che dovrebbe essere uno dei frutti principali del<br />
rinnovamento dell’insegnamento universitario oggi in corso.<br />
15
Capitolo I<br />
<strong>Giuseppe</strong> Sergi tra antropologia e <strong>pe<strong>da</strong>gogia</strong><br />
L’educazione del “carattere” come dimensione globale della<br />
formazione<br />
Figura di primo piano della cultura non solo scientifica di fine<br />
Ottocento, <strong>Giuseppe</strong> Sergi, a partire <strong>da</strong> una vasta e poliedrica cultura e<br />
<strong>da</strong> interessi che lo porteranno, nell’arco di una lunga carriera quasi<br />
cinquantennale, ad occuparsi di quasi tutti i problemi della cultura,<br />
della politica e della vita sociale italiana, partiva <strong>da</strong>lla considerazione<br />
dell'evoluzione umana per giudicare il presente e per prospettare gli<br />
orientamenti che, a suo giudizio, avrebbe dovuto assumere la società<br />
per continuare la sua millenaria avventura di progresso.<br />
Il corso della civiltà naturalmente bisogna giudicarlo <strong>da</strong>lle azioni<br />
umane, che hanno un'immediata relazione alla condotta nella vita<br />
sociale. Comunemente si può e si giudica ancora <strong>da</strong>lle invenzioni utili<br />
e meravigliose dell'ingegno, le quali hanno importanza somma pel<br />
benessere, o per diminuire la massa dei mali che affliggono l'uomo.<br />
Ma il sentimento del benessere e della felicità deriva <strong>da</strong> un complesso<br />
di fatti, e, diciamolo ancora, di sentimenti singoli e diversi, che<br />
concorrono alla soddisfazione immediata e mediata di certi bisogni<br />
fisici e psichici, di cui oggi l'uomo non può fare a meno. In altri<br />
termini, la soddisfazione morale e materiale, come suol dirsi nel<br />
linguaggio comune, deve concorrere in tutto l'insieme alla formazione<br />
del sentimento del benessere umano. Molto si è fatto rispetto alla<br />
soddisfazione materiale o di bisogni fisici; chi abbia i mezzi per<br />
soddisfarli, troverà che grande è il numero e la copia degli elementi<br />
che sono in suo potere per godere. Ma che cosa si è fatto rispetto ai<br />
bisogni di carattere psichico? - Se le invenzioni e le arti fossero<br />
progredite pari passo pei bisogni materiali e morali della vita, la civiltà<br />
potrebbe dirsi che proce<strong>da</strong> a meraviglia, e l'uomo dovrebbe an<strong>da</strong>r<br />
orgoglioso del progresso di questa 2 .<br />
2 G. Sergi, Per l’educazione del carattere, Milano, Dumolard, 1893, pp. 1-2.
18<br />
Occorreva, tuttavia, precisare il carattere in fondo sempre<br />
problematico, sfuggente, della stessa nozione di civiltà.<br />
Possiamo affermare, senza tema di essere smentiti, che l'uomo attuale,<br />
nelle nazioni dette civili, vive in una condizione curiosa, forse finora<br />
non studiata, né tentata di studiare. Ciò si riferisce a quella maniera di<br />
vivere e di sentire che comunemente si denomina civile, e che, con<br />
tutta la serie di azioni e di fatti, costituisce la civiltà. Parrebbe<br />
opportuno doman<strong>da</strong>re: che cosa è la civiltà? - Ma invece è meglio di<br />
lasciare di definirla; ognuno ormai se ne è fatta una certa idea, più o<br />
meno esatta, più o meno incompleta, nella quale idea, come elementi<br />
cardinali, sono inclusi il rispetto delle persone e delle cose, i<br />
sentimenti disinteressati, il grado d'istruzione, l'esenzione, almeno<br />
relativa, di pregiudizi e di superstizione, il miglior modo di soddisfare<br />
i bisogni materiali e morali (estetici e sociali), il culto della scienza;<br />
moltissimi aggiungerebbero il culto religioso, non in genere, ma in<br />
modo speciale, secondo le chiese, il cristiano 3 .<br />
In particolare, non si poteva passare sotto silenzio il fatto che, accanto<br />
al livello di civiltà complessivamente raggiunto <strong>da</strong> una determinata<br />
società in un determinato periodo della sua storia, ogni singolo<br />
individuo di questa stessa società si colloca ad un suo livello rispetto<br />
al grado di sviluppo sociale.<br />
Dopo ciò sorge subito un'altra doman<strong>da</strong>: d'un popolo che chiamasi<br />
civile, si può dire che tutti gl'individui presentino tutti questi elementi,<br />
o, in altre parole, che tutti siano egualmente civili? O se non<br />
egualmente, approssimativamente eguali negli elementi primari?<br />
Non siamo tanto illusi di affermarlo. Vi sono uomini che hanno quasi<br />
tutti i caratteri sopra notati; ve ne sono, e sono il maggior numero, che<br />
possiedono caratteri civili, ma in modo curioso, come ho già detto: ne<br />
hanno, cioè, alcuni che sembrano inconciliabili con altri di tipo<br />
selvaggio, ed è anche curioso che tutto l'insieme di questi tipi, o specie<br />
che vivono in un popolo numeroso, costituisce quel che comunemente<br />
sogliamo chiamare civile; ma che in realtà è una mistione di barbarie e<br />
di civiltà, di cui, in certi casi, è impossibile dire se sia la prima o la<br />
3 G. Sergi, Per l’educazione del carattere, cit., p. 2.
secon<strong>da</strong> che predomina; in altri decisamente ci accorgiamo che<br />
domina la prima, la barbarie 4 .<br />
Fatto, questo, per molti versi ineluttabile, legato al destino della natura<br />
umana, in senso individuale quanto collettivo, ma verso il quale non si<br />
deve mai restare sordi, concentrando nell'educazione la<br />
consapevolezza del bisogno continuo che ha qualsiasi società di<br />
assicurarsi adeguati strumenti e luoghi di trasmissione della propria<br />
cultura ai propri componenti futuri.<br />
Di chi è la colpa? Di nessuno, rispondo e senza esitare; se colpa<br />
trovasi, è dell'ignoranza nostra, e l'ignoranza è innocente. Sorgiamo<br />
noi <strong>da</strong>l fondo della vita selvaggia primitiva, portiamo con noi <strong>da</strong><br />
tempo immemorabile i caratteri di questa vita primitiva; l'evoluzione<br />
della nostra specie li ha in parte seppelliti, non estinti; in parte li ha<br />
lasciati vivi, apparentemente inciviliti, o modificati solo<br />
superficialmente, ma sostanzialmente gli stessi. Quest'evoluzione che<br />
ha portata la così detta civiltà attuale, è stata incosciente, involontaria<br />
anzi come corso di sviluppo di elementi buoni sui cattivi, come mezzo<br />
di modificazione della specie umana in tutte le sue manifestazioni.<br />
L'azione cosciente e volontaria è stata solamente quella di rendere i<br />
futuri uomini eguali ai presenti, vale a dire l'educazione è stata<br />
impartita ai giovanetti perché siano eguali agli adulti dell'epoca, non<br />
perché siano migliori di loro. L'educazione non ha avuto a scopo il<br />
futuro perfezionamento umano, <strong>da</strong> rendere i nati ultimi migliori dei<br />
nati primi. Ciascuno ha creduto e crede ancora che si trovi in uno stato<br />
civile abbastanza elevato per pensare in modo che i figli ne abbiano a<br />
raggiungere uno superiore. Anche l'educazione, la vanitosa scienza<br />
dell'educazione delle nostre scuole e dei nostri pe<strong>da</strong>gogisti, non ha<br />
altro scopo che di rendere più facili i mezzi dell'istruzione, più celere<br />
lo sviluppo della mente e dei sensi, ma non ha il menomo sentore che<br />
essa potrebbe e dovrebbe rendere l'uomo futuro superiore all'uomo<br />
presente 5 .<br />
Da questa affermazione discendeva un'impegnativa concezione<br />
dell'educazione, molto più ampia della mera nozione di istruzione che<br />
4 G. Sergi, Per l’educazione del carattere, cit., pp. 2-3.<br />
5 G. Sergi, Per l’educazione del carattere, cit., p. 3.<br />
19
20<br />
polemicamente Sergi considerava l'unica assunta <strong>da</strong> certa <strong>pe<strong>da</strong>gogia</strong><br />
eccessivamente orientata in senso tecnico-di<strong>da</strong>ttico, <strong>da</strong> supportare con<br />
le acquisizioni di una pluralità di saperi scientifici.<br />
L'educazione non si riferisce ai metodi dell'istruzione; l'educazione<br />
dovrebbe riferirsi alle tendenze psichiche rispetto al modo di operare e<br />
di sentire, che sono fra loro indissolubilmente unite. Se non ci si ba<strong>da</strong>,<br />
di chi la colpa? Anche qui diciamo francamente: di nessuno.<br />
Dobbiamo dire ch'è colpa della nostra ignoranza? E perché no? - E<br />
tutti i progressi della psicologia, di cui tanto rumore si fa <strong>da</strong> psicologi<br />
e <strong>da</strong> pe<strong>da</strong>gogisti, che valgono se non sono atti a <strong>da</strong>rci gli elementi<br />
dell'educazione? - Confessiamolo francamente, finora la psicologia ha<br />
studiato l'uomo individuo bene in certe manifestazioni, e fra queste le<br />
facoltà conoscitive, male in ciò che concerne le emozioni ed i<br />
sentimenti di ogni genere. Ma la psicologia individuale non è una<br />
scienza completa; anche quando tutti i fenomeni vengano studiati<br />
finalmente e bene, è una forma unilaterale e incompleta dello studio<br />
della psiche umana, la quale più che mai è una funzione che si compie<br />
nell'ambiente e per l'ambiente, sì fisico che sociale. In modo speciale<br />
ciò riguar<strong>da</strong> i fenomeni del sentimento e le relazioni intime che esso<br />
ha colle azioni 6 .<br />
Di qui una serrata, per quanto concisa, critica sia delle angustie del<br />
discorso psicologico sull'educazione sia delle approssimazioni della<br />
<strong>pe<strong>da</strong>gogia</strong> tradizionale.<br />
Se la psicologia finora ha poco penetrato o nulla in questa psiche, che<br />
chiameremo sociale, poteva la scienza dell'educazione averne essa il<br />
sentore? Ma solo poteva accorgersi, più della psicologia individuale,<br />
che qualche cosa c'era d'inosservato o di trascurato, avendo ad<br />
occuparsi costantemente di esseri che non vivono isolati, ma<br />
nell'ambiente della famiglia e in quello sociale più ampio.<br />
La scienza dell'educazione ha proceduto troppo empiricamente finora,<br />
e non sapremo quando uscirà <strong>da</strong> questa via, giacchè finora pare non ci<br />
sia speranza che le cognizioni acquisite siano accettate in massima<br />
6 G. Sergi, Per l’educazione del carattere, cit., p. 4.
parte <strong>da</strong>gli educatori e reggitori, ed è più difficile a dire se saranno in<br />
parte accettate le nuove ed importanti che verranno a farsi 7 .<br />
Sostanzialmente, sembrava voler dire Sergi, ogni concezione<br />
dell'educazione rischiava di risultare sterile, se non avesse, <strong>da</strong> un lato,<br />
fatto tesoro della concezione evoluzionistica dell'uomo scoperta <strong>da</strong>lla<br />
scienza della secon<strong>da</strong> metà dell'Ottocento e, <strong>da</strong>ll'altro, dell'esigenza di<br />
puntare non tanto alla conservazione, per quanto adeguata,<br />
dell'esistente nella formazione dell'essere umano, quanto alla crescita<br />
dell'uomo, al raggiungimento di un suo "dover essere" inteso non in<br />
senso spiritualistico, ma come superamento del limite attuale inscritto<br />
nella natura dell'uomo per il perfezionamento della specie e<br />
dell'individuo, in un progresso potenzialmente indefinito.<br />
Premesse queste cose, è facile concepire che, finchè non si sappia il<br />
modo di funzione della psiche, in tutte le manifestazioni individuali e<br />
sociali, non è possibile conoscere la via o il metodo o i mezzi, perché<br />
l'educazione possa riescire a migliorare l'uomo, non rendendolo eguale<br />
a quello che è, ma superiore, accelerando ed eccitando così<br />
l'evoluzione naturale che è più lenta, e che può essere ritar<strong>da</strong>ta od<br />
impedita <strong>da</strong> varie cause e circostanze.<br />
Secondo il nostro parere, l'educazione deve eliminare tutti i germi<br />
nocivi nella razza umana, germi che per eredità sono vivi nell'animo<br />
umano, ma nelle condizioni normali, perché nei casi morbosi non<br />
sarebbe possibile, come dimostreremo a suo luogo; deve fare una<br />
selezione dei buoni ed utili, e coltivarli e farli crescere<br />
rigogliosamente. Così solo sarà possibile un miglioramento effettivo<br />
della razza umana, e che va<strong>da</strong> di pari passo coll'elevazione<br />
dell'ingegno. Finora questo compito è stato lasciato all'evoluzione ed<br />
alla selezione incosciente, donde il ritardo sotto un <strong>da</strong>to punto, un<br />
sincretismo di barbaro o di civile, che compone la psiche umana e che<br />
si riflette in tutte le azioni, specialmente nella comunanza sociale.<br />
Può avere questa efficacia l'educazione? - L'abbiamo affermato, ma i<br />
dubbi e le obbiezioni non sono pochi, anzi v'ha chi crede inefficace,<br />
sotto questo punto di vista, la forza dell'educazione.<br />
Noi crediamo che l'educazione abbia questa efficacia e ci fondiamo su<br />
principi razionali, su fatti e sulla natura particolare di manifestarsi<br />
7 G. Sergi, Per l’educazione del carattere, cit., pp. 4-5.<br />
21
22<br />
della psiche, come ampiamente dimostreremo. Le obbiezioni<br />
principali su questo fatto sono derivate <strong>da</strong> una superficiale conoscenza<br />
della psiche, e spesso <strong>da</strong> ignoranza sulle influenze che possono agire<br />
con molta efficacia. Se è possibile di penetrare un poco nel labirinto<br />
dello spirito umano, senza perderci, di vederne ed esaminarne i modi<br />
di funzione, sarà possibile parimenti di far la via ai mezzi che possano<br />
influire a dirigerlo, educandolo 8 .<br />
Sergi poneva, allora, in risalto i limiti dell'azione educativa<br />
generalmente svolta nella scuola del suo tempo, aderendo anch'egli,<br />
secondo una concezione tuttavia ancora <strong>da</strong> precisare, alla critica<br />
diffusa, secondo la quale la scuola finiva per essere più istruzione fine<br />
a se stessa, che organica educazione.<br />
Molti l'han detto, molti lo dicono ancora, la scuola finora è istruttiva<br />
non educativa; tutte le cure, tutti gli sforzi si dirigono all'istruzione<br />
non all'educazione. Lo ripeto anch'io; dico, però, che indirettamente e<br />
parzialmente la scuola istruendo ha contribuito ad educare, perocchè<br />
non vi ha dubbio, non si può separare lo sviluppo della mente <strong>da</strong><br />
quello dei sentimenti, ma può farsi che il loro sviluppo non sia<br />
adeguato, proporzionale e correlativo. Se nella scuola si esige la<br />
disciplina ed il rispetto al maestro ed ai compagni, ciò si riferisce<br />
all'educazione del carattere; ma è un'educazione indiretta.<br />
Generalmente il maestro con questo contegno del suo alunno è in<br />
grado d'impartire senza molestia la sua istruzione; ed a questo scopo<br />
mira. Quando ciò ha conseguito, è contento, non entrando nell'interno<br />
animo del suo scolaro, e non ricercando come egli faccia il suo<br />
dovere, se volontariamente, se per timore, se ipocritamente, o con<br />
intenzioni maligne. Si contenta delle forme esteriori, e va innanzi<br />
coll'istruzione 9 .<br />
Questa consapevolezza, tuttavia, era solo un vago avvio di quello che<br />
sarebbe stato, invece, una riflessione <strong>da</strong> approfondire per giungere<br />
all'esatta conoscenza delle problematiche della scuola contemporanea;<br />
in particolare, occorreva rendersi conto che il principale ostacolo nello<br />
sviluppo dell'azione educativa proveniva <strong>da</strong>lla scarsa conoscenza che<br />
8 G. Sergi, Per l’educazione del carattere, cit., pp. 5-6.<br />
9 G. Sergi, Per l’educazione del carattere, cit., pp. 199-200.
ogni adulto, genitore, insegnante, educatore, generalmente aveva delle<br />
caratteristiche individuali dei suoi allievi.<br />
Ma mi si permetta un'osservazione che credo importante tanto per<br />
l'educazione che per l'istruzione, e che spesso ho avuto occasione di<br />
notare. Quando entra un bambino di sei o sette anni in una scuola, ove<br />
è accettato, egli è un ignoto per le persone che lo presentano, e per<br />
quelle che l'accettano. Ciò è parimenti per una scuola infantile, che<br />
accetta bimbi inferiori a quattro anni. Il maestro deve incominciare<br />
coll'istruzione e l'educazione dei sensi, dicono i pe<strong>da</strong>gogisti; ma sanno<br />
il valore dei sensi di un bambino, sanno se ha tendenza alla miopia, se<br />
ha cecità di colori, sanno le condizioni della sua sensibilità auditiva? -<br />
Nulla. Sanno le sue piccole tendenze di carattere, le sue suscettibilità?<br />
- Nulla. Il padre presenta un bambino alla scuola, e dice: educatemelo,<br />
istruitemelo; e va via. - Il maestro lo mette fra gli altri ignoti che ha<br />
ricevuto, gli dà in mano una filza di liste colorate per farne un<br />
disegno, o una scatola con perline di vario colore per infilarle, e così<br />
togliersi il disturbo di farlo star fermo al suo posto. Anche qui poco si<br />
ba<strong>da</strong> alla luce della stanza, o all'angolo nel quale sta un povero<br />
bambino che socchiude gli occhi per veder meglio, mentre in altro<br />
angolo la sua pupilla si dilata enormemente per vedere il foro delle<br />
perline 10 .<br />
La scuola risultava essere così la più ingiusta livellatrice delle<br />
differenze individuali, con conseguenze negative per tutti: per i<br />
bambini, per le loro famiglie, per la società intera.<br />
Così questi bambini devono vedere e udire per forza egualmente,<br />
anche quando la luce e le distanze sono differenti, e i loro belli occhi<br />
si devono violentemente accomo<strong>da</strong>re ad un ambiente vizioso. Che ne<br />
risulta? Gli occhi divengono viziati, la visione normale si disturba, con<br />
discapito reale dell'individuo.<br />
Qualche fenomeno analogo avviene per le tendenze del bambino,<br />
come forme di carattere che si svilupperà coll'età. La maestra tratta<br />
tutti egualmente, ignorando le ineguaglianze individuali de' suoi<br />
piccoli alunni; al rumore di un angolo della scuola, sgriderà o punirà<br />
anche quelli che non ne sanno neppure il perché, i quali non hanno il<br />
10 G. Sergi, Per l’educazione del carattere, cit., p. 200.<br />
23
24<br />
coraggio di parlare o di difendersi, mentre i veri disturbatori sono<br />
arditi e bugiardi e accusano gl'innocenti. Là cominciano le cattiverie e<br />
le buone azioni, nella prima età. Ad un asilo sono a tavola per far<br />
colazione i bambini <strong>da</strong> cinque a sei anni; tutto è pronto, ed il vino è<br />
versato nei bicchieri di ognuno. Vi ha uno che ha il gusto di rovesciare<br />
quasi ogni giorno sulla tavola il bicchiere del suo compagno; questo,<br />
timido, tace, e sarebbe poco; poiché la cosa continua, il <strong>da</strong>nneggiato è<br />
punito <strong>da</strong>lla maestra, che lo crede colpevole, e l'altro si gode della<br />
doppia cattiveria. Un altro di nascosto verserà dell'acqua, o della terra<br />
che porta seco, nel piatto del suo compagno; un altro nella ginnastica<br />
<strong>da</strong>rà una spinta al suo vicino per fargli rompere il naso, o lo rovescerà<br />
<strong>da</strong>lla scala. Di tutte queste cose la maestra ne saprà una porzione, e<br />
tardi, cioè dopo una serie di biricchinate commesse <strong>da</strong> alcuni suoi<br />
alunni. Ma quando essa li riceve all'asilo, li stima eguali tutti di mente<br />
e di cuore, come suol dirsi 11 .<br />
Sergi proponeva un rimedio del tutto fon<strong>da</strong>to sulla concretezza del<br />
lavoro scientifico-sperimentale, con l'adozione di quelle che al tempo<br />
erano chiamate "carte biografiche" attraverso le quali gli insegnanti<br />
avrebbero potuto registrare i progressi dei loro alunni e verificare<br />
l'efficacia dell'opera educativa svolta.<br />
Non vi può essere un rimedio a ciò? - Sì che vi ha rimedio, ed ecco<br />
come. Il bambino quando entra nella scuola, dovrebbe portare con sé<br />
una carta di ammissione, nella quale oltre all'età ed alla fede medica di<br />
vaccinazione, si trovasse descritto, con formole chiare e intelligibili, lo<br />
stato dei suoi organi sensori, della vista e dell'udito principalmente.<br />
Ciò è facilissimo coi piccoli strumenti che oggi esistono per in<strong>da</strong>gare<br />
la condizione visiva dei colori e la miopia o presbitia, e per quella<br />
auditiva. Accanto alla descrizione degli organi sensori, dovrebbe<br />
trovarsi quello delle tendenze come sentimenti, e la celerità o la<br />
lentezza dei suoi movimenti muscolari, infine il carattere iniziale,<br />
innato che egli possiede. Il maestro ha così una biografia del piccolo<br />
scolaro, e può <strong>da</strong> esso prendere norma ad istruirlo ed educarlo, prima<br />
con vari esperimenti, poi con direzione definitiva 12 .<br />
11 G. Sergi, Per l’educazione del carattere, cit., pp. 200-201.<br />
12 G. Sergi, Per l’educazione del carattere, cit., pp. 201-202.
Sergi non mancava di segnalare le critiche rivolte a questa sua<br />
proposta: <strong>da</strong> un lato, la difficoltà di realizzazione pratica insita<br />
nell'introduzione della carta biografica in una scuola tanto distante<br />
ancora <strong>da</strong>ll'adozione di tali procedure d'in<strong>da</strong>gine; <strong>da</strong>ll'altro,<br />
l'inadeguatezza della soluzione prospettata rispetto alla vastità dei<br />
problemi sul tappeto.<br />
Che utopie! Mi sento dire, che cose impossibili! Io dico che nulla di<br />
più facile vi è di questa carta di ammissione. Come esiste un medico,<br />
un igienista municipale, può esservi un pe<strong>da</strong>gogista municipale, e<br />
quando questo parrebbe una nuova spesa, può esservi il maestro, o il<br />
capo dei maestri, come trovasi in un gruppo di scuole elementari.<br />
Rispetto al carattere, alle tendenze, chi può <strong>da</strong>re prima le più sicure<br />
indicazioni, è la famiglia.<br />
Ma anche qui sento dirmi: Utopie! Che ne sanno i maestri di cecità di<br />
colori, di limiti della sensibilità auditiva! È vero, verissimo questo: ma<br />
ciò non mi sgomenta, io persisto.<br />
La scuola elementare finora segue un metodo troppo empirico, e<br />
spesso giuoca, come nel caso nostro, a gatta cieca. Questo empirismo<br />
cieco non può essere eliminato, fino a che il maestro non abbia due<br />
condizioni indispensabili: un'istruzione più elevata, unita ad<br />
un'educazione più sana; e poi una posizione economica relativa al suo<br />
sforzo ed al suo lavoro quotidiano 13 .<br />
Sergi ammetteva la difficoltà di introdurre uno strumento di<br />
rilevazione scientifica tra gli insegnanti, la cui formazione era<br />
all'epoca assolutamente inadeguata anche sul piano della cultura<br />
generale, per non parlare dello specifico professionale.<br />
Pare che io devii <strong>da</strong>l mio soggetto, ma sono necessariamente<br />
trascinato a questo argomento, che vi è intimamente congiunto. Noi<br />
sappiamo che miseria d'istruzione s'impartisce nelle scuole normali, e<br />
qual maggior miseria d'educazione. S'insegnano i diritti e i doveri del<br />
cittadino in certi disgraziati manualetti! Qualche briciola di storia<br />
naturale, un po' di storia elementarissima, e poi la meccanica, dico la<br />
meccanica dell'insegnamento, che dicesi di<strong>da</strong>ttica. Quando questo<br />
povero giovane ha ricevuto la patente di maestro, esce <strong>da</strong>lla scuola<br />
13 G. Sergi, Per l’educazione del carattere, cit., p. 202.<br />
25
26<br />
normale, e dev'educare ed istruire i nostri figlioli! Se ad un facchino<br />
della città di Genova, il quale fino alla sua età non ha fatto altro<br />
mestiere che trasportare colli di merci <strong>da</strong>l molo ai magazzini, si<br />
affi<strong>da</strong>sse la coltivazione di un campo, dopo avergli detto che bisogna<br />
zappare la terra a tal profondità e tal'altra, che bisogna seminare il<br />
frumento in questa stagione, cioè si dessero a lui nozioni di<br />
coltivazione, e poi abbandonato si man<strong>da</strong>sse addirittura in un campo, a<br />
se stesso, che prodotti <strong>da</strong>rebbe? --Nessuno dubita di affermare che egli<br />
rovinerebbe il campo a furia di tentativi, perché è perfettamente<br />
ina<strong>da</strong>tto al nuovo ufficio affi<strong>da</strong>togli.<br />
Così per me è il neo-di<strong>da</strong>scalo uscito <strong>da</strong>lle nostre scuole normali; egli<br />
s'ingegna a far del suo meglio nell'ufficio difficile che ha; dopo alcuni<br />
anni per esperienza, empiricamente, saprà far meglio, e quello che<br />
aveva appreso alla scuola normale gli giova a nulla. Ove ha<br />
conosciuto l'uomo questo educatore? Ove ha conosciuto l'indole del<br />
bambino, che è più difficile a dirigersi di quella di un adulto? Che ne<br />
sa dello sviluppo della mente, dello sviluppo delle tendenze, della<br />
corrispondenza dei sentimenti alle idee, ed alle azioni; come, come<br />
può, quindi, dirigere ciò che non sa? 14<br />
Il problema era, per Sergi, ancora più grave; non erano solo gli<br />
insegnanti ad essere carenti di conoscenze utili, ma la <strong>pe<strong>da</strong>gogia</strong><br />
stessa, così come veniva insegnata nelle sedi di formazione degli<br />
insegnanti, le scuole normali, come persino in quelle più elevate, nelle<br />
Università, appariva in Italia assolutamente carente e inadeguata ai<br />
bisogni del progresso sociale.<br />
Ma andiamo più su. Chi sono i maestri dei maestri elementari?<br />
Generalmente sono professori che nel grado si considerano inferiori ai<br />
professori di Liceo. Il lettore benigno capirà facilmente che io non<br />
intendo affatto diminuire la rispettabilità ed il valore individuale di<br />
ogni professore di scuola normale; parlo del grado di istruzione, che è<br />
prescritta <strong>da</strong>i programmi. Mentre si sa che <strong>da</strong>lle scuole normali<br />
devono uscire educatori, s'impartisce un'istruzione inferiore in grado a<br />
quella della coltura generale. I maestri devono avere perciò una<br />
coltura generale inferiore a quella degli avvocati, dei medici, dei<br />
negozianti e dei possidenti. I figli di costoro devono essere educati<br />
14 G. Sergi, Per l’educazione del carattere, cit., pp. 202-203.
perciò <strong>da</strong> coloro che hanno ricevuto meno coltura di loro, e perciò<br />
sotto questo aspetto sono inferiori o diseguali. È strano molto il<br />
fenomeno! Ma trova subito la spiegazione in quello che abbiamo<br />
detto: cioè che nella scuola non si cerca di educare, ma solo d'istruire.<br />
Per quel che sanno, i maestri ne hanno a sufficienza per i nostri<br />
bambini. Ma quando si sa, e pochi ci pensano, e pochissimi ci<br />
credono, che l'istruzione e la educazione sono correlative alla coltura e<br />
fra loro, quel che sanno i maestri è poco per farne educatori.<br />
Ma si dirà che la parte elevata della <strong>pe<strong>da</strong>gogia</strong> è riserbata<br />
all'Università, e perciò agli educatori più elevati, a quelli che stanno al<br />
sommo della piramide. Prima di tutto l'educazione buona, la buona<br />
direzione della mente e dei sentimenti, dev'incominciare <strong>da</strong>lla prima<br />
età, che è la più difficile e la più ineducabile; poi nelle Università<br />
corrisponde essa la scienza pe<strong>da</strong>gogica al suo bisogno? - Sebbene in<br />
questi ultimi anni sembri vi sia un risveglio, pure, secondo io penso,<br />
finora non corrisponde al fine educativo. Vi ha una diffusione in<br />
troppe generalità, ma scopi pratici ne vedo pochissimi. Auguro che<br />
nascano i cultori della scienza pe<strong>da</strong>gogica, ma finora non vedo la<br />
luce! 15<br />
Un sapere inutile, astratto, pretenzioso rendeva gli insegnanti incapaci<br />
persino della mera compilazione di una carta biografica.<br />
Da ciò che si è detto, si rileva che il maestro non è in grado di<br />
riempire la carta di ammissione del suo alunno come vorremmo sia<br />
fatta, come non è in grado di capire il significato ed il valore di queste<br />
osservazioni, quando non abbia fatto uno studio elementare degli<br />
organi dei sensi, e se questo studio non sia soltanto una descrizione<br />
presa nel libro di testo, senza aver veduto un occhio, un organo<br />
d'udito, e conosciute le funzioni più cospicue della vita di relazione.<br />
Non è parimenti in grado di comprendere la corrispondenza della<br />
sensibilità fisica alla morale, la varia espressione delle emozioni, così<br />
legata alla vita dei sentimenti, se non empiricamente o troppo<br />
superficialmente per giovarsene come mezzo di educazione.<br />
Sotto questo punto di vista, le scuole elementari sono male costituite,<br />
e l'educazione del carattere che noi inculchiamo, è cosa molto<br />
difficile, per non dire impossibile, frattanto che noi pensiamo che nella<br />
tenera età deve cominciare la direzione intelligente delle tendenze che<br />
15 G. Sergi, Per l’educazione del carattere, cit., pp. 203-204.<br />
27
28<br />
si svolgono, e dove è molto difficile spesso trovarvi questa direzione<br />
per l'instabilità della psiche infantile 16 .<br />
Ecco, dunque, la prima proposta di Sergi: riformare profon<strong>da</strong>mente la<br />
preparazione degli insegnanti, introducendo massicciamente nelle<br />
istituzioni preposte alla loro formazione le nuove scienze sperimentali,<br />
prima fra tutte la psicologia, e migliorando adeguatamente la<br />
condizione economica e sociale degli insegnanti stessi, allora così<br />
bassa <strong>da</strong> rendere ben poco attraente per individui dotati la carriera<br />
dell'insegnamento, soprattutto al livello elementare.<br />
È, dunque, una suprema necessità, la riforma radicale della scuola<br />
elementare, riforma che deve cominciare <strong>da</strong>ll'istruzione ed educazione<br />
del maestro, il quale dovrà ricevere una coltura più ampia e più<br />
elevata, più sperimentale riguardo a certi rami d'insegnamento, fra cui<br />
dovrà esservi la psicologia colle sue applicazioni e colle sue relazioni<br />
alla vita ordinaria. Non ho bisogno di aggiungere che la condizione<br />
economica dei primi e più utili lavoratori dell'educazione e<br />
dell'istruzione, dovrà essere meno disgraziata e meno infelice di quella<br />
che è presentemente; lavoro poco compensato, poco apprezzato, ma<br />
lavoro <strong>da</strong> cui dipende l'avvenire della razza umana.<br />
Dopo ciò è facile capire che i mezzi <strong>da</strong> noi proposti nell'entrata del<br />
nuovo alunno alla scuola, non sono impossibili, e che questo desiderio<br />
non è un'utopia 17 .<br />
Sergi rilevava, poi, la difficoltà di una vera collaborazione tra scuola e<br />
famiglia, sia per le inadeguatezze intrinseche della famiglia media<br />
stessa, nella quale sarebbe stato difficile trovare sufficiente sensibilità<br />
pe<strong>da</strong>gogica, sia per la tendenza naturale a non riconoscere gli<br />
eventuali difetti dei figli.<br />
Ma le famiglie sono esse in grado di fornire ai maestri i <strong>da</strong>ti di fatto<br />
che si riferiscono alle tendenze dell'alunno? Io dico che generalmente<br />
possono ritenersi in grado, perché non dovrebbero fare altro che<br />
descrivere i piccoli fatti e la loro ripetizione, il modo di agire dei<br />
figlioli individualmente e in compagnia cogli altri piccoli compagni,<br />
16 G. Sergi, Per l’educazione del carattere, cit., p. 205.<br />
17 G. Sergi, Per l’educazione del carattere, cit., pp. 205-206.
sia fratelli che estranei, la dolcezza o la ruvidezza delle forme, la<br />
tendenza alla sociabilità o alla solitudine, le differenti emozioni e il<br />
grado loro approssimativo d'intensità, perché le tendenze del carattere<br />
sieno formolate <strong>da</strong> chi è perito nell'arte educatrice. Ma vogliono<br />
sempre le famiglie rivelare le tendenze cattive dei loro figli? Qui forse<br />
starebbe la difficoltà.<br />
Generalmente si suol nascondere agli altri i difetti fisici come i morali,<br />
per quella delicatezza che giunge al pregiudizio ed al <strong>da</strong>nno; perocchè<br />
rilevate a tempo le malattie incipienti, è facile trovarvi i rimedi e la<br />
guarigione, ma a male avanzato i rimedi possono riescire inefficaci.<br />
Non pertanto, io penso, che con influenze e persuasioni sarà facile<br />
indurre le famiglie a rivelare l'animo dei loro piccoli nelle forme più<br />
genuine, perché vi sia il vantaggio della profilassi educatrice 18 .<br />
Eppure, la collaborazione delle famiglie con gli insegnanti era un<br />
obiettivo prioritario <strong>da</strong> raggiungere, in qualche modo, soprattutto per<br />
mantenere la coerenza necessaria tra i giusti insegnamenti impartiti a<br />
scuola e la vita dei bambini in famiglia.<br />
Senza dubbio la famiglia deve unirsi alla scuola per l'educazione<br />
efficace, seria e completa; i genitori debbono concorrere col maestro a<br />
dirigere l'animo del bambino e poi del giovinetto, senza che vi sieno<br />
certi ostacoli, pur troppo lamentevoli, che vengono <strong>da</strong>lla famiglia<br />
verso la severità del maestro, e che sono effetti di condiscendenza, di<br />
amore che guasta, e di poca intelligenza <strong>da</strong> parte di quella.<br />
Se il ragazzetto uscito <strong>da</strong>lla scuola, nella quale riceve certi freni giusti<br />
e certe direzioni normali, trova a casa esempi di debolezza,<br />
maldicenza, rilasciatezza e cose simili, è facile il comprendere che egli<br />
riterrà la scuola come una prigione, e la casa come un mezzo di <strong>da</strong>rsi<br />
completamente a tutte le sue voglie senza freno e senza direzione.<br />
Diverrà insolente, se non apertamente, all'occasione, verso il suo<br />
educatore, e insolente verso i suoi genitori, di cui scambia la<br />
debolezza coll'amore, la severità colla crudeltà, quando non adoperata<br />
a tempo 19 .<br />
18 G. Sergi, Per l’educazione del carattere, cit., p. 206.<br />
19 G. Sergi, Per l’educazione del carattere, cit., pp. 206-207.<br />
29
30<br />
Sergi notava la varietà degli atteggiamenti che i bambini assumono<br />
ordinariamente rispetto ai parenti e rispetto agli altri adulti.<br />
E certamente non sempre i genitori sono buoni educatori dei loro<br />
figliuoli, i quali, abituati alle carezze, spesso senza limiti, che derivano<br />
<strong>da</strong>ll'amore, non sanno obbedire alle norme ed alle esigenze necessarie<br />
dell'educazione. Le persone estranee, invece, che naturalmente sono<br />
fredde, per quanto possano essere affettuose, e che perciò sono più<br />
serie, e che non hanno <strong>da</strong> passare coi piccoli educandi tutte le ore del<br />
giorno, specialmente in certi atti intimi, sono le più a<strong>da</strong>tte a questo<br />
ufficio. Ed è curioso il fatto, che i bambini acquistano amore ai loro<br />
educatori ed un rispetto superiore a quello che hanno pei genitori. Di<br />
questi non temono o poco, di quelli temono e non si permettono tanto<br />
facilmente le loro piccole trasgressioni, come facilmente se le<br />
permettono in casa. Certi inconvenienti forse sono inevitabili, ma<br />
possono diminuire di numero e d'efficacia, quando nell'animo dei<br />
genitori entri la persuasione che l'amore vero, sano, salutare verso i<br />
figli non è la condiscendenza e la debolezza di cedere facilmente alle<br />
loro voglie, ma bensì la direzione amorevole dei loro desideri a<br />
qualche cosa di serio, di determinato, e quello di impedire lo sviluppo<br />
delle tendenze cattive, sostituendovi per influenza quelle al bene 20 .<br />
In quest'opera basilare di continuità tra famiglia e scuola, Sergi<br />
individuava un compito essenziale e insostituibile per la donna.<br />
Ma ciò, come pel maestro di scuola, esige che i genitori siano in grado<br />
di comprendere la loro missione, il che non sempre è facile. E la<br />
donna, divenuta madre, ha questa gran missione specialmente nella<br />
prima età dei suoi nati; <strong>da</strong> lei l'umanità futura aspetta ancora i suoi<br />
benefizi: e quindi il bisogno impellente dell'educazione della donna.<br />
Ella è la formatrice della prole nell'utero, ella sarà la formatrice della<br />
prole venuta alla luce. Com'è si generosa naturalmente <strong>da</strong> cedere una<br />
parte della sua sostanza nel latte che nutrisce il neonato, sarà parimenti<br />
generosa nel cedere in azioni un'altra sua parte nell'educarla nel<br />
periodo più critico della prima età. Quanto maggiormente sarà istruita<br />
nelle leggi della psiche, nello svolgimento dei fenomeni dello spirito,<br />
tanto più facilmente ella potrà interpretare ed intravedere quelle<br />
20 G. Sergi, Per l’educazione del carattere, cit., pp. 207-208.