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Un macabro benvenuto attende Veronica Varrò al suo<br />
arrivo in Cambria, regno del suocero Ullic. Gabbie <strong>di</strong><br />
legno sospese su un'enorme fossa <strong>di</strong> fuoco e all'interno <strong>di</strong><br />
esse centinaia <strong>di</strong> uomini destinati a bruciare vivi tra le<br />
fiamme. Gemiti, urla, odore <strong>di</strong> carne bruciata. L'orrore <strong>di</strong><br />
quella notte mette fine alla breve felicità <strong>di</strong> Veronica e le<br />
strappa una muta promessa: avrebbe sottratto il figlio<br />
che portava in grembo a quella barbarie. Così l'infanzia<br />
<strong>di</strong> Uther, futuro padre <strong>di</strong> Artù, trascorre <strong>di</strong>visa tra Tir<br />
Manha, cuore dell'oscura e rude Cambria e <strong>Camelot</strong>, la<br />
patria materna, dove il ragazzo impara l'arte della guerra<br />
e apprezza i lussi <strong>di</strong> una corte raffinata.<br />
Gli anni trascorrono tra giochi, amori e avventure in<br />
compagnia dell'inseparabile Merlino. Ma, alla morte del<br />
padre Urie, <strong>di</strong> fronte al pericolo che minaccia la Cambria<br />
rimasta senza re, Uther dovrà scegliere tra la<br />
spensieratezza e il dovere e imparerà quanto è lunga la<br />
strada per <strong>di</strong>ventare uomo.<br />
www.e<strong>di</strong>zpiemme.it
VOLUME DLB 154
Jack Whyte è poeta, regista cinematografico e romanziere.<br />
Nato in Scozia, vive da molti anni in Canada. Ha raggiunto<br />
uno straor<strong>di</strong>nario successo con <strong>Le</strong> Cronache dì <strong>Camelot</strong>,<br />
ormai considerate un bestseller in tutto il mondo. A questo<br />
ciclo appartengono anche i titoli La pietra del cielo, La spada<br />
che canta, La stirpe dell'aquila, Il sogno <strong>di</strong> Merlino, Il forte<br />
sul fiume, Il segno <strong>di</strong> Excalibur e La donna <strong>di</strong> Avalon.<br />
L'autore sta lavorando a una nuova appassionante serie<br />
de<strong>di</strong>cata a Lancillotto, <strong>di</strong> cui sono già <strong>di</strong>sponibili in Italia i<br />
primi due titoli: Il cavaliere <strong>di</strong> Artù e II marchio <strong>di</strong> Merlino.<br />
Della serie <strong>Le</strong> Cronache <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong> hanno detto:<br />
«Uno splen<strong>di</strong>do mix <strong>di</strong> realtà storica e leggenda.»<br />
La Stampa<br />
«Una storia semplicemente straor<strong>di</strong>naria!»<br />
Rosamunde Pilcher<br />
In sovraccoperta: Illustrazione <strong>di</strong> Silvia Fusetti
Titolo originale dell'opera: Uther (parte prima)<br />
© 2001 by Aquilifer Hol<strong>di</strong>ngs Ltd<br />
© 2006 - E<strong>di</strong>zioni Piemme Economica<br />
© 2003 - EDIZIONI PIEMME Spa<br />
15033 Casale Monferrato (AL) - Via Galeotto del Carretto, 10<br />
Tel. 0142/3361 - Fax 0142/74223<br />
www.e<strong>di</strong>zpiemme.it<br />
Stampa Rotolito Lombarda – Via Roma, 115 – Pioltello (MI)
A mia moglie, Beverley, e al clan:<br />
Jode, Mitch e Holly,<br />
Jeanne e Michael,<br />
e Phyllis
PROLOGO<br />
Non si trattava <strong>di</strong> un raduno spontaneo per dare<br />
alla giovane sposa il benvenuto nella sua nuova casa;<br />
<strong>di</strong> questo Veronica Varro si rese conto rapidamente.<br />
Ciò che stava succedendo in quel luogo non aveva<br />
nulla a che fare con lei. Il suo arrivo qualche attimo<br />
prima in compagnia del marito e del padre <strong>di</strong> lui, re<br />
Ullic Pendragon, non era altro che una coincidenza.<br />
Veronica non aveva idea <strong>di</strong> ciò che stava accadendo,<br />
e nemmeno <strong>di</strong> quel che vedeva <strong>di</strong>nanzi a sé<br />
nell'oscurità. Troppa gente si accalcava tra lei e il<br />
centro <strong>di</strong> quella lontana animazione. Ma qualunque<br />
evento avesse luogo oltre quella folla, doveva essere<br />
eccitante e misterioso. Si alzò in punta <strong>di</strong> pie<strong>di</strong> e<br />
allungò il collo, sporgendosi a destra e a sinistra per<br />
cercare uno spiraglio tra le sagome scure delle persone<br />
che le stavano davanti. Alle sue spalle e accanto a lei,<br />
molti dei suoi compagni <strong>di</strong> viaggio sembravano<br />
con<strong>di</strong>videre i suoi timori e la sua curiosità, e<br />
confabulavano tra loro con accenti che tra<strong>di</strong>vano la<br />
loro inquietu<strong>di</strong>ne.<br />
Re Ullic Pendragon, che solo qualche istante prima<br />
la precedeva alla testa del gruppo, pareva svanito<br />
improvvisamente, inghiottito dalla fiumana <strong>di</strong> gente.<br />
Da quel poco che riusciva a capire, la causa <strong>di</strong> tutta
quell'eccitazione era il fuoco. In lontananza, a circa<br />
cinquanta passi da lei, dense nuvole <strong>di</strong> fumo giallastro<br />
si levavano in lente spirali da gran<strong>di</strong> falò, e il bagliore<br />
delle fiamme si rifletteva ai pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> quelle effimere<br />
colonne, mentre sagome e ombre grottesche<br />
danzavano e saltavano su quello sfondo cupo e<br />
in<strong>di</strong>stinto nella nera notte che le circondava.<br />
C'era uno strano odore nell'aria, che non si alzava<br />
dal legno che ardeva nelle pire, un odore sgradevole,<br />
vagamente familiare e tuttavia sconosciuto. Veronica si<br />
convinse che prima o poi sarebbe riuscita a<br />
riconoscerlo, e per il momento si limitò a ipotizzare<br />
che quella strana puzza nauseante avesse a che fare con<br />
i festeggiamenti. Che si trattasse <strong>di</strong> una cerimonia era<br />
quasi sicura, anche perché non le venivano in mente<br />
altri motivi per una simile concentrazione <strong>di</strong> folla.<br />
All'inizio aveva sperato che l'intera popolazione <strong>di</strong><br />
Tir Manha, il luogo in cui sarebbe vissuta negli anni a<br />
venire, fosse rimasta sveglia fino a tarda notte<br />
semplicemente per dare il benvenuto a lei e al suo<br />
novello sposo, Uric Pendragon, ma si era<br />
imme<strong>di</strong>atamente ricreduta osservando la reazione del<br />
marito. <strong>Le</strong> era bastata un'occhiata per capire che era<br />
sorpreso quanto lei <strong>di</strong> quella frenetica attività in un<br />
villaggio che avrebbe dovuto essere placidamente<br />
addormentato. Ma non c'era traccia <strong>di</strong> <strong>di</strong>vertimento o<br />
sod<strong>di</strong>sfazione nello stupore <strong>di</strong> Uric. L'espressione<br />
accigliata del suo viso, solitamente allegro e sorridente,<br />
aveva subito destato in lei allarme e preoccupazione.
In quel momento il marito, che le stava a fianco<br />
insolitamente immobile e silenzioso, si era girato a<br />
guardare qualcosa che lei non riusciva a <strong>di</strong>stinguere.<br />
«Uric...?»<br />
Lui la ignorò, e questo non era un buon segno,<br />
poiché nei <strong>di</strong>eci giorni trascorsi dal loro matrimonio a<br />
casa dei genitori <strong>di</strong> Veronica a <strong>Camelot</strong>, Uric<br />
Pendragon non aveva visto o u<strong>di</strong>to nient'altro che lei,<br />
aveva vissuto unicamente per lei, anticipando ogni sua<br />
parola o desiderio. Ora, invece, il suo atteggiamento e<br />
la tensione nei muscoli del collo tra<strong>di</strong>vano una<br />
profonda apprensione, e Veronica si spostò<br />
leggermente <strong>di</strong> lato per vedere cosa stesse scrutando<br />
con tanta attenzione.<br />
Il re, padre <strong>di</strong> Uric, e un gruppo <strong>di</strong> anziani erano<br />
impegnati in qualcosa <strong>di</strong> importante. Ullic era un<br />
colosso, anche se in questa occasione non indossava il<br />
grande elmo con l'aquila che lo faceva sembrare<br />
ancora più imponente.<br />
Fissandolo, Veronica si accorse che per la prima<br />
volta da molte settimane non sorrideva. Aveva<br />
un'espressione grave, accentuata dalle cupe ombre<br />
tracciate sul suo volto dalla luce tremula delle torce<br />
degli uomini che gli stavano intorno, gli anziani del<br />
Consiglio del Re.<br />
Ullic stava seguendo attentamente il <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> uno<br />
dei decani, e quale che fosse l'argomento, non doveva<br />
trattarsi <strong>di</strong> buone notizie. Dopo averlo ascoltato per<br />
parecchio tempo, con due uniche brevi interruzioni, il
e <strong>di</strong>stolse lo sguardo dall'uomo quasi con <strong>di</strong>sgusto, poi<br />
si volse in <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Veronica, come per controllare<br />
se lei e Uric lo stessero osservando. Si coprì il volto con<br />
le mani, le fece scivolare sulle guance e la barba e<br />
infine le lasciò ricadere sui fianchi; poi gettò la testa<br />
all'in<strong>di</strong>etro, trasse un profondo respiro e incrociò le<br />
braccia.<br />
Il re rimase assorto nei suoi pensieri, mentre<br />
Veronica lo fissava sempre più preoccupata. Alla fine si<br />
raddrizzò, con aria determinata, e fece un brusco<br />
cenno col capo. L'anziano che gli aveva parlato, e che<br />
era rimasto pazientemente in attesa della sua decisione,<br />
si voltò e alzò un braccio, in quello che era senza<br />
dubbio un segnale prestabilito. Imme<strong>di</strong>atamente una<br />
palla <strong>di</strong> fuoco saettò nell'aria tracciando un arco nel<br />
cielo prima <strong>di</strong> ricadere a terra.<br />
Mentre il dardo percorreva la sua parabola,<br />
Veronica aveva già capito che si trattava <strong>di</strong> una torcia<br />
scagliata da qualcuno che l'aveva tenuta pronta<br />
proprio a quello scopo. Altre la seguirono, e in un<br />
attimo il cielo notturno fu attraversato da luci guizzanti<br />
<strong>di</strong> mille colori, dall'arancio al giallo, all'azzurro. <strong>Le</strong><br />
torce sembravano scomparire in una sorta <strong>di</strong> pozzo<br />
oltre il muro <strong>di</strong> folla che impe<strong>di</strong>va la vista, ma prima<br />
che lei, incuriosita, potesse fare un solo passo in quella<br />
<strong>di</strong>rezione, si sentì afferrare per un braccio dal marito e<br />
fu trascinata in<strong>di</strong>etro. Sorpresa e anche un po' irritata,<br />
Veronica si <strong>di</strong>vincolò e tentò <strong>di</strong> proseguire ma lui le<br />
impedì <strong>di</strong> fuggire serrandole il polso in una presa ancor
più salda. <strong>Le</strong> torse il braccio <strong>di</strong>etro la schiena,<br />
delicatamente ma con decisione, e appoggiando la<br />
mano libera sul suo ventre sussurrò alle sue spalle:<br />
«No, amore, questo non fa per te. Vieni via,<br />
an<strong>di</strong>amocene a letto tutti e due».<br />
«Cosa? Lasciami andare, Uric, mi fai male! Perché<br />
dovrei...? Non voglio andare a letto!»<br />
Puntò i pie<strong>di</strong>, tentando ancora <strong>di</strong> sottrarsi al marito,<br />
ma invece <strong>di</strong> lasciarla, Uric la afferrò per i gomiti e la<br />
sollevò come un fuscello così rapidamente che prima<br />
ancora <strong>di</strong> indovinare le sue intenzioni, Veronica si<br />
ritrovò sua prigioniera.<br />
«No, donna, no!» La voce che le giungeva<br />
all'orecchio era forte, aspra e rabbiosa, e le braccia<br />
strette contro le costole le toglievano il respiro,<br />
gettandola nel panico. Uric la strinse ancor <strong>di</strong> più<br />
contro il suo petto, e malgrado lei gridasse e scalciasse,<br />
la trascinò nel buio, lontano dal crescente rumore della<br />
folla e dai bagliori dei fuochi.<br />
La totale assur<strong>di</strong>tà della situazione scatenò in<br />
Veronica una reazione violenta e rancorosa.<br />
Quest'uomo che la immobilizzava e la trascinava via<br />
quasi rapendola, era colui che aveva appena sposato, il<br />
custode cui era stata affidata solo <strong>di</strong>eci giorni prima e<br />
che aveva giurato, alla presenza della famiglia <strong>di</strong> lei e<br />
<strong>di</strong> tutti i loro amici, <strong>di</strong> nutrirla, <strong>di</strong>fenderla e<br />
proteggerla. E ora si comportava come un padrone<br />
impazzito, come se lei fosse una specie <strong>di</strong> animale da<br />
soma, maltrattandola e portandola via con sé in un
luogo oscuro per qualche scopo perverso.<br />
All'improvviso nella notte si trovarono faccia a faccia<br />
con Ullic Pendragon, il volto appena rischiarato dalla<br />
luce dei fuochi lontani. Veronica lo vide sgranare gli<br />
occhi per la sorpresa, lanciare una rapida occhiata alle<br />
sue gambe che scalciavano, e volgere lo sguardo sul<br />
figlio.<br />
«Zullic! Aiutami!» Aveva sempre chiamato il re con<br />
questo nomignolo affettuoso, coniato quando era<br />
ancora bambina e non riusciva a pronunciare bene "zio<br />
Ullic», ma questa volta l'invocazione non ebbe alcun<br />
effetto. Il re fece un cenno d'assenso al figlio e si fece<br />
da parte per lasciarli passare. Solo quando la sentì<br />
gridare <strong>di</strong> nuovo il suo nome, a<strong>di</strong>rata, confusa e<br />
umiliata, la guardò negli occhi e accostandosi<br />
rapidamente le sfiorò la guancia con un <strong>di</strong>to prima <strong>di</strong><br />
rivolgerle la parola.<br />
«Figlia mia» mormorò. «Mi <strong>di</strong>spiace, ma non potevo<br />
saperlo, e nemmeno lui. E meglio che tu non resti qui.<br />
Va' col tuo uomo.»<br />
«Andare? Andare dove?» piagnucolò Veronica<br />
mentre il marito la trascinava via, soffocando con la<br />
sua forza possente ogni <strong>di</strong>sperato tentativo <strong>di</strong><br />
resistenza. Fu allora che, avanzando quasi alla cieca<br />
nell'oscurità, Uric si sentì mancare la terra sotto i pie<strong>di</strong><br />
e inciampò in una buca slogandosi una caviglia. Con<br />
un mugolio <strong>di</strong> dolore l'uomo si accasciò, allungò<br />
d'istinto le braccia per attutire la caduta e liberò<br />
Veronica.
Un attimo dopo, lei era già in pie<strong>di</strong> e correva<br />
animata dall'energia della sua gioventù ribelle, alzando<br />
la gonna ben al <strong>di</strong> sopra del ginocchio perché non<br />
rallentasse la sua corsa verso quei bagliori e quel denso<br />
fumo. Alle sue spalle sentiva la voce irata <strong>di</strong> Uric che la<br />
chiamava, ma la ignorò, concentrandosi unicamente<br />
sulle insi<strong>di</strong>e del terreno.<br />
Una voce le sussurrava che non aveva alcun motivo<br />
<strong>di</strong> tornare verso quei fuochi o <strong>di</strong> fuggire verso<br />
qualunque altro luogo, ma quel piccolo e saggio<br />
suggerimento rimase inascoltato. Veronica Varro era<br />
ormai troppo sconvolta e terrorizzata per riuscire a<br />
ragionare. Circondata dall'oscurità e dal fumo, si aprì<br />
un varco fra quei volti stranieri, frastornata da suoni e<br />
odori che non appartenevano al suo mondo e che<br />
sembravano assurdamente folli.<br />
Mentre si avvicinava al luogo della cerimonia, con le<br />
ombre smisurate dei celebranti che le danzavano<br />
davanti, si voltò e si accorse <strong>di</strong> non essere seguita.<br />
Sollevata, rallentò il passo fino a fermarsi, con il cuore<br />
che batteva all'impazzata e il petto che le doleva, nel<br />
tentativo <strong>di</strong> riprendere fiato. Continuava a pensare<br />
all'in<strong>di</strong>fferenza mostratale dal suo adorato Zullic, e<br />
aveva un nodo alla gola.<br />
Fu allora che si accorse delle grida. <strong>Le</strong> aveva u<strong>di</strong>te fin<br />
dall'inizio, mescolate alla terribile cacofonia della folla.<br />
Ma ora erano molto più acute, aumentando <strong>di</strong> volume<br />
e intensità: urla <strong>di</strong>sperate, strazianti, come non ne<br />
aveva mai sentite prima <strong>di</strong> allora. Lancinanti e colme
<strong>di</strong> un orrore indescrivibile, pareva impossibile che<br />
potessero venire da voci umane.<br />
Con un cieco, istintivo terrore, e la vaga sensazione<br />
che da un momento all'altro il cielo potesse aprirsi<br />
seminando morte e <strong>di</strong>struzione, Veronica Varro si rese<br />
conto che ciò che u<strong>di</strong>va non proveniva da un singolo<br />
essere umano, ma era il prodotto <strong>di</strong> decine, forse<br />
centinaia <strong>di</strong> voci.<br />
Come in un incubo spaventoso, muovendo un passo<br />
<strong>di</strong>etro l'altro meccanicamente, avanzò verso la luce e il<br />
baccano indescrivibile, accorgendosi <strong>di</strong> colpo della<br />
gente intorno a lei che la osservava e si faceva da<br />
parte, finché non si trovò davanti a tutti, con lo<br />
sguardo fisso sulla scena da cui il marito aveva tentato<br />
<strong>di</strong> proteggerla. Senza rendersene conto, tenne le mani<br />
premute sulle orecchie nel vano tentativo <strong>di</strong> sottrarsi a<br />
quel frastuono infernale. Ma non tentò <strong>di</strong> coprirsi gli<br />
occhi; se questa era la verità che il marito aveva<br />
cercato <strong>di</strong> nasconderle, lei voleva conoscerla.<br />
La folla era in<strong>di</strong>etreggiata per sottrarsi al calore, e lei<br />
sentiva le fiamme lambirle il viso persino a venti passi<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza. Qualcuno aveva scavato un enorme pozzo<br />
al centro <strong>di</strong> un ampio spazio aperto. Misurava più o<br />
meno <strong>di</strong>eci passi per lato, e quattro <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà. A<br />
quella vista, un vago ricordo le affiorò nella mente, e<br />
non fu sorpresa <strong>di</strong> scoprire che sopra la fossa era stata<br />
eretta una gigantesca forca. Una volta aveva sentito<br />
Ullic o Uric raccontare <strong>di</strong> cerimonie simili, anche se<br />
non vi aveva prestato particolare attenzione. Si
parlava <strong>di</strong> legno impregnato <strong>di</strong> pece, <strong>di</strong> fuochi senza<br />
fine, <strong>di</strong> sacrifici dei drui<strong>di</strong>.<br />
La grande forca si ergeva sul pozzo per un'altezza <strong>di</strong><br />
sei o sette lunghi passi, e dalla sua sommità<br />
penzolavano tre gabbie <strong>di</strong> legno, sospese a delle<br />
catene. In ciascuna <strong>di</strong> esse erano stipati degli uomini,<br />
alcuni apparentemente morti o privi <strong>di</strong> sensi, ma per la<br />
maggior parte ancora vivi... e urlanti. <strong>Le</strong> fiamme<br />
provenienti dalla fossa, alimentate dalla pece<br />
catramosa, avevano ormai raggiunto le strutture <strong>di</strong><br />
legno che avevano preso fuoco; quella centrale ardeva<br />
molto più rapidamente delle altre due. Mentre<br />
Veronica osservava sgomenta, si udì uno schianto<br />
secco che sovrastò ogni altro rumore, e la gabbia<br />
centrale si sfasciò in un turbinio <strong>di</strong> scintille,<br />
precipitando i prigionieri nell'inferno sottostante. Gli<br />
sventurati delle gabbie vicine, resisi conto <strong>di</strong> non avere<br />
più scampo si scagliarono contro le sbarre in preda al<br />
panico. Il lato <strong>di</strong> una delle gabbie cedette<br />
improvvisamente, e un pugno <strong>di</strong> uomini fu inghiottito<br />
dal cuore incandescente della pira. Sbilanciata dal<br />
contraccolpo e dallo spostamento <strong>di</strong> peso, la gabbia<br />
oscillò violentemente rovesciando nel fuoco altri<br />
<strong>di</strong>sperati urlanti, mentre alcuni <strong>di</strong> essi si lanciarono<br />
fuori nel vano tentativo <strong>di</strong> superare le fiamme e<br />
atterrare incolumi sull'orlo del pozzo.<br />
Veronica li vide cadere e scomparire, liquefatti dal<br />
nucleo incandescente della fornace, e quando sollevò<br />
<strong>di</strong> nuovo lo sguardo, nell'ultima gabbia rimasta non vi
era più alcun movimento. Tutti i prigionieri erano<br />
morti, e non restava che attendere che le sbarre o il<br />
pavimento si consumassero precipitando i cadaveri<br />
nella pira.<br />
Senza sapere che le grida erano ormai cessate,<br />
Veronica continuava a tapparsi le orecchie, ma ora il<br />
suo sguardo era rivolto alla folla vociante che scrutava<br />
compiaciuta lo spaventoso massacro agitandosi come<br />
spiriti infernali. I suoi occhi colmi <strong>di</strong> orrore si posarono<br />
su volti inespressivi e crudeli, privi <strong>di</strong> ogni umanità,<br />
spogli <strong>di</strong> ogni ragione. Questi erano i Celti <strong>di</strong> re Ullic,<br />
pensò confusamente, coloro tra i quali da oggi in poi<br />
sarebbe vissuta, il popolo per il quale aveva affrontato<br />
il lungo viaggio fino a quel luogo tetro chiamato Tir<br />
Manha. Questi erano i parenti <strong>di</strong> suo marito e i suoi<br />
futuri vicini <strong>di</strong> casa. Ormai il suo destino era quello <strong>di</strong><br />
con<strong>di</strong>videre le loro esistenze e le loro attività,<br />
apprendere la loro lingua e le loro abitu<strong>di</strong>ni ed<br />
educare i suoi futuri figli alle loro usanze e alle loro<br />
tra<strong>di</strong>zioni: bruciare vivi i nemici in gabbie <strong>di</strong> legno<br />
sospese su un enorme falò nella completa oscurità <strong>di</strong><br />
una notte senza luna.<br />
Qualcuno la afferrò per le spalle costringendola a<br />
voltarsi e il calore ardente svanì d'un tratto dal suo<br />
volto, premuto contro la stoffa <strong>di</strong> un'ampia tunica<br />
maschile. Una mano le accarezzò dolcemente la nuca e<br />
la schiena, e l'alito caldo <strong>di</strong> una bocca virile le sfiorò il<br />
collo. Dall'odore delle vesti, capì che era suo marito,<br />
Uric. Non sentiva alcun suono, e dopo aver tentato
inutilmente <strong>di</strong> toglierle le mani dalle orecchie lui si<br />
arrese e si limitò a stringerla a sé, cullandola<br />
teneramente il più a lungo possibile.
PARTE PRIMA<br />
INFANZIA
Salute a te, cara figlia,<br />
da settimane ormai pensavo <strong>di</strong> scriverti, e mentre<br />
curavo i miei doveri casalinghi raccoglievo nella mia<br />
mente frammenti <strong>di</strong> cose da raccontarti, ma solo ora<br />
mi accingo a farlo, quasi temendo che sia troppo tar<strong>di</strong>,<br />
e mi accorgo con sgomento <strong>di</strong> come sia passato in<br />
fretta il tempo dalla mia ultima lettera. Ieri sera,<br />
mentre sedevamo insieme davanti al focolare prima <strong>di</strong><br />
andare a letto, tuo padre mi ha fatto notare che le<br />
foglie hanno cominciato a ingiallire, che fra poco<br />
arriverà l'inverno e tu e la moglie <strong>di</strong> Pico, Enid,<br />
affronterete il travaglio e il parto. Sono rimasta<br />
sconvolta, e il mio primo istinto è stato quello <strong>di</strong> <strong>di</strong>rgli<br />
che esagerava. Mi sembra ieri quando ti descrivevo la<br />
mia eccitazione nell'apprendere che eri incinta e che<br />
all'inizio del nuovo anno ci avresti regalato un<br />
nipotino o una nipotina, e adesso, in men che non si<br />
<strong>di</strong>ca, sei già a metà della gravidanza. Questo significa<br />
anche che sono già passati due terzi <strong>di</strong> un anno dal tuo<br />
matrimonio, da quando sei <strong>di</strong>ventata una sposa con<br />
una casa tutta tua, e dall'ultima volta che ti ho vista.<br />
Come devi essere cambiata da quella gaia ragazzina dal<br />
volto ridente che tuo padre e io amavamo tanto e<br />
della quale eravamo tanto gelosi, sapendo quanto<br />
eravamo stati vicini a perderla quand'era piccola.<br />
C'è stata un'interruzione dopo le mie ultime parole<br />
ed è trascorsa nel frattempo un'intera giornata. Scrivere<br />
è un processo lungo e talvolta faticoso, perché la mia<br />
mano non è abituata a impugnare lo stilo per tanto
tempo. E tuttavia Publio scrive tutti i giorni, e a lungo,<br />
quin<strong>di</strong> devo dedurre che la fatica si attenui con la<br />
pratica. Spero che tu stia bene e che la gravidanza non<br />
ti <strong>di</strong>a molti fasti<strong>di</strong>. Come ben sai, io non ho avuto<br />
alcun problema né con te né con le tue sorelle, se si<br />
eccettua il dolore (solo spora<strong>di</strong>co, grazie a tuo padre)<br />
<strong>di</strong> non essere riuscita a dare alla luce un figlio che<br />
portasse il nome dei Varro. Ormai è troppo tar<strong>di</strong>, e<br />
questo nome morirà, temo, insieme al mio caro<br />
Publio, perché so che non ci sono più maschi della<br />
famiglia Varro ancora vivi. Speriamo, comunque, <strong>di</strong><br />
non dover pensare a questo per molti, molti anni<br />
ancora. Nel frattempo, la fierezza e l'animo virile <strong>di</strong><br />
tuo padre, il suo retaggio e tutta la sua nobiltà<br />
continueranno a vivere nei tuoi figli, e anche se il loro<br />
nome non sarà Varro, il sangue materno farà <strong>di</strong> loro<br />
sia dei Varro sia dei britannico, e la loro natura<br />
rispecchierà tutti quegli elementi che hanno fatto <strong>di</strong><br />
tuo padre l'eccellente uomo che è.<br />
Ma torniamo alla tua gravidanza e a come la stai<br />
portando avanti. Molte donne, grazie a Dio,<br />
sopportano questa con<strong>di</strong>zione con facilità, senza la<br />
minima sofferenza. Alcune ne traggono ad<strong>di</strong>rittura<br />
vantaggio, fiorendo mentre portano in grembo il<br />
bambino e acquistando una bellezza che raramente<br />
ritrovano quando non sono più incinte. Voi ci sono le<br />
altre, le <strong>di</strong>sgraziate creature che non sono in grado <strong>di</strong><br />
svolgere il ruolo che la natura ha loro assegnato e<br />
soffrono in<strong>di</strong>cibili dolori e malesseri per tutto il<br />
periodo della gravidanza. Sono anche quelle che fin
troppo spesso trovano ad attenderle le Arpie al<br />
momento del parto, e muoiono dando alla luce il<br />
figlio. So che questo non è il tuo caso, cara Veronica,<br />
altrimenti ne avrei avuto notizia da tempo, e adesso<br />
sarei lì con te invece <strong>di</strong> starmene seduta qui a scriverti<br />
questa lunga lettera un po' confusa. Tuo padre mi<br />
chiama.<br />
Bene! Un altro giorno è passato. Comincio a pensare<br />
che, una volta interrotta, mi sia impossibile riprendere<br />
a scrivere nella stessa giornata. Ieri, quando sono<br />
accorsa al richiamo <strong>di</strong> tuo padre, ho scoperto che uno<br />
dei giovani stallieri era stato preso a calci da un<br />
cavallo. Probabilmente aveva compiuto qualche<br />
imprudenza, ma non lo sapremo mai, perché è morto<br />
senza riprendere conoscenza. Aveva solo otto anni, e<br />
tuo padre si è molto arrabbiato perché era stato<br />
lasciato solo a fare il lavoro <strong>di</strong> un uomo. Abbiamo<br />
trascorso una serata animata da infiammate <strong>di</strong>scussioni<br />
cercando <strong>di</strong> conoscere la verità sull'accaduto da varie<br />
persone che in realtà non ne sapevano nulla. In<br />
generale, comunque, tuo padre sta bene, è in ottima<br />
salute e forte come se avesse metà dei suoi anni.<br />
Continua a passare la maggior parte del tempo nella<br />
sua vecchia fucina, battendo sul metallo incandescente,<br />
col rischio continuo <strong>di</strong> soffocare per il fumo e le<br />
esalazioni nocive. Ma quando lavora lì è un uomo<br />
felice, e cosa posso fare io, una donna, per<br />
<strong>di</strong>ssuaderlo? Anche se il ricordo mi fa sorridere, c'è<br />
stato un tempo in cui pensavo che il mio scarso<br />
interesse per la sua fucina e per le attività che vi
svolgeva dovesse <strong>di</strong>spiacergli. Mi sbagliavo. Ho<br />
imparato che tuo padre è perfettamente contento che<br />
io stia al mio posto, nella nostra casa, e che gli<br />
permetta <strong>di</strong> svolgere il suo lavoro. E quando torna al<br />
focolare accanto a me, come fa sempre, non dubito<br />
mai che sia felice <strong>di</strong> rivedermi. Vorrei che anche tu<br />
potessi godere <strong>di</strong> un simile dono, figlia mia. Ma l'unica<br />
persona che può offrirtelo è tuo marito Uric, e gli unici<br />
mezzi <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>sponi per convincerlo sono accu<strong>di</strong>re la<br />
sua casa, con<strong>di</strong>videre i suoi sogni, incoraggiare i suoi<br />
progetti e amarlo.<br />
Qui è una bella giornata, e il cielo tinto <strong>di</strong> rosa<br />
promette un magnifico tramonto. È strano pensare che<br />
forse tu non puoi vederlo lì dove vivi, tra le colline.<br />
Magari laggiù piove, o il clima è freddo e nebbioso.<br />
Ebbene figlia mia, ora che non sei più una bambina<br />
sappi che io e tuo padre continuiamo ad amarti. Porta<br />
in grembo tuo figlio con gioia e orgoglio, che sia un<br />
bimbo o una bimba, e non dubitare mai della tua<br />
capacità <strong>di</strong> dare figli maschi a tuo marito. Io ho avuto<br />
soltanto femmine, ma le donne della nostra famiglia<br />
hanno sempre messo al mondo uomini forti, e dunque<br />
io ero un'eccezione. Tu, ne sono convinta, avrai dei<br />
figli maschi. Non voglio contrariarti chiedendoti se<br />
vuoi venire qui a partorire. So che il tuo posto è nella<br />
patria <strong>di</strong> tuo marito, così come quello <strong>di</strong> Enid è qui,<br />
anche se Pico è andato in guerra. Prego Dio notte e<br />
giorno sopra ogni cosa <strong>di</strong> concedere forza, salute e<br />
sicurezza a voi tutti. Dio ti bene<strong>di</strong>ca, piccola mia. Sei
nella mia mente e nel mio cuore in ogni momento.<br />
La tua affezionata madre, LV<br />
Salute a te, mia cara madre,<br />
questa mattina ho sentito per caso Zullic <strong>di</strong>re a Uric<br />
che ha intenzione <strong>di</strong> passare da <strong>Camelot</strong> nel viaggio<br />
che ha in programma per la settimana prossima. Così,<br />
memore dell'enorme rotolo <strong>di</strong> papiro che mi hai<br />
mandato <strong>di</strong> recente, in cui insinui che se volessi<br />
scriverti non dovrebbero mancarmi i mezzi per farlo,<br />
ho deciso <strong>di</strong> cogliere questa opportunità per farti<br />
sapere che sto bene e che il fardello che porto non mi<br />
crea alcun problema. Il nipotino che vi darò è<br />
sicuramente maschio. La sua forza e la sua mancanza <strong>di</strong><br />
delicatezza mi <strong>di</strong>cono che non può essere<br />
<strong>di</strong>versamente. Ma in generale si è comportato bene, e<br />
sono abbastanza sicura che non mi porrà <strong>di</strong>fficoltà<br />
insormontabili quando sarà il momento <strong>di</strong> farlo venire<br />
al mondo. Spero ardentemente che tu e papà stiate<br />
bene quanto me, e se così è, ne sono felice.<br />
Siamo al culmine dei festeggiamenti <strong>di</strong> fine anno,<br />
anche se Samhain, il solstizio d'inverno, è già passato<br />
da un pezzo e le giornate cominciano ad allungarsi.<br />
Ora che vivo tra la gente della Cambria e il loro<br />
modo <strong>di</strong> vivere è <strong>di</strong>ventato il mio, spesso resto stupita<br />
nel constatare la profonda <strong>di</strong>fferenza tra i loro costumi<br />
o rituali e i nostri. Ricordo perfettamente quel<br />
luminoso, piacevole pomeriggio d'estate <strong>di</strong> parecchi
anni fa in cui il vescovo Alarico ci parlò <strong>di</strong> come le<br />
comunità del piccolo territorio in cui viviamo abbiano<br />
sviluppato cerimonie e riti <strong>di</strong>versi per celebrare le<br />
medesime festività. Eventi come i solstizi, quando il<br />
sole giunge alla fine del suo cammino e prende la<br />
strada del ritorno. Ma persino il nostro amato vescovo<br />
non sa spiegare il motivo <strong>di</strong> tali <strong>di</strong>fferenze.<br />
So che le tra<strong>di</strong>zioni che abbiamo a <strong>Camelot</strong><br />
affondano le loro ra<strong>di</strong>ci nel nostro passato romano.<br />
Ma i clan celtici celebrano Samhain quando noi<br />
celebriamo i Saturnalia. Avevo già sentito questo<br />
nome, e ricordo che da bambina trascorsi la festività <strong>di</strong><br />
Samhain con te e papà in due piccole comunità che<br />
dovevano essere a sud e a ovest <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>. Ma<br />
nessuna <strong>di</strong> quelle due ricorrenze ha la minima<br />
somiglianza con ciò che avviene qui in Cambria in<br />
questo periodo dell'anno. Di recente, poi, nelle regioni<br />
e tra i clan in cui si è <strong>di</strong>ffuso il cristianesimo, i riti e gli<br />
eventi che celebriamo cambiano <strong>di</strong> anno in anno. Ma<br />
l'unica cosa importante è festeggiare. Non conta il<br />
nome che <strong>di</strong>amo alla ricorrenza, o il modo in cui la<br />
osserviamo, la gente è felice <strong>di</strong> avere l'opportunità <strong>di</strong><br />
festeggiare qualcosa, qualunque cosa, ed è pronta a<br />
<strong>di</strong>vertirsi. I raccolti sono al sicuro, i campi sono pronti<br />
per l'inverno, e ciò che resta dell'anno volge al<br />
termine, con la speranza alimentata dalle sere che si<br />
vanno allungando e dalle piccole invisibili promesse <strong>di</strong><br />
futuri giorni più ver<strong>di</strong> e tiepi<strong>di</strong>.<br />
Quest'anno, però, non tutti festeggiano nella casa <strong>di</strong>
e Ullic. C'è una sventurata che ha il cuore gonfio <strong>di</strong><br />
tristezza, e mentre io, in analoghe circostanze, sarei<br />
confortata e incoraggiata dal mio adorato marito, a lei<br />
manca questa <strong>di</strong> forza e consolazione. Ha un marito,<br />
ma è un uomo <strong>di</strong> stampo molto <strong>di</strong>verso dal mio.<br />
Questa donna si chiama Tamara, e suo marito, il cui<br />
nome è <strong>Le</strong>ir, è un druido. È anche imparentato con<br />
Zullic, mi pare sia una specie <strong>di</strong> cugino. Mi hanno<br />
detto che suo nonno e il padre <strong>di</strong> Ullic erano cugini<br />
primi, nati dal fratello e dalla sorella del primo re della<br />
Federazione, Ullic dall'Occhio Verde, che come sai<br />
regnò quasi cent'anni fa. Chissà se quel nome<br />
significava che aveva un solo occhio? Oppure un<br />
occhio verde e l'altro <strong>di</strong> un <strong>di</strong>verso colore? No, questo<br />
non può essere, perché i re <strong>di</strong> Cambria devono essere<br />
fisicamente perfetti. Devo trovare qualcuno a cui<br />
chiederlo.<br />
Quando ho finito <strong>di</strong> vergare queste ultime parole mi<br />
sono interrotta e ho abbandonato il tavolo, perché mi<br />
sono accorta che stavo scrivendo delle assur<strong>di</strong>tà. E poi<br />
cominciavo ad avere i crampi alle <strong>di</strong>ta, che hanno i<br />
polpastrelli neri d'inchiostro.<br />
A <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> te, però, sono riuscita a riprendere<br />
nella stessa giornata, visto che non è ancora passata<br />
un'ora da quando ho smesso.<br />
Avevo iniziato a raccontarti della povera Tamara e<br />
dei suoi guai. Sono arrivata a conoscerla piuttosto<br />
bene in questi ultimi mesi perché, come me, era incinta<br />
del suo primogenito. Ahimè, ora non più. Tamara è
molto piccola, una donnina gracile, mentre suo figlio,<br />
un maschio, era enorme; così grosso, in verità, che le<br />
anziane del luogo sospettavano fossero dei gemelli<br />
prima che venisse il momento del parto. Ho saputo<br />
che la nascita <strong>di</strong> gemelli non è ben vista tra le<br />
popolazioni celtiche, e soprattutto qui in Cambria tra i<br />
clan <strong>di</strong> re Ullic.<br />
Ma malgrado i pettegolezzi delle vecchiette non si<br />
trattava <strong>di</strong> gemelli, purtroppo. Tamara ha partorito<br />
invece un unico, mostruoso figlio maschio, che le ha<br />
inflitto spaventose lacerazioni per venir fuori dal suo<br />
corpo esile un mese e mezzo prima del tempo. Ciò è<br />
accaduto quattro giorni fa, e la povera Tamara è<br />
ancora a letto, troppo debole anche solo per mettersi<br />
a sedere. Non posso credere che sia riuscita a<br />
sopravvivere così a lungo. Madre, ha perso così tanto<br />
sangue! Sapevo che le cose si mettevano male per lei.<br />
Tutti in verità lo sapevano. E avrei voluto fare<br />
qualcosa per assisterla nella sua terribile sofferenza e<br />
solitu<strong>di</strong>ne, ma le anziane mi hanno impe<strong>di</strong>to <strong>di</strong> entrare<br />
nella stanza, così non ho potuto far altro che ascoltare<br />
le sue grida e i suoi lamenti che si facevano sempre più<br />
strazianti man mano che lei si indeboliva.<br />
Ci è voluto più <strong>di</strong> un giorno prima che finalmente il<br />
bambino venisse alla luce, deforme, con la testa<br />
completamente schiacciata da un lato per qualche<br />
abominevole motivo.<br />
Secondo le consuetu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> queste genti, che possono<br />
essere terribilmente crudeli, il bambino avrebbe
dovuto essere soffocato alla nascita a causa della sua<br />
malformazione, ma per qualche motivo, sul quale tutti<br />
mi sembrano estremamente reticenti, le anziane erano<br />
riluttanti a uccìderlo prima <strong>di</strong> aver consultato il padre,<br />
il druido <strong>Le</strong>ir.<br />
<strong>Le</strong>ir infine è arrivato, sebbene non si fosse dato la<br />
pena <strong>di</strong> farsi vedere durante il travaglio della povera<br />
Tamara, e si è trattenuto a lungo da solo con il suo<br />
primogenito.<br />
Tutti immaginavano che, essendo un druido, stesse<br />
pregando per il neonato, ma quando è uscito dalla<br />
stanza ha negato il permesso <strong>di</strong> sopprimere suo figlio.<br />
So, perché me lo hanno raccontato, che le anziane<br />
hanno accolto la sua decisione con molta sorpresa e<br />
grande perplessità. Ma evidentemente <strong>Le</strong>ir <strong>di</strong>spone <strong>di</strong><br />
un grande potere, grande abbastanza da farsi beffe<br />
delle tra<strong>di</strong>zioni più antiche, anche se non so su che<br />
cosa sia fondato.<br />
So per certo, comunque, che nessuno ha osato<br />
contrad<strong>di</strong>rlo. Zullic avrebbe potuto farlo, e molti si<br />
aspettavano che così sarebbe avvenuto, ma per<br />
qualche motivo ha deciso <strong>di</strong> ignorare la faccenda, e<br />
così il bambino è ancora vivo.<br />
<strong>Le</strong>ir ha addossato tutte le colpe alla sventurata<br />
Tamara. Non è colpa dell'uomo, a quanto pare, se ci<br />
sono stati problemi alla nascita del neonato; nessun<br />
<strong>di</strong>fetto può essere imputato a lui o alla sua schiatta. È<br />
stata la donna, con i suoi comportamenti malvagi e<br />
viziosi, a causare la rovina del figlio. Quella detestabile
creatura ha completamente ignorato Tamara da<br />
quando è iniziato il travaglio. E per <strong>di</strong>rla tutta, ritengo<br />
possibile che l'abbia ignorata anche più a lungo. <strong>Le</strong>i è<br />
molto triste, naturalmente, ma per fortuna è anche<br />
troppo debole per rendersi conto fino in fondo <strong>di</strong> ciò<br />
che le accade.<br />
C'è qualcosa <strong>di</strong> ripugnante in quel druido, e tutte le<br />
volte che si avvicina mi viene la pelle d'oca. Soffre <strong>di</strong><br />
un leggero strabismo a un occhio e ha uno sguardo<br />
assolutamente inespressivo. Zio Caio usa spesso la<br />
parola vacuo per esprimere questo concetto <strong>di</strong><br />
completa assenza <strong>di</strong> espressività. Mi ha detto che<br />
significa "vuoto quasi perfetto". È il termine più adatto<br />
per in<strong>di</strong>care ciò che vedo in certi momenti in questo<br />
<strong>Le</strong>ir. A volte, guardandolo in faccia, potrei giurare che<br />
è pazzo. Pochi sono <strong>di</strong>sposti a parlare <strong>di</strong> lui, e ciò mi<br />
stupisce davvero, perché il clan <strong>di</strong> Uric è formato da<br />
gente pettegola, sempre pronta a impicciarsi dei fatti<br />
degli altri. I pochi che ne parlano lo fanno con molta<br />
circospezione, e quin<strong>di</strong> finiscono per non <strong>di</strong>re nulla <strong>di</strong><br />
importante.<br />
A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> quattro giorni dal parto, pare ormai<br />
che il bambino, che è stato chiamato Carthac,<br />
sopravviverà, malgrado le speranze <strong>di</strong> tutti quelli che si<br />
auguravano il contrario. Quanto a sua madre, Tamara,<br />
sembra invece che morirà, malgrado le preghiere dei<br />
suoi numerosi amici.<br />
Non temo affatto che la trage<strong>di</strong>a che l'ha colpita<br />
possa avere alcun effetto, o alcuna somiglianza, con
ciò che dovrò affrontare io fra qualche settimana,<br />
quando sarà il mio momento. Il caso <strong>di</strong> Tamara è stato<br />
drammatico, ma si può spiegare con la sua esile<br />
corporatura rispetto alla stazza, il peso e le <strong>di</strong>mensioni<br />
da leviatano del bimbo mostruoso che portava in<br />
grembo. Io sono molto più robusta <strong>di</strong> lei, e il mio<br />
bambino ben più piccolo. Inoltre, io ho un marito dal<br />
cui amore mi lascio portare come un petalo <strong>di</strong> rosa<br />
sull'acqua, e suo padre mi conosce e mi vuol bene da<br />
quando sono nata.<br />
Qui non mi accadrà nulla <strong>di</strong> male, e mio figlio verrà<br />
al mondo circondato dall'amore e dal calore <strong>di</strong> tutta la<br />
famiglia <strong>di</strong> suo padre. E fra loro crescerà finché non<br />
avrà l'ulteriore fortuna <strong>di</strong> incontrare l'amore della<br />
famiglia <strong>di</strong> sua madre. Abbiamo deciso che il suo nome<br />
sarà Uther.<br />
Bacia papà da parte mia. Vi scriverò il prima<br />
possibile dopo la nascita del vostro nipotino. Spero<br />
che a Enid vada tutto bene come a me.<br />
La vostra affezionata figlia, Veronica
I.<br />
Fin dalla più tenera età, Uther Pendragon si era<br />
accorto che tutti coloro che gli stavano intorno<br />
consideravano sua madre Veronica <strong>di</strong>versa dagli altri.<br />
Avevano persino un termine particolare per in<strong>di</strong>carla:<br />
"la straniera". All'inizio non capiva. Dopo tutto, la<br />
madre non era mai stata una straniera per lui. Veronica<br />
aveva sempre rappresentato una costante nella sua<br />
breve esistenza, insieme con la nutrice Rebecca. Queste<br />
due donne avevano segnato con la loro presenza ogni<br />
istante dei primi anni <strong>di</strong> vita del piccolo Uther,<br />
quand'era ancora troppo giovane perché le sue<br />
esigenze fossero <strong>di</strong> qualche importanza per gli altri.<br />
All'inizio, erano solo loro due.<br />
Tra i primissimi a unirsi al gruppetto fu una donna <strong>di</strong><br />
nome Henna, incaricata dal nonno <strong>di</strong> Uther, re Ullic<br />
Pendragon, <strong>di</strong> fare da cuoca per i nuovi arrivati,<br />
quando Veronica si era appena stabilita nella fortezza,<br />
più <strong>di</strong> otto mesi prima della nascita <strong>di</strong> Uther. Henna si<br />
era rapidamente affezionata alla nuora del re<br />
malgrado la sua origine esotica e i suoi mo<strong>di</strong> da<br />
straniera, e così non aveva mai cessato <strong>di</strong> cucinare per i<br />
nuovi inquilini ed era stata completamente assimilata<br />
nella loro vita <strong>di</strong> giovani sposi.<br />
Quando Uther fu cresciuto a sufficienza per<br />
cominciare a capire l'ambiente che lo circondava,
Henna la cuoca era già parte integrante della famiglia.<br />
E quando il bimbo ebbe imparato a correre e a<br />
parlare, presto imparò che se correva da Henna per<br />
<strong>di</strong>re qualche parola, lei gli offriva qualcosa <strong>di</strong> delizioso<br />
da mangiare.<br />
Henna fu la prima persona dalla quale Uther sentì<br />
usare l'espressione “la straniera” in relazione a sua<br />
madre, e sebbene non sapesse a chi si riferiva la cuoca,<br />
il bimbo capì che quello strano nome non<br />
sottintendeva biasimo o mancanza <strong>di</strong> rispetto.<br />
Comprese subito che «la straniera» era una donna<br />
sfortunata o afflitta da qualche problema. E man mano<br />
che, crescendo, sentiva ripetere sempre più spesso quel<br />
nome da gente che lo credeva troppo piccolo per<br />
capire, si rese conto velocemente che questa donna<br />
misteriosa era <strong>di</strong>versa, in qualche aspetto<br />
fondamentale, dalle persone «normali». Sapeva che<br />
tutte le serve che si riunivano nella cucina <strong>di</strong> Henna<br />
provavano simpatia nei confronti della straniera e la<br />
tenevano in grande considerazione - si capiva<br />
chiaramente dal tono della loro voce quando ne<br />
parlavano - e sapeva anche che in un modo o nell'altro<br />
erano tutte <strong>di</strong>spiaciute per lei. Ma per molto tempo<br />
non riuscì a scoprire l'identità della donna.<br />
Una volta, particolarmente incuriosito da qualche<br />
frase colta <strong>di</strong> nascosto, chiese persino a sua madre chi<br />
fosse "la straniera», ma Veronica si limitò a osservarlo<br />
con una curiosa espressione, senza capire. Quando il<br />
bimbo riformulò la domanda con maggior precisione,
lei gli lanciò un'occhiataccia e Uther cambiò<br />
rapidamente <strong>di</strong>scorso, come se non avesse mai toccato<br />
l'argomento.<br />
Pur avendo affrontato la questione con sua madre,<br />
non aveva mai preso in considerazione l'idea <strong>di</strong><br />
rivolgersi a Henna o a qualcuna delle sue amiche,<br />
perché sapeva che così facendo avrebbero capito che<br />
ascoltava i loro <strong>di</strong>scorsi, e da quel momento si<br />
sarebbero fatte più caute, privandolo della sua più<br />
ricca <strong>di</strong> informazioni e pettegolezzi. Così per molti<br />
mesi si limitò a stu<strong>di</strong>arle attentamente e cercò <strong>di</strong><br />
scoprire da solo il segreto dell'identità della straniera,<br />
esaminando tutte le donne che incontrava nel corso<br />
della giornata. Sapeva che lei doveva avere qualcosa <strong>di</strong><br />
particolare che la <strong>di</strong>stingueva da tutte quelle che<br />
conosceva. I suoi interessi non coincidevano con quelli<br />
delle altre e pareva trattarsi <strong>di</strong> qualcuno che non era<br />
mai totalmente presente.<br />
Rimase nell'ignoranza finché un giorno, mentre si<br />
parlava della donna misteriosa, <strong>di</strong> colpo Henna<br />
sussurrò: «Shhh! Eccola che viene» e Veronica entrò in<br />
cucina. Ci volle solo qualche istante perché Uther<br />
capisse: solamente sua madre poteva corrispondere a<br />
tutti i criteri da lui definiti con tanta precisione.<br />
Veronica non legava con Henna e il resto della servitù<br />
se non per ciò che atteneva al suo ruolo <strong>di</strong> padrona <strong>di</strong><br />
casa: compariva ogni tanto per dare or<strong>di</strong>ni,<br />
manifestare i suoi desideri e le sue aspettative e<br />
qualche volta si lamentava per un servizio non proprio
impeccabile. E ciononostante era evidente che tutti le<br />
volevano bene e rispettavano la sua onestà e il suo<br />
innato senso della giustizia.<br />
Uther aveva sviluppato la capacità <strong>di</strong> ragionare fin<br />
da quando aveva cinque anni e ora che, a sei, aveva<br />
scoperto l'identità della straniera, provava un immenso<br />
orgoglio per essere riuscito a risolvere il mistero tutto<br />
da solo. Ma la sua sod<strong>di</strong>sfazione fu <strong>di</strong> breve durata,<br />
perché nel giro <strong>di</strong> un mese si trovò a spiare un'altra<br />
conversazione in cui una tessitrice <strong>di</strong> nome Gyndrel,<br />
giunta da poco nell'inse<strong>di</strong>amento <strong>di</strong> Ullic, chiedeva a<br />
Henna perché la padrona venisse definita "la straniera".<br />
Henna, che era solita rispondere a una domanda con<br />
un'altra domanda, replicò subito chiedendo a Gyndrel<br />
perché, secondo lei, l'avessero chiamata in quel modo.<br />
La tessitrice rispose che probabilmente il soprannome si<br />
doveva alla chiara origine straniera <strong>di</strong> Veronica, al<br />
fatto che venisse da qualche luogo lontano dalla<br />
Cambria, ma Henna sbuffò sdegnosamente prima<br />
ancora che Gyndrel avesse finito <strong>di</strong> parlare. Veronica,<br />
puntualizzò la cuoca, pur avendo trascorso la prima<br />
parte della sua vita da straniera, adesso era la moglie<br />
del figlio maggiore del re e nessuno in tutta la<br />
Federazione dei Pendragon avrebbe osato insultarla o<br />
<strong>di</strong>ffamarla insinuando che non fosse gra<strong>di</strong>ta. In tono <strong>di</strong><br />
profondo <strong>di</strong>sprezzo, Henna ingiunse alla donna <strong>di</strong><br />
smetterla <strong>di</strong> <strong>di</strong>re stupidaggini e <strong>di</strong> usare il cervello, una<br />
volta tanto.<br />
Nascosto <strong>di</strong>etro una catasta <strong>di</strong> legna, Uther annuì
sod<strong>di</strong>sfatto quando Gyndrel enumerò i motivi<br />
plausibili che lui stesso avrebbe elencato al posto suo.<br />
Ma drizzò il capo meravigliato quando Henna li<br />
bocciò tutti quanti con una risata sprezzante.<br />
Macché, riprese la cuoca in tono beffardo,<br />
stringendosi lo scialle intorno alle spalle e spostando le<br />
grosse natiche sulla se<strong>di</strong>a per mettersi comoda.<br />
Quando Gyndrel avesse conosciuto meglio la famiglia<br />
e ciò che accadeva sotto quel tetto, avrebbe capito<br />
subito che il termine «la straniera» andava preso alla<br />
lettera: fin troppo spesso la padrona si estraniava in un<br />
suo mondo immaginario, lontano dalla Cambria.<br />
Tutte quelle informazioni fornirono a Uther più<br />
spunti <strong>di</strong> riflessione <strong>di</strong> quanti ne avesse mai avuti in<br />
precedenza, e il bimbo cominciò a osservare<br />
attentamente la madre, esaminando il suo<br />
comportamento per in<strong>di</strong>viduare quelle "assenze".<br />
Naturalmente il suo tentativo non sortì alcun effetto,<br />
poiché la madre si comportava in maniera<br />
apparentemente normale, e lui non riuscì a notare<br />
nulla <strong>di</strong> strano. Ciononostante, da allora Uther rimase<br />
all'erta per vedere se Veronica desse segni <strong>di</strong><br />
allontanamento.<br />
Da quel giorno in poi fece ogni sforzo per<br />
mantenersi praticamente invisibile in cucina quando le<br />
donne spettegolavano, celandosi alla loro vista tutte le<br />
volte che la conversazione prometteva <strong>di</strong> essere<br />
particolarmente illuminante, e non mancò mai <strong>di</strong><br />
tendere l'orecchio nel caso venisse menzionato «l'altro»
nome della madre. Imparò molte cose nel corso dei<br />
quattro anni che seguirono, e cominciò a in<strong>di</strong>viduare le<br />
fasi <strong>di</strong> «assenza» nell'atteggiamento materno. Ma nelle<br />
cucine non udì mai alcuna spiegazione convincente del<br />
comportamento apparentemente bizzarro <strong>di</strong> Veronica,<br />
e finì per convincersi che Henna stessa non conoscesse<br />
la verità, malgrado facesse <strong>di</strong> tutto per apparire bene<br />
informata.<br />
Qualche anno dopo, fu una conversazione tra suo<br />
padre e il nonno materno, Publio Varro, a fornire a<br />
Uther un primo in<strong>di</strong>zio plausibile. Accadde all'inizio<br />
della primavera. Uric aveva raggiunto la moglie che si<br />
trovava a <strong>Camelot</strong> per visitare i genitori, Publio e<br />
Luceia Varro, e per riprendere il figlio, che aveva<br />
trascorso tutto l'inverno in casa dei nonni in<br />
compagnia del cugino «gemello», Caio Merlino<br />
Britannico. I due ragazzi erano nati nello stesso giorno<br />
a poche ore l'uno dall'altro, sebbene a molte miglia <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>stanza, uno in Cambria e l'altro a <strong>Camelot</strong>. Erano<br />
molto simili - per ragioni <strong>di</strong> sangue, se non per<br />
temperamento - ed erano amici per la pelle fin da<br />
bambini. Il padre <strong>di</strong> Caio, Pico Britannico, era stato un<br />
comandante <strong>di</strong> cavalleria, un legato con pieni poteri,<br />
nelle legioni romane agli or<strong>di</strong>ni del grande Flavio<br />
Stilicone, reggente imperiale e comandante dell'esercito<br />
in nome dell'imperatore Onorio, che all'epoca era<br />
ancora un bambino. Quando la moglie fu uccisa da un<br />
folle, poco dopo aver dato alla luce il loro unico figlio,<br />
la zia <strong>di</strong> Pico, Luceia, nonna <strong>di</strong> Uther, si prese cura del<br />
neonato durante l'assenza forzata del genitore.
Al tempo in cui i due «gemelli» erano ancora piccoli,<br />
la madre <strong>di</strong> Uther, Veronica, aveva insistito perché<br />
stessero insieme il più possibile, e così era <strong>di</strong>ventato<br />
normale per Uther trascorrere gran parte dell'inverno a<br />
<strong>Camelot</strong>, e poi per Caio - o Cai, come avevano preso<br />
a chiamarlo i suoi amici - tornare con Uther in Cambria<br />
per passarvi buona parte dell'estate.<br />
Quel pomeriggio, in particolare, Uther si era calato<br />
per l'ennesima volta nei panni <strong>di</strong> spia invisibile,<br />
sfruttando la capacità <strong>di</strong> origliare che aveva sviluppato<br />
e affinato negli anni nascondendosi nella cucina <strong>di</strong><br />
Henna. Era una malinconica giornata <strong>di</strong> pioggia e i<br />
ragazzi giocavano tra le mura <strong>di</strong> Villa Britannico, un<br />
tempo casa avita <strong>di</strong> Caio Britannico, nonno <strong>di</strong> Caio<br />
Merlino, e messa a <strong>di</strong>sposizione degli ospiti da quando<br />
la famiglia si era trasferita nella nuova fortezza in cima<br />
alla collina, a meno <strong>di</strong> un miglio <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza.<br />
Uther giocava a nascon<strong>di</strong>no con Caio e i suoi amici<br />
celato <strong>di</strong>etro una tenda nella stanza preferita del<br />
nonno, e quando udì dei passi che si avvicinavano<br />
rimase perfettamente immobile, credendo che fossero i<br />
compagni che venivano a cercarlo. Solo quando il<br />
nonno Publio cominciò a parlare capì che si era<br />
sbagliato, e stava per uscire dal nascon<strong>di</strong>glio quando<br />
improvvisamente, forse per la sua innata curiosità,<br />
esitò.<br />
Il padre <strong>di</strong> Uther aveva seguito Publio nella stanza, e<br />
senza preamboli il nonno iniziò a interrogarlo. Ormai<br />
era troppo tar<strong>di</strong> per palesarsi, e Uther rimase dov'era
tendendo l'orecchio.<br />
«Puoi rispondermi che non sono affari miei, se<br />
preferisci, ma c'è qualcosa che non va fra te e Veronica<br />
o mi sbaglio?»<br />
Uther si irrigidì, trattenendo il respiro in attesa della<br />
risposta <strong>di</strong> suo padre. Poi, dopo un silenzio che gli<br />
parve interminabile, udì dei passi lenti e sul pavimento<br />
<strong>di</strong> pietra il rumore <strong>di</strong> una se<strong>di</strong>a che veniva spostata.<br />
«È stata lei a parlartene?» chiese Uric.<br />
«No... non ha detto niente né a me né a sua<br />
madre... ma noi non siamo stupi<strong>di</strong>, Uric, e Veronica<br />
non sa mentire, nemmeno quando tace. Non è un<br />
problema nostro, malgrado tutto l'amore che<br />
portiamo a nostra figlia... è unicamente una questione<br />
fra voi due. Una figlia e una moglie restano due<br />
creature <strong>di</strong>stinte e profondamente <strong>di</strong>verse anche se<br />
coesistono in un'unica donna. Ma come ho detto, se<br />
preferisci non parlarne, rispetto la tua decisione.»<br />
Seguì un altro lungo silenzio, finché il suono<br />
squillante <strong>di</strong> un gong fece sobbalzare Uther, che per un<br />
attimo temette <strong>di</strong> essersi tra<strong>di</strong>to. Ma nulla accadde, e<br />
mentre i battiti del suo cuore si calmavano, il ragazzo<br />
udì un'altra voce provenire dal fondo della sala.<br />
«Mastro Varro, cosa or<strong>di</strong>ni?»<br />
«Ah, Gallo, portaci qualcosa da bere, per favore.<br />
Qualcosa <strong>di</strong> fresco.»<br />
Gallo doveva essersi ritirato imme<strong>di</strong>atamente perché<br />
calò <strong>di</strong> nuovo il silenzio, poi Uric prese la parola.
«Non so proprio cosa <strong>di</strong>rti, Publio. C'è<br />
effettivamente qualcosa che non va, e da molto, molto<br />
tempo. In parte riesco a capire <strong>di</strong> cosa si tratta, ma mi<br />
sembra ugualmente così assurdo che non so come<br />
spiegartelo.»<br />
Dopo una pausa, il padre <strong>di</strong> Uther proseguì:<br />
«Non siamo infelici, sai... È solo che... be', dormiamo<br />
insieme e ci comportiamo come marito e moglie, ma<br />
io so che...» Uric Pendragon si interruppe, poi aggiunse<br />
d'un fiato: «Non avrà altri figli. Neanche uno, Publio. E<br />
non sto <strong>di</strong>cendo che non sia in grado <strong>di</strong> averne. Sto<br />
<strong>di</strong>cendo che non li avrà. Non li desidera, non vuole<br />
nemmeno sentirne parlare. Prende... prende farmaci e<br />
pozioni per evitare <strong>di</strong> rimanere incinta. Se li fa dare<br />
dalle vecchie che vivono nelle campagne fuori dal<br />
nostro villaggio, quelle che vengono considerate le<br />
sacerdotesse dell'Antica Dea.»<br />
«L'Antica Dea? Vuoi <strong>di</strong>re la Dea della Luna?»<br />
«Sì, la più importante fra tutte le nostre <strong>di</strong>vinità,<br />
Rhiannon. È molto viva e presente fra la popolazione<br />
delle montagne e delle foreste.»<br />
«Perché mai dovrebbe arrivare a questo punto per<br />
non avere figli? Questa non è la Veronica che conosco!<br />
Da ragazzina non sognava altro che avere una ni<strong>di</strong>ata<br />
<strong>di</strong> bambini. Devi averle...» Varro si interruppe e si<br />
schiarì la gola. «Male<strong>di</strong>zione, è <strong>di</strong>fficile <strong>di</strong>re certe cose<br />
senza apparire ingiusto. Non voglio accusarti <strong>di</strong><br />
qualcosa, ma... hai idea <strong>di</strong> cosa sia successo?»
Uther udì suo padre trarre un profondo sospiro.<br />
«Dev'essere collegato alla notte in cui giungemmo in<br />
Cambria, appena sposati, e al massacro che si svolse<br />
laggiù. Quando scoprii cosa stava accadendo era ormai<br />
troppo tar<strong>di</strong> per intervenire. Cercai <strong>di</strong> nasconderle<br />
quello spettacolo, <strong>di</strong> portarla via e <strong>di</strong> proteggerla, ma<br />
non ci riuscii e so che lei ne fu sconvolta... Poi, con il<br />
passare del tempo e cessata l'eccitazione, parve<br />
calmarsi e a poco a poco si tranquillizzò. Tentai <strong>di</strong><br />
spiegarle i motivi <strong>di</strong> quella vicenda, ma lei si limitava<br />
ad ascoltarmi senza <strong>di</strong>re nulla, e alla fine smisi <strong>di</strong><br />
parlarne. Non toccammo mai più l'argomento.<br />
Credevo che lo avesse <strong>di</strong>menticato.»<br />
In quel momento furono interrotti dal ritorno <strong>di</strong><br />
Gallo, evidentemente accompagnato da qualcuno che<br />
portava un vassoio con le bibite. Uther avvertì un lieve<br />
stimolo alla vescica ma lo ignorò, concentrandosi<br />
invece sugli indecifrabili brusii a fior <strong>di</strong> labbra e sul<br />
tintinnio delle stoviglie. Qualche istante dopo udì il<br />
gorgoglio <strong>di</strong> un liquido versato in un contenitore.<br />
Interpretò il mugolio <strong>di</strong> suo padre come un<br />
ringraziamento, poi dal rumore capì che qualcuno -<br />
doveva essere suo nonno, perché fu lui a parlare un<br />
attimo dopo -aveva posato la sua coppa da qualche<br />
parte.<br />
«Stavi <strong>di</strong>cendo che alla fine Veronica si riprese da<br />
quello spavento...»<br />
«Già, così credevo. All'inizio era terrorizzata.<br />
Sicuramente si era convinta che ciò a cui aveva assistito
fosse una cosa normale, probabilmente credeva che<br />
bruciassimo vivi tutti i nostri nemici. Poi ci fu un<br />
periodo in cui lei fu... come <strong>di</strong>re... così lontana da me<br />
che temetti <strong>di</strong> aver perso lei e il suo amore per sempre.<br />
Poi nacque Uther, e fummo travolti dalla felicità <strong>di</strong><br />
vederlo crescere forte e bello davanti ai nostri occhi.<br />
Passarono i mesi, gli anni, e io cominciai a essere<br />
turbato dal fatto che non riuscisse ad avere un altro<br />
figlio. Non si poteva certo <strong>di</strong>re che non ci provassimo,<br />
così iniziai a preoccuparmi e a pormi delle domande.<br />
Non aveva avuto <strong>di</strong>fficoltà a restare incinta<br />
quand'eravamo appena sposati... anzi, credo che abbia<br />
concepito il nostro Uther la prima notte <strong>di</strong> nozze. Ma<br />
quando sollevavo questo problema cercando<br />
spiegazioni, Veronica reagiva in modo strano.<br />
Assumeva un atteggiamento ostile e si rifiutava <strong>di</strong><br />
parlarne, voltandomi le spalle. Fu allora che mi resi<br />
conto che c'era davvero qualcosa che non andava tra<br />
noi due... Sarà stato... quando? Quattro anni fa? No,<br />
quasi cinque. Sapevo <strong>di</strong> non aver fatto nulla per<br />
causare questi problemi... nulla <strong>di</strong> male... Non ho mai<br />
dubitato del suo amore, ma c'è una perenne, profonda<br />
tristezza in lei, Publio, una specie <strong>di</strong> afflizione. E io mi<br />
sento incapace <strong>di</strong> aiutarla. Come ti ho spiegato, non<br />
vuole nemmeno prendere in considerazione l'idea <strong>di</strong><br />
avere altri figli. Nel modo più assoluto.»<br />
«E non sai il perché?»<br />
«No, purtroppo lo so, risale a quella notte, la notte<br />
dei fuochi. L'ultima volta che abbiamo litigato, lei ha
detto che non metterà mai al mondo un altro figlio<br />
perché venga tra<strong>di</strong>to e bruciato vivo dai drui<strong>di</strong>.»<br />
Il nonno <strong>di</strong> Uther rimase in silenzio per un po', poi<br />
replicò: «Vorrei che tu mi raccontassi cosa accadde<br />
davvero quella notte, Uric. Quando, qui a <strong>Camelot</strong>,<br />
venimmo a conoscenza del fatto erano già passati<br />
<strong>di</strong>versi mesi e tutti cercavano <strong>di</strong> <strong>di</strong>menticare, evitando<br />
l'argomento o parlandone il meno possibile. So che ci<br />
fu una sollevazione tra i drui<strong>di</strong>, che molti <strong>di</strong> loro<br />
furono uccisi e che molte altre persone morirono in un<br />
incen<strong>di</strong>o. Ma cosa vide effettivamente Veronica quella<br />
notte?».<br />
Seguì un'altra lunga pausa, e Uther rimase immobile,<br />
cercando <strong>di</strong> non fare il più piccolo rumore per non<br />
attirare l'attenzione degli uomini che stavano al <strong>di</strong> là<br />
della tenda. Ogni volta che questi tacevano - poiché<br />
entrambi riflettevano a lungo prima <strong>di</strong> parlare - il<br />
ragazzo temeva che in quell'assoluto silenzio si<br />
avvertisse <strong>di</strong>stintamente il suo respiro o il battito del<br />
cuore. Finalmente, suo padre riprese la parola.<br />
«Assistette a un rogo.»<br />
«Un rogo... Che significa? Mi stai <strong>di</strong>cendo che quei<br />
falò erano voluti, che lei vide qualcuno arso vivo<br />
intenzionalmente?»<br />
«Sì... più d'uno.»<br />
«E quanti, in nome <strong>di</strong> Dio?»<br />
«Trentadue.»<br />
«Per il Cristo dei cristiani! Trentadue uomini? Ma lei
non aveva ancora se<strong>di</strong>ci anni! E tu le permettesti <strong>di</strong><br />
vedere trentadue persone bruciare vive?»<br />
«Certo che no! Non permisi proprio niente. Ma non<br />
potevo far nulla per evitarlo. Persino mio padre non fu<br />
in grado <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>rlo. Al nostro arrivo ci ritrovammo<br />
in mezzo, senza alcun preavviso.»<br />
Ci fu <strong>di</strong> nuovo l'ennesimo lungo silenzio, poi un<br />
rumore <strong>di</strong> passi nervosi. Quando udì nuovamente la<br />
voce <strong>di</strong> suo nonno, Uther capì che stava guardando<br />
fuori, voltando le spalle a Uric. «In mezzo a che cosa,<br />
Uric? Dimmelo.»<br />
«Non c'è molto da <strong>di</strong>re. La situazione precipitò<br />
mentre noi eravamo a <strong>Camelot</strong> per la festa <strong>di</strong> nozze,<br />
ma tutto era iniziato molto tempo prima, un<br />
complotto nato e portato avanti in segreto, protetto<br />
da giuramenti <strong>di</strong> sangue e la minaccia <strong>di</strong> vendette dei<br />
demoni. Ma a portarlo alla luce fu una circostanza del<br />
tutto accidentale. Mentre il re e i suoi uomini più<br />
importanti si trovavano a <strong>Camelot</strong> per celebrare il<br />
matrimonio, una flotta <strong>di</strong> Ersi attaccò la nostra costa<br />
meri<strong>di</strong>onale, con quattro imbarcazioni cariche <strong>di</strong><br />
guerrieri. Il caso volle che in quel momento avessimo<br />
soldati nella zona, agli or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Powys, uno dei più<br />
vali<strong>di</strong> capitani <strong>di</strong> mio padre. Ma quando Powys fu<br />
informato della presenza dei nemici, questi avevano<br />
già bruciato quattro villaggi lungo la costa. Alla fine<br />
Powys li raggiunse, sorprendendoli lontano dalle loro<br />
imbarcazioni, e li massacrò... o quantomeno ne uccise<br />
la maggior parte. Scoprimmo solo in seguito che
Powys aveva trascorso un po' <strong>di</strong> tempo in compagnia<br />
<strong>di</strong> alcuni dei nostri drui<strong>di</strong>, e per questo motivo, invece<br />
<strong>di</strong> uccidere i predoni senza indugio com'era suo<br />
dovere, li prese prigionieri.»<br />
«E perché mai? Il tuo popolo non fa schiavi, giusto?<br />
E non avete spazio né tempo per rinchiudere e<br />
sorvegliare dei prigionieri. In ogni caso, credevo che il<br />
vostro capo druido fosse con noi a <strong>Camelot</strong> in quel<br />
momento. Non era forse quell'uomo vestito <strong>di</strong> rosso<br />
che celebrò il matrimonio insieme al vescovo Alarico?»<br />
«Proprio lui. Si chiamava Llew. Ora è morto ed è<br />
stato sostituito da un uomo <strong>di</strong> nome Daris cinque anni<br />
fa. Il complotto era nato fra altri drui<strong>di</strong>, molto prima<br />
del mio matrimonio con Veronica. Un gruppo <strong>di</strong> ribelli<br />
noti come i Fratelli Neri ambiva a spazzar via quelli<br />
che reputavano segni <strong>di</strong> decadenza e a ristabilire le<br />
antiche tra<strong>di</strong>zioni, o quelle che secondo loro erano le<br />
antiche tra<strong>di</strong>zioni. Facevano rivivere i leggendari roghi<br />
<strong>di</strong> uomini, quando i nemici catturati venivano offerti in<br />
sacrificio agli dèi e la Cambria era potente e<br />
orgogliosa. Probabilmente tu non hai mai u<strong>di</strong>to queste<br />
leggende, perché è da oltre cinque secoli che non si<br />
praticano più questi riti. Ma i racconti sono stati<br />
tramandati dal nostro popolo, e tali usanze non sono<br />
mai state <strong>di</strong>menticate.<br />
Questi sacerdoti fanatici sfruttavano il loro potere e<br />
il loro carisma per infondere un sacro terrore degli<br />
antichi dèi in tutti coloro che erano <strong>di</strong>sposti ad<br />
ascoltarli. E furono in molti a farlo, gente <strong>di</strong> ogni strato
sociale. Powys non fu l'unico capo o ufficiale <strong>di</strong> grado<br />
inferiore a esserne sedotto. E quando decisero che era<br />
giunto il momento <strong>di</strong> mettere in atto i loro piani,<br />
agirono rapidamente. Nella più assoluta segretezza<br />
consolidarono la loro autorità con giuramenti <strong>di</strong><br />
sangue e terribili minacce a eventuali tra<strong>di</strong>tori,<br />
servendosi <strong>di</strong> quell'arma potente che è la paura. Il loro<br />
movimento, ammesso che si possa chiamare così, era<br />
una sorta <strong>di</strong> insurrezione contro il capo druido Llew e i<br />
suoi meto<strong>di</strong>. Ma la rivolta fallì perché quell'unico<br />
incidente del rogo <strong>di</strong> Tir Manha ne segnò la fine.<br />
Quando arrivammo da <strong>Camelot</strong>, quella notte, il<br />
tramonto ci aveva sorpreso a molte miglia da casa, ma<br />
poiché pensavamo <strong>di</strong> non correre pericoli nelle nostre<br />
terre, avevamo deciso <strong>di</strong> proseguire al buio per<br />
dormire nei nostri letti a Tir Manha... Non hai idea <strong>di</strong><br />
quante volte, io abbia rimpianto quella decisione.»<br />
«No, ti credo. Ma aspetta...» Ci fu un altro silenzio,<br />
poi Uther udì altri passi che si avvicinavano.<br />
«Caio?» esclamò suo nonno, in tono estremamente<br />
irritato. «Che fai qui? Sai che non ti è concesso portare<br />
i tuoi amici a far baccano in casa, come una banda <strong>di</strong><br />
predoni.»<br />
«Stiamo cercando Uther, zio.»<br />
«Non mi interessa, figliolo. Se hai gli occhi per<br />
vedere e sei capace <strong>di</strong> usarli, ti accorgerai che Uther<br />
non è qui. Adesso toglietevi dai pie<strong>di</strong> e andate a<br />
cercarlo da qualche altra parte. Tuo zio Uric e io<br />
stiamo parlando, quin<strong>di</strong> andatevene e lasciateci in
pace. Ma fate piano, perché se zia Luceia si accorge che<br />
vi aggirate per la casa in questo modo, saranno guai<br />
per tutti voi. E chiudete quella porta uscendo, per<br />
favore.»<br />
Quando i passi si furono allontanati più<br />
silenziosamente <strong>di</strong> come erano arrivati, Varro riprese a<br />
parlare.<br />
«Dunque, se ho ben capito voi arrivaste quando il<br />
sacrificio era già in atto. Ma tu dovevi aver capito ciò<br />
che stava accadendo, con quei bagliori e tutto quel<br />
movimento, e avresti potuto portare via tua moglie.<br />
Trentadue roghi dovevano fare una bella luce!»<br />
«Trentadue...? No, c'era un unico rogo, nel pozzo<br />
dei sacrifici. I prigionieri erano tutti rinchiusi in gabbie<br />
sospese sulle fiamme.» In pochi terribili istanti, Uric<br />
descrisse lo spettacolo che aveva accolto i viaggiatori al<br />
loro arrivo, e Uther lo ascoltò, affascinato, tentando <strong>di</strong><br />
ricreare mentalmente immagini e rumori <strong>di</strong> quella<br />
scena.<br />
Quando Uric ebbe finito <strong>di</strong> parlare, Publio Varro<br />
restò in silenzio per un po' riflettendo su quelle parole.<br />
«Cristo» sbottò alla fine, incredulo. «Ricordo che tuo<br />
padre mi descrisse questo pozzo, anni fa. Ma non fece<br />
alcun accenno ai sacrifici. Questa barbarie supera<br />
qualsiasi cosa io abbia mai visto o sentito. E Ullic non<br />
fece nulla per impe<strong>di</strong>rlo?»<br />
«Era <strong>di</strong>sorientato, come tutti noi. Non era mai<br />
successa una cosa del genere a memoria d'uomo, e
nessuno <strong>di</strong> noi sapeva esattamente cosa aspettarsi.»<br />
«I vostri drui<strong>di</strong> dovevano saperlo!»<br />
«Sì, i Fratelli Neri lo sapevano, ma erano gli unici. E<br />
avevano avuto il tempo <strong>di</strong> convincere quelli che erano<br />
rimasti a casa, invocando la legge dei tre giorni. I<br />
nemici erano prigionieri da tre giorni, capisci. E le<br />
nostre antiche leggi stabiliscono che se un prigioniero<br />
deve morire, bisogna ucciderlo entro tre giorni dalla<br />
cattura. In caso contrario, dev'essere trattenuto come<br />
schiavo o rimesso in libertà. Se viene ucciso dopo tre<br />
giorni, invece, il suo spirito continuerà a tormentare e<br />
terrorizzare i suoi assassini.»<br />
«Sciocchezze.»<br />
«No, Publio, è la nostra antica legge... la legge<br />
drui<strong>di</strong>ca.»<br />
«Fondata sulla paura e sulla superstizione.»<br />
«Fondata sulle nostre credenze. La Cambria non è<br />
<strong>Camelot</strong>, Publio.» Uther sentì suo padre passeggiare<br />
nervosamente avanti e in<strong>di</strong>etro, e quando Uric riprese<br />
a parlare il suo tono si era inasprito. «Voi avete spazi<br />
aperti, alte mura e tutte le como<strong>di</strong>tà dei Romani.<br />
Avete luce e calore in abbondanza: candele <strong>di</strong> pura<br />
cera d'api, bracieri colmi <strong>di</strong> carboni ardenti e torce<br />
brillanti alimentate con sego e oli accuratamente<br />
raffinati. Da noi non è così. Noi siamo dominati dalla<br />
notte e dall'oscurità, e la nostra gente teme le creature<br />
che popolano le tenebre. Voi, con le vostre tra<strong>di</strong>zioni<br />
ere<strong>di</strong>tate dai Romani, potete sorridere delle nostre
superstizioni, ma noi dobbiamo vivere per quello che<br />
siamo e per ciò che sappiamo. Noi cre<strong>di</strong>amo che gli<br />
spiriti dei defunti circolino liberamente nel buio della<br />
notte, e che solo la benevolenza dei nostri dèi<br />
impe<strong>di</strong>sca loro <strong>di</strong> perseguitarci. Quando gli dèi non<br />
sono sod<strong>di</strong>sfatti, siamo in balia dei demoni. Siamo<br />
Celti, Publio, non Romani. Per noi questa non è<br />
superstizione... è l'essenza stessa della vita e della<br />
realtà, e cre<strong>di</strong>mi se ti <strong>di</strong>co che è <strong>di</strong>fficile sentirsi sciocchi<br />
e superstiziosi quando un cieco terrore trasforma il tuo<br />
sangue in acqua e le ossa in gelatina.»<br />
«Sì, posso immaginarlo... e questo sentimento è<br />
incoraggiato dai vostri drui<strong>di</strong>.»<br />
«Certo. Sono i nostri sacerdoti.»<br />
«E Llew, cosa fece quella notte?»<br />
«Nulla. Appena arrivato fu aggre<strong>di</strong>to e ridotto<br />
all'impotenza dai ribelli, catturato senza che ce ne<br />
accorgessimo e portato via prima che chiunque <strong>di</strong> noi<br />
capisse che cosa stava succedendo. Poi fummo<br />
raggiunti dai consiglieri <strong>di</strong> mio padre, completamente<br />
succubi dei preti neri, i quali lo convinsero che era<br />
volontà <strong>di</strong> tutti gli dèi - e <strong>di</strong> tutti i drui<strong>di</strong> - che il<br />
sacrificio si compisse e che gli spiriti dei prigionieri<br />
venissero liberati, poiché ovviamente non potevamo<br />
lasciarli andare né tenerli rinchiusi come schiavi o<br />
prigionieri. Mio padre dovette ammettere che avevano<br />
ragione e sia pur con grande riluttanza li autorizzò a<br />
procedere. Solo allora cominciai a rendermi conto<br />
della situazione.
Il pozzo dei sacrifici era sempre esistito, fin da prima<br />
che io nascessi, e lo avevo visto utilizzare in <strong>di</strong>verse<br />
occasioni per cremare le spoglie <strong>di</strong> notabili d'alto<br />
rango, capi e drui<strong>di</strong>. Ma non avevo mai saputo che<br />
venisse usato per bruciare i vivi. Quando finalmente mi<br />
resi conto del pericolo cercai <strong>di</strong> portare via Veronica,<br />
ma nel tentativo <strong>di</strong> proteggerla feci l'errore <strong>di</strong> non<br />
spiegarle cosa stava accadendo, così lei si ribellò e mi<br />
sfuggì correndo verso i fuochi, il fumo e il sacrificio,<br />
senza sapere che cosa l'attendeva... »<br />
«E... »<br />
«Passò più <strong>di</strong> un mese prima che pronunciasse una<br />
sola parola, a me o a chiunque altro. Era caduta in una<br />
sorta <strong>di</strong> trance, anche se mangiava e beveva ciò che le<br />
veniva offerto. Stavo per impazzire.»<br />
«Perché non ci fu detto nulla?»<br />
«Fu Veronica a volerlo. Quando si riprese, decise che<br />
non sarebbe stato <strong>di</strong> alcuna utilità turbare te e sua<br />
madre con il racconto <strong>di</strong> ciò che aveva passato. E a<br />
quell'epoca era già incinta del piccolo Uther, e non si<br />
parlava d'altro.»<br />
«Già. E il tuo popolo, come reagì a ciò che<br />
compirono quella notte i Fratelli Neri?»<br />
«Be', non è la stessa cosa parlare <strong>di</strong> un sacrificio<br />
umano e farlo per davvero. Quando la gente vide il<br />
fumo, udì le grida e sentì nell'aria la puzza della carne<br />
carbonizzata, perse rapidamente ogni nostalgia per le<br />
antiche tra<strong>di</strong>zioni. Tir Manha rimase silenziosa e
schiacciata dalla vergogna per parecchie settimane,<br />
dopo quell'orribile scempio.»<br />
«E che ne fu dei preti, i cosiddetti ribelli responsabili<br />
<strong>di</strong> tutto questo?»<br />
«Be', il mattino seguente, quando ci rendemmo<br />
conto <strong>di</strong> cos'era realmente accaduto, li intercettammo<br />
appena in tempo per impe<strong>di</strong>re che uccidessero Llew.<br />
Poi li giustiziammo.»<br />
«E come? Bruciandoli vivi? Gettandoli nello stesso<br />
pozzo?»<br />
«No, Publio, non li mettemmo al rogo. Quel modo<br />
<strong>di</strong> massacrare i prigionieri fu... c'è un termine romano<br />
per descriverlo, che ti ho sentito usare...<br />
un'aberrazione. Fu un atto malvagio, concepito da un<br />
pugno <strong>di</strong> uomini malvagi che lo realizzarono facendo<br />
leva sulla paura. Noi Pendragon non siamo gente<br />
cattiva e questo tu lo sai. Non abbiamo più bruciato<br />
nessuno da quella notte, e non lo faremo mai. I<br />
sacerdoti ribelli furono uccisi sul posto, senza tante<br />
cerimonie, per non dar loro troppa importanza. Ci<br />
limitammo a liquidarli senza perdere tempo. I loro<br />
corpi vennero sepolti nel pozzo dei sacrifici che fu<br />
riempito <strong>di</strong> terra e <strong>di</strong>ventò la loro fossa comune. Erano<br />
quarantaquattro, nel nostro territorio. Non pochi, ma<br />
nemmeno sufficienti, per mettere in serio pericolo<br />
Llew, i suoi compagni e i loro insegnamenti. E anche<br />
ammesso che ce ne fossero altri nascosti in qualche<br />
luogo, non se n'ebbe più notizia da quando si sparse la<br />
voce che i Fratelli Neri del regno <strong>di</strong> Ullic erano morti.»
«Bene...» sospirò Publio Varro. «Uric, io so che tu<br />
non sei malvagio, e che nemmeno tuo padre lo è. Ma<br />
in tutta onestà, non riesco a immaginare che possa<br />
accadere una cosa simile, in qualsiasi circostanza, tra la<br />
gente <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong> o in qualunque altro posto che io<br />
conosca. C'è qualcosa <strong>di</strong> fondamentalmente sbagliato<br />
in un popolo capace <strong>di</strong> tali crudeltà, qualunque sia la<br />
provocazione subita.»<br />
Uther rimase in ascolto, col cuore in gola,<br />
aspettando che suo padre replicasse a quelle parole<br />
così dure, ma Uric rimase in silenzio. Poi, finalmente,<br />
sussurrò: «Hai ragione, Publio, hai ragione. C'è un lato<br />
oscuro nel nostro animo che ci spinge a commettere<br />
questi atti. Li abbiamo compiuti in un passato oscuro e<br />
lontano, all'ombra <strong>di</strong> notti senza luna, istigati dai nostri<br />
sacerdoti, e abbiamo <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong> poterli fare ancora<br />
oggi, se abilmente sobillati. E ciò è motivo <strong>di</strong> profonda<br />
vergogna.»<br />
«No, figliolo, è motivo <strong>di</strong> consapevolezza e <strong>di</strong><br />
grande cautela per il futuro, ma non <strong>di</strong> ulteriore<br />
vergogna. Tu stesso hai detto che non hai mai bruciato<br />
vivo un uomo, né lo farai mai. Ma assicurati che anche<br />
gli altri non <strong>di</strong>mentichino <strong>di</strong> averlo fatto, un tempo, e<br />
<strong>di</strong> essersene pentiti. Ma per Veronica... <strong>di</strong>mmi la verità,<br />
cosa c'entra tutto questo con il fatto che non vuole<br />
altri bambini?»<br />
Quando Uther lo sentì rispondere, suo padre aveva<br />
riacquistato sicurezza e convinzione. «Credo voglia<br />
impe<strong>di</strong>re a ogni costo che uno dei suoi figli possa
vivere nella Cambria dei Pendragon e compiere<br />
sacrifici umani. Penso che ci ritenga tutti responsabili<br />
per ciò che avvenne quella notte. Si è fatta degli amici<br />
fra la nostra gente, <strong>di</strong> questo sono certo, ma non si<br />
fiderà mai completamente <strong>di</strong> nessuno <strong>di</strong> noi... Credo<br />
anche che la sua mente malata le faccia temere che<br />
qualunque altro figlio possa avere da me sia segnato<br />
da questo lato oscuro scritto nel nostro passato e nel<br />
nostro sangue. E questa, ne sono convinto, la ra<strong>di</strong>ce e<br />
la causa del suo rifiuto <strong>di</strong> darne alla luce altri.» Publio<br />
non rispose subito e Uther immaginò che stesse<br />
riflettendo, ma poi sospirò. «Sono d'accordo con te,<br />
Uric. E credo che sia compito mio e tuo aiutarla a<br />
<strong>di</strong>menticare definitivamente quel che è successo.»<br />
Uther sentì i due uomini bere a piccoli sorsi dalle<br />
coppe che tenevano in mano. Infine il nonno aggiunse:<br />
«Un'ultima cosa. Che mi <strong>di</strong>ci del bambino?.»<br />
«Uther? In che senso?»<br />
«Qual è l'atteggiamento <strong>di</strong> Veronica verso <strong>di</strong> lui?»<br />
Per un tempo brevissimo, ma che gli parve infinito,<br />
Uther attese trattenendo il respiro la risposta del<br />
padre. «Che vuoi <strong>di</strong>re?»<br />
Uther immaginò il volto <strong>di</strong> Uric teso per l'imbarazzo.<br />
«Be', se è così turbata al pensiero che i suoi figli siano<br />
corrotti dai vostri drui<strong>di</strong> o da qualcun altro, la causa<br />
potrebbe essere qualcosa che ha visto, o crede <strong>di</strong> aver<br />
visto, nel piccolo Uther. Tu stesso hai affermato che<br />
per <strong>di</strong>versi anni non ha manifestato in alcun modo i<br />
suoi timori. Qualcosa, dunque, deve averli scatenati, e
ho pensato che potesse essere stato il bambino.» Uther<br />
non riuscì a capire il significato <strong>di</strong> quella domanda. Lo<br />
si accusava <strong>di</strong> far del male a sua madre? Suo padre<br />
doveva essere altrettanto perplesso, poiché esitò un<br />
istante prima <strong>di</strong> rispondere, semplicemente: «Publio, è<br />
tuo nipote».<br />
«Lo so, e non potrei amarlo <strong>di</strong> più nemmeno se<br />
fossero due gemelli. Ma Uther possiede tutti gli<br />
attributi <strong>di</strong> ogni tuo futuro figlio... e ciò comprende i<br />
<strong>di</strong>fetti e le debolezze, oltre che le qualità. Sono questi -<br />
come li hai definiti tu stesso poco fa? Lati oscuri scritti<br />
nel vostro passato e nel vostro sangue? -che Veronica<br />
afferma <strong>di</strong> temere. Come vede, dunque, suo figlio? Ha<br />
paura <strong>di</strong> lui, o per lui?»<br />
«No, certo che no! Né l'uno né l'altro. Gli vuole<br />
bene, Publio, te lo giuro. Veronica adora Uther.»<br />
Quest'ultimo, tuttavia, trovò le parole del padre poco<br />
convincenti. C'era stata un'esitazione, che era durata<br />
un attimo <strong>di</strong> troppo. Anche suo nonno la pensava così.<br />
«Temo che in questo ti sbagli, Uric, e che in fondo al<br />
tuo cuore tu lo sappia. Oh, non metto in dubbio che<br />
gli voglia bene, perché credo fermamente che mia<br />
figlia ami il suo bambino, si illumina tutta ogni volta<br />
che lo vede. Ma sono intimamente convinto che nutra<br />
profon<strong>di</strong> timori per lui e che li abbia sempre nutriti, fin<br />
dalla sua nascita, e forse anche nei mesi dell'attesa. E<br />
per questo, secondo me, che ha sempre insistito, non<br />
appena il piccolo ha cominciato a camminare, affinché<br />
trascorresse tanto tempo a <strong>Camelot</strong> insieme a Caio.
Comincio a sospettare che Uther verrebbe mandato a<br />
<strong>Camelot</strong> ogni anno anche se Caio non ci fosse.»<br />
Quando Uric replicò, la sua voce era venata<br />
d'incertezza. «Se quel che <strong>di</strong>ci è vero, la cosa mi pare<br />
illogica. Non ci avevo mai pensato prima d'ora, ma<br />
Uther dovrebbe rappresentare per Veronica un'ottima<br />
ragione per avere altri figli. Non ha nulla che non va.»<br />
«Ma non stiamo parlando <strong>di</strong> logica in questo caso,<br />
Uric. Stiamo parlando delle donne, delle loro idee e<br />
delle loro paure istintive. La povera Veronica non si<br />
sente minacciata dai figli che potrebbe avere, ma dal<br />
male che gli uomini potrebbero fare a loro, e in ciò<br />
risiede la sua follia e la sua malattia, perché se tutte le<br />
donne dovessero rifiutarsi come ha fatto lei, <strong>di</strong> avere<br />
figli nel timore che il mondo li possa uccidere o<br />
corrompere, ben presto l'intera razza umana si<br />
estinguerebbe... Il nostro dovere, ne sono convinto, è<br />
<strong>di</strong> operare fin d'ora per convincere tua moglie che i<br />
suoi insegnamenti saranno più forti degli influssi dei<br />
malvagi. <strong>Le</strong>i è l'unica che, in quanto madre, può<br />
mostrare alla sua prole la luce della speranza e della<br />
bontà che brilla anche nelle tenebre più profonde. Sei<br />
d'accordo?»<br />
«Sì... sì, certo.»<br />
«Bene, allora <strong>di</strong>amoci da fare.»<br />
Quando i due uomini si furono allontanati, Uther<br />
sbucò fuori scostando l'orlo della tenda con<br />
circospezione e riabbassandolo alle sue spalle.<br />
Attraversò lentamente la stanza avvicinandosi a
un'ampia poltrona imbottita <strong>di</strong> fronte al focolare in<br />
pietra della parete in fondo, ma quando la urtò col<br />
fianco non fece alcun tentativo <strong>di</strong> sedersi. Rimase in<br />
pie<strong>di</strong>, fissando il caminetto vuoto con lo sguardo<br />
annebbiato, cercando <strong>di</strong> affrontare quel nuovo<br />
pensiero strano e allarmante che gli era stato inculcato<br />
nella mente: sua madre aveva paura <strong>di</strong> lui. Aveva<br />
accettato quelle parole perché non poteva fare<br />
<strong>di</strong>versamente... i due uomini ignoravano la sua<br />
presenza, quin<strong>di</strong> non avevano motivo <strong>di</strong> mentire. Ma<br />
la sua mente infantile, confusa da quell'improvvisa<br />
rivelazione, non era riuscita a stabilire una <strong>di</strong>stinzione<br />
tra il fatto che sua madre avesse paura <strong>di</strong> lui, e il fatto<br />
che avesse paura per lui.<br />
Uther Pendragon era ormai una persona molto<br />
<strong>di</strong>versa dal ragazzino spensierato precipitatosi nella<br />
stanza mezz'ora prima. Allora il suo problema più<br />
imme<strong>di</strong>ato era trovare un nascon<strong>di</strong>glio perfetto. Ora<br />
era cambiato per sempre ed era improvvisamente<br />
cresciuto. Stava tentando in tutti i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> rassegnarsi e<br />
<strong>di</strong> adattarsi alla realtà che la sua adorata madre avesse<br />
paura <strong>di</strong> un suo lato oscuro e primor<strong>di</strong>ale che faceva<br />
parte della sua stessa natura, <strong>di</strong> qualcosa che lei aveva<br />
imparato a temere prima ancora che lui nascesse,<br />
quando era ancora una ragazzina. Qualsiasi cosa fosse,<br />
l'aveva traumatizzata al punto da farla rinunciare alla<br />
bella ni<strong>di</strong>ata <strong>di</strong> figli che aveva sognato per tutta la vita.<br />
Uther si accorse che non aveva alcun desiderio <strong>di</strong><br />
scoprire la natura <strong>di</strong> quell'ignota minaccia, perché se
aveva il potere <strong>di</strong> terrorizzare sua madre, avrebbe<br />
spaventato a morte anche lui. Non sopportava il<br />
pensiero che sua madre lo temesse e ancor meno il<br />
sospetto che potesse non fidarsi <strong>di</strong> lui per qualche<br />
sconosciuta ragione. Sapeva che Veronica gli voleva<br />
bene. Suo nonno aveva detto che si illuminava tutta<br />
quando lo guardava, e Uther sapeva che era vero<br />
perché lo aveva visto con i suoi occhi. Com'era<br />
possibile, dunque, che avesse paura <strong>di</strong> lui? Cosa si<br />
nascondeva <strong>di</strong> così terribile nel profondo della sua<br />
anima?<br />
Era una domanda destinata a rimanere senza<br />
risposta, perché Uther Pendragon non avrebbe mai<br />
saputo che quello che terrorizzava la madre, allevata<br />
secondo i princìpi romani, non era dentro <strong>di</strong> lui, ma<br />
nella natura stessa del suo popolo, i Celti.
II.<br />
Forse Garreth il Fischiatore non avrebbe mai u<strong>di</strong>to<br />
quel rumore se non fosse stato innamorato. La sua<br />
mente era talmente dominata dal pensiero della donna<br />
<strong>di</strong> nome Laminda - e del rischio che correva<br />
incontrandola alla luce del giorno, con il marito poco<br />
lontano - che smise per un attimo <strong>di</strong> fischiettare e<br />
attraversò in silenzio il prato che circondava la casa del<br />
re, accompagnato solo dal fruscio dei suoi pie<strong>di</strong> che<br />
scivolavano fra l'erba alta che attendeva la falce.<br />
Avvicinandosi all'antica stalla <strong>di</strong> pietra che sorgeva<br />
accanto a una grande quercia nell'angolo sudorientale<br />
della tenuta assegnata dal popolo al sovrano per il suo<br />
mantenimento, esitò, domandandosi quale strada gli<br />
garantisse maggiori probabilità <strong>di</strong> raggiungere la sua<br />
destinazione senza essere visto. E fu in quel momento<br />
<strong>di</strong> assoluto silenzio che udì un pianto soffocato<br />
provenire dall'e<strong>di</strong>ficio in rovina.<br />
Quando si affacciò e scorse la faccia sporca e rigata<br />
<strong>di</strong> lacrime <strong>di</strong> un ragazzino raggomitolato contro il<br />
muro, con le braccia strette intorno alle ginocchia e gli<br />
stinchi insanguinati, Garreth prese lucidamente una<br />
decisione <strong>di</strong> cui più tar<strong>di</strong> si sorprese, tenuto conto <strong>di</strong><br />
ciò che avrebbe potuto costargli. Riconobbe il<br />
bambino, vide la sua infelicità, nello stesso istante<br />
pensò a Laminda che lo attendeva piena d'amore... e
scelse imme<strong>di</strong>atamente <strong>di</strong> confortare il piccolo.<br />
«Uther? Sei tu? Cosa c'è che non va, figliolo?»<br />
Uther sgranò gli occhi e il suo cuore <strong>di</strong> bimbo <strong>di</strong><br />
sette anni tremò alla vista dell'eroe che torreggiava su<br />
<strong>di</strong> lui. Garreth il Fischiatore era il miglior campione <strong>di</strong><br />
suo nonno Ullic, un combattente invincibile con la<br />
spada e con l'ascia da guerra, in grado <strong>di</strong> affrontare e<br />
sconfiggere due guerrieri del re Ullic in qualunque<br />
momento. Il fatto che fosse proprio quest'uomo a<br />
vederlo piangere come una femminuccia e leccarsi le<br />
ferite come un cucciolo lo turbò. Ma Garretti il<br />
Fischiatore aveva già posato lo scudo e l'ascia bipenne<br />
in un angolo e si era inginocchiato davanti a lui,<br />
scostandogli le braccia con delicatezza per scoprire lo<br />
stinco lacerato e sanguinante. Mentre osservava la<br />
ferita tumefatta e il sangue che ne sgorgava,<br />
l'imponente guerriero aggrottò la fronte e un fremito<br />
scosse i suoi lunghi baffi bianchi. «Che cos'è stato, un<br />
sasso?» Il bambino scosse la testa, singhiozzando. «E<br />
cosa, allora? Un arbusto?» Un altro cenno <strong>di</strong> <strong>di</strong>niego.<br />
«Sei caduto? Fammi vedere.» Gli sollevò la gamba ed<br />
esaminò attentamente l'abrasione. «È un taglio, ha il<br />
margine netto. Non sei finito addosso a qualcosa,<br />
semmai qualcosa ti ha colpito.» Fece una pausa e alzò<br />
lo sguardo sul volto del piccolo. «Qualcosa <strong>di</strong> simile a<br />
un calzare con la suola <strong>di</strong> cuoio?» Uther annuì<br />
sconsolato. «Chi?»<br />
«Ivor.»<br />
«Ivor? Ivor lo Strabico?» Il bimbo annuì <strong>di</strong> nuovo.
«Ma deve avere... quanto?... tre anni più <strong>di</strong> te? Ed è<br />
grosso almeno il doppio.» Uther non <strong>di</strong>sse niente.<br />
Garreth sospirò e si sedette accanto al ragazzo,<br />
posando a terra la corta spada a lama larga, prima <strong>di</strong><br />
appoggiarsi al ruvido muro <strong>di</strong> pietra.<br />
«Bene,» esclamò «sono sempre pronto ad ascoltare<br />
una storia interessante, e ho il sospetto che tu ne abbia<br />
una da raccontare. Quin<strong>di</strong> partiamo dall'inizio: <strong>di</strong>mmi<br />
come mai a un grosso babbeo come Ivor lo Strabico<br />
viene in mente <strong>di</strong> prendere a calci un ragazzino sveglio<br />
come te.»<br />
Il bimbo rimase in silenzio con gli occhi bassi, e<br />
Garreth non aprì bocca, lasciando che la pausa si<br />
prolungasse finché risultò evidente che Uther non<br />
avrebbe parlato.<br />
Quando gli parve che fosse durata abbastanza, fece<br />
il gesto <strong>di</strong> rialzarsi, mormorando tra sé e sé:<br />
«D'accordo, se non vuoi parlare, io me ne vado e ti<br />
lascio ai tuoi problemi...».<br />
«No!» Il ragazzo fu così sorpreso della propria<br />
veemenza che Garreth scelse <strong>di</strong> ignorare la sua<br />
temerarietà nel rivolgersi in quel tono al Campione del<br />
re.<br />
«No? Vuol <strong>di</strong>re che preferisci che resti?»<br />
«Sì.»<br />
«E sia, mi fermerò ancora un po', ma a che serve se<br />
tu non parli con me?»<br />
«Parlerò con te» annuì Uther in un sussurro.
«Allora perché non cominci col <strong>di</strong>rmi perché Ivor lo<br />
Strabico ti ha dato un calcio?» Prima ancora che il<br />
ragazzo aprisse bocca per rispondere, Garreth alzò una<br />
mano per zittirlo. «Aspetta, prima voglio che tu ascolti<br />
attentamente quel che sto per <strong>di</strong>rti. D'accordo?» Uther<br />
fece cenno <strong>di</strong> sì. «Dunque. In questo momento<br />
probabilmente pensi che io non crederò a una parola<br />
<strong>di</strong> ciò che mi racconterai, che ti pentirai <strong>di</strong> esserti<br />
confidato... o ad<strong>di</strong>rittura che ti accuserò <strong>di</strong> esserti<br />
inventato tutto. È così? E questo che pensi?»<br />
«N... no.»<br />
«Davvero? Non mi sembri molto sicuro.»<br />
«No, sono sicuro.» Ora la voce del ragazzo era più<br />
ferma e tranquilla. «Bene, mi fa piacere saperlo, perché<br />
adesso ti rivelerò quel che penso veramente. Sei ferito<br />
e sanguinante, e si vede benissimo che qualcuno ti ha<br />
picchiato... e sodo, <strong>di</strong>rei. Prima ancora che tu mi<br />
<strong>di</strong>cessi chi è stato, avevo già capito che doveva essere<br />
qualcuno più vecchio e più grosso <strong>di</strong> te, perché so che<br />
sei il degno figlio <strong>di</strong> tuo padre e la gioia e l'orgoglio <strong>di</strong><br />
tuo nonno, e dunque non permetteresti mai a<br />
qualcuno <strong>di</strong> farti una cosa simile a meno che non sia<br />
molto più robusto e più grande <strong>di</strong> te. Giusto?»<br />
Uther annuì con gli occhi sgranati, sorpreso <strong>di</strong><br />
sentirsi lodare e incoraggiare quando si attendeva <strong>di</strong><br />
essere rimproverato.<br />
«Lo sapevo. Ed era uno solo, giusto? È stato Ivor lo<br />
Strabico a colpirti?» Il bimbo fece cenno <strong>di</strong> sì, ma<br />
questa volta non alzò lo sguardo, e Garreth,
sospettando che gli nascondesse qualcosa, provò a<br />
indagare. «Ho ragione? O c'era qualcun altro? C'erano<br />
altri ragazzi con lui?» Uther fece un lievissimo<br />
movimento col capo.<br />
«Aha! E qualcuno <strong>di</strong> loro ti ha picchiato?»<br />
«No, solo Ivor. Ma loro guardavano, e ridevano.»<br />
«E perché ce l'avevano con te?»<br />
«Non gli sono simpatico.»<br />
«Be', non è detto... Per quel che ne sappiamo,<br />
potrebbero aver paura <strong>di</strong> mostrare a Ivor ciò che<br />
pensano davvero <strong>di</strong> lui, nel caso dovesse prendersela<br />
con loro. È uno stupido, ma è parecchio grosso, no?» Il<br />
bimbo annuì, e Garreth concordò con un cenno del<br />
capo. «Già, non sarebbe la prima volta che le persone<br />
si coalizzano contro qualcuno più piccolo <strong>di</strong> loro per<br />
evitare le ire <strong>di</strong> un bestione privo <strong>di</strong> cervello.» Garreth<br />
il Fischiatore attese che le sue parole facessero effetto,<br />
poi proseguì. «Perché ti tormentavano? Te l'hanno<br />
detto?» Il ragazzo biascicò qualcosa. «Come? Non ho<br />
sentito niente.»<br />
Uther si schiarì la gola e ripeté, a voce più alta:<br />
«Dicono che sono uno straniero».<br />
«Straniero? Ah! Devono essere matti. Tu non sei uno<br />
straniero, sei il nipote del re, sei nato e cresciuto qui a<br />
Tir Manha. Certo, tua madre potrebbe essere definita<br />
una straniera... Ehi, fermo! Vuoi fare a botte anche con<br />
me? Ho solo detto che potrebbe essere definita una... «<br />
Il ragazzo era sbiancato e stava cercando <strong>di</strong> rimettersi
in pie<strong>di</strong>, le labbra piegate in una smorfia e livide <strong>di</strong><br />
rabbia. «Non è vero! Mia madre non è una straniera! »<br />
«Lo so, figliolo, lo so! Ascoltami!» Garreth lo aveva<br />
afferrato per i polsi, imprigionandogli le mani e<br />
trattenendole senza sforzo. Quando le parole<br />
dell'uomo riuscirono a penetrare attraverso la sua<br />
collera, Uther si appoggiò con le spalle al muro, si<br />
rilassò, e Garreth lasciò la presa.<br />
«Così va meglio. Per un attimo ho pensato che<br />
volessi malmenarmi. Starai buono, ora? Sono al<br />
sicuro?» Esaminò attentamente l'espressione <strong>di</strong> Uther,<br />
poi annuì sod<strong>di</strong>sfatto. «Bravo ragazzo. E adesso<br />
ascoltami, chiariamo questa faccenda fra noi. Tuo<br />
padre, Uric Pendragon, è il primogenito del re. Ciò<br />
significa che se tua madre fosse stata una straniera, tuo<br />
padre, come figlio del sovrano, non avrebbe potuto<br />
sposarla. Lo sai questo, vero?» Uther annuì. «Bene. Se<br />
siamo d'accordo su questo, allora possiamo essere<br />
d'accordo anche sul fatto che non ha importanza ciò<br />
che un imbecille qualsiasi ti può <strong>di</strong>re in merito. Quin<strong>di</strong><br />
adesso calmati e sgranocchia un po' <strong>di</strong> queste.»<br />
Frugò nella bisaccia <strong>di</strong> cuoio che portava appesa alla<br />
cintola e tirò fuori un sacchetto <strong>di</strong> nocciole sgusciate. Il<br />
ragazzo le accettò timidamente, ne rovesciò una<br />
manciata sul palmo della mano e cominciò a<br />
mangiarle. Garreth lo imitò, facendole scrocchiare con<br />
gusto tra i denti bianchi, forti e regolari, e continuò:<br />
«Quanto a me, devi sapere che io sono un autentico<br />
straniero da parte <strong>di</strong> padre, il mio vero padre, intendo.
Anch'io sono nato qui, ma l'uomo che mi ha cresciuto<br />
non era mio padre. Nessuno qui lo ha mai visto, né ha<br />
mai saputo chi fosse o da dove venisse. Ma basta<br />
guardarmi per capire che era uno straniero e che<br />
veniva da molto lontano.» Rise mentre ironizzava su se<br />
stesso, e Uther non sapeva come reagire: Garreth il<br />
Fischiatore era molto <strong>di</strong>verso da chiunque altro, ma<br />
nessuno si azzardava a <strong>di</strong>rlo a voce alta. Poi, incredulo,<br />
il ragazzo lo sentì aggiungere: «Tu e io abbiamo molte<br />
cose da raccontarci, mastro Pendragon».<br />
Rimasero in silenzio, rilassati, finché non finirono<br />
tutte le nocciole, e Garreth proseguì nella sua indagine.<br />
«Era questo, allora? Ivor stava offendendo tua madre<br />
e tu l'hai aggre<strong>di</strong>to.»<br />
«Sì» rispose Uther con un filo <strong>di</strong> voce.<br />
«È quel che pensavo...» Si ficcò il mignolo destro<br />
nella bocca spalancata per rimuovere un pezzo <strong>di</strong><br />
nocciola incastrato tra i denti. «Un uomo deve<br />
<strong>di</strong>fendere il nome e l'onore <strong>di</strong> sua madre. Ma un uomo<br />
intelligente deve fermarsi e riflettere prima <strong>di</strong><br />
impegnarsi in una sfida che non può vincere. Non ci<br />
hai pensato, vero?»<br />
«Sì, invece. Non volevo litigare. Ma mi ci hanno<br />
costretto. Mi hanno trovato e mi hanno costretto a<br />
fare a botte.»<br />
«Vuoi <strong>di</strong>re che ti hanno costretto a batterti<br />
prendendo in giro tua madre e insultandola?»<br />
«Sì.»
«Dov'eri quando ti hanno trovato?»<br />
«Ero nascosto.»<br />
«Ti nascondevi da loro? E perché?»<br />
«Perché... perché avevo paura. Mi picchiano<br />
sempre.» Col capo chino e gli occhi bassi, il ragazzo era<br />
il ritratto della vergogna e dell'avvilimento.<br />
Garreth il Fischiatore riprese il <strong>di</strong>scorso a voce bassa.<br />
«Uhm... so <strong>di</strong> cosa parli. Fa veramente paura trovarsi<br />
da solo in mezzo ai nemici. Conosco bene questa<br />
sensazione.»<br />
Con la coda dell'occhio Garreth vide che Uther<br />
aveva rialzato la testa e lo fissava con un'espressione<br />
stupita.<br />
«Be', non mi cre<strong>di</strong>? Pensi che ti stia raccontando delle<br />
frottole, è così? Pensi che essendo il campione del re io<br />
non abbia mai avuto paura?» Appoggiò una mano a<br />
terra, balzò in pie<strong>di</strong>, e si chinò per aiutare il piccolo<br />
Uther ad alzarsi.<br />
«Su, an<strong>di</strong>amo a fare due passi. Devo incontrare una<br />
persona, ma puoi venire con me. Non ci vorrà molto,<br />
e al ritorno ti darò una ripulita in modo che tua madre<br />
non si spaventi quando ti vedrà.» Fece una pausa<br />
osservando gli stinchi sanguinanti <strong>di</strong> Uther. «Come<br />
vanno le gambe? Puoi camminare, o ti devo portare<br />
sulle spalle come un bambino piccolo?» <strong>di</strong>sse in tono<br />
scherzoso, e il ragazzino lo gratificò <strong>di</strong> un timido<br />
sorriso. «Posso camminare.»<br />
«Magnifico!» Garreth il Fischiatore si fermò un attimo
per sistemare l'impugnatura della spada, raccolse l'ascia<br />
e lo scudo e si raddrizzò mentre Uther lo fissava<br />
attentamente. «Ecco, così va meglio! E ora, piccolo<br />
Uther, noi due faremo una bella passeggiata, e<br />
parleremo delle nostre cose.»<br />
Uther Pendragon si sentì scoppiare il cuore<br />
d'orgoglio attraversando il villaggio in compagnia del<br />
suo nuovo e inatteso alleato. Garreth il Fischiatore era<br />
il guerriero più stimato dell'intero regno <strong>di</strong> re Ullic, un<br />
combattente dalle gran<strong>di</strong> doti naturali, caratterizzato<br />
da straor<strong>di</strong>naria rapi<strong>di</strong>tà, eleganza, forza e resistenza.<br />
La sua abilità era ammirata da tutti e invi<strong>di</strong>ata da<br />
molti, ma nessuno era in grado <strong>di</strong> emularla. Non<br />
aveva ancora vent'anni, ma aveva dato prova del suo<br />
valore in battaglia ben prima <strong>di</strong> compiere la maggiore<br />
età. Era ancora troppo giovane per guidare un<br />
esercito, e secondo la gente non aveva l'esperienza<br />
necessaria per comandare una schiera <strong>di</strong> guerrieri. Ma<br />
persino Uther, che aveva sette anni, sapeva che quanto<br />
a prodezza in<strong>di</strong>viduale Garreth il Fischiatore era<br />
insuperabile e non avrebbe piegato la testa <strong>di</strong> fronte a<br />
nessuno a eccezione del suo legittimo re, Ullic<br />
Pendragon.<br />
Garreth era anche un bell'uomo, o almeno così lo<br />
consideravano le donne. Uther lo sapeva perché aveva<br />
u<strong>di</strong>to Henna e le sue amiche in cucina <strong>di</strong>scutere in<br />
dettaglio e con una certa volgarità del campione del<br />
re, magnificando la sua chioma e la sua perfetta<br />
muscolatura. Come lui stesso aveva osservato poco
prima, Garreth era straor<strong>di</strong>nariamente <strong>di</strong>verso dagli<br />
altri. E ciò gli conferiva un'aura <strong>di</strong> mistero, perché<br />
nessuno conosceva con certezza le sue origini. Henna<br />
sosteneva che la madre <strong>di</strong> Garreth, Bronwyn, era nata<br />
e cresciuta a Tir Manha, ma era stata rapita nel corso<br />
<strong>di</strong> una razzia poco prima <strong>di</strong> andare a nozze con un<br />
uomo <strong>di</strong> nome Dunvallo, uno dei più valorosi guerrieri<br />
del clan. Lo stesso Dunvallo era rimasto gravemente<br />
ferito nella medesima circostanza. Molti anni dopo,<br />
senza alcuna spiegazione, Bronwyn era tornata in<br />
patria priva della parola, perché le avevano tagliato la<br />
lingua durante la prigionia. Quando ricomparve era in<br />
stato <strong>di</strong> avanzata gravidanza, e Dunvallo, il suo ex<br />
fidanzato, che a causa delle ferite ricevute per<br />
<strong>di</strong>fenderla non si era mai sposato, la accettò in casa sua<br />
senza esitazione e si occupò <strong>di</strong> lei fino alla nascita del<br />
bambino. Bronwyn non sopravvisse al parto, e poiché<br />
non era mai stata in grado <strong>di</strong> rivelare il segreto della<br />
paternità del figlio, toccò a Dunvallo dare un nome al<br />
neonato e occuparsi <strong>di</strong> lui durante la sua infanzia,<br />
senza sapere se il bimbo fosse frutto <strong>di</strong> una relazione<br />
amorosa o <strong>di</strong> un brutale stupro occasionale. L'uomo fu<br />
un padre meraviglioso per il bambino che chiamò<br />
Garreth, finché una febbre maligna non se lo portò via<br />
quando il ragazzo aveva otto anni. Orfano per la<br />
seconda volta nella sua breve vita, Garreth riuscì a<br />
sopravvivere da solo.<br />
La gente del luogo, tuttavia, ricordava che la sua<br />
nascita era avvolta in un mistero che tale restava. Non<br />
c'era dubbio che Garreth rappresentasse un'eccezione
tra quella stirpe <strong>di</strong> tozzi montanari dalla pelle scura e<br />
dai capelli corvini. La cascata <strong>di</strong> lunghi riccioli così<br />
bion<strong>di</strong> da sembrare bianchi, gli occhi azzurri che<br />
brillavano vivi<strong>di</strong> sotto la fronte alta e le sopracciglia<br />
can<strong>di</strong>de, sembravano esaltare e intensificare il colore<br />
ambrato della sua carnagione. Mentre la maggior parte<br />
dei suoi compatrioti aveva le labbra lunghe, la faccia<br />
piatta e il naso schiacciato, Garreth il Fischiatore aveva<br />
un naso lungo, dritto e sottile, gli zigomi alti e<br />
pronunciati e una mascella quadrata che culminava in<br />
un mento volitivo. Una volta Luceia Britannico, nonna<br />
<strong>di</strong> Uther, aveva confidato al nonno Ullic che Garreth il<br />
Fischiatore sembrava un elleno, con le sue membra<br />
lunghe, la pelle dorata, i capelli chiari e i lineamenti<br />
raffinati. Uther chiese cosa fosse un elleno, e Ullic gli<br />
rispose che era un greco dell'Attica. Ciò mise fine alla<br />
conversazione, e per quanto Uther ricordasse<br />
chiaramente la descrizione, non aveva la minima idea<br />
<strong>di</strong> chi fosse un greco dell'Attica.<br />
E ora, proprio Garreth il Fischiatore, il migliore<br />
guerriero del re, camminava tranquillamente al suo<br />
fianco e parlava con lui come se Uther Pendragon<br />
fosse un suo pari. Aveva persino avuto l'accortezza <strong>di</strong><br />
rallentare il passo in modo che il bimbo potesse stargli<br />
<strong>di</strong>etro senza dover correre.<br />
Insieme si inoltrarono nel folto della foresta. Garreth<br />
pregò Uther <strong>di</strong> aspettarlo, poi andò incontro a una<br />
donna <strong>di</strong> cui il ragazzo non riuscì a scorgere il volto e a<br />
riconoscere la voce, poiché parlava troppo piano.
Come Garreth aveva promesso, la conversazione non<br />
durò a lungo e poco dopo il campione del re tornò<br />
scuotendo mestamente la testa.<br />
«Mi auguro, piccolo Uther, che quando sarai grande<br />
e conoscerai le donne, sarai anche in grado <strong>di</strong> capirle.<br />
Io non ci sono mai riuscito, e credo che non ci riuscirò<br />
mai. <strong>Le</strong> donne sono creature assolutamente<br />
imperscrutabili. Ringrazio comunque gli dèi che<br />
esistano! E ora an<strong>di</strong>amo a pulire le tue ferite <strong>di</strong> guerra,<br />
perché è <strong>di</strong> queste che si tratta: ferite che ti sei<br />
procurato <strong>di</strong>fendendo l'onore <strong>di</strong> tua madre. Ma prima,<br />
devo pisciare.»<br />
Quand'ebbe finito, l'imponente guerriero tornò dal<br />
suo piccolo compagno e ripresero a camminare.<br />
«Tu sai che ogni persona al mondo deve fare pipì<br />
tutti i giorni, giusto?»<br />
«Sì, e anche la cacca.»<br />
«Esattamente. Tutti lo fanno...» Continuarono in<br />
silenzio per un po', poi Garreth continuò: «Ti è mai<br />
capitato <strong>di</strong> avere un bisogno terribile <strong>di</strong> fare pipì e <strong>di</strong><br />
trovarti in un posto in cui non ti era consentito <strong>di</strong><br />
liberarti tranquillamente?» Uther annuì senza pensare<br />
che fino a sette anni se n'era andato in giro nudo per<br />
gran parte del tempo. «Uhm... Dov'eri, te lo ricor<strong>di</strong>?»<br />
«Nella Sala del Re, mentre i drui<strong>di</strong> celebravano il<br />
sacrificio.»<br />
«Giusto il mese scorso.»<br />
Uther annuì <strong>di</strong> nuovo, gravemente. «Lo so.»
«Per quanto tempo hai dovuto trattenerla? Molto?»<br />
Il bimbo fece cenno <strong>di</strong> sì.<br />
«Può essere assai doloroso trattenerla troppo a<br />
lungo. Sei stato molto male, quel giorno?» Uther<br />
confermò. «Già, ci scommetto. È sempre così, sai, e la<br />
cosa non migliora man mano che cresci. Quando sarai<br />
vecchio, ancora più vecchio <strong>di</strong> tuo nonno Ullic, ti<br />
capiterà ancora <strong>di</strong> avere una gran voglia <strong>di</strong> pisciare e <strong>di</strong><br />
non poterlo fare per un motivo o per l'altro. E allora<br />
dovrai resistere finché non ti sembrerà <strong>di</strong> scoppiare e ti<br />
sentirai male, male davvero... Anche la paura è così.»<br />
«Cosa?» Il bimbo si fermò a fissare il compagno.<br />
«Ho detto che anche la paura è così, come il bisogno<br />
<strong>di</strong> fare pipì. Tutti devono farla - anche le donne - e<br />
prima o poi a tutti accade <strong>di</strong> non poterla fare quando<br />
ne hanno voglia e <strong>di</strong> soffrire per questo. Lo stesso vale<br />
per la paura, piccolo Uther. Avanti, continua a<br />
camminare. A tutti capita <strong>di</strong> avere paura, anche tutti i<br />
giorni. E la paura fa star male: non fidarti <strong>di</strong> quelli che<br />
ti <strong>di</strong>cono che non è vero. E ciò vale anche quando sei<br />
più grande. Io sto male proprio come quando avevo la<br />
tua età, a volte anche <strong>di</strong> più. Bisogna semplicemente<br />
imparare a dominarla.»<br />
«E come?»<br />
«Ah, come... non è facile rispondere a questa<br />
domanda. Ve<strong>di</strong> quel pezzo <strong>di</strong> corda laggiù per terra?»<br />
«Sì.»<br />
«Allora <strong>di</strong>mmi, rapidamente, quant'è lungo?»
«Quanto...? Non lo so.»<br />
«Che significa, non lo so? È un pezzo <strong>di</strong> corda, no?<br />
Avrai visto dei pezzi <strong>di</strong> corda, prima d'ora!»<br />
«Sì.» Uther, cominciava a preoccuparsi, perché non<br />
capiva <strong>di</strong> cosa stesse parlando Garreth.<br />
«Bene. La mia domanda è piuttosto semplice:<br />
quant'è lungo?» Malgrado fosse completamente<br />
<strong>di</strong>sorientato, Uther trasse un profondo respiro e<br />
rispose con fermezza: «Non lo so. Non si può <strong>di</strong>re<br />
finché non lo si misura. Ogni pezzo <strong>di</strong> corda ha una<br />
lunghezza <strong>di</strong>versa».<br />
«Bravo ragazzo, hai proprio ragione! Ogni pezzo <strong>di</strong><br />
corda ha una lunghezza <strong>di</strong>versa. E lo stesso vale per la<br />
paura. Come si impara a dominarla? La tua è una<br />
domanda <strong>di</strong>fficile. Si potrebbe rispondere in mille<br />
mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi, perché un uomo può avere mille paure<br />
<strong>di</strong>verse contemporaneamente. Può avere paura <strong>di</strong><br />
cadere da una grande altezza, o <strong>di</strong> affogare in acque<br />
profonde. Ma allo stesso tempo e nello stesso giorno<br />
può avere paura anche che il re lo punisca per<br />
qualcosa che ha fatto, e che uno dei consiglieri del re<br />
lo punisca in altro modo per qualcosa che ha<br />
<strong>di</strong>menticato <strong>di</strong> fare. Può anche aver paura <strong>di</strong> tornare a<br />
casa la sera e <strong>di</strong> trovarsi <strong>di</strong> fronte una moglie infuriata<br />
per qualcosa che lui ha combinato quel giorno o la<br />
sera prima, e nello stesso tempo paura del cane del<br />
vicino che gli ringhia contro tutte le volte che gli passa<br />
accanto. Può aver paura dei temporali e dei lampi, e<br />
paura <strong>di</strong> fare la figura dello stupido <strong>di</strong> fronte agli
amici. Capisci ciò che voglio <strong>di</strong>re? La paura può essere<br />
una cosa davvero complicata. Su, fermiamoci a<br />
quell'abbeveratoio, così ti lavo via questo sangue.»<br />
Mentre Garreth gli puliva accuratamente i tagli e i<br />
graffi che aveva sulle gambe, Uther pensava a tutto ciò<br />
che aveva imparato quel giorno. Naturalmente, la sua<br />
attenzione era rivolta principalmente a quanto<br />
avveniva davanti ai suoi occhi: le persone si fermavano<br />
a guardare bisbigliando fra <strong>di</strong> loro, e alcuni<br />
rivolgevano la parola a Garreth il Fischiatore, ma<br />
nessuno aveva il coraggio <strong>di</strong> chiedere al guerriero cosa<br />
stesse facendo.<br />
Alla fine Garreth si rimise in pie<strong>di</strong> e si asciugò le<br />
mani sfregandole contro i gambali <strong>di</strong> cuoio.<br />
«Ecco,» esclamò, controllando il suo lavoro «così va<br />
meglio. Nel frattempo, ho pensato a come rispondere<br />
alla domanda.» Si avviò, questa volta tenendo il<br />
leggero scudo circolare sulla spalla sinistra in modo che<br />
penzolasse sulla schiena, e Uther lo seguì gonfio<br />
d'orgoglio finché non si allontanarono dall'affollata<br />
piazza del villaggio con i suoi ficcanaso sempre all'erta,<br />
come li chiamava Garreth. Poi l'uomo condusse il<br />
ragazzo fino alla base <strong>di</strong> un grande e vecchio olmo e si<br />
sedette tra due ra<strong>di</strong>ci coperte <strong>di</strong> muschio,<br />
appoggiandosi al tronco.<br />
«Supponi che ci sia un posto - un posto molto<br />
speciale - dove vai ogni giorno a fare la stessa cosa.<br />
Cos'è che fai tutti i giorni, senza eccezione? Ti viene in<br />
mente qualcosa che fai sempre, oltre alla pipì?»
Uther ci pensò per qualche istante, poi annuì. «Tutte<br />
le mattine cerco <strong>di</strong> vedere la cima della Testa del<br />
Drago.»<br />
La Testa del Drago era la montagna più alta verso<br />
nord-ovest, la più vicina a Tir Manha, e secondo un<br />
detto locale se la vetta era visibile al mattino, sgombra<br />
da nubi, il tempo si sarebbe mantenuto bello per tutta<br />
la giornata. Garreth annuì. «Da dove la guar<strong>di</strong>?»<br />
«Dalla facciata <strong>di</strong> casa nostra.»<br />
«È il punto da cui si vede meglio?»<br />
«No. Mi piace scrutarla dalla cima del Colle <strong>di</strong><br />
Denny: la vista è migliore da lassù.»<br />
«Ottimo. Ora supponiamo che tu abbia l'abitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />
salire sul Colle <strong>di</strong> Denny tutte le mattine, e che un<br />
giorno trovi lassù un grosso cane, un cane molto<br />
feroce che ha deciso <strong>di</strong> vivere lì e non gra<strong>di</strong>sce la tua<br />
presenza. Supponiamo che tu provi ad ammansirlo e a<br />
fartelo amico, ma che lui non lo desideri affatto e ti<br />
aggre<strong>di</strong>sca puntualmente ogni mattina finendo per<br />
morderti. Cosa faresti? Non <strong>di</strong>menticare che è un cane<br />
molto grosso.»<br />
«Io...» Uther si interruppe a metà della frase e<br />
cominciò a riflettere. Garreth attese con pazienza<br />
finché il ragazzo non annuì. «Io... io troverei un altro<br />
posto da cui scrutare la montagna.»<br />
«Già, e così farebbe la maggior parte della gente. Ma<br />
c'è qualcosa che non va in questa soluzione. Sai <strong>di</strong>rmi<br />
cos'è?»
Uther rimase a fissarlo con aria perplessa inarcando<br />
un sopracciglio, e Garreth tentò un'altra strada.<br />
«Cre<strong>di</strong> che saresti contento del tuo nuovo punto <strong>di</strong><br />
osservazione?»<br />
Il ragazzo rimuginò in silenzio, poi scosse la testa e<br />
rispose, un po' titubante: «No... credo <strong>di</strong> no...».<br />
«Certo che no, perché significherebbe fuggire davanti<br />
a una bestia cattiva ma stupida! Tu sei più intelligente<br />
<strong>di</strong> tutti i cani del mondo, quin<strong>di</strong> come puoi essere<br />
contento <strong>di</strong> esserti fatto battere da uno <strong>di</strong> loro? Ora,<br />
supponiamo che invece <strong>di</strong> scappare, tu sia andato in<br />
cerca <strong>di</strong> un robusto randello e ogni volta che il cane ti<br />
aggre<strong>di</strong>sce, tu gli sferri un colpo fortissimo, uno solo,<br />
sul muso. Cosa cre<strong>di</strong> che accadrebbe? Te lo <strong>di</strong>co io:<br />
ben presto quel cane smetterebbe <strong>di</strong> attaccarti, perché<br />
capirebbe, molto rapidamente, che tutte le volte che ti<br />
attacca ne esce col muso pesto. I cani possono essere<br />
stupi<strong>di</strong>, proprio come gli uomini, ma a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong><br />
molte persone imparano la lezione.<br />
Ed ecco che cosa ho in mente per te. Ti insegnerò a<br />
combattere contro i grossi cani e farò in modo che<br />
chiunque ti aggre<strong>di</strong>sca in futuro, se ne scappi via col<br />
muso sanguinante e la coda tra le gambe. Aspetta e<br />
vedrai: non ci vorrà molto. Ma prima, dobbiamo<br />
chiedere al re tuo nonno il permesso <strong>di</strong> lavorare<br />
insieme. Sono il suo campione personale, dopo tutto, e<br />
non posso farti da maestro senza la sua approvazione.<br />
An<strong>di</strong>amo a trovarlo?»<br />
Da quel giorno, Uther trascorse gran parte del suo
tempo, e forse la più importante, in compagnia <strong>di</strong><br />
Garreth il Fischiatore, dal quale non imparò solo a<br />
combattere ma anche a comportarsi come il degno<br />
nipote <strong>di</strong> re Ullic che avrebbe affrontato il mondo con<br />
coraggio, onore e senso <strong>di</strong> responsabilità nei confronti<br />
<strong>di</strong> se stesso e delle proprie azioni.<br />
Re Ullic, conscio dei benefici che potevano derivare<br />
dal legame tra il suo campione e il nipotino, presto<br />
affidò a Garreth la responsabilità dell'educazione <strong>di</strong><br />
Uther dal punto <strong>di</strong> vista morale e militare,<br />
trasformandolo da insegnante e istruttore in guar<strong>di</strong>a<br />
del corpo e mentore.<br />
Con l'aiuto <strong>di</strong> Garreth, a otto anni Uther riuscì a farsi<br />
ammettere a una scuola <strong>di</strong> cavalleria durante i mesi<br />
estivi che passava ogni anno a <strong>Camelot</strong> con suo cugino<br />
Cai, iniziando come semplice garzone <strong>di</strong> stalla e<br />
palafreniere. Quando l'ardente desiderio <strong>di</strong> far parte<br />
dei cavalieri <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong> <strong>di</strong>venne il pensiero dominante<br />
nella mente del ragazzo, Garreth il Fischiatore decise,<br />
con qualche esitazione, che avrebbe dovuto imparare<br />
anche lui come battersi in sella a un destriero per poter<br />
mantenere la propria autorità nei confronti del<br />
giovane pupillo. Con sua grande sorpresa, scoprì che la<br />
<strong>di</strong>sciplina dell'equitazione gli offriva nuove e<br />
impegnative sfide e un'eccitazione che non aveva mai<br />
provato prima. Così si lanciò in quell'impresa con<br />
grande entusiasmo, e in meno <strong>di</strong> metà del tempo<br />
necessario normalmente a formare un efficiente
soldato <strong>di</strong> cavalleria, superò i suoi compagni <strong>di</strong> corso<br />
guadagnandosi il <strong>di</strong>ritto a una promozione. Si astenne<br />
comunque dal chiederla, poiché prima <strong>di</strong> tutto era un<br />
guerriero cambriano e sapeva che non sarebbe mai<br />
potuto <strong>di</strong>ventare un cavaliere <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>. Garreth il<br />
Fischiatore conosceva perfettamente i suoi obblighi <strong>di</strong><br />
fedeltà.<br />
Non così Uther, purtroppo. Ma Garreth imparava<br />
l'arte della cavalleria a ventidue anni, mentre Uther ne<br />
aveva appena nove, e tutto il suo mondo era<br />
dominato dalla necessità <strong>di</strong> imparare a padroneggiare<br />
quelle tecniche che lo incuriosivano e lo elettrizzavano.<br />
Uther era totalmente all'oscuro <strong>di</strong> concetti astrusi come<br />
la fedeltà.<br />
Uther viveva - o aveva sempre creduto <strong>di</strong> vivere -<br />
nel migliore dei mon<strong>di</strong> possibili. Da quando aveva<br />
cinque anni e aveva imparato a pensare con la propria<br />
testa, aveva vissuto due stati <strong>di</strong> euforia paralleli. Ogni<br />
anno lasciava la sua casa <strong>di</strong> Tir Manha per trascorrere<br />
la fine dell'autunno, l'inverno e l'inizio della primavera<br />
nella <strong>di</strong>mora dei nonni materni a <strong>Camelot</strong>, insieme al<br />
cugino Caio Merlino Britannico. Poi, in primavera,<br />
quando le montagne della Cambria erano finalmente<br />
libere dalla neve e l'aspro paesaggio intorno alla casa<br />
dei suoi genitori si copriva <strong>di</strong> ver<strong>di</strong> <strong>di</strong>stese, Cai lo<br />
riaccompagnava a Tir Manha per trascorrere<br />
l'interminabile estate e l'inizio dell'autunno tra i monti<br />
dove viveva il popolo del padre <strong>di</strong> Uther. Per tre<br />
lunghi anni della sua infanzia la sua vita era stata
questa, e i due ragazzi pensavano che sarebbe<br />
proseguita così per sempre.<br />
Per Uther ciascuno dei due luoghi aveva i suoi<br />
aspetti piacevoli. Ai suoi occhi, <strong>Camelot</strong> era una sorta<br />
<strong>di</strong> tempio del coraggio, un luogo consacrato alle virtù<br />
militari incarnate da uomini come suo zio, Pico<br />
Britannico, il legato comandante dell'esercito <strong>di</strong><br />
<strong>Camelot</strong>, e dagli eroici ufficiali e cavalieri sotto il suo<br />
comando. Era un mondo ra<strong>di</strong>oso <strong>di</strong> superbi destrieri,<br />
splen<strong>di</strong>de armature e <strong>di</strong>sciplina militare, un para<strong>di</strong>so<br />
per un ragazzo come Uther. Lì ogni cosa era<br />
esattamente come doveva essere e aveva uno scopo<br />
chiaramente definito. Persino gli e<strong>di</strong>fici, a cominciare<br />
dalla magnifica Villa Britannico, conferivano nobiltà a<br />
quel luogo. Erano spaziosi, eleganti e confortevoli, con<br />
il riscaldamento centrale e lussuosi servizi igienici. Tutte<br />
le volte che Uther andava a <strong>Camelot</strong>, si sentiva parte<br />
<strong>di</strong> un mondo ideale e si abbandonava a quella<br />
piacevole sensazione. E ogni volta che se ne andava, si<br />
stupiva del paradosso che segnava la sua partenza: al<br />
dolore si contrapponeva l'emozione viscerale <strong>di</strong><br />
sfuggire a quella rigida <strong>di</strong>sciplina per tornare alla sua<br />
libertà <strong>di</strong> fanciullo spensierato nella casa paterna in<br />
Cambria, alle storie <strong>di</strong> fantasmi narrate la sera intorno<br />
al fuoco, e alle selvagge, sfrenate scorribande tra<br />
montagne e foreste abitate dalla gente <strong>di</strong> suo padre.<br />
Il ragazzo si sentiva a suo agio sia a <strong>Camelot</strong> sia in<br />
Cambria, ma era sempre stato consapevole delle<br />
notevoli <strong>di</strong>fferenze che esistevano tra i due luoghi,
poiché erano <strong>di</strong>ametralmente opposti sotto tutti gli<br />
aspetti, compreso l'abbigliamento delle persone. Ogni<br />
volta che passava da un posto all'altro, per qualche<br />
giorno il contrasto gli appariva stridente. Di tanto in<br />
tanto si domandava se Cai avesse la stessa sensazione,<br />
ma non aveva mai <strong>di</strong>scusso la cosa con suo cugino,<br />
come se, per qualche strano motivo, temesse <strong>di</strong> fare<br />
una brutta figura. Ogni volta che quel pensiero gli<br />
attraversava la mente, lo ignorava finché non svaniva.<br />
Ma prima o poi esso finiva per ripresentarsi,<br />
generando in lui un senso <strong>di</strong> colpa e quasi <strong>di</strong> slealtà.<br />
Sotto molti aspetti, la Cambria soffriva del paragone<br />
con <strong>Camelot</strong>, e Uther temeva che se avesse ceduto alla<br />
tentazione <strong>di</strong> analizzare quel <strong>di</strong>vario troppo<br />
attentamente, ne sarebbe rimasto schiacciato.<br />
Curiosamente, però, le <strong>di</strong>fferenze che lo turbavano<br />
maggiormente erano quelle materiali. Non aveva mai<br />
creduto che ci fossero <strong>di</strong>versità sostanziali tra la gente<br />
<strong>di</strong> <strong>Camelot</strong> e quella della Cambria finché non sentì<br />
qualche vecchio Cambriano mugugnare, «quegli altri,<br />
in quella dannata <strong>Camelot</strong>...» e si domandò talvolta se<br />
quella parola fosse intesa come un insulto.<br />
Un giorno lo chiese a Garreth. Il guerriero sollevò lo<br />
sguardo dalla spada che stava affilando e restò<br />
pensieroso per un lungo istante, poi annuì e tornò al<br />
suo lavoro. Pensando che non volesse aggiungere<br />
altro, Uther riformulò la domanda, proponendola<br />
questa volta come un commento più che come un<br />
quesito <strong>di</strong>retto. Ma Garreth stava semplicemente
me<strong>di</strong>tando la sua risposta, e con un cenno del capo<br />
invitò Uther ad appollaiarsi su un alto sgabello.<br />
Quando il ragazzo fu seduto, Garreth ispezionò<br />
attentamente la lama della spada, poi la posò con<br />
cautela sulla panca che gli stava accanto e avvicinò un<br />
altro sgabello a quello <strong>di</strong> Uther.<br />
Da tempo si attendeva una domanda del genere,<br />
<strong>di</strong>sse al ragazzo, che ne fu molto sorpreso.<br />
«Gli altri...» esordì Garreth. «Be', gli uomini amano<br />
circondarsi <strong>di</strong> cose che conoscono.» La gente si sentiva<br />
più a suo agio in situazioni familiari, spiegò, e preferiva<br />
avere a che fare con persone e circostanze note e <strong>di</strong> cui<br />
aveva già avuto esperienza. Dunque tutto ciò che era<br />
sconosciuto... o che appariva inconsueto risultava<br />
sgra<strong>di</strong>to o sospetto. In qualunque gruppo,<br />
inizialmente, gli estranei erano considerati con timore,<br />
<strong>di</strong>ffidenza e ostilità. Persino tra gli animali, un<br />
esemplare <strong>di</strong> colore <strong>di</strong>verso in una cucciolata veniva<br />
isolato dagli altri e ucciso. Spesso le persone che si<br />
<strong>di</strong>fferenziavano nettamente dai propri vicini soffrivano<br />
a causa della loro <strong>di</strong>versità, che si trattasse degli<br />
occupanti <strong>di</strong> una singola casa, <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong> ragazzi,<br />
<strong>di</strong> un clan o ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> un intero popolo, come i<br />
Cambriani rispetto agli Ersi o agli abitanti della<br />
Caledonia. E allora si scatenava la guerra.<br />
In genere però, continuò Garreth, le cose non<br />
prendevano mai una piega così seria. Nei piccoli<br />
gruppi le conseguenze erano modeste. Magari ci<br />
voleva un po' <strong>di</strong> tempo per accettare quelle <strong>di</strong>fferenze
e <strong>di</strong>ssipare i timori che generavano, ma <strong>di</strong> solito la<br />
<strong>di</strong>versità veniva dapprima tollerata, poi ignorata e<br />
infine <strong>di</strong>menticata.<br />
Dopo quella conversazione, riflettendo sulle parole<br />
<strong>di</strong> Garreth, Uther cominciò a vedere le cose sotto una<br />
nuova luce, e quello che scoprì non gli piacque affatto.<br />
Di nuovo gli tornarono alla mente tutti gli insulti<br />
rivoltigli da gente maligna che lui aveva ignorato nei<br />
suoi pochi anni <strong>di</strong> vita, senza accorgersi della loro<br />
perfi<strong>di</strong>a. E si rese conto all'improvviso che erano tutti<br />
legati a <strong>Camelot</strong> e al suo soggiorno annuale nella terra<br />
e fra il popolo <strong>di</strong> sua madre. Ogni volta che tornava<br />
da <strong>Camelot</strong>, e ogni volta che era in procinto <strong>di</strong> lasciare<br />
la Cambria per recarsi laggiù, era stato costretto a<br />
sopportare, fingendo <strong>di</strong> non sentire i vari commenti<br />
sarcastici e le battute velenose che infangavano lui e<br />
sua madre.<br />
Questa constatazione inattesa fu un duro colpo<br />
poiché non capiva assolutamente il motivo <strong>di</strong> una<br />
simile ostilità nei suoi confronti. Non aveva mai fatto<br />
<strong>di</strong> proposito qualcosa che potesse offendere un adulto,<br />
e non capiva come la sua visita annuale a <strong>Camelot</strong><br />
potesse dar fasti<strong>di</strong>o a qualcuno. Ma la verità era che gli<br />
uomini della Cambria, e soprattutto gli anziani,<br />
criticavano aspramente questa sua abitu<strong>di</strong>ne. E<br />
naturalmente doveva esserci una ragione... ma Uther<br />
era ancora troppo piccolo per capirla.<br />
Nel giro <strong>di</strong> qualche anno, tuttavia, Uther si convinse<br />
che il <strong>di</strong>sprezzo che i Cambriani nutrivano per <strong>Camelot</strong>
era frutto <strong>di</strong> invi<strong>di</strong>a e <strong>di</strong> semplice gelosia. <strong>Camelot</strong><br />
aveva tutto ciò che c'era <strong>di</strong> bello nella vita e che la<br />
Cambria non possedeva. Man mano che cresceva e<br />
approfittava <strong>di</strong> ciò che <strong>Camelot</strong> era in grado <strong>di</strong><br />
offrirgli, Uther apprezzava sempre più il semestre che<br />
trascorreva laggiù e aveva sempre meno voglia <strong>di</strong><br />
tornare a casa. Diventava allora più <strong>di</strong>fficile tenere a<br />
freno la lingua quando un membro del clan faceva un<br />
commento sarcastico sulla sua assenza, sui suoi amici, o<br />
su dove passava il tempo quando non era in Cambria.<br />
Di solito il sarcasmo si esprimeva in domande del tipo:<br />
«Che cos'hanno laggiù che noi non abbiamo?», e<br />
«Com'è che ti va <strong>di</strong> sprecare tanto tempo con loro?».<br />
Uther avrebbe dato qualsiasi cosa pur <strong>di</strong> riuscire a<br />
sfogarsi e a rispondere a quelle cattiverie spiegando<br />
che <strong>Camelot</strong> aveva bagni, e acqua calda, la gente<br />
aveva un aspetto pulito, si lavava spesso e lui non era<br />
costretto a trattenere il respiro quando li incontrava<br />
per dar tempo al suo stomaco <strong>di</strong> abituarsi al loro<br />
fetore; <strong>Camelot</strong> aveva e<strong>di</strong>fici gran<strong>di</strong> e spaziosi e case<br />
piene d'aria calda fornita da fornaci centralizzate che<br />
restavano accese tutto l'anno; a <strong>Camelot</strong> il bestiame<br />
veniva tenuto in capanni, scuderie e stalle e non viveva<br />
nelle case insieme ai proprietari; e infine <strong>Camelot</strong><br />
aveva soldati forti con armature tutte uguali: truppe <strong>di</strong><br />
guarnigione e cavalieri ben <strong>di</strong>sciplinati e addestrati a<br />
operare e combattere insieme come unità militari<br />
invincibili.<br />
Non <strong>di</strong>sse mai nulla <strong>di</strong> tutto questo alla gente <strong>di</strong> suo
padre, ma continuò a pensarci ogni giorno trascorso a<br />
Tir Manha, perché sentiva nostalgia <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>, dei<br />
suoi bagni, dei cavalli e dei soldati, delle sue colline<br />
erbose e dei boschi rigogliosi, e forse soprattutto<br />
dell'allegria e del cameratismo che contrastavano così<br />
ra<strong>di</strong>calmente con la tetraggine del popolo che abitava i<br />
monti della sua patria. Col passare del tempo quella<br />
nostalgia aveva generato in lui un profondo senso <strong>di</strong><br />
colpa, ma il ragazzo faceva <strong>di</strong> tutto per nasconderlo, e<br />
nemmeno Garreth il Fischiatore ne sospettava<br />
l'esistenza.<br />
Un giorno in cui era particolarmente tormentato da<br />
quella che ormai considerava una grave mancanza <strong>di</strong><br />
lealtà verso la sua terra, Uther chiese a Garreth il<br />
Fischiatore che cosa avesse pensato tanti anni prima<br />
quando aveva deciso <strong>di</strong> soccorrere quel bambino<br />
trovato nella stalla.<br />
Garreth smise imme<strong>di</strong>atamente <strong>di</strong> zufolare e restò<br />
immobile. Colto alla sprovvista da quella domanda<br />
brusca e inaspettata, fissò pensieroso il suo giovane<br />
pupillo.<br />
«Be'? Cos'è che ti rode? Non me l'hai mai chiesto.»<br />
Uther scrollò le spalle ma non rispose, e Garreth lo<br />
osservò. «Stai bene? Mi sembri... strano. Ti sei preso un<br />
malanno?»<br />
Uther scosse la testa. «Non credo. Sto come sempre.<br />
Cosa pensasti quel giorno?»<br />
«Come faccio a ricordarmene dopo tutto il tempo<br />
che è passato? Tu ti ricor<strong>di</strong> cosa pensavi un giorno
qualunque <strong>di</strong> tanti anni fa?»<br />
«Sì, e posso <strong>di</strong>rti che quando ti vi<strong>di</strong> entrare nella<br />
stalla pensai che avresti riso <strong>di</strong> me.»<br />
«Davvero?» Garreth esitò per un breve istante. «Be',<br />
ti sbagliavi, no? Non risi <strong>di</strong> te.»<br />
«No. Ma cosa pensasti?»<br />
Garreth stava scrostando la ruggine da un pettorale<br />
<strong>di</strong> ferro che qualcuno aveva <strong>di</strong>sseppellito appena fuori<br />
dalle mura, vicino alla porta principale <strong>di</strong> Tir Manha.<br />
Faceva parte <strong>di</strong> una corazza romana rimasta sepolta<br />
per molto tempo, e Garreth non era certo <strong>di</strong> riuscire a<br />
restaurarla. Ma un'armatura <strong>di</strong> ferro ben fatta aveva un<br />
valore inestimabile, così aveva deciso <strong>di</strong> provarci,<br />
strofinando il metallo arrugginito e sporco con una<br />
miscela abrasiva <strong>di</strong> sabbia, cenere <strong>di</strong> legna e sego.<br />
L'uomo posò con cura gli strumenti a terra e si ripulì le<br />
<strong>di</strong>ta unte <strong>di</strong> grasso su un cencio che teneva infilato<br />
nella cintura.<br />
«Bene, fammi pensare... Ho visto un altro bambino<br />
che piangeva da queste parti, la settimana scorsa. Sei<br />
sicuro <strong>di</strong> non voler sapere cos'ho pensato anche in quel<br />
momento? Ne ho visti <strong>di</strong> bambini che piangevano, nel<br />
corso degli anni.»<br />
Uther annuì, serio. «Ti credo. Ma cosa pensasti <strong>di</strong> me<br />
quel giorno?»<br />
«Dunque, forse è meglio che prima mi ricor<strong>di</strong> cosa<br />
vi<strong>di</strong> per capire cosa potrei aver pensato.» Fece una<br />
pausa, aggrottando le sopracciglia con lo sguardo fisso
nel vuoto, mentre Uther attendeva con impazienza.<br />
«Mi sembra... mi sembra <strong>di</strong> ricordare che fui<br />
profondamente meravigliato <strong>di</strong> vedere un bimbo<br />
su<strong>di</strong>cio con la faccia sporca <strong>di</strong> fango, e graffi<br />
sanguinanti sui piccoli stinchi ossuti. Lo guardai e<br />
pensai: «Che razza <strong>di</strong> monellaccio brutto, goffo e<br />
deforme!» E questo fu solo l'inizio... Sei sicuro <strong>di</strong> voler<br />
sentire il resto?»<br />
Finalmente Uther si lasciò sfuggire un sorriso. «No,»<br />
rispose «non voglio sentire altre sciocchezze.»<br />
«Benissimo.» Garreth il Fischiatore annuì con<br />
decisione. «Dimmi perché lo vuoi sapere, e io te lo<br />
rivelerò.»<br />
Uther guardò altrove per sfuggire allo sguardo <strong>di</strong><br />
Garreth. «Io... io non so esattamente perché.»<br />
«No, certo... e naturalmente non sai nemmeno<br />
perché ti aspetti che io creda a una bugia così evidente.<br />
Bene, quando l'avrai capito, torna qui e vedrò se<br />
risponderti o no.»<br />
Il ragazzo si arrese. «D'accordo, te lo <strong>di</strong>rò.» Fece una<br />
pausa per raccogliere le idee. «Mi... mi sentivo solo,<br />
credo, e avvilito. Mi accade spesso negli ultimi tempi.<br />
Così mi è tornato in mente quel giorno, che fino a quel<br />
momento era stato uno dei peggiori della mia vita.<br />
Ricordo il mio dolore, e posso immaginare<br />
l'impressione che provasti tu, il campione del re; così<br />
mi sono domandato cosa ti spinse a comportarti in<br />
quel modo con me.»
Garreth il Fischiatore scrollò le spalle, poi raccolse da<br />
terra il pettorale arrugginito, senza tuttavia accennare a<br />
riprendere il lavoro. «Hai preso in considerazione la<br />
risposta più banale?» domandò. «Ero il campione del re<br />
e tu eri il nipotino del sovrano. Forse capii subito che<br />
potevo farmi bello agli occhi del mio signore facendo<br />
qualcosa per te.»<br />
«No» replicò Uther. «Non ci credo. Vuoi sapere che<br />
cosa penso? Penso che tu decidesti <strong>di</strong> aiutarmi<br />
semplicemente perché lo volevi. Ciò che mi<br />
incuriosisce è il motivo per cui lo volevi.»<br />
Garreth rimise a terra la corazza e si raddrizzò con<br />
un profondo sospiro, posando le mani sui fianchi e<br />
voltando le spalle a Uther. Il ragazzo non <strong>di</strong>sse niente;<br />
da tempo aveva imparato ad aspettare che Garreth<br />
rompesse il silenzio <strong>di</strong> sua iniziativa, e alla fine il<br />
gigante biondo si girò verso <strong>di</strong> lui. «Ricor<strong>di</strong> quando ti<br />
<strong>di</strong>ssi che ero uno straniero?»<br />
«Sì.»<br />
«E ti <strong>di</strong>ssi anche che rimasi orfano due volte, la prima<br />
alla mia nascita e la seconda quando morì il mio padre<br />
adottivo, Dunvallo?»<br />
«Sì.»<br />
«Ebbene, non avevo ancora nove anni allora e fui<br />
lasciato solo a badare a me stesso. E ci riuscii. Ma ora<br />
so che non ce l'avrei mai fatta senza il sostegno degli<br />
abitanti del villaggio. Furono loro ad aiutarmi e a<br />
darmi da mangiare... Ma non tutti mi erano amici, e i
loro figli meno <strong>di</strong> chiunque altro. Ero uno straniero,<br />
<strong>di</strong>verso dagli altri, e dunque facile preda <strong>di</strong> chiunque<br />
avesse voglia <strong>di</strong> prendersela con me. E lo fecero,<br />
Uther. Non passava giorno senza che qualcuno mi<br />
picchiasse, e <strong>di</strong> solito questo qualcuno non era solo.<br />
Ma è stato in quei momenti, e in quel modo, che ho<br />
imparato per la prima volta a combattere. Avevo la<br />
fortuna <strong>di</strong> essere alto e forte per la mia età, ma questo<br />
non mi impe<strong>di</strong>va <strong>di</strong> mettermi nei guai coi ragazzi più<br />
gran<strong>di</strong>, che non mi avrebbero neanche guardato se<br />
non fossero stati provocati dalla mia corporatura<br />
robusta. Fu allora che mi venne in aiuto un uomo che<br />
vide in me qualcosa che nessun altro aveva visto. Mi<br />
accettò in casa sua, mi pose sotto la sua protezione, e<br />
le mie persecuzioni cessarono. Riesci a immaginare chi<br />
fosse?»<br />
«Mio padre, Uric?»<br />
Garreth sorrise. «No, a quei tempi anche lui era poco<br />
più che un bambino. Fu tuo nonno, re Ullic, e da<br />
allora gli sono sempre stato riconoscente.» Il suo<br />
sorriso si spense. «È grazie a lui che ho potuto<br />
addestrarmi e <strong>di</strong>ventare il guerriero che sono oggi, e gli<br />
devo assoluta fedeltà. Ma non ho mai <strong>di</strong>menticato<br />
cosa voglia <strong>di</strong>re non sentirsi amato, come mi accadeva<br />
prima <strong>di</strong> incontrare tuo nonno. Non ho mai<br />
<strong>di</strong>menticato quanto sia doloroso essere respinto o,<br />
ancor peggio, <strong>di</strong>sprezzato e deriso. Così, quando ti vi<strong>di</strong><br />
quel giorno nascosto nella stalla, fu naturale per me<br />
agire in quel modo e offrirti conforto e comprensione,
perché cre<strong>di</strong>mi, Uther, sapevo perfettamente ciò che<br />
provavi e quello che pensavi. Come potrai ripagarmi<br />
<strong>di</strong> tanta gentilezza? Be', quando ti capiterà l'occasione,<br />
te ne accorgerai, e non ci sarà bisogno che tu me lo<br />
<strong>di</strong>ca, perché io lo saprò. E ora racconta... perché eri<br />
così giù <strong>di</strong> morale in quest'ultima settimana?»<br />
Uther scosse il capo. Avrebbe voluto aprirgli il cuore<br />
parlandogli <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>, della Cambria e della propria<br />
slealtà, ma non era il momento giusto, non ancora.<br />
Così si astenne dal dargli una spiegazione<br />
sod<strong>di</strong>sfacente, e si sentì ancora più in colpa sapendo<br />
che a Garreth non poteva sfuggire il suo atteggiamento<br />
evasivo.
III.<br />
Nemo non provava quasi mai il bisogno <strong>di</strong> rimanere<br />
sola, perché non rifletteva mai a fondo sulle cose. Non<br />
aveva mai sentito la necessità <strong>di</strong> isolarsi dagli altri per<br />
pensare, e non era stata educata a usare la logica o ad<br />
analizzare razionalmente i problemi.<br />
Per quei rari momenti in cui aveva qualcosa su cui<br />
rimuginare Nemo aveva comunque trovato un luogo<br />
in cui poteva appartarsi in<strong>di</strong>sturbata. Lo chiamava il<br />
Posto degli Archi, un nome che aveva inventato lei e<br />
che non conosceva nessun altro. Non si curava del<br />
fatto che fosse uno dei luoghi più sacri della Cambria<br />
dei Pendragon, al quale solamente il re e i drui<strong>di</strong><br />
avevano <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> accesso. Non intendeva<br />
danneggiarlo, mo<strong>di</strong>ficarlo, o alterarlo in alcun modo,<br />
non era interessata agli scopi ai quali era comunemente<br />
destinato, né voleva che qualcuno si accorgesse che vi<br />
si avventurava <strong>di</strong> tanto in tanto. Il Posto degli Archi<br />
era il suo nascon<strong>di</strong>glio privato, e Nemo stava bene<br />
attenta a non farsi vedere quand'era lì, o mentre si<br />
avvicinava o allontanava da quella zona.<br />
Originariamente era un boschetto formato da tre<br />
antiche querce, le uniche esistenti in una regione per lo<br />
più rocciosa in cui crescevano solo cespugli <strong>di</strong><br />
biancospino, salici stentati e betulle rachitiche, e per<br />
questo motivo era un luogo sacro ai drui<strong>di</strong>. Ma una <strong>di</strong>
quelle piante venerabili era stata squarciata da un<br />
fulmine in tempi immemorabili, e <strong>di</strong> essa non restava<br />
ormai che un ceppo annerito. Un secondo albero era<br />
morto molto più tar<strong>di</strong> per cause naturali e <strong>di</strong> questo<br />
era rimasto solo un tronco spoglio e sferzato dalle<br />
tempeste. Solo la terza delle tre querce era rimasta<br />
viva, con i rami più alti soffocati da viluppi <strong>di</strong> vischio<br />
così fitti e lussureggianti da formare un perfetto<br />
nascon<strong>di</strong>glio per chiunque si fosse arrampicato fin<br />
lassù. E spesso Nemo faceva proprio questo, poiché<br />
aveva trovato tra i rampicanti una forcella dove<br />
poteva comodamente riposarsi senza che nessuno la<br />
vedesse, sdraiandosi su un soffice cuscino <strong>di</strong> vischio<br />
solidamente avvinghiato alle fronde e sorvegliando la<br />
zona circostante. Quello era anche il luogo dove gli<br />
arcieri <strong>di</strong> re Ullic si esercitavano tutti i giorni,<br />
scoccando le loro lunghe frecce a bersagli formati da<br />
balle <strong>di</strong> paglia ricoperte da teli su cui erano <strong>di</strong>segnati<br />
dei cerchi concentrici.<br />
Un ulteriore schermo fra il campo <strong>di</strong> addestramento<br />
e l'albero da cui lei li spiava era costituito da una fila <strong>di</strong><br />
giovani arbusti semprever<strong>di</strong>, che <strong>di</strong>videvano il campo<br />
dal bosco sacro. Nemo aveva scoperto che quegli<br />
alberelli erano dei tassi, ed erano oggetto <strong>di</strong> una cura<br />
gelosa da parte dei drui<strong>di</strong> che li concimavano e li<br />
potavano con <strong>di</strong>ligenza. Ognuno <strong>di</strong> quei giovani alberi<br />
avrebbe un giorno raggiunto l'altezza e le <strong>di</strong>mensioni<br />
necessarie perché i suoi rami si potessero tagliare,<br />
essiccare e intagliare per fabbricare uno dei potenti<br />
archi, alti quanto un uomo, dei quali il popolo <strong>di</strong> re
Ullic era così orgoglioso. Li chiamavano gli archi lunghi<br />
<strong>di</strong> Pendragon, e non si erano mai viste al mondo armi<br />
simili. Una freccia scagliata da uno <strong>di</strong> quegli archi,<br />
anche a duecento passi <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, era in grado <strong>di</strong><br />
penetrare la dura scorza <strong>di</strong> un albero - o l'armatura <strong>di</strong><br />
un guerriero - con estrema facilità, e persino <strong>di</strong> passarla<br />
da parte a parte. Nemo lo sapeva, perché appollaiata<br />
in alto sulla sua quercia lo aveva visto con i suoi occhi.<br />
Uther amava l'arco lungo <strong>di</strong> Pendragon; quand'era<br />
in Cambria si esercitava ogni giorno per ore con<br />
quell'arma pro<strong>di</strong>giosa, e Nemo lo stava a guardare. Ma<br />
a Nemo non interessavano gli archi. Avrebbe preferito<br />
passare il suo tempo tra gli uomini e i destrieri <strong>di</strong><br />
<strong>Camelot</strong>, quella che Uther chiamava la cavalleria.<br />
Avrebbe potuto rimanere a osservarli notte e giorno,<br />
perché tutto in loro la eccitava: la mole e la forza<br />
possente dei gran<strong>di</strong> animali e i magnifici finimenti <strong>di</strong><br />
cuoio e metallo <strong>di</strong> cui erano bardati; l'altezza e il<br />
portamento dei cavalieri; lo splendore delle armi che<br />
portavano; e anche le magnifiche e lucenti armature<br />
che indossavano, che risplendevano ai raggi del sole e<br />
si accendevano <strong>di</strong> mille riflessi alla luce della luna. Ma<br />
ovunque andasse Uther Pendragon, Nemo lo seguiva.<br />
Uther era il suo unico, esclusivo interesse. Pensava a lui<br />
in ogni momento, convinta, fin dal loro primo<br />
incontro, che rappresentasse la parte più importante<br />
del suo destino: era infatti il solo in<strong>di</strong>viduo che sotto la<br />
sua raccapricciante bruttezza, aveva visto una persona<br />
come tutte le altre.
La chiamavano Jonet il Rospo prima che incontrasse<br />
Uther, e lei aveva accettato quel nome perché lo<br />
trovava appropriato e riteneva <strong>di</strong> non meritare niente<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>verso. La sua crudele, inesorabile bruttezza pesava<br />
su <strong>di</strong> lei come un giogo <strong>di</strong> pietra e Jonet, che ne era<br />
sempre stata consapevole, si era sempre sentita in<br />
dovere <strong>di</strong> umiliarsi <strong>di</strong> fronte al mondo per questa<br />
supposta colpa.<br />
Una delle prime realtà <strong>di</strong> cui si era resa conto era <strong>di</strong><br />
essere <strong>di</strong>versa, per qualche motivo ignoto ma<br />
inesorabile, dagli altri bambini. Fin dall'inizio le<br />
avevano insegnato, a forza <strong>di</strong> continue e durissime<br />
lezioni, che era una creatura sgra<strong>di</strong>ta e sgradevole,<br />
inaccettabile, inadeguata e indesiderabile. Non aveva<br />
mai riflettuto sul fatto che coloro che le stavano<br />
intorno da piccola erano tutti maschi - non aveva una<br />
madre e tantomeno delle amiche intime - e oltretutto<br />
molto più vecchi <strong>di</strong> lei. Non le venne mai in mente <strong>di</strong><br />
dubitare <strong>di</strong> loro, <strong>di</strong> mettere in <strong>di</strong>scussione le loro<br />
opinioni, o <strong>di</strong> ribellarsi alla loro autorità. Erano i suoi<br />
giu<strong>di</strong>ci, i suoi accusatori e i suoi carnefici, e ciò era<br />
evidente dal loro comportamento e dal fatto che<br />
nessuno si azzardava a criticare quello che <strong>di</strong>cevano o<br />
facevano. Molti erano suoi fratellastri, e ancor più<br />
numerosi erano i cugini con vari gra<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
consanguineità, ma tutti furono sempre concor<strong>di</strong> nel<br />
censurare e condannare la sua ineguagliabile bruttezza.<br />
Fin da quando aveva cominciato a camminare, ad<br />
ascoltare e a capire le avevano ripetuto fino alla
nausea che il suo aspetto e il suo modo <strong>di</strong> presentarsi<br />
erano ripugnanti. <strong>Le</strong> altre ragazze della sua età erano<br />
più graziose <strong>di</strong> lei, perfino la più scialba, e per sentirsi<br />
ancora più belle amavano farsi beffe della sua assoluta<br />
mancanza <strong>di</strong> attrattive.<br />
Fu così che imparò prestissimo a non versare mai<br />
una lacrima, perché ogni volta che lo faceva, ogni<br />
volta che permetteva agli altri <strong>di</strong> vederla piangere, non<br />
faceva che accrescere le sue sofferenze e i suoi guai. I<br />
suoi torturatori potevano picchiarla o infierire su <strong>di</strong> lei<br />
in modo ancor più crudele, potevano deriderla e<br />
scagliarle addosso degli oggetti, o strapparle ciò che<br />
aveva in mano o si stringeva al petto in un quel<br />
momento. Una volta avevano ammazzato un corvo<br />
ferito che lei aveva trovato per caso ed era quasi<br />
riuscita a guarire. Quando si accorsero del suo<br />
profondo dolore per la morte dell'uccello, risero e<br />
aspettarono che lei si affezionasse a qualche altra<br />
creatura per uccidere anche quella: un coniglio che<br />
aveva allevato fin da piccola, e una capretta che le era<br />
stata affidata in un pomeriggio d'estate.<br />
Quel giorno i bambini, alcuni dei quali erano suoi<br />
fratelli, l'avevano malmenata e legata mentre<br />
uccidevano l'animale per pura malvagità, e quando<br />
alla fine si <strong>di</strong>leguarono, lo zio che le aveva assegnato il<br />
compito <strong>di</strong> badare alla capra se la prese con lei<br />
picchiandola con un bastone. Era colpa sua,<br />
naturalmente, se la capra era morta, e tutti erano<br />
d'accordo. Inutile accusare uno dei maschietti, perché
nessuno si aspettava <strong>di</strong> meglio da loro. Ma Jonet non<br />
era né un maschio né una femmina. Jonet era lì e<br />
basta, brutta e inerme, condannata dal suo stesso<br />
aspetto.<br />
Da quella volta Jonet aveva deciso <strong>di</strong> non essere più<br />
una vittima. Non era più stata gentile con nessuno,<br />
non aveva più mostrato interesse per alcuna creatura,<br />
non si era più concessa <strong>di</strong> piangere <strong>di</strong> fronte agli altri.<br />
Qualche volta, naturalmente, aveva pianto ma solo<br />
quando era sicura che nessuno la vedesse. In quelle<br />
occasioni, pur ignorando il motivo per cui versava<br />
quelle lacrime, piangeva per se stessa e per le creature<br />
alle quali non osava mostrare il proprio affetto. Senza<br />
saperlo, piangeva per la solitu<strong>di</strong>ne e l'angoscia, per la<br />
mancanza <strong>di</strong> amici e la <strong>di</strong>sperazione, e per la crudele<br />
consapevolezza <strong>di</strong> essere brutta; ma lo faceva sempre<br />
nascondendosi in qualche cantuccio, lontano dagli<br />
occhi in<strong>di</strong>screti e perfi<strong>di</strong> degli uomini. Era convinta che<br />
nessun essere umano potesse avere rapporti con lei<br />
senza causarle dolore e sofferenza.<br />
Persino suo padre l'aveva definita un rospo schifoso<br />
il giorno in cui l'aveva cacciata <strong>di</strong> casa perché uno dei<br />
fratelli le aveva dato un pugno nello stomaco e lei<br />
aveva vomitato sporcandosi il grembiule. Così per<br />
molto tempo Jonet si era considerata un autentico<br />
rospo, una <strong>di</strong>sgustosa creatura fredda e viscida rifiutata<br />
da tutti, e si era esaminata attentamente per cercare i<br />
tratti in comune con l'essere al quale credeva <strong>di</strong><br />
somigliare.
Il suo corpo era tarchiato e massiccio. Aveva le<br />
membra corte e robuste, le gambe arcuate e<br />
muscolose, le braccia, le mani e le <strong>di</strong>ta tozze, grosse e<br />
forti come quelle <strong>di</strong> un maschio. I capelli erano ispi<strong>di</strong> e<br />
arruffati anche quand'erano puliti, il che accadeva <strong>di</strong><br />
rado. In realtà aveva un fisico robusto e vigoroso, ma<br />
anche se si fosse accorta <strong>di</strong> questi attributi o si fosse<br />
fermata a considerarli, non ne avrebbe tratto alcun<br />
conforto. Vigore e robustezza non le interessavano,<br />
mentre le cose che avrebbe voluto e che avrebbe dato<br />
qualunque cosa per avere - gambe lunghe e snelle,<br />
capelli soffici, occhi azzurri, denti bianchi e regolari -<br />
ahimè, non le appartenevano. Jonet era un rospo.<br />
Poi un giorno sentì <strong>di</strong>re da qualcuno, forse una<br />
vecchia del villaggio, che i rospi avevano occhi<br />
incre<strong>di</strong>bilmente belli, i più belli fra tutti gli animali, e fu<br />
animata dalla speranza <strong>di</strong> avere anche lei un attributo<br />
fisico, che altri potessero ammirare e invi<strong>di</strong>are. Ma<br />
naturalmente doveva trovare il modo <strong>di</strong> verificare la<br />
bellezza dei suoi occhi.<br />
Jonet non aveva mai visto uno specchio, ma sapeva<br />
dell'esistenza <strong>di</strong> oggetti del genere, in cui si poteva<br />
vedere il proprio volto per intero. In un villaggio<br />
povero come il suo, però, nessuno aveva abbastanza<br />
denaro per acquistarne uno. E anche se ce ne fossero<br />
stati, il solo pensiero delle angherie a cui l'avrebbe<br />
sottoposta la gente se avesse sospettato che lei voleva<br />
vedersi il viso bastava a scoraggiarla. Così imparò ad<br />
accontentarsi <strong>di</strong> chiudere gli occhi e sognare che i suoi
fossero i più begli occhi del mondo.<br />
<strong>Le</strong>ir il druido, l'uomo che l'aveva concepita, era uno<br />
dei membri più autorevoli della confraternita dei<br />
drui<strong>di</strong> della Cambria meri<strong>di</strong>onale, e dunque passava<br />
gran parte della sua vita a incontrare gli altri sacerdoti<br />
spostandosi fra le varie comunità <strong>di</strong> cui con<strong>di</strong>videva la<br />
responsabilità. Questo impegno, ovviamente, lo<br />
teneva spesso lontano dalla famiglia - cosa che<br />
rappresentava per la figlia uno dei pochi piaceri della<br />
sua triste vita.<br />
Un giorno, però, <strong>Le</strong>ir tornò a casa da uno dei suoi<br />
lunghi viaggi accompagnato da una nuova moglie, e<br />
Jonet scelse <strong>di</strong> non farsi vedere per un po', come<br />
faceva spesso, nella speranza che le assenze del padre<br />
avessero solo subito un'interruzione per quel<br />
matrimonio e che lui potesse ancora ripartire, con o<br />
senza la sua sposa.<br />
Malgrado avesse solo nove anni, Jonet sapeva bene<br />
che le mogli <strong>di</strong> <strong>Le</strong>ir avevano generalmente vita breve.<br />
Sua madre, che si chiamava Naomi, aveva resistito<br />
poco più <strong>di</strong> due anni, spirando all'improvviso poco<br />
dopo la nascita della figlia, lasciando la neonata nelle<br />
mani <strong>di</strong> una serva adolescente <strong>di</strong> nome Tamara. Circa<br />
due anni dopo, la stessa Tamara - che <strong>Le</strong>ir aveva preso<br />
in moglie pochi mesi dopo la morte <strong>di</strong> Naomi, e che<br />
rappresentava la cosa più simile a una madre che la<br />
bimba avesse mai avuto - morì anch'essa <strong>di</strong> parto,<br />
sacrificando la vita per dare alla luce Carthac,<br />
l'abominevole fratellastro <strong>di</strong> Jonet. <strong>Le</strong>ir, da quel che la
imba aveva saputo ascoltando avidamente i<br />
pettegolezzi del villaggio, non si era nemmeno dato la<br />
pena <strong>di</strong> andare a trovare Tamara negli ultimi mesi <strong>di</strong><br />
gravidanza, ed era risaputo che non aveva mostrato<br />
alcun dolore per la sua scomparsa.<br />
Da allora, <strong>Le</strong>ir aveva avuto altre cinque mogli, e<br />
tutte quante erano morte, come le tre che le avevano<br />
precedute. Ce n'era stata una, prima della mamma <strong>di</strong><br />
Jonet, ma la bambina non aveva mai saputo il suo<br />
nome. Poi erano venute Naomi, Tamara, e le altre<br />
cinque, per cui la nuova sposa era la numero nove. Tre<br />
delle ultime cinque avevano dato al druido dei figli, e<br />
una delle tre era morta <strong>di</strong> parto. <strong>Le</strong> altre due erano<br />
semplicemente morte, in qualche altro modo, quando<br />
<strong>Le</strong>ir aveva cominciato a stancarsi <strong>di</strong> loro. Delle due che<br />
non avevano avuto figli, una si era rotta il collo<br />
cadendo da un muro in una notte buia, l'altra era<br />
annegata nel letto <strong>di</strong> un torrente invaso dalla piena<br />
durante un improvviso temporale in montagna. Jonet<br />
non ricordava nemmeno più i loro nomi. Non ne<br />
aveva conosciuta né amata nessuna. Era convinta,<br />
però, che suo padre le avesse ammazzate tutte.<br />
<strong>Le</strong>ir il druido era un uomo spaventoso, con occhi<br />
vuoti, geli<strong>di</strong>, quasi privi <strong>di</strong> vita. Jonet lo osservava<br />
attentamente mentre sedeva solo, lo sguardo fisso<br />
chissà dove anche in una camera piccola e buia,<br />
borbottando fra sé parole arcane e prive <strong>di</strong> significato.<br />
<strong>Le</strong>i sapeva che in quei momenti il druido cadeva in una<br />
specie <strong>di</strong> trance. E pur non avendone le prove,
pensava che avrebbe ucciso senza rimorso e senza<br />
pietà chiunque lo avesse <strong>di</strong>sturbato, per il semplice<br />
fatto <strong>di</strong> averlo <strong>di</strong>stratto mentre desiderava rimanere<br />
solo. Questo, secondo lei, era stato il destino delle sue<br />
mogli.<br />
Naturalmente, Jonet sapeva anche che nessuno si<br />
sarebbe mai sognato <strong>di</strong> accusare ad alta voce <strong>Le</strong>ir <strong>di</strong><br />
qualche delitto. Era troppo potente perché qualcuno<br />
corresse il rischio <strong>di</strong> inimicarselo. Jonet pensava <strong>di</strong> rado<br />
a queste cose, ma non aveva il minimo dubbio che<br />
avrebbe ucciso anche lei, se fosse stata così avventata<br />
da capitargli <strong>di</strong> nuovo a tiro.<br />
Così, quando arrivò la nona moglie, Jonet si<br />
allontanò subito da casa e si rifugiò nella foresta. Vagò<br />
quasi senza rendersene conto, non sapendo che da<br />
quel giorno non avrebbe più fatto ritorno al suo<br />
villaggio natio. Portava con sé, come sempre, la<br />
piccola sacca da viaggio contenente il bel coltello<br />
affilato che aveva rubato l'anno precedente dalla casa<br />
<strong>di</strong> un vicino, un pezzo <strong>di</strong> corda robusta che aveva<br />
sgraffignato mesi prima a un ven<strong>di</strong>tore ambulante <strong>di</strong><br />
passaggio, e tre ami <strong>di</strong> ferro dalla punta ricurva che<br />
aveva trovato attaccati alle vesti <strong>di</strong> un uomo annegato.<br />
Il cadavere era approdato sulla riva del fiume<br />
all'estremità meri<strong>di</strong>onale del villaggio quando lei aveva<br />
otto anni ed era già abituata allo spettacolo <strong>di</strong> una<br />
morte violenta. Gli ami erano arrugginiti, ma Jonet<br />
conosceva la loro utilità e li aveva staccati con cura<br />
dalla tunica, dove l'uomo li aveva agganciati. Li aveva
pazientemente e minuziosamente ripuliti, grattandoli<br />
delicatamente col frammento <strong>di</strong> una lama rotta che<br />
aveva trovato fuori della bottega del fabbro due anni<br />
prima.<br />
Quando fu finalmente a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> sicurezza dalla<br />
casa del druido, rallentò, pur continuando a<br />
camminare <strong>di</strong> buon passo, cercando <strong>di</strong> non pensare al<br />
padre e alle conseguenze del suo ritorno per<br />
concentrarsi invece sul gradevole tepore <strong>di</strong> quella<br />
giornata e sul canto degli uccelli finché ritenne <strong>di</strong> aver<br />
percorso circa <strong>di</strong>eci miglia. Ma proprio quando<br />
cominciava a ritenersi sola e al sicuro, udì e riconobbe<br />
imme<strong>di</strong>atamente le voci stridule e litigiose dei ragazzi<br />
che la perseguitavano, e per non farsi scoprire<br />
abbandonò il sentiero male<strong>di</strong>cendo la propria<br />
stupi<strong>di</strong>tà. Aveva creduto <strong>di</strong> essersi spinta abbastanza<br />
lontano da sfuggire ai suoi aguzzini, ma loro avevano<br />
seguito lo stesso percorso, e questo le fece capire come<br />
tutta la sua vita fosse legata al villaggio in cui era nata.<br />
Dove arrivava lei, poteva arrivare chiunque; se era<br />
stata capace <strong>di</strong> percorrere tutta quella strada in una<br />
mattinata, perché stupirsi se c'erano riusciti anche i<br />
ragazzi del villaggio? I monelli si avvicinarono al suo<br />
nascon<strong>di</strong>glio ma non si accorsero <strong>di</strong> lei, e si trattennero<br />
lì tutto il pomeriggio a giocare e azzuffarsi tra loro,<br />
mentre Jonet li osservava dai rami più alti <strong>di</strong> un<br />
vecchio olmo.<br />
Quando finalmente se ne andarono, la sera stava<br />
calando rapidamente, cupe ombre bluastre
cominciavano ad addensarsi tra gli alberi, e Jonet<br />
aveva fatto alcune importanti scoperte.<br />
La prima era che si era fatto ormai troppo tar<strong>di</strong> per<br />
tornare a casa in giornata, a meno che non volesse<br />
raggiungere <strong>di</strong> corsa proprio coloro che aveva cercato<br />
<strong>di</strong> evitare nel pomeriggio. In secondo luogo, era<br />
troppo tar<strong>di</strong> anche per trovare un corso d'acqua e il<br />
punto adatto per pescare qualcosa per la cena <strong>di</strong> quella<br />
sera. Ma la terza scoperta era quella più significativa:<br />
per la prima volta capì che se non fosse tornata a casa,<br />
il giorno dopo avrebbe potuto partire dal luogo in cui<br />
aveva passato la notte e arrivare più lontano <strong>di</strong><br />
chiunque fosse partito la mattina dal villaggio. Col<br />
cuore gonfio <strong>di</strong> emozione si rese conto a poco a poco<br />
che facendo la stessa cosa l'indomani, e poi ancora il<br />
giorno successivo, presto sarebbe stata così <strong>di</strong>stante dal<br />
villaggio che nessuno, nemmeno il druido, sarebbe mai<br />
riuscito a scovarla.<br />
Jonet camminò per parecchi giorni: presto ne perse<br />
il conto; e mentre la <strong>di</strong>stanza tra lei e il villaggio<br />
aumentava, cominciò a provare un piacevole,<br />
inconsueto senso <strong>di</strong> benessere. Poi un giorno, mentre si<br />
inoltrava nel folto della foresta per controllare una<br />
trappola che aveva piazzato per i conigli, si trovò<br />
faccia a faccia con la propria immagine sulla superficie<br />
<strong>di</strong> uno stagno.<br />
Jonet non aveva mai immaginato <strong>di</strong> potersi vedere<br />
riflessa così perfettamente da qualche parte, ma la<br />
cruda, terribile, realtà <strong>di</strong> ciò che vide la colpì
profondamente, e non riuscì a fare altro che fissare<br />
come ipnotizzata il proprio volto, rilevando e<br />
memorizzando ogni singolo <strong>di</strong>fetto e imperfezione.<br />
I suoi occhi erano piccoli, spenti, senza la più piccola<br />
scintilla <strong>di</strong> originalità o vivacità, e persino lei si rese<br />
conto che erano troppo vicini tra loro. Si chinò<br />
sull'acqua cercando <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare il confine tra il nero<br />
della pupilla e il bruno opaco dell'iride, ma le due<br />
zone si confondevano al punto che ogni occhio<br />
sembrava un profondo buco nero in una vacua <strong>di</strong>stesa<br />
<strong>di</strong> bianco giallastro. Sopra le orbite, le sopracciglia<br />
formavano una striscia spessa e folta, senza un tratto <strong>di</strong><br />
separazione evidente. Col busto proteso, reggendosi<br />
con le braccia intorpi<strong>di</strong>te, vedeva il suo volto<br />
ciondolare sull'acqua, repellente, flaccido, con le labbra<br />
socchiuse.<br />
Mentre si specchiava, il dolore e la tristezza dentro<br />
<strong>di</strong> lei crebbero fino a opprimerla e a toglierle il respiro.<br />
Allora balzò in pie<strong>di</strong> e fuggì a precipizio attraverso il<br />
bosco, gli occhi accecati dalle lacrime, il volto graffiato<br />
dai rami che urtava mentre correva sempre più forte,<br />
evitando per miracolo alberi e massi, finché non giunse<br />
sull'orlo <strong>di</strong> un profondo fossato scavato dall'acqua e vi<br />
precipitò a peso morto, restando senza fiato e<br />
tramortita dalla caduta.<br />
Per un po' rimase priva <strong>di</strong> sensi, fluttuando tra<br />
luci<strong>di</strong>tà e oblio. Era caduta a testa in giù, e la lunga<br />
apnea le aveva provocato uno spasmo incre<strong>di</strong>bile al<br />
torace. Quando il respiro ricominciò a farsi regolare,
Jonet fu in grado <strong>di</strong> allargare le braccia e raddrizzare la<br />
schiena senza accrescere il dolore che la torturava.<br />
Erano sofferenze fisiche, comunque, e lei poteva<br />
affrontarle e sopportarle. Ciò che la preoccupava e la<br />
confondeva davvero era quello che sembrava accadere<br />
fuori da quel bozzolo <strong>di</strong> improvviso, lancinante dolore<br />
che l'aveva avvolta. Di fronte ai suoi occhi colmi <strong>di</strong><br />
lacrime c'era un ragazzo chino su <strong>di</strong> lei, con una faccia<br />
che esprimeva... qualcosa. Collera, forse?<br />
Quando aprì gli occhi un'altra volta, per un istante,<br />
quel volto non c'era più e lei era <strong>di</strong> nuovo sola,<br />
almeno in apparenza, nella sua tormentosa agonia. Ma<br />
poi qualcuno la rovesciò, e lei sentì delle mani<br />
sconosciute - gran<strong>di</strong> mani maschili - posarsi sulle sue<br />
gambe, raddrizzarle e <strong>di</strong>varicarle. Jonet scalciò<br />
furiosamente, sputando e gridando, perché sapeva<br />
cosa la attendeva, l'aveva visto accadere tante volte ad<br />
altre persone. Ma i suoi calci <strong>di</strong>sperati furono bloccati<br />
senza sforzo da braccia più forti. Poi altre braccia le<br />
cinsero le spalle, schiacciandola e immobilizzandola, e<br />
qualcuno, una terza persona, si inginocchiò sopra <strong>di</strong><br />
lei. <strong>Le</strong> rovesciarono addosso dell'acqua gelida e uno<br />
straccio freddo e umido le ripulì le palpebre dal fango,<br />
in modo che potesse vedere.<br />
Per un attimo Jonet rimase immobile, sbattendo le<br />
palpebre e fissando le tre figure che incombevano su <strong>di</strong><br />
lei. Tre uomini... no, due uomini e un ragazzo, tutti<br />
inginocchiati. L'uomo che le stava <strong>di</strong>etro la teneva<br />
ferma, serrandole le spalle tra le cosce e piegandole il
collo in avanti con il petto. L'altro ai suoi pie<strong>di</strong> si era<br />
seduto sui calcagni allentando la sua morsa, e<br />
sorrideva. Tra i due, alla sinistra <strong>di</strong> Jonet, era<br />
inginocchiato il ragazzo, che aveva in mano lo straccio<br />
con cui le aveva pulito il viso. Tutti e tre la<br />
guardavano, ma lei ignorò la loro espressione e riprese<br />
a lottare, scalciando ancor più energicamente <strong>di</strong> prima<br />
e <strong>di</strong>vincolandosi per fuggire.<br />
Per poco non ci riuscì, poiché il suo tentativo<br />
<strong>di</strong>sperato li colse <strong>di</strong> sorpresa proprio quando<br />
cominciavano a rilassarsi, convinti <strong>di</strong> averla calmata.<br />
Quello che le teneva le gambe se le lasciò scappare, e<br />
Jonet tentò <strong>di</strong> colpirlo con un calcio, sperando <strong>di</strong><br />
spaccargli la faccia. Sferrò il colpo con la gamba destra,<br />
e si accorse che era coperta <strong>di</strong> sangue, ma l'uomo parò<br />
il calcio con l'avambraccio e la immobilizzò <strong>di</strong> nuovo<br />
con la sua mano enorme, questa volta stringendole<br />
l'arto sopra il ginocchio in una morsa così dolorosa che<br />
lei fu costretta a raddrizzarlo. Contemporaneamente,<br />
lo sconosciuto le afferrò la caviglia con l'altra mano,<br />
costringendola a <strong>di</strong>stendere la gamba sul terreno. In<br />
preda all'ira, lei tentò <strong>di</strong> colpirlo con la sinistra, ma<br />
stranamente non riuscì a muoverla, e <strong>di</strong> colpo ebbe<br />
paura. Allora l'uomo bloccò senza <strong>di</strong>fficoltà la caviglia<br />
e la tirò giù finché Jonet non fu completamente<br />
immobilizzata. «Parlale» grugnì l'uomo, <strong>di</strong>grignando i<br />
denti.<br />
«Ascoltami!» Era la voce del ragazzo, e il suo tono<br />
incalzante ebbe la meglio sulla rabbia <strong>di</strong> Jonet e la
costrinse involontariamente a ricambiare il suo sguardo<br />
preoccupato.<br />
«Smettila <strong>di</strong> lottare. Non vogliamo farti del male.<br />
Hai bisogno <strong>di</strong> aiuto.»<br />
Jonet tentò <strong>di</strong> sputargli addosso, ma la saliva le<br />
ricadde sul viso. Il ragazzo la fissò negli occhi,<br />
scuotendo la testa.<br />
«Sputa quanto vuoi,» <strong>di</strong>sse «ma stammi a sentire. Io<br />
non ti conosco. Non so chi sei e non mi interessa, ma<br />
non vogliamo farti del male. Ci hai già pensato da<br />
sola. Ti ho visto correre, prima <strong>di</strong> cadere, sei arrivata<br />
sull'orlo <strong>di</strong> quel fossato e sei capitombolata fin qui. Sei<br />
finita su un albero abbattuto... hai picchiato la testa e ti<br />
sei ferita la gamba su un ramo spezzato. Ho cercato <strong>di</strong><br />
aiutarti, ma quando ho visto che il taglio sulla gamba<br />
era profondo e che perdevi molto sangue, sono corso<br />
a chiamare Garreth, e Glenn è venuto con noi. Garreth<br />
bloccherà l'emorragia e fascerà la ferita, se glielo<br />
permetterai, ma devi smetterla <strong>di</strong> agitarti. Nessuno<br />
vuol farti del male. Io sono Uther Pendragon, nipote<br />
<strong>di</strong> re Ullic, e lui è Garreth il Fischiatore, il campione del<br />
re. Ti giuro che non ti accadrà nulla. Ma hai una brutta<br />
ferita e rischi <strong>di</strong> morire. Guardala. Guardala! »<br />
<strong>Le</strong> braccia che le bloccavano il torace allentarono la<br />
stretta e lei si chinò per guardare il punto in<strong>di</strong>cato dal<br />
ragazzo. C'era del sangue su tutte e due le gambe, ma<br />
era la sinistra, che non riusciva a muovere, quella<br />
conciata peggio. Sulla coscia si apriva un grosso<br />
squarcio, all'interno del quale si <strong>di</strong>stingueva il colore
ianco dell'osso esposto, e appena sotto il sangue rosso<br />
scuro zampillava abbondantemente. Quella vista la<br />
sconvolse al punto da farle abbandonare ogni velleità<br />
<strong>di</strong> resistenza. Si abbandonò nelle braccia dell'uomo che<br />
le stava alle spalle, si sentì girare la testa e svenne;<br />
l'ultima cosa <strong>di</strong> cui ebbe coscienza fu il viso allarmato<br />
del ragazzo che si chinava su <strong>di</strong> lei, i gran<strong>di</strong> occhi<br />
luminosi che la fissavano con preoccupazione.<br />
Per un certo periodo, Jonet ebbe la sensazione <strong>di</strong><br />
ondeggiare tra il sonno e la veglia, facendo talvolta dei<br />
lunghi sogni. Sapeva <strong>di</strong> trovarsi all'interno <strong>di</strong> una<br />
capanna, in un letto, al riparo dalle intemperie, ed era<br />
sicura che il tempo fosse cattivo perché ogni volta che<br />
si svegliava sentiva l'ululare del vento e l'incessante<br />
scroscio <strong>di</strong> piogge sferzanti. Due uomini si prendevano<br />
cura <strong>di</strong> lei, e uno <strong>di</strong> loro era sempre presente quando<br />
lei si svegliava. Imparò che il più grosso era quello <strong>di</strong><br />
nome Garreth... Garreth il Fischiatore. L'altro, più<br />
piccolo e silenzioso, si chiamava Glenn. Non parlavano<br />
molto con lei, ma non le facevano alcun male. Chi era<br />
<strong>di</strong> turno al suo risveglio - e a volte dovevano destarla<br />
proprio per quel motivo - le cambiava la me<strong>di</strong>cazione,<br />
togliendo le bende sporche, lavando la gamba con<br />
acqua bollente, applicandole un impiastro e infine<br />
avvolgendo la ferita con bende pulite.<br />
Col tempo gli intervalli <strong>di</strong> sonno si fecero più ra<strong>di</strong> e<br />
più brevi, e contemporaneamente lo spaventoso<br />
squarcio alla coscia, ricucito in qualche modo da<br />
Garreth il Fischiatore, si rimarginò e cominciò a
migliorare finché il dolore fu sostituito da un incessante<br />
prurito che, secondo Garreth, era un sicuro in<strong>di</strong>zio <strong>di</strong><br />
guarigione.<br />
Pur non avendo idea <strong>di</strong> quanto fosse rimasta a letto,<br />
in quella piccola capanna, Jonet sapeva che il ragazzo<br />
non era tornato a trovarla.<br />
Per molto tempo non <strong>di</strong>sse nulla, ripetendosi che<br />
non le importava che venisse o no, ma vedendo che<br />
continuava a non farsi vivo finì per arrabbiarsi <strong>di</strong><br />
nuovo e cominciò a credere che fosse anche lui come<br />
tutti gli altri uomini della sua vita: duro, freddo e<br />
insensibile. Ma anche Garreth e Glenn erano uomini<br />
eppure non le avevano fatto alcun male. Parlavano<br />
poco, ma passavano tutto il tempo a occuparsi <strong>di</strong> lei.<br />
Poi un giorno Garreth si presentò <strong>di</strong> buon'ora e<br />
iniziò a sbendarla come al solito, ma questa volta,<br />
quando rimosse la me<strong>di</strong>cazione con l'impiastro, la<br />
spessa crosta nera della ferita era scomparsa lasciando<br />
solo l'ampio lembo <strong>di</strong> pelle lucida della cicatrice.<br />
L'uomo le sorrise. «Eccoti tornata come prima. Ora<br />
devi solo imparare <strong>di</strong> nuovo a camminare, e poi potrai<br />
andartene.»<br />
Jonet gli lanciò uno sguardo truce, non perché fosse<br />
arrabbiata ma perché il suo viso non conosceva altre<br />
espressioni. «Imparare <strong>di</strong> nuovo a camminare? Che<br />
assur<strong>di</strong>tà! Io so camminare.»<br />
Lui continuò a sorridere. «Io lo so. E tu lo sai. Ma le<br />
tue gambe non lo sanno. Sono deboli ora, prive <strong>di</strong>
forze, perché sei stata a letto più <strong>di</strong> un mese e per tutto<br />
questo tempo non le hai usate. Non mi cre<strong>di</strong>?<br />
Benissimo, allora ve<strong>di</strong>amo.»<br />
Si alzò e si allontanò dal giaciglio, e quando fu a<br />
<strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> tre passi si voltò verso <strong>di</strong> lei e tese le<br />
braccia. «Coraggio, Nemo, vieni verso <strong>di</strong> me.»<br />
«Cosa?»<br />
Lui piegò la testa <strong>di</strong> lato, senza capire. «Come mi hai<br />
chiamato? Hai usato un nome.»<br />
«Oh, Nemo.» Rise. «È una parola romana, significa<br />
"Nessuno", o "Senza nome". Non conoscendo il tuo<br />
nome dovevamo pur chiamarti in qualche modo, così<br />
ci è parso che Nemo andasse bene. Non ti piace?»<br />
<strong>Le</strong>i spostò le gambe dal letto e rimase immobile <strong>di</strong><br />
fronte a lui, senza <strong>di</strong>re nulla.<br />
«E Nemo sia, allora. Coraggio, alzati e vieni verso <strong>di</strong><br />
me. Non sono lontano, e terrò le braccia tese. Non<br />
aver paura. Se ca<strong>di</strong>, ti prenderò.» <strong>Le</strong>i rimase immobile.<br />
«Su, cosa aspetti? Non può essere paura, io so che<br />
non hai paura <strong>di</strong> nulla. Quanti anni hai, <strong>di</strong>eci o do<strong>di</strong>ci?<br />
Hai le gambe grosse e forti. Dai, alzati, sono solo tre<br />
passi.»<br />
Jonet si alzò... e imme<strong>di</strong>atamente si rimise a sedere<br />
sentendosi mancare la terra sotto i pie<strong>di</strong>. Terrorizzata<br />
da quella sensazione del tutto nuova per lei, rimase<br />
seduta per un po', aggrappata alle lenzuola, fissando il<br />
pavimento. Era <strong>di</strong> terra battuta, ben pulito, e per tutto<br />
il tempo che lo guardò non si mosse. Alla fine prese un
gran respiro e riprovò, sforzandosi questa volta <strong>di</strong><br />
rimanere in pie<strong>di</strong>, mentre l'intera capanna le ballava<br />
intorno. Al terzo tentativo finalmente ci riuscì, ma le<br />
gambe si rifiutarono <strong>di</strong> muoversi quando glielo or<strong>di</strong>nò.<br />
In un lampo rivide il momento in cui la gamba ferita si<br />
era ribellata ai suoi tentativi <strong>di</strong> prendere a calci<br />
Garreth, al loro primo incontro, e provò una fitta <strong>di</strong><br />
panico. Il suo piede destro si sollevò da terra nel<br />
tentativo <strong>di</strong> fare il primo passo, ma quando si posò <strong>di</strong><br />
nuovo sul pavimento, la gamba cedette e Jonet fu sul<br />
punto <strong>di</strong> cadere a faccia in giù.<br />
Subito Garreth la afferrò e la sollevò senza sforzo,<br />
stendendola <strong>di</strong> nuovo sul letto.<br />
«Mi cre<strong>di</strong>, ora? Non preoccuparti, non sarà una cosa<br />
lunga. Più tar<strong>di</strong> riproveremo qualche passo, poi ancora<br />
domani mattina e domani pomeriggio, e dopodomani<br />
sarai in grado <strong>di</strong> muoverti normalmente. Per allora<br />
Uther sarà tornato. Sarà contento <strong>di</strong> trovarti <strong>di</strong> nuovo<br />
in forma.»<br />
«Chi... sarà tornato?»<br />
«Uther. Ricor<strong>di</strong> Uther, vero? E il nipote <strong>di</strong> re Ullic.»<br />
«Il ragazzo.»<br />
«Proprio lui.»<br />
«Dov'è?»<br />
«A <strong>Camelot</strong>. È lì dal giorno successivo al tuo<br />
incidente. Ma ora sta per tornare. Dovrebbe arrivare in<br />
un paio <strong>di</strong> giorni, pioggia permettendo. Nessuno ama<br />
viaggiare con un tempaccio come questo se non è
proprio necessario, e Uther non ha fretta. Può<br />
aspettare che il tempo si rimetta.»<br />
<strong>Le</strong>i valutò in silenzio quelle informazioni, poi<br />
domandò: «Camel... Come hai detto che si chiama<br />
quel posto?.»<br />
«<strong>Camelot</strong>.»<br />
«Dov'è?»<br />
«È il posto in cui vivono il cugino <strong>di</strong> Uther, Cai, e i<br />
suoi nonni materni. Uther passa molto tempo laggiù<br />
con il cugino, a casa <strong>di</strong> Publio e Luceia Varro, poi i due<br />
ragazzi tornano qui a trascorrere un periodo in<br />
Cambria con re Ullic, anche lui nonno <strong>di</strong> Uther, ma dal<br />
lato paterno.»<br />
Cullata da quel tono carezzevole e sfinita dai suoi<br />
esercizi, Jonet cadde in un sonno profondo.<br />
Quando si svegliò era sola e rimase <strong>di</strong>stesa a pensare<br />
a ciò che le aveva detto Garreth. Il ragazzo non era<br />
passato a trovarla non perché non volesse venire ma<br />
perché era stato dai nonni materni. Corrugò la fronte,<br />
chiedendosi cosa significasse quell'espressione. <strong>Le</strong>i non<br />
aveva mai avuto una madre, dunque non sapeva cosa<br />
significasse un lato materno, e men che meno<br />
paterno... Suo padre, anche se lei avesse osato<br />
chiederglielo, le avrebbe dato ben poche spiegazioni.<br />
Quell'uomo non le aveva mai dato nulla, tranne le due<br />
cose che l'avevano fatta finire in quella capanna: la<br />
conferma che meritava il nome che le avevano<br />
affibbiato - il Rospo - e un incentivo per fuggire dalla
sua misera casa nella muta, inconfessata speranza <strong>di</strong><br />
trovare una vita migliore.<br />
Cominciava a capire che questi uomini non le<br />
avrebbero fatto del male, e avrebbe voluto <strong>di</strong>r loro<br />
come si chiamava, ma una notte aveva avuto un<br />
incubo terribile in cui il druido, che la stava cercando,<br />
la ritrovava perché lei aveva rivelato il suo nome a<br />
uno straniero. Così, almeno per il momento, preferiva<br />
rimanere Nemo, e tenere segreta la sua identità. <strong>Le</strong>i,<br />
nel frattempo, aveva imparato il nome <strong>di</strong> un ragazzo e<br />
<strong>di</strong> due uomini adulti che non avevano fatto nulla per<br />
causarle sofferenza o dolore, e uno <strong>di</strong> loro, il giovane<br />
Uther, sarebbe arrivato il giorno seguente o quello<br />
successivo. Decise allora <strong>di</strong> non riprendere a<br />
camminare finché lui non fosse tornato, perché in caso<br />
contrario sarebbe dovuta andar via.<br />
Ma nonostante le sue speranze e le sue intenzioni, il<br />
piano fallì perché Garreth il Fischiatore aveva avuto<br />
ragione. Nessuno si spostava volentieri con il<br />
maltempo che imperversava in quel periodo in tutta la<br />
Britannia meri<strong>di</strong>onale, e quelli che avevano la fortuna<br />
<strong>di</strong> poter rimandare il viaggio lo facevano. Tra questi<br />
c'era anche il gruppo <strong>di</strong> persone in partenza da<br />
<strong>Camelot</strong> per la Cambria: rimasero comodamente al<br />
caldo delle loro case per ben <strong>di</strong>eci giorni prima che<br />
cambiasse il tempo e quando giunsero nelle terre <strong>di</strong><br />
Ullic, Nemo si era già rimessa in forze e si era sottratta<br />
alla tutela <strong>di</strong> Garreth, perché non aveva più motivo <strong>di</strong><br />
rimanere. Ma non si allontanò, perché non aveva
voglia <strong>di</strong> tornare a vivere sola nella foresta, e visto che<br />
non aveva intenzione <strong>di</strong> far ritorno alla sua vecchia<br />
casa, non aveva altra scelta a <strong>di</strong>sposizione. Decise<br />
invece <strong>di</strong> rendersi utile agli abitanti del villaggio, a<br />
cominciare da quelli che vivevano accanto alla<br />
capanna <strong>di</strong> Garreth. Erano le uniche persone che aveva<br />
avuto modo <strong>di</strong> osservare - e lo aveva fatto<br />
attentamente - negli ultimi giorni della sua<br />
convalescenza. Una <strong>di</strong> loro, una vecchietta curva,<br />
viveva sola senza nessuno che badasse a lei, e Nemo si<br />
era accorta che Garreth la trattava con gentilezza e<br />
cortesia, portandole i carichi pesanti e fermandosi a<br />
parlare con lei quasi tutte le volte che passava davanti<br />
alla sua porta.<br />
Il primo giorno della sua nuova vita, Nemo avvicinò<br />
la donna e si offrì <strong>di</strong> lavorare per lei in cambio <strong>di</strong> un<br />
posto per dormire. La vecchia accettò la proposta ma<br />
volle sapere il suo nome, e Jonet, senza pensarci un<br />
istante, le <strong>di</strong>sse <strong>di</strong> chiamarsi Nemo. La vecchia le<br />
preparò un giaciglio accanto al fuoco, in un angolo<br />
della sua unica stanza. Gliene fu grata, soprattutto<br />
quando la vecchia parlò bene <strong>di</strong> lei ai vicini. Nel giro<br />
<strong>di</strong> pochi giorni, grazie a questa cortesia, era riuscita a<br />
ingraziarsi molte altre persone <strong>di</strong>mostrando <strong>di</strong> essere<br />
una lavoratrice forte e volonterosa, in grado <strong>di</strong><br />
ripagare ampiamente il poco cibo che consumava e lo<br />
spazio che occupava la notte. Si sentiva meglio anche<br />
nei confronti <strong>di</strong> se stessa, ora, perché l'appellativo<br />
Nemo le aveva ricordato quello <strong>di</strong> sua madre, Naomi.<br />
Non l'aveva mai conosciuta, ma il suono del suo nome
le piaceva, e il fatto che fosse così simile a Nemo le<br />
sembrava straor<strong>di</strong>nario; così, nel segreto delle sue<br />
fantasie, cominciò a chiamarsi Naomi e a pensare a se<br />
stessa con quel nome, all'inizio con molta esitazione,<br />
poi con sempre maggior piacere e sicurezza man mano<br />
che ci si abituava. Naomi era un nome magnifico, e lei<br />
si era convinta che una persona che si chiamava così<br />
non avrebbe mai potuto avere alcuna somiglianza con<br />
Jonet il Rospo.<br />
Si era ormai stabilita in quel luogo, conosciuta da<br />
tutti come Nemo, quando Uther Pendragon tornò e<br />
venne a cercare Garreth il Fischiatore. Nel vedere il<br />
ragazzo sgranò gli occhi, meravigliandosi <strong>di</strong> quanto<br />
fosse giovane: lo ricordava pressappoco della sua età o<br />
più vecchio, mentre in realtà era molto più piccolo <strong>di</strong><br />
lei... quasi coetaneo del suo orribile fratellastro<br />
Carthac, anche se Uther era più alto e infinitamente<br />
più bello. Deforme dalla nascita, a causa <strong>di</strong> un parto<br />
<strong>di</strong>fficile, Carthac aveva un lato del cranio schiacciato,<br />
che ne sfigurava i lineamenti. Per quanto Nemo fosse<br />
conscia della propria bruttezza, il fratellastro era<br />
in<strong>di</strong>scutibilmente un mostro. Nove bambini su <strong>di</strong>eci<br />
non sarebbero sopravvissuti a un parto simile, ma nel<br />
suo caso quella <strong>di</strong>sgrazia sembrava averlo reso ancora<br />
più forte e sano.<br />
Nemo si avvicinò <strong>di</strong> nascosto per osservare Uther da<br />
vicino. Lui la riconobbe e accennò un saluto, facendole<br />
un breve sorriso prima <strong>di</strong> rivolgersi a Garreth, e lei<br />
arrossì improvvisamente sentendosi così imbarazzata
che tornò a nascondersi.<br />
Nemo si stabilì a Tir Manha e fu accettata <strong>di</strong> buon<br />
grado, poiché era <strong>di</strong>sposta a fare i lavori che erano<br />
ritenuti sgradevoli e faticosi. Di tanto in tanto<br />
qualcuno la prendeva ancora in giro per il suo aspetto,<br />
ma lei era abituata a tenere la testa bassa, e col passare<br />
del tempo queste occasioni <strong>di</strong> scherno si fecero sempre<br />
più rare. In ogni caso, l'unica opinione che le<br />
interessava davvero era quella <strong>di</strong> Uther, e il fatto che<br />
lui la accettasse, pur mostrando nei suoi confronti non<br />
più che una benevola in<strong>di</strong>fferenza, era come un<br />
balsamo per la sua anima. Era ormai completamente<br />
infatuata e ossessionata da lui, e nel piccolo mondo in<br />
cui viveva e sognava si era convinta, inconsciamente,<br />
che Uther provasse lo stesso interesse per lei.<br />
Nemo cercava in tutti i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> rendersi utile al<br />
ragazzo in cambio della gentilezza che lui le aveva<br />
<strong>di</strong>mostrato. Un giorno, appollaiata in alto sul suo<br />
nascon<strong>di</strong>glio nel Posto degli Archi, aveva sentito<br />
Garreth raccontare a re Ullic che un ragazzo del posto,<br />
un bellimbusto grande e grosso chiamato Ivor lo<br />
Strabico il cui padre era uno dei guerrieri e consiglieri<br />
<strong>di</strong> re Ullic, si era messo in testa <strong>di</strong> rendere la vita<br />
impossibile al piccolo Uther al suo ritorno da <strong>Camelot</strong>,<br />
sapendo che grazie alla posizione dell'illustre genitore<br />
le sue angherie non avrebbero avuto gravi<br />
conseguenze. Questo Ivor, che aveva la stessa età <strong>di</strong><br />
Nemo, si era creato un vasto seguito tra i ragazzi più<br />
giovani, molti dei quali, terrorizzati, speravano
adulandolo <strong>di</strong> sfuggire alle sue ire. Secondo il racconto<br />
<strong>di</strong> Garreth, Uther, che aveva sette anni ma era già alto<br />
per la sua età, aveva cercato <strong>di</strong> ignorarlo, ma ignorare<br />
quello zotico si era rivelata la tattica peggiore, e il<br />
ragazzo ne era uscito con una gamba ferita e<br />
sanguinante.<br />
Nemo si in<strong>di</strong>gnò quando seppe che Garreth non era<br />
andato imme<strong>di</strong>atamente a cercare Ivor lo Strabico per<br />
punirlo. Ma intervenire fisicamente non era e non<br />
poteva essere compito suo, spiegò il guerriero a re<br />
Ullic. Era una questione che Uther doveva risolvere da<br />
solo e <strong>di</strong> fronte a tutti. Garreth non poteva farsi<br />
coinvolgere, perché era convinto che un suo<br />
intervento avrebbe senz'altro impe<strong>di</strong>to a Uther <strong>di</strong><br />
liberarsi della tirannia del ragazzo più grande con le<br />
proprie forze. Se il suo pupillo voleva guadagnarsi il<br />
rispetto dei compagni avrebbe dovuto affrontare da<br />
solo quel gradasso. Così Garreth aveva consigliato a<br />
Uther <strong>di</strong> sfidarlo apertamente e attaccarlo quando si<br />
fosse sentito pronto a combattere, invece <strong>di</strong> aspettare<br />
che fosse Ivor a scegliere il momento.<br />
Nemo ascoltò attentamente mentre Garreth il<br />
Fischiatore raccontava al suo signore come avesse<br />
spiegato a Uther i concetti <strong>di</strong> onore, dovere, impegno<br />
e de<strong>di</strong>zione, e la necessità <strong>di</strong> saper <strong>di</strong>stinguere gli amici<br />
dai nemici. Aveva parlato al ragazzo, <strong>di</strong>sse, dei vari<br />
gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> amicizia e inimicizia, definendoli con<br />
precisione, servendosi, in alcuni casi, <strong>di</strong> parole che<br />
Nemo non aveva mai u<strong>di</strong>to. Amico era colui che
accettava <strong>di</strong> buon grado la presenza, i piani, le azioni, i<br />
risultati e gli obiettivi fondamentali <strong>di</strong> un capo.<br />
Nemico era colui che non lo faceva. E, aveva insistito<br />
Garreth, l'unico modo <strong>di</strong> trattare un nemico<br />
implacabile era <strong>di</strong> trasformarlo in un amico - oppure <strong>di</strong><br />
ucciderlo, se quello era l'unico modo <strong>di</strong> ottenere la sua<br />
sottomissione. Nemo prese nota con cura <strong>di</strong> ogni<br />
parola. Garreth aveva consigliato al ragazzo <strong>di</strong> fare<br />
tutto ciò che era in suo potere per farsi voler bene<br />
dagli amici. Se ci fosse riuscito, non avrebbe avuto<br />
alcun nemico vivo.<br />
Nessun uomo intelligente ama combattere o sceglie<br />
<strong>di</strong> combattere quando non è necessario, aveva detto<br />
Garreth al ragazzo, perché esiste sempre il rischio <strong>di</strong><br />
ferirsi gravemente o <strong>di</strong> morire. Ma se un uomo decide<br />
che deve combattere, il suo impegno dev'essere totale,<br />
e la sua concentrazione sul risultato, l'eventuale<br />
vittoria, assoluta. Chi combatte senza una simile<br />
de<strong>di</strong>zione è uno sciocco, aveva aggiunto Garreth, e<br />
merita <strong>di</strong> morire.<br />
Qualche giorno dopo quella conversazione Uther,<br />
armato questa volta <strong>di</strong> un pesante bastone e<br />
accompagnato solo dal cugino Cai, tornò a cercare<br />
Ivor lo Strabico e lo trovò nella piazza del mercato,<br />
circondato dalla sua banda <strong>di</strong> adulatori. Senza<br />
preamboli, Uther lo sfidò a battersi su quel terreno e<br />
partì all'attacco. Cai si fece da parte, tenendo d'occhio<br />
il combattimento ma soprattutto i compagni <strong>di</strong> Ivor,<br />
nel caso avessero la tentazione <strong>di</strong> dargli una mano. Ma
il suo aiuto non fu necessario. I testimoni dello scontro<br />
riferirono che Uther sembrava folle <strong>di</strong> rabbia e<br />
incurante del pericolo. Il ragazzo impugnava il bastone<br />
con entrambe le mani, servendosene come <strong>di</strong> una<br />
clava per tenere a <strong>di</strong>stanza l'avversario più grosso <strong>di</strong><br />
lui, e quando si presentava l'occasione, come <strong>di</strong> una<br />
leva per fare lo sgambetto al suo nemico. Riuscì a farlo<br />
crollare sull'acciottolato della piazza e lo picchiò finché<br />
l'altro non implorò pietà. Ma appena fu sicuro, insieme<br />
a tutti i presenti, della sconfitta <strong>di</strong> Ivor, il ragazzo smise<br />
<strong>di</strong> colpirlo e in<strong>di</strong>etreggiò, abbassando l'arma. Ivor<br />
continuò a rotolarsi singhiozzando e sanguinando,<br />
finché non si rialzò faticosamente, restando a carponi e<br />
a testa bassa.<br />
Uther lo scrutò per qualche minuto, poi fece un<br />
passo avanti, posando la grossa punta del bastone sulla<br />
schiena dell'avversario, tra le scapole.<br />
«Ivor» <strong>di</strong>sse con voce bassa ma chiara. «È meglio che<br />
tu sia mio amico, perché verrà il momento in cui non<br />
avrò più nemici vivi. Pensaci.» A quel punto Uther<br />
Pendragon si voltò lentamente, fissando i ragazzi<br />
presenti uno a uno. Molti <strong>di</strong> loro non gli avevano mai<br />
fatto del male, ma alcuni in passato si erano <strong>di</strong>vertiti a<br />
tormentarlo, istigati da Ivor. In entrambi i casi, pochi<br />
osarono sostenere il suo sguardo e così, con un cenno<br />
d'intesa a Cai, il ragazzo se ne andò roteando il<br />
bastone. Cai, con un sorriso sod<strong>di</strong>sfatto, lo seguì in<br />
silenzio.<br />
Per celebrare la vittoria <strong>di</strong> Uther, che considerava
una tappa fondamentale nella vita e nell'educazione<br />
del ragazzo, Garreth il Fischiatore decise <strong>di</strong> andare a<br />
pesca con lui e alcuni dei suoi amici. Partirono il<br />
pomeriggio stesso e rimasero assenti per una settimana.<br />
Nessuno seppe mai se Ivor il bullo avesse riflettuto<br />
sulla proposta <strong>di</strong> amicizia <strong>di</strong> Uther Pendragon, poiché<br />
quella stessa notte qualcuno, o forse un'entità<br />
soprannaturale, introdusse nel suo letto una vipera,<br />
l'unico rettile velenoso presente in Britannia, e mentre<br />
si <strong>di</strong>batteva per liberarsi delle pellicce in cui era<br />
avvolto, il ragazzo fu morso varie volte. Morì prima<br />
dell'alba, e Uther Pendragon, che quel mattino batteva<br />
le rive del fiume in cerca <strong>di</strong> trote argentate, non si rese<br />
conto che nasceva proprio allora quella reputazione<br />
che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita.<br />
Nemo sorrideva pensandoci, e si teneva stretta il suo<br />
segreto, esultando al pensiero che nessuno, nemmeno<br />
lo stesso Uther, sapeva che era stata lei a ven<strong>di</strong>carlo,<br />
avviandolo a quella fama che lo avrebbe reso celebre.<br />
Da quel momento in poi, si sarebbe detto <strong>di</strong> lui che era<br />
un uomo senza nemici... vivi.<br />
Nemo seguiva Uther costantemente quando lui si<br />
trovava in Cambria, adeguando <strong>di</strong> giorno in giorno il<br />
suo itinerario per stargli, se possibile, sempre vicina. E<br />
nelle terribili occasioni in cui lui spariva per lunghi<br />
mesi, ostaggio dei parenti <strong>di</strong> sua madre nella remota<br />
<strong>Camelot</strong>, lei cercava <strong>di</strong> sopportare quelle interminabili<br />
assenze tentando <strong>di</strong> ignorare il suo sconforto,
sostenuta solo dall'assoluta certezza che re Ullic non<br />
avrebbe mai permesso a suo nipote <strong>di</strong> rimanere troppo<br />
a lungo lontano dalla Cambria.<br />
In fondo al cuore Nemo sapeva che Uther sarebbe<br />
sempre stato il suo campione e lui non la deluse mai.<br />
Nemmeno quel giorno, qualche anno più tar<strong>di</strong>, in cui<br />
lei temette che fosse arrivata la fine del mondo.<br />
Ormai do<strong>di</strong>cenne, Nemo era uscita dalla capanna <strong>di</strong><br />
buon'ora in un limpido mattino d'estate e come ogni<br />
giorno si era <strong>di</strong>retta al pozzo, portando sulle spalle un<br />
giogo che reggeva i secchi per l'acqua. Aveva svoltato<br />
all'angolo della capanna del barilaio e stava girando a<br />
sinistra verso il pozzo quando alla sua destra notò un<br />
uomo proveniente dall'ingresso del villaggio che<br />
veniva verso <strong>di</strong> lei. Lo guardò incuriosita, attratta più<br />
che altro da quella nuova presenza, e <strong>di</strong> colpo si<br />
arrestò con la bocca spalancata e il cuore in gola.<br />
Quell'uomo era <strong>Le</strong>ir il druido, suo padre, e <strong>di</strong>etro la<br />
sua figura alta e curva si intravedeva la sagoma più<br />
piccola e <strong>di</strong>noccolata del suo fratellastro Carthac, la cui<br />
macroscopica deformità era visibile anche da lontano.<br />
Sicura <strong>di</strong> essere stata vista, Nemo si nascose in preda<br />
al panico <strong>di</strong>etro il muro del barilaio e rimase a lungo<br />
immobile, col cuore che le martellava nel petto. Era<br />
sicurissima che i due avessero scoperto, per sua grande<br />
sfortuna, dove si nascondeva e fossero venuti per<br />
riportarla a casa. Era certa anche del fatto che avrebbe<br />
preferito morire lì a Tir Manha piuttosto che seguirli.<br />
Lasciò scivolare il pesante giogo <strong>di</strong> legno dalle spalle,
facendo cadere i secchi per terra con un gran fracasso,<br />
e cercò a tentoni il coltello a lama corta che portava<br />
alla cintola. Non era un vero e proprio pugnale, ma<br />
non aveva nient'altro, e passò nervosamente il pollice<br />
sulla lama affilata guardandosi attorno per vedere se<br />
qualcun altro stesse osservando la scena. Non c'era<br />
nessuno in vista. Tese l'orecchio per <strong>di</strong>stinguere il<br />
suono dei passi che si avvicinavano ma non udì alcun<br />
rumore, e alla fine, malgrado il suo terrore, si accostò<br />
al muro cieco della capanna del barilaio e sporse<br />
lentamente la testa oltre l'angolo.<br />
<strong>Le</strong> strade erano vuote da una parte e dall'altra, e per<br />
un attimo fu tentata <strong>di</strong> credere che fosse tutto un<br />
sogno. Ma sapeva che non era così. <strong>Le</strong>ir il druido era a<br />
Tir Manha, da qualche parte. L'aveva trovata, e presto<br />
l'intero villaggio si sarebbe messo a cercarla per<br />
rispe<strong>di</strong>rla a casa con lui. Fu <strong>di</strong> nuovo invasa dal panico.<br />
In quel momento lui poteva essere ovunque, nella Sala<br />
del Re, nella capanna <strong>di</strong> un vicino, magari proprio<br />
quella a cui lei si era appoggiata. L'unica cosa <strong>di</strong> cui era<br />
sicura era che non fosse alle sue spalle, e così<br />
lentamente, un passo alla volta, abbandonando i<br />
secchi e il giogo <strong>di</strong> legno, Nemo cominciò a<br />
in<strong>di</strong>etreggiare, tremando in tutto il corpo per la<br />
tensione, aspettandosi da un momento all'altro <strong>di</strong><br />
sentire la voce <strong>di</strong> suo padre che le or<strong>di</strong>nava <strong>di</strong> fermarsi<br />
dov'era e <strong>di</strong> sottostare alla sua autorità. Ma il grido<br />
non arrivò, nessuno le si avvicinò lungo il cammino, e<br />
lei attraversò quella zona <strong>di</strong> Tir Manha senza essere<br />
vista finché non fu in grado <strong>di</strong> voltarsi e correre
apidamente il più lontano possibile.<br />
Un mese prima lei e Uther avevano trovato la tana<br />
invernale <strong>di</strong> un orso sul fianco <strong>di</strong> una collina fitta <strong>di</strong><br />
vegetazione, a meno <strong>di</strong> un miglio dalle mura <strong>di</strong> Tir<br />
Manha. Vi si erano imbattuti per caso cercando <strong>di</strong><br />
rintracciare la migliore freccia <strong>di</strong> Uther, che deviata dal<br />
ramo <strong>di</strong> un alberello era sparita fra un cumulo <strong>di</strong><br />
detriti <strong>di</strong> roccia nei pressi <strong>di</strong> una parete coperta <strong>di</strong><br />
muschio. Nemo si era arrampicata più in alto <strong>di</strong> Uther,<br />
attirata da una pista appena segnata che scendeva dalla<br />
cima per scomparire <strong>di</strong>etro una sporgenza della parete<br />
rocciosa. La pista era stata tracciata da un grosso orso<br />
le cui orme, vecchie <strong>di</strong> mesi, erano ancora impresse nel<br />
fango secco <strong>di</strong> fronte all'apertura che dava accesso a<br />
una grotta piccola, ma buia e profonda.<br />
Da allora, i due avevano scelto quel luogo per i loro<br />
incontri privati senza rivelarne l'esistenza a nessuno, e<br />
lei sapeva che Uther sarebbe venuto lì a cercarla<br />
quando si fosse accorto della sua scomparsa.<br />
Nemo raggiunse la cima della rupe e in un attimo fu<br />
davanti all'ingresso della grotta. Era estate, ma lei<br />
lanciò comunque un sasso nell'apertura e rimase in<br />
attesa, con le orecchie tese, prima <strong>di</strong> entrare. Non sentì<br />
nulla, e nessun animale balzò fuori per aggre<strong>di</strong>rla, ma<br />
questo non significava ancora che la grotta fosse vuota.<br />
Nemo sapeva che la cosa migliore sarebbe stata<br />
accendere un fuoco e gettare un tizzone ardente<br />
nell'oscurità; in quel modo qualunque animale si fosse<br />
rintanato lì dentro sarebbe stato costretto a uscire. Ma
non aveva né il tempo né la pazienza <strong>di</strong> andare a<br />
cercare l'occorrente per accendere un fuoco. Così<br />
estrasse il coltellino e dopo aver tirato un gran respiro,<br />
entrò. Trattenne il fiato per un istante, il volto teso, e<br />
infine si rilassò. La grotta era vuota.<br />
Tornò a controllare se aveva lasciato tracce del suo<br />
passaggio, ma non ne trovò. L'estate era appena<br />
all'inizio e il caldo non aveva ancora avuto modo <strong>di</strong><br />
penetrare in quel folto angolo <strong>di</strong> foresta, cosicché<br />
l'intero mondo silvestre che si stendeva <strong>di</strong> fronte a lei,<br />
era ancora tinto <strong>di</strong> verde cupo. <strong>Le</strong> cime incombenti<br />
degli alberi erano cinte da una fitta corona <strong>di</strong> foglie, e<br />
persino l'ampio reticolo <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>ci grosse come gambe<br />
che avvolgeva la rupe era ricoperto da una coltre<br />
verde <strong>di</strong> muschio. Uther sarebbe venuto prima o poi.<br />
Nemo si sedette sul bordo del <strong>di</strong>rupo con le gambe<br />
penzoloni e la schiena comodamente appoggiata alla<br />
parete vicino all'entrata della grotta. L'aria era tiepida;<br />
il sole filtrava attraverso le foglie. Chiuse gli occhi e<br />
finalmente si mise a pensare, senza più panico, alla sua<br />
fuga dal druido.<br />
Uther arrivò a metà del pomeriggio, e Nemo lo<br />
osservò mentre si arrampicava rapidamente e<br />
silenziosamente fino a raggiungerla. Giunto in cima, il<br />
ragazzo rimase in pie<strong>di</strong> a fissarla per un po' con il volto<br />
inespressivo, poi infilò la mano nella bisaccia, ne tirò<br />
fuori una coscia <strong>di</strong> pollo freddo avvolta in un panno<br />
pulito e gliela tese senza <strong>di</strong>re una parola. Nemo la<br />
accettò con un cenno <strong>di</strong> gratitu<strong>di</strong>ne e vi si gettò sopra.
Non mangiava dalla sera prima, ed era molto<br />
affamata. Quand'ebbe finito, Uther restò in attesa,<br />
appoggiandosi pigramente alla roccia. Da tempo aveva<br />
imparato che le parole erano un bene <strong>di</strong> cui lei si<br />
serviva con parsimonia, per cui si accontentò <strong>di</strong><br />
aspettare, sapendo che lei aveva qualcosa da <strong>di</strong>rgli.<br />
Alla fine Nemo sollevò il capo e lo guardò,<br />
pulendosi le labbra con la manica della tunica.<br />
«Sono venuti a prendermi.»<br />
«Chi è venuto a prenderti?»<br />
«Il druido e il ragazzo.»<br />
Uther assunse un'aria perplessa. «Il druido? Vuoi <strong>di</strong>re<br />
quel tizio nuovo?<br />
Quello che è arrivato stamattina? Perché sarebbe<br />
venuto a prenderti? Come ti viene in mente una cosa<br />
del genere? È venuto per vedere Daris. Tutti i drui<strong>di</strong><br />
vengono a trovarlo. È il loro capo.»<br />
«Il ragazzo.»<br />
«Che c'entra? È l'appren<strong>di</strong>sta del druido.»<br />
Nemo scosse la testa. «No, no, non è così.»<br />
«Dai, Nemo, certo che è così. È un mostro, ma<br />
probabilmente non può fare altro che l'appren<strong>di</strong>sta,<br />
con la faccia che si ritrova.»<br />
Nemo aggrottò la fronte. «È mio fratello, Carthac.<br />
Mio fratello. E il nome del druido è <strong>Le</strong>ir. È mio padre.»<br />
Di colpo Uther si sedette accanto a lei, come se gli<br />
cedessero le gambe, e rimase a guardarla per un tempo
che parve lunghissimo, mentre Nemo teneva gli occhi<br />
fissi nel vuoto. Alla fine lei lo sentì sbuffare, e con la<br />
coda dell'occhio lo vide raccogliersi le ginocchia contro<br />
il petto.<br />
«Il druido è tuo padre... Come hai detto che si<br />
chiama? <strong>Le</strong>ir? È tuo padre?» Nemo non rispose, e lui<br />
proseguì come se parlasse a se stesso. «Molto bene. E il<br />
ragazzo è tuo fratello.» Ci fu un'altra lunga pausa, poi<br />
lui si girò e si sistemò con le gambe penzoloni dalla<br />
rupe come lei. «Perché sei scappata?»<br />
Nemo ci pensò su un attimo. «Perché avevo paura <strong>di</strong><br />
lui. Era tornato a casa con una nuova moglie, e... »<br />
«No, non voglio <strong>di</strong>re allora, voglio <strong>di</strong>re oggi. Perché<br />
sei scappata da Tir Manha oggi, quando l'hai visto?»<br />
Nemo sospirò e si voltò a guardare Uther. «Perché<br />
mi aveva trovato. Lui...»<br />
«Lui non ti aveva trovato, Nemo. Non sapeva che tu<br />
fossi qui. Non lo sa nemmeno adesso.»<br />
«Avrebbe chiesto <strong>di</strong> me.»<br />
«E <strong>di</strong> chi avrebbe chiesto, eh? Di una figlia scappata<br />
<strong>di</strong> casa? Una bambina? Una schiava? Se avesse voluto<br />
trovarti ci sarebbe già riuscito da molto tempo. È un<br />
druido, dopo tutto...» Rimasero in silenzio per un po',<br />
poi Uther domandò: «Lo o<strong>di</strong>, vero?». <strong>Le</strong>i annuì, e lui<br />
aggiunse: «Già, lo vedo. Ma perché? Cosa ti faceva? Ti<br />
picchiava?»<br />
<strong>Le</strong>i alzò le spalle. «Qualche volta. Ma più che altro<br />
mi terrorizzava. Sapevo che mi avrebbe ucciso, un
giorno o l'altro. Ha ucciso mia madre, e anche tutte le<br />
altre mogli. Nessuno ne parlava mai, ma io lo<br />
sapevo...» Uther le posò una mano sulla spalla.<br />
«Nemo, ascoltami: ecco cosa faremo. Aspetteremo che<br />
se ne vada e non <strong>di</strong>remo a nessuno dove sei. Tu<br />
rimarrai qui mentre io tornerò a Tir Manha e ti<br />
procurerò da mangiare per un giorno o due. Questo<br />
druido non si fermerà a lungo, vedrai, e non ti<br />
cercherà. Probabilmente crede che tu sia morta nella<br />
foresta. Scommetto che non si ricorda nemmeno che<br />
sei esistita.»<br />
«Qualcuno gli <strong>di</strong>rà il mio nome.»<br />
«Ma come ti chiamava quando vivevi a casa sua?<br />
Non ti chiamava Nemo, giusto?»<br />
<strong>Le</strong>i scosse la testa, e fu sul punto <strong>di</strong> <strong>di</strong>rgli che il suo<br />
vero nome era Jonet, ma lui proseguì. «Sicuramente<br />
no. Io so che non è il tuo vero nome. Quin<strong>di</strong> come fa<br />
questo druido a chiedere <strong>di</strong> te? Capisci quello che<br />
<strong>di</strong>co?» Nemo lo guardò, poi tirò su col naso e si pulì<br />
con la manica, con un timido sorriso.<br />
«Perfetto, allora tienilo bene a mente d'ora in poi. Il<br />
druido sarà anche tuo padre, e non puoi farci nulla.<br />
Ma non è il tuo padrone, quin<strong>di</strong> smettila <strong>di</strong> aver paura<br />
che possa tornare a reclamarti come se tu fossi una<br />
schiava. Io non lo permetterò. E se sarà necessario lo<br />
denuncerò a mio padre e a Daris, il Gran Sacerdote.» Si<br />
interruppe e le sorrise. «Per quanto riguarda tuo<br />
fratello, invece, non posso fare molto. Devi tenertelo,<br />
temo.» Il sorriso nei suoi occhi si spense. «Ma è come
una piccola belva feroce. Tiene un topo morto nella<br />
bisaccia. Ho visto che lo tirava fuori credendo che<br />
nessuno lo vedesse, mentre suo padre parlava con un<br />
altro druido in attesa <strong>di</strong> incontrare Daris. L'ha preso, gli<br />
ha tagliato una delle zampe e ha rimesso la carcassa<br />
nella bisaccia. Poi si è messo a giocare con la zampa<br />
tagliata, cercando <strong>di</strong> scuoiarla con le <strong>di</strong>ta. È un piccolo<br />
rospo schifoso.» Uther non si accorse del tremito che<br />
scosse Nemo quando lo sentì usare quell'espressione.<br />
Stava ancora pensando a Carthac.<br />
«Ma cosa gli è capitato? Cos'è successo alla sua<br />
testa?»<br />
«È nato così. È successo durante il parto. Tutti<br />
pensavano che sarebbe morto. E invece no.» Mentre<br />
pronunciava quelle parole, Nemo tornò col pensiero al<br />
Carthac che aveva visto quel mattino, e si rese conto<br />
imme<strong>di</strong>atamente che era ancora più brutto <strong>di</strong> quanto<br />
ricordasse. Uther si stava alzando. «Be', è un piccolo<br />
mostro, anzi, nemmeno così piccolo.<br />
Quanti anni dovrebbe avere?»<br />
Nemo scrollò le spalle. «Meno <strong>di</strong> me. E anche <strong>di</strong> te.<br />
Dovevo avere tre anni quand'è nato... almeno così<br />
credo.»<br />
«Quin<strong>di</strong>, se io ho due anni meno <strong>di</strong> te e lui ha un<br />
anno meno <strong>di</strong> me, ne ha nove... È gigantesco per<br />
essere un bambino <strong>di</strong> quell'età.»<br />
«Già,» ammise Nemo «è proprio grosso.»<br />
Non ne parlarono mai più, ma quel giorno la figura
<strong>di</strong> Uther come suo protettore e benefattore si impresse<br />
in modo indelebile nella mente <strong>di</strong> Nemo. Lui l'aveva<br />
tranquillizzata dalle sue paure senza umiliarla e si era<br />
fatto garante in prima persona della sua sicurezza,<br />
offrendosi <strong>di</strong> ricorrere al padre e persino al capo<br />
druido in sua <strong>di</strong>fesa. Nemo lo ringraziò semplicemente<br />
riconoscendo la saggezza <strong>di</strong> tutto ciò che le aveva<br />
detto, e alla fine la sua vita tornò alla normalità.<br />
<strong>Le</strong>ir se ne andò dopo qualche giorno lasciando<br />
Carthac a Tir Manha con Daris, il Gran Sacerdote. Ma<br />
prima che potesse tornare, alla fine dell'estate, giunse<br />
voce che fosse stato colto da una febbre improvvisa e<br />
violenta e che fosse spirato nel giro <strong>di</strong> pochi giorni,<br />
<strong>di</strong>ffondendo in tutti la paura <strong>di</strong> epidemie e pestilenze.<br />
Carthac rimase orfano, e nessuno si offrì<br />
spontaneamente <strong>di</strong> assumersi la tutela del bimbo<br />
deforme. Ma la gente, abilmente guidata dall'autorità<br />
del Gran Sacerdote, <strong>di</strong>sse che il ragazzo aveva <strong>di</strong>ritto a<br />
un intervento <strong>di</strong> sostegno da parte dell'intero clan,<br />
perché era figlio <strong>di</strong> un druido, e alla fine gli fu trovata<br />
una sistemazione in attesa che potesse riprendere il suo<br />
appren<strong>di</strong>stato. L'attesa fu breve e infelice, ma alla fine<br />
Carthac fu destinato a un altro druido del nord e poco<br />
dopo se ne andò.
IV.<br />
Nella sua vita precedente, prima <strong>di</strong> arrivare a Tir<br />
Manha, Nemo non aveva mai incontrato qualcuno che<br />
si desse la pena <strong>di</strong> parlarle in modo garbato, e dunque<br />
provava una gioia immensa quando il giovane Uther si<br />
intratteneva con lei, talvolta per ore, scegliendola<br />
come testimone dei suoi sfoghi senza tracce <strong>di</strong><br />
cattiveria o sarcasmo. A nessuno, osservandoli, sarebbe<br />
venuto in mente <strong>di</strong> definire «conversazione» ciò che<br />
avveniva tra loro due, perché Nemo non <strong>di</strong>ceva mai<br />
nulla, né faceva alcun tentativo <strong>di</strong> replicare alle parole<br />
<strong>di</strong> Uther. Si accontentava <strong>di</strong> ascoltare, contenta <strong>di</strong><br />
essere ritenuta degna <strong>di</strong> tale onore, e non le era mai<br />
passato per la testa che lui le parlasse in quel modo per<br />
un senso <strong>di</strong> solidarietà o <strong>di</strong> uguaglianza. Accettava la<br />
situazione e ne godeva, sapendo che il ragazzo l'aveva<br />
scelta proprio perché lei rimaneva in silenzio e non si<br />
azzardava mai a interromperlo. Ogni volta che lui<br />
sentiva il bisogno <strong>di</strong> riflettere ad alta voce, lei era lì,<br />
pronta e <strong>di</strong>sponibile ad ascoltarlo.<br />
Uther veniva da una famiglia in cui gli uomini<br />
avevano l'abitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> dar voce ai propri pensieri, e lo<br />
facevano in continuazione. Suo nonno e suo padre<br />
erano tenuti in grande considerazione - e il loro<br />
popolo attribuiva grande importanza a queste cose -<br />
per le loro doti oratorie e per le loro voci armoniose.
Nei <strong>di</strong>battiti e nelle conversazioni, nelle <strong>di</strong>scussioni,<br />
negli arbitrati e nelle trattative più delicate, erano abili<br />
parlatori, efficaci persuasori e manipolatori <strong>di</strong> folle.<br />
Fin dalla più tenera età, tuttavia, Uther era a<br />
conoscenza <strong>di</strong> ciò che la maggior parte della gente<br />
ignorava: le trascinanti arringhe che sgorgavano dalla<br />
bocca degli uomini della sua famiglia erano tutt'altro<br />
che spontanee. Quelle esortazioni ardenti e<br />
apparentemente naturali rivolte ai membri del clan e<br />
della famiglia erano minuziosamente e faticosamente<br />
stu<strong>di</strong>ate, riesaminate e limate per giorni prima <strong>di</strong> essere<br />
approvate. L'infanzia <strong>di</strong> Uther era affollata <strong>di</strong> ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
suo nonno che camminava avanti e in<strong>di</strong>etro per ore, le<br />
spalle curve per la concentrazione, borbottando tra sé<br />
parole e argomenti che avrebbe poi portato<br />
all'attenzione del suo popolo in assemblea. Uther ci<br />
aveva messo molto tempo per capire e accettare il<br />
fatto che l'appassionata eloquenza <strong>di</strong> re Ullic fosse il<br />
frutto delle stesse parole che gli aveva sentito proferire<br />
nei giorni o nelle settimane precedenti, sussurrate o<br />
bofonchiate in modo quasi incomprensibile dal re<br />
mentre passava da una stanza all'altra, immerso nei<br />
suoi pensieri.<br />
Ma quando veniva il momento <strong>di</strong> pronunciare<br />
quelle parole pubblicamente, tutto il monotono lavoro<br />
<strong>di</strong> legarle una all'altra dava i suoi risultati, e l'oratore,<br />
conoscendole a memoria, poteva de<strong>di</strong>carsi a<br />
potenziare al massimo il loro effetto, puntando sul<br />
tono, sul ritmo e sulla cadenza del <strong>di</strong>scorso per
trascinare i suoi ascoltatori. Quando Uther, con<br />
profonda emozione, riuscì a comprendere<br />
quell'insegnamento, rimase sconvolto dall'efficacia <strong>di</strong><br />
un <strong>di</strong>scorso ben preparato. Da allora in poi decise che<br />
avrebbe stu<strong>di</strong>ato in anticipo le parole <strong>di</strong> cui si sarebbe<br />
servito per esporre una tesi o sostenere la sua opinione<br />
su un particolare argomento.<br />
Uther cominciò a cercare Nemo sempre più spesso, e<br />
ciò che era iniziato come un capriccio si trasformò in<br />
un'abitu<strong>di</strong>ne. L'abitu<strong>di</strong>ne generò in lui una curiosa<br />
forma <strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenza nei confronti della ragazza, e<br />
così, in un tempo abbastanza breve, lei finì per<br />
<strong>di</strong>ventare la Testimone <strong>di</strong> Uther. Ogni volta che lui<br />
doveva <strong>di</strong>re qualcosa <strong>di</strong> importante a qualcuno, lei<br />
faceva in modo <strong>di</strong> essere presente, e poiché a quell'età<br />
quel qualcuno era <strong>di</strong> solito un membro della famiglia,<br />
in particolare il padre e il nonno <strong>di</strong> Uther, spesso<br />
Nemo era costretta a nascondersi per ascoltare. Ullic e<br />
Uric erano nobili, e non avrebbero mai accettato la<br />
presenza <strong>di</strong> una ragazzina del popolo come Nemo. Fu<br />
così che <strong>di</strong>venne un'esperta nell'arte <strong>di</strong> mimetizzarsi,<br />
scegliendo con grande anticipo un nascon<strong>di</strong>glio sicuro<br />
ogni volta che doveva assistere a un <strong>di</strong>scorso<br />
importante <strong>di</strong> Uther. Quanto a lui, era arrivato quasi al<br />
punto <strong>di</strong> non percepire più la sua presenza, persino<br />
quando erano da soli, e spesso le parlava come se<br />
stesse riflettendo tra sé ad alta voce.<br />
Nemo non avrebbe mai più avuto l'opportunità <strong>di</strong><br />
imparare e trarre profitto da una simile serie <strong>di</strong> lezioni.
Ogni giorno che trascorreva osservando Garreth il<br />
Fischiatore e i suoi amici, o ascoltando Uther in<br />
pubblico o in privato, acquisiva sempre più<br />
consapevolezza del mondo in cui viveva. Si accorse<br />
così che Uther nutriva una profonda soggezione nei<br />
confronti <strong>di</strong> suo nonno Ullic. Ne aveva un sacro<br />
terrore, e per molto tempo Nemo se ne stupì perché<br />
non vedeva nulla che ispirasse paura nel vecchio. Ullic<br />
era senza dubbio un gigante - l'uomo più imponente<br />
che Nemo avesse mai visto - e persino tra quella gente<br />
orgogliosa e bellicosa, la sua grande e folta barba gli<br />
conferiva un'aria tanto feroce da spaventare chiunque.<br />
Ma lei non aveva mai sentito nessuno lamentarsi<br />
dell'irascibilità del re, e non l'aveva mai visto far del<br />
male ad anima viva. Anzi, non ricordava un solo<br />
episo<strong>di</strong>o in cui la gente avesse avuto da ri<strong>di</strong>re sul suo<br />
comportamento. Ullic Pendragon aveva un aspetto<br />
feroce, ma non agiva in modo feroce. Ed era vecchio:<br />
la sua barba era solcata da strisce <strong>di</strong> peli grigi.<br />
Attraverso i <strong>di</strong>scorsi <strong>di</strong> Uther, tuttavia, Nemo<br />
cominciò a vedere il re Pendragon sotto un'altra luce.<br />
Il ragazzo amava profondamente il nonno, e proprio<br />
per questo aveva quasi paura <strong>di</strong> avvicinarglisi troppo,<br />
temendo <strong>di</strong> contrariare il grand'uomo con uno <strong>di</strong><br />
quegli atti infantili e avventati per i quali Uther era<br />
convinto <strong>di</strong> avere un talento naturale. Si sforzava<br />
sempre <strong>di</strong> seguirlo in modo da poter vedere, sentire e<br />
ammirare le sue imprese, le sue opinioni e i suoi giu<strong>di</strong>zi<br />
formali e informali, ma contemporaneamente si teneva<br />
a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> sicurezza per potersi allontanare alla
chetichella quando avesse voluto.<br />
Nemo impiegò ancora più tempo per capire quanto<br />
Uther fosse ossessionato dal timore che suo nonno, il<br />
suo adorato Tata, lo <strong>di</strong>sapprovasse. Ne era stupita,<br />
perché persino lei, <strong>di</strong>stratta e poco curiosa com'era,<br />
aveva capito che Ullic Pendragon, che <strong>di</strong> solito non<br />
manifestava i suoi sentimenti, era straor<strong>di</strong>nariamente<br />
orgoglioso <strong>di</strong> Uther. Ma quest'ultimo era incapace <strong>di</strong><br />
rendersene conto. Per motivi incomprensibili, si<br />
giu<strong>di</strong>cava indegno del rispetto e dell'ammirazione del<br />
nonno. Era sicuro <strong>di</strong> non piacergli, e questa errata<br />
convinzione lo tormentava a tal punto che finiva col<br />
cimentarsi in gesta superiori alle sue forze per<br />
guadagnarsi il riconoscimento e l'approvazione del<br />
vecchio.<br />
Uther era ancora troppo giovane per accorgersi <strong>di</strong><br />
quanto apparissero presuntuosi i suoi assur<strong>di</strong> tentativi,<br />
e dato che non gli era mai piaciuto parlare delle sue<br />
piccole delusioni e men che meno dei suoi imbarazzi,<br />
raramente confidava a qualcuno gli obiettivi che si<br />
proponeva <strong>di</strong> raggiungere. Così quelle che suo padre<br />
definiva le «bravate <strong>di</strong> Uther» si concludevano<br />
generalmente in un completo fallimento, aggravato dal<br />
fatto che invariabilmente re Ullic vedeva in esse solo il<br />
bizzarro prodotto della natura mercuriale del nipote.<br />
Uno <strong>di</strong> questi incidenti si verificò quando Uther<br />
aveva <strong>di</strong>eci anni, all'inizio dell'autunno. Era tornato da<br />
<strong>Camelot</strong> prima del solito, e per qualche ragione, che<br />
Nemo non era interessata a conoscere, Cai non lo
aveva accompagnato. In quell'occasione, Uther era<br />
apparso cambiato: era cresciuto parecchio nel corso<br />
dei mesi estivi ed era molto più alto <strong>di</strong> quand'era<br />
partito, ma Nemo notò anche che sembrava più<br />
sicuro, e ciò non era altrettanto evidente per gli altri.<br />
Quell'anno tornò a casa affascinato da varie cose che<br />
aveva imparato dagli artigiani della Colonia, e in<br />
particolare dalle linee <strong>di</strong> clivaggio - le magiche<br />
<strong>di</strong>visioni, note solo ai gioiellieri, che esistevano tra i<br />
piani e gli elementi strutturali dei cristalli naturali - che<br />
permettevano agli esperti <strong>di</strong> tagliare una pietra<br />
preziosa in porzioni dalla superficie liscia e sfaccettata<br />
semplicemente dando qualche leggero colpetto a una<br />
lama ben posizionata.<br />
Uther, che era sempre stato facile a entusiasmi<br />
ardenti ma <strong>di</strong> breve durata, aveva visto impegnato in<br />
quell'impresa un artigiano <strong>di</strong> grande esperienza <strong>di</strong><br />
nome Murdo, un uomo nato in un lontano clan del<br />
nord che realizzava gioielli in argento e li ornava <strong>di</strong><br />
sfavillanti pietre gialle e porporine, trasparenti come<br />
vetro, che provenivano dal suo paese d'origine. Prima<br />
<strong>di</strong> conoscere l'artigiano, Uther aveva visto un<br />
campione del suo lavoro, un grande fermaglio<br />
circolare <strong>di</strong> straor<strong>di</strong>nario pregio con una gigantesca<br />
pietra gialla al centro, e aveva affermato che si trattava<br />
semplicemente <strong>di</strong> un frammento <strong>di</strong> vetro colorato,<br />
grazioso ma privo <strong>di</strong> valore. Uno dei suoi compagni lo<br />
aveva contraddetto, sostenendo che la gemma era un<br />
autentico gioiello che l'artigiano aveva ricavato da una
pietra comune tagliata e sfaccettata con i suoi<br />
strumenti.<br />
Uther reagì bruscamente a quell'affermazione. Anche<br />
uno stupido, <strong>di</strong>sse, avrebbe capito che si trattava <strong>di</strong> un<br />
pezzo <strong>di</strong> vetro, simile a quello <strong>di</strong> cui erano fatte le<br />
coppe gialle <strong>di</strong> sua nonna Luceia Varro a <strong>Camelot</strong>, e lui<br />
aveva visto con i propri occhi come venivano<br />
realizzate quando suo nonno lo aveva accompagnato<br />
nella bottega del vetraio. Il vetro era bello, ma veniva<br />
prodotto in una fornace e poi fatto ruotare e<br />
modellato mentre era ancora duttile - aveva usato quel<br />
termine che gli aveva insegnato suo nonno Varro, il<br />
fabbro, per impressionare gli amici, ma nessuno ci<br />
aveva fatto caso - e in nessun momento della sua<br />
produzione veniva tagliato con una lama. Il suo<br />
compagno rimase fermo sulle sue posizioni, e per nulla<br />
impressionato dalla veemenza <strong>di</strong> Uther aggiunse che<br />
aveva sentito raccontare da suo padre che Murdo, il<br />
gioielliere, aveva imparato il mestiere da ragazzo alla<br />
corte dell'imperatore a Costantinopoli, e una volta<br />
tornato in Britannia aveva praticato la sua arte per<br />
vent'anni a Lon<strong>di</strong>nium, prima della partenza delle<br />
legioni.<br />
Quell'appassionata <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> Murdo era anche una<br />
vera e propria provocazione per Uther, una sfida che<br />
richiedeva una soluzione definitiva in un senso o<br />
nell'altro. Così l'intera banda <strong>di</strong> ragazzi - nove in tutto<br />
- andò <strong>di</strong>rettamente dall'orafo per farsi mostrare una<br />
delle sue pietre grezze e non lucidate e per vedere
come la tagliava, modellava e levigava in modo da<br />
realizzare un gioiello come quello del fermaglio.<br />
Mentre Murdo faceva ciò che gli avevano chiesto,<br />
ben felice <strong>di</strong> appagare il loro interesse per la sua arte,<br />
Uther osservava affascinato il proce<strong>di</strong>mento che<br />
l'uomo eseguiva davanti ai suoi occhi. Fin dall'inizio,<br />
quando il burbero artigiano tirò fuori un sasso <strong>di</strong><br />
aspetto comune e <strong>di</strong> grana grezza della <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong><br />
un pollice e lo accostò a un gioiello molto più piccolo<br />
e sfaccettato che pareva vetro giallo scintillante,<br />
affermando che erano uguali e fatti della medesima<br />
sostanza - un materiale chiamato topazio - la fantasia<br />
<strong>di</strong> Uther fu rapita da tutto quello che gli veniva detto e<br />
mostrato. Ammutolito, osservò come Murdo ripuliva<br />
la pietra grezza dalle impurità in superficie<br />
immergendola ripetutamente in un fluido corrosivo e<br />
ribollente, recuperandola con lunghe pinze affusolate e<br />
lavandola energicamente sotto l'acqua. Negli intervalli<br />
in cui non sembrava accadere niente <strong>di</strong> particolare e<br />
non si poteva fare altro che aspettare, interrogò<br />
puntigliosamente Murdo sulle della sua arte e del suo<br />
sapere. Inizialmente l'uomo tentò <strong>di</strong> eludere le<br />
domande del ragazzo, ma Uther Pendragon non era<br />
tipo da accettare facilmente un rifiuto, e ben presto la<br />
riluttanza <strong>di</strong> Murdo lasciò il posto all'orgoglio con cui<br />
ogni artigiano spiega e mostra le proprie capacità alle<br />
persone animate da una sincera curiosità.<br />
Gli amici <strong>di</strong> Uther, passata la novità delle fasi<br />
introduttive del processo <strong>di</strong> pulizia, persero interesse
alla cosa e ben presto andarono in cerca <strong>di</strong> nuovi<br />
<strong>di</strong>vertimenti. Anche Cai li seguì, in<strong>di</strong>fferente a ciò che<br />
aveva visto fino a quel momento, ma Uther rimase,<br />
totalmente affascinato dalle operazioni che Murdo<br />
andava compiendo, e sotto lo sguardo attento del<br />
ragazzo il gioielliere si de<strong>di</strong>cò finalmente al suo vero<br />
lavoro, invece <strong>di</strong> tentare semplicemente <strong>di</strong> intrattenere<br />
lo spettatore. Mentre Uther lo osservava assorto,<br />
spesso trattenendo il respiro, Murdo svelava alcuni<br />
autentici segreti del mestiere, stringendo saldamente la<br />
pietra grezza nelle ganasce <strong>di</strong> una morsa per tagliarla e<br />
portarne alla luce il cuore scintillante, dapprima con<br />
colpi grossolani, per darle la forma, poi affinando<br />
progressivamente l'approccio con strumenti da taglio<br />
sempre più piccoli e affilati man mano che si<br />
avvicinava alle fasi più delicate del suo compito.<br />
Uther passò tutta la giornata con Murdo e quando<br />
se ne andò non riusciva a pensare ad altro che alla<br />
straor<strong>di</strong>naria trasformazione cui aveva assistito.<br />
L'indomani tornò ad affliggere l'artigiano affinché gli<br />
mostrasse il processo più volte e gli spiegasse le fasi<br />
tecniche che comportava. Poi volle provare lui stesso,<br />
e Murdo acconsentì, già sapendo quale sarebbe stato il<br />
risultato. Ma quando il ragazzo, dopo aver frantumato<br />
la sua pietra martellandola con troppo entusiasmo, si<br />
abbandonò allo sconforto, l'esperto artigiano ebbe un<br />
moto <strong>di</strong> gentilezza, lo prese da parte e gli mostrò le<br />
linee <strong>di</strong> clivaggio in un grosso pezzo <strong>di</strong> quel carbone<br />
tenero che a <strong>Camelot</strong> veniva usato per alimentare le<br />
fornaci del riscaldamento centralizzato. Era un
materiale estremamente friabile che bruciava<br />
rapidamente, ma proprio grazie a queste caratteristiche<br />
Murdo fu in grado <strong>di</strong> spaccarlo con le mani lungo le<br />
linee naturali <strong>di</strong> clivaggio formatesi alle sue origini,<br />
milioni <strong>di</strong> anni prima. L'uomo mostrò a Uther come la<br />
pietra nera si spartisse in vari strati e come, con un po'<br />
<strong>di</strong> attenzione, chiunque potesse ricavare dal<br />
combustibile delle lamine perfette.<br />
Tornato nei territori <strong>di</strong> suo nonno, Uther spiegò a<br />
Nemo cos'aveva intenzione <strong>di</strong> fare e ciò che sperava <strong>di</strong><br />
ottenere. Il suo obiettivo fondamentale, come sempre,<br />
era quello <strong>di</strong> impressionare il re, questa volta<br />
<strong>di</strong>mostrandogli <strong>di</strong> essere in grado <strong>di</strong> spaccare una<br />
pietra - rappresentata da un grosso pezzo <strong>di</strong> carbone<br />
scelto appositamente - con la lama <strong>di</strong> una spada,<br />
colpendola una volta sola con un taglio netto e senza<br />
grande sforzo. Nemo ascoltò attentamente la lunga e<br />
complessa spiegazione <strong>di</strong> Uther e non capì quasi nulla.<br />
Erano passati ormai più <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci giorni da quando il<br />
ragazzo era tornato da <strong>Camelot</strong> e quasi il doppio<br />
dall'ultima volta che aveva visto Murdo, quin<strong>di</strong> i suoi<br />
ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> ciò che gli aveva raccontato e insegnato il<br />
vecchio artigiano cominciavano ad affievolirsi. Uther,<br />
però, sapeva con assoluta certezza che Murdo<br />
chiamava i suoi gioielli «pietre», e poiché tutte le pietre<br />
<strong>di</strong> Murdo contenevano invisibili linee <strong>di</strong> clivaggio, il<br />
ragazzo si era convinto che qualunque pietra dovesse<br />
averle. Per la <strong>di</strong>mostrazione aveva scelto un grosso<br />
pezzo <strong>di</strong> carbone, un materiale <strong>di</strong> cui conosceva bene<br />
attributi e qualità, e che sarebbe servito perfettamente
ai suoi scopi.<br />
Nemo era decisa ad assistere all'impresa che Uther<br />
avrebbe compiuto nella Sala Grande davanti al<br />
Consiglio del Re. La maggior parte delle abitazioni <strong>di</strong><br />
Tir Manha erano case circolari con spessi muri <strong>di</strong> fango<br />
mischiato ad assicelle <strong>di</strong> salice e un tetto basso<br />
ricoperto <strong>di</strong> paglia, ma c'erano anche costruzioni più<br />
gran<strong>di</strong>, per lo più e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> forma rettangolare chiamati<br />
palafitte perché si reggevano su pali infissi nel terreno.<br />
La Sala Grande era <strong>di</strong> gran lunga il più grosso e<br />
imponente <strong>di</strong> questi e<strong>di</strong>fici, un'enorme struttura<br />
rettangolare con travi <strong>di</strong> legno poggiate su colossali<br />
pilastri costituiti da tronchi d'albero; i muri erano<br />
anch'essi formati da tronchi modellati e impilati,<br />
sigillati e resi impermeabili con fango e malta romana.<br />
Nemo sapeva che un'antica tra<strong>di</strong>zione vietava alle<br />
donne <strong>di</strong> assistere alle riunioni del Consiglio e che<br />
nemmeno Uther avrebbe osato aggirare quella legge.<br />
Ma dopo vari giorni <strong>di</strong> ricerca, e grazie al fatto che<br />
non soffriva <strong>di</strong> vertigini, riuscì a trovare il nascon<strong>di</strong>glio<br />
perfetto fra le travi che attraversavano l'enorme sala,<br />
in un angolo buio sotto il tetto.<br />
<strong>Le</strong> pareti interne della sala, tappezzate <strong>di</strong> canne<br />
intrecciate sulle quali il fango essiccato formava un<br />
intonaco liscio, erano impossibili da scalare, ma non<br />
così i muri esterni. Nemo in<strong>di</strong>viduò rapidamente un<br />
percorso che attraverso i tetti dei fabbricati limitrofi<br />
giungeva fino alle alte finestre <strong>di</strong> ventilazione sotto le<br />
gronde coperte <strong>di</strong> paglia dell'e<strong>di</strong>ficio principale.
L'imponente sala sorgeva nel centro <strong>di</strong> Tir Manha, e<br />
poiché non era mai stata usata come fortificazione,<br />
nessuno aveva mai pensato <strong>di</strong> proteggerla da intrusi<br />
provenienti dall'esterno. Senza farsi vedere, Nemo<br />
raggiunse la finestra che sembrava offrire l'accesso più<br />
agevole ed entrò, scoprendo con piacere che da lì si<br />
arrivava facilmente a una nicchia protetta da travi<br />
angolate, molto più sicura dell'ampia forcella sulla<br />
quale si appollaiava nel Posto degli Archi. Sod<strong>di</strong>sfatta,<br />
tornò sui suoi passi e attese in silenzio che giungesse il<br />
momento <strong>di</strong> risalire.<br />
La sera prima della riunione del Consiglio del Re, al<br />
crepuscolo, Nemo si arrampicò nuovamente sulle travi,<br />
portandosi <strong>di</strong>etro questa volta una sacca <strong>di</strong> pelle<br />
contenente acqua e cibo, una coperta <strong>di</strong> lana e una<br />
ciotola <strong>di</strong> terracotta col coperchio per i suoi bisogni.<br />
Passò la notte sotto il tetto, e prima dell'alba sgusciò<br />
fuori per fare pipì in cima a un tetto, protetta<br />
dall'oscurità. Poi rientrò nell'e<strong>di</strong>ficio e si risistemò<br />
comodamente, sonnecchiando a fasi alterne finché<br />
sotto <strong>di</strong> lei non iniziarono a riunirsi i membri del<br />
Consiglio. Svegliata dal trambusto e dal volume<br />
crescente delle voci, si protese in avanti cercando <strong>di</strong><br />
capire ciò che stavano <strong>di</strong>cendo, ma parole e rumori si<br />
mescolavano in un brusio caotico che rendeva<br />
impossibile <strong>di</strong>stinguere qualsiasi <strong>di</strong>scorso.<br />
Re Ullic fece il suo ingresso nella sala e richiamò<br />
all'or<strong>di</strong>ne il Consiglio, e proprio quando Nemo<br />
cominciava a pentirsi <strong>di</strong> aver speso tanto tempo e tanti
sforzi per arrampicarsi lassù, finalmente arrivò Uther, e<br />
lei si accorse d'improvviso che dalla sua posizione<br />
poteva vedere e u<strong>di</strong>re tutto perfettamente.<br />
Il ragazzo era seguito da due compagni che<br />
portavano su un'asse un enorme e pesante pezzo <strong>di</strong><br />
carbone dal quale era stata accuratamente rimossa ogni<br />
traccia <strong>di</strong> polvere; l'intera superficie brillava come<br />
lacca. I due posarono il carbone al centro del<br />
pavimento e poi si ritirarono. Conscio degli sguar<strong>di</strong><br />
puntati su <strong>di</strong> lui e dell'intensa curiosità - e ostilità - <strong>di</strong><br />
cui era oggetto, Uther si fece avanti e chiese al nonno<br />
il permesso <strong>di</strong> portare nella sala una spada presa a<br />
prestito per eseguire la sua <strong>di</strong>mostrazione. Per legge<br />
non erano ammesse armi in camera <strong>di</strong> Consiglio, e i<br />
presenti, dopo l'iniziale stupore, accolsero la richiesta<br />
<strong>di</strong> Uther con un silenzio in<strong>di</strong>gnato. Re Ullic, tuttavia,<br />
fece un cenno <strong>di</strong> assenso, accontentando il nipote. Un<br />
altro compagno <strong>di</strong> Uther rimasto in attesa fuori dalla<br />
porta venne a portargli la spada e si eclissò.<br />
Uther scrutò i consiglieri del nonno riuniti intorno a<br />
lui. Tra <strong>di</strong> loro vide suo padre, ma evitò il suo sguardo<br />
per concentrarsi sull'impresa. Prima <strong>di</strong> arrivare, aveva<br />
immaginato vari mo<strong>di</strong> per spiegare a re Ullic cosa<br />
intendeva fare e ciò che aveva scoperto, ma li aveva<br />
scartati tutti, nella convinzione che i fatti sarebbero<br />
stati più eloquenti delle parole. Così, cercando <strong>di</strong><br />
ignorare la fragile speranza <strong>di</strong> aver fatto la scelta giusta<br />
- dato che ciò significava che poteva anche essersi<br />
sbagliato - non <strong>di</strong>sse nemmeno una parola ma fece un
passo avanti e si pose <strong>di</strong> fronte al grosso blocco <strong>di</strong><br />
carbone. Afferrò la spada con entrambe le mani e<br />
strizzando gli occhi si chinò per appoggiare il filo della<br />
lama esattamente su una delle sottili, quasi invisibili<br />
linee che percorrevano la superficie esterna del<br />
minerale. Tutti gli occhi dei convenuti erano fissi su <strong>di</strong><br />
lui, e Uther avvertì che lo stavano mettendo alla<br />
prova.<br />
Nessuno parlava e nessun suono turbava il silenzio<br />
perfetto della sala.<br />
Con un profondo respiro Uther si raddrizzò e<br />
sollevò lentamente la spada sopra la testa, tenendo le<br />
braccia <strong>di</strong>stese e rigide e gli occhi puntati sulle linee che<br />
aveva scelto come bersaglio; poi, <strong>di</strong> colpo, la abbassò<br />
assestando un colpo forte, netto e preciso che produsse<br />
un suono sordo e metallico. Ma invece <strong>di</strong> <strong>di</strong>vidersi, il<br />
blocco <strong>di</strong> carbone rimase assolutamente intatto, a<br />
eccezione <strong>di</strong> alcune scaglie che si staccarono schizzando<br />
in tutte le <strong>di</strong>rezioni, tintinnando e rotolando sul<br />
pavimento.<br />
Uther sbarrò gli occhi, impietrito dall'orrore. La lama<br />
della spada si era deformata, evidenziando<br />
impietosamente, nell'urto improvviso e violento con la<br />
pietra, la scarsa qualità della sua tempra. E malgrado i<br />
numerosi lavaggi cui era stato sottoposto il pezzo <strong>di</strong><br />
carbone, il colpo aveva prodotto una nuvoletta <strong>di</strong> fine<br />
polvere nera che indugiava nell'aria, quasi immobile,<br />
come per attirare l'attenzione sull'ennesimo fallimento<br />
<strong>di</strong> Uther, anche se nessuno dei presenti era in grado <strong>di</strong>
capire in cosa avesse fallito.<br />
Il ragazzo rimase immobile, con la testa bassa, come<br />
frastornato dagli echi del terribile cozzo della spada sul<br />
carbone. Più tar<strong>di</strong> avrebbe raccontato a Nemo che<br />
cento <strong>di</strong>versi pensieri gli avevano attraversato la mente<br />
subito dopo avere abbassato la lama ma soprattutto<br />
domande: Cos'era successo? Cosa non aveva<br />
funzionato? Cosa aveva cercato <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare? Cosa<br />
aveva sperato <strong>di</strong> ottenere? Come aveva potuto fare<br />
una cosa del genere senza spiegare a nessuno <strong>di</strong> cosa si<br />
trattava? Come aveva potuto essere tanto stupido da<br />
eseguire quel tentativo in pubblico, non soltanto in<br />
pubblico, ma <strong>di</strong> fronte al temibile Consiglio degli<br />
Anziani, che erano tutti contro <strong>di</strong> lui? Perché il carbone<br />
non si era spezzato come avrebbe dovuto? Perché<br />
prima non aveva fatto una prova con quel carbone e<br />
quella spada <strong>di</strong> pessima qualità? Perché, perché,<br />
perché?<br />
Mentre se ne stava lì paralizzato, Uther sentì che i<br />
convenuti cominciavano a muoversi e a parlare tra <strong>di</strong><br />
loro, ma a bassa voce e senza agitazione perché erano<br />
riuniti in Consiglio. Sarebbe stata un'offesa gravissima<br />
nei confronti del sovrano se qualcuno si fosse<br />
azzardato a ridere o a schernire qualcosa che il re in<br />
persona aveva autorizzato, così si limitarono a<br />
esprimere con un brusio la loro <strong>di</strong>sapprovazione.<br />
Uther guardò il nonno, il vecchio alzò una mano e<br />
puntando il <strong>di</strong>to gli or<strong>di</strong>nò <strong>di</strong> abbandonare la camera<br />
<strong>di</strong> Consiglio. Il ragazzo annuì e stava per andarsene
quando la voce <strong>di</strong> Ullic lo fermò. «Pren<strong>di</strong> la spada.»<br />
Uther si chinò a recuperare l'arma ormai<br />
inutilizzabile, accorgendosi solo ora che era macchiata<br />
<strong>di</strong> ruggine e che la lama storta era <strong>di</strong> pessima qualità.<br />
Poi, reggendola con entrambe le mani, si trascinò<br />
avvilito fuori dalla sala, ben sapendo che la sua<br />
umiliazione non si era ancora conclusa. Più tar<strong>di</strong><br />
avrebbe dovuto affrontare suo nonno, e<br />
probabilmente anche suo padre, e cercare <strong>di</strong> fornire<br />
una spiegazione a quella bravata. Aveva davvero<br />
provato a tagliare una pietra con una spada? Quale<br />
obiettivo pratico sperava <strong>di</strong> raggiungere, facendo una<br />
cosa del genere? Tormentato dalla vergogna e<br />
dall'umiliazione, si chiedeva come avesse potuto essere<br />
così sciocco e precipitoso. Per l'ennesima volta non era<br />
riuscito a dominare i suoi irrefrenabili impulsi, e non si<br />
era preoccupato <strong>di</strong> verificare in anticipo ogni<br />
possibilità, mentre sarebbe bastato un rapido esame<br />
per capire che il duro carbone della Cambria, estratto<br />
dal filone che affiorava a cielo aperto nei pressi del<br />
villaggio, non poteva spaccarsi in modo così rapido e<br />
netto come quello più tenero <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>. Uther non<br />
poteva prendersela che con se stesso. Si era presentato,<br />
o per meglio <strong>di</strong>re imposto a suo nonno mentre era in<br />
Consiglio, sfruttando la sua posizione <strong>di</strong> membro della<br />
famiglia per ottenere l'attenzione del sovrano, e aveva<br />
perso la faccia davanti a tutti i presenti chiedendo loro<br />
<strong>di</strong> assistere, senza un motivo plausibile, alla <strong>di</strong>struzione<br />
<strong>di</strong> una spada apparentemente perfetta. Dovevano aver<br />
pensato che si trattasse <strong>di</strong> un sacrilegio, una sorta <strong>di</strong>
ito inutile e assurdo che non aveva altro scopo che<br />
quello <strong>di</strong> offenderli.<br />
Uther si chiuse la porta alle spalle e si allontanò, e<br />
nessuno degli amici che lo stavano aspettando, vista la<br />
sua espressione, osò accompagnarlo. Lui non li notò<br />
nemmeno. Vedeva solo l'immagine del nonno Ullic e<br />
la ferma riprovazione <strong>di</strong>pinta sul suo volto mentre lo<br />
fissava cupo dal palco.<br />
Mentre Uther si allontanava a gran<strong>di</strong> passi per<br />
nascondere la vergogna e l'umiliazione, Nemo assisteva<br />
a uno strascico <strong>di</strong> quell'impresa che avrebbe senz'altro<br />
sorpreso il ragazzo, se ne fosse stato testimone.<br />
Quando l'alta porta si era richiusa alle spalle <strong>di</strong> Uther,<br />
lei si era resa conto del profondo silenzio che regnava<br />
in quel momento nella sala, silenzio che nessuno<br />
sembrava ansioso <strong>di</strong> interrompere.<br />
Il re era ancora in pie<strong>di</strong> davanti al trono e fissava<br />
con aria pensierosa il punto da cui era uscito suo<br />
nipote. Tutti gli sguar<strong>di</strong> erano puntati su <strong>di</strong> lui, e<br />
Nemo aveva la sensazione che ognuno trattenesse il<br />
respiro. Il silenzio si prolungò, crebbe, senza che<br />
nessuno si muovesse o si sedesse. Alla fine Ullic<br />
Pendragon si voltò verso i suoi consiglieri preoccupati<br />
e fece loro un cenno con la mano.<br />
«Sedetevi» <strong>di</strong>sse. «Sedetevi.»<br />
Mentre questi ubbi<strong>di</strong>vano, il re scese lentamente dal<br />
palco e si avvicinò al pezzo <strong>di</strong> carbone rimasto sul<br />
pavimento. Lo osservò per qualche momento, poi<br />
sempre lentamente in<strong>di</strong>etreggiò finché non raggiunse la
porta principale della Sala. Si girò, la spalancò, e<br />
mentre le ante si aprivano Nemo vide una delle<br />
guar<strong>di</strong>e all'esterno voltarsi con sorpresa.<br />
Il re mormorò qualcosa tendendo una mano, poi<br />
tornò accanto al pezzo <strong>di</strong> carbone portando una spada<br />
che si era fatto consegnare dalla guar<strong>di</strong>a. Mentre tutti<br />
osservavano in silenzio, rimase per qualche istante con<br />
lo sguardo chino su quella pietra nera. Poi si<br />
inginocchiò e allungò una mano fino a toccare con la<br />
punta del <strong>di</strong>to me<strong>di</strong>o la profonda scalfittura che la<br />
lama <strong>di</strong> Uther aveva prodotto sulla superficie scura.<br />
Aguzzò la vista e si chinò ancor <strong>di</strong> più, allargando per<br />
un attimo le <strong>di</strong>ta e fissando attentamente qualcosa.<br />
Poi, delicatamente, provò a seguire con l'unghia del<br />
pollice una delle linee sottili che aveva in<strong>di</strong>viduato.<br />
Nemo lo udì borbottare, ma a voce troppo bassa<br />
perché lei riuscisse a capire cosa. Era evidente,<br />
comunque, che gli era venuto in mente qualcosa.<br />
Restando in ginocchio, il re drizzò le spalle e mentre<br />
impugnava con la mano destra la spada verso il basso<br />
come un pugnale, con la sinistra ne posizionò la punta<br />
sulla superficie del minerale. Quando fu certo <strong>di</strong> averla<br />
sistemata nel modo giusto e che non sarebbe scivolata,<br />
posò la mano sinistra sopra il pugno destro e spinse la<br />
lama verso il basso con forza, usando tutta la potenza<br />
e il peso delle braccia, delle spalle e del busto per far<br />
penetrare la punta della spada nel carbone. Con uno<br />
schianto secco, il blocco si <strong>di</strong>vise in due pezzi, così<br />
velocemente che per poco il re non perse l'equilibrio.
Ullic verificò con la mano aperta la superficie levigata<br />
lungo la spaccatura. Annuì, senza <strong>di</strong>re una parola, poi<br />
si rialzò con un gran sospiro, strofinandosi la mano<br />
sinistra sulla tunica per ripulirla dalla polvere <strong>di</strong><br />
carbone. A quel punto si voltò verso la porta<br />
spalancata dove le guar<strong>di</strong>e assistevano meravigliate e<br />
tese la mano con la spada. Il proprietario si fece subito<br />
avanti per riprenderla.<br />
«Grazie» gli <strong>di</strong>sse il re. «Chiu<strong>di</strong> la porta quando esci.»<br />
Attese che l'uomo se ne fosse andato, poi riguadagnò il<br />
palco e si rivolse ai consiglieri.<br />
«Ho imparato almeno una cosa su mio nipote Uther,<br />
fosse anche l'unica» <strong>di</strong>sse loro. «Per quanto giovane,<br />
quel ragazzo non è affatto stupido. Forse ciò che gli<br />
avete visto fare oggi vi sarà sembrato assurdo, ma solo<br />
perché nessuno <strong>di</strong> voi sapeva cosa volesse <strong>di</strong>mostrare.<br />
Neanch'io lo so. Ma so che aveva uno scopo nel<br />
venire qui oggi, e so anche che non avrebbe mai<br />
voluto rendersi ri<strong>di</strong>colo <strong>di</strong> fronte a me o a tutti voi.<br />
Pensateci, prima <strong>di</strong> esprimere il vostro sdegno quando<br />
uscirete <strong>di</strong> qui. Siete i consiglieri del re, e quando vi<br />
riunite per darmi il vostro parere, come fate<br />
perio<strong>di</strong>camente, la vostra <strong>di</strong>gnità è attentamente<br />
salvaguardata, e il rispetto che vi circonda è assoluto.<br />
Quanti adulti oserebbero introdursi nella vostra<br />
assemblea e chiedere la vostra attenzione?<br />
Il ragazzo aveva qualcosa in mente per cimentarsi in<br />
questa... questo tentativo. Qualcosa <strong>di</strong> simile a quello<br />
che ho fatto io un attimo fa, spaccando quel carbone
con una lama. Non voglio che le ironie su questa storia<br />
oltrepassino i confini <strong>di</strong> questa sala, chiaro? E non<br />
tollererò alcuna eccezione. Noi non puniremo il<br />
ragazzo per un errore <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio o <strong>di</strong> esecuzione o <strong>di</strong><br />
semplice nervosismo. Se i nostri giovani <strong>di</strong>mostrano <strong>di</strong><br />
avere fiducia in se stessi, il nostro dovere è quello <strong>di</strong><br />
incoraggiarli, non <strong>di</strong> deriderli o <strong>di</strong>sprezzarli.» Ullic si<br />
interruppe e percorse con lo sguardo i volti intorno a<br />
lui. «Non dubito, del resto, che tra voi ci sia qualcuno<br />
che mi giu<strong>di</strong>ca uno sciocco sentendomi parlare in<br />
questo modo. Bene, se è questo che state pensando,<br />
tenetevelo per voi. Gra<strong>di</strong>rei non sentirvelo <strong>di</strong>re,<br />
neppure a bassa voce, e preferirei non leggervelo<br />
nemmeno negli occhi... Consideratemi pure uno<br />
stupido, se volete, ma senza esprimerlo né con le<br />
parole, né con le espressioni. E sappiate che, a mio<br />
parere, gli stupi<strong>di</strong> saremmo noi se punissimo uno<br />
qualsiasi dei nostri ragazzi per aver tentato qualcosa <strong>di</strong><br />
nuovo o <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso.<br />
E ora abbiamo delle questioni importanti <strong>di</strong> cui<br />
<strong>di</strong>scutere, quin<strong>di</strong> proce<strong>di</strong>amo.»
V.<br />
Uther si arrestò nell'ampio vestibolo a cui si<br />
accedeva dal portone esterno della Sala Grande,<br />
asciugandosi le mani sudate e fissando per la seconda<br />
volta in quella giornata l'alta porta interna che<br />
conduceva alla Camera <strong>di</strong> Consiglio. Deglutì e trasse<br />
un gran respiro, imponendosi <strong>di</strong> non tremare dalla<br />
paura. Era solo nel vestibolo; le guar<strong>di</strong>e si erano<br />
allontanate alla fine della riunione, più <strong>di</strong> un'ora<br />
prima. Cercando <strong>di</strong>speratamente una scusa qualsiasi<br />
per rimandare l'apertura <strong>di</strong> quella porta e il momento<br />
in cui avrebbe affrontato il nonno, Uther si soffermò a<br />
pensare alle Guar<strong>di</strong>e della Sala Grande, a come<br />
venivano chiamate. Erano guerrieri Pendragon,<br />
orgogliosi e in<strong>di</strong>pendenti, non soldati come gli uomini<br />
della guarnigione <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong> i cui turni <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a<br />
venivano rigidamente stabiliti dai loro ufficiali. Coloro<br />
che vegliavano sul Consiglio del Re <strong>di</strong> Tir Manha<br />
erano volontari che facevano una libera scelta,<br />
spartendosi quell'onore tra eguali secondo una<br />
tra<strong>di</strong>zione consacrata dal tempo.<br />
Una delle due guar<strong>di</strong>e che avevano prestato servizio<br />
quel giorno era stata incaricata da Ullic Pendragon <strong>di</strong><br />
cercare il nipote del re e <strong>di</strong> condurlo alla sala, e Uther<br />
l'aveva seguito con rassegnazione. Per lui era giunto il<br />
momento <strong>di</strong> spiegarsi e <strong>di</strong> assumersi la responsabilità <strong>di</strong>
un comportamento che suo nonno e suo padre<br />
dovevano senza dubbio considerare imperdonabile.<br />
Trasse un altro profondo respiro, chiuse gli occhi e tese<br />
la mano verso la maniglia <strong>di</strong> ferro della porta,<br />
spingendola con decisione.<br />
«Uther! « Il grido, soffocato ma urgente, proveniva<br />
da <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> lui, e il ragazzo esitò prima <strong>di</strong> spalancare<br />
la porta. Sapeva che si trattava <strong>di</strong> Nemo; aveva<br />
imme<strong>di</strong>atamente riconosciuto la sua voce. Si fermò,<br />
titubante, poi si voltò e la vide correre verso la<br />
massiccia porta <strong>di</strong> quercia che restava sempre aperta<br />
nei giorni <strong>di</strong> Consiglio. Aggrottò la fronte e scuotendo<br />
la testa le fece cenno <strong>di</strong> andar via. Era una donna, e<br />
quin<strong>di</strong> non aveva <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> avvicinarsi alla Sala del Re.<br />
Nemo vide l'espressione angosciata sul volto<br />
dell'amico, il gesto perentorio della mano con cui le<br />
imponeva <strong>di</strong> fermarsi, e si arrestò con una scivolata<br />
aggrappandosi allo spigolo <strong>di</strong> uno dei battenti della<br />
gigantesca porta; aveva il cuore in gola perché per<br />
raggiungere l'unica entrata <strong>di</strong> quel cortile aveva dovuto<br />
fare il giro <strong>di</strong> tutti gli e<strong>di</strong>fici. Si era esposta al rischio <strong>di</strong><br />
essere scoperta e catturata solo quando aveva sentito<br />
re Ullic <strong>di</strong>re al capo druido, l'ultimo ad abbandonare il<br />
Consiglio, che attendeva suo nipote da un momento<br />
all'altro.<br />
A quel punto, cercando <strong>di</strong> non far rumore, aveva<br />
riattraversato la finestra sotto le grondaie e aveva<br />
cominciato a scendere il più in fretta possibile. Aveva<br />
smesso <strong>di</strong> piovere da poco e le superfici su cui doveva
muoversi erano scivolose e insicure. Poi, mentre si<br />
calava con circospezione lungo l'ultima pericolosa<br />
rampa della sua «scala» <strong>di</strong> tetti, aveva visto Uther<br />
passare in lontananza, <strong>di</strong>retto all'incontro con suo<br />
nonno.<br />
Ora lui la guardava stupito, con una smorfia sul viso,<br />
facendole segno <strong>di</strong> andarsene. Nemo abbassò la voce<br />
in modo che solo lui potesse sentirla e sussurrò: «Non è<br />
arrabbiato, Uther! Il re non è arrabbiato». Ma prima<br />
che finisse <strong>di</strong> parlare, lui entrò e la porta si richiuse alle<br />
sue spalle. Uther aveva sentito le parole <strong>di</strong> Nemo, e si<br />
era imme<strong>di</strong>atamente a<strong>di</strong>rato per quella temeraria<br />
affermazione che non poteva essere vera. Ma quando<br />
vide il nonno, ogni altro pensiero svanì dalla sua<br />
mente. Ullic dava le spalle alla porta, e <strong>di</strong> lui Uther<br />
scorse solo l'imponente statura. Sospettava che il re<br />
sapesse che lui era entrato, ma non poteva esserne<br />
certo. «Tata?»<br />
«Vieni qui. Cosa stavi cercando <strong>di</strong> fare?»<br />
Il cuore <strong>di</strong> Uther sobbalzò <strong>di</strong> fronte a quella<br />
domanda così <strong>di</strong>retta. <strong>Le</strong> cose si mettevano ancora<br />
peggio <strong>di</strong> quanto avesse temuto. Avanzò verso <strong>di</strong> lui.<br />
«Non lo so.»<br />
Il re si voltò a guardarlo. «Cosa vorresti <strong>di</strong>re? Certo<br />
che lo sai. Io lo so, quin<strong>di</strong> devi saperlo anche tu.<br />
Guarda.» Uther si avvicinò e quando vide il pezzo <strong>di</strong><br />
carbone, <strong>di</strong>viso nettamente in due parti, rimase a<br />
bocca aperta per la sorpresa. «Non sono stato io a<br />
farlo.»
«Infatti, sono stato io. Ma è questo che stavi<br />
cercando <strong>di</strong> ottenere, giusto?» Uther annuì, incapace <strong>di</strong><br />
staccare gli occhi dal minerale.<br />
«Bene, se tutti e due sappiamo cosa stavi cercando <strong>di</strong><br />
fare, forse ti ho fatto la domanda sbagliata.<br />
Riproviamo. Se tu fossi riuscito nel tuo intento la prima<br />
volta, cos'avresti fatto dopo?»<br />
«Non lo so... non ne sono sicuro.»<br />
Ullic Pendragon rimase a lungo in silenzio con lo<br />
sguardo fisso sul pezzo <strong>di</strong> carbone, poi scrutò <strong>di</strong> nuovo<br />
il nipote. «Ma pensavi che fosse importante... riuscire a<br />
spaccare in due questa pietra?»<br />
«Sì... »<br />
«Perché? E non <strong>di</strong>rmi un'altra volta che non lo sai.» Il<br />
ragazzo ricacciò in gola le parole che gli stavano<br />
affiorando alle labbra e rimase in silenzio per un<br />
istante. Poi, perplesso, alzò lo sguardo verso il vecchio<br />
che incombeva sopra <strong>di</strong> lui. «Non sei arrabbiato.»<br />
«No, non sono arrabbiato. Dovrei esserlo? O vuoi<br />
farmi arrabbiare tu sostenendo che non sai perché hai<br />
interrotto il mio Consiglio stamattina?»<br />
«No, cercherò <strong>di</strong> non... Ma forse non so trovare le<br />
parole giuste.»<br />
«Be', non sei il primo che mi capita <strong>di</strong> ascoltare con<br />
questo problema. Perché ti sei accanito sulla pietra in<br />
quel modo? E dove hai preso quella orribile spada?»<br />
«La spada? Me l'ha prestata il mio amico Lucio.<br />
Gliel'ha data suo zio. Non era una buona spada.»
«Non la definirei nemmeno una spada. Il carbone si<br />
è spaccato <strong>di</strong> netto come un ramo secco quando l'ho<br />
colpito. Se questo è il meglio che sai fare, dovrò<br />
almeno assicurarmi che tu abbia una spada decente.<br />
Ma perché l'hai sollevata sopra la testa in quella<br />
maniera? Perché non ti sei limitato a spaccare il<br />
carbone come ho fatto io? Vieni, an<strong>di</strong>amo a sederci.<br />
Sto <strong>di</strong>ventando troppo vecchio per starmene in pie<strong>di</strong><br />
tutto il giorno su questo pavimento freddo.»<br />
Salì sul palco su cui si trovava il suo massiccio<br />
scranno <strong>di</strong> quercia intagliato e si accomodò allungando<br />
il poggiapie<strong>di</strong> a Uther con un calcio. Il ragazzo lo<br />
afferrò e si sedette evitando lo sguardo del nonno,<br />
stupito <strong>di</strong> tanta tranquillità e affabilità invece della<br />
durezza che si era aspettato. «Allora,» proseguì il re<br />
«perché l'hai sollevata tanto in alto?»<br />
«Perdonami, nonno, ma davvero non ne ho idea, so<br />
solo che mi sembrava la cosa giusta da fare in quel<br />
momento. Ma mi sbagliavo. Come hai fatto tu a<br />
spaccare il carbone?»<br />
«Con una spada, come hai cercato <strong>di</strong> fare tu. Ma io<br />
ho usato la punta della mia come un cuneo e l'ho fatta<br />
penetrare nella fen<strong>di</strong>tura appoggiandomi con tutto il<br />
mio peso.» Ullic si abbandonò sullo schienale del<br />
trono, poi incrociò le braccia, appoggiando il mento<br />
sul petto mentre fissava il nipote. «Lo ammetto, per un<br />
attimo mi sono chiesto se tu avessi perso il lume della<br />
ragione... specialmente quando ho visto cos'era<br />
successo alla lama della tua spada. Ero sul punto <strong>di</strong>
sbatterti in cella per darti una lezione <strong>di</strong> buone<br />
maniere. Solo una cosa mi ha trattenuto. Hai idea <strong>di</strong><br />
che cosa possa essere?»<br />
«No, Tata.»<br />
«Il carbone. Se tu avessi voluto semplicemente<br />
rime<strong>di</strong>are una figura da stupido e far vergognare me e<br />
tuo padre, avresti potuto scegliere un sasso qualunque<br />
per fracassare quella spada, e invece hai preso un<br />
pezzo <strong>di</strong> carbone: nero, sporco, <strong>di</strong>fficile da trovare. E<br />
tenero, più tenero <strong>di</strong> qualsiasi altra pietra. Quando ho<br />
cominciato a riflettere sul carbone non sono più<br />
riuscito a fermarmi, così sono andato a dargli<br />
un'occhiata. La tua spada ne aveva staccato un grosso<br />
frammento e si era piegata. Ma non potevo credere<br />
che tu ti fossi intestar<strong>di</strong>to fino a quel punto solo per<br />
<strong>di</strong>struggere un'arma così modesta. Sembrava incre<strong>di</strong>bile<br />
che tu potessi essere così sciocco. Così mi sono detto<br />
che dovevi avere una ragione per fare ciò che avevi<br />
fatto, anche se non riuscivo a immaginare quale... Poi<br />
ho visto le linee che correvano sulla superficie del<br />
carbone da un'estremità all'altra, e mi sono ricordato<br />
che avevi preso la mira con molta cura, ti eri chinato e<br />
avevi appoggiato la spada con molta precisione sul<br />
carbone prima <strong>di</strong> sollevarla per colpire. Allora ho<br />
pensato che il tuo tentativo avesse a che fare con<br />
quelle linee. Mi sembravano stranamente familiari,<br />
anche se non ci avevo mai fatto caso prima, e l'unica<br />
idea che mi è venuta è stata quella <strong>di</strong> spaccare la pietra<br />
lungo quelle linee, e così ho fatto. Ho spinto con forza
la punta della spada dentro una delle linee, e il blocco<br />
si è rotto in due pezzi.»<br />
Ullic si interruppe e guardò compiaciuto il nipote.<br />
«Mi ha impressionato il fatto che tu sapessi cosa<br />
sarebbe avvenuto, anche se non conoscevi il modo<br />
preciso <strong>di</strong> arrivarci. Ma ora <strong>di</strong>mmi, da uomo a uomo,<br />
perché l'hai fatto? Cosa ci trovi <strong>di</strong> così importante nel<br />
riuscire a spaccare il carbone?»<br />
«Niente, Tata... Cioè, l'importante non è farlo col<br />
carbone. Col carbone è facile, o almeno dovrebbe. Ma<br />
fino a stamattina non sapevo che esistessero <strong>di</strong>versi tipi<br />
<strong>di</strong> carbone. Ora lo so.»<br />
«Che vuoi <strong>di</strong>re?»<br />
Il ragazzo scrollò le spalle. «Il carbone che usano a<br />
<strong>Camelot</strong> è molto <strong>di</strong>verso dal nostro. È più lucente e<br />
sembra più pulito, come se fosse lucidato, non so se mi<br />
spiego. Ed è anche più leggero... più facile da<br />
trasportare e da spaccare. Non mi è venuto in mente<br />
<strong>di</strong> informarmi, e non mi sono neppure chiesto quanto<br />
pesasse il pezzo che ho portato qui oggi. Sapevo che<br />
era più pesante, sapevo che era più opaco, e anche più<br />
sporco... più polveroso... ma non ho pensato che<br />
potesse essere completamente <strong>di</strong>verso.»<br />
Ullic fissò il nipote per un istante, poi alzò le spalle,<br />
un po' perplesso. «Immagino che tutto questo abbia un<br />
senso per te, ma io non capisco <strong>di</strong> cosa stai parlando.<br />
Hai cominciato col <strong>di</strong>rmi che il carbone non era<br />
importante, ma da quel momento non hai fatto altro<br />
che parlare <strong>di</strong> carbone.»
«Oh... be', già, so che può sembrare strano. Ma ve<strong>di</strong>,<br />
ciò che conta è la pietra, e il modo in cui si <strong>di</strong>vide... »<br />
Re Ullic Pendragon si alzò stiracchiandosi e<br />
sba<strong>di</strong>gliando. «Ho fame» esclamò. «E scommetto che ne<br />
hai anche tu. Vieni con me, passiamo dalle cucine a<br />
prendere qualcosa da mangiare, poi an<strong>di</strong>amo a fare<br />
una passeggiata e a scambiare due chiacchiere, così<br />
forse riuscirai a spiegarmi cosa ti passa per la mente.»<br />
La visita alle cucine del nonno fruttò loro una lepre<br />
cucinata allo spiedo, un po' <strong>di</strong> sale, pane fresco,<br />
formaggio, una piccola rapa cruda e un orcio <strong>di</strong> birra<br />
gelata; e, nel giro <strong>di</strong> un'ora Uther <strong>di</strong>menticò rabbia e<br />
paura e si sentì completamente a suo agio. Sud<strong>di</strong>viso il<br />
peso dei viveri con il nonno, se ne andò a zonzo con<br />
lui per la tenuta e per i boschi intorno a Tir Manha. Re<br />
Ullic allontanò con un gesto le persone che tentarono<br />
<strong>di</strong> avvicinarlo, borbottando che era impegnato con suo<br />
nipote e non voleva essere <strong>di</strong>sturbato. Uther non <strong>di</strong>sse<br />
nulla, ma era profondamente consapevole dell'onore<br />
che gli era stato accordato, e quando finalmente si<br />
sedettero su un ceppo d'albero per <strong>di</strong>vidersi quel pasto<br />
delizioso, il suo entusiasmo non era dovuto solo al<br />
consueto appetito infantile.<br />
Il ragazzo si era ormai convinto che il nonno, lungi<br />
dall'essere arrabbiato con lui, era sinceramente<br />
interessato ad ascoltarlo. Così, quando venne il<br />
momento <strong>di</strong> spiegare quello che gli era passato per la<br />
mente nelle ultime settimane, scoprì che non era poi<br />
tanto <strong>di</strong>fficile e riuscì a raccontare agevolmente e senza
interruzioni tutta la storia, dal suo primo incontro con<br />
Murdo a <strong>Camelot</strong> fino a ciò che aveva imparato dal<br />
vecchio, sbrogliando la matassa <strong>di</strong> pensieri, spesso<br />
contrad<strong>di</strong>ttori, che lo avevano portato all'impresa <strong>di</strong><br />
quel giorno.<br />
Quand'ebbe finito <strong>di</strong> parlare, suo nonno rimase a<br />
guardarlo in silenzio, poi si schiarì la gola.<br />
«Molto bene» <strong>di</strong>sse. «Credo <strong>di</strong> essere riuscito a<br />
seguirti... Almeno ora so cosa sono le linee <strong>di</strong><br />
clivaggio. Pensa un po', ho cinque volte la tua età e<br />
non l'ho mai saputo. Allora, tu speravi <strong>di</strong> spaccare il<br />
carbone - o la pietra, se preferisci - con la spada.<br />
Perché? Cosa avresti <strong>di</strong>mostrato con questo?»<br />
«Che si poteva fare.»<br />
«Che inten<strong>di</strong> <strong>di</strong>re?»<br />
Il ragazzo si strinse nelle spalle. «Questo ti avrebbe<br />
sorpreso, Tata, non capisci? Perché tu non sapevi che si<br />
potesse fare. E visto che non lo sapevi tu, come poteva<br />
saperlo uno qualunque dei tuoi consiglieri? Cos'avresti<br />
detto, o pensato, se io ci fossi riuscito... se la pietra si<br />
fosse <strong>di</strong>visa in due?»<br />
Ullic Pendragon annuì e ridacchiò. «Hai ragione,<br />
sarei rimasto sorpreso. E forse persino <strong>di</strong>vertito. Ma<br />
cosa ti fa pensare che poi non ti avrei buttato fuori per<br />
avere interrotto il mio Consiglio?»<br />
«Perché l'avevo fatto con una spada.»<br />
«Una spada... non ti seguo. Hai <strong>di</strong>eci anni e sei<br />
riuscito a confondermi. Che stai <strong>di</strong>cendo?»
«Non lo so, Tata... so che non dovrei <strong>di</strong>rlo, ma è la<br />
verità. E che... ho avuto una visione, credo.»<br />
«Una visione, capisco. Che tipo <strong>di</strong> visione era?»<br />
«È stato un pomeriggio della settimana scorsa,<br />
mentre pensavo a Murdo che tagliava col cesello una<br />
delle sue grosse pietre <strong>di</strong> topazio giallo. È sempre<br />
molto attento e passa un tempo infinito a stu<strong>di</strong>are ogni<br />
pietra prima <strong>di</strong> decidere dove posizionare la lama. Se<br />
sceglie il punto sbagliato, o colpisce troppo forte o<br />
troppo piano, può rovinare la pietra. Una volta mi ha<br />
fatto provare e non ho ottenuto altro che un<br />
mucchietto <strong>di</strong> polvere e frammenti gialli. Ma quando<br />
Murdo fa le cose per bene, Tata, produce dei tagli<br />
netti, e superfici lisce come se fossero state levigate,<br />
come il vetro alla finestra della camera da letto <strong>di</strong><br />
nonna Luceia a <strong>Camelot</strong>. Allora mi è venuta in mente<br />
una cosa alla quale non avevo mai pensato prima... e<br />
ci ho pensato anche oggi quando sono tornato in<br />
Camera <strong>di</strong> Consiglio e ho visto come avevi spaccato il<br />
carbone...» La sua voce si affievolì e il ragazzo alzò gli<br />
occhi verso Ullic. «E cioè?» domandò il re. «Che cosa<br />
hai pensato?»<br />
«Ho pensato - o meglio, ho capito - che se colpisci<br />
una pietra nel modo giusto la <strong>di</strong>vi<strong>di</strong> per sempre. Non<br />
puoi più rimetterla insieme.»<br />
«Capisco. Era questa la tua visione?»<br />
«No, io ho visto una spada che spaccava una pietra.<br />
E poi la pietra <strong>di</strong>ventava un esercito, <strong>di</strong>viso da un<br />
colpo <strong>di</strong> spada. E poi, al posto della spada, ho visto
uno squadrone <strong>di</strong> cavalleria <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>, una<br />
formazione <strong>di</strong>sposta a cuneo che assaliva un esercito e<br />
lo separava.»<br />
«In modo che non si potesse più ricongiungere...<br />
Uhm...» mormorò il re, con aria assorta. Poi si alzò e si<br />
pulì le mani con l'orlo della tunica. «E così sei venuto a<br />
sottopormi la tua idea. Bravo. Ma avresti dovuto farlo<br />
prima.»<br />
«E perché?» chiese Uther in tono sconsolato. «La mia<br />
idea non ha funzionato, e ho <strong>di</strong>strutto la spada. E poi,<br />
noi non abbiamo una cavalleria come quella <strong>di</strong><br />
<strong>Camelot</strong>, quin<strong>di</strong> non ci servirebbe a niente.»<br />
«Ah, è così che la pensi? Be', figliolo, ti sbagli.<br />
L'importante in questa faccenda, secondo me - anche<br />
se, ricorda, non sono che un vecchio - è che io sono<br />
riuscito a spaccare il carbone. Giusto?»<br />
«Sì, lo so, Tata.»<br />
«Già, ma hai capito quello che ho detto? Ho detto<br />
che è quello l'importante.»<br />
«Lo so, Tata, ho capito.»<br />
«Bene, allora sai <strong>di</strong>rmi perché è importante.»<br />
«Io...» Uther rimase in silenzio, e il nonno s'intenerì.<br />
«E importante, Uther, perché quello che hai fatto, o<br />
che hai tentato <strong>di</strong> fare, mi ha fatto riflettere... Così,<br />
dopo aver rimuginato ho provato e ci sono riuscito.<br />
Ma non ci avrei mai pensato se non fosse stato per te.<br />
Non mi sarebbe mai venuto in mente <strong>di</strong> tentare un<br />
esperimento del genere neanche vivendo il doppio dei
miei anni, se tu non avessi avuto l'idea originale. Mi<br />
stai ascoltando, Uther?»<br />
Ullic scrutò il volto del nipote, e accorgendosi che il<br />
ragazzo non aveva capito proseguì. «L'idea, Uther,<br />
l'idea è stata tua, e questo è più importante del<br />
successo o del fallimento del tuo tentativo. Ogni volta<br />
che nasce un'idea, ci sarà sempre qualcuno che riuscirà<br />
a concretizzarla, a realizzarla, e non necessariamente<br />
colui che l'ha avuta per primo. Pochi uomini al mondo<br />
riescono a concepire delle idee, sono capaci <strong>di</strong><br />
formulare quel pensiero originale che è la chiave del<br />
progresso, e il fatto che tu, mio nipote, potresti essere<br />
uno <strong>di</strong> questi, mi riempie <strong>di</strong> orgoglio.» Ullic fece<br />
un'altra pausa, ma anche questa volta il ragazzo non<br />
reagì secondo le sue aspettative. «Ma io ho fallito,<br />
nonno. Non ce l'ho fatta.»<br />
«D'accordo, fammici pensare un attimo... Ecco,<br />
proviamo in questo modo. Tu ammiri nonno Varro,<br />
no?» Uther annuì. «Certo che lo ammiri, ed è giusto<br />
che sia così. E la ragione per cui hai pensato a un<br />
reparto <strong>di</strong> cavalleria che <strong>di</strong>vide un esercito è che tu<br />
ammiri la cavalleria <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong> tanto quanto Publio<br />
Varro, giusto?» Uther annuì nuovamente. «Bene.<br />
Quin<strong>di</strong> suppongo che tu sia molto orgoglioso <strong>di</strong> tuo<br />
nonno come comandante <strong>di</strong> cavalleria, e <strong>di</strong> vederlo<br />
montare il suo imponente destriero da guerra, rivestito<br />
della sua bella armatura.»<br />
Uther scosse la testa, perplesso. «No, Tata, nonno<br />
Varro non va a cavallo. Non l'ho mai visto in sella con
l'armatura.»<br />
«Come sarebbe? Non è forse al comando <strong>di</strong> tutta la<br />
cavalleria <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>?»<br />
«No. Lo era una volta, ma quando lo zio Pico è<br />
tornato in Britannia ha ceduto la carica a lui.»<br />
«Perché?»<br />
«Sai bene il perché! Lo zio Pico era un legato<br />
imperiale, comandante supremo della cavalleria in<br />
Britannia.»<br />
«Capisco. Quin<strong>di</strong> mi stai <strong>di</strong>cendo che tuo nonno<br />
Varro è un fallito.» Il ragazzo sgranò gli occhi per lo<br />
stupore e l'in<strong>di</strong>gnazione, ma prima che potesse<br />
replicare Ullic alzò la mano precedendolo. «No? Non è<br />
questo che stai <strong>di</strong>cendo? E allora cosa devo pensare?<br />
Perché Varro avrebbe dovuto rinunciare al proprio<br />
potere in favore <strong>di</strong> un altro... <strong>di</strong> uno qualsiasi?»<br />
«Non è così, Tata! Lo zio Pico non è uno qualsiasi! È<br />
il nipote <strong>di</strong> nonna Luceia, ed è un grande comandante<br />
<strong>di</strong> cavalleria, più <strong>di</strong> quanto nonno Varro potrebbe mai<br />
essere. Nonno Varro sarebbe stato stupido a non<br />
consentire allo zio Pico <strong>di</strong> prendere il comando, perché<br />
è una cosa in cui lo zio Pico è più bravo <strong>di</strong> lui, e nonno<br />
Varro ha altro da fare.»<br />
«Ah! Vuoi <strong>di</strong>re che può usare il suo tempo in modo<br />
più opportuno, occupandosi delle cose che sa fare<br />
meglio.»<br />
«Esatto.»<br />
«Ottimo. Ora voglio che tu rifletta su questi punti.
Tu hai sollevato la tua spada; io ho usato la punta<br />
della mia. Tu hai deciso dove colpire osservando le<br />
linee sulla superficie del carbone, poi hai allontanato la<br />
spada, e con questo movimento l'hai fatta oscillare. Io<br />
ho inserito la punta della mia e l'ho tenuta ferma. Tu<br />
hai compromesso il tentativo con un colpo violento<br />
inferto con una spada <strong>di</strong> pessima qualità. Io ho<br />
concentrato tutta la mia forza e il mio peso su un<br />
unico punto. Tu hai creduto erroneamente che il<br />
carbone fosse tenero come quello che avevi usato a<br />
<strong>Camelot</strong>, e che si sarebbe spaccato con facilità, mentre<br />
io, non sapendo nulla <strong>di</strong> tutto ciò, mi sono<br />
concentrato solo su quello che avevo <strong>di</strong> fronte a me.<br />
Quin<strong>di</strong> tu hai fallito, e io ho avuto successo. Ma<br />
considera i motivi del tuo fallimento, Uther. Tu hai<br />
usato un altro tipo <strong>di</strong> carbone perché non ti sei dato la<br />
pena <strong>di</strong> verificare che fosse ciò che pensavi. È un errore<br />
che probabilmente non commetterai mai più. Questa<br />
amara esperienza ti ha insegnato che non bisogna mai<br />
dare nulla per scontato, e d'ora in poi sono sicuro che<br />
controllerai sempre che tutti gli elementi<br />
potenzialmente importanti siano proprio ciò che<br />
sembrano. Giusto?» Il ragazzo annuì. «Bene. In secondo<br />
luogo, hai preso accuratamente la mira, poi hai<br />
sollevato la lama sopra la tua testa, e in questo modo<br />
hai perso tutto il vantaggio <strong>di</strong> aver preso la mira.<br />
Morale: questo si può fare quando il bersaglio è<br />
grosso, non si può mancare ed è privo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fese, ma<br />
quando è piccolo e <strong>di</strong>fficile da in<strong>di</strong>viduare, come una<br />
linea sottile su una pietra, be', allora bisogna usare il
cervello e trovare un altro modo <strong>di</strong> colpirlo. Quanto<br />
alle carenze della tua spada, hai pagato anche quelle.<br />
Quando dovrai batterti, nulla sarà più importante per<br />
te della qualità delle tue armi. In tutti i casi <strong>di</strong><br />
combattimento corpo a corpo, la tua vita <strong>di</strong>penderà<br />
quasi esclusivamente dal fatto <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre della lama<br />
migliore. Non bisogna mai possedere o utilizzare armi<br />
scadenti. È come tagliarsi le mani.<br />
Dunque sono questi gli errori che hanno<br />
determinato il tuo fallimento <strong>di</strong> fronte al Consiglio,<br />
siamo d'accordo? Credo <strong>di</strong> sì. Ebbene, se domani tu<br />
dovessi fare esattamente la stessa cosa, esaminando<br />
questi stessi errori e tenendo a mente quello che è<br />
successo oggi riusciresti senz'altro nell'impresa. E lo<br />
stesso accadrebbe se dovessi provarci altre mille volte,<br />
perché ora hai imparato la lezione. Mi capisci?»<br />
Uther annuì in silenzio e Ullic proseguì. «Bene. Ora<br />
esaminiamo i miei successi sotto la stessa luce. Sono<br />
riuscito a tagliare la tua pietra, ma non sapevo né cosa<br />
stavo facendo, né cosa sarebbe successo. Ho fatto tutto<br />
nel modo giusto solo grazie alla mia curiosità e al<br />
tempo che mi sono concesso per stu<strong>di</strong>are il problema.<br />
Ma non avrei fatto niente <strong>di</strong> niente, ragazzo mio, se tu<br />
non avessi attirato la mia attenzione su quel pezzo <strong>di</strong><br />
carbone e su una spada. E adesso, Uther, ascoltami<br />
attentamente.<br />
Tuo nonno Varro è un uomo intelligente e<br />
ammirevole, e non esita ad affidare dei compiti ad<br />
altri, se ne sono degni. È un concetto romano che si
chiama delega: sono certo che ne hai sentito parlare a<br />
<strong>Camelot</strong>. In<strong>di</strong>ca una mansione affidata a qualcuno per<br />
or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>retto del suo legato, ovvero il suo<br />
comandante, insieme all'autorità e alla responsabilità <strong>di</strong><br />
portarla a termine nel modo più opportuno. La<br />
delega, attraverso quella che i Romani chiamano la<br />
catena <strong>di</strong> comando - dal legato al tribuno, dal tribuno<br />
<strong>di</strong> grado inferiore, al centurione, fino al soldato<br />
semplice - permette a uomini come tuo zio Pico e suo<br />
padre, Caio Britannico, che erano entrambi legati<br />
romani, <strong>di</strong> costruire un impero. Tu passi quasi metà del<br />
tuo tempo a <strong>Camelot</strong>, e sei un ragazzo intelligente e<br />
dotato <strong>di</strong> spirito <strong>di</strong> osservazione, quin<strong>di</strong> conosci già<br />
molte delle cose <strong>di</strong> cui ti sto parlando, ma d'ora in poi<br />
tieni in mente questa parola... delega. È una cosa che<br />
in Cambria non sappiamo fare molto bene. Anzi, <strong>di</strong>rei<br />
che non la facciamo affatto. Il nostro stupido orgoglio<br />
ci impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> delegare pubblicamente degli incarichi,<br />
perché si potrebbe pensare che non siamo in grado <strong>di</strong><br />
svolgerli, e ci impe<strong>di</strong>sce anche <strong>di</strong> accettarli, nel timore<br />
<strong>di</strong> mettere in <strong>di</strong>scussione la nostra autorità. Queste<br />
assur<strong>di</strong>tà sono un grosso problema per noi, e<br />
crescendo te ne accorgerai.<br />
Ma ci sono altre parole che, sono certo, sentirai<br />
usare da Publio Varro negli stessi termini in cui parla <strong>di</strong><br />
delega. Strategia e tattica, per esempio. <strong>Le</strong> conosci?»<br />
«Credo <strong>di</strong> sì, Tata. Si riferiscono alla guerra, no?»<br />
«Sì, e sono molto importanti. La strategia è l'arte <strong>di</strong><br />
pre<strong>di</strong>sporre una serie <strong>di</strong> piani per condurre una
campagna militare, muovendo gran<strong>di</strong> quantità <strong>di</strong><br />
uomini, come se fossero pe<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> un gioco da tavolo.<br />
La strategia deve collegare tutte le battaglie per<br />
ottenere lo scopo della guerra. La tattica, invece, è<br />
l'arte <strong>di</strong> affrontare i singoli combattimenti. Un legato<br />
come tuo zio Pico può ideare una strategia per vincere<br />
una guerra o una campagna militare, e può persino<br />
visualizzare il tipo <strong>di</strong> tattica necessaria per raggiungere i<br />
suoi scopi. Ma quando il dado è tratto e il sangue<br />
comincia a scorrere, deve contare soprattutto sul fatto<br />
che i suoi comandanti sul campo, quell'insieme <strong>di</strong> capi<br />
dei singoli gruppi che i Romani chiamano ufficiali <strong>di</strong><br />
stato maggiore, elaborino le loro tattiche personali nel<br />
corso del combattimento e prendano decisioni,<br />
talvolta imme<strong>di</strong>ate, su come utilizzare al meglio le<br />
proprie truppe per conseguire la vittoria, secondo le<br />
<strong>di</strong>rettive impartite dal loro legato.<br />
Sono gli ufficiali sul campo che definiscono la tattica<br />
<strong>di</strong> combattimento, ragazzo, non <strong>di</strong>menticarlo. Sono<br />
loro a prendere le decisioni nel pieno della battaglia,<br />
perché sono quelli che hanno la visione più chiara <strong>di</strong><br />
cosa sta accadendo, quando il nemico li bersaglia con<br />
tutte le armi che ha a <strong>di</strong>sposizione. Sono uomini<br />
cruciali per valutare le necessità imposte dal momento,<br />
ed è loro responsabilità muovere le truppe<br />
correttamente e mantenersi abbastanza flessibili per<br />
rispondere a esigenze improvvise. Strategia e tattica,<br />
Uther. Nessuna delle due può funzionare, e nemmeno<br />
esistere, senza l'altra. E io so anche che raramente uno<br />
stesso uomo può metterle in atto entrambe.»
Ullic fece una pausa, mentre suo nipote continuava a<br />
guardarlo in attesa che continuasse. Alla fine il re chinò<br />
il capo e proseguì. «La tua idea <strong>di</strong> oggi era pura<br />
strategia. È nella tattica che hai fallito, perché non l'hai<br />
me<strong>di</strong>tata. Ma la tattica si può apprendere, Uther, e tu<br />
hai i migliori maestri che un ragazzo possa avere...<br />
Garreth il Fischiatore, qui in Cambria, e i tuoi tutori a<br />
<strong>Camelot</strong>. Te la insegneranno e tu la imparerai<br />
facilmente. Ma la strategia... be', quella è un'altra cosa.<br />
La strategia si può insegnare, ma solo attraverso gli<br />
esempi <strong>di</strong> ciò che è già stato fatto. Ogni volta che un<br />
legato romano riportava una grande vittoria, i suoi<br />
piani venivano trascritti in dettaglio e poi <strong>di</strong>scussi. Noi,<br />
invece, non mettiamo nulla per iscritto perché ciò è<br />
proibito dalle nostre antiche leggi. Tuttavia ne<br />
conserviamo il ricordo, gelosamente custo<strong>di</strong>to nelle<br />
ballate dei nostri drui<strong>di</strong>. Favolose leggende e memorie<br />
dei gran<strong>di</strong> combattenti della storia, come quelle dei<br />
Romani.<br />
Ora, basta avere memoria per apprendere e<br />
ricordare i piani <strong>di</strong> battaglia dei gran<strong>di</strong> generali della<br />
storia... che non furono tutti romani, fra l'altro. Ma la<br />
vera grandezza dei più geniali strateghi mai esistiti,<br />
uomini come Giulio Cesare e Alessandro il Macedone,<br />
risiede nel fatto che ognuno <strong>di</strong> loro fu un pensatore<br />
originale. Uomini come quelli non usano le idee degli<br />
altri.<br />
Ne inventano <strong>di</strong> proprie... idee <strong>di</strong> cui non si era mai<br />
sentito parlare prima. E questo è ciò che tu hai fatto
oggi. È una grande qualità, figliolo, e va salvaguardata.<br />
Fu Caio Britannico a farmi conoscere le gesta <strong>di</strong> Cesare<br />
e <strong>di</strong> Alessandro, prima che tu nascessi. Lui è morto<br />
ormai, ma sua sorella, tua nonna, ne sa quanto lui.<br />
Farò in modo che passi un po' <strong>di</strong> tempo con te a<br />
parlare <strong>di</strong> queste cose... <strong>di</strong> Roma.<br />
Nel frattempo, voglio che d'ora in poi tu cominci a<br />
pensare a te stesso come comandante <strong>di</strong> uomini,<br />
perché è questo che sarai, un giorno. Forse non sarà<br />
presto quanto desideri, e forse non prenderai mai il<br />
mio posto, perché quella <strong>di</strong> re non è una carica<br />
ere<strong>di</strong>taria e dunque non è in mio potere conferirla, ma<br />
alla morte <strong>di</strong> tuo padre occuperai il seggio <strong>di</strong> capo,<br />
poiché sei il mio nipote primogenito. E come capo dei<br />
Pendragon, avrai l'opportunità <strong>di</strong> sperimentare tutte le<br />
strategie e le idee che riuscirai a escogitare. Dovrai<br />
pensare a nuovi sistemi per migliorare le con<strong>di</strong>zioni del<br />
tuo popolo, ma soprattutto avrai bisogno <strong>di</strong> avere<br />
intorno a te uomini affidabili, uomini capaci e <strong>di</strong><br />
grande prestigio personale per realizzare le tue idee<br />
con la tattica appropriata. Quin<strong>di</strong> voglio che tu tenga a<br />
mente il mio <strong>di</strong>scorso sulla delega. Come ti ho<br />
spiegato, oggi il nostro popolo la considera con<br />
<strong>di</strong>ffidenza, ma chissà, se ti impegnerai a fondo forse<br />
riuscirai a cambiare le cose, a beneficio <strong>di</strong> tutti, quando<br />
occuperai il seggio <strong>di</strong> capo.»<br />
Il re si interruppe e posò una mano sul braccio del<br />
nipote, guardandolo negli occhi. «Hai <strong>di</strong>eci anni ora,<br />
giusto? Bene, hai percorso più <strong>di</strong> metà della strada che
porta all'età adulta, quin<strong>di</strong> hai impiegato oltre metà<br />
del tuo tempo per imparare a essere un ragazzo. Te ne<br />
resta un po' meno per imparare a essere un uomo. Un<br />
giorno o l'altro - non ci vorrà molto, cre<strong>di</strong>mi - sarai un<br />
guerriero. E un guerriero valoroso, su questo non ho<br />
dubbi. Tuo padre e tua madre hanno svolto un buon<br />
lavoro facendo <strong>di</strong> te quello che sei oggi, e io aspetto<br />
con ansia <strong>di</strong> vederti crescere.<br />
Qui da noi troverai sempre qualcuno pronto a<br />
criticare tutto quello che fai... è già così adesso.<br />
Ignorali. Per non farti influenzare da ciò che <strong>di</strong>cono <strong>di</strong><br />
te o contro <strong>di</strong> te, serba semplicemente nel cuore queste<br />
parole: il loro biasimo è in gran parte, o interamente,<br />
frutto dell'invi<strong>di</strong>a. Tu sei mio nipote, Uther Pendragon.<br />
Sei nato per essere un capo e per godere <strong>di</strong> privilegi<br />
che essi non avranno mai, quin<strong>di</strong> pretenderanno che tu<br />
sia perfetto, senza macchie e senza <strong>di</strong>fetti... e questo,<br />
naturalmente, è impossibile per qualunque uomo.<br />
Continueranno a biasimarti, ma ti accetteranno, e loro<br />
malgrado ti rispetteranno, perciò conservati onesto<br />
verso te stesso e verso <strong>di</strong> loro. E malgrado tutte le loro<br />
lamentele, ti obbe<strong>di</strong>ranno comunque. I Cambriani<br />
sono fatti così, Uther. È una caratteristica del nostro<br />
popolo, Griffyd, Llewellyn o Pendragon... siamo gente<br />
che sorride <strong>di</strong> rado, e che non coltiva la dote della<br />
tolleranza. Diffi<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> tutto ciò che non conosciamo<br />
e non capiamo, e ciò che conosciamo e capiamo è ben<br />
poco. Ma siamo un popolo antico, Uther, antico e<br />
forte, e abbiamo motivo <strong>di</strong> essere fieri <strong>di</strong> chi siamo e <strong>di</strong><br />
come siamo. Credo che sarà importante per te saperlo
e comprenderlo bene, in futuro, anche se io stesso non<br />
sono sicuro <strong>di</strong> esserci riuscito in tutta la mia vita.<br />
Credo anche che sia volontà degli dèi che io ti<br />
de<strong>di</strong>chi maggiore attenzione <strong>di</strong> quanta ne abbia<br />
de<strong>di</strong>cata a tuo padre... Più <strong>di</strong> vent'anni fa, quasi trenta<br />
per la verità, Caio Britannico e Publio Varro mi <strong>di</strong>ssero<br />
che presto l'Impero sarebbe crollato e che a quel punto<br />
i Romani avrebbero lasciato la Britannia,<br />
abbandonandoci a noi stessi. Ricordo che la prima<br />
volta scoppiai a ridere, e pensai che fossero matti.<br />
Erano loro i Romani, non io, eppure ero io quello che<br />
pensava che Roma fosse eterna e solida come la roccia.<br />
Ebbene, ho smesso <strong>di</strong> ridere già da molto tempo<br />
ormai, perché i segni <strong>di</strong> ciò che mi avevano<br />
preannunciato cominciarono a manifestarsi nei primi<br />
mesi e anni successivi a quel colloquio... e ora sono<br />
passati tre anni da quando le ultime unità dell'esercito<br />
romano controllavano la Britannia. Tutto sta<br />
cambiando, Uther, tutte le cose che conoscevo e<br />
pensavo quando avevo la tua età, tutto ciò in cui<br />
credevo. Tuo padre è un uomo ormai, e non c'è più<br />
nessuno che possa insegnargli qualcosa, nemmeno io.<br />
Ciò che gli resta da imparare deve impararlo da solo.<br />
Ma quanto a te, figliolo... so <strong>di</strong> poterti insegnare tante<br />
cose, perciò a partire da oggi io e te passeremo molto<br />
più tempo insieme. Ti insegnerò come si <strong>di</strong>venta un<br />
capo.<br />
Non è così facile come sembra, malgrado quel che<br />
<strong>di</strong>ce la gente. Un uomo può avere il nome e il rango <strong>di</strong>
capo e restare una nullità per tutta la vita, senza<br />
produrre niente <strong>di</strong> buono nemmeno per se stesso.<br />
Succede continuamente... è una cosa tutt'altro che rara.<br />
Ma essere un capo <strong>di</strong> fatto e non solo <strong>di</strong> nome è ben<br />
<strong>di</strong>verso. Per riuscirci bisogna lavorare duramente e<br />
imparare alcune cose importanti. E un buon capo sarà<br />
un buon re, perché un re non è altro che un capo con<br />
poteri più gran<strong>di</strong>. Ti insegnerò cosa siano l'onore e<br />
l'onestà. Ti insegnerò come osservare la tua gente,<br />
uomini e donne, e i problemi che talvolta li <strong>di</strong>vidono,<br />
le controversie e le <strong>di</strong>sparità che vanno risolte al più<br />
presto, e ti mostrerò come valutare torti e ragioni,<br />
punti <strong>di</strong> forza e <strong>di</strong> debolezza <strong>di</strong> ciascun caso, in modo<br />
che tu possa giu<strong>di</strong>care saggiamente e senza pregiu<strong>di</strong>zi.<br />
Non si tratta soltanto <strong>di</strong> fare da giu<strong>di</strong>ce, naturalmente,<br />
c'è molto <strong>di</strong> più, così come c'è molto <strong>di</strong> più nella vita,<br />
ma sono proprio queste le cose che posso insegnarti. Ti<br />
va il mio progetto?»<br />
Il ragazzo annuì, con gli occhi che brillavano, e suo<br />
nonno sorrise e si alzò.<br />
«Bene. E adesso, torniamo a coloro che ci amano... e<br />
a quelli che ci seccano con la loro impazienza.»
VI.<br />
Ullic mantenne la parola, e nelle settimane che<br />
seguirono la sua conversazione con Uther i due furono<br />
visti spesso passeggiare insieme o pescare al fiume,<br />
immersi fino alle ginocchia nell'acqua gelida, parlando<br />
<strong>di</strong> questioni importanti. In tali occasioni il re non<br />
tollerava interruzioni, e il suo sguardo minaccioso era<br />
sufficiente a tenere lontano chiunque tentasse <strong>di</strong><br />
richiamare la sua attenzione.<br />
Tuttavia, meno <strong>di</strong> un mese dopo aver fatto quella<br />
promessa, il re morì all'improvviso per un colpo<br />
apoplettico. Ullic stava me<strong>di</strong>tando nel suo posto<br />
preferito, in cima a un enorme masso tondeggiante<br />
posto sul fianco <strong>di</strong> una collina vicino a Tir Manha; era<br />
andato a sedersi lì quasi ogni giorno della sua vita, e<br />
da quel punto elevato giurava <strong>di</strong> poter vedere ogni<br />
punto della sua tenuta, con la luce giusta.<br />
Quel pomeriggio se l'era presa con uno dei suoi<br />
consiglieri che era venuto a cercarlo, violando la legge<br />
non scritta per cui nessuno poteva <strong>di</strong>sturbare il re<br />
quando si trovava lassù. L'uomo si era giustificato<br />
spiegando che era appena arrivato un corriere con un<br />
messaggio che esigeva una risposta imme<strong>di</strong>ata. Ullic si<br />
era alzato e stava per calarsi dal masso nel solito modo<br />
e per la solita strada, quando <strong>di</strong> colpo i presenti lo<br />
avevano visto irrigi<strong>di</strong>rsi e cadere all'in<strong>di</strong>etro,
precipitando al suolo. Quando lo raggiunsero, Ullic<br />
Pendragon era già morto. Vari testimoni giurarono che<br />
fosse inciampato col tallone su uno spunzone <strong>di</strong> roccia,<br />
ma un'attenta ricerca non rivelò nulla che potesse aver<br />
fatto inciampare, vacillare o perdere l'equilibrio al<br />
sovrano. Il masso era liscio come un uovo, e i drui<strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>chiararono che Ullic era morto <strong>di</strong> apoplessia, ovvero<br />
<strong>di</strong> un'emorragia cerebrale.<br />
Uther non avrebbe mai <strong>di</strong>menticato quel giorno,<br />
perché per la prima volta era andato a caccia da solo<br />
con suo padre, accompagnato da una esigua scorta <strong>di</strong><br />
arcieri Pendragon, e si stava godendo il raro piacere <strong>di</strong><br />
trascorrere un tempo quasi illimitato in stretta intimità<br />
con il genitore.<br />
Sapeva <strong>di</strong> dovere quel privilegio a suo nonno Ullic.<br />
Avevano parlato <strong>di</strong> Uric e del tempo che padre e figlio<br />
passavano insieme, e solo tre giorni dopo Uric aveva<br />
chiamato il ragazzo e gli aveva detto <strong>di</strong> prepararsi a<br />
partire per una battuta <strong>di</strong> caccia con lui la mattina<br />
successiva.<br />
Uther amava profondamente suo padre e godeva<br />
molto della sua compagnia, ma aveva sempre tenuto<br />
in conto che Uric era a sua volta figlio <strong>di</strong> suo padre,<br />
ossia un futuro capo. Il rango e il titolo <strong>di</strong> re venivano<br />
assegnati dai sette capi <strong>di</strong> governo della Federazione<br />
dei Pendragon, ma i poteri <strong>di</strong> un capo erano ere<strong>di</strong>tari,<br />
quin<strong>di</strong> Ullic li avrebbe trasmessi al figlio Uric, così<br />
come Uther li avrebbe un giorno ere<strong>di</strong>tati dal padre.<br />
Forse Uric non sarebbe <strong>di</strong>ventato re, ma se fosse
sopravvissuto a suo padre, sarebbe certamente<br />
<strong>di</strong>ventato capo. Ullic era più che felice che suo figlio<br />
cominciasse ad assumersi delle responsabilità, ma ciò<br />
lasciava a Uric poco tempo da trascorrere in<br />
compagnia <strong>di</strong> Uther.<br />
Era tardo pomeriggio e padre e figlio, insieme a<br />
qualche arciere, stavano tornando all'accampamento<br />
che avevano allestito il giorno prima in uno spiazzo<br />
erboso, nel punto in cui due corsi d'acqua poco<br />
profon<strong>di</strong> ma piuttosto ampi si incontravano. La caccia<br />
non era stata fortunata quel giorno, ma non erano<br />
demoralizzati, e mentre sui loro pony <strong>di</strong> montagna<br />
attraversavano il mare d'erba alta intorno al poggio sul<br />
quale si trovava l'accampamento, stavano<br />
considerando l'idea <strong>di</strong> pescare qualche trota per la<br />
cena. Avevano appena raggiunto la cima quando<br />
videro un corriere che veniva verso <strong>di</strong> loro a spron<br />
battuto e capirono subito prima che li raggiungesse,<br />
che recava notizie importanti. Ma nessuno dei due<br />
avrebbe mai immaginato il contenuto del messaggio. Il<br />
re si era ferito gravemente cadendo dal Pensatoio,<br />
<strong>di</strong>sse l'uomo, e Uric doveva rientrare imme<strong>di</strong>atamente.<br />
Fin dal primo momento Uther lesse sul volto del<br />
padre un senso <strong>di</strong> frustrazione, poiché molte miglia e<br />
molte ore <strong>di</strong> viaggio li separavano da Tir Manha e il<br />
corriere non sapeva <strong>di</strong>r loro niente <strong>di</strong> più. Al momento<br />
dell'"incidente», infatti, si trovava lontano dal luogo in<br />
cui era avvenuto. Era semplicemente l'ultimo <strong>di</strong> una<br />
staffetta <strong>di</strong> quattro messaggeri che si tenevano pronti a
partire in qualsiasi momento per portare<br />
comunicazioni urgenti da un capo all'altro dei territori<br />
della Federazione, spostandosi a nord, sud, est e ovest<br />
<strong>di</strong> Tir Manha. I messaggi che venivano affidati a questi<br />
uomini erano sempre estremamente brevi e semplici, in<br />
modo da evitare <strong>di</strong>menticanze e confusioni. Ma Uric,<br />
preoccupato e spaventato per la salute <strong>di</strong> suo padre,<br />
voleva sapere come stavano le cose e nel giro <strong>di</strong> pochi<br />
istanti aveva già dato or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> levare le tende per<br />
partire imme<strong>di</strong>atamente. Lui e Uther erano i soli a<br />
montare a cavallo. Tutti gli altri - una trentina in totale<br />
- andavano a pie<strong>di</strong>, poiché si trattava <strong>di</strong> un'autentica<br />
battuta <strong>di</strong> caccia, e non <strong>di</strong> una semplice escursione. I<br />
due cavalieri dovevano subito prendere la strada per<br />
Tir Manha e lasciare che gli altri tenessero il proprio<br />
passo, se non volevano essere frenati dai più lenti della<br />
compagnia, i macellai, che avevano la responsabilità <strong>di</strong><br />
pulire, smembrare e trasportare la carne procurata dai<br />
cacciatori.<br />
Uther era sicuro che suo padre non avrebbe esitato<br />
ad abbandonare il resto del gruppo e partire per Tir<br />
Manha, ma temeva che decidesse <strong>di</strong> andare senza <strong>di</strong><br />
lui, ritenendolo troppo giovane per un viaggio così<br />
<strong>di</strong>fficile e pericoloso. Restavano ancora quattro ore <strong>di</strong><br />
luce, e in quell'intervallo i loro robusti pony <strong>di</strong><br />
montagna avrebbero potuto facilmente coprire oltre<br />
se<strong>di</strong>ci miglia, ossia metà della <strong>di</strong>stanza che li separava<br />
da casa. Ma lui sapeva che Uric non si sarebbe fatto<br />
fermare dall'oscurità. Avrebbe proseguito anche col<br />
buio, e con l'aiuto della luna e senza incontrare
ostacoli, all'alba avrebbe potuto essere vicino a casa.<br />
Era quel pensiero a preoccupare Uther, poiché il<br />
ragazzo temeva fortemente che Uric non avesse<br />
intenzione <strong>di</strong> rischiare la vita del suo unico figlio in un<br />
lungo e pericoloso viaggio notturno in un territorio<br />
sconosciuto.<br />
Ma se Uric aveva formulato quel pensiero, doveva<br />
averlo scacciato imme<strong>di</strong>atamente. Aveva ben altre cose<br />
per la testa. Si limitò a mandare subito Uther dal<br />
capocuoco a farsi riempire le bisacce <strong>di</strong> provviste<br />
sufficienti a padre e figlio, per quarantott'ore. Appena<br />
ottenuti i viveri, compresa un'abbondante quantità<br />
d'acqua potabile, Uther doveva munirsi <strong>di</strong> una faretra<br />
piena <strong>di</strong> frecce adatte al suo arco - una versione ridotta<br />
del grande arco lungo dei Pendragon costruita<br />
appositamente per lui dal fabbricante d'archi <strong>di</strong> suo<br />
nonno - e raggiungere il padre nella sua tenda il più<br />
rapidamente possibile. Nel giro <strong>di</strong> un quarto d'ora Uric<br />
voleva essere già in viaggio, e Uther non se lo fece<br />
ripetere due volte.<br />
Una volta partiti, spronarono i cavalli al galoppo<br />
badando però <strong>di</strong> non stancarli troppo, dato che non<br />
ne avevano che uno a testa. Poiché la caccia vera e<br />
propria si svolgeva a pie<strong>di</strong>, li avevano portati con sé<br />
unicamente per ragioni <strong>di</strong> como<strong>di</strong>tà e <strong>di</strong> piacere<br />
personale. Fecero quin<strong>di</strong> in modo <strong>di</strong> coprire la <strong>di</strong>stanza<br />
il più in fretta possibile senza sfinire i pony, tenendoli<br />
al passo per un miglio o due, poi incrementando<br />
l'andatura fino al piccolo trotto per un analogo tratto
e infine facendoli correre per un po', evitando un<br />
galoppo sostenuto che li avrebbe stroncati. Ogni ora<br />
smontavano per quin<strong>di</strong>ci minuti, per permettere agli<br />
animali <strong>di</strong> pascolare e ristorarsi.<br />
Uther aveva sperato <strong>di</strong> riuscire a parlare col padre<br />
più a lungo e con maggiore intimità una volta che<br />
fossero stati soli, ma capì che l'attenzione e i pensieri<br />
del genitore erano concentrati altrove. Gran parte<br />
delle domande che rivolse a Uric durante la prima ora<br />
<strong>di</strong> viaggio furono accolte da grugniti o da un assoluto<br />
silenzio, e le poche risposte che ricevette erano<br />
<strong>di</strong>stratte e incoerenti. Ben presto Uther si rassegnò e<br />
smise <strong>di</strong> parlare, restando da quel momento in<br />
compagnia dei suoi pensieri.<br />
Era evidente che le notizie provenienti da Tir Manha<br />
avevano profondamente turbato suo padre, anche se a<br />
Uther non erano sembrate affatto tragiche. Nonno<br />
Ullic era caduto dal suo Pensatoio e si era fatto male,<br />
ma lui non vedeva motivo <strong>di</strong> preoccuparsi più <strong>di</strong><br />
tanto. Aveva visto il Pensatoio un migliaio <strong>di</strong> volte e vi<br />
si era arrampicato sopra quand'era ancora molto<br />
piccolo, e l'idea che qualcuno, e soprattutto suo nonno<br />
Ullic, potesse ferirsi gravemente cadendo da quel<br />
masso gli sembrava ri<strong>di</strong>cola. Non più <strong>di</strong> cinque giorni<br />
prima, lo stesso Ullic si era seduto proprio sul bordo<br />
del Pensatoio a parlare con Uther. Al centro, il masso<br />
era alto probabilmente il doppio <strong>di</strong> un uomo, ma la<br />
sua superficie era enorme, almeno <strong>di</strong>eci passi <strong>di</strong><br />
larghezza per venti <strong>di</strong> lunghezza, e leggermente
ombata, come quella <strong>di</strong> un gigantesco uovo. Uther<br />
sapeva che era impossibile precipitare dal punto più<br />
alto della china. Eppure i consiglieri <strong>di</strong> Ullic non<br />
avrebbero mandato dei corrieri in cerca <strong>di</strong> suo padre<br />
senza un buon motivo. Ullic stesso li avrebbe scorticati<br />
vivi se avessero fatto una cosa del genere.<br />
L'ansia sul volto <strong>di</strong> Uric era sempre più visibile. A<br />
poco a poco il dolore e la preoccupazione <strong>di</strong>vennero<br />
così evidenti, che Uther stesso finì per attendersi il<br />
peggio e cominciò a rassegnarsi all'idea che re Ullic<br />
Pendragon potesse essere davvero in pericolo <strong>di</strong> vita a<br />
causa <strong>di</strong> insospettabili ferite.<br />
Nella sua breve vita, Uther aveva conosciuto tre<br />
personalità invincibili, inamovibili, inattaccabili: Ullic<br />
Pendragon, Uric Pendragon e Garreth il Fischiatore.<br />
Questi tre uomini erano i suoi eroi, e sulla loro<br />
in<strong>di</strong>struttibile presenza si fondava la sua stessa identità.<br />
Non aveva mai preso in considerazione l'idea che uno<br />
<strong>di</strong> loro potesse morire.<br />
Quando giunsero a casa, i loro timori trovarono<br />
conferma: il re era deceduto.<br />
Com'era consuetu<strong>di</strong>ne in questi casi, subito dopo<br />
aver confermato ufficialmente che il defunto era suo<br />
padre, Uric dovette prendere parte a una riunione del<br />
clan in cui venne formalmente riconosciuto come<br />
nuovo capo, ere<strong>di</strong>tando gli incarichi e il seggio <strong>di</strong> Ullic.<br />
Straziato, con la mente sconvolta dalla grave per<strong>di</strong>ta,<br />
Uric si mostrò poco entusiasta dei compiti che gli<br />
venivano assegnati e del tutto <strong>di</strong>sinteressato alla
cerimonia che accompagnava l'evento. Ma i drui<strong>di</strong><br />
l'avevano previsto e non si stupirono del suo<br />
atteggiamento, cosicché i riti e le formalità ufficiali<br />
della successione furono rapidamente compiuti e<br />
ratificati secondo la tra<strong>di</strong>zione drui<strong>di</strong>ca. Re Ullic<br />
Pendragon era morto da tre giorni e adesso Uric era<br />
capo dei Pendragon, erede legittimo del suo seggio.<br />
A questo pensava Uther mentre osservava il<br />
catafalco su cui era <strong>di</strong>steso il cadavere rivestito<br />
dell'armatura e pronto per la cerimonia funebre. Ullic<br />
Pendragon - ammesso che fosse ancora lui - giaceva<br />
supino, gli occhi chiusi da due ciottoli piatti, le mani<br />
incrociate sull'addome quasi a sfiorare l'elsa della<br />
spada, un'arma dalla lama corta forgiata<br />
personalmente per lui dal suo grande amico Publio<br />
Varro <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>, l'altro nonno <strong>di</strong> Uther. Era presente<br />
anche lui, seduto <strong>di</strong> fronte a Uther, affiancato dalla<br />
moglie Luceia Britannico Varro; entrambi scrutavano la<br />
salma in rispettoso silenzio, immersi nei propri<br />
pensieri.<br />
Era la prima volta che Uther si trovava <strong>di</strong> fronte alla<br />
morte, e fissando il cadavere del suo adorato nonno<br />
scoprì <strong>di</strong> essere incapace <strong>di</strong> provare quello strazio che<br />
pareva opprimere tutti coloro che lo circondavano.<br />
Aveva l'impressione <strong>di</strong> non sapere cosa fosse il dolore,<br />
<strong>di</strong> non essere in grado <strong>di</strong> soffrire. L'immagine <strong>di</strong> re Ullic<br />
<strong>di</strong>steso con le sue vesti sontuose sul catafalco posto<br />
nella Sala Grande, circondato da mazzi <strong>di</strong> fiori freschi,<br />
erbe aromatiche e rami <strong>di</strong> pino, gli appariva estranea.
Uther stentava a credere che fosse davvero il suo Tata.<br />
Tanto per cominciare, il naso sembrava troppo affilato<br />
e scarno, e le guance troppo livide e scavate, con dei<br />
solchi che il volto ridente del nonno non aveva mai<br />
avuto. E soprattutto quest'uomo, chiunque fosse, era<br />
visibilmente più basso <strong>di</strong> Ullic Pendragon. <strong>Le</strong> braccia,<br />
sebbene ornate dei familiari bracciali <strong>di</strong> cuoio con<br />
cesellature d'argento, erano molto più sottili, molto<br />
più magre dei massicci avambracci <strong>di</strong> Ullic, e le mani<br />
scheletriche avevano la pelle trasparente, con macchie<br />
brune sul dorso. <strong>Le</strong> mani <strong>di</strong> Ullic erano enormi e piene<br />
<strong>di</strong> vita, forti e abili in tutto ciò che facevano. Persino la<br />
barba del defunto appariva <strong>di</strong>versa da quella del re. La<br />
barba del re era grigio ferro, un cespuglio fitto e irsuto<br />
che proteggeva la bocca, il mento e il collo dal vento e<br />
dallo sguardo delle altre persone. Quella del morto era<br />
triste e rada, <strong>di</strong>messa e grossolana.<br />
Uther non era affatto convinto che il defunto fosse<br />
re Ullic Pendragon.<br />
Capiva, però, che tutti gli altri lo credevano. Gli<br />
occhi <strong>di</strong> sua madre erano gonfi e arrossati dalle<br />
lacrime. Non aveva fatto altro che piangere da quando<br />
lui e suo padre erano tornati dal loro viaggio, e non<br />
aveva ancora smesso. Anche suo padre aveva pianto,<br />
sebbene Uther facesse fatica a crederlo: bastava<br />
guardare i suoi occhi. Erano rossi e gonfi come quelli<br />
della moglie, e il suo volto era macchiato <strong>di</strong> fuliggine<br />
poiché era rimasto accoccolato per ore davanti al<br />
focolare, avvolto dalle spire <strong>di</strong> fumo con gli occhi fissi
sulle braci, asciugandosi <strong>di</strong> tanto in tanto con il dorso<br />
della mano, le lacrime che gli scorrevano sulle guance.<br />
I nonni <strong>di</strong> Uther avevano portato con sé da <strong>Camelot</strong><br />
anche Cai, affinché rendesse omaggio al sovrano<br />
defunto che era suo zio, il fratello maggiore <strong>di</strong> Enid, la<br />
madre che Cai non aveva mai conosciuto. In quel<br />
momento il ragazzo era seduto <strong>di</strong>etro al cugino, alla<br />
sua sinistra. Con una rapida occhiata alle sue spalle,<br />
Uther si accorse che Cai aveva gli occhi chiusi, e pensò<br />
subito che si fosse addormentato, stanco del frettoloso<br />
e inatteso viaggio da <strong>Camelot</strong>. Gli venne in mente la<br />
buffa immagine <strong>di</strong> Cai che russava sonoramente e poi<br />
si svegliava <strong>di</strong> soprassalto scandalizzando tutti quanti,<br />
famiglia e drui<strong>di</strong>, e faticò non poco a soffocare<br />
l'impulso <strong>di</strong> scoppiare in una sonora risata. Non voleva<br />
ridere, ma non riusciva a contenere la sua ilarità, e il<br />
pensiero <strong>di</strong> fare una figuraccia <strong>di</strong> fronte a tutti lo<br />
terrorizzava.<br />
Preso dalla <strong>di</strong>sperazione, nel tentativo frenetico <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>rigere altrove i suoi pensieri Uther fissò il feretro e<br />
cercò <strong>di</strong> concentrarsi su tutte le tra<strong>di</strong>zioni funebri che<br />
conosceva. Tutti morivano, lo sapeva, ma per qualche<br />
motivo non si era mai reso conto prima <strong>di</strong> allora che<br />
fra i «tutti» c'erano anche i membri della sua famiglia.<br />
Ullic Pendragon non era che il primo ad andarsene<br />
nella vita <strong>di</strong> Uther, ma ora, osservando la salma del<br />
nonno, il ragazzo si rese conto per la prima volta che<br />
anche Ullic Pendragon, nella sua vita, aveva dovuto<br />
<strong>di</strong>re ad<strong>di</strong>o ai propri cari... ai nonni, nati più <strong>di</strong>
cent'anni prima della sua morte, e poi ai genitori. E per<br />
la prima volta accettò anche l'idea che proprio come<br />
Uric Pendragon piangeva ora la morte <strong>di</strong> suo padre<br />
Ullic, anch'egli avrebbe dovuto un giorno piangere<br />
quella <strong>di</strong> Uric e della mamma Veronica, e <strong>di</strong> quella<br />
coppia adorabile che erano i genitori <strong>di</strong> sua madre.<br />
Tutti erano destinati a morire.<br />
L'idea <strong>di</strong> una per<strong>di</strong>ta così grave e dolorosa lo scosse<br />
a tal punto che tentò con tutte le sue forze <strong>di</strong> <strong>di</strong>strarsi<br />
e tornò col pensiero ai vari trattamenti riservati ai<br />
corpi dei defunti. Si sforzò <strong>di</strong> concentrarsi su<br />
quell'argomento, ripromettendosi <strong>di</strong> sgombrare la sua<br />
mente da qualsiasi altra cosa che non fossero le<br />
cerimonie legate a un decesso.<br />
Il fatto che tutti morissero comportava la logica<br />
necessità <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre delle loro spoglie. Era un pensiero<br />
nuovo e sconvolgente per Uther. Fissò la gente riunita<br />
intorno a lui per <strong>di</strong>re ad<strong>di</strong>o a re Ullic e fece una rapida<br />
stima del numero dei presenti. Erano oltre un<br />
centinaio, e tutti destinati a morire, prima o poi.<br />
«Quante persone», pensò. «Quanta morte. Come ho<br />
fatto ad arrivare fino a oggi senza imbattermi in<br />
cadaveri dappertutto?»<br />
Tutti morivano, e per quanto strano potesse<br />
sembrare, coloro che restavano in vita riuscivano ad<br />
accettarlo e a occuparsi dei resti dei defunti. E le varie<br />
popolazioni dei luoghi che aveva conosciuto nella sua<br />
breve vita lo facevano apparentemente in modo<br />
<strong>di</strong>verso. Uther sapeva, perché ne aveva <strong>di</strong>scusso con
Cai qualche anno prima, che a <strong>Camelot</strong> gran parte<br />
delle persone venivano tumulate secondo la tra<strong>di</strong>zione<br />
militare romana. Di solito i cadaveri venivano sepolti<br />
in posizione verticale, in pie<strong>di</strong> se si trattava <strong>di</strong> uomini,<br />
seduti se erano donne. Nessuno degli adulti ai quali si<br />
era rivolto, compreso suo nonno Varro, era stato in<br />
grado <strong>di</strong> spiegargli il perché, ma alcuni, dopo aver<br />
<strong>di</strong>scusso fra loro, avevano ipotizzato che l'usanza della<br />
sepoltura verticale risalisse ai primi tempi<br />
dell'espansione e delle conquiste in terra straniera della<br />
Repubblica romana, quando esisteva ancora la<br />
necessità quoti<strong>di</strong>ana <strong>di</strong> scavare buche per le palizzate<br />
delle fortificazioni, e talvolta per cercare acqua. A tal<br />
fine le unità dell'esercito portavano con sé, nelle<br />
carovane dei rifornimenti, delle trivelle <strong>di</strong> ferro larghe<br />
quanto le spalle <strong>di</strong> un uomo. Questi strumenti,<br />
manovrati da due uomini, erano in grado <strong>di</strong> produrre<br />
dei fori verticali nel terreno soffice. E una volta scavata<br />
una buca cilindrica, era possibile calarci un cadavere e<br />
ricoprirlo velocemente lasciando una tomba stretta e<br />
verticale che per i nemici era più <strong>di</strong>fficile da<br />
in<strong>di</strong>viduare rispetto a una fossa orizzontale. A quanto<br />
pareva, questo aspetto aveva una certa importanza in<br />
epoca precristiana, quando i nemici in cerca <strong>di</strong><br />
vendetta avevano l'abitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> cercare e <strong>di</strong>sseppellire i<br />
soldati morti, sapendo che una tomba profanata<br />
avrebbe impe<strong>di</strong>to al defunto <strong>di</strong> avere accesso agli<br />
Inferi.<br />
Per la sepoltura <strong>di</strong> un maggior numero <strong>di</strong> persone i<br />
Romani facevano uso <strong>di</strong> fosse comuni, in cui i cadaveri
venivano ricoperti <strong>di</strong> calce viva per agevolare il<br />
processo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssoluzione e per assorbire il fetore della<br />
carne in decomposizione.<br />
Uther aveva imparato dall'esperienza e<br />
dall'osservazione <strong>di</strong>retta che in Cambria la maggior<br />
parte della gente comune non veniva seppellita, ma<br />
avvolta strettamente in lini o fettucce <strong>di</strong> cuoio e messa<br />
a giacere su piattaforme funerarie issate tra i rami degli<br />
alberi sacri, affinché la loro carne venisse consumata<br />
dalle creature e dagli spiriti dell'aria e le loro ossa<br />
ripulite dal vento e dalla pioggia. I membri <strong>di</strong> famiglie<br />
nobili e i drui<strong>di</strong>, invece, venivano <strong>di</strong> solito arsi dopo la<br />
morte - anche se le eccezioni alla regola erano<br />
frequenti - e il fumo e i residui del rogo venivano<br />
offerti in sacrificio a tutti gli dèi del pantheon<br />
cambriano.<br />
I gran<strong>di</strong> capi e i re celti, tuttavia, subivano un<br />
<strong>di</strong>verso trattamento. Da tempo immemorabile,<br />
venivano posti a riposare all'interno <strong>di</strong> tumuli, <strong>di</strong>more<br />
costruite interamente nel sottosuolo che venivano<br />
riempite <strong>di</strong> tutto ciò <strong>di</strong> cui l'occupante poteva aver<br />
bisogno durante il suo passaggio a un'altra vita e<br />
sigillate per proteggerle dalla curiosità dei vivi. Così<br />
sarebbe stato sepolto Ullic Pendragon il terzo giorno<br />
dopo la sua morte, e la presenza delle sue spoglie<br />
terrene, protette dal tumulo, avrebbe assicurato<br />
benessere al suo popolo. Sarebbe sceso da solo nella<br />
tomba con le sue vesti migliori e l'armatura, e le sue<br />
armi sarebbero state sepolte con lui. Uther sapeva che
in un passato antichissimo schiavi e servi venivano<br />
uccisi e sigillati nel tumulo insieme al re, per servirlo e<br />
proteggerlo nel suo cammino attraverso il Paese dei<br />
Morti, Il grande elmo da guerra <strong>di</strong> Ullic, la Corona<br />
d'Aquila realizzata per lui in quanto capo dei guerrieri -<br />
un titolo che si otteneva soltanto per il valore<br />
<strong>di</strong>mostrato in battaglia e non aveva nulla a che fare<br />
con quello ere<strong>di</strong>tario <strong>di</strong> capoclan - sarebbe sceso nella<br />
tomba con lui, per in<strong>di</strong>care il suo rango agli spiriti che<br />
avrebbe incontrato nei suoi viaggi. Nessun altro<br />
l'avrebbe più indossata dopo la morte <strong>di</strong> Ullic, e il<br />
futuro capo dei guerrieri della Federazione dei<br />
Pendragon avrebbe avuto una sua Corona d'Aquila<br />
forgiata in modo che si adattasse perfettamente alla<br />
sua testa, com'era tra<strong>di</strong>zione.<br />
I drui<strong>di</strong> intonarono un mesto canto funebre, e il<br />
fumo acre degli aghi <strong>di</strong> pino e del vischio che<br />
bruciavano fece tossire Uther strappandolo alle sue<br />
fantasticherie. Di fronte a lui, oltre il feretro del re, uno<br />
scintillio nella fioca luce attirò la sua attenzione. Era un<br />
pendaglio d'oro posato sul seno <strong>di</strong> sua nonna. Lo<br />
osservò attentamente, poi risalì con lo sguardo fino<br />
alla spalla <strong>di</strong> lei e allo scialle che le copriva i lunghi<br />
capelli. Era <strong>di</strong> un blu scuro, intenso, e si accompagnava<br />
a un abito <strong>di</strong> tonalità più chiara e ancor più brillante,<br />
creando un contrasto che enfatizzava il colore e la<br />
trama dei due tessuti ed esaltava lo splendore degli<br />
occhi azzurri <strong>di</strong> Luceia Varro. Uther non aveva idea <strong>di</strong><br />
quanti anni avesse sua nonna, ma <strong>di</strong> colpo capì che,<br />
malgrado la sua età, Luceia Varro era la più bella fra
tutte le donne presenti al funerale del re. Guardò<br />
Publio Varro seduto accanto a lei e un rapido pensiero<br />
gli attraversò la mente. Come in tutte le occasioni<br />
formali o <strong>di</strong> festa, il nonno indossava uno degli abiti <strong>di</strong><br />
foggia militaresca che la moglie confezionava per lui. Il<br />
vestito, scuro e severo come richiedevano le<br />
circostanze, era fatto <strong>di</strong> morbida pelle marrone<br />
ricamata, ed era ricoperto da un altro indumento<br />
composto <strong>di</strong> lucide placche <strong>di</strong> cuoio, cucite insieme in<br />
modo da creare l'effetto ornamentale <strong>di</strong> un'armatura.<br />
Publio Varro aveva un aspetto magnifico. Lui e sua<br />
moglie si <strong>di</strong>stinguevano da tutti gli altri per gli abiti che<br />
portavano e il modo in cui li indossavano, e questa<br />
constatazione fece riaffiorare in Uther il senso <strong>di</strong> colpa<br />
che lo affliggeva ogni volta che tornava da <strong>Camelot</strong> a<br />
Tir Manha. In quelle occasioni aveva sempre la<br />
sensazione <strong>di</strong> tornare dalla luce all'oscurità, dal riso alla<br />
tristezza, da una felicità senza pensieri a una<br />
con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> ansia e inquietu<strong>di</strong>ne perenni. Publio e<br />
Luceia Varro spiccavano come gazze tra le taccole,<br />
brillavano come falò in mezzo al grigiore <strong>di</strong> tutti<br />
coloro che avevano intorno, compresi i genitori <strong>di</strong><br />
Uther che erano fra quelli meglio vestiti. Il ragazzo<br />
osservò con sguardo critico la folla dei partecipanti alla<br />
cerimonia e avvertì l'ennesima fitta del solito senso <strong>di</strong><br />
colpa, ma questa volta riuscì a ignorarla. Tata Ullic era<br />
morto e lui non l'avrebbe mai più rivisto, ma il fatto<br />
era stato meno terribile <strong>di</strong> quanto avesse temuto. Non<br />
provava quasi nessun dolore. E l'indomani suo nonno<br />
sarebbe stato sepolto e tutti sarebbero tornati alle
proprie case. E soprattutto, lui sarebbe tornato a<br />
<strong>Camelot</strong> con Cai.<br />
Il canto dei drui<strong>di</strong> raggiunse il suo apice e poi<br />
rapidamente si spense. Uther incrociò le braccia sul<br />
petto e si inchinò davanti al feretro insieme al Capo<br />
druido e a tutti gli altri, salutando per l'ultima volta<br />
Ullic il re.<br />
Nel giro <strong>di</strong> un mese, su sollecitazione del Capo<br />
druido, i sette Capi della Federazione dei Pendragon si<br />
riunirono per eleggere un nuovo re che prendesse il<br />
posto <strong>di</strong> Ullic. La loro scelta unanime cadde sul padre<br />
<strong>di</strong> Uther, Uric, che fu l'unico a esserne sorpreso.
PARTE SECONDA<br />
CONSAPEVOLEZZA
Salute a te, figlia mia,<br />
tuo padre e io stiamo bene, meglio <strong>di</strong> quanto ci<br />
consentirebbe la nostra età, e per questo ren<strong>di</strong>amo<br />
grazie a Dio. Stamattina Uther è venuto a <strong>di</strong>rci ad<strong>di</strong>o e<br />
a comunicarci che domani tornerà a casa. È stata la sua<br />
statura e la rapi<strong>di</strong>tà con cui, da bambino che era, si è<br />
fatto uomo a metterci <strong>di</strong> fronte al fatto che stiamo<br />
rapidamente invecchiando, la sua visita, inoltre, mi ha<br />
ricordato che ancora una volta le stagioni sono passate<br />
e che, se voglio scriverti entro quest'anno, devo farlo<br />
oggi.<br />
Spero che ti vada tutto bene a Tir Manha. Uther<br />
sostiene che le montagne sono splen<strong>di</strong>de laggiù in<br />
questo periodo, ma ascoltandolo ho avuto la<br />
sensazione che lo <strong>di</strong>cesse soltanto per fare<br />
conversazione e per mostrarsi gentile verso i suoi<br />
nonni. Anche tuo padre la pensa come me, ed<br />
entrambi abbiamo avuto la netta impressione che<br />
quest'anno nostro nipote sia restio a lasciarci. La<br />
spiegazione è semplice e non deriva da una scarsa<br />
voglia <strong>di</strong> tornare in Cambria. Quest'anno, forse per la<br />
prima volta, Uther si separa malvolentieri dalle ragazze<br />
<strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>, e da una <strong>di</strong> loro in particolare. Si chiama<br />
Jessica ed è venuta qui in visita con suo padre, un<br />
vecchio amico <strong>di</strong> Vico che ora vive in Gallia. È<br />
abbastanza graziosa da aver fatto girare la testa sia a<br />
Uther sia a Cai, suscitando fra loro una forma <strong>di</strong><br />
rivalità del tutto nuova. Sospetto che il mio caro<br />
nipote tema <strong>di</strong> abbandonare il campo incontrastato al
suo amato cugino, senza rendersi conto che le sue<br />
paure sono immotivate. Jessica partirà per la Gallia<br />
entro la settimana, e non credo che tornerà più qui,<br />
poiché suo padre non gode <strong>di</strong> buona salute. Ahimè, ai<br />
giovani l'amore appare sempre immortale. Ho voluto<br />
scriverti questo in modo che non ti preoccupi troppo<br />
se dovessi notare un certo languore o turbamento in<br />
tuo figlio al suo ritorno. Potrebbe essere<br />
semplicemente una pena d'amore, e se è così gli<br />
passerà. Non ha ancora conosciuto l'amore fisico, per<br />
quel che credo. Jessica è una bambina innocente e so<br />
che in questo senso i suoi genitori la controllano tanto<br />
quanto Uther e Cai si sono controllati a vicenda.<br />
Ma come ti ho detto, quest'anno i due ragazzi sono<br />
cresciuti, passando dall'infanzia all'adolescenza quasi da<br />
un momento all'altro. È <strong>di</strong>fficile credere che siano<br />
passati già quin<strong>di</strong>ci anni da quand'erano solo dei<br />
neonati. Ad<strong>di</strong>o, mia cara Veronica, spero che avremo<br />
modo <strong>di</strong> rivederci presto. Sappi che sei presente nei<br />
nostri pensieri e nelle nostre preghiere ogni giorno, e<br />
che tuo padre e io siamo orgogliosi del nipote che ci<br />
hai regalato.<br />
LV
VII.<br />
Mairidh stava sognando il ragazzo quando fu<br />
svegliata dal cavallo che sbuffava e tirava calci, e tentò<br />
<strong>di</strong> resistere alla realtà che si imponeva su <strong>di</strong> lei<br />
rifiutandosi <strong>di</strong> aprire gli occhi. La massa, il calore,<br />
l'odore dell'uomo <strong>di</strong>steso al suo fianco e il peso del suo<br />
braccio sul seno non le davano alcun piacere, e lei si<br />
rifiutò <strong>di</strong> guardarlo, sapendo che nell'attimo stesso in<br />
cui l'avesse fatto sarebbe iniziato per lei un nuovo<br />
giorno pieno <strong>di</strong> dolore, paura e violenza. L'uomo<br />
russava leggermente, sfiorandole il petto con il suo<br />
respiro e nauseandola con il suo fetore. Il Porco.<br />
Vedendolo le era subito venuto in mente quel nome, e<br />
non ne aveva trovato un altro con cui poterlo<br />
sostituire. Aveva perso il conto <strong>di</strong> quante volte lui e il<br />
suo compare l'avevano posseduta il giorno e la notte<br />
precedenti, sembravano entrambi insaziabili. Ora<br />
capiva, dalla pressione della sua erezione mattutina<br />
contro il fianco, che non appena si fosse svegliato le<br />
sarebbe <strong>di</strong> nuovo saltato addosso.<br />
Mairidh non era vergine. Aveva avuto la sua parte<br />
<strong>di</strong> uomini e, secondo alcuni, ben più della sua parte, e<br />
goduto a pieno dei piaceri del corpo. Questi due<br />
in<strong>di</strong>vidui, però, l'avevano rapita dopo aver ucciso il<br />
ragazzo. L'avevano malmenata e portata via con loro,<br />
costringendola a correre <strong>di</strong>etro al suo cavallo mentre
loro montavano il povero animale. L'avevano legata<br />
con una corda troppo corta, esponendola<br />
continuamente al rischio <strong>di</strong> essere colpita da uno<br />
zoccolo. Più volte era caduta facendosi trascinare dalla<br />
corda, ma persino le percosse che le avevano inferto<br />
per punirla <strong>di</strong> aver rallentato la loro corsa erano<br />
preferibili all'agonia <strong>di</strong> inciampare e barcollare <strong>di</strong>etro il<br />
cavallo, con le mani legate. Alla fine era caduta in uno<br />
stato <strong>di</strong> esausto torpore nel quale il suo corpo correva<br />
meccanicamente, mentre la mente perdeva coscienza<br />
<strong>di</strong> ciò che accadeva.<br />
Avevano ucciso il ragazzo, ed era stata lei a renderlo<br />
possibile. Il rapimento e lo stupro erano stati la sua<br />
punizione imme<strong>di</strong>ata e inevitabile, e sebbene la sua<br />
complicità nell'omici<strong>di</strong>o fosse stata involontaria, per un<br />
po' lei aveva pensato che ci fosse una sorta <strong>di</strong> arcana<br />
giustizia in tutto ciò. Era un così bel ragazzo, e lei lo<br />
aveva spinto verso la morte.<br />
Alla fine, quando i due rapitori si erano convinti <strong>di</strong><br />
essere abbastanza lontani dalla scena del delitto, si<br />
erano accampati e avevano acceso un fuoco, legando<br />
Mairidh a un albero mentre il tizio più alto andava a<br />
dare un'occhiata in giro per verificare che fossero nel<br />
posto giusto e che non corressero pericoli. Era tornato<br />
subito e con un sorriso e un cenno del capo aveva<br />
informato il compagno che era tutto a posto, e che<br />
potevano abbassare la guar<strong>di</strong>a e rilassarsi. Avevano<br />
fatto i propri bisogni sotto gli occhi <strong>di</strong> lei e avevano<br />
mangiato senza darle niente. Poi avevano dato inizio
al festino.<br />
Avevano gettato i da<strong>di</strong> per stabilire chi l'avrebbe<br />
avuta per primo e aveva vinto il più basso, il Porco,<br />
quello che ora giaceva alla sua destra. L'altro l'aveva<br />
tenuta inchiodata a terra inginocchiandosi sulle sue<br />
braccia. Dapprima Mairidh aveva lottato, ma loro<br />
l'avevano picchiata a sangue, spaccandole il naso e le<br />
labbra, e alla fine lei si era arresa ed era rimasta<br />
immobile, svuotando la mente da qualunque<br />
immagine tranne quella del volto benevolo <strong>di</strong> suo<br />
marito, mentre loro la prendevano uno dopo l'altro<br />
più volte, eccitandosi a vicenda anche quando lei<br />
pensava che non potessero più reggere a tanta lussuria.<br />
Infinite volte, negli ultimi <strong>di</strong>eci anni, Mairidh e suo<br />
marito Balin avevano <strong>di</strong>scusso gli effetti <strong>di</strong> una simile<br />
eventualità, che era molto concreta visti i lunghi viaggi<br />
che affrontavano insieme. A quei tempi le strade erano<br />
insicure in tutta la Britannia, la campagna pullulava <strong>di</strong><br />
bande <strong>di</strong> uomini e donne <strong>di</strong>sperati e senza tetto, e<br />
chiunque fosse in procinto <strong>di</strong> allontanarsi da casa<br />
doveva prendere in seria considerazione l'ipotesi <strong>di</strong><br />
ruberie, rapimenti e violenze durante il cammino. Di<br />
conseguenza, la gente evitava <strong>di</strong> spostarsi in piccoli<br />
gruppi, e preferiva aspettare e muoversi nella relativa<br />
sicurezza <strong>di</strong> una compagnia più numerosa. <strong>Le</strong> donne,<br />
come sempre, erano le più vulnerabili.<br />
Balin aveva insistito fino alla noia sulla necessità che<br />
Mairidh considerasse in anticipo e con realismo tutte le<br />
possibili conseguenze <strong>di</strong> una simile <strong>di</strong>savventura. Il
pericolo maggiore e più ovvio riguardava la sua vita:<br />
poteva essere uccisa mentre tentava <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendersi, in un<br />
tentativo <strong>di</strong> violenza, o nel corso <strong>di</strong> una rapina.<br />
Comunque andasse, la morte avrebbe messo la parola<br />
fine a tutto. In secondo luogo veniva la sua salute:<br />
potevano romperle le ossa o ledere i suoi organi<br />
interni; potevano sfregiarla o mutilarla al punto da<br />
renderla irriconoscibile; oppure, ipotesi ancor più<br />
sgradevole, potevano trasmetterle una malattia<br />
spaventosa e incurabile. Una volta, quand'era<br />
bambina, Mairidh si era trovata <strong>di</strong> colpo davanti a un<br />
lebbroso con il volto devastato orribilmente dal<br />
morbo. Credeva <strong>di</strong> aver <strong>di</strong>menticato quell'incidente,<br />
ma quando Balin aveva iniziato quei <strong>di</strong>scorsi, per<br />
<strong>di</strong>versi mesi lei aveva fatto sogni terrificanti nei quali<br />
veniva violentata da una serie <strong>di</strong> lebbrosi, tutti sfigurati<br />
come la sventurata creatura nella quale si era<br />
imbattuta.<br />
Allora aveva reagito arrabbiandosi con il marito per<br />
quella che riteneva una vera e propria ossessione del<br />
coniuge, ma ora capiva la sua preoccupazione e gliene<br />
era grata.<br />
Anni prima <strong>di</strong> incontrare Mairidh, Balin aveva<br />
conosciuto una giovane donna castissima e<br />
profondamente devota alla religione cristiana. La<br />
fanciulla era caduta nelle mani <strong>di</strong> alcuni briganti che<br />
l'avevano ripetutamente picchiata e violentata prima <strong>di</strong><br />
abbandonarla, nuda e sola, sul ciglio <strong>di</strong> una strada<br />
lontano da casa. La dubbia fortuna <strong>di</strong> aver avuto salva
la vita non le fu <strong>di</strong> grande aiuto, poiché fu intercettata<br />
da una squadra <strong>di</strong> legionari romani <strong>di</strong>sertori in fuga<br />
verso le montagne: ciò accadeva nel Nord quasi<br />
vent'anni prima, durante gli ultimi giorni<br />
dell'occupazione romana in Britannia. Quei furfanti<br />
abusarono <strong>di</strong> lei con brutalità ancor maggiore dei suoi<br />
precedenti rapitori, ma anch'essi la lasciarono in vita<br />
quando se ne andarono.<br />
Alla fine fu Balin a trovarla, mezza morta, mentre<br />
passava da quelle parti accompagnato da una<br />
numerosa scorta armata. Balin si prese cura della<br />
giovane donna, or<strong>di</strong>nando imme<strong>di</strong>atamente ai suoi<br />
uomini <strong>di</strong> accamparsi e <strong>di</strong> provvedere alle necessità<br />
della sventurata riportandola in salute. Per più <strong>di</strong> una<br />
settimana - un arco <strong>di</strong> tempo irrilevante per lui, che<br />
non aveva fretta <strong>di</strong> arrivare in alcun posto - rimasero<br />
fermi in attesa che la donna si ristabilisse e riprendesse<br />
coscienza, e quando lei si sentì abbastanza in forze,<br />
Balin andò a trovarla nella sua tenda e si fece<br />
raccontare la sua storia. <strong>Le</strong>i rispose a tutte le domande,<br />
rivelandogli la sua identità e il luogo da cui veniva, ma<br />
l'uomo notò che sembrava <strong>di</strong>vorata da un senso <strong>di</strong><br />
colpa, come se tutte le sventure che le erano capitate<br />
fossero state in qualche modo opera sua.<br />
Balin tentò <strong>di</strong> confortarla e <strong>di</strong> rasserenarla, poiché<br />
capiva che quell'evento aveva inflitto alla sua mente<br />
ferite ben più gravi <strong>di</strong> quelle fisiche. Il corpo già<br />
cominciava a guarire, i livi<strong>di</strong> cambiavano colore e<br />
sbia<strong>di</strong>vano, un segno <strong>di</strong> netto miglioramento. Ma la
mente, secondo lui, non faceva altrettanti progressi.<br />
Balin parlò a lungo con lei nel corso delle tre notti che<br />
la donna passò nel suo accampamento durante la<br />
convalescenza, e in quelle occasioni prestò la massima<br />
attenzione a starle lontano e a evitare ogni contatto<br />
accidentale, perché aveva notato il terrore che la<br />
assaliva tutte le volte che lui si avvicinava. In quelle tre<br />
notti le parlò a voce bassa, mantenendo volutamente<br />
un tono dolce e tranquillizzante.<br />
Cercò <strong>di</strong> convincerla che non aveva nessuna colpa <strong>di</strong><br />
ciò che era successo, ma si rese perfettamente conto<br />
che lei era sorda alle sue rassicurazioni.<br />
La mattina del quarto giorno, scoprì che la donna si<br />
era uccisa durante la notte, incapace <strong>di</strong> sopportare il<br />
senso <strong>di</strong> colpa che la tormentava.<br />
Mairidh sapeva che Balin non si era mai ripreso da<br />
quell'incidente. E quando anni dopo,<br />
inaspettatamente, aveva avuto la fortuna <strong>di</strong> trovare<br />
una moglie bella e intelligente, <strong>di</strong> qualche decina<br />
d'anni più giovane <strong>di</strong> lui, si era adoperato affinché lei<br />
non sviluppasse mai un senso <strong>di</strong> colpa così paralizzante<br />
e inconsolabile, e la sua preoccupazione aveva finito<br />
per trasformarsi in una vera ossessione.<br />
La funzione degli ambasciatori e dei messaggeri è<br />
quella <strong>di</strong> viaggiare e portare messaggi in luoghi lontani.<br />
Balin doveva viaggiare, e Mairidh insisteva per andare<br />
con lui. Così Balin aveva deciso <strong>di</strong> catechizzare sua<br />
moglie, spiegandole che non avrebbe mai dovuto<br />
sentirsi colpevole se fosse stata violentata o costretta a
apporti sessuali da qualcuno.<br />
Balin le aveva insegnato che il suo corpo non era<br />
altro che un recipiente che conteneva ciò che i Romani<br />
chiamavano animus, la sua anima. In quanto tale, il<br />
suo corpo poteva essere <strong>di</strong>strutto o mutilato, ma la sua<br />
anima era immortale e immune da tutte le malvagità<br />
terrene. Ora Mairidh sapeva e accettava il fatto che<br />
nulla <strong>di</strong> ciò che quei due uomini potevano farle<br />
avrebbe cambiato la sua vera essenza. Potevano<br />
ucciderla, ed era probabile che lo facessero, ma al<br />
momento della sua morte avrebbero perso ogni potere<br />
<strong>di</strong> farle del male. Un'altra ipotesi era che deponessero<br />
in lei un seme fertile. In tal caso, esistevano varie<br />
possibilità, compresa quella <strong>di</strong> partorire il bambino e<br />
farlo allevare da qualcun altro. Potevano anche far del<br />
male al suo corpo, ma il dolore sarebbe passato. Non<br />
potevano però far del male alla sua mente, a meno<br />
che non fosse lei stessa a permetterlo, e ciò non<br />
sarebbe accaduto. Subire l'oltraggio della loro lussuria e<br />
brutalità era un inconveniente, nulla <strong>di</strong> più. Il tanfo dei<br />
loro corpi luri<strong>di</strong> sarebbe stato lavato via con l'acqua. I<br />
segni delle percosse sarebbero svaniti, e il ricordo della<br />
loro abiezione sarebbe sfumato.<br />
L'unico segno duraturo <strong>di</strong> quella <strong>di</strong>savventura, si rese<br />
conto, sarebbe stato il rimpianto per quel bel ragazzo.<br />
Ora Mairidh giaceva nuda per terra, le braccia tese<br />
sopra la testa perché le avevano <strong>di</strong> nuovo legato i polsi<br />
assicurando la fune ben tesa all'albero <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> lei.<br />
Riusciva a malapena a respirare in quel modo, e ancor
meno a muoversi. L'erba rada sulla quale era <strong>di</strong>stesa<br />
non attutiva le asperità del terreno, e Mairidh non<br />
aveva mai sofferto tanto. <strong>Le</strong> braccia erano l'ultimo dei<br />
suoi problemi: presto <strong>di</strong>vennero insensibili, e fu<br />
cosciente della loro presenza solo per un costante<br />
tormento alle spalle che si trasformava in uno spasmo<br />
lancinante quando tentava <strong>di</strong> muoversi. Il resto del suo<br />
corpo era una massa <strong>di</strong> singoli dolori e agonie:<br />
abrasioni provocate dalla corda sui polsi e una serie<br />
interminabile <strong>di</strong> livi<strong>di</strong>, escoriazioni, contusioni,<br />
ematomi e vesciche, tagli e scalfitture. Su ginocchia,<br />
caviglie, fianchi, cosce e bacino, la pelle si era lacerata<br />
in vari punti quand'era caduta ed era stata trascinata<br />
dal cavallo in corsa. Guance e sopracciglia le dolevano<br />
per i pugni ricevuti quando aveva tentato <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendersi,<br />
e le costole e i fianchi conservavano traccia dei calci<br />
con cui l'avevano costretta a rialzarsi ogni volta che<br />
crollava.<br />
Durante la notte aveva temuto <strong>di</strong> morire <strong>di</strong> freddo,<br />
ma quando l'uomo più basso si era alzato per pisciare<br />
e per aggiungere altra legna sul fuoco si era accorto<br />
che Mairidh tremava <strong>di</strong>stesa sull'erba. Si era fermato a<br />
osservarla per qualche istante, poi si era <strong>di</strong> nuovo<br />
gettato su <strong>di</strong> lei trascinandosi <strong>di</strong>etro una coperta<br />
puzzolente. Dopo era caduto in un sonno profondo e<br />
lentamente era scivolato al suo fianco, con un braccio<br />
e una gamba appoggiati su <strong>di</strong> lei. Mairidh non aveva<br />
osato muoversi per paura <strong>di</strong> svegliarlo e aveva finito<br />
per addormentarsi.
Ora non riusciva più a prendere sonno, e il dolore<br />
alle braccia si era fatto insopportabile. Aveva anche la<br />
vescica piena, ormai da ore. Sapeva che non avrebbe<br />
potuto resistere ancora per molto, era troppo<br />
doloroso. Ma agitandosi avrebbe svegliato il Porco,<br />
avrebbe dovuto accovacciarsi <strong>di</strong> fronte a lui, nuda, e la<br />
pressione del membro maschile sul suo fianco non<br />
lasciava alcun dubbio sulle conseguenze. A quel punto<br />
si sarebbe svegliato anche l'altro, che era anche<br />
peggiore del compagno.<br />
Il Porco si stiracchiò e si fece più vicino, facendole<br />
scivolare una gamba massiccia lungo la coscia fino al<br />
ventre e posandola sulla vescica gonfia <strong>di</strong> Mairidh. <strong>Le</strong>i<br />
non riuscì più a resistere al dolore e alla pressione e si<br />
arrese, e quando sentì il liquido caldo inondarle le<br />
cosce provò un sollievo quasi simile a un orgasmo.<br />
Non emise un suono, e quando il sentore dell'urina<br />
raggiunse le sue narici, le parve più dolce del puzzo <strong>di</strong><br />
capra del suo rapitore. Ma il calore svanì rapidamente<br />
dalla pelle bagnata e si trasformò in gelo. «Fa che non<br />
se ne accorga!» pregò. «Fa che non si svegli!»<br />
Sapeva che ce n'erano altri nelle vicinanze. L'aveva<br />
capito ascoltando quei due il giorno prima. Avevano<br />
parlato poco, e in un <strong>di</strong>aletto che lei non conosceva,<br />
ma era riuscita ad afferrare che facevano parte <strong>di</strong> un<br />
gruppo <strong>di</strong> do<strong>di</strong>ci uomini; erano approdati con la loro<br />
barca in quel punto della costa e si erano sparpagliati a<br />
gruppi <strong>di</strong> due o tre nell'interno, a caccia <strong>di</strong> bottino.<br />
L'accordo era <strong>di</strong> ritrovarsi e <strong>di</strong> riprendere il mare al
mattino, e chi avesse mancato all'appuntamento<br />
sarebbe stato abbandonato e considerato morto. I due<br />
rapitori avrebbero potuto raggiungere i loro amici già<br />
la notte precedente - lo <strong>di</strong>mostrava la breve<br />
ricognizione compiuta dal più alto quand'erano arrivati<br />
- ma non erano <strong>di</strong>sposti a <strong>di</strong>videre la donna con gli<br />
altri e quin<strong>di</strong> si erano fermati lì.<br />
Mairidh non si faceva illusioni. Sapeva che non<br />
l'avrebbero lasciata in vita. «Il suo corpo» pensò.<br />
Potevano prendere e <strong>di</strong>struggere il suo corpo, ma non<br />
la sua mente, non il suo spirito, non l'animus che<br />
costituiva la sua vera essenza.<br />
L'uomo che le stava accanto riprese a stiracchiarsi<br />
grugnendo, e lei rimase immobile. Per alcuni istanti<br />
non accadde nulla, poi lui le posò una mano sull'anca<br />
e la rovesciò su un fianco, attirandola a sé con un gesto<br />
brutale. Mairidh si irrigidì a quel brusco contatto, ma<br />
proprio in quel momento udì un rumore <strong>di</strong> passi furtivi<br />
alle sue spalle e l'impatto sordo e <strong>di</strong>sgustoso <strong>di</strong> una<br />
lama che affondava nella carne. L'uomo si contorse e<br />
spinse via la donna con un rantolo rabbioso, e<br />
<strong>di</strong>menticando tutte le regole della sua filosofia Mairidh<br />
cominciò a <strong>di</strong>menare le gambe all'impazzata, tentando<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>vincolarsi in cerca <strong>di</strong> salvezza, gli occhi sbarrati dal<br />
terrore, tentando inutilmente <strong>di</strong> rannicchiarsi per<br />
proteggersi.<br />
L'alba non era ancora sorta, e nell'oscurità lei<br />
intravide una nera figura chinarsi sul Porco e<br />
riprendere un oggetto con uno strattone. Di qualunque
cosa si trattasse, si staccò <strong>di</strong> colpo con un orrendo<br />
risucchio, sollevandosi fino alla testa della figura<br />
accucciata. Mairidh riconobbe una piccola ascia e si<br />
girò faccia a terra, in attesa della morte. Ma i passi si<br />
allontanarono, e lei si rotolò <strong>di</strong> nuovo sulla schiena<br />
cercando <strong>di</strong> mettersi seduta, pur sapendo che era<br />
impossibile. Alla fine si rovesciò su un fianco e nella<br />
cupa penombra scorse qualcuno che aggre<strong>di</strong>va col<br />
braccio levato una figura che si stava alzando da terra.<br />
L'ascia si abbassò e si udì un altro rumore<br />
agghiacciante, seguito imme<strong>di</strong>atamente da quello <strong>di</strong> un<br />
corpo che cadeva. Ebbe un conato <strong>di</strong> vomito, poi<br />
ripensò a ciò che quegli animali le avevano fatto il<br />
giorno prima e la nausea passò. Si voltò verso il Porco<br />
che giaceva con le gambe irrigi<strong>di</strong>te, il volto una<br />
sagoma scura in<strong>di</strong>stinta.<br />
Il suo salvatore - ma lo era davvero? - era tornato e<br />
torreggiava su <strong>di</strong> lei, e Mairidh chiuse gli occhi,<br />
incapace <strong>di</strong> guardare. Sentì la mano <strong>di</strong> lui sfiorarle il<br />
seno destro, e quando capì vagamente che si trattava<br />
<strong>di</strong> un contatto accidentale, non <strong>di</strong> una carezza o <strong>di</strong> una<br />
stretta, cominciò a sperare. La mano, anzi entrambe le<br />
mani si spostavano rapidamente verso l'alto seguendo<br />
la linea delle braccia tese, fino ai polsi. L'uomo tirò un<br />
respiro profondo e poi la sua ascia si abbatté<br />
sull'albero due, tre volte. La pressione sulle braccia <strong>di</strong><br />
Mairidh <strong>di</strong>minuì e lei comprese che l'uomo aveva<br />
reciso la corda. Stava già strattonandola per<br />
costringerla ad alzarsi.
Mairidh si <strong>di</strong>batté nel vano tentativo <strong>di</strong> usare le<br />
braccia per sostenersi, ma era come se gliele avessero<br />
strappate dal corpo. Allora l'uomo la cinse alla vita e<br />
cercò <strong>di</strong> sollevarla, bisbigliandole all'orecchio:<br />
«Muoviti!».<br />
Ma lei era troppo debole. Sapeva che lui l'avrebbe<br />
salvata, e questo pensiero la privava delle poche forze<br />
residue. Con il suo aiuto riuscì tuttavia in qualche<br />
modo a muovere le gambe e ad avanzare a carponi,<br />
troppo esausta per riuscire a raddrizzarsi. Passarono<br />
attraverso una cortina <strong>di</strong> fronde tra due alberi e<br />
improvvisamente il terreno si inclinò in una lieve<br />
<strong>di</strong>scesa. Mairidh perse quel poco <strong>di</strong> equilibrio che le<br />
era rimasto e sarebbe caduta in avanti se lui non<br />
l'avesse trattenuta. Con un mugolio <strong>di</strong> fatica l'uomo la<br />
sostenne e la fece <strong>di</strong>stendere, sciogliendola dal suo<br />
abbraccio per permetterle <strong>di</strong> appoggiare la schiena sul<br />
terreno scosceso. Mairidh era troppo intontita per<br />
capire ciò che stava succedendo. Sentì una mano che le<br />
alzava la gamba sinistra e le <strong>di</strong>stendeva il ginocchio,<br />
provocandole un dolore lancinante, poi un'altra che<br />
faceva lo stesso con la destra. Credendo <strong>di</strong> indovinare<br />
le intenzioni dell'uomo <strong>di</strong>varicò le gambe, ma lui le<br />
riavvicinò con uno sbuffo d'irritazione e la schiaffeggiò<br />
leggermente per costringerla ad alzare la testa. Gli<br />
occhi <strong>di</strong> Mairidh si rifiutarono <strong>di</strong> aprirsi.<br />
«Mairidh! Mairidh, sono io! Coraggio! Dobbiamo<br />
andar via <strong>di</strong> qui.»<br />
La voce veniva da molto lontano, ma sembrava
quella del ragazzo, e questo era impossibile. Il ragazzo<br />
era morto. Mairidh ne era sicura, perché lo aveva visto<br />
volare giù dalla rupe. Evidentemente stava <strong>di</strong> nuovo<br />
sognando. Poi sentì qualcuno afferrare la corda che le<br />
legava le mani e aprendo gli occhi tumefatti vide la<br />
lama <strong>di</strong> un coltello che tagliava i no<strong>di</strong>. La corda cadde<br />
a terra e due mani iniziarono a massaggiarle i polsi. Il<br />
dolore era così intollerabile che lei tentò <strong>di</strong> ribellarsi,<br />
piagnucolando, poi si sentì sprofondare in un turbinio<br />
<strong>di</strong> immagini e sensazioni caotiche e sulla sua mente<br />
calò l'oscurità.<br />
Quando riaprì gli occhi, non molto tempo dopo, era<br />
sola. Il cielo era grigio, più chiaro <strong>di</strong> prima, ma il sole<br />
non si era ancora levato. Alzò le braccia per guardarsi i<br />
polsi che bruciavano e sentì, più che vedere, la carne<br />
viva e dolorante dove la pelle si era lacerata. Il suo<br />
corpo era nudo, sporco <strong>di</strong> fango secco e coperto <strong>di</strong><br />
escoriazioni e tagli. Allora ricordò e si mise<br />
faticosamente a sedere, con un gemito <strong>di</strong> dolore, e in<br />
quel mentre scorse una figura che correva verso <strong>di</strong> lei.<br />
Era il ragazzo. Il ragazzo che aveva creduto morto.<br />
Si fermò davanti a lei, si inginocchiò e le porse i<br />
vestiti: la tunica ormai lurida che indossava quando era<br />
stata rapita e la lunga veste color zafferano che<br />
indossava il pomeriggio del giorno precedente, prima<br />
che quegli uomini li aggre<strong>di</strong>ssero.<br />
Mairidh ignorò la sua offerta e si limitò a scrutarlo<br />
sbattendo le palpebre, esaminando ogni dettaglio della
sua persona. Era nudo come lei e altrettanto sporco,<br />
ma fu il suo viso a far affiorare nella mente <strong>di</strong> Mairidh<br />
i ricor<strong>di</strong> del giorno prima: lo sguardo chino su <strong>di</strong> lei nel<br />
sole, i riccioli neri e folti che gli ricadevano sulla fronte<br />
sopra i meravigliosi occhi azzurri, la solida, dorata<br />
colonna del giovane collo robusto. Un bel ragazzo.<br />
«Tu sei morto.»<br />
Il ragazzo scosse la testa, con un breve sorriso. «No.<br />
Sono qui.»<br />
«Ti hanno ucciso.»<br />
«No, ma lo faranno se ci trovano. Ce ne sono altri<br />
qui intorno. Riesci a stare in pie<strong>di</strong>? Ti aiuto io.<br />
Coraggio, mettiti questi.» <strong>Le</strong> tese <strong>di</strong> nuovo i vestiti, ma<br />
lei continuò a fissarlo corrugando la fronte, vagamente<br />
consapevole <strong>di</strong> quanto doveva apparire stupida seduta<br />
lì, nuda, con lo sguardo fisso su <strong>di</strong> lui. Poi <strong>di</strong> colpo le<br />
tornò in mente l'ultima volta che lo aveva visto, il suo<br />
volto angosciato quando il più grosso dei rapitori lo<br />
aveva afferrato per una gamba e per i capelli e lo<br />
aveva gettato, urlante, dal ciglio della rupe. «Ti ho<br />
visto morire. Ti hanno ucciso.»<br />
Lui scosse <strong>di</strong> nuovo la testa, questa volta con un po'<br />
<strong>di</strong> impazienza. «No, mi hai visto cadere, non morire.<br />
Mi hanno lanciato dalla rupe e tu hai creduto che fossi<br />
morto. E lo hanno creduto anche loro. Ma quell'i<strong>di</strong>ota<br />
mi ha scagliato fin troppo bene: con troppa forza e<br />
troppo lontano. Così ho evitato le pietre aguzze sulla<br />
riva del fiume e sono caduto dove l'acqua è profonda.<br />
Il tuffo mi ha tolto il respiro, ma so nuotare come un
pesce e ho raggiunto la riva. Quando finalmente sono<br />
riuscito a camminare, mi sono arrampicato su, ma tu<br />
eri sparita. Coraggio, appoggiati a me e indossa questi<br />
vestiti.»<br />
Mairidh prese la sua mano e si sforzò <strong>di</strong> alzarsi,<br />
aggrappandosi al suo braccio forte, vacillando<br />
leggermente finché non fu in grado <strong>di</strong> reggersi da sola.<br />
Lui la fissava con gli occhi sgranati e un'espressione<br />
preoccupata, e lei si costrinse ad abbassare lo sguardo<br />
sui vestiti che teneva in mano. «Sei andato a prendere<br />
la mia roba.»<br />
«Sapevo che ne avresti avuto bisogno.»<br />
Mairidh osservò la tunica e accorgendosi che era<br />
strappata e macchiata <strong>di</strong> terra e <strong>di</strong> sangue, tornò a<br />
guardarsi il corpo tumefatto.<br />
«Perché ci hai seguito? Non eri obbligato... Non<br />
avevi neMmeno un'arma con te, giusto? Lo so, perché<br />
il Porco aveva preso il tuo pugnale.»<br />
Il ragazzo scrollò le spalle. «No, niente armi. Ma<br />
sapevo <strong>di</strong> potergliene rubare una se me ne lasciavano<br />
l'occasione.»<br />
<strong>Le</strong>i scosse leggermente la testa, un po' confusa, poi si<br />
infilò la tunica. In quel momento il ragazzo si irrigidì e<br />
si voltò verso la strada dalla quale era venuto, con i<br />
muscoli tesi.<br />
Mairidh tentò <strong>di</strong> sistemare la spalla strappata della<br />
tunica, poi ci rinunciò e si avvolse nella lunga veste.<br />
Quando alzò <strong>di</strong> nuovo lo sguardo, dopo essersi legata
la fusciacca intorno alla vita, lui era <strong>di</strong> nuovo<br />
scomparso. Per un breve istante, temette <strong>di</strong> averlo<br />
sognato, ma era libera, sola, e i vestiti che indossava<br />
erano reali, i suoi vestiti. Ancora barcollante si guardò<br />
intorno, ma non vide traccia del suo compagno e si<br />
rimise seduta ad aspettare, certa che sarebbe tornato a<br />
prenderla.<br />
Qualche attimo dopo lui ricomparve, sbucando<br />
silenziosamente dalla selva <strong>di</strong> arbusti alla sua sinistra.<br />
«Riesci a camminare?»<br />
Mairidh annuì docilmente. «Credo <strong>di</strong> sì, ma non so<br />
quanta strada posso fare.»<br />
«Abbastanza per rimanere viva?» Il ragazzo sorrise <strong>di</strong><br />
nuovo, un sorriso breve e incerto, ma lei si meravigliò<br />
che ne fosse capace. «Dobbiamo allontanarci da quella<br />
riva laggiù, e da quei due cadaveri.»<br />
Mairidh lo guardò e annuì <strong>di</strong> nuovo, esitante. Si era<br />
rimesso i suoi abiti: la bella tunica <strong>di</strong> lana bianca e la<br />
giubba <strong>di</strong> pelle che l'avevano colpita fin dall'inizio e<br />
che il Porco aveva infilato in una sacca prima <strong>di</strong><br />
abbandonare la scena del presunto omici<strong>di</strong>o. La sacca<br />
giaceva ora con tutto il suo contenuto ai pie<strong>di</strong> del<br />
ragazzo, che aveva anche ripulito l'ascia infilandosela<br />
nella cintola e recuperato il pugnale sottratto al Porco,<br />
insieme all'arco e le frecce che giacevano accanto<br />
all'altro uomo. Ora portava il pugnale agganciato al<br />
fianco sinistro, e l'arco e la faretra piena <strong>di</strong> frecce a<br />
tracolla. Aveva una macchia <strong>di</strong> sangue sulla parte<br />
destra della tunica, e quando vide che lei lo stava
osservando sfiorò il liquido rappreso con un<br />
polpastrello.<br />
«Non è mio» esclamò. «Non mi sono fatto alcun<br />
male. Pronta?» <strong>Le</strong>i annuì con decisione e prendendo la<br />
sua mano lo seguì fuori dalla radura, dove trovarono<br />
un sentiero largo e ben battuto che conduceva nel<br />
folto della foresta.<br />
Da lì in poi procedettero <strong>di</strong> buon passo finché non<br />
furono abbastanza lontani dalla costa; allora il ragazzo<br />
rallentò e smise <strong>di</strong> trascinarla, lasciando che proseguisse<br />
a un ritmo più tranquillo.<br />
Mairidh alternava momenti in cui temeva <strong>di</strong> crollare<br />
per lo sfinimento ad altri in cui pensava <strong>di</strong> poter<br />
riprendersi. Fin quando la strada era piatta e <strong>di</strong>ritta,<br />
riusciva a camminare con apparente facilità, ma<br />
appena il percorso si faceva più arduo, quando erano<br />
costretti ad affrontare salite o a farsi largo attraverso i<br />
cespugli per cercare un altro sentiero, le sue gambe<br />
<strong>di</strong>ventavano <strong>di</strong> piombo, e il cuore cominciava a<br />
battere all'impazzata. In quegli istanti il suo unico<br />
desiderio era <strong>di</strong> lasciarsi cadere sull'erba e dormire, e<br />
invariabilmente, quando stava per cedere a quella<br />
tentazione, le veniva da piangere. Ma era proprio la<br />
coscienza della sua stanchezza che la costringeva ad<br />
andare avanti, ogni volta che stava per arrendersi.<br />
A un certo punto, sulla cima <strong>di</strong> una collinetta che le<br />
era parsa molto più alta durante la salita, si arrestò e si<br />
rivolse al ragazzo. «Da quanto tempo stiamo<br />
camminando?»
Lui si guardò attorno. «Tre ore... più o meno. È metà<br />
mattina.»<br />
«Quin<strong>di</strong> dovremmo quasi esserci.»<br />
«Essere dove?» le domandò lui perplesso.<br />
«Dov'eravamo quando ci hanno trovati. Abbiamo<br />
camminato per circa quattro ore ieri prima <strong>di</strong><br />
accamparci, secondo i miei calcoli.»<br />
Lui scrollò le spalle. «Già, ma era un'altra strada, e<br />
loro andavano al doppio della nostra velocità.<br />
Avevano un cavallo, se ben ti ricor<strong>di</strong>.»<br />
«Ricordare? Gli dovevo correre <strong>di</strong>etro! Ma perché<br />
non siamo fuggiti a cavallo? Perché lo hai lasciato là?»<br />
«Pensaci un attimo. Se avessimo preso il cavallo,<br />
saremmo stati costretti a seguire solo strade o sentieri<br />
che l'animale era in grado <strong>di</strong> percorrere. Quando quei<br />
ban<strong>di</strong>ti scopriranno i cadaveri dei loro complici,<br />
batteranno tutta la zona per trovare chi li ha uccisi. Se<br />
avessimo preso il cavallo avremmo lasciato delle<br />
tracce, e loro ci avrebbero inseguiti.»<br />
Si interruppe e la osservò attentamente. Mairidh non<br />
riusciva a tenere gli occhi aperti. «Uhm... Tu hai<br />
bisogno <strong>di</strong> riposare.»<br />
«No, non basta. Devo dormire, almeno un'oretta.<br />
Questa notte non ho quasi preso sonno. Il mio corpo<br />
ha un <strong>di</strong>sperato bisogno <strong>di</strong> dormire. Ti prego.»<br />
Lui <strong>di</strong>ede un'occhiata in giro per assicurarsi che<br />
nessuno li seguisse, annuì e dopo aver posato lo<br />
sguardo sulla valle che si stendeva davanti a loro,
scrutò il cielo dove le nuvole che avevano minacciato<br />
pioggia per tutta la mattina cominciavano a <strong>di</strong>radarsi,<br />
lasciando intravedere ampi squarci d'azzurro.<br />
«D'accordo. Siamo abbastanza al sicuro ormai. So<br />
dove siamo, ma ci resta ancora una decina <strong>di</strong> miglia o<br />
più per arrivare a destinazione. C'è un laghetto giù<br />
nella valle che ti piacerà, te lo prometto, e là potrai<br />
dormire per qualche ora. Nel frattempo, andrò a<br />
cercare qualcosa da mangiare.»
VIII.<br />
Fu l'odore del cibo a svegliarla. Per un po' Mairidh<br />
rimase <strong>di</strong>stesa a guardare il ragazzo accovacciato<br />
accanto al fuoco sul quale stava arrostendo una lepre<br />
infilzata su un bastoncino. Mentre lo osservava, lui si<br />
chinò per girare la carne sulle fiamme e lei udì lo<br />
sfrigolio del grasso che colava sulle braci. <strong>Le</strong> venne<br />
l'acquolina in bocca ma non si mosse, per non fargli<br />
capire che si era finalmente svegliata.<br />
<strong>Le</strong> era rimasto accanto mentre lei si bagnava nella<br />
miracolosa pozza d'acqua che le aveva promesso,<br />
acqua naturalmente calda che scaturiva da una<br />
sorgente sotterranea come quella che aveva visitato<br />
molti anni prima ad Aquae Sulis. Mentre osservava<br />
incredula gli sbuffi <strong>di</strong> vapore che si levavano dalla<br />
superficie increspata della polla, il ragazzo le aveva<br />
raccontato che una volta vi era rimasto immerso<br />
mentre cadevano fiocchi <strong>di</strong> neve che gli pungevano la<br />
pelle con i loro sottili aghi <strong>di</strong> ghiaccio.<br />
Più tar<strong>di</strong>, rilassandosi nell'acqua calda e<br />
ricominciando a sentirsi <strong>di</strong> nuovo pulita, Mairidh<br />
aveva pianto lacrime silenziose <strong>di</strong> gratitu<strong>di</strong>ne per il suo<br />
salvatore e per il fatto che anche la sua vita era stata<br />
risparmiata. Quando era uscita dalla pozza, lui aveva<br />
già acceso un bel fuoco in un angolo riparato tra due<br />
grossi massi piatti, e lei si era asciugata davanti al falò
usando un ampio mantello <strong>di</strong> lana preso dalla sacca<br />
del Porco. Con la sollecitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> un padre o <strong>di</strong> un<br />
fratello maggiore più che <strong>di</strong> un giovane amante, il<br />
ragazzo l'aveva aiutata a curare le ferite e le<br />
escoriazioni più gravi, pulendo con delicatezza quelle<br />
che lei non riusciva a raggiungere. Poi l'aveva <strong>di</strong>stesa su<br />
uno spesso letto <strong>di</strong> muschio appena raccolto, l'aveva<br />
avvolta nella veste color zafferano e coperta con la<br />
propria giubba <strong>di</strong> pelle, e in cima aveva sistemato il<br />
mantello <strong>di</strong> lana. <strong>Le</strong>i si era addormentata quasi subito,<br />
vinta dal senso <strong>di</strong> pace e dal sollievo per lo scampato<br />
pericolo.<br />
Ora, osservando il sole che calava a occidente, si<br />
accorse che doveva essere tardo pomeriggio. Sapendo<br />
che lui la credeva addormentata, Mairidh si concesse<br />
il lusso <strong>di</strong> osservare il ragazzo, e <strong>di</strong> ammirarlo.<br />
Era alto e <strong>di</strong> costituzione robusta - grosso come un<br />
uomo, a <strong>di</strong>re il vero - eppure non poteva avere più <strong>di</strong><br />
quin<strong>di</strong>ci anni, forse se<strong>di</strong>ci. Ma, soprattutto, era bello,<br />
in un'epoca e in un luogo in cui la bellezza maschile,<br />
nel senso classico in cui la intendevano i Romani, non<br />
si vedeva molto spesso. Era il suo... come definirlo?... il<br />
suo aspetto sano, il suo corpo glabro e ben<br />
proporzionato a conferirgli un'aria romana.<br />
Naturalmente, lei sapeva che non era romano. Erano<br />
almeno quin<strong>di</strong>ci anni, da quando l'ultima legione era<br />
partita, che non c'erano più Romani in Britannia.<br />
Inoltre questo ragazzo apparteneva chiaramente alla<br />
razza celta, con i suoi capelli neri, la pelle chiara e gli
occhi azzurri. Ma era alto rispetto al resto della sua<br />
gente, e forte, con spalle larghe, braccia lunghe e vita<br />
stretta. Era anche scrupolosamente pulito come lo<br />
erano i Romani, e quella pulizia, aggiunta alle forme<br />
muscolose del giovane corpo flessuoso, aveva<br />
catturato la sua attenzione e la sua fantasia come le<br />
capitava <strong>di</strong> rado ormai.<br />
Quando lo aveva visto per la prima volta, il ragazzo<br />
stava nuotando nel fiume con un gruppo <strong>di</strong> coetanei, e<br />
brillava in mezzo a loro come un gioiello fra cocci <strong>di</strong><br />
vetro. Lo aveva osservato da lontano senza farsi<br />
vedere, appollaiata su una rupe <strong>di</strong>etro una fila <strong>di</strong> bassi<br />
arbusti. Era rimasta sorpresa quando finalmente, uscito<br />
dall'acqua, si era asciugato con un panno estratto da<br />
una bisaccia <strong>di</strong> pelle e aveva indossato abiti che<br />
parevano ricchi e ben tagliati. Il fatto che fosse, a<br />
quanto pareva, il figlio <strong>di</strong> un uomo facoltoso e potente<br />
l'aveva incuriosita e le aveva fornito un pretesto per<br />
tornare a osservarlo il giorno successivo, senza la<br />
giovane donna che l'aveva accompagnata lì la prima<br />
volta.<br />
Non avrebbe saputo spiegare nemmeno a se stessa<br />
perché si accontentasse <strong>di</strong> rimanere nascosta per gran<br />
parte della giornata a spiare un ragazzo che doveva<br />
avere almeno <strong>di</strong>eci anni meno <strong>di</strong> lei, ma non sentiva il<br />
bisogno <strong>di</strong> giustificarsi. Guardarlo le dava un intenso<br />
piacere, e lei aveva imparato da tempo a non sprecare<br />
queste occasioni.<br />
Suo marito Balin non era più tanto giovane e aveva
cominciato a perdere interesse nei suoi confronti.<br />
Qualche anno prima, quando lui e Mairidh erano<br />
appena sposati, aveva assolto egregiamente i suoi<br />
doveri coniugali, traendo un immenso piacere carnale<br />
dalle voluttuose lusinghe della sua bella consorte. Ora<br />
non era più in grado <strong>di</strong> esprimere in quel modo i suoi<br />
sentimenti, ma sua moglie sì, e lui non le avrebbe mai<br />
negato il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> esprimere e godere la propria<br />
sessualità. Balin aveva un modo <strong>di</strong> pensare tutto suo,<br />
maturato e assimilato in una vita passata a viaggiare,<br />
osservare e <strong>di</strong>scutere <strong>di</strong> varie religioni, compresi il<br />
drui<strong>di</strong>smo e il cristianesimo. Il sesso per lui era una<br />
parte essenziale della religione e del fervore religioso.<br />
Gli esseri umani nascevano dal sesso, sosteneva, e<br />
quin<strong>di</strong> potevano esprimere la loro gratitu<strong>di</strong>ne agli dèi<br />
attraverso il sesso, in<strong>di</strong>pendentemente dall'età e dal<br />
fatto che fossero maschi o femmine. Credeva<br />
implicitamente che l'amore <strong>di</strong> Mairidh per lui non fosse<br />
influenzato dai rapporti occasionali che lei aveva con<br />
altri. L'amore, a suo giu<strong>di</strong>zio, era ineffabile, mentre il<br />
sesso non era altro che una preghiera in privato.<br />
Sorretta dalle convinzioni <strong>di</strong> suo marito che con anni<br />
aveva finito per con<strong>di</strong>videre, Mairidh non aveva più<br />
paura <strong>di</strong> scre<strong>di</strong>tarsi ai suoi occhi. Sapeva <strong>di</strong> poter<br />
contare sul suo amore.<br />
Era tornata un terzo giorno, e quando il ragazzo<br />
non si era fatto vedere, aveva sorriso fra sé<br />
ironicamente prima <strong>di</strong> ammettere che era più delusa <strong>di</strong><br />
quanto avrebbe mai immaginato solo pochi giorni
prima. Ma non aveva niente <strong>di</strong> meglio da fare, e il<br />
giovane era così bello da giustificare i suoi sforzi, così<br />
aveva deciso <strong>di</strong> tornare una quarta volta.<br />
Il ragazzo venne <strong>di</strong> nuovo a nuotare, in compagnia<br />
<strong>di</strong> pochi amici, e questa volta, mentre lo osservava<br />
dall'alto del suo nascon<strong>di</strong>glio, Mairidh sperò che gli<br />
altri se ne andassero e lo lasciassero solo, poiché era<br />
inconcepibile tentare qualunque approccio in loro<br />
presenza. Erano solo ragazzi, dall'aspetto più giovane e<br />
molto meno maturi <strong>di</strong> lui, volgari e irriverenti,<br />
chiassosi come tutti quelli della loro età. Mairidh non<br />
faticava a immaginare il loro comportamento lascivo<br />
se avessero scoperto che lei li stava spiando, così<br />
sorrise e rimase nascosta.<br />
Poi, quasi improvvisamente, gli amici sparirono<br />
senza preavviso, inghiottiti dalla foresta circostante.<br />
Per qualche motivo il ragazzo era rimasto in<strong>di</strong>etro,<br />
solo, <strong>di</strong>steso placidamente sulla schiena nello specchio<br />
d'acqua poco profondo in cui andavano a nuotare. <strong>Le</strong>i<br />
attese parecchio, col cuore che le batteva forte nel<br />
petto, prima <strong>di</strong> convincersi che gli altri erano davvero<br />
andati via e non si erano fermati nel bosco a giocare ai<br />
predoni. Ma quando ne fu sicura si mosse in fretta,<br />
senza perdere tempo.<br />
Scese fino alla riva del fiume, badando a non far<br />
rumore per non rivelare la propria presenza, poi si<br />
fermò un attimo per ricomporsi, respirando<br />
profondamente e placare l'improvviso batticuore.<br />
Quando si fu calmata al punto <strong>di</strong> non suscitare alcun
sospetto, proseguì canticchiando a bassa voce,<br />
accentuando il fruscio delle lunghe gonne contro i<br />
cespugli che costeggiavano il sentiero.<br />
Il ragazzo fu colto <strong>di</strong> sorpresa e il suo volto arrossì <strong>di</strong><br />
imbarazzo quando si rese conto <strong>di</strong> essere<br />
completamente nudo sotto gli occhi <strong>di</strong> una bella<br />
donna che gli sorrideva dalla sponda. Tentò <strong>di</strong><br />
allontanarsi a nuoto e nello stesso tempo <strong>di</strong> coprirsi<br />
con entrambe le mani, riuscendo soltanto a ingurgitare<br />
una gran quantità d'acqua e a mostrare le natiche<br />
bianche.<br />
Vedendolo boccheggiare pieno <strong>di</strong> vergogna, Mairidh<br />
soffocò a stento una risata, ma subito recuperò il<br />
controllo e il suo sguardo ilare lasciò il posto a<br />
un'espressione molto preoccupata. Finalmente il<br />
ragazzo riuscì a rimettersi in pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> fronte a lei, con<br />
gli occhi sgranati e il corpo tremante per la tensione e<br />
forse per l'imbarazzo, tenendo le mani basse sott'acqua<br />
per coprire la sua virilità.<br />
Mairidh si avvicinò alla riva, guardandolo dritto<br />
negli occhi. «Stai...?» Si interruppe, temendo che la<br />
domanda apparisse stupida o insolente. Lui si limitò a<br />
osservarla, e dopo qualche istante Mairidh proseguì.<br />
«Ti ho spaventato, perdonami. Non avrei dovuto<br />
avvicinarmi senza avvertire in qualche modo della mia<br />
presenza... »<br />
«Tu sapevi che ero qui?» Da vicino la voce del<br />
ragazzo aveva un tono cor<strong>di</strong>ale ma più profondo e<br />
roco rispetto alle poche grida che lei aveva u<strong>di</strong>to da
lontano. «No, naturalmente. Come facevo a saperlo?»<br />
Una piccola ruga si formò tra le sopracciglia del<br />
giovane. «Allora perché avresti dovuto preoccuparti <strong>di</strong><br />
far capire che stavi arrivando?» <strong>Le</strong>i sorrise. «Hai<br />
ragione, ho detto una stupidaggine. Me ne vado.<br />
Scusami.»<br />
«Aspetta!»<br />
Mairidh, che si era voltata molto lentamente per<br />
dargli il tempo <strong>di</strong> apprezzare la grandezza e la forma<br />
del suo seno, si arrestò e si girò a metà verso <strong>di</strong> lui. «Sì?<br />
Cosa c'è?»<br />
Il ragazzo si guardò intorno con aria indagatrice, poi<br />
le lanciò un'occhiata perplessa. «Sei sola, mia signora?»<br />
«Sì.»<br />
«Ma...» Il ragazzo si fermò a metà della frase, e lei<br />
attese un attimo prima <strong>di</strong> parlare.<br />
«Ma? Mi è parso che tu volessi aggiungere<br />
qualcos'altro» <strong>di</strong>sse sorridendo affinché le sue parole<br />
non suonassero offensive.<br />
«Tu... tu non dovresti essere qui da sola. E<br />
pericoloso.»<br />
«Pericoloso?» Sempre sorridendo, lei si guardò<br />
intorno. «In che senso, pericoloso? Non avverto alcuna<br />
minaccia qui, eppure ci vedo benissimo.»<br />
Mairidh si avvicinò con aria <strong>di</strong>sinvolta a un ceppo<br />
utilizzato normalmente dai ragazzi che venivano lì a<br />
nuotare e si sedette raccogliendo le gonne attorno a
sé; da quel momento, senza un motivo, la tensione<br />
svanì e i due iniziarono a conversare tranquillamente.<br />
Il ragazzo tentò <strong>di</strong> illustrarle i pericoli che correva una<br />
bella donna attraversando i boschi senza protezione,<br />
ma essendo fondamentalmente un ingenuo non aveva<br />
idea <strong>di</strong> quali fossero, e ben presto cominciò a<br />
confondersi. Accortasi del suo impaccio, Mairidh lo<br />
mise subito a suo agio nominandolo su due pie<strong>di</strong>, con<br />
grande imbarazzo del giovane, suo protettore. Da lì in<br />
poi le cose andarono a meraviglia per Mairidh. Era<br />
deliziata dalla genuina ammirazione con cui il giovane<br />
seguiva ogni suo movimento, e ancor <strong>di</strong> più dal modo<br />
in cui arrossiva tutte le volte che lei gli sorrideva o lo<br />
prendeva amabilmente in giro. Aveva deciso che<br />
voleva quel ragazzo. La convinzione che lui fosse<br />
vergine la eccitava irresistibilmente, e ora che era certa<br />
<strong>di</strong> aver suscitato il suo interesse mise in atto la sua<br />
seduzione con grande sapienza, infiammata da<br />
un'eccitazione che non provava da anni. Civettò<br />
apertamente con lui, intuendo che il pudore gli<br />
avrebbe impe<strong>di</strong>to <strong>di</strong> uscire dall'acqua nudo. Ma il<br />
giovane, attratto da lei come una falena dalla fiamma<br />
e imbaldanzito dalla sua cor<strong>di</strong>alità, finì per vincere il<br />
suo evidente nervosismo e avvicinatosi a nuoto al<br />
posto in cui era seduta si accovacciò su una pietra in un<br />
punto in cui l'acqua limacciosa del fiume era<br />
abbastanza profonda da coprire la sua nu<strong>di</strong>tà.<br />
Mairidh gli rivelò schiettamente la propria identità e<br />
i motivi per cui si trovava in quel luogo. Era giunta<br />
nella regione in compagnia dell'anziano marito - <strong>di</strong>sse
col tono <strong>di</strong> chi parlasse <strong>di</strong> un vegliardo - che aveva<br />
importanti affari da curare in quella zona del paese.<br />
Quegli affari, che comportavano lunghi colloqui e<br />
trattative con i <strong>di</strong>gnitari e i capi locali, lasciavano alla<br />
giovane moglie molto tempo libero. Avrebbe potuto<br />
accompagnarlo, ma confessava <strong>di</strong> trovare noiose e<br />
stancanti quelle interminabili <strong>di</strong>scussioni. Così stava<br />
quasi sempre da sola e sentiva il bisogno <strong>di</strong> una<br />
compagnia piacevole e <strong>di</strong>vertente.<br />
Quando si congedarono, Mairidh aveva imparato<br />
che il nome del ragazzo era Merlino - lui lo<br />
pronunciava all'antica, Myrr<strong>di</strong>n, con la tipica cadenza<br />
blesa della Cambria - ed era sicura che lo avrebbe<br />
ritrovato il giorno successivo. Per tutto il pomeriggio le<br />
aveva lanciato sguar<strong>di</strong> ardenti, seguendo affascinato<br />
ogni suo movimento ed espressione. E lei lo aveva<br />
ricambiato sorridendo spesso con le sue labbra gran<strong>di</strong><br />
ed espressive, estasiata dal fatto che lui fosse ignaro<br />
della propria bellezza.<br />
Il giorno seguente Mairidh uscì con un calesse<br />
leggero trainato da un cavallo; lui la aspettava solo<br />
vicino al fiume e la aiutò a scendere, con il volto<br />
acceso dal desiderio. L'evidente eccitazione con cui<br />
accoglieva il suo arrivo <strong>di</strong>mostrava che non era affatto<br />
certo che lei sarebbe venuta, e Mairidh faticò non<br />
poco a nascondere la propria emozione. Si guardò<br />
intorno, fingendo <strong>di</strong> sorprendersi del fatto che lui non<br />
avesse portato gli amici con sé, e il ragazzo arrossì,<br />
troppo insicuro per convincersi che la donna fosse
venuta soltanto per lui.<br />
Dopo un po', Mairidh puntò il <strong>di</strong>to verso il luogo da<br />
cui lo aveva visto la prima volta e gli domandò cosa ci<br />
fosse lassù. Il ragazzo rispose che c'era semplicemente<br />
una radura erbosa a picco sul fiume, e lei gli propose <strong>di</strong><br />
arrampicarsi fin lì per fare uno spuntino con le<br />
provviste che aveva portato nel calesse. Lui rimase<br />
piuttosto sconcertato dalla richiesta <strong>di</strong> Mairidh, ma<br />
visto che la donna insisteva, la aiutò <strong>di</strong> buon grado<br />
durante la scalata, stringendole la mano a ogni passo e<br />
reggendola saldamente ogni volta che lei aveva<br />
bisogno <strong>di</strong> un appoggio. Nell'ultimo tratto lei perse<br />
l'equilibrio, vacillò e gli cadde fra le braccia,<br />
aggrappandosi alla sua nuca con aria terrorizzata e<br />
premendo il volto sul suo collo morbido.<br />
Mentre raggiungevano lo spesso tappeto <strong>di</strong> muschio<br />
che ricopriva la radura in cima alla rupe, lei lo<br />
sommerse <strong>di</strong> gratitu<strong>di</strong>ne per averla salvata, adulandolo<br />
sfacciatamente e stringendosi al suo braccio. Poi, tre<br />
ore dopo, sul prato verde che sovrastava il fiume, lo<br />
attirò a sé dopo una lunga, esasperata seduzione,<br />
assaporando i primi deliziosi frutti della sua virilità,<br />
felice <strong>di</strong> poterlo piegare ai propri desideri senza che lui<br />
se ne rendesse conto, eccitandosi per la forza e la<br />
sicurezza con cui lui finalmente la prese, dopo la paura<br />
e la tensione iniziali.<br />
Era stato allora, nel pieno del loro i<strong>di</strong>llio, mentre<br />
erano assorti nei loro giochi amorosi, che si era<br />
verificata la brutale aggressione: i calci e i pugni che si
abbattevano sul ragazzo incapace <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendersi, i<br />
rantoli e i grugniti bestiali che accompagnavano la<br />
violenza cieca e trionfante degli assalitori e la terribile<br />
vista del giovane che veniva sollevato da terra e<br />
gettato a capofitto nel fiume, oltre la rupe... In quel<br />
momento, al sicuro nel suo rifugio, Mairidh sussultò<br />
ricordando quella scena orribile. Lui avvertì quel<br />
movimento improvviso e la guardò con aria<br />
preoccupata.<br />
«Che c'è? Qualcosa non va? Che succede?»<br />
Mairidh scosse la testa. «Niente. Pensavo a quello<br />
che è successo.» Si mise a sedere, stringendosi la veste<br />
intorno al collo in modo che la coprisse<br />
completamente. «Li hai uccisi.»<br />
Il ragazzo corrugò la fronte, sorpreso, poi alzò le<br />
spalle. «Già. Sembra che ti <strong>di</strong>spiaccia. Avrei dovuto<br />
lasciarli vivi e abbandonarti nelle loro mani?»<br />
«No, certo che no. Non è questo che intendevo.»<br />
«Cosa intendevi, allora?»<br />
«Non so, Merlino. Finché non ti ho visto lì, finché<br />
non l'hai fatto... non avrei mai pensato che tu...» <strong>Le</strong><br />
mancò la voce. «Che io ne fossi capace?»<br />
«Sì, forse. Sembravi troppo giovane...»<br />
Lui tolse lo spiedo dal fuoco e girando le spalle<br />
borbottò: «Ti sbagliavi. Non sono troppo giovane. Ho<br />
quasi se<strong>di</strong>ci anni».<br />
<strong>Le</strong>i intuì che il ragazzo aveva frainteso le sue parole.<br />
«Volevo <strong>di</strong>re troppo giovane per uccidere... non per
essere un uomo....»<br />
«C'è <strong>di</strong>fferenza?»<br />
Mairidh si rese conto <strong>di</strong> averlo offeso, e non<br />
sapendo come scusarsi, timidamente lo chiamò:<br />
«Merlino?.»<br />
«Quello non è il mio nome.»<br />
«Cosa?»<br />
«Ho detto che non è il mio nome!» Lui si voltò verso<br />
<strong>di</strong> lei col volto paonazzo e un'espressione colpevole.<br />
«Quando ti ho detto che mi chiamavo Merlino<br />
mentivo. Merlino è mio cugino. Il mio nome è Uther.»<br />
Mairidh sbatté gli occhi, perplessa. «Perché? Perché<br />
mentire su una cosa del genere?»<br />
«Perché sapevo chi eri, e pensavo che avresti potuto<br />
riconoscermi se mi fossi presentato con il mio vero<br />
nome.»<br />
«Tu sapevi chi ero? Come è possibile? E perché avrei<br />
dovuto riconoscerti se ti fossi presentato come... come<br />
Uther? Non ho mai sentito questo nome prima d'ora.<br />
Perché avrei dovuto conoscerlo?»<br />
«Uther Pendragon. Mio padre è Uric, il re del nostro<br />
popolo.» Mentre lei cominciava a capire, lui proseguì.<br />
«Mi hai parlato <strong>di</strong> tuo marito, e io sapevo che era qui<br />
per incontrare mio padre. Si chiama Balin. Me l'hai<br />
anche detto, ma io già lo sapevo. Lo conosco <strong>di</strong> vista,<br />
e ho provato... una strana sensazione quando ho<br />
capito chi eri. Lo sapevo fin dalla prima volta che ti ho<br />
visto, che ti ho amato... e anche se non speravo <strong>di</strong>
poterti solo sfiorare, temevo che non avresti più<br />
voluto parlare con me se avessi saputo chi ero.»<br />
Mairidh gli sorrise assaporando quella <strong>di</strong>chiarazione<br />
d'amore, il travolgente primo amore dell'adolescenza.<br />
«Ebbene, ora sai che era una paura assurda, no?»<br />
chiese.<br />
«Davvero? Avresti fatto l'amore con me se avessi<br />
saputo fin dall'inizio chi ero veramente?»<br />
«Ma certo! Io sapevo chi eri veramente nell'unico<br />
senso che conta per una donna: eri colui che volevo<br />
amare e da cui volevo essere amata. Il tuo nome era<br />
l'ultima cosa che mi interessava.»<br />
Lui la fissò sbigottito, rischiando <strong>di</strong> far scivolare<br />
l'arrosto dal bastoncino scortecciato che fungeva da<br />
spiedo. <strong>Le</strong>i lo avvertì con un cenno del capo.<br />
«Finirai per farlo cadere nel fuoco. È meglio che tu lo<br />
metta giù, così mangiamo. Sono affamata.»<br />
Il ragazzo abbassò lo sguardo sulla lepre e la tolse<br />
dalle fiamme, poi si rivolse a Mairidh, cercando <strong>di</strong><br />
capire se lo stesse prendendo in giro. «Dici sul serio? Ti<br />
è piaciuto... quello che abbiamo fatto?»<br />
«Certo che mi è piaciuto! Vieni qui da me...» Attese<br />
che lui si fosse avvicinato per allungare una mano e<br />
sfiorargli la guancia. «Adesso guardami negli occhi!<br />
Voglio che tu capisca che <strong>di</strong>co la verità. Guardami e<br />
ascoltami... Ho goduto ogni istante, e non ho nessun<br />
rimorso... proprio nessuno. E tu?» Lui annuì<br />
enfaticamente, senza parlare.
Mairidh sorrise ancora e proseguì in tono<br />
carezzevole: «Be', a <strong>di</strong>re il vero, un rimorso ce l'ho...<br />
ma è solo quello <strong>di</strong> essere stati interrotti così<br />
bruscamente. No, non è esatto... Mi <strong>di</strong>spiace anche <strong>di</strong><br />
non aver saputo che tu mi avresti seguito e salvato da<br />
quella gente. Sarebbe stato molto più facile per me, se<br />
l'avessi saputo.» Fece una pausa, adocchiando <strong>di</strong> nuovo<br />
la lepre. «Ce la mangiamo?»<br />
Lui riprese lo spiedo e lo estrasse dalla carcassa<br />
aiutandosi con un bastoncino più piccolo, poi posò la<br />
carne arrostita su una grossa foglia <strong>di</strong> bardana. «Non<br />
ho sale, purtroppo.»<br />
Mairidh rise e si fece scivolare il mantello giù dalle<br />
spalle. «Mangiamo allora, sono affamata. Se voglio del<br />
sale, posso sempre leccare qualche goccia <strong>di</strong> sudore dal<br />
tuo petto.»<br />
Più tar<strong>di</strong>, mentre aspettavano il tramonto finalmente<br />
sazi, Uther tentò un approccio, e Mairidh lo respinse<br />
dolcemente, spiegandogli che era esausta e dolorante<br />
dopo tutto quello che aveva passato la notte<br />
precedente. Subito lui si profuse in mille scuse, confuso<br />
e imbarazzato dalla propria insensibilità, ma lei lo<br />
rassicurò facendolo stendere al suo fianco, e rimasero lì<br />
in silenzio. Presto, tuttavia, il pensiero della sua<br />
vicinanza eccitò nuovamente il ragazzo; allora Mairidh<br />
impietosita lo aiutò con la mano a trovare un rapido<br />
sollievo, dopo<strong>di</strong>ché lui si assopì, perché aveva dormito<br />
ancora meno <strong>di</strong> lei la notte precedente.<br />
Quando capì dal ritmo del respiro che il giovane si
era svegliato, lei gli accarezzò il fianco e sentì il suo<br />
corpo fremere alla promessa <strong>di</strong> una maggiore intimità.<br />
«Quanto ci fermeremo qui, Uther?»<br />
Ancora mezzo addormentato, lui si sollevò e <strong>di</strong>ede<br />
un'occhiata ai salici che si stagliavano contro il cielo al<br />
crepuscolo nascondendo il loro rifugio al resto del<br />
mondo. «Solo questa notte. Dormiremo qui e<br />
partiremo domani mattina. Saremo a casa per<br />
mezzogiorno. Suppongo che ci stiano cercando, ormai.<br />
Mio padre dev'essere arrabbiato... E anche tuo marito,<br />
immagino.»<br />
«Preoccupato, certo, e nervoso. Ma non arrabbiato.<br />
Sa che non andrei mai via in questo modo. Se avessi<br />
voluto lasciarlo l'avrei fatto già da tempo, e non sarei<br />
venuta in Cambria con lui se non ne avessi avuto<br />
voglia. Probabilmente teme che mi sia fatta del male, e<br />
sarà ben felice <strong>di</strong> vedermi tornare sana e salva a fianco<br />
del mio salvatore. Ti sarà molto grato... soprattutto<br />
quando gli racconterò della tua decisione eroica <strong>di</strong><br />
seguirmi solo e <strong>di</strong>sarmato.» Mairidh lo sentì irrigi<strong>di</strong>rsi al<br />
suo fianco. «Che c'è? Ho detto qualcosa che non va?»<br />
«Cosa gli racconterai? Saprà che noi stavamo...» <strong>Le</strong>i<br />
lo interruppe posandogli una mano sul petto.<br />
«Sssh! Saprà solo quello che gli racconterò. Tu stavi<br />
nuotando e sei accorso quando mi hai sentito urlare. I<br />
miei aggressori ti hanno malmenato e gettato nel<br />
fiume, impadronendosi <strong>di</strong> tutta la tua roba. Ma tu non<br />
sei annegato, sei tornato, li hai seguiti, li hai uccisi e mi<br />
hai liberato. È tutto vero, salvo l'inizio... »
Seguì un breve silenzio, poi Mairidh gli domandò:<br />
«Era la prima volta che uccidevi qualcuno?».<br />
Lui si voltò dall'altra parte, e per un lungo istante lei<br />
pensò che non le avrebbe risposto, ma alla fine il<br />
ragazzo sospirò e <strong>di</strong>sse: «Non sarà l'ultima». <strong>Le</strong>i gli<br />
accarezzò i morbi<strong>di</strong> capelli. «Ne sembri sicuro.»<br />
«Certo. Sono il figlio del re, e ho raggiunto la<br />
maggiore età. Presto sarò un guerriero, e dovrò essere<br />
un campione.»<br />
«Cosa inten<strong>di</strong> quando parli <strong>di</strong> campione?»<br />
Lui si girò verso <strong>di</strong> lei, senza <strong>di</strong>re una parola, e con<br />
un gesto sicuro allungò la mano verso il suo seno<br />
sfiorandole un capezzolo. Mairidh fremette a quel<br />
contatto che ravvivava il fuoco che covava dentro <strong>di</strong><br />
lei, e si ritrasse per sfuggire alla pressione del suo<br />
membro eretto. «Aspetta! Aspetta, non ancora...»<br />
Lui si bloccò, e nei suoi occhi Mairidh non vide più<br />
traccia del ragazzo timido e inesperto del giorno<br />
prima.<br />
«Perdonami, me ne sono <strong>di</strong> nuovo <strong>di</strong>menticato.<br />
Sembra impossibile, lo so, ma quando sono con te,<br />
<strong>di</strong>steso al tuo fianco... »<br />
<strong>Le</strong>i lo zittì posandogli le <strong>di</strong>ta sulle labbra. «Sssh,»<br />
sussurrò «non hai fatto niente <strong>di</strong> male, e quello che<br />
provi è del tutto naturale. Sono io la più <strong>di</strong>spiaciuta,<br />
cre<strong>di</strong>mi, perché ti desidero tanto quanto tu desideri<br />
me... Però... aspetta...» Dolcemente, con grande<br />
precauzione, Mairidh si girò per dargli le spalle,
avvicinando la parte inferiore del corpo al ventre <strong>di</strong><br />
lui. «Ecco, ve<strong>di</strong>amo cosa riesci a fare. Ma fa' piano,<br />
piano...»<br />
Il giovane si mosse con estrema delicatezza,<br />
aderendo al corpo <strong>di</strong> Mairidh e sollevandola<br />
leggermente col braccio per penetrarla; fecero l'amore<br />
lentamente, quasi senza muoversi.<br />
Quand'ebbero finito, lei si voltò verso <strong>di</strong> lui e<br />
sorrise. «Andrà meglio,» sussurrò «ora che abbiamo<br />
scoperto come farlo senza urtare le mie ferite.» Spinse<br />
le natiche contro <strong>di</strong> lui. «E adesso <strong>di</strong>mmi cosa intendevi<br />
prima, quando parlavi <strong>di</strong> essere un campione anziché<br />
un guerriero.»<br />
Il ragazzo si sollevò su un gomito, posando lo<br />
sguardo su <strong>di</strong> lei. «Non sai la <strong>di</strong>fferenza?» Mairidh<br />
scosse la testa. Lui le afferrò un ginocchio sotto le<br />
coperte e lo sollevò delicatamente verso <strong>di</strong> sé,<br />
insinuandosi nello spazio che aveva creato. Per un<br />
lungo istante rimase immobile, guardandola negli<br />
occhi, poi, con la voce arrochita dal desiderio,<br />
mormorò: «Dopo... Te la spiego dopo.» Mairidh ebbe<br />
un fremito e sorrise, chiudendo gli occhi.<br />
«Un guerriero dev'essere pronto a combattere in<br />
qualsiasi momento... Ma un campione deve vincere<br />
sempre. Deve sconfiggere tutti i nemici che minacciano<br />
il suo primato, in modo così schiacciante da convincerli<br />
a non sfidarlo mai più... Un guerriero è colui che<br />
combatte quando glielo or<strong>di</strong>nano e per sopravvivere.
Un campione è colui che uccide in risposta a una grave<br />
provocazione, e che viene continuamente sfidato.»<br />
Mairidh non aveva idea <strong>di</strong> quanto tempo fosse<br />
passato dal momento in cui Uther aveva smesso <strong>di</strong><br />
parlare. Aveva pensato ad altro in quell'intervallo. Ma<br />
ascoltando la sua voce in quel momento si rese conto<br />
che il ragazzo stava ripetendo qualcosa che aveva<br />
imparato a memoria, anziché esprimere la propria<br />
opinione. Si voltò a guardarlo. «Sfidato continuamente<br />
da chi?»<br />
«Cosa?» mormorò lui semiaddormentato.<br />
«Parlavi <strong>di</strong> uccidere in risposta a una provocazione e<br />
<strong>di</strong> essere continuamente sfidato. Chi sono questi<br />
sfidanti?»<br />
«Tutti quelli che ci provano. Quando sei un<br />
campione, tutti vogliono superarti.»<br />
«Quin<strong>di</strong> ogni uomo è un tuo nemico, è questo che<br />
inten<strong>di</strong> <strong>di</strong>re?» Mairidh attese, ma non ebbe risposta.<br />
«Uther! »<br />
«Che c'è?»<br />
«Non addormentarti ora. Sto parlando con te. Stai<br />
sostenendo che tutti gli uomini sono tuoi nemici?»<br />
Lui si mise a sedere brontolando, poi si chinò su <strong>di</strong><br />
lei per accarezzarle i peli del pube, strappandole un<br />
brivido <strong>di</strong> piacere.<br />
«No» rispose a bassa voce, esplorandola con gli<br />
occhi. «Non nemici, semmai rivali... Ma tu stai<br />
tremando... Un campione non ha nemici... non ha
nemici vivi, almeno.»<br />
<strong>Le</strong>i gli prese la mano trattenendola con dolcezza e<br />
insieme con decisione per scacciare le tentazioni che le<br />
suscitava. «Chi te l'ha insegnato?» Lui sorrise, cercando<br />
<strong>di</strong> liberarsi dalla stretta, ma lei non la allentò.<br />
«Garreth.»<br />
«E chi è Garreth?»<br />
«Garreth il Fischiatore. È il mio maestro. Cai...<br />
Merlino... lo definisce il mio mentore, ma in realtà è la<br />
mia guar<strong>di</strong>a del corpo; mio padre e mio nonno lo<br />
incaricarono della mia protezione quand'ero ancora un<br />
bambino. Ora sono cresciuto, ma Garreth è rimasto<br />
con me. Mi insegna a combattere alla maniera dei<br />
Pendragon.»<br />
«Perché lo chiami Garreth il Fischiatore?»<br />
«Perché fischietta in continuazione, e meglio <strong>di</strong><br />
chiunque altro.»<br />
«Già, altrimenti non avrebbe questo nome. Ma se è<br />
la tua guar<strong>di</strong>a del corpo, dov'è in questo momento?<br />
Non dovrebbe proteggerti sempre? Forse è<br />
semplicemente pigro, e lo fa solo quando gli va.»<br />
Il ragazzo si ribellò. «Garreth non è pigro! È solo che<br />
non si trova in Cambria, ecco tutto. Mio padre lo ha<br />
mandato in missione tre settimane fa, e non sarà <strong>di</strong><br />
ritorno fino al mese prossimo.»<br />
«Ah, capisco. Perdonami, e fai le mie scuse anche a<br />
Garreth il Fischiatore. Ma <strong>di</strong>mmi <strong>di</strong> questo Merlino...<br />
ammesso che sia davvero il suo nome. Non l'hai
chiamato Cai un attimo fa? Dove vive?»<br />
«Entrambi i nomi sono giusti» rispose lui. «Si chiama<br />
Caio Merlino Britannico.<br />
I suoi familiari e gli amici più cari lo chiamano Cai.<br />
Vive a <strong>Camelot</strong>.»<br />
«<strong>Camelot</strong>? Ne ho sentito parlare, ma non ci sono<br />
mai stata.»<br />
Mairidh fece una pausa, riflettendo. «E ora che ci<br />
penso, non ho mai incontrato qualcuno che ci sia<br />
stato. È nell'interno, verso est, giusto?»<br />
II ragazzo annuì. «Sì, a sud-est.»<br />
«Ed è molto lontana?»<br />
Lui alzò le spalle. «Abbastanza, <strong>di</strong>pende dalla<br />
velocità a cui vuoi viaggiare.»<br />
«È una città romana, con una cinta <strong>di</strong> mura?»<br />
«Non è una città...» Il ragazzo si rilassò stendendosi<br />
<strong>di</strong> nuovo accanto a lei. Mairidh continuò a tenergli la<br />
mano, nel caso che la sua resa fosse solo uno<br />
stratagemma, ma lui aveva <strong>di</strong> nuovo alzato lo sguardo<br />
verso il sole che stava scomparendo <strong>di</strong>etro una nuvola.<br />
«Pioverà» <strong>di</strong>sse, poi si girò verso <strong>di</strong> lei.<br />
«<strong>Camelot</strong> è un luogo creato da mio nonno e dal mio<br />
prozio, a circa quattro giorni <strong>di</strong> cammino da qui. Lì ho<br />
trascorso metà della mia vita. L'altra metà la passo qui<br />
tra la gente <strong>di</strong> mio padre. Cai e io <strong>di</strong> solito siamo<br />
sempre insieme.»<br />
«Ti è simpatico, questo Caio Merlino, a quanto
pare.»<br />
«Certo. È mio cugino e il mio migliore amico. Siamo<br />
nati nello stesso giorno, a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> quattro ore e <strong>di</strong><br />
quattro giorni <strong>di</strong> viaggio. Lui a <strong>Camelot</strong>, e io qui in<br />
Cambria. Ma Cai ama leggere, scrivere e imparare cose<br />
dai libri. Io no. Preferisco imparare in un altro modo,<br />
con l'esercizio e con l'esempio, come <strong>di</strong>ce Cai. Lui<br />
pensa che io sia pazzo a non amare i libri.»<br />
«E tu non sei d'accordo?»<br />
«Be', io credo che sia lui pazzo a sprecare tanto<br />
tempo nella lettura. Io preferisco passarlo con Garreth.<br />
Ecco perché sono qui quest'estate, mentre Cai è a<br />
<strong>Camelot</strong>. Garreth mi sta addestrando a usare l'arco<br />
lungo, e a combattere con l'ascia e con lo scudo. La<br />
prima cosa che mi ha insegnato è come <strong>di</strong>ventare un<br />
campione, e io non l'ho mai <strong>di</strong>menticato. Poi mi ha<br />
spiegato cos'è la paura.»<br />
«Racconta» <strong>di</strong>sse lei.<br />
Lui le cinse le spalle con grande delicatezza.<br />
«Bisogna sapere com'è fatto Garreth per capire ciò<br />
che sto per <strong>di</strong>rti. Ma tu sei una donna, e forse non ne<br />
sei capace. Garreth era il più grande guerriero <strong>di</strong> mio<br />
nonno, il campione del re. Combatteva contro<br />
chiunque tentasse <strong>di</strong> mettere in <strong>di</strong>scussione l'autorità<br />
del sovrano. Era, ed è tuttora, imbattuto e imbattibile.<br />
Ma quel giorno mi confidò che aveva sempre avuto<br />
paura <strong>di</strong> andare in battaglia... e <strong>di</strong> essere ferito o<br />
ucciso.»
La sua voce si spense, e per un lungo intervallo<br />
Mairidh si domandò se si fosse <strong>di</strong>menticato che lei lo<br />
stava ascoltando e non volesse <strong>di</strong>re più nulla. Alla fine<br />
lo scosse, invitandolo a proseguire.<br />
«L'unico caso in cui devi vergognarti della tua paura,<br />
mi spiegò, l'unico caso, è quando le consenti <strong>di</strong><br />
dominarti, perché è allora che si trasforma in<br />
vigliaccheria. Quin<strong>di</strong> bisogna riconoscere la propria<br />
paura e superarla. Sembra facile, e invece è molto<br />
<strong>di</strong>fficile all'inizio, perché molti non sanno come<br />
riuscirci. Sanno solo che hanno paura e che non<br />
vogliono farsi del male. Ignorano che si può affrontare<br />
la paura e superarla impedendole <strong>di</strong> dominarti. Io l'ho<br />
fatto tante volte ormai, e ogni volta è più facile... non<br />
perché la paura <strong>di</strong>minuisca, ma perché aumenta la<br />
consapevolezza <strong>di</strong> doverla affrontare. E se ce la fai, se<br />
capisci che gli altri hanno paura quanto te, <strong>di</strong>venti più<br />
furbo dei tuoi nemici e li vinci cogliendoli <strong>di</strong> sorpresa.<br />
Cogli l'attimo e vincerai. Colpisci per primo con tutta<br />
la forza che hai e con l'arma più grossa, più pesante e<br />
affilata <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>sponi, quando l'altro meno se<br />
l'aspetta.»<br />
Era un <strong>di</strong>scorso lungo, il più lungo che lei gli avesse<br />
sentito fare, e alla fine Mairidh rimase in silenzio, senza<br />
sapere cosa rispondere, temendo <strong>di</strong> apparire sciocca<br />
oppure presuntuosa. Ma lui riprese a parlare, a voce<br />
molto bassa, come se parlasse a se stesso.<br />
«<strong>Le</strong> regole per essere un campione sono semplici. Per<br />
prima cosa devi vincere la tua paura.»
«Davvero? È tutto qui?»<br />
Lui la fissò, con un'aria leggermente ironica. «Non<br />
serve molto altro, che il tuo nome sia Ercole, Giulio<br />
Cesare o Uther Pendragon, devi identificare il tuo<br />
nemico, affrontarlo appena possibile e atterrarlo prima<br />
che sia lui ad abbatterti. Senza mezze misure, senza<br />
compromessi. Lo colpisci più forte che puoi, appena<br />
puoi, e mentre lui vacilla colpisci ancora finché lui non<br />
crolla definitivamente. Se lo fai una volta, gli uomini<br />
cominceranno a rispettarti; se lo fai abbastanza spesso,<br />
cominceranno a temerti; se ti mostri spietato, alla fine<br />
nessuno oserà più sfidarti.»<br />
«E tu? Hai cominciato a cambiare, a <strong>di</strong>ventare un<br />
campione uccidendo quegli uomini stamattina? E<br />
questo che stai cercando <strong>di</strong> <strong>di</strong>rmi?»<br />
«No. Ho ucciso quegli uomini perché non potevo<br />
fare <strong>di</strong>versamente, a parte scappare abbandonandoti<br />
nelle loro mani. Anche questo è un passo nel<br />
superamento della paura, capisci... sapere ciò che va<br />
fatto e agire prima che il terrore ti paralizzi.»<br />
«Capisco. Ma quelli erano i primi uomini che<br />
ammazzavi... o mi sbaglio?»<br />
«Sì, anche se ho tentato con tutte le mie forze <strong>di</strong><br />
uccidere un ragazzo quando avevo do<strong>di</strong>ci anni.»<br />
Mairidh non seppe cosa rispondere, così tacque e si<br />
strinse ancor <strong>di</strong> più a quel corpo liscio e sodo. Per un<br />
po' rimase immobile fra le sue braccia, finché qualcosa<br />
- forse l'ampiezza e la regolarità del suo respiro - le
fece capire che lui si era assopito. Sfiorò con una mano<br />
la massa muscolosa del suo avambraccio e pensò<br />
sorridendo che spesso la sua spontaneità e ingenuità <strong>di</strong><br />
ragazzo avevano la meglio sull'uomo che era in lui. Per<br />
adesso il ragazzo era suo, pensò con gratitu<strong>di</strong>ne. Non<br />
si fece tentare dall'idea che anche l'uomo che sarebbe<br />
<strong>di</strong>ventato un giorno avrebbe potuto essere suo: era<br />
troppo saggia per farlo. Sorrise <strong>di</strong> nuovo, e qualche<br />
tempo dopo si addormentò.<br />
Si svegliarono alle prime luci dell'alba e iniziarono a<br />
prepararsi, facendo il bagno nella pozza calda e<br />
frugando nella bisaccia del Porco in cerca <strong>di</strong> qualcosa<br />
<strong>di</strong> utile. Trovarono solo stracci per asciugarsi, così<br />
Uther finì per fabbricarsi un perizoma con la camicia<br />
stracciata <strong>di</strong> Mairidh, insistendo perché lei indossasse la<br />
sua tunica <strong>di</strong> lana con il mantello lungo che la copriva<br />
perfettamente dal collo alle ginocchia. Poi, completate<br />
le abluzioni per quanto possibile, si rimisero in<br />
cammino verso Tir Manha.
IX.<br />
Il loro ritorno fu festeggiato più <strong>di</strong> quanto avrebbero<br />
mai immaginato, poiché fino al momento in cui<br />
ricomparvero insieme nessuno aveva collegato le loro<br />
assenze. Gli amici <strong>di</strong> Uther erano semplicemente<br />
rientrati senza <strong>di</strong> lui il giorno della sua scomparsa, e<br />
anche al tramonto nessuno si era preoccupato <strong>di</strong> non<br />
vederlo tornare, dato che <strong>di</strong> lì a un mese, dopo i riti<br />
della virilità, sarebbe <strong>di</strong>ventato un guerriero e avrebbe<br />
potuto fare quel che voleva senza chiedere permesso.<br />
Da due anni Uther si sottoponeva a un addestramento<br />
intensivo sotto il controllo stretto e puntiglioso dei<br />
suoi tutori, stu<strong>di</strong>ando i rituali e preparandosi al rigido<br />
cerimoniale <strong>di</strong> iniziazione che avrebbe segnato il suo<br />
passaggio da adolescente a guerriero. Da tempo,<br />
nell'ambito del suo programma <strong>di</strong> addestramento,<br />
aveva stabilito un calendario <strong>di</strong> giorni e settimane da<br />
trascorrere solo nella foresta con qualunque clima,<br />
contando esclusivamente sulle proprie forze per<br />
procurarsi il cibo o trovarsi un riparo, armato<br />
esclusivamente <strong>di</strong> un coltello o <strong>di</strong> una fionda. Tuttavia,<br />
quando trascorsero due notti senza che tornasse,<br />
cominciò a serpeggiare una certa inquietu<strong>di</strong>ne.<br />
Un'assenza superiore a due giorni comportava<br />
specifiche procedure e responsabilità - specialmente per<br />
il figlio del re - e se il giovane non fosse tornato entro<br />
mezzogiorno dell'indomani, il fatto avrebbe potuto
suscitare ancor più emozione della scomparsa <strong>di</strong><br />
Mairidh.<br />
Quanto a lei, il suo caso era tale da creare un certo<br />
clamore. Si trattava <strong>di</strong> una donna sposata, la moglie <strong>di</strong><br />
uno degli onorati ospiti del re, e la sua sparizione non<br />
era un evento che si potesse prendere alla leggera. Fin<br />
dalla sera del primo giorno, allorché Mairidh non era<br />
rientrata per la cena, era stata organizzata una battuta<br />
<strong>di</strong> ricerca e tutti coloro che potevano avere un'idea <strong>di</strong><br />
dove fosse erano stati accuratamente interpellati. Ma<br />
né la ricerca né gli interrogatori avevano sortito alcun<br />
risultato. Persino Brenna, la giovane donna che l'aveva<br />
accompagnata nella sua prima visita al luogo in cui<br />
Uther andava a nuotare, aveva scosso la testa<br />
meravigliata quando le avevano chiesto se sapesse<br />
dov'era andata.<br />
Così quando i due riapparvero insieme il terzo<br />
giorno dalla loro scomparsa, l'intera popolazione <strong>di</strong> Tir<br />
Manha salutò l'evento con grande gioia. Furono<br />
avvistati dalle mura nell'attimo in cui sbucavano dalla<br />
foresta <strong>di</strong>retti verso l'inse<strong>di</strong>amento che circondava la<br />
porta principale della fortezza; quando ebbero<br />
attraversato i duecento passi del campo <strong>di</strong><br />
combattimento e giunsero in prossimità delle prime<br />
capanne, trovarono ad aspettarli l'intera comunità,<br />
compresi Uric e Veronica, i genitori <strong>di</strong> Uther. Erano<br />
davvero uno strano spettacolo, così malconci, scalzi e<br />
coperti dalla testa ai pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> fango secco, tagli e<br />
abrasioni. Ma era soprattutto Uther ad attirare
l'attenzione, con i lombi cinti da un brandello <strong>di</strong> stoffa<br />
che ben pochi degli astanti avrebbero potuto<br />
riconoscere: i laceri resti dell'indumento che Mairidh<br />
indossava sotto la lunga veste quando aveva lasciato<br />
l'accampamento del re.<br />
Veronica Varro, che era in pie<strong>di</strong> <strong>di</strong>etro al marito e a<br />
uno dei consiglieri, corrugò lievemente la fronte<br />
osservando la coppia che si avvicinava. Li esaminò<br />
entrambi, prendendo nota dei piccoli, <strong>di</strong>screti segni che<br />
rivelavano una certa intimità fra i due, e quando fu<br />
convinta <strong>di</strong> aver visto tutto ciò che c'era da vedere,<br />
<strong>di</strong>stese il volto e si fece avanti, sorridente, per<br />
abbracciare il figlio e accogliere la sua ospite.<br />
Nello stesso momento il marito <strong>di</strong> Mairidh, Balin,<br />
uscì dalla folla che circondava il re andando incontro<br />
alla moglie, e lei lo raggiunse imme<strong>di</strong>atamente<br />
chinando il capo in segno <strong>di</strong> sottomissione. Lui la prese<br />
dolcemente per un braccio e le posò una mano sul<br />
capo prima <strong>di</strong> attirarla a sé, stringendola al petto. Poi,<br />
senza staccarsi da lei, la scrutò con aria interrogativa,<br />
spostando ogni tanto lo sguardo verso Uther che li<br />
osservava a testa alta fra le braccia della madre.<br />
Uther non lo perse <strong>di</strong> vista mentre lui esaminava la<br />
moglie, sollevandole dolcemente il mento con la mano<br />
per guardarla negli occhi. Il ragazzo non vide traccia <strong>di</strong><br />
rabbia, rancore o preoccupazione sul volto dell'uomo,<br />
ma solo l'espressione <strong>di</strong> un padre affettuoso che<br />
osserva una figlia adorata. «Stai bene, Mairidh? Ti è<br />
stato fatto del male?»
La donna fece un leggero cenno col capo. «La<br />
risposta è sì, marito mio, a tutte e due le tue domande.<br />
Mi hanno fatto del male, ma ora sto bene. Sono stata<br />
rapita non lontano da qui, mentre passeggiavo da sola<br />
lungo il fiume. Gli uomini che mi hanno catturato<br />
erano stranieri, parlavano una lingua sconosciuta.<br />
Dovevano essere sbarcati in qualche punto della costa,<br />
provenienti da chissà dove. Ma sono stata liberata da<br />
questo giovane che ho scoperto essere il figlio <strong>di</strong> re<br />
Uric, il quale ha rischiato la sua vita per salvare la mia.»<br />
Mairidh si girò verso Veronica e le sorrise, prima <strong>di</strong><br />
rivolgersi al re. «Tuo figlio fa onore a te e alla tua<br />
sposa, re Uric. Se prenderà il tuo posto negli anni a<br />
venire, sarà un potente re. È già un grande guerriero.<br />
Senza l'aiuto <strong>di</strong> nessuno ha ucciso gli uomini che mi<br />
tenevano prigioniera, e che credevo lo avessero<br />
assassinato.» Si interruppe e tornò a rivolgersi a Balin.<br />
«Marito mio, sono sporca, ferita e anche affamata. Ti<br />
<strong>di</strong>spiace accompagnarmi e rimandare a più tar<strong>di</strong> il mio<br />
racconto?»<br />
Qualche ora dopo, lavata, vestita e rifocillata,<br />
Mairidh intrattenne suo marito, i genitori <strong>di</strong> Uther e<br />
l'intero seguito del re con la narrazione delle eroiche<br />
gesta del giovane. Uther non era presente poiché suo<br />
padre lo aveva espressamente escluso dalla riunione,<br />
confinandolo nelle sue stanze finché il sovrano non<br />
fosse stato certo che la <strong>di</strong>gnità regale era intatta e che il<br />
figlio si fosse realmente comportato in modo corretto
nel corso <strong>di</strong> quello strano episo<strong>di</strong>o. Così, mentre<br />
Mairidh decantava le sue imprese, Uther attendeva<br />
altrove, assillato dal timore che lei si facesse sfuggire<br />
qualcosa davanti al re.<br />
La sua ansia era ingiustificata, poiché Mairidh<br />
raccontò esattamente ciò che gli aveva promesso: la<br />
pura verità, salvo qualche leggera mo<strong>di</strong>fica sulle fasi<br />
iniziali della vicenda e l'omissione dei rapporti intimi<br />
che avevano avuto in seguito.<br />
Era stata colta <strong>di</strong> sorpresa, spiegò lei, mentre si<br />
riposava su un promontorio ricoperto <strong>di</strong> muschio tra i<br />
boschi che sovrastavano la riva del fiume, senza il<br />
minimo sospetto che le potesse accadere qualcosa <strong>di</strong><br />
male in un posto così bello e così vicino alla fortezza<br />
del re.<br />
I suoi aggressori erano sbucati dal nulla e le erano<br />
saltati addosso, immobilizzandola con il suo stesso<br />
mantello, trascinandola via senza darle la possibilità <strong>di</strong><br />
resistere o <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendersi. Aveva avuto appena il tempo<br />
<strong>di</strong> lanciare un grido, subito soffocato da un pugno che<br />
l'aveva tramortita.<br />
Ma quell'unico lamento era stato u<strong>di</strong>to dal giovane<br />
Uther Pendragon, che era subito accorso in suo aiuto.<br />
Purtroppo stava nuotando nel fiume quando lei aveva<br />
urlato, e quin<strong>di</strong> si era arrampicato fin lassù nudo e<br />
<strong>di</strong>sarmato.<br />
Uther era stato imme<strong>di</strong>atamente aggre<strong>di</strong>to dal più<br />
grosso dei rapitori che lo attendeva sulla cima. L'uomo<br />
lo aveva picchiato selvaggiamente, poi afferrandolo
per una caviglia e per i capelli lo aveva gettato oltre il<br />
ciglio della rupe sulle pietre aguzze del fiume<br />
sottostante.<br />
Certa <strong>di</strong> aver catturato l'attenzione degli ascoltatori<br />
e <strong>di</strong> averli convinti che la prima parte del suo racconto<br />
era l'assoluta verità, da quel momento in poi Mairidh<br />
si attenne strettamente ai fatti, limitandosi a tralasciare<br />
il modo in cui lei e Uther si erano scaldati durante la<br />
lunga e gelida notte e rinfrescati nelle lunghe e calde<br />
giornate. Quando ebbe finito, nessuno, nemmeno<br />
Veronica, nutriva alcun dubbio su ciò che aveva detto.<br />
Uther capì che la storia <strong>di</strong> Mairidh aveva funzionato<br />
quando nel tardo pomeriggio la porta del suo alloggio<br />
si aprì e re Uric entrò col sorriso sulle labbra. Il ragazzo<br />
si alzò <strong>di</strong>ssimulando il suo sollievo e insieme il suo<br />
nervosismo, poiché aveva temuto che la sua relazione<br />
con Mairidh venisse scoperta. La semplice circostanza<br />
che fosse la sposa <strong>di</strong> uno dei più illustri ospiti <strong>di</strong> suo<br />
padre implicava che facendo l'amore con lei,<br />
in<strong>di</strong>pendentemente dal fatto che la donna fosse<br />
consenziente o avesse ad<strong>di</strong>rittura preso l'iniziativa,<br />
Uther aveva infranto una delle più sacre regole <strong>di</strong><br />
ospitalità del re. Non aveva importanza che quella<br />
fosse una legge personale e unica, creata e applicata<br />
dal re monogamo in omaggio alla moglie cristiana<br />
Veronica, né che tale legge provocasse risentimenti e<br />
ironie tra gli stessi capi e comandanti <strong>di</strong> Uther, che<br />
consideravano il loro re troppo debole da questo
punto <strong>di</strong> vista. Uric faceva rispettare quella norma con<br />
una spietatezza che contrastava nettamente con la sua<br />
tolleranza in altre situazioni.<br />
Da quel punto <strong>di</strong> vista, Uther era chiaramente<br />
responsabile, colpevole e censurabile, e il pensiero che<br />
Mairidh potesse tra<strong>di</strong>rlo involontariamente<br />
esponendolo alle ire del re, che erano famose per la<br />
loro rarità ma anche per la loro ferocia, lo spaventava<br />
più <strong>di</strong> tutto. Ma <strong>di</strong> fronte all'atteggiamento del<br />
sovrano, il ragazzo capì imme<strong>di</strong>atamente che il suo<br />
segreto era rimasto inviolato. Andò incontro al padre<br />
tendendogli la mano e mantenendo per prudenza<br />
un'espressione neutra, ma Uric lo strinse in un caloroso<br />
abbraccio, esclamando: «Sai, c'è stato un momento,<br />
quando sei arrivato stamattina, in cui ho temuto -ma<br />
solo per un attimo - che mi avessi deluso e avessi fatto<br />
qualcosa <strong>di</strong>... riprovevole...» Lasciò che le parole<br />
aleggiassero nell'aria per un istante. «Poi mi sono<br />
ricordato della tua rettitu<strong>di</strong>ne, e la verità ha<br />
confermato che il mio sospetto era stupido e ingiusto.<br />
D'altronde, tu eri sparito, e lei pure, così mi è venuto<br />
in mente - e non solo a me, scommetto - che poteste<br />
essere stati insieme come un uomo e una donna,<br />
insomma che vi foste dati un appuntamento.»<br />
Uther cercò <strong>di</strong> non irrigi<strong>di</strong>rsi tra le braccia del padre,<br />
ma il re non aveva ancora finito <strong>di</strong> parlare.<br />
«Appena Mairidh ha cominciato a raccontare,<br />
naturalmente, ha smentito questa ipotesi» proseguì.<br />
«Ma non ho potuto impe<strong>di</strong>rmi <strong>di</strong> pensare che le belle
donne hanno sempre saputo mentire con grande<br />
<strong>di</strong>sinvoltura, quando mettono le corna ai mariti.» Uric<br />
fece un passo in<strong>di</strong>etro e prese il figlio per le spalle,<br />
guardandolo dritto negli occhi. «E ora che so tutto,<br />
sono orgoglioso <strong>di</strong> te, figlio mio. Ti sei comportato<br />
bene. Ma vorrei sentire la tua versione dei fatti.<br />
Scommetto che sarà più violenta <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> Lady<br />
Mairidh.»<br />
Uther scosse la testa e accennò un sorriso, sperando<br />
che il padre attribuisse il suo rossore alla modestia e<br />
non alla vergogna per essersi finto generoso ed eroico,<br />
tacendo il suo inganno. Tentò <strong>di</strong> schermirsi, ma <strong>di</strong><br />
fronte all'insistenza <strong>di</strong> Uric fu costretto a raccontare la<br />
storia un'altra volta, tenendo conto dei cambiamenti<br />
che Mairidh aveva introdotto all'inizio ma attenendosi<br />
<strong>di</strong> lì in poi all'esatta cronologia dei fatti, e terminando<br />
con l'uccisione dei due predoni, la fuga dal loro<br />
accampamento e la decisione <strong>di</strong> lasciare il cavallo e <strong>di</strong><br />
percorrere la strada <strong>di</strong> ritorno a pie<strong>di</strong>.<br />
Il re annuiva mentre immaginava i fatti,<br />
concordando con la logica delle scelte fatte dal figlio.<br />
«Bravo. Ben fatto, figliolo. Hai la testa sulle spalle. A<br />
proposito, Balin vorrebbe incontrarti, appena puoi. Ti<br />
è estremamente grato, e credo che si mostrerà più che<br />
generoso nel ricompensarti per aver salvato la vita <strong>di</strong><br />
sua moglie.» Il re sorrise vedendo le guance <strong>di</strong> Uther<br />
arrossire <strong>di</strong> nuovo. «Coraggio» lo esortò. «Ti sei<br />
guadagnato lo<strong>di</strong> e ricompense, quin<strong>di</strong> accettale come<br />
un tuo <strong>di</strong>ritto. Ma se ciò ti imbarazza, forse è meglio
che tu ci vada subito e ti tolga il pensiero.»<br />
Uther soffocò l'impulso <strong>di</strong> rifiutare imme<strong>di</strong>atamente<br />
quel suggerimento, e si prese il tempo <strong>di</strong> riflettere in<br />
silenzio sui pro e i contro <strong>di</strong> incontrare subito il marito<br />
della donna con cui aveva fatto l'amore solo poco<br />
tempo prima. Sapeva che rimandare la visita non<br />
l'avrebbe resa più facile. Forse era meglio togliersi il<br />
pensiero imme<strong>di</strong>atamente, prima che Balin avesse il<br />
tempo <strong>di</strong> riflettere a ciò che poteva essere accaduto<br />
durante l'assenza della moglie, quando lei non<br />
indossava ancora la tunica del suo salvatore... Uther<br />
sapeva anche che suo padre avrebbe finito per<br />
domandarsi perché suo figlio fosse così restio a<br />
incontrare un uomo che aveva un debito così grande<br />
nei suoi confronti. Il re dei Pendragon non era uno<br />
sciocco e il fatto che avesse raggiunto una posizione<br />
così elevata ne era la prova. Così, alla fine, fece un<br />
cenno <strong>di</strong> assenso col capo.<br />
«Hai ragione, padre. Meglio farlo subito, anche se<br />
non ho fatto nulla <strong>di</strong> eroico, e quin<strong>di</strong> preferirei non<br />
essere ringraziato. Non è certo un'impresa encomiabile<br />
prendere <strong>di</strong> sorpresa due uomini addormentati e<br />
spaccar loro la testa nell'oscurità. In fondo non ho<br />
fatto altro che liberare la donna e riportarla a casa...<br />
Penso che andrò da suo marito adesso. Vieni con me?»<br />
Suo padre sorrise e scosse la testa. «No, Uther, e se ci<br />
pensi capirai il perché: è a te che vuole mostrare la sua<br />
gratitu<strong>di</strong>ne. Io sono il re, e sono tuo padre. Ciò basta a<br />
farlo sentire in dovere <strong>di</strong> esprimere adeguatamente il
suo riconoscimento. La mia presenza gli imporrebbe un<br />
ulteriore fardello. Non posso fargli questo.»<br />
Uther annuì. «Bene, è meglio che vada da lui,<br />
adesso, non cre<strong>di</strong>?»<br />
«Sì. Ti starà aspettando.»<br />
«Molto bene, allora... vado...»<br />
Anni dopo, ripensando a quei momenti, Uther<br />
rivelò all'amico Huw Fortebraccio che quel pomeriggio<br />
era stato sul punto <strong>di</strong> abbandonare la fortezza e <strong>di</strong><br />
fuggire a <strong>Camelot</strong>, pur <strong>di</strong> evitare il confronto con il<br />
nobile ospite del padre che la sua coscienza sporca gli<br />
imponeva. A trattenerlo fu solo la consapevolezza che<br />
così facendo si sarebbe riconosciuto colpevole <strong>di</strong> un<br />
crimine che nessuno gli aveva ancora contestato. Se<br />
fosse andato via quel giorno, confessò a Huw, l'intero<br />
sviluppo e l'esito delle guerre con la Cornovaglia e il<br />
suo se<strong>di</strong>cente re, Gulrhys Lot, avrebbero potuto essere<br />
ben <strong>di</strong>versi.<br />
Invece Uther raggiunse con grande riluttanza e<br />
trepidazione l'alloggio dov'erano acquartierati Balin e<br />
sua moglie, e quando vide Mairidh che lo attendeva<br />
sorridente sulla soglia, il suo senso <strong>di</strong> colpa e la paura<br />
crebbero fino a trasformarsi in panico. Non aveva<br />
sufficiente esperienza per attendersi un'accoglienza così<br />
serena e festosa, e sebbene capisse confusamente che<br />
avrebbe dovuto esserne contento, non era ancora<br />
abbastanza smaliziato o cinico, per adattarsi
imme<strong>di</strong>atamente alla situazione.<br />
Ignara del suo imbarazzo, Mairidh lo prese<br />
dolcemente per mano conducendolo verso la porta<br />
chiusa alle sue spalle, e per un attimo Uther,<br />
infiammato dal contatto <strong>di</strong> quella morbida mano<br />
femminile, pensò assurdamente che lei lo stesse in<br />
qualche modo rapendo, che volesse attirarlo in una<br />
stanza privata per far l'amore con lui proprio sotto il<br />
naso del marito. Terrorizzato, tentò <strong>di</strong> resisterle, ma lei<br />
aveva già bussato e si era voltata a guardarlo, senza<br />
smettere <strong>di</strong> sorridere.<br />
«Balin?» chiamò. «Il mio salvatore è qui. Lo faccio<br />
entrare?»<br />
La porta si aprì prima ancora che lei avesse finito <strong>di</strong><br />
parlare e Balin, un uomo alto, anziano, con lunghi<br />
capelli d'argento, apparve sulla soglia e si produsse in<br />
una sorta <strong>di</strong> inchino, un gesto <strong>di</strong> cortesia che esprimeva<br />
rispetto nei confronti sia <strong>di</strong> Mairidh che <strong>di</strong> Uther. «Non<br />
ce n'è bisogno, amore mio» mormorò con voce bassa e<br />
profonda. «Accoglierò io stesso il nostro benefattore.»<br />
Fece un cenno con la mano per invitare Uther nel<br />
suo stu<strong>di</strong>o privato. «Entra nel mio mondo, ti prego,<br />
Uther Pendragon. Sei già entrato nella mia vita,<br />
salvando la mia amata consorte. Sarei immensamente<br />
felice se tu accettassi la mia gratitu<strong>di</strong>ne e <strong>di</strong>sponessi<br />
liberamente <strong>di</strong> tutto il resto, anche se è così poco<br />
paragonato a ciò che ho rischiato <strong>di</strong> perdere. Vieni,<br />
sie<strong>di</strong>ti insieme a me, parliamo.»<br />
Disarmato e confuso dai mo<strong>di</strong> gentili e dall'evidente
sincerità dell'uomo che lo aveva accolto così<br />
cor<strong>di</strong>almente, Uther si lasciò trascinare nello stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />
Balin e subito si ritrovò seduto <strong>di</strong> fronte a un braciere<br />
ardente, con in mano una coppa che il suo ospite stava<br />
colmando <strong>di</strong> un vino dorato e frizzante.<br />
Mairidh si era ritirata in silenzio in un'altra parte<br />
dell'e<strong>di</strong>ficio squadrato che, malgrado le sue <strong>di</strong>mensioni<br />
ridotte, era molto confortevole, come si conveniva<br />
all'alloggio riservato ai più importanti ospiti del re.<br />
Uther era così stupito dalle attenzioni del marito che<br />
non si era nemmeno accorto che lei non lo aveva<br />
seguito nella stanza. Né poteva sapere, del resto, che<br />
in quel momento Mairidh era seduta a pochi passi da<br />
lui, dall'altro lato della parete più vicina ai due uomini.<br />
Protetta da sguar<strong>di</strong> in<strong>di</strong>screti, era adagiata in una<br />
comoda poltrona dalla spessa imbottitura sorseggiando<br />
una coppa del loro stesso vino, e ascoltava le voci che<br />
le giungevano <strong>di</strong>rettamente dalla sommità del<br />
tramezzo che <strong>di</strong>videva l'ampia stanza. U<strong>di</strong>va<br />
<strong>di</strong>stintamente ogni parola della conversazione in corso<br />
nella stanza <strong>di</strong> Balin.<br />
In quel momento, Uther stava osservando rapito il<br />
liquido spumeggiante che aveva raggiunto l'orlo della<br />
coppa, e il suo ospite che allontanava l'acquamanile<br />
senza farne cadere una sola goccia. Balin lo guardò<br />
ansiosamente, in attesa che lui bevesse, ma Uther non<br />
si mosse. Non aveva mai assaggiato quel vino giallo,<br />
ma conosceva il vinum, il rosso dal gusto aspro misto<br />
ad acqua apprezzato dai cavalieri <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>. Nel
montuoso territorio della Cambria meri<strong>di</strong>onale il vino<br />
si beveva <strong>di</strong> rado, semplicemente perché non era quasi<br />
mai <strong>di</strong>sponibile.<br />
«Bevi, gusta il nettare degli dèi.» Balin riempì la sua<br />
coppa e se la portò alle labbra, reggendo l'acquamanile<br />
nell'altra mano. Anche Uther lo imitò, ma con<br />
circospezione, a piccoli sorsi, memore dell'asprezza che<br />
lo aveva fatto star male la prima volta che aveva<br />
assaggiato il vinum. Si ritrovò in bocca un liquido<br />
dolce come sciroppo, un soave trionfo <strong>di</strong> sapori <strong>di</strong>versi<br />
che mescolandosi e fondendosi insieme sulla lingua<br />
titillavano le papille e inebriavano la mente. «Non è<br />
meraviglioso? Hai mai assaggiato nulla <strong>di</strong> simile?»<br />
Uther riuscì solo a scuotere la testa stupefatto,<br />
bevendone un altro sorso.<br />
«Viene dalle regioni centrali <strong>di</strong> quei territori delle<br />
tribù germaniche che i Romani non hanno mai<br />
conquistato, e le uve con cui è fatto sono coltivate sui<br />
pen<strong>di</strong>i lungo le rive dell'ampio fiume che essi chiamano<br />
Rhenus, e che segna i confini nordorientali dell'Impero<br />
romano. Questo nettare rappresenta la più grande<br />
contrad<strong>di</strong>zione al mondo, poiché il popolo che lo<br />
produce è tanto selvaggio e feroce, che è riuscito a<br />
fermare le legioni <strong>di</strong> Roma e a negare loro l'accesso<br />
alle più remote regioni del suo territorio: l'unico<br />
popolo al mondo a esserci riuscito, fatta eccezione per<br />
gli abitanti dell'estremo nord della Caledonia, terra<br />
talmente malsana e sterile che i Romani si rifiutarono<br />
<strong>di</strong> conquistarla. Eppure, malgrado il loro furore, queste
indomabili tribù germaniche hanno la capacità <strong>di</strong><br />
produrre questo splen<strong>di</strong>do vino. Mi hanno detto che<br />
le uve che crescono nei loro terrazzamenti sui fianchi<br />
delle colline hanno un colore verde chiaro e sono<br />
molto dolci, ricche <strong>di</strong> zucchero e perfette per la<br />
realizzazione <strong>di</strong> questo nettare, che non si trova in<br />
nessun altro posto al mondo.» Smise <strong>di</strong> parlare e<br />
centellinò il liquido dalla sua coppa, facendo scorrere<br />
ogni sorso sulla lingua e assaporandolo lentamente<br />
prima <strong>di</strong> passare al successivo.<br />
«Come puoi immaginare, non è facile procurarselo,<br />
ora che gli scambi commerciali tra la Britannia e la<br />
Gallia sono così rari. Ma io ho un... un fornitore che<br />
ha contatti ovunque e conta sul fatto che tutti hanno<br />
bisogno della sua abilità <strong>di</strong> commerciante. L'ultima<br />
volta che l'ho visto, quando sono passato da casa mia<br />
in Cornovaglia, grazie agli dèi ne aveva ancora<br />
parecchio, ma nemmeno lui è in grado <strong>di</strong> garantire<br />
un'offerta costante...» Balin si interruppe, meravigliato,<br />
vedendo il ragazzo irrigi<strong>di</strong>rsi <strong>di</strong> colpo sulla se<strong>di</strong>a e<br />
corrugare la fronte. «Che succede? Non ti piace il<br />
vino?»<br />
L'espressione <strong>di</strong> Uther si fece ancora più contrariata.<br />
«Non sapevo che tu fossi della Cornovaglia.»<br />
Balin sollevò leggermente la testa, mentre sul suo<br />
volto si alternavano sorpresa e <strong>di</strong>vertimento. «Certo<br />
che sono della Cornovaglia! Da dove credevi che<br />
venissi, e perché la cosa sembra <strong>di</strong>spiacerti?»<br />
Finalmente Uther capì <strong>di</strong> aver reagito in modo
usco e scortese. «Io... io sapevo solo che eri venuto a<br />
trattare questioni <strong>di</strong>plomatiche con mio padre.<br />
Pensavo che tu fossi... mi vergogno ad ammetterlo, ma<br />
non mi sono preoccupato <strong>di</strong> scoprirlo.»<br />
Balin fece un mezzo sorriso. «Non c'è motivo <strong>di</strong><br />
vergognarsi, ma mi sembri comunque deluso.»<br />
«Lo sono, signore. Deluso <strong>di</strong> me stesso. Sono il figlio<br />
del re, dopotutto.»<br />
Balin chinò la testa in segno <strong>di</strong> comprensione e <strong>di</strong><br />
rispetto. «È vero, sei il figlio del re, ma formalmente<br />
non sei ancora un guerriero. Affronterai i riti della<br />
virilità proprio questo mese, giusto?»<br />
«Sì.»<br />
«Allora, poiché ufficialmente sei ancora un ragazzo e<br />
non un guerriero con le responsabilità e i doveri <strong>di</strong> un<br />
guerriero, perché dovresti vergognarti <strong>di</strong> non avere<br />
indagato sulle mie origini? Anche se tu lo avessi fatto,<br />
la tua curiosità sarebbe rimasta insod<strong>di</strong>sfatta. Scusami<br />
se te lo <strong>di</strong>co, ma sei ancora troppo giovane per<br />
prendere parte agli affari degli adulti.»<br />
«Ma non troppo giovane per fare domande. Non<br />
essere un guerriero non è una scusa valida per farsi<br />
cogliere impreparato, Balin. Se mi fossi fatto cogliere<br />
impreparato qualche giorno fa, tua moglie forse non<br />
sarebbe qui, ora.»<br />
Balin riconobbe la verità delle sue parole e chinò il<br />
capo. «Ma perché avresti dovuto preoccuparti <strong>di</strong><br />
chiedere da dove venivo? Da come parli, sembra che
sia molto importante per te saperlo.»<br />
Uther si alzò e depose con cautela la sua coppa su<br />
un tavolino. «Lo è, signore, quando la risposta è la<br />
Cornovaglia. E ora devo andare. Grazie per il vino.»<br />
«Gran Dagda!» Con un sorriso incredulo, Balin si<br />
lasciò cadere su una se<strong>di</strong>a con la stessa rapi<strong>di</strong>tà con cui<br />
Uther era balzato in pie<strong>di</strong>. «Vuoi andartene in questo<br />
modo solo perché sono della Cornovaglia? Siamo<br />
dunque nemici, ed è una <strong>di</strong>sgrazia per te essere in mia<br />
presenza? Dimmi, temi forse per la tua vita?» Uther si<br />
sentì avvampare. «Be'... no.»<br />
«Aha! Allora sie<strong>di</strong>ti, ti prego, finisci il tuo vino, e nel<br />
frattempo spiegami, se non ti <strong>di</strong>spiace, perché la mia<br />
provenienza è per te una sorpresa tanto sgra<strong>di</strong>ta. Hai<br />
dei nemici in Cornovaglia?»<br />
«Sì. Uno mortale.» Uther tornò a sedersi, ma senza<br />
accennare a riprendere la sua coppa <strong>di</strong> vino.<br />
Balin, che aveva formulato la domanda per scherzo,<br />
lo fissò assorto per qualche istante, e quando riprese a<br />
parlare il tono della sua voce si era fatto cauto e un po'<br />
pensieroso. «Tuo padre non me ne ha parlato.»<br />
«Mio padre non sa nulla.»<br />
«Com'è possibile? Hai un nemico giurato e tuo padre<br />
non lo conosce? Non metto in dubbio le tue parole,<br />
naturalmente, ma mi sembra... strano. Non sei mai<br />
stato in Cornovaglia, vero? Allora da dove nasce<br />
questa <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>a? E recente?»<br />
«No, è iniziata tre anni fa.»
«Tre anni fa? Ma non eri che un ragazzo a quel<br />
tempo, un bambino! Cosa avvenne, con chi ti trovasti<br />
in contrasto?»<br />
«Conosci il duca Emrys?»<br />
«Certo che lo conosco. È il mio signore.»<br />
«E suo figlio, Gulrhys Lot?»<br />
«Lot? Per tutti gli dèi! Eri tu allora quel ragazzo che<br />
lo aggredì a <strong>Camelot</strong> e per poco non lo uccise?»<br />
Uther scrollò le spalle. «Suppongo <strong>di</strong> sì. Ma anche lui<br />
mi aggredì... Guarda.» Distese la gamba sinistra e<br />
sollevò il lembo della tunica scoprendo una lunga,<br />
profonda cicatrice sull'esterno della coscia, un palmo<br />
sopra il ginocchio.<br />
«Caspita! È una ferita da uomo, una ferita da<br />
battaglia. Ma voi eravate solo ragazzi, bambini.»<br />
«No, Balin. Io avevo do<strong>di</strong>ci anni, e Gulrhys Lot<br />
aveva l'età che ho io adesso, e offese mia madre in<br />
modo intollerabile. Se mio zio, Pico Britannico, non ci<br />
avesse fermato, Gulrhys Lot non sarebbe vivo oggi.<br />
L'avrei ucciso.» Balin tacque per un po' me<strong>di</strong>tando su<br />
quelle parole, poi annuì, pensoso. «Dunque la cosa era<br />
molto più seria e più importante <strong>di</strong> quanto mi fu fatto<br />
credere. Tu affermi che gli insulti che Lot rivolse a tua<br />
madre furono così gravi... da spingerti al punto <strong>di</strong><br />
uccidere? Mi è <strong>di</strong>fficile credere che il duca Emrys possa<br />
aver permesso a suo figlio <strong>di</strong> tenere un<br />
comportamento così volgare.»<br />
Uther si limitò a guardarlo freddamente. «Il duca
Emrys non era lì in quel momento. C'eravamo solo noi<br />
tre: Lot, mio cugino Cai e io. Il duca non seppe nulla<br />
dell'accaduto finché non fu tutto finito. E lo zio Pico ci<br />
scoprì solo per caso. Passava <strong>di</strong> lì e udì il rumore delle<br />
nostre spade.»<br />
«Posso chiederti cosa facevi a <strong>Camelot</strong>? Non ci sono<br />
mai stato, e mi incuriosisce. Alcuni racconti che ho<br />
u<strong>di</strong>to in proposito sembrano troppo fantastici per<br />
essere veri. Questo tuo zio è un personaggio <strong>di</strong> spicco<br />
laggiù, vero?»<br />
Uther esitò, poi riprese la coppa <strong>di</strong> vino e ne bevve<br />
un sorso, constatando che la sua rivelazione su Gulrhys<br />
Lot non aveva suscitato la reazione sdegnata che si era<br />
aspettato. O Balin era un <strong>di</strong>plomatico più abile <strong>di</strong><br />
quanto lasciasse intendere, o era effettivamente<br />
<strong>di</strong>sinteressato a ciò che riguardava il figlio del suo<br />
signore. Uther assaggiò un altro po' <strong>di</strong> vino e lo<br />
trattenne sulla lingua, godendosi il leggero pizzicore<br />
delle sue bollicine frizzanti prima <strong>di</strong> inghiottirlo.<br />
Sapeva che suo padre non sarebbe stato contento <strong>di</strong><br />
vederlo bere del vino non annacquato, e ancor meno<br />
del fatto che lo apprezzasse in modo così evidente.<br />
Posò la coppa sul tavolino, poi sorrise a Balin che lo<br />
stava osservando.<br />
«Mio zio, Pico Britannico, è legato e comandante<br />
supremo delle forze <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>.»<br />
«Una carica molto importante.»<br />
Uther annuì gravemente. «Sì, signore, e <strong>di</strong> grande<br />
potere. Ha sostituito al comando mio nonno, Caio
Publio Varro, che ha ere<strong>di</strong>tato il titolo dall'amico e poi<br />
cognato Caio Cornelio Britannico, il padre <strong>di</strong> Pico. Il<br />
prozio Caio e il nonno Varro furono i fondatori <strong>di</strong><br />
<strong>Camelot</strong>, che in origine era un insieme <strong>di</strong> vaste e ricche<br />
tenute agricole.»<br />
Balin lo osservò accarezzandosi la barba<br />
<strong>di</strong>strattamente, con aria lievemente perplessa. «Tenute<br />
agricole? Ti <strong>di</strong>spiace spiegarmelo? Non capisco.<br />
<strong>Camelot</strong> è una fortezza, stando a quel che ho sentito.<br />
Non ho mai u<strong>di</strong>to nulla che comprendesse fattorie o<br />
coltivazioni.»<br />
Uther si sforzò <strong>di</strong> rimanere impassibile mentre<br />
rifletteva sorpreso su quanto aveva appena scoperto.<br />
Prima <strong>di</strong> apprendere che veniva dalla Cornovaglia,<br />
aveva dato per scontato che Balin, in quanto illustre<br />
ospite <strong>di</strong> suo padre e ambasciatore <strong>di</strong> qualche lontano<br />
re o capo, sapesse tutto ciò che c'era da sapere su<br />
<strong>Camelot</strong>, l'alleato più stretto e più forte dei<br />
Pendragon. Era chiaro invece che l'uomo non sapeva<br />
quasi nulla, e il ragazzo comprese imme<strong>di</strong>atamente che<br />
Uric doveva avere eluso le sue domande.<br />
Mille pensieri <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nati si accavallavano nella sua<br />
mente. Perché suo padre aveva scelto <strong>di</strong> essere così<br />
riservato? Probabilmente non si fidava, concluse, se<br />
non <strong>di</strong> Balin stesso certamente del suo padrone, il duca<br />
Emrys <strong>di</strong> Cornovaglia. Sebbene in passato Uther fosse<br />
stato ben contento <strong>di</strong> non essere convocato o<br />
ammesso alle frequenti e spesso noiose riunioni del<br />
Consiglio <strong>di</strong> suo padre, in quel momento avrebbe dato
qualunque cosa per saperne un po' <strong>di</strong> più. Poi,<br />
rammentando che secondo Garreth il Fischiatore<br />
l'atteggiamento migliore da assumere in simili<br />
circostanze era parlare poco e ascoltare attentamente,<br />
si finse meravigliato.<br />
«Non sei mai stato da quelle parti, nella zona<br />
intorno ad Aquae Sulis, a est <strong>di</strong> qui?»<br />
«Sì, ma per poco, e non ho fatto in tempo a<br />
conoscere bene quella regione. Mi hanno detto in<br />
effetti che <strong>Camelot</strong> non è molto lontana da qui, a<br />
qualche giorno <strong>di</strong> cammino...» Balin fece una lunga<br />
pausa, <strong>di</strong>stratto evidentemente da altri pensieri, prima<br />
<strong>di</strong> continuare. «E strano, perché nel corso degli anni ho<br />
viaggiato in lungo e in largo come consigliere del capo<br />
Emrys, ben prima che assumesse il titolo romano <strong>di</strong><br />
dux, o duca. Cominciai come suo factotum, per usare il<br />
termine romano, facendo le sue veci nelle prime<br />
iniziative commerciali, e le mie responsabilità al<br />
servizio del duca sono aumentate gradualmente col<br />
passare del tempo. Nei miei <strong>di</strong>versi ruoli ho percorso<br />
quest'isola per intero -sia lungo le coste della Britannia<br />
sia lungo quelle della Caledonia, su entrambi i versanti,<br />
est e ovest - e per tre volte ho attraversato il mare<br />
occidentale fino all'Eire.<br />
Prima che Stilicone richiamasse le legioni della<br />
Britannia provocando il grande esodo dei Romani,<br />
viaggiavo per tutto il paese, curando gli interessi<br />
commerciali del mio signore...» Improvvisamente si<br />
interruppe, e sul suo volto si accese un sorriso. «Strano
come tutte le cose cambino, anche il modo che<br />
abbiamo <strong>di</strong> vedere noi stessi. Tu sei ancora troppo<br />
giovane per accorgerti <strong>di</strong> questa verità, ma un giorno<br />
capirai. Mi riferivo a me ed Emrys. Ora lui è il duca<br />
Emrys, e io lo definisco il mio signore. Ma prima era il<br />
capo Emrys, e prima ancora semplicemente Emrys,<br />
abile commerciante e formidabile guerriero.» Balin fece<br />
un'altra pausa, immergendo lo sguardo nella coppa,<br />
poi riprese, continuando a osservare pensoso il suo<br />
vino.<br />
«Al <strong>di</strong> fuori della Britannia, conosco bene molte parti<br />
della Gallia, poiché sono stato innumerevoli volte in<br />
quella terra, sia a nord che a sud. È lì che si è formato<br />
il mio gusto per i buoni vini come quello che stiamo<br />
bevendo. Ho amici, conoscenze, contatti e<br />
interme<strong>di</strong>ari tra i popoli della Burgun<strong>di</strong>a, e nei clan dei<br />
Franchi che si stanno inse<strong>di</strong>ando nei territori in cui i<br />
Burgun<strong>di</strong> non sono ancora arrivati. Quin<strong>di</strong> mi sembra<br />
strano, dopo aver viaggiato tutti questi anni, <strong>di</strong> aver<br />
trascurato dei luoghi così vicini a casa. Ma temo che la<br />
vita sia spesso così. Raramente ve<strong>di</strong>amo le cose più<br />
vicine ai nostri occhi. Quin<strong>di</strong>, se non ti <strong>di</strong>spiace,<br />
raccontami <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong> e <strong>di</strong> come è nata.»<br />
Uther sorrise e scrollò le spalle, scuotendo la testa<br />
mortificato. «Be', come hai detto tu stesso, non sono<br />
ancora un guerriero, quin<strong>di</strong> ci sono molte cose che non<br />
conosco... <strong>di</strong> cui non sono informato. Non so <strong>di</strong>rti<br />
molto sulla <strong>Camelot</strong> attuale, sui suoi punti <strong>di</strong> forza e <strong>di</strong><br />
debolezza, o su com'è organizzata o governata. Ma ti
posso <strong>di</strong>re com'è arrivata a essere ciò che è oggi. Mi<br />
hanno insegnato bene la sua storia.»<br />
Balin chinò il capo. «Racconta, ti prego. Hai detto<br />
che fu fondata da due uomini, che erano tuoi parenti.»<br />
«Esatto. La storia <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong> iniziò quando mio<br />
nonno, Publio Varro, venne per la prima volta in<br />
questa regione per far visita al mio prozio, Caio<br />
Britannico, e vi si stabilì sposando mia nonna, Luceia<br />
Britannico. Prima <strong>di</strong> allora, <strong>Camelot</strong> non esisteva.<br />
Publio Varro sposò mia nonna Luceia quasi<br />
cinquantanni fa, e fu dopo il loro matrimonio che i<br />
territori del luogo che essi chiamavano la Colonia<br />
furono riuniti e strutturati per assicurare la loro<br />
protezione dopo la partenza dei Romani dalla<br />
Britannia.<br />
Scelsero il forte sulla collina che noi oggi chiamiamo<br />
<strong>Camelot</strong> come punto ideale da cui organizzare la<br />
<strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> tutte le loro fattorie. Era situato in una<br />
posizione centrale fra le proprietà della Colonia, ed era<br />
stato utilizzato a fini <strong>di</strong>fensivi già nell'antichità, molto<br />
prima che i Romani arrivassero in Britannia. All'inizio<br />
Publio Varro lo usò semplicemente come punto <strong>di</strong><br />
raccolta, una base da cui far partire le sue truppe, che<br />
allora erano composte solo da fanti.<br />
Più o meno nello stesso periodo l'altro mio nonno,<br />
Ullic Pendragon, venne in aiuto <strong>di</strong> Varro e Britannico,<br />
e la Cambria dei Pendragon e quella che Caio<br />
Britannico chiamava la Colonia Britannica strinsero<br />
un'alleanza che li impegnava a coprirsi le spalle a
vicenda in caso <strong>di</strong> guerra e <strong>di</strong> pericolo. Fu allora che le<br />
torri <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong> iniziarono a espandersi, prima come<br />
palizzate <strong>di</strong> legno e poi come mura <strong>di</strong> pietra, e gli<br />
abitanti si misero ad allevare e addestrare cavalli, che<br />
per la loro velocità erano il mezzo migliore e più<br />
rapido per spostare uomini a <strong>di</strong>fesa dei confini della<br />
Colonia.<br />
Poi, quando i Romani abbandonarono<br />
definitivamente la Britannia, più o meno all'epoca<br />
della mia nascita, mio zio Pico, che aveva militato<br />
nella cavalleria del reggente <strong>di</strong> Roma, Stilicone,<br />
ottenne che suo padre, il mio prozio Caio, entrasse in<br />
possesso <strong>di</strong> oltre seicento magnifici destrieri romani da<br />
guerra, e da allora il luogo è andato prosperando.»<br />
«Uhm...» Balin, rilassato, si godeva la compagnia del<br />
suo giovane ospite senza tentare <strong>di</strong> nasconderlo.<br />
«Quin<strong>di</strong>, visto che <strong>Camelot</strong> fu fondata dalla tua<br />
famiglia, sarai tu a governarla un giorno?»<br />
«Per gli dèi, no, non spetta a me. Sarà mio cugino<br />
Cai ad amministrarla, e lo farà a meraviglia. Il mio<br />
posto è qui, tra le montagne <strong>di</strong> mio padre e con i suoi<br />
guerrieri. Ma sono grato ai miei amici e parenti <strong>di</strong><br />
<strong>Camelot</strong> per avermi insegnato a cavalcare. Perché i<br />
cavalli sono un'arma, l'arma più grande e potente che<br />
si sia mai vista al mondo.»<br />
«Cavalli?» Balin aveva smesso <strong>di</strong> sorridere e tra<strong>di</strong>va<br />
un evidente stupore. «Ma... ma i cavalli esistono da<br />
quando esiste l'uomo...»<br />
«Certo, ma la novità sta nell'uso che si fa dei cavalli.
Una cavalleria come quella <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong> è in...» Uther<br />
stava per <strong>di</strong>re «invincibile», ma un impulso improvviso<br />
gli impedì <strong>di</strong> pronunciare quella parola. Sbuffò come se<br />
stesse soffocando una risatina imbarazzata, conscio del<br />
fatto che Balin attendeva che lui terminasse la frase,<br />
poi scosse la testa, come se si fosse accorto che stava<br />
per <strong>di</strong>re qualcosa <strong>di</strong> sciocco.<br />
«Comunque,» proseguì «arma o no, sono contento <strong>di</strong><br />
avere un cavallo mio e <strong>di</strong> potermene andare a spasso<br />
liberamente dove mi pare.»<br />
«Già, non c'è niente <strong>di</strong> meglio che essere liberi e<br />
senza vincoli, ma pochi <strong>di</strong> noi, una volta raggiunta l'età<br />
adulta, possono godere <strong>di</strong> questo privilegio. Se non<br />
fosse stato per questo tuo impulso, avrei perso mia<br />
moglie. Mi ha raccontato in ogni particolare ciò che<br />
hai fatto per lei, e sarò per sempre tuo debitore.<br />
Non ti offenderò proponendoti oro o gioielli, anche<br />
se ne possiedo in abbondanza e sono a tua<br />
<strong>di</strong>sposizione se è questo che desideri, ma sento che il<br />
mio obbligo nei tuoi confronti ha un valore così alto<br />
da non potersi ripagare con denaro o monili. In questo<br />
momento non so ancora come sdebitarmi, ma troverò<br />
la maniera. O forse sarai tu a trovarla: una forma <strong>di</strong><br />
ricompensa che avrà per te un valore immenso e che a<br />
me potrebbe non venire mai in mente. Pensaci,<br />
ragazzo. Considerami un amico, senza farti<br />
con<strong>di</strong>zionare da qualsiasi dubbio. Chissà <strong>di</strong> cosa<br />
potresti avere bisogno? E chissà cosa potrei essere in<br />
grado <strong>di</strong> fare per te?»
Non sapendo cosa rispondere, Uther si alzò e si<br />
guardò intorno. Normalmente quella stanza, come<br />
tutte quelle che servivano da alloggio per gli ospiti,<br />
rimaneva vuota ma sempre pulita e arieggiata, in<br />
modo da essere utilizzabile da un momento all'altro. E<br />
se <strong>di</strong> solito l'ambiente rifletteva ben poco del carattere<br />
<strong>di</strong> chi la abitava temporaneamente, <strong>di</strong> tanto in tanto<br />
alcuni visitatori imprimevano visibilmente la loro<br />
personalità e il loro carattere alla stanza e ai suoi arre<strong>di</strong><br />
durante il loro soggiorno.<br />
C'era uno strano strumento a corda appoggiato a<br />
una se<strong>di</strong>a accanto al tavolo principale, e Uther, posata<br />
la sua coppa <strong>di</strong> vino, andò a esaminarlo più da vicino.<br />
Sapeva che si trattava <strong>di</strong> un'arpa, ma era <strong>di</strong>versa da<br />
tutte quelle che aveva visto fino a quel momento, più<br />
grande e con la colonna del telaio <strong>di</strong> aspetto più<br />
solido. Facendo attenzione a non rovesciarla, Uther<br />
sfiorò incuriosito le corde con una mano e passò un<br />
polpastrello lungo una <strong>di</strong> esse, constatandone la ruvida<br />
consistenza.<br />
«Budello» <strong>di</strong>sse Balin. «Budello <strong>di</strong> animale essiccato.<br />
Di maiale, credo, o forse <strong>di</strong> pecora. È un'arpa gaelica.<br />
L'ho trovata l'ultima volta che sono stato in Eire e l'ho<br />
acquistata dal proprietario, che non sapeva<br />
assolutamente suonarla. La conservava perché era<br />
appartenuta alla sua prima moglie, morta quand'era<br />
ancora abbastanza giovane da essere amabile. Ma tu<br />
non mi stai ascoltando. A cosa pensi?»<br />
Uther alzò lo sguardo e sorrise. «Stavo pensando che
sono molto sorpreso nel vedere che non sei<br />
arrabbiato.»<br />
«Arrabbiato? Perché dovrei?»<br />
«Per ciò che ti ho detto... a proposito <strong>di</strong> Lot.»<br />
Balin scosse il capo e fece un cenno per in<strong>di</strong>care che<br />
considerava chiuso l'argomento. «Ciò che è avvenuto<br />
fra te e Gulrhys Lot è una questione personale, e risale<br />
a molto tempo fa. Non vedo il motivo <strong>di</strong> arrabbiarmi<br />
per questo... e tu?»<br />
«No, neanch'io, e ora che ci penso è...»<br />
«Ma potrei arrabbiarmi, credo, se considerassi le<br />
opinioni che ti sei fatto e le conclusioni che hai tratto<br />
da quello scontro <strong>di</strong> tanto tempo fa.»<br />
Uther aggrottò la fronte e stava per replicare<br />
quando Balin lo interruppe alzando una mano. «No, è<br />
proprio così. Quell'incontro con Gulrhys Lot ti ha<br />
convinto che tutti gli abitanti della Cornovaglia siano<br />
come lui e agiscano nello stesso modo, e non hai<br />
cambiato opinione da allora... Quanto tempo è<br />
passato da allora, tre anni? Per tre anni hai coltivato<br />
idee assurde e ingiuste, che sono emerse nel momento<br />
stesso in cui ti ho detto che venivo dalla Cornovaglia.<br />
Mi hai fissato come se fossi un serpente che si contorce<br />
nelle sue spire. Puoi negarlo, forse?»<br />
Uther scrollò le spalle, visibilmente imbarazzato.<br />
«No, non posso.»<br />
«Ma perché pensare una cosa del genere? Anche<br />
ammesso che Lot sia malvagio e pericoloso come tu
pensi, perché io e tutti coloro che vivono in<br />
Cornovaglia dovremmo essere considerati così<br />
spregevoli a causa dei tuoi ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> quell'unico<br />
uomo?»<br />
«Perché i miei ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> quell'uomo sono spregevoli<br />
e dolorosi.»<br />
«Non ne dubito, Uther Pendragon, e non sei il solo a<br />
pensarla così. Io devo fedeltà a suo padre, il duca<br />
Emrys, e basta. Non ho vincoli <strong>di</strong> alcun tipo nei<br />
confronti <strong>di</strong> Gulrhys Lot, e scommetto che in alcune<br />
occasioni lo stesso Emrys ha fatto fatica a sopportare<br />
suo figlio...» Fece una pausa, fissando il ragazzo che lo<br />
osservava turbato. «Credo che dovrò insegnarti<br />
qualcosa sulla Cornovaglia, mastro Uther. Ora sie<strong>di</strong>ti e<br />
bevi il tuo vino mentre io ti racconto <strong>di</strong> mio nipote,<br />
che è più grande <strong>di</strong> te, <strong>di</strong> tre anni, per la precisione,<br />
perché ha la stessa età <strong>di</strong> Gulrhys Lot. Il suo nome è<br />
Lagan, e Mairidh mi ha detto che negli ultimi mesi si è<br />
conquistato l'appellativo <strong>di</strong> Savio in virtù del suo<br />
intelletto e della sua lungimiranza. Per una strana<br />
coincidenza lui e io abbiamo sposato due sorelle. Sua<br />
moglie, Lydda, una creatura giovane e bella che avrà<br />
all'incirca un anno più <strong>di</strong> te, è sorella minore <strong>di</strong><br />
Mairidh, e dunque Lagan non è solo mio nipote, il<br />
figlio <strong>di</strong> mio fratello maggiore, ma anche un parente<br />
acquisito.»<br />
Nel corso della mezz'ora successiva, Uther imparò<br />
molte cose sul giovane noto con il nome <strong>di</strong> Lagan il<br />
Savio, e anche sulle tra<strong>di</strong>zioni e i riti della virilità in
Cornovaglia.<br />
Oltre la parete, Mairidh sorrise e chiuse gli occhi,<br />
ascoltando con piacere ciò che il marito narrava della<br />
sua casa e della sua famiglia.
X.<br />
Nemo considerava Uther il suo campione personale,<br />
quin<strong>di</strong> non fu affatto sorpresa <strong>di</strong> vederlo comparire nel<br />
momento <strong>di</strong> maggior bisogno. Non si aspettava niente<br />
<strong>di</strong> meno.<br />
Successe al principio dell'autunno, quando lei, ormai<br />
<strong>di</strong>ciassettenne, si cacciò in un guaio che quand'era più<br />
giovane non le sarebbe mai capitato. Tre uomini, <strong>di</strong><br />
passaggio da Tir Manha, l'avevano incrociata dopo il<br />
pasto <strong>di</strong> mezzogiorno, mentre fantasticava a occhi<br />
aperti su Uther che doveva tornare da <strong>Camelot</strong> il<br />
giorno stesso o quello successivo. Nemo aveva da<br />