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::: PROMORAMA ::: PRESS :::<br />

BAND: JoyCut TITLE: GHOST TREES WHERE TO<br />

DISAPPEAR<br />

LABEL: PILLOWCASE<br />

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DAGHEISHA<br />

http://www.dagheisha.com/music_section/cd.asp?idus=5387<br />

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Trovare un posto dove nascondersi è ancora più difficile di sopravvivere. Il mondo malato che ci circonda<br />

non lascia spazio a luoghi di riflessione, zolle di terreno su cui vivere attimi di desolazione ambientale<br />

estrema e infine disintegrarci in nome del rock sincretico suburbano degli anni passati. 'Ghost Trees Where<br />

To Disappear' è stato registrato in modalità ecosostenibile da Jason Howes, che ricordiamo al fianco di Bloc<br />

Party e Arctic Monkeys, e l'esperienza vissuta nel sobborgo londinese ha sicuramente regalato una pregevole<br />

veste sonora alle presenti tredici canzoni. Lo strumentale '10 Pence' introduce l'ascoltatore tra stratificazioni<br />

elettroniche e retaggi new wave, i tempi di 'A Fish Counter' e 'The Strange Tale Of Mr. Man' sembrano<br />

lontani ma esiste un filo conduttore nella musica dei JoyCut e le successive 'CleanPlanet' e 'GardenGrey' sono<br />

il manifesto una straordinaria urgenza compositiva. La voce di Pasquale Pezzillo e le percussioni sincopate di<br />

Simon Laurenzana viaggiano parallele, si evitano per chissà quale scherzo del destino e poi si scontrano in<br />

un drammatico crescendo emotivo. Il richiamo alla generazione post punk degli anni ottanta è forte<br />

esattamente come il legame con il movimento inglese ma 'Deus' e 'The Fall' sono solenni prove di maturità e<br />

l'immediatezza del cantato offre possibilità di primato che raramente nel nostro paese ci siamo anche<br />

soltanto sognati di possedere.<br />

PANOPTICON<br />

http://www.panopticonmag.com/recensioni/madeinitaly/1177-joycut-2011-ghost-trees-where-todisappear.html<br />

Italian dark wave. Dopo una lunga gavetta, culminata con il tour europeo dello scorso anno e la possibilità di<br />

esibirsi all'Indipendent day nella stessa giornata di Arcade Fire e Modest Mouse, la carriera di Pasquale<br />

Pezzillo e dei suoi JoyCut sembra essere finalmente giunta ad uno snodo cruciale. Ghost Trees Where to<br />

Disappear, album uscito lo scorso 18 febbraio per la PillowCase, possiede infatti tutte le carte in regola per<br />

divenire un piccolo caso discografico e far parlare molto di sé, chissà magari non solo nel nostro Paese.<br />

D'altra parte, che questa formazione lucano-emiliana avesse ben chiaro quali erano gli obiettivi da<br />

raggiungere lo si era capito quando aveva deciso di rivolgersi ad uno dei produttori del momento, quel Jason<br />

Howes al quale negli ultimi anni si sono affidate senza remore band del calibro di Arctic Monkeys, Bloc Party<br />

e Art Brut. Il risultato finale è un disco nero come la pece, con un suono estremamente moderno, in perenne<br />

bilico tra le atmosfere opprimenti dei primi Cure e certo dream pop più oscuro e malinconico. Una<br />

dichiarazione d'amore di questi ragazzi verso la scena wave d'oltremanica dei primi anni '80 che non si ferma<br />

al mero revival, ma, al contrario, dimostra di possedere elementi di originalità e una propria identità ben<br />

definita. Brani come l'iniziale “Clean Planet”, l'orecchiabile “Garden Grey”, primo singolo estratto, “L@M_H”,<br />

con le sue chitarre incisive e stratificate, o la suggestiva “Deus” colpiscono fin dal primo ascolto e<br />

rappresentano i vertici assoluti di un lavoro molto compatto, impreziosito dalle ispirate liriche, rigorosamente<br />

in lingua inglese, di Pezzullo, che in più di una circostanza si dimostra autore raffinato, con notevoli capacità<br />

descrittive e una vena poetica decadente fuori dal comune. Date quindi una chance a questi ragazzi e se<br />

avete la possibilità andate anche a vederli dal vivo. Se lo meritano.(7.5/10)


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SOUNDSBLOG<br />

http://www.soundsblog.it/post/13164/uscite-discografiche-febbraio-2011-recensioni-2-parte<br />

JoyCut - Ghost Trees Where To Disappear : una carriera in crescita quella degli italiani Joycut, tanto che la<br />

scorsa estate hanno avuto l’onore di aprire la serata indie dell’I-Day. Il nuovo “Ghost Trees Where To<br />

Disappear” potrebbe essere l’album della consacrazione: tutto suona in modo impeccabile e nonostante un<br />

evidente debito verso la scena post-punk/wave anni ‘80, la loro proposta musicale risulta essere ben<br />

distinguibile già dopo pochi ascolti. A completare il cerchio, il lavoro nasconde un concept colto ed<br />

interessante. (z.) Voto: 6/7<br />

SENTIREASCOLTARE<br />

http://www.sentireascoltare.com/recensione/8181/joycut-ghost-trees-where-to-disappear.html<br />

A volte bisogna lasciar sedimentare le cose, seminare e aspettare i frutti, non disperdere le energie ma<br />

concentrarle sui propri obiettivi: certamente ne sono stati capaci i Joycut, che con questo nuovo album<br />

hanno ottenuto il giusto riconoscimento internazionale, testimoniato dalla produzione di Jason Howes (già al<br />

lavoro con Block Party e Arctic Monkeys) che in Ghost Trees Where To Disappear riesce a valorizzare le<br />

potenzialità della band donandole il manto sonoro più consono, proiettandola direttamente nel suo territorio<br />

di origine musicale: l'Inghilterra anni '80.Bastano infatti le prime note dell'opening strumentale 10 Pence per<br />

accorgersi di quali siano i loro riferimenti e di come i JoyCut amino tingere stratificazioni soniche di tradizione<br />

new wave con riflessi elettronici, virando spesso verso una solare melanconia pop à la Cure (lampante in<br />

Green Garden). Quando poi, attraverso il post rock di TTG e le cupe sonorità dissonanti di Deus, si arriva a<br />

The Fall sorge spontaneo il paragone con gli Arcade Fire e con tutti quegli elementi dei tardi anni '80 – come<br />

Echo & The Bunnymen, Psychedelic Furs e The Wake – a cui tanta musica indipendente degli anni zero ha<br />

fatto riferimento.In dieci anni di carriera i JoyCut hanno imparato a rimescolare bene questi elementi, quanto<br />

basta per creare un linguaggio sufficientemente personale e affinare una capacità compositiva riconoscibile.<br />

Ghost Trees Where To Disappear è il loro disco definitivo.(7.2/10)<br />

FREAKOUT<br />

http://www.freakout-online.com/album.aspx?idalbum=2174<br />

Premessa: “Ghost Trees Where to Disappear” dei nostrani Joycut non ha paura di esser gettato via. Il disco,<br />

infatti, non solo è stato registrato a Londra, tra le sale del The Premises (primo studio europeo alimentato a<br />

energia solare), ma è composto interamente di materiali ecosostenibili. Dunque, in caso di mancata<br />

soddisfazione, avrete la possibilità di riciclare le tredici tracce firmate dal leader Pasquale Pezzillo.<br />

Ciò vale a dire che l’album in questione non teme giudizi, e che – anzi – vi toccherà darne, per decidere se i<br />

dieci anni di carriera del gruppo bolognese sono giunti al lavoro definitivo. Un passo importante che vede in<br />

consolle il produttore Jason Howes, uno che ha messo in curriculum esperienze con Bloc Party, Arctic<br />

Monkeys, Art Brut e Lily Allen.Lo spunto è quello che avevano già preso nelle prove precedenti: gli Ottanta,<br />

la new wave e tutta quella musica che si tinge di colori scuri e voci gravi.Il protagonista è ancora il Signor<br />

Uomo, un uomo qualunque che cerca un mondo impossibile tra la realtà industriale che lo circonda. Il<br />

personaggio lo avete visto in versione fumetto sfogliando XL e le tracce già assaggiate grazie al progetto<br />

sponsorizzato dalla stessa rivista. Insomma, benché stoni l’affermazione di chi li vuole i novelli Afterhours,<br />

dunque detentori della nuova musica alternativa italiana, i Joycut compongono un disco ben strutturato. Il<br />

respiro è internazionale, distogliendo completamente l’ascolto dalle miriadi di piccole band del Bel Paese<br />

chiuse nel morbido clichè italico. Il singolo “Garden Grey” e brani come “The Fall” o “Liquid” fanno di questo<br />

un album accattivante, ma non ancora indispensabile nella vostra collezione.Perché se l’obiettivo è la ricerca<br />

di un proprio modo di scrivere, è proprio questa personalizzazione che passa attraverso troppi nomi lontani e<br />

recenti, dai Cure agli Arcade Fire, incrociando i meno convincenti Editors. “Ghost Trees Where to Disappear”<br />

sembra in cerca di un’eredità piuttosto che di stimoli da metabolizzare. Questo non fa del gruppo un nome<br />

da sconsigliare, ma li incatena alla categoria esordienti in cerca di identità. Il tutto, però, racchiuso in un<br />

pregevole oggetto musicale.


BAND: JoyCut TITLE: GHOST TREES WHERE TO<br />

DISAPPEAR<br />

MUSICA POPOLARE<br />

http://blog.libero.it/musica2/<br />

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"Ghost Trees Where To Disappear" è un album semplice e maturo al tempo stesso. Lavoro made in Italy di<br />

alto spessore internazionale. Questo disco si potrebbe definire l'esatto incontro tra i Radiohead ed i Joy<br />

Division. Ascoltare per credere la divina "W4U", crocevia infinito di pensieri ed emozioni. Sound preciso che<br />

spende il suo tempo nel rafforzare la potenza dei sogni. Infatti i sogni nella musica dei JoyCut hanno, per<br />

me, un'importanza fondamentale. "Liquid" -ad esempio- mi ricorda tanto un bel sogno, un sogno incantato<br />

fatto di sottili perforazioni soniche. In questa composizione i Radiohead impongono, sicuramente, la loro idea<br />

di musica globale. Penso non ci sia altro da scrivere, se non credere con fermezza nel progetto artistico di<br />

questa formazione italiana.<br />

RADIO ROCK.TO<br />

http://www.radiorock.to/index.php?idcdrr=542&MainPanel__state=DettCD<br />

Joycut con “Ghost Trees Where To Disappear”, edito dalla Pillow Records. Vale a dire il nuovo disco della<br />

formazione bolognese, che prende la capacità evocativa degli '80s e la mescola con sapori '90s. Il tutto in<br />

una chiave wave che incanta e si sublima all'ascolto. Che i nostri riescono pervicacemente ad ottenere grazie<br />

ad una ricerca dell'oscurità pressochè totale. Ma non di quella decadente e gotica. Piuttosto, delle ultime ore<br />

della notte. Quelle in cui le prime stille del giorno iniziano a schiarire con delicatezza furtiva. Un disco dalle<br />

ore prima dell'alba (“Liquid”). Che ha in sè una tensione agonistica vibrante e sulfurea (“Apple”). Nel mentre<br />

che scorrono le tracce sembrano quasi comparire i deliri arborei di Mark Ryden, ed il suono di cose come<br />

“L@M_ S”, “Fake Modesty” e “W4U” ne appaiono come la sonorizzazione perfetta. Fatto è che Joycut<br />

lasciano ai posteri un ottimo lavoro che porta con sé anche un'attenzione a tematiche ambientali che di<br />

questi tempi sembrano davvero passate nel dimenticatoio. Ergo, si apprezza. Poesia che non manca(“GTRC”)<br />

e adrenalina (“Deus”). Ognuno può trovare qualcosa in questo lavoro, sempre che siate disposti a farlo alle<br />

prime luci dell'alba. Noi, abbiamo scelto questa: “TTG”.


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LOST HIGHWAYS<br />

http://www.losthighways.it/2011/02/23/ghost-trees-where-to-disappear-joycut/#more-13485<br />

Giunti al secondo album, dopo un brillante esordio ed un ep che anticipava questa nuova uscita, i JoyCut<br />

festeggiano la propria decade di attivismo musicale con un disco che come pochi altri album nostrani riuscirà<br />

a far parlare di sé (ma soprattutto riflettere) in terra natia e all’estero.<br />

La passione dei JoyCut è qualcosa di palpabile e facilmente riconoscibile; nella sua storia la band ha sempre<br />

veicolato la propria espressione artistica verso tematiche come mai così attuali. Unici in questa coerenza di<br />

arte e pensiero, i JoyCut continuano a ricordare a tutti quanto questo mondo sia un dono da accudire e<br />

rispettare. Se in The very strange tale of Mr.Man un piccolo e spaesato alieno ci raccontava di ciò che<br />

vedeva sul pianeta terra con occhi simili ai nostri, ma molto più disincantati, ora in Ghost trees where to<br />

disappear è l’immagine simbolica dell’albero fantasma ad unire le trame di un progetto che vede l’appoggio<br />

di molte realtà d’eccellenza, tutte italiane e molto attente alla tematica ambientale (dall’ass. Comuni Virtuosi<br />

alla rivista Altraeconomia, sino al colosso Coop).Tanta bellezza di intenti e purezza di pensiero non sarebbero<br />

sufficienti, però, se non sostenute dall’altrettanto solida e dinamica architettura sonora. I JoyCut non hanno<br />

mai fatto nulla per nascondere i propri riferimenti musicali ben saldi nel rock wave britannico (per intenderci:<br />

tutto il mondo che ruota attorno a Cure e Joy Division) ma in questo nuovo album c’è qualcosa che rende il<br />

suono assolutamente personale.Si percepisce subito, dall’introduttiva 1oPence e dalla successiva Clean<br />

Planet, che questo è un disco capace di puntare in alto: basso e batteria che alimentano i crescendo<br />

musicali, chitarre ed elettronica che colorano, strutturano e riempono gli spazi siderali che i JoyCut amano<br />

dipingere. La melodia è ricercata ed orecchiabile, però mai sfacciata ed artefatta, perchè quello dei JoyCut è<br />

un rock che vuole far riflettere i corpi e ballare le menti. GardenGrey e la sua “danza dei perdenti” ne è la<br />

più solare rappresentazione, mentre TTG appare come un inno alla consapevolezza delle nostre azioni.<br />

Semplici note di piano si alternano a raffiche di chitarra mentre la profonda voce di Pasquale Pezzillo canta<br />

“In her eyes there’s a peaceful tree where I climb at night”: l’albero inteso non solo come risorsa naturale da<br />

salvare, ma come luogo di rifugio che, in fondo, è capace di salvare noi tutti. Il clima diventa cupo e l’aria<br />

irrespirabile nella brutale e splendida Deus: digressioni sonore si fanno liquide ed al contempo taglienti in<br />

una lunga apertura strumentale fino al rabbioso sfogo vocale. La lenta e rarefatta GTRC anticipa i quattro<br />

intensi e luminosi brani The fall, Apple, Liquid e L@M_S con il loro sound ricco, saturo e variopinto anche<br />

grazie all’uso dei cori. Accostamenti sonori vagamente orientaleggianti disegnano nuovi paesaggi in<br />

FakeModesty: un inferno di mondo che è caos, inquinamento ambientale e delle coscienze, bugie e<br />

l’incapacità di volare. Con W4U, notturna e delicata poesia sonora, si chiude il cerchio tornando da dove si<br />

era partiti, sognando alberi fantasma.<br />

Quello dei JoyCut è un progetto unico: la ricerca della modernità musicale si affianca a quella tecnologica<br />

rendendo il disco un tramite tra le persone e il mondo che vivono. Il disco non è più un semplice oggetto,<br />

non si limita a cantare canzonette, bensì narra da dove viene, com’è fatto, di cosa è fatto… la sua vita,<br />

quindi la nostra. Tutto il packaging è realizzato in materiali eco-compatibili, riciclati e riciclabili, inchiostri<br />

naturali, colle vegetali; il disco è stato registrato a Londra presso The Premises, il primo studio di<br />

registrazione interamente alimentato da energia solare. I JoyCut sono forse la prima band che non cerca la<br />

verità nella propria estetica musicale, ma bensì nell’azione collettiva, pungolando e stimolando gli ascoltatori<br />

in sane ed ormai indispensabili pratiche ecologiste.<br />

L’uscita digitale del disco ha avuto concomitanza con l’evento di sensibilizzazione verso il risparmio<br />

energetico M’illumino di meno, ma anche purtroppo con i più tristi e tragici eventi di ribellione dei popoli del<br />

Nord Africa. E’ una strana sensazione ascoltare i versi “C’mon kids, you are the future of our towns” mentre<br />

impazzano i video della potenza petrolifera di Gheddafi andare a fuoco per mano di una popolazione libica il<br />

cui 50% è di età inferiore ai 15 anni. Fa pensare. Fa rabbrividire. Ed è anche grazie alla musica dei JoyCut<br />

che possiamo capire che altre strade ora sono pronte per essere percorse.


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ROCKSHOCK<br />

http://www.rockshock.it/recensione-joycut-ghost-trees-where-to-disappear/<br />

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PAG. 25<br />

Festeggiano 10 anni di attività i Joycut, band bolognese il cui nome agli esordi si rifà a Nick Drake (Joey) e<br />

Pink Floyd (Final Cut), partecipando con successo ad alcune edizioni di Arezzo Wave e del Pollino Music<br />

Festival, aprendo alcuni concerti per<br />

Ghost Trees Where To Disappear è un rock suburbano di contaminazione wave angolosassone, il cui tema<br />

principale delle 13 canzoni è quello del Signor Uomo, un personaggio visto dalla gente comune come un<br />

extraterrestre, alla ricerca di un ambiente incontaminato, allontanandosi dalla realtà industriale-commerciale<br />

e dalla degenerazione culturale dell’attuale società.<br />

I ritmi hanno un’atmosfera galleggiante, brani semplici e orecchiabili, voce lamentosa e sognante, musica<br />

che non prende propria quota, lascendomi a fine ascolto con l’idea che la loro musica appare piuttosto<br />

rilassata e godibile. Insomma, in questi Joy Division nostrani prevale un mood mesto avvolto da una danza<br />

onirica e ipnotiche digressioni musicali che in alcuni passaggi regalano sonorità luminose come in Clean<br />

Planet o Liquid.<br />

L’elettronica tiene il passo alla chitarra in maniera equilibrata, in GTRC il pianoforte la fa da padrone<br />

accompagnando ripetitivi ritornelli, due brani mi hanno abbastanza convinto, L@M_S e Deus, il primo arioso,<br />

il secondo dal ritmo cadenzato evocativo ad intermezzo acustico, uno strumentale con cori suggestivi verso<br />

la fine.<br />

Le tematiche ambientaliste stanno molto a cuore ai Joycut, eco-band che ha registrato questo lavoro nel<br />

londinese The Premises, lo studio di registrazione alimentato ad energia solare, pubblicandolo proprio nel<br />

giorno della campagna ecologista “M’Illumino Di Meno” a favore della riduzione del consumo energetico. Il<br />

cd stesso è realizzato con materiali ecocompatibili, packaging con cartoncino riciclato, inchiostri naturali e<br />

colle vegetali.(***1/2)<br />

LOSING TODAY<br />

http://www.losingtoday.com/it/reviews.php?review_id=5569<br />

Dopo un EP che ha creato le giuste premesse e le opportune aspettative, esce il nuovo album dei JoyCut, la<br />

band EcoWave per eccellenza. “Eco”, per la vocazione ecologista ed il forte impegno sulle tematiche<br />

ambientali; “Wave”, per gli evidenti riferimenti musicali: Cure, Joy Division, Echo & The Bunnymen.<br />

Ma, al di là del meritevole impegno sulle tematiche ambientali, ciò che colpisce di questo disco è la capacità<br />

di competere allo stesso livello internazionale dei vari Editors, White Lies ed Interpol. Anzi, a dirla tutta, se<br />

questi gruppi avessero avuto all’interno dei loro rispettivi ultimi (e mediocri) album tracce del livello di<br />

Garden Grey, TTG o Apple, saremmo ancora qui a gridare al miracolo!<br />

La produzione, affidata a Jason Howes, noto per i suoi lavori con Bloc Party, Arctic Monkeys, ed Hot Chip, ha<br />

aiutato a rendere le atmosfere ancora più british-oriented, ma la materia prima su cui ha lavorato è di<br />

grandissima qualità: 10 Pence e Clean Planet sono perfetti brani di apertura, che introducono senza sussulti<br />

l’ascoltatore in un universo fatto di sonorità new-wave che, già con la successiva Garden Grey, si fanno più<br />

dense, fino a raggiungere vette di intensità quasi “anthemic” con TTG, Apple o L@M S. Non so dire se i<br />

JoyCut riusciranno finalmente ad ottenere l’attenzione che meritano in Italia e all’estero, ma di sicuro, dopo<br />

un disco così centrato, originale, ben prodotto e ben suonato, sarà molto difficile ignorarli.


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SPAZIO ROCK<br />

http://www.spaziorock.it/recensione.php?&id=1721<br />

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PAG. 26<br />

No dai, è davvero sin troppo facile avvicinare i nostrani JoyCut ai Joy Division, visto il monicker assai simile;<br />

è, poi, davvero banale avvicinarli anche ai The Cure più dispersi nella loro celebre trilogia gotica, vista la<br />

proposta musicale totalmente votata ad un darkwave rock talmente British nello spirito, che sei portato a<br />

dubitare fino all’ultimo secondo del disco che tu stia ascoltando una band italiana.<br />

Eppure, con questo quarto parto discografico, la band ha raggiunto una perfezione formale davvero<br />

invidiabile.<br />

Registrato ai The Premises di Londra, noto e gettonatissimo studio di registrazione alimentato al 100% ad<br />

energia solare, imballato con materiali ad impatto ecologico zero, prodotto dalle sapienti mani di Jason<br />

Howes (noto per i suoi lavori con Bloc Party, Arctic Monkeys e Lily Allen – tanto per consolidare, ce ne fosse<br />

bisogno, lo spirito inglese dell’operazione) questo “Ghost Trees Where To Disappear” è, innanzitutto, un<br />

viaggio, il percorso di un uomo che, volutamente, si perde ai margini dell’umanità per ritrovare un senso<br />

delle cose.<br />

Tuttavia, tornando alle band citate in apertura di articolo, se tali accostamenti nascono praticamente in<br />

modo naturale, assolutamente non scontati sono gli squarci luminosi che, periodicamente, fanno capolino<br />

all’interno delle melodie della band, lacerando quel velo di oscurità che viene perfettamente rappresentato<br />

nelle ispirazioni musicali e nella cover.<br />

Sono questi pianoforti cristallini, queste tastiere leggere eppure malinconiche, questi ronzii di chitarra<br />

elettrica inquieti sullo sfondo musicale…tutto concorre ad arricchire la musica dei JoyCut con decise<br />

sfumature dream pop, e se bisogna citare un gruppo di derivazione anglosassone per continuare sul binario<br />

dei paragoni, l’atmosfera è decisamente più Slowdive che Cocteau Twins (un modo molto elegante per dire<br />

che è un dream pop decisamente inquieto ed emozionale, piuttosto che autenticamente formale, quello<br />

scelto dai JoyCut).<br />

Citare dei brani, a questo punto, non è difficile: ci sono giocosi girotondi decadenti in “GardenGrey”,<br />

ossessività in crescendo in “TTG”, la progressione perfetta di “Liquid” o la chiusura dolcemente malinconica<br />

di “W4U”…tuttavia, l’operazione, per quanto facilitata dalla personalità dei brani, è assai sterile ed inutile:<br />

“Ghost Trees Where To Disappear” è un disco che va assaporato tutto dall’inizio alla fine, demanda di<br />

perdersi nelle sue plumbee atmosfere e vi facilita il compito con canzoni di notevole ispirazione.<br />

Se bisogna necessariamente citare un difetto attorno alla formazione, direi che l’unico appunto è già stato<br />

scritto, ovvero che troppi nomi e troppi nomi noti saltano immediatamente alla mente ascoltando la musica<br />

dei JoyCut, per cui i Nostri potrebbero venire accusati – non a torto - di scarsa originalità.<br />

Tuttavia, questo è un disco che può essere messo in collezione accanto a “Disintegration” dei Cure,<br />

“Unknown Pleasures” dei Joy Division e “Souvlaki” degli Slowdive senza rischiare di sfigurare o sminuire il<br />

valore artistico della raccolta, tanto è ben riuscito e confezionato. Scusate se è poco.


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DISAPPEAR<br />

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PAG. 27<br />

SHIVER<br />

http://www.shiverwebzine.com/2011/03/21/joycut-ghost-trees-where-to-disappear-2011-pillow-case-rec/<br />

Cosa ci troverà di tanto interessante Mr. Man nell’osservare un pianeta la cui popolazione è fortemente cinica<br />

ed autodistruttiva? Da abitante del globo azzurro consiglierei ambizioni diverse, partire e andare in giro per<br />

l’Universo alla ricerca di entità che sfruttino almeno il 50% della materia molliccia collocata in quell’involucro<br />

osseo chiamato cranio. Ma probabilmente anche gli alieni hanno un certo interesse per il grottesco e allora<br />

non resta che augurare al Sig. Uomo una felice permanenza su questa Terra.<br />

A musicare i pensieri dell’umanoide protagonista dei due album (con tanto di titoli dei brani che ricreano una<br />

specie di linguaggio alieno criptico: TTG – L@M H – Gtrc – L@M S e W4U) ci pensa la band bolognese<br />

tracciando un mood angoscioso per una situazione in apparenza irreversibile come il percorso intrapreso<br />

dagli esseri umani verso un disfacimento preoccupante. Le sonorità invece rivendicano il diritto di poter<br />

portare avanti un discorso sonoro fatto di dark wave 2.0, rivestita da uno spleen tanto attuale che ai loro<br />

beniamini (The Cure su tutti) manca o addirittura si è arrestato con le ultime produzioni. Tuttavia nelle<br />

intenzioni dei Joycut c’è una flebile speranza sul futuro (se non proprio nelle liriche almeno negli intenti) di<br />

questa Terra; Si perchè se Smith struggendosi nel suo dolce dolore cantava di “desiderare cose impossibili”<br />

senza però fare nulla per modificare il corso della propria vita (qualcuno potrebbe asserire che la non-scelta<br />

è pur sempre una scelta) i Joycut, altrettanto struggenti, cercano nella loro vita un senso ed un percorso che<br />

possa migliorare la permanenza su questo malandato pianeta e lo fanno con impegno e attenzione<br />

ricercando soluzioni a basso impatto ambientale (vedi le registrazioni dell’album presso il Premises di Londra,<br />

studio di Londra alimentato ad energia solare o il packaging del cd realizzato con materiali riciclati).<br />

L’album parte e porta dentro di sè proprio quel seme scuro tanto caro ad album come Disintegration o Wish,<br />

dove l’intro strumentale (“10 Pence”) annuncia quali saranno le atmosfere che seguiteranno di lì a poco;<br />

“Clean Planet” è gravida di quelle atmosfere opprimenti createsi intorno agli anni ’80 più scuri e nell’ugola di<br />

Pasquale Pezzillo si incastrano il demone di quella che fu la Siouxie Sioux dell’epoca con la spettrale sagoma<br />

di un Robert Smith malfermo e perso con lo sguardo nel vuoto: Voce che sembra più un sensuale richiamo<br />

lontano (e sofferente) piuttosto che il lamento di una creatura priva di sentimento.<br />

Paradossalmente i brani con maggiore presa e che restano più impressi sono quelli già conosciuti e rilasciati<br />

nell’ep Ghost Trees dentro il quale si raccoglievano stretti e abbacinanti cinque episodi musicali che i White<br />

Lies probabilmente non scriveranno mai: “Apple”, “Liquid”, “Deus”, “TTG”, “W4U” sparpagliate lungo tutto<br />

l’album in modo da tenere l’attenzione sempre alta. “Apple”, “Liquid” e “TTG” hanno dalla loro un’apertura<br />

musicale quasi solare con chitarre epiche e refrains efficaci. “W4U”, che chiudeva l’ep e chiude anche questo<br />

nuovo disco, invece è una dolce nenia dark con fugaci frammenti orientaleggianti; “Deus” invece si agita<br />

irrequieta, nelle sue parti strumentali, per poi sfociare in un finale rabbioso.<br />

Il resto delle canzoni che formano questo Ghost trees where to disappears mostrano una capacità di<br />

scrittura e composizione davvero impressionanti; Difficile trovare un punto morto nel percorso che si snoda<br />

tra le trascinanti correnti new wave di “Garden Grey”, “L@M H” e “L@M S”, gli scuri anfratti dentro cui si<br />

nasconde la sporca e fragile “Gtrc”, il fugace cielo post-punk ammantato da nuvole elettroniche in “The Fall”,<br />

o i territori desolati e ostili di “Fake Modesty”.<br />

I Joycut mostrano di avere le idee chiare sul cammino intrapreso e sulla strada impervia che stanno<br />

percorrendo, non priva di ostacoli e paragoni importanti/ingombranti ai quali sono e saranno sicuramente<br />

associati, resta il fatto che in Italia potrebbero essere già, a loro volta, punto di riferimento e motivo di<br />

vanto.<br />

Un ultimo semplice e modesto consiglio per chi ricerca band e guarda ostinatamente all’estero senza<br />

valutare il potenziale di quelle italiane (che cantano anche in inglese): Lascia perdere i White Lies perchè<br />

sotto il naso hai qualcosa di infinitamente meglio.


BAND: JoyCut TITLE: GHOST TREES WHERE TO<br />

DISAPPEAR<br />

NERDS ATTACK<br />

http://www.nerdsattack.net/?p=24660<br />

::: PROMORAMA ::: PRESS :::<br />

LABEL: PILLOWCASE<br />

PAG. 28<br />

Si completa il “racconto” iniziato con il precedente EP ‘Ghost Trees’ che confluisce naturalmente nel ritorno<br />

discografico dei bolognesi JoyCut. La metafora del “Signor Uomo” e la sensibilizzazione verso l’ambiente a<br />

recuperare valori ormai perduti da tempo. Ecco allora ancora una volta il packaging realizzato con materiali<br />

totalmente ecologici e biodegradabili ed il disco registrato ai Premises di Londra, studi alimentati ad energia<br />

solare. Punti a favore di una delle band più musicalmente internazionali uscite dallo stivale nell’ultimo lustro<br />

(almeno) a confermare per l’ennesima volta che in Italia con dedizione e lavoro si riesce a superare modelli<br />

di carta straccia provenienti da oltre oceano e oltre Manica. Molta gente non ha voglia di mettere in moto il<br />

cervello, di curiosare, di guardarsi attorno e soprattutto indietro quando si tratta di recuperare la storia e le<br />

radici musicali. Molta gente idolatra bluff clamorosi come Interpol, White Lies e compagnia correlata, molta<br />

gente adora farsi prendere per i fondelli e al contempo adora immergersi fino al collo nell’hype. Seguire la<br />

massa non pensante evidentemente continua a regalare un grande senso di sicurezza. Questo per<br />

circolettare di rosso l’assoluta bontà di questo album, che vive senza scimmiottare, senza furbamente<br />

rubare, senza smaccatamente plagiare, al fianco di riferimenti assoluti che per i JoyCut sono chiaramente<br />

rappresentati da The Cure, The Chameleons, Tears For Fears (’GTRC’ è la loro ‘Mad World’), Echo & The<br />

Bunnymen. La wave oscura di un’era difficile da scrollarsi di dosso, fondamentale per comprendere il<br />

cammino della formazione emiliana, matura e lanciata verso traguardi che devono e saranno consoni alla<br />

portata di ‘Ghost Trees Where To Disappear’. Album perfetto. Di rara efficacia melodica. Inutile analizzare<br />

oltre. [****]<br />

ROCKIT<br />

http://www.rockit.it/album/11384/joycut-ghost-trees-where-to-disappear<br />

Conservo il vivido ricordo dei JoyCut sul palco come una sorta di liposuzione melodica dei Cure più dilatati e<br />

meno nichilisti. E francamente anche la loro seconda prova su disco, "The Very Strange Tale of Mr.Man",<br />

non si discostava poi così tanto da tale impressione, accordo più accordo meno. Nel nuovo "Ghost Trees<br />

Where To Disappear" cambiano le cose, in meglio però: l'approccio emulativo si attenua e le intuizioni<br />

embrionali del disco precedente prendono qui definitivamente spessore, anche in virtù di una dichiarata<br />

continuità lirico-concettuale che accomuna i due lavori e che identifica nella figura di Signor Uomo l'unico<br />

protagonista. Aumentano la visionarietà narrativa, la trasversalità artistica e subentra prepotentemente una<br />

non comune sensibilità sonico-ambientalista (dal packaging in materiali riciclati alla stessa registrazione<br />

dell'album, realizzata presso il The Premises, primo studio di registrazione europeo interamente alimentato<br />

da energia solare). A fine ascolto "Ghost Trees Where To Disappear" suona come un concept-album al passo<br />

coi tempi che, per quanto ancora non completamente depurato dalle tossine sonore di Robert Smith&Co.<br />

("TTG" e "Apple" su tutte), si lascia docilmente imbastardire nella sua congenita pop-psichedelia-shoegazer<br />

dalle contaminazioni siderali di Jason Howes alla consolle, coreograficamente più congeniali al nuovo<br />

scenario di Signor Uomo, che abbandona definitivamente la degenerazione delle alienanti periferie suburbane<br />

per rifugiarsi dentro la spettrale brutalità degli spazi aperti naturali, orribilmente violentati.


::: PROMORAMA ::: PRESS :::<br />

BAND: JoyCut TITLE: GHOST TREES WHERE TO<br />

DISAPPEAR<br />

LABEL: PILLOWCASE<br />

PAG. 29<br />

IMPATTO SONORO<br />

http://www.impattosonoro.it/2011/04/08/recensioni/joycut-ghost-trees-where-to-disappear/<br />

La musica è una questione di stomaco e poco importa se alle volte ci vogliono anni, sudore, delusioni,<br />

vittorie e quant’altro per arrivare al nocciolo della questione. E sacrifici, costanza, forza di volontà, e<br />

qualcosa da dire per davvero.<br />

“Ghost Trees Where To Disappear” è la festa per una decade di musica, quella dei Joycut, vicina sì a idoli<br />

inenarrabili come Joy Division, Slowdive e Cure, ma lontana quanto basta da una vuota imitazione degli<br />

stessi, chiave per un successo tanto assicurato quanto superfluo e dimenticabile. Non è questo che cercano<br />

e hanno cercato i Joycut, ad oggi una delle realtà più promettenti e convincenti del panorama italiano,<br />

sicuramente tra le poche a inspirare con ardore tanto fiato internazionale. I Joycut vedono la musica come<br />

dovrebbe essere vista, come un mezzo di comunicazione importante quando non fondamentale, un canale<br />

sicuro per messaggi vivi e coscienti, uno strumento per svegliare, scuotere e ispirare. Ci avevano mostrato la<br />

terra dagli occhi di un piccolo alieno spaesato e incupito da tante magnificenze e tanti orrori tipicamente<br />

umani, ci portano oggi in un viaggio immaginifico, tanto bello quanto necessario, tra alberi più o meno<br />

fantasmi, un ambiente da ammirare, curare e salvare, per capire finalmente noi stessi.<br />

Prodotto da Jason Howes (Bloc Party, Arctic Monkeys, Lily Allen..), registrato a Londra presso The Premises<br />

(primo studio di registrazione al mondo alimentato interamente da pannelli fotovoltaici), “Ghost Trees Where<br />

To Disappear” segna il raggiungimento di vette elevatissime nell’ideazione di un’architettura sonora tanto<br />

stabile quanto dinamica, capace di poggiare saldamente su quei riferimenti che i Joycut non hanno mai<br />

cercato di nascondere, ma allo stesso tempo di stupire creando spazi siderali e vertigini multi-forma che<br />

sono il panorama perfetto per sostenere con sorprendente intensità la ricerca estetica e morale che si snoda<br />

con puntualità e lucidità lungo le 13 tracce del lavoro.<br />

“Ghost Trees Where To Disappear” è sì una ben confezionata dichiarazione d’amore per quella scena wave<br />

degli anni ’80 a cui molta della musica degli anni Zero è più che debitrice, ma è anche un passo ulteriore e<br />

probabilmente definitivo nella creazione di un linguaggio personale e originale, fatto di atmosfere opprimenti<br />

à la Cure (“Green Garden”), malinconie dissonanti e oniriche in stile Slowdive (“Clean Planet”), cavalcate<br />

quasi post-rock (“TTG”), cupe introspezioni (“Deus”) e potenziali bombe corali quasi Arcade Fire (“The Fall”).<br />

Ci sono voluti dieci anni, dieci anni per capirsi alla perfezione, per mescolare, rimescolare e fare propri i più<br />

svariati elementi, dieci anni per raccontare e raccontarsi con una lucidità e un’intensità fuori dal comune,<br />

dieci anni per un disco che suona definitivamente grande.<br />

LOUDVISION<br />

http://www.loudvision.it/musica-dischi-joycut-ghost-trees-where-to-disappear--4989.html<br />

Esperienza trascendente<br />

Pensate a un posto legato a particolari ricordi, d'infanzia o più in là nel tempo che siano: quale sarebbe stata<br />

la colonna sonora adibita a sfondo per siffatti frammenti di vita?<br />

Il gruppo indie italiano ha già in mano la risposta. Il quarto LP fa perdere l'ascoltatore in un'ipnosi fuori dalla<br />

dimensione del presente, fra chitarre dolcemente stridenti (che ricordano i riff degli Editors) e percussioni<br />

energiche nei punti culminanti. Non manca il pianoforte, ispessito da basi eteree e trasognate - molto anni<br />

'80 -, interrotto solo dalla voce del frontman.<br />

Liriche (in inglese) fitte di sensazioni provate, ma ancora da scoprire, inevitabilmente.<br />

Un altro punto guadagnato dalla musica indipendente.<br />

Avete bisogno di espiare le vostre colpe?Vi sentite a disagio perché non vi siete confessati di recente?<br />

Bene, ascoltate questo disco e avrete posto la parola "FINE" a tutte le seghe mentali partorite dalle di voi<br />

menti.Garantiamo noi.<br />

PRO<br />

* La pastosità armonica<br />

* La trascendenza dei suoni<br />

CONTRO<br />

• Nessuno


::: PROMORAMA ::: PRESS :::<br />

BAND: JoyCut TITLE: GHOST TREES WHERE TO<br />

DISAPPEAR<br />

MAGMUSIC<br />

http://www.magmusic.it/2011/04/08/joycut-trees-where-to-disappear/<br />

LABEL: PILLOWCASE<br />

PAG. 30<br />

Non mi trovo a recensire una band qualsiasi, me ne rendo conto sin dalle prime tracks e, di fatto, la ricetta<br />

di questo lavoro sembra avere come base uno spiccato senso di ricerca tra elettronica e un certo space-rock,<br />

pur utilizzandone in maniera intelligente e personale entrambi gli archetipi, al servizio di ciò che a mio avviso<br />

è una delle più affascinanti testimonianze di una moderna interpretazione del concetto di canzone.<br />

Certamente ben curato nell’ordine dei brani, dal risultato spiazzante e dinamico, certamente capace di farsi<br />

ascoltare da orecchie “colte” e sin da subito preparate a determinati mondi. Una tavolozza di colori molto<br />

ampia, elaborazioni e arrangiamenti calibrati verso un suono che non mi ha colpito particolarmente per la<br />

sua originalità ma piuttosto per l’abile ed efficace contesto in cui esso viene con maestria direzionato.<br />

Molteplici gli arrangiamenti dalle sinuosità artistiche non indifferenti, di cui Liquid ne è lampante<br />

testimonianza; poco più di due minuti e mezzo scolpiti in una song di sicuro impatto emotivo, e perché no,<br />

radiofonico; essa prende a tratti distanza dal resto dell’album e spicca per immediatezza, attraverso<br />

l’euforico incedere naturale, seducente e spontaneo. Una moderna fiaba in chiave new-wave.<br />

L’accurata identità urbana che contraddistingue lo stile JoyCut permea l’intero lavoro e si colloca di diritto in<br />

territori geografici anglosassoni, acquisendone paesaggi e riverberi, identificando le proprie energie con una<br />

produzione curata da Mr. Jason Howes (Arctic Monkeys, Bloc Party, Art Brut, solo per citarne alcuni). La<br />

fiaba raggiunge l’apice in W4U, sul finire, come a voler lasciare un segno di annientamento sugli altri ascolti;<br />

trovo difatti impossibile (e sfido chiunque di voi a non farlo) non riascoltare una seconda volta e una terza<br />

ancora, questa song in particolare.Apple brilla di luce propria. Basso in risalto e cadenza in stile Editors (per i<br />

quali i nostri hanno aperto i due esclusivi concerti italiani di qualche anno fa), chitarre ferree e spaziali, voce<br />

“dentro” ma sempre, in ogni brano, perfettamente intellegibile e presente.La registrazione di “Ghost Trees<br />

Where to Disappear” ha avuto luogo nel borgo Londinese di Hackney, fulcro nascente e di fermento del<br />

consapevole “The Premises”, primo studio di registrazione europeo interamente alimentato da energia<br />

solare; non un casuale dettaglio quest’ultimo, ma la consapevole scelta di una band che con “La foresta degli<br />

alberi fantasma” ha l’opportunità di ampliare il proprio concept, dedito al tema della cura dell’ambiente, nella<br />

sua totale interezza (le confezioni dei prodotti che veicolano i JoyCut hanno la particolarità di essere in<br />

manufatto di carta riciclata, incellophanati in Mater B e Biophan, totalmente a favore della produzione di<br />

rifiuti-zero).Un lavoro concreto che non necessita di troppe parole, ma di ascolti e riflessione.


::: PROMORAMA ::: PRESS :::<br />

BAND: JoyCut TITLE: GHOST TREES WHERE TO<br />

DISAPPEAR<br />

MUCCHIO(Fdm)<br />

http://www.ilmucchio.it/fdm_content.php?sez=scelte&id_riv=86&id=1760<br />

LABEL: PILLOWCASE<br />

PAG. 31<br />

I JoyCut si definiscono un gruppo EcoWave ma non è una semplice posa: basta dare un'occhiata alla bella<br />

confezione “riciclabile” di questo loro nuovo album, e scorgere tra i titoli delle canzoni riferimenti evidenti a<br />

temi ecologisti come “CleanPlanet” per capire che non si tratta di mossa promozionale ma di sincera<br />

adesione. Non basta: “Ghost Trees Where To Disappear” è stato registrato a Londra in uno studio alimentato<br />

a energia solare. Per quanto concerne l'elemento “wave” della definizione, si tratta di qualcosa di altrettanto<br />

evidente e pertinente. La formazione percorre le autostrade di certa new wave al confine con il new<br />

romantic e con il pianeta dark, intrecciando i propri riferimenti ad una dimensione da stadio, vagamente<br />

epica, che fa molto primi U2. Constatazioni, queste, che potrebbero preludere ad un giudizio sia positivo che<br />

negativo, ma i JoyCut sanno il fatto loro e, pur non riuscendo del tutto nel (comunque non facile) compito di<br />

trarne materiale totalmente originale, sanno scrivere canzoni e sanno crear loro un adeguato contesto<br />

sonico. Tra tutti i brani in scaletta il più convincente è senz'altro “GardenGrey”, irresistibile e festoso<br />

schiacciasassi ritmico vagamente “Bowie a Berlino”, attraversato da una melodia vocale malinconica e<br />

misurata, un inno che funziona e conferma il peso specifico dell'onesto artigianato ecologico dei JoyCut.<br />

RADIOGAS<br />

http://www.radiogas.it/rubriche_articolo.asp?id=821&id_sott=17&sezione=RECENSIONI&sottosez=Musica<br />

%20Pop-Rock&titolo=JOY%20CUT%20%20-%20Ghost%20Trees%20Where%20To%20Disappear<br />

Anno di pubblicazione: 2011<br />

Etichetta: Pillow Case Records<br />

Provenienza: Italia<br />

Genere: Post Rock<br />

Voto: ***<br />

Brani migliori: W4U, GTRC, The Fall<br />

Dopo aver esplorato lo scenario urbano nella sua decadenza con The Very Strange Tale Of Mr. Man (Pillow<br />

Case Records 2007), i JoyCut tornano a distanza di quattro anni con un nuovo lavoro in cui continuano ad<br />

esplorare il mondo contemporaneo, uscendo questa volta dalle città, per cercare pace nel verde delle foreste<br />

che, seppure violentate dall'abuso dell'uomo, restano l'unico rifugio possibile per riuscire a respirare<br />

liberamente. Il cemento e l'acciaio si dissolvono per lasciare spazio a una natura rimasta ormai unica<br />

portatrice della saggezza di tempi passati. E allora ecco Ghost Trees Where To Disappear, album registrato<br />

interamente a Londra, nel sobborgo di Hakney, ai Premises Studios, primo studio di registrazione europeo<br />

interamente alimentato da energia solare, già, perchè Mr Man non si accontenta più di starsene in disparte a<br />

guardare, ma cerca attivamente di salvare il suo mondo (e lo stesso fanno i JoyCut), o per lo meno quello<br />

che ne rimane, attraverso un attento impegno ecologico. Prodotto da Jason Howes (già Bloc Party, Arctic<br />

Monkeys, Lily Allen, Art Brut, Hot Chip) l'album ha dato alla band un'investitura internazionale portandoli a<br />

suonare al Canadian Music Fest, passando per il Balcony TV Show di Dublino, Il CO2 di Copenhagen, fino<br />

all’I-Day con gli Arcade Fire.Entrando però nel vivo dell'album dopo tanti preamboli, già ad un primo ascolto<br />

si può cogliere un profondo senso di coesione tra le tracce di questo lavoro, tanto da potersi un po'<br />

confondere una con l'altra per un orecchio distratto. Il sound intriso di effetti di distorsione è elegante e<br />

sembra a tratti suggerire uno scenario futuristico e post-atomico. Diciamola tutta, c'è un bel po' di<br />

elettronica anni Ottanta, riletta però in chiave presente e spogliata di inutili orpelli che si spegne in finali<br />

bruschi e inaspettati. Le tredici tracce che compongono Ghost Trees Where To Disappear sono<br />

perfettamente bilanciate e episodi più lenti, forse quelli meglio riusciti, si alternano con altri più ritmati e<br />

travolgenti in modo da non lasciare mai l'ascoltatore solo nel suo viaggio. A voler proprio trovare un difetto<br />

in questo album, forse si potrebbe dire l'eccessiva frammentazione, ossia, sarebbe forse stato meglio avere<br />

meno tracce ma un po' più lunghe (come appunto era in The Very Strange Tale Of Mr. Man) che tredici, in<br />

fin dei conti, molto brevi.<br />

Ma detto questo, se ci sono voluti quattro anni per questo nuovo disco, benissimo, che i JoyCut si prendano<br />

tutto il tempo che vogliono e continuino dritti per la loro strada, e soprattutto con lavori a questo livello!


BAND: JoyCut TITLE: GHOST TREES WHERE TO<br />

DISAPPEAR<br />

ROCKOL<br />

http://www.rockol.it/vetrina-7100/JoyCut-GHOST-TREES-WHERE-TO-DISAPPEAR<br />

LABEL: PILLOWCASE<br />

PAG. 32<br />

Quasi due anni or sono i Joycut diedero alle stampe un eponimo EP che pareva dovesse anticipare di pochi<br />

mesi l'uscita del loro secondo album. In realtà di tempo ne è trascorso un po' di più, ma questo non ha<br />

impedito alla band di continuare il proprio rapporto con Mr.Man, un uomo i cui valori positivi sono visti quasi<br />

come alieni dal resto dell'umanità, bambini esclusi.<br />

Nel nuovo lavoro “Ghost trees where to disappear”, Mr.Man è in cerca di ossigeno e si sposta da paesaggi<br />

suburbani verso aree pesantemente inquinate, dove gli alberi sono l'unico rifugio. Questo il concept che<br />

guida le tredici canzoni registrate dalla band bolognese, brani musicalmente inzuppati nella new-wave anni<br />

Ottanta di Cure e Echo & The Bunnymen, ma anche nel rock con influenze barocche degli Arcade Fire.<br />

Il disco è stato registrato a Londra con il produttore Jason Howes (Bloc Party, Hot Chip, Arctic Monkeys),<br />

puntando sulla massima sostenibilità ambientale: inciso al The Premises, primo studio europeo alimentato a<br />

energia solare, il CD include un packaging realizzato completamente con materiali eco compatibili, mater-bi,<br />

cartoncino riciclato, inchiostri naturali e colle vegetali.<br />

AUDIODROME<br />

http://www.audiodrome.it/modules.php?<br />

op=modload&name=News&file=article&sid=7510&mode=thread&order=0&thold=0<br />

Ghost Trees Where To Disappear è il consequenziale seguito dell’attività musicale, concettuale e pratica dei<br />

Joycut. Anni di gavetta - consumati tra miriadi di concerti, Arezzo Wave, singoli ed ep - hanno prodotto una<br />

forte identità creativa, dalla grande spinta ecologista. La pubblicazione dell’esordio The Very Strange Tale Of<br />

Mr. Man creava i presupposti per la storia di Mr. Man, che si risolve, nel nuovo disco, con l’immergersi del<br />

protagonista in un non luogo dove la linfa vitale della natura è unica fonte spirituale di salvezza. Il tutto<br />

accompagnato da una campagna di sensibilizzazione sul consumo “intelligente”, evitando sprechi e ponendo<br />

l’attenzione sulle violenze che la natura subisce ogni giorno, anche per via di inconsapevoli gesti che non ci<br />

accorgiamo nemmeno di compiere. Il tutto legato a doppia mandata con le tematiche del disco, con<br />

Estragon, Coop Italia, XL e il Gruppo Espresso a fornire copertura mediatica e con l’azione diretta del gruppo<br />

tramite gesti quali la fattura dell’artwork del cd, realizzato con carta riciclata e incellophanature in Mater B e<br />

Biophan. Occorre però distinguere la portata artistica della musica del gruppo da tutto questo, onde evitare<br />

facili entusiasmi per ciò che conta davvero in questa sede, la musica. Per cui, una volta chiarito come la<br />

genesi del nome della band derivi dall’unione della “Joey” di Nick Drake e del Cut di The Final Cut,<br />

conclusione dell’avventura di Roger Waters nei Pink Floyd, si può scrivere che in realtà il “facile” richiamo ai<br />

Joy Division esiste eccome, considerando lo stile dei Joycut, per quanto - più che al gruppo di Ian Curtis - il<br />

songwriting s’avvicina al filone della new wave epica e drammatica di gruppi come National e Arcade Fire,<br />

con occasionali tocchi di matrice dark da primi Cure. Derivatività a mille, quindi, ma la caratura tecnica e<br />

compositiva raggiunta negli anni aiuta a realizzare pezzi di grande impatto come “L@M_H”, “CleanPlanet”,<br />

l’eterea incursione dark di “GTRC” o quella shoegaze di “TheFall”. Le basi sono solide, insomma: ora è<br />

fondamentale il salto di qualità.<br />

LATE FOR THE SKY<br />

http://www.lateforthesky.org/tag/joycut/<br />

::: PROMORAMA ::: PRESS :::<br />

Per coloro che volessero continuare a bearsi di queste sonorità, un passaggio ideale è quello verso “Ghost<br />

Trees Where To Disappear” (2011), secondo album dei bolognesi JoyCut: un disco che nel 1981 avrebbe<br />

fatto sfracelli… Al di là della fin troppo facile ironia, va detto che non di sola musica derivativa si tratta: se<br />

l’inevitabile collocazione è quella, appunto, dell’Inghilterra dei primi anni ottanta e dei suoi eroi crepuscolari,<br />

Cure e Joy Division in testa, ai giovani emiliani va riconosciuta la capacità di scrivere belle canzoni con<br />

estrema facilità e di confezionarle in maniera tale da affiancare un originale tocco personale all’ABC del<br />

perfetto post-punker. Il risultato è un album godibilissimo, scuro quanto basta, che ha tutte le potenzialità<br />

per andare oltre il pubblico di stretta osservanza… Per una volta ci piacerebbe credere alle favole…


::: PROMORAMA ::: PRESS :::<br />

BAND: JoyCut TITLE: GHOST TREES WHERE TO<br />

DISAPPEAR<br />

L'ISOLA CHE NON C'ERA<br />

http://www.lisolachenoncera.it/rivista/recensioni/ghost-trees-where-to-disappear/<br />

LABEL: PILLOWCASE<br />

PAG. 33<br />

La natura deve esercitare su questa band un potere particolare. Gli alberi soprattutto sembrano<br />

accompagnare il percorso ben strutturato di una fra le band più sensibili a ciò che ci sta intorno e che è<br />

sempre stato lì molto prima del nostro arrivo. I JoyCut a ogni nuova pubblicazione paiono giocare una partita<br />

tutta loro - una partita difficile, da governare fino in fondo piuttosto che portare a casa un risultato. La prima<br />

volta che ho visto la band dal vivo è stata in un parco: neanche a farlo apposta i quattro suonavano in<br />

un’area disegnata da altrettanti tronchi. Ho subito pensato che scenario migliore non potesse esistere per<br />

temi legati all’ecologia, all’inquinamento, a condizioni atmosferiche impervie, a periferie claustrofobiche. E il<br />

suono, il suono sembrava pronto per rarefarsi tra le piante, restare impigliato sulle loro teste e poi<br />

infrangersi tra rami e fronde.<br />

Nel nuovo lavoro di JoyCut si riconoscono i temi più cari e si riconoscono gli elementi, nessuno escluso:<br />

fuoco (TheFall), terra (CleanPlanet), aria (Deus) e acqua (Liquid) compaiono in brani che dal primo ascolto<br />

non potremmo non riconoscere come familiari. Suite dilatate, cavalcate oniriche che tanto hanno accostato<br />

la band ai più oscuri Cure si riconoscono anche in Ghost Trees Where To Disappear, concept album che<br />

ruota intorno alla figura di Mr. Man. La strana storia del Signor Uomo narra dell’unico esemplare rimasto, la<br />

cui immagine agli occhi degli altri appare come quella di un extraterrestre verde-grigio. Il Signor Uomo è in<br />

cerca di ossigeno, lo cerca tra il respiro degli alberi fantasma e sono in molti a poterlo aiutare, i bambini<br />

specialmente.<br />

Da questo incipit un intero disco a forte impronta ambientalista. Registrato presso The Promises, primo<br />

studio di registrazione europeo interamente alimentato da energia solare, Ghost Trees si presenta tra gli<br />

scaffali con packaging in materiale riciclato al 100%, biodegradabile e stampato con inchiostro vegetale. E<br />

poi c’è un vecchio cd, da ascoltare in macchina, in un pomeriggio di pioggia, prima di scendere sull’asfalto e<br />

lasciarsi sedurre da umidità e Ponente.


::: PROMORAMA ::: PRESS :::<br />

BAND: JoyCut TITLE: GHOST TREES WHERE TO<br />

DISAPPEAR<br />

RADIONATION<br />

http://www.radionation.it/2011/05/11/joycut-ghost-trees-where-to-disappear-2/<br />

LABEL: PILLOWCASE<br />

PAG. 34<br />

Il mio primo impatto coi Joycut è stato live solo l’anno scorso. E sono rimasta folgorata. E non mi spiego<br />

perché si portino 3-4 volte l’anno in Italia i White Lies e non si dia più spazio a una band come questa di<br />

casa nostra che non ha davvero né nulla da invidiare agli inglesi né deve pagar dazio e stare alla loro ruota.<br />

Follie inspiegabili.<br />

Dei Joycut non potevo quindi che spendere parole positive dopo averli sentiti suonare avanti ai miei occhi,<br />

figuriamoci poi dopo che tra le mani (figurato, purtroppo la copia fisica non è mai arrivata e quella digitale<br />

solo dopo un mese) capita l’album che dopo dieci anni di loro carriera giunge perfetto.<br />

Per il packaging, poi, le tematiche ambientaliste stanno molto a cuore ai Joycut, eco-band che ha registrato<br />

questo lavoro nel londinese The Premises, lo studio di registrazione alimentato ad energia solare,<br />

pubblicandolo proprio nel giorno della campagna ecologista “M’Illumino Di Meno” a favore della riduzione del<br />

consumo energetico. Il cd stesso è realizzato con materiali ecocompatibili, packaging con cartoncino riciclato,<br />

inchiostri naturali e colle vegetali. Per non parlare delle foto con gli alberi pubblicate sulla loro pagina<br />

facebook.<br />

Quello dei Joycut è letteralmente un disco che ti apre la mente: una ben confezionata dichiarazione d’amore<br />

per quella scena wave degli anni ’80 e un passo ulteriore e probabilmente definitivo nella creazione di un<br />

linguaggio personale e originale. Del resto il tema principale delle 13 canzoni è quello del Signor Uomo, un<br />

personaggio visto dalla gente comune come un extraterrestre, che sembra camminare su un pavimento<br />

liquido fatto di note e atmosfere. Atmosfere che sono plumbee, ma di una darkwave sognante e avvolgente.<br />

Malinconiche e opprimenti senza essere strazianti. Il punto di incontro tra Cure e Arcade Fire, insomma.<br />

Menzione d’onore, più che a un brano solo su tutti, è alle liriche del disco. Individuare un brano che<br />

impressiona più sopra gli altri è impossibile: è il disco che va messo nel lettore e vissuto come colonna<br />

sonora del momento.<br />

STORIA DELLA MUSICA<br />

http://www.storiadellamusica.it/Joycut_-_Ghost_Trees_Where_To_Disappear_<br />

%28PillowCase_Records,_2011%29.p0-r3923<br />

Ghost Trees Where To Disappear, terzo lavoro dei nostrani Joycut, è, prima ancora che un buon disco, un<br />

disco buono. Fiero alfiere della filosofia ecologista che da sempre contraddistingue il gruppo, GTWTD si<br />

mostra - sotto questo aspetto - integro come mai prima d’ora un prodotto Joycut era stato: dal packaging al<br />

vinile, dalle colle agli inchiostri, tutte le componenti fisiche hanno origini controllate ed eco-compatibili. E<br />

quelle non fisiche, stavolta, pure: la registrazione - ad opera di Jason Howes che, tanto per chiarire la<br />

dimensione internazionale del gruppo, ha lavorato con Bloc Party, Art Brut e Arctic Monkeys - è stata fatta<br />

presso The Premises Studio di Londra (il primo in Europa alimentato esclusivamente con energia solare) e la<br />

pubblicazione ha coinciso con il giorno in cui - qualcuno, forse, ricorderà - fummo tutti invitati a spegnere<br />

l’elettrico superfluo aderendo ad una relativamente imponente campagna di sensibilizzazione al risparmio<br />

energetico (lo stereo, quindi, alla faccia dell’impazienza, immagino che quel giorno avremmo dovuto lasciarlo<br />

stare…).I Joycut, chi li conosce lo saprà, riciclano invero anche buona parte di musiche già note. Riuscendo,<br />

tuttavia, a dare all’operazione una connotazione ancora in gran parte positiva: le radici dark/new wave<br />

tipicamente inglesi si sviluppano nella loro musica - e in questo lavoro meglio che mai - entro una<br />

dimensione di piacevole freschezza che oggi , a fronte della manifesta agonia di certo stantio revivalismo,<br />

appare quantomeno ammirevole. Colpisce, in prima battuta, la scura eleganza e l’equilibrio dei suoni (il<br />

lavoro di Howes si sente eccome) attraverso cui riescono ad emanciparsi da un linguaggio che ancora tanto<br />

deve ai Cure (si senta l’attacco di Garden Grey), ma che invero ripiega la loro pornography dentro una<br />

dimensione di vellutato, carezzevole e a volte straniante (echi del Twin Peaks Theme in 10 Pence?)


::: PROMORAMA ::: PRESS :::<br />

BAND: JoyCut TITLE: GHOST TREES WHERE TO<br />

DISAPPEAR<br />

LABEL: PILLOWCASE<br />

PAG. 35<br />

INDIE-EYE<br />

http://www.indie-eye.it/recensore/news/joycut-ghost-trees-where-to-disappear-pillowcase-records-<br />

2011.html<br />

E sebbene sia convinto che tutto stagni nel codificare un certo tipo di vibrazioni e fare in modo che queste<br />

entrino a far parte del proprio immaginario, posso solo gioire che Ghost Trees Where To Disappear dei<br />

bolognesi Joycut sia quì a bussare alla mia porta. Si riapre così quella vecchia ferita (mai del tutto guarita, in<br />

verità) che ad inizio secolo mi aveva spinto alla ricerca di un rimedio per la mia voce femminina, tant’era la<br />

voglia di possedere un ugola potente al pari delle nascenti post punk revival. Ferita sanguinante e dolorosa<br />

che non ha mai permesso di avventurarmi in improbabili perfomances urbane in cui un tizio, alla guida della<br />

propria auto, urla dozzine di epici ritornelli mentre gli altri credano sia in preda a qualcosa di brutto. Così,<br />

subentrante a 10 pence, breve preludio strumentale, basta Clean Planet, con il suo carico di riverberi che<br />

allungano la mano a certi eroi eighties (Simple Minds su tutti), per riportare alla mia mente le afflizioni<br />

dovute a detta incapacità. Garden Grey e TTG sembrano invece un preparato Pet Shop Boys pronto per<br />

Chariots of Fire o per talune amenità del duca bianco. La costipazione di GTRC e Deus allevia ancora le<br />

doglie della pluripara post/shoegaze con un crescendo di pathos ed urla lancinanti che danno luogo al parto<br />

nella marzialità dei finali mentre a noi piace ancora crogiolarci con l’idea che da qualche parte esista una<br />

chiave per ogni chiavistello, anche per quello che chiuderà la casa dei sogni Bahuahus e Joy Division troppe<br />

volte aperta ed abitata anche da ospiti poco illustri, ma non è questo il caso, grazie al cielo. Accenni di<br />

protervia Editors ed Interpol con Apple e Liquid e quella personalissima rilettura del decennio wave di fronte<br />

alla quale storcere il naso boriosamente è ottuso quanto ostinarsi a leggervi sempre e solo i prodigi della<br />

Cura. Rapsodie degne di qualcosa in più rispetto alla sterile annotazione storica. Ci sono dischi che ti aprono<br />

la mente ed altri che ti scorrono addosso senza lasciar traccia. Non v’è, in realtà, certezza di comprendere<br />

bene sul momento quale sia dell’una o dell’altra specie, soprattutto quando a piacerti possano essere<br />

entrambe. I Joycut vantano un curriculum oltremodo dignitoso perchè san fare dischi che aprono la mente.<br />

Nulla assurge al rango di scienza ma qui tutto è esattamente al posto in cui deve essere. Musica ragionata,<br />

vero, ma decisamente ben fatta.


::: PROMORAMA ::: PRESS :::<br />

BAND: JoyCut TITLE: GHOST TREES WHERE TO<br />

DISAPPEAR<br />

ONDA ROCK<br />

http://www.ondarock.it/recensioni/2011_joycut.htm<br />

LABEL: PILLOWCASE<br />

PAG. 36<br />

Piaccia o no, “Ghost Trees Where To Disappear” è un album importante per la musica indipendente italiana,<br />

un album nel quale il gruppo bolognese ha raccolto gli sforzi di dieci anni di passione mai nascosta per la<br />

musica inglese in un prodotto privo di incertezze.<br />

Dai Cure ai Pink Floyd, passando per gli Slowdive e Nick Drake, i semi della loro musica sono germogliati con<br />

calma, un attesa che rende il loro quarto album il primo passo verso la maturità.<br />

La cronaca ha raccolto alcuni eventi importanti che riguardano la loro carriera: gruppo di spalla al tour degli<br />

Editors, prodotti da Jason Howes (Arctic Monkeys, Block Party) e infine strenui sostenitori di tematiche<br />

ambientaliste, i Joycut hanno registrato “Ghost Trees Where To Disappear” nel primo studio realizzato con<br />

pannelli fotovoltaici.<br />

Neppur il packaging sfugge alla loro attenzione per l’uomo e l’ambiente: un insieme di materiali riciclati o<br />

riciclabili contorna le canzoni registrate nello studio londinese e il fatto che la musica stessa sia frutto di<br />

riciclo di altrui intuizioni è quindi quantomeno contestuale.<br />

Non è ovviamente l’originalità il punto centrale della musica dei Joycut, anche se non sarebbe corretto<br />

liquidare il tutto in relazione alla palese struttura derivativa del sound, poiché nelle tredici tracce dell’album si<br />

annidano buone intuizioni capaci di sostenere l’intero progetto.<br />

Ritmi quasi onirici, voce in bilico tra dolore, rabbia e tristezza, chitarre sferzanti che raramente alzano la<br />

voce, un fluido ipnotico tranciato da squarci di luci al neon, questo è, in parole più semplici, il sound dei<br />

Joycut, nel quale una leggera trance elettronica compare tra le trame ingentilendo alcuni episodi.<br />

Le influenze sono assorbite in un contesto personale, mentre una predilezione per atmosfere più robuste<br />

conferisce un sapore quasi doom-metal alla attraente e briosa “Deus”; il gruppo ottiene una buona coesione<br />

tra ritmo e corpo lirico in intense composizioni come “CleanPlanet” e ”TTG”, sfrondando le eventuali<br />

perplessità alimentate da alcuni episodi minori come ”GardenGrey” e ” L@M_S”.<br />

L’album si ascolta senza troppe pause, anzi le ultime tracce riservano emozioni inaspettate, le pulsioni popwave<br />

della vivace e catchy “Apple” introducono la epica “Liquid”, una delle canzoni destinate a diventare un<br />

classico delle loro esibizioni live; pochi attimi e il tutto si chiude con “W4U”, una ballata che non lascia dubbi<br />

sulla maturità raggiunta dal gruppo, la cui costanza e umiltà hanno qui dato i loro frutti.<br />

I Joycut non sono più un gruppo di belle speranze ma una realtà della musica rock italiana, Joy-It.<br />

KD COBAIN<br />

http://www.kdcobain.it/tutte-le-recensioni/68-joycut-ghost-trees-where-to-disappear-recensione.html<br />

I Joycut hanno fatto sentire più volte la loro voce, riscuotendo meritati consensi da pubblico e critica. Questa<br />

volta la band italiana varca i confini, allargando gli orizzonti con un album prodotto da Jason Howes (già al<br />

lavoro con Block Party e Arctic Monkeys). Il sound rimanda come sempre agli anni ’80 d’oltremanica, tra new<br />

wave e atmofere dark, quelle riassunte perfettamente già dal titolo e dalla copertina del disco. Il brano “10<br />

pence” apre le danze proprio con questi suoni che abbracciano stili dark post-punk di band come Echo & The<br />

Bunnymen o Psychedelic Furs.<br />

Ma c’è spazio anche per divagazioni più pop in stile The Cure come quelle di “Green Garden” e per<br />

divagazioni che attingono alla tradizione post-rock tra le pieghe di molte tracce. In dieci anni di carriera i<br />

Joycut sono riusciti a lavorare su questi stili riuscendo a crearne uno personale, apprezzato in patria ma<br />

anche all’estero. Per questo “Ghost trees where to disappear” è l’album adatto alla competizione nel difficile<br />

scenario internazionale.


::: PROMORAMA ::: PRESS :::<br />

BAND: JoyCut TITLE: GHOST TREES WHERE TO<br />

DISAPPEAR<br />

KATHODIC<br />

http://www.kathodik.it/modules.php?name=Reviews&rop=showcontent&id=4656<br />

LABEL: PILLOWCASE<br />

PAG. 37<br />

Quante cose da dire su questa band! Innanzitutto ci tengo a scrivere che a differenza di molti artisti tutti<br />

ciarle e niente fatti questi ragazzi bolognesi hanno sposato la causa ecologica utilizzando materiali riciclati e<br />

non inquinanti. Sono così legati alla natura che un loro simbolo ricorrente è l’albero. La natura è presente<br />

anche sulla copertina, rami secchi che scompaiono, foglie che ancora sono in vita, un bosco oscuro. Tanto<br />

per farvi capire l’essenza (profonda) di questa band con le parole vi citerò una risposta data direttamente da<br />

loro alla domanda “Cosa evoca il vostro nome?” “Il nome JoyCut invita a consolidare nella memoria i segni<br />

dell'esistenza. Quali le tracce positive indelebili. Quindi non soltanto le cicatrici sofferte, ma anche i tagli di<br />

gioia”. La band nasce nel 2001, da allora ne hanno fatta di strada e sono arrivati a traguardi notevoli<br />

facendo da spalla a gruppi (a cui hanno rubato qualche idea) come gli Editors e gli Arcade Fire. Mi ha colpito<br />

subito il cd per l’estetica. Sembra un vinile dark che in effetti suona molto new wave, dream pop. Liquido.<br />

'Ghost trees where to disappear' ha dei toni pieni di luci e ombre e al tempo stesso morbidi e sensuali<br />

soprattutto grazie ad effetti sulla voce del cantante tipicamente darkwave anni 80 (che ricorda un po’ quella<br />

di Ian Curtis dei Joy Division). Il cd si apre con 10 pence una traccia strumentale, le melodie ti rapiscono<br />

come in Clean Planet che sembra appena uscita da un album dei migliori Jesus and Mary Chain, ti cullano<br />

come in Deus che ha una piccola parte cantata alla fine, rabbiosa e a più voci, ti scuotono la mente quando<br />

diventano più veloci e potenti come in Apple la traccia più riuscita insieme a W4U una perfetta chiusura<br />

malinconica e romantica (di cui è stato anche realizzato un video). Forse l’unica pecca di quest’album è che<br />

nell’insieme può risultare un po’ pesante (c’è davvero molto da ascoltare), ogni canzone presa singolarmente<br />

è bellissima e intensa ma tutto insieme è troppo. Faccio comunque un applauso al produttore Jason Howes<br />

(tra le varie collaborazioni ricordo Arctic Monkeys, Lily Allen, Bloc Party) che ha dato decisamente un suono<br />

internazionale a questa band che aveva già rielaborato molto certa new wave anglosassone tirando fuori<br />

qualcosa di mai sentito (o dimenticato) qui in Italia. Bravissimi.


BAND: JoyCut TITLE: GHOST TREES WHERE TO<br />

DISAPPEAR<br />

LABEL: PILLOWCASE<br />

PAG. 38<br />

ROLLING STONE(Intervista)<br />

http://www.rollingstonemagazine.it/musica/interviste/joycut-la-musica-in-difesa-dellambiente/36660<br />

AUDIODROME (Intervista)<br />

http://www.audiodrome.it/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=7535<br />

GREENME(Articolo)<br />

http://www.greenme.it/vivere/arte-e-cultura/4398-joycut-la-band-ecowave-che-suona-sotto-agli-alberi<br />

IL CIBICIDA(Intervista)<br />

http://www.ilcibicida.com/?p=411<br />

LOSING TODAY (Intervista)<br />

http://www.losingtoday.com/it/features.php?review_id=1300<br />

SPAZIO ROCK (Intervista)<br />

http://www.spaziorock.it/intervista.php?&id=321<br />

EMILIA MIXTAPE(Intervista)<br />

http://www.emiliamixtape.blogspot.com/<br />

::: PROMORAMA ::: PRESS :::<br />

DAGHEISHA(Intervista)<br />

http://www.dagheisha.com/music_section/interviews.asp?report=521

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