Polifemo circe il viaggio nell'Ade le Sirene Scilla e Cariddi ... - Utem.it
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Univers<strong>it</strong>à della terza età Montebelluna<br />
Anno Accademico 2011-12<br />
“IL RITORNO DI ULISSE” – III parte<br />
Angelo Ceron<br />
1. DAI CICLOPI A CIRCE<br />
2. LA MAGA CIRCE<br />
• Arrivo all’isola<br />
• I compagni porci<br />
• L’aiuto di Hermes<br />
• Ulisse e Circe<br />
• IMMAGINI<br />
• La partenza<br />
3. DISCESA NELL’ADE<br />
• La discesa<br />
• La profezia di Tiresia<br />
• L’incontro con la madre<br />
• Le donne del m<strong>it</strong>o<br />
o Tiro<br />
o Antiope<br />
o Alcmena<br />
o Megara<br />
o Epicasta (Giocasta)<br />
o Clori<br />
o Leda<br />
o Fedra<br />
o Arianna<br />
o Climene<br />
• Gli eroi caduti
o Agamennone<br />
o Ach<strong>il</strong><strong>le</strong><br />
o Aiace Telamonio<br />
• I grandi dell’Ade<br />
o Minosse<br />
o Orione<br />
o Tizio<br />
o Tantalo<br />
o Sisifo<br />
o Erac<strong>le</strong><br />
4. GLI ALTRI RACCONTI (VIAGGI)<br />
• LE SIRENE<br />
• SCILLA E CARIDDI<br />
• TRINACRIA, L’ISOLA DEL SOLE<br />
• LA TEMPESTA CHE LO SPINGE A OGIGIA<br />
• L’ARRIVO ALL’ISOLA DEI FEACI<br />
5. LA PARTENZA
L’arrivo all’isola Eea<br />
E giungemmo all’isola Eea. Circe dai bei capelli viveva qui, la dea<br />
tremenda che parla con voce umana, sorella del crude<strong>le</strong> Eeta: figli<br />
entrambi del So<strong>le</strong> che <strong>il</strong>lumina gli uomini, e di Perse, che fu<br />
generata da Oceano.<br />
Alla costa ci avvicinammo con la nave, in s<strong>il</strong>enzio, ed entrammo nel<br />
porto sicuro, un dio ci guidava. Sbarcammo, e per due giorni e due<br />
notti stavamo lì, col cuore straziato dal dolore e dalla fatica. Ma<br />
quando <strong>il</strong> terzo giorno ricondusse l’Aurora, allora presi la lancia e la<br />
spada aff<strong>il</strong>ata e, rapido, dalla nave salii su di un poggio, se mai<br />
vedessi opere d’uomini o ne sentissi la voce. Su una cima scoscesa<br />
mi inerpicai, per osservare, e vidi salire del fumo da quella terra<br />
spaziosa: era la casa di Circe, tra gli alberi f<strong>it</strong>ti del bosco.<br />
Nella vallata, in un luogo appartato, trovarono la casa di Circe, tutta di<br />
pietra liscia.<br />
Si aggiravano intorno lupi dei monti e <strong>le</strong>oni che <strong>le</strong>i aveva stregato con<br />
f<strong>il</strong>tri maligni: non li assalirono ma si <strong>le</strong>varono r<strong>it</strong>ti, muovendo <strong>le</strong> lunghe<br />
code. Come quando i cani fanno festa al padrone che torna da un<br />
pranzo, perché sempre porta con sé dei buoni bocconi: così<br />
scodinzolavano i lupi dal<strong>le</strong> forti zampe e i <strong>le</strong>oni, intorno agli uomini. Ed<br />
essi tremarono al vedere <strong>le</strong> belve tremende.<br />
Si fermarono nel porticato della dea dai bei capelli, sentivano Circe che<br />
dentro cantava con la sua bella voce mentre tesseva una tela grande,<br />
divina, come sono quel<strong>le</strong> che fanno <strong>le</strong> dee, sott<strong>il</strong>i, sp<strong>le</strong>ndenti di grazia,<br />
perfette.<br />
Uomini porci<br />
(parla Pol<strong>it</strong>e)
“Amici, c’è dentro qualcuno che tesse una grande tela e canta con voce<br />
bellissima che tutt’intorno risuona, è una donna o forse una dea:<br />
facciamoci udire al più presto”. Parlò così ed essi ad alta voce<br />
chiamarono.<br />
Lei uscì sub<strong>it</strong>o aprendo <strong>le</strong> porte sp<strong>le</strong>ndenti e li inv<strong>it</strong>ava ad entrare. La<br />
seguirono tutti, senza sospetto. Eur<strong>il</strong>oco solo rimase indietro, temendo<br />
un tranello.<br />
Su troni e seggi li fece sedere e per loro nel vino di Pramno mescolò del<br />
formaggio e biondo mie<strong>le</strong> e farina di orzo; ma al cibo unì anche dei f<strong>il</strong>tri<br />
magici perché scordassero la patria, per sempre. E quando l’ebbe<br />
offerto loro ed essi ne bevvero, sub<strong>it</strong>o con una bacchetta li toccò e nei<br />
porc<strong>il</strong>i li chiuse. Dei porci avevano la voce, <strong>le</strong> seto<strong>le</strong> e tutto <strong>il</strong> corpo e<br />
l’aspetto, ma non la mente, che era quella di prima.<br />
Furono così rinchiusi, piangenti: a loro Circe gettava ghiande di <strong>le</strong>ccio e<br />
di quercia e cornio<strong>le</strong>, quello che mangiano sempre i maiali, stesi per<br />
terra.<br />
L’aiuto di Hermes<br />
Così dissi, e mi allontanai dalla nave e dal mare. Ma quando, attraverso <strong>il</strong><br />
bosco sacro, stavo per giungere alla grande dimora di Circe dai magici<br />
f<strong>il</strong>tri — ero già arrivato alla casa quando mi venne incontro Hermes, <strong>il</strong> dio<br />
dalla bacchetta d’oro, sim<strong>il</strong>e a un giovane cui fiorisce sul mento la prima<br />
barba, sp<strong>le</strong>ndente di grazia è la sua giovinezza. Mi prese la mano e mi<br />
rivolse la parola dicendo:<br />
“Dove vai, infelice, solo per queste colline, senza conoscere <strong>il</strong> luogo? Sono<br />
rinchiusi i tuoi compagni nella casa di Circe, sono diventati dei porci che<br />
vivono in solide stal<strong>le</strong>. Vieni forse per liberarli? E io ti dico che neanche tu<br />
tornerai, resterai là insieme con gli altri.<br />
Ma dal pericolo voglio liberarti e salvarti. Prendi, va alla casa di Circe con<br />
questa magica erba che ti terrà lontano <strong>il</strong> giorno fata<strong>le</strong>. E io ti dirò tutte <strong>le</strong>
astuzie funeste di Circe. Lei ti preparerà una bevanda, getterà nel cibo dei<br />
farmaci; ma neppure così riuscirà a stregarti, lo impedirà la magica erba<br />
che ti darò, spiegandoti tutto. Quando ti toccherà con la sua lunga<br />
bacchetta, sguaina allora la tua spada aff<strong>il</strong>ata e su di <strong>le</strong>i balza come se tu<br />
vo<strong>le</strong>ssi ucciderla. Atterr<strong>it</strong>a, <strong>le</strong>i ti inv<strong>it</strong>erà nel suo <strong>le</strong>tto: e tu della dea non<br />
rifiutare l’amore, affinché liberi i tuoi compagni e si prenda cura di te. Ma<br />
chied<strong>il</strong>e di giurare <strong>il</strong> gran giuramento dei numi, che nessun altro malvagio<br />
inganno ordirà contro di te, e che, quando sarai disarmato e nudo, non ti<br />
farà v<strong>il</strong>e e impotente”.<br />
Così disse <strong>il</strong> Messaggero e mi diede l’erba che aveva strappato da terra, mi<br />
fece vedere com’era: nera la radice, bianco candido <strong>il</strong> fiore. Gli dei la<br />
chiamano moly. Estrarla non è fac<strong>il</strong>e, per i mortali: ma gli dei possono<br />
tutto.<br />
Odisseo e Circe<br />
Poi Hermes fece r<strong>it</strong>orno all’alto Olimpo attraverso <strong>le</strong> selve dell’isola; io<br />
andavo alla casa di Circe e, mentre andavo, mi batteva forte <strong>il</strong> cuore nel<br />
petto. Sulla porta della dea dai bei capelli mi fermai e qui emisi un grido,<br />
<strong>le</strong>i udì la mia voce. Sub<strong>it</strong>o uscì dalla casa aprendo <strong>le</strong> porte sp<strong>le</strong>ndenti e mi<br />
inv<strong>it</strong>ava ad entrare: la seguii con l’angoscia nel cuore.<br />
Mi condusse a sedere su un trono ornato d’argento, prezioso, bellissimo:<br />
per i piedi vi era, sotto, uno sgabello. Preparò per me la bevanda in una<br />
coppa d’oro, perché la bevessi, e vi gettò <strong>il</strong> farmaco, med<strong>it</strong>ando l’inganno<br />
nel cuore. Me la diede, la bevvi e poiché non mi stregava, <strong>le</strong>i mi toccò con<br />
la bacchetta e mi disse:<br />
“Va, ora, al porc<strong>il</strong>e, stend<strong>it</strong>i con gli altri compagni”.<br />
Disse, e io estrassi la spada aff<strong>il</strong>ata e mi slanciai su di <strong>le</strong>i come se vo<strong>le</strong>ssi<br />
ucciderla. Si sottrasse Circe gridando, mi abbracciò <strong>le</strong> ginocchia e<br />
piangendo mi rivolse queste paro<strong>le</strong>:
“Chi sei, da dove vieni? Dove sono la tua c<strong>it</strong>tà, i gen<strong>it</strong>ori? Stupore mi<br />
prende perché hai bevuto <strong>il</strong> mio f<strong>il</strong>tro e non sei stato stregato. Nessun altro<br />
al mondo ha mai resist<strong>it</strong>o a questo farmaco, una volta che l’abbia bevuto,<br />
quando esso ha oltrepassato la barriera dei denti. Ma la tua mente resiste<br />
agli incanti. Certo tu sei Odisseo, l’eroe del lungo <strong>viaggio</strong>: sempre me lo<br />
diceva <strong>il</strong> Messaggero dalla bacchetta d’oro, che saresti giunto, di r<strong>it</strong>orno da<br />
Troia, sulla nera nave veloce. Ma ora rimetti la spada nel fodero e sul mio<br />
<strong>le</strong>tto saliamo, affinché, dopo esserci un<strong>it</strong>i in amore, possiamo fidarci l’uno<br />
dell’altra”.<br />
Così parlò, e io <strong>le</strong> risposi e <strong>le</strong> dissi:<br />
“Circe, come puoi chiedermi di essere dolce con te che nella tua casa hai<br />
trasformato in porci i miei compagni, e con l’inganno inv<strong>it</strong>i me, ora che mi<br />
hai qui, a salire sul tuo <strong>le</strong>tto nel talamo, per rendermi v<strong>il</strong>e e impotente una<br />
volta che io sia nudo e senz’armi? Sul tuo <strong>le</strong>tto non voglio salire, dea, se<br />
non acconsenti a giurarmi <strong>il</strong> gran giuramento, che contro di me non ordirai<br />
nessun altro inganno malvagio”.<br />
Così parlai, e sub<strong>it</strong>o <strong>le</strong>i giurò come io volli. E dopo che ebbe compiuto <strong>il</strong><br />
giuramento, allora salii sul bellissimo <strong>le</strong>tto di Circe.<br />
Si affaccendavano intanto nella sala <strong>le</strong> ancel<strong>le</strong>, <strong>le</strong> quattro ancel<strong>le</strong> che<br />
lavoravano nella sua casa: sono ninfe dei boschi, del<strong>le</strong> fonti, dei sacri fiumi<br />
che scendono al mare. Una poneva sui seggi sp<strong>le</strong>ndidi drappi di porpora,<br />
sotto ai quali stendeva dei panni sott<strong>il</strong>i; davanti ai seggi un’altra disponeva<br />
i tavoli d’argento e sopra vi collocava canestri d’oro; nella grande coppa<br />
d’argento mescolava la terza <strong>il</strong> vino profumato, dolcissimo, e distribuiva i<br />
calici d’oro; portava l’acqua la quarta e sotto un tripode enorme accendeva<br />
un gran fuoco: l’acqua si riscaldava.<br />
Ma quando prese a bollire l’acqua nel bac<strong>il</strong>e lucente, mi fece sedere in una<br />
vasca e dal tripode grande me la versava, mescolandola con acqua fredda,<br />
sulla testa e sul<strong>le</strong> spal<strong>le</strong>, per togliere dal<strong>le</strong> mie membra la stanchezza<br />
morta<strong>le</strong>. E dopo che mi ebbe lavato e unto di olio, mi fece indossare una<br />
tunica e uno sp<strong>le</strong>ndido manto e mi condusse a sedere su un trono ornato
d’argento, prezioso, bellissimo; uno sgabello vi era sotto, per i piedi.<br />
L’acqua per i lavacri portava un’ancella e la versava da una sp<strong>le</strong>ndida<br />
brocca d’oro in un bac<strong>il</strong>e d’argento; accanto dispose un tavolo ben<br />
<strong>le</strong>vigato. Venne la dispensiera a portare <strong>il</strong> pane e molte vivande che con<br />
larghezza distribuiva. E mi inv<strong>it</strong>ava a mangiare. Ma non lo gradiva <strong>il</strong> mio<br />
cuore, sedevo pensando ad altro, prevedevo sventure nell’animo.<br />
Quando Circe si accorse che stavo seduto, in preda a tremendo dolore, e al<br />
cibo non tendevo <strong>le</strong> mani, mi venne accanto e così mi parlava:<br />
“Perché siedi, Odisseo, muto, rodendoti <strong>il</strong> cuore, senza toccare cibo o<br />
bevanda? Sospetti forse qualche altro inganno? Non devi temere: ho<br />
pronunciato ormai <strong>il</strong> giuramento so<strong>le</strong>nne”.<br />
Disse così, ma io <strong>le</strong> risposi e <strong>le</strong> dissi:<br />
“O Circe, qua<strong>le</strong> uomo mai, che conosca giustizia, oserebbe saziarsi di cibo<br />
e bevanda prima di aver liberato i compagni, di averli visti con i suoi<br />
occhi? Se vuoi davvero che io beva e che mangi, libera i miei fedeli<br />
compagni, che io possa vederli”.<br />
Così dicevo, e Circe uscì dalla sala tenendo in mano la sua magica verga,<br />
aprì i battenti del porc<strong>il</strong>e e fuori li spinse, parevano porci di nove anni.<br />
Davanti a <strong>le</strong>i stavano, ed essa andando fra loro li ungeva uno per uno con<br />
un altro suo farmaco. Ed ecco che dal loro corpo caddero <strong>le</strong> seto<strong>le</strong> che fece<br />
nascere prima <strong>il</strong> magico f<strong>il</strong>tro della dea possente.<br />
Furono sub<strong>it</strong>o uomini, più giovani di prima e molto più belli e più alti a<br />
vederli. Mi riconobbero, mi strinsero ad uno ad uno la mano. A tutti venne<br />
voglia di piangere, ne risuonava intorno la casa, era commossa anche la<br />
dea. E mi diceva standomi accanto:<br />
“Divino figlio di Laerte, Odisseo dal grande ingegno, va ora sulla riva del<br />
mare, alla tua nave veloce. La nave, per prima cosa, trascinate sulla<br />
battigia, nel<strong>le</strong> grotte mettere i tesori e tutti gli attrezzi. Poi tu r<strong>it</strong>orna<br />
indietro e conduci i tuoi fedeli compagni”.
Così diceva e persuadeva <strong>il</strong> mio cuore. Verso la riva del mare mossi, alla<br />
mia nave veloce, e vicino alla nave trovai i fedeli compagni che<br />
miseramente gemevano, versando lacrime f<strong>it</strong>te. Come quando, in<br />
campagna, intorno al<strong>le</strong> mucche che alla stalla r<strong>it</strong>ornano dopo essersi<br />
saziate d’erba, <strong>le</strong> v<strong>it</strong>el<strong>le</strong> si affollano tutte, non <strong>le</strong> trattengono più gli<br />
steccati, ed esse, con alti mugg<strong>it</strong>i, corrono intorno al<strong>le</strong> madri; così essi,<br />
quando mi videro, mi corsero intorno piangendo: sembrò loro, nell’animo,<br />
di essere giunti in patria, alla loro c<strong>it</strong>tà, all’aspra Itaca dove nacquero e<br />
crebbero. E piangendo mi rivolgevano queste paro<strong>le</strong>:<br />
“Del tuo r<strong>it</strong>orno siamo felici, divino Odisseo, come se fossimo giunti a<br />
Itaca, nella terra dei padri; ma narraci ora la sorte degli altri compagni”.<br />
Così dicevano, e con dolcezza io rispondevo:<br />
“La nave, per prima cosa, tiriamo sulla battigia e nel<strong>le</strong> grotte mettiamo i<br />
tesori e tutti gli attrezzi; e poi in fretta segu<strong>it</strong>emi tutti, potrete vedere i<br />
vostri compagni che nella dimora di Circe mangiano e bevono in<br />
abbondanza”.<br />
Così parlai, e sub<strong>it</strong>o essi obbedirono al<strong>le</strong> mie paro<strong>le</strong>. Soltanto Eur<strong>il</strong>oco<br />
cercava di trattenere i compagni e parlava e diceva loro:<br />
“Dove andiamo, infelici? Perché andate in cerca di mali, entrando in casa<br />
di Circe che tutti quanti ci trasformerà in porci, lupi, <strong>le</strong>oni, perché nostro<br />
malgrado facciamo la guardia alla sua grande dimora? Così fece <strong>il</strong> Ciclope<br />
quando rinchiuse i compagni dopo che entrarono nel suo recinto, e<br />
l’audace Odisseo era con loro; anch’essi morirono per la sua follia”.<br />
Così disse e io nel mio cuore pensai di estrarre la spada aff<strong>il</strong>ata e con essa<br />
troncargli la testa, gettargliela a terra, benché fosse un mio stretto parente;<br />
ma i compagni, da una parte e dall’altra, mi trattenevano con suadenti<br />
paro<strong>le</strong>:<br />
“Divino Odisseo, se tu vuoi, lasceremo costui qui presso la nave, a far<strong>le</strong> la<br />
guardia: guida noi invece alla sacra dimora di Circe”.
Ciò detto si allontanavano dal mare e dalla nave. E neppure Eur<strong>il</strong>oco<br />
rimase presso la concava nave, ma ci seguì, spaventato dalla mia furia<br />
tremenda.<br />
Circe intanto nella sua casa lavò con cura gli altri compagni, li unse di<br />
olio, fece loro indossare tuniche e mantelli di lana. In sala li trovammo,<br />
seduti a banchetto. E quando si videro e si conobbero gli uni con gli altri,<br />
piangevano, si lamentavano, la casa risuonava di gem<strong>it</strong>i. Stando vicino a<br />
me, così mi disse la dea:<br />
“Divino figlio di Laerte, Odisseo ricco d’ingegno, ora non abbandonatevi<br />
al pianto. So anch’io quanto avete pat<strong>it</strong>o, sul mare ricco di pesci, e come, a<br />
terra, vi maltrattarono uomini a voi ost<strong>il</strong>i. Ma ora mangiate <strong>il</strong> mio cibo,<br />
bevete <strong>il</strong> mio vino, finché riprenderete coraggio nell’animo, come un<br />
tempo, come quando lasciaste la patria, l’aspra terra di Itaca. Ora non<br />
avete più forza e vigore e <strong>il</strong> mare terrib<strong>il</strong>e avete nel cuore, <strong>il</strong> vostro animo<br />
non ha mai pace, perché avete molto sofferto”.<br />
Disse così, e persuase <strong>il</strong> nostro animo fiero. E lì rimanemmo, per tutto<br />
l’anno, giorno dopo giorno, a mangiare carne in abbondanza e vino<br />
dolcissimo.<br />
Ma quando si compì l’anno e passarono i mesi e <strong>le</strong> stagioni tornarono,<br />
quando si fecero lunghi i giorni, allora mi chiamarono in disparte e mi<br />
dissero i miei fedeli compagni:<br />
“Ricordati della tua patria, Odisseo, se pure è destino che ti salvi e<br />
r<strong>it</strong>orni alla bella dimora, nella terra dei padri”.<br />
Così dissero, e persuasero <strong>il</strong> mio animo fiero. E per quel giorno, fino al<br />
tramonto del so<strong>le</strong>, sedevamo mangiando carne in quant<strong>it</strong>à e vino<br />
dolcissimo. Ma quando tramontò <strong>il</strong> so<strong>le</strong> e giunse la tenebra, si<br />
addormentarono nel<strong>le</strong> stanze piene di ombra. E io salii sullo sp<strong>le</strong>ndido<br />
<strong>le</strong>tto di Circe e presi a supplicarla — la dea mi ascoltava —, <strong>le</strong> parlai e <strong>le</strong><br />
dissi:<br />
La predizione di Circe
“O Circe, compi la tua promessa, fammi tornare. Lo desidera ormai <strong>il</strong> mio<br />
cuore e quello degli altri compagni che mi tormentano l’animo<br />
piangendomi intorno, appena tu ti allontani”.<br />
Così dicevo, e sub<strong>it</strong>o mi rispose la dea:<br />
“Divino figlio di Laerte, Odisseo dal grande ingegno, non dovete più<br />
rimanere per forza nella mia casa. Ma prima c’è un altro <strong>viaggio</strong> da<br />
compiere, dovete andare alla dimora di Ade e della tremenda Persefone, a<br />
interrogare l’anima del tebano Tiresia, <strong>il</strong> cieco profeta dalla mente perfetta:<br />
a lui solo ha concesso la dea di conservare la sua sapienza anche dopo la<br />
morte. Gli altri sono ombre che vagano”.<br />
La profezia di Tiresia<br />
Giunse infine l’anima del tebano Tiresia: impugnava uno scettro<br />
d’oro, mi riconobbe e mi disse:<br />
“Divino figlio di Laerte, Odisseo dal grande ingegno, perché hai<br />
lasciato la luce del so<strong>le</strong>, perché sei venuto a vedere i morti in<br />
questo tristissimo luogo? Ma dalla fossa allontanati, allontana la<br />
spada aff<strong>il</strong>ata, perché io possa bere <strong>il</strong> sangue e dirti la ver<strong>it</strong>à”.<br />
Così parlò e io indietreggiai e riposi nel fodero la spada ornata<br />
d’argento. Dopo che ebbe bevuto <strong>il</strong> sangue scuro, allora <strong>il</strong> nob<strong>il</strong>e<br />
profeta mi disse:<br />
“Un dolce r<strong>it</strong>orno tu cerchi, glorioso Odisseo; amaro invece te lo<br />
farà un dio. Non credo che potrai sfuggire a Poseidone, all’ira che<br />
cova nel cuore perché gli accecasti suo figlio. Ma anche così, tra<br />
molte sventure, potrai arrivare se riuscirai a frenare l’animo tuo e<br />
dei compagni quando con la solida nave approderai all’isola<br />
Trinachia, sfuggendo al mare dai rif<strong>le</strong>ssi violacei: là troverete al<br />
pascolo <strong>le</strong> vacche e <strong>le</strong> pecore fiorenti del So<strong>le</strong>, che vede e sente<br />
ogni cosa. Se non tocchi <strong>le</strong> bestie, se pensi al r<strong>it</strong>orno, allora, pur tra<br />
molti dolori, potrete giungere a Itaca. Ma se fai loro del ma<strong>le</strong>, allora<br />
io ti dico che sarà la fine per te, per la nave e per i tuoi uomini.<br />
E se pur riesci a scampare, tardi farai r<strong>it</strong>orno e ma<strong>le</strong>, su una nave<br />
non tua, dopo aver perduto tutti i tuoi compagni. Troverai, nella tua
casa, sciagure, uomini tracotanti che ti divorano i beni, corteggiano<br />
la tua sposa divina, <strong>le</strong> offrono doni.<br />
Della loro vio<strong>le</strong>nza ti vendicherai, al tuo r<strong>it</strong>orno.<br />
Ma quando, nella tua casa, avrai ucciso i Pretendenti, con l’inganno<br />
o affrontandoli con <strong>le</strong> armi taglienti, prendi allora <strong>il</strong> remo e rimett<strong>it</strong>i in<br />
<strong>viaggio</strong> fino a che giungerai presso genti che non conoscono <strong>il</strong><br />
mare, da uomini che non mangiano cibi cond<strong>it</strong>i col sa<strong>le</strong>, che non<br />
conoscono navi dal<strong>le</strong> prore dipinte di rosso, né gli ag<strong>il</strong>i remi che<br />
sono ali al<strong>le</strong> navi.<br />
Ti indicherò un chiaro segno, che non potrà sfuggirti: quando un<br />
altro viandante, incontrandoti, ti dirà che sulla spalla porti un<br />
vent<strong>il</strong>abro, pianta allora in terra <strong>il</strong> tuo ag<strong>il</strong>e remo, offri al dio<br />
Poseidone sacrifici perfetti — un montone, un toro, un verro che<br />
monta <strong>le</strong> scrofe — e fa r<strong>it</strong>orno a casa: qui offri sacre ecatombi agli<br />
dei immortali che possiedono <strong>il</strong> cielo infin<strong>it</strong>o, a tutti, senza escludere<br />
alcuno. La morte verrà per te lontano dal mare, ti coglierà nella<br />
vecchiaia ricca di beni, e sarà dolce. Avrai, intorno a te, un popolo<br />
felice. Questa è la ver<strong>it</strong>à che ti dico”.<br />
Così parlava e io così gli risposi:<br />
“Tiresia, questo è <strong>il</strong> destino che mi hanno f<strong>il</strong>ato gli dei. Ma ora<br />
dimmi una cosa e parlami sinceramente: vedo qui l’anima di mia<br />
madre, che è morta; vicino al sangue siede, in s<strong>il</strong>enzio, e non<br />
guarda suo figlio negli occhi, non gli rivolge parola. Dimmi, signore,<br />
come può riconoscermi?”.<br />
Dissi, e sub<strong>it</strong>o egli rispose:
“Semplice è quello che ti dirò e porrò nel tuo cuore. Se tu lasci che<br />
qualcuno dei morti si accosti al sangue, costui dirà cose vere; se<br />
glielo impedisci, tornerà indietro di nuovo”.<br />
Così disse e tornò nel<strong>le</strong> case di Ade l’anima di Tiresia, dopo che<br />
ebbe dato <strong>il</strong> responso.<br />
AGAMENNONE<br />
Così dissi, e sub<strong>it</strong>o egli rispose:<br />
“Divino figlio di Laerte, Odisseo ricco d’ingegno, no, non fu<br />
Poseidone a travolgermi insieme al<strong>le</strong> navi dopo aver susc<strong>it</strong>ato<br />
un’orrenda tempesta di venti, né sulla terra mi ha ucciso gente<br />
nemica: Egisto ha costru<strong>it</strong>o <strong>il</strong> mio destino di morte, Egisto insieme<br />
alla mia sposa malvagia, dopo avermi inv<strong>it</strong>ato a casa, a banchetto,<br />
come si uccide un toro alla greppia. Questa è stata la mia<br />
tristissima morte. E intorno a me cadevano uno dopo l’altro i<br />
compagni, come porci dal<strong>le</strong> bianche zanne che in casa di un uomo<br />
ricco e potente vengono uccisi per una festa di nozze, o un pranzo<br />
in comune, o un ricco banchetto. Alla strage di molti guerrieri fosti<br />
presente, uccisi in duello o nella battaglia vio<strong>le</strong>nta: ma molto di più<br />
avresti pianto vedendo quello scempio, noi che giacevamo nella<br />
sala, intorno alla grande coppa del vino e al<strong>le</strong> tavo<strong>le</strong> imband<strong>it</strong>e, e<br />
tutto <strong>il</strong> pavimento fumava di sangue. ... E io, dalla spada traf<strong>it</strong>to,<br />
morendo, colpivo la terra con <strong>le</strong> mie mani, ma quella cagna si<br />
allontanò e mentre scendevo nell’Ade non vol<strong>le</strong> chiudermi gli occhi<br />
e la bocca. Nulla c’è di più odioso ed infame di una donna che nella<br />
mente concepisce tali misfatti, come <strong>le</strong>i che un orrendo del<strong>it</strong>to<br />
tramò dando la morte al suo sposo. E io pensavo che sarei r<strong>it</strong>ornato<br />
a casa per la gioia dei figli, dei servi. Ma <strong>le</strong>i, che conobbe la perfidia<br />
più grande, di vergogna ha coperto se stessa e tutte <strong>le</strong> donne che<br />
verranno dopo, anche se oneste”.
Così disse, e io così gli risposi:<br />
“Ahimè, tremendamente Zeus, signore del tuono, ha odiato la stirpe<br />
di Atreo, persegu<strong>it</strong>andola con trame di donne, fin dal principio. A<br />
causa di E<strong>le</strong>na siamo morti in tanti. E a te quest’inganno ordì<br />
Cl<strong>it</strong>ennestra, mentre eri lontano”.<br />
Dissi così, e sub<strong>it</strong>o lui mi rispose:<br />
“E dunque anche tu non essere buono con la tua sposa, non<br />
confidar<strong>le</strong> tutto quello che sai, d<strong>il</strong><strong>le</strong> una cosa, un’altra nascondi. Ma<br />
a te, Odisseo, non darà morte la sposa: è molto accorta, pensieri<br />
assennati ha nell’animo la figlia di Icario, la saggia Penelope. ... E<br />
un’altra cosa ti voglio dire, tu imprim<strong>il</strong>a nella tua mente: la nave,<br />
falla approdare alla tua terra di nascosto, non in modo pa<strong>le</strong>se: del<strong>le</strong><br />
donne non bisogna fidarsi”.<br />
Replicò infine Alcinoo e disse:<br />
«Odisseo, poiché alla mia alta dimora sei giunto, e alla mia soglia di<br />
bronzo, ecco, io credo che non andrai più errando, ma tornerai a<br />
casa, anche se hai molto sofferto...».<br />
Così disse Alcinoo, piacquero <strong>le</strong> sue paro<strong>le</strong>. Nel<strong>le</strong> loro case<br />
andarono tutti a dormire, e quando all’alba si <strong>le</strong>vò l’Aurora lucente,<br />
si affrettarono verso la nave portando i vasi di solido bronzo. Sulla<br />
nave li collocava <strong>il</strong> re Alcinoo, lui stesso li disponeva sotto i banchi<br />
con ordine, perché non disturbassero gli uomini quando, spingendo<br />
la nave, remavano con tutte <strong>le</strong> forze. Poi r<strong>it</strong>ornarono tutti alla reggia<br />
di Alcinoo e pensarono al cibo. In loro onore <strong>il</strong> re offrì un bue in<br />
sacrificio a Zeus figlio di Crono....<br />
Ma Odisseo continuamente volgeva <strong>il</strong> capo verso <strong>il</strong> so<strong>le</strong> sp<strong>le</strong>ndente,<br />
sperando che tramontasse: vo<strong>le</strong>va partire. Come quando un uomo<br />
desidera la sua cena — dopo che tutto <strong>il</strong> giorno due buoi dal manto
ossastro gli hanno trainato <strong>il</strong> solido aratro nel campo — ed è lieto<br />
che <strong>il</strong> so<strong>le</strong> tramonti, per andare a mangiare e, mentre va, <strong>le</strong> gambe<br />
gli tremano. Così con gioia Odisseo vide calare la luce del so<strong>le</strong>.<br />
Sub<strong>it</strong>o allora parlò ai Feaci che amano <strong>il</strong> remo, e, rivolto soprattutto<br />
ad Alcinoo, disse queste paro<strong>le</strong>:<br />
«O Alcinoo potente, fra <strong>le</strong> tue genti famoso, dopo aver libato,<br />
lasciatemi andare: che io abbia fortuna, e siate felici anche voi...».<br />
Così parlò, e tutti approvarono ed esortavano a far partire l’osp<strong>it</strong>e,<br />
che in modo giusto aveva parlato. Allora <strong>il</strong> re Alcinoo disse<br />
all’araldo:<br />
«Pontonoo, nella coppa grande mescola l’acqua col vino e, nella<br />
sala, versalo a tutti affinché, dopo aver invocato <strong>il</strong> padre Zeus,<br />
lasciamo che l’osp<strong>it</strong>e torni alla terra dei padri».<br />
Disse così, e Pontonoo mescolava con l’acqua <strong>il</strong> vino dolcissimo, e<br />
a tutti uno dopo l’altro, lo distribuiva: seduti sui seggi, essi libarono<br />
agli dei beati che <strong>il</strong> vasto cielo possiedono. Si <strong>le</strong>vò invece <strong>il</strong> divino<br />
Odisseo, nel<strong>le</strong> mani di Arete pose la coppa a due anse e <strong>le</strong> rivolse<br />
queste paro<strong>le</strong>:<br />
«Sii felice, regina, per tutta la v<strong>it</strong>a, fino a che giungano la vecchiaia<br />
e la morte, che sono comuni agli uomini. Io parto: ma tu, in questa<br />
casa, god<strong>it</strong>i i figli, <strong>il</strong> tuo popolo, <strong>il</strong> re».<br />
Così disse, e oltre la soglia passò <strong>il</strong> divino Odisseo, e insieme a lui<br />
<strong>il</strong> re Alcinoo mandava l’araldo che lo guidasse alla nave veloce, alla<br />
riva del mare. Con lui Arete mandava inoltre alcune schiave, una<br />
portava un mantello nuovo e una tunica, l’altra lo scrigno pesante,<br />
un’altra ancora del rosso vino e del cibo. E quando alla nave furono<br />
giunti ed al mare, sub<strong>it</strong>o i marinai gloriosi sulla concava nave<br />
accolsero e collocarono tutto, anche cibo e bevande. Poi, per<br />
Odisseo, stesero a poppa coperte e un telo di lino, perché dormisse<br />
un sonno profondo, sul ponte. Salì sulla nave Odisseo e si distese,
in s<strong>il</strong>enzio. Essi sedettero ai banchi, tutti, con ordine, e la gomena<br />
sciolsero dalla pietra forata: e poi, piegati in avanti, sol<strong>le</strong>vavano<br />
l’acqua del mare coi remi.<br />
CIRCE
LE SIRENE