La monaca di Monza.pdf 1421KB 11 lug 2012

DID YOU KNOW...
Alzi la mano chi non ha mai sentito parlare
della monaca di Monza. La religiosa
più famosa d’Italia – la Gertrude
che nei Promessi sposi, ospitando Lucia in
convento, la tradì permettendo all’Innominato
di mandare i suoi uomini (i “bravi”) a rapirla
– è esistita veramente. La suora alla
quale Alessandro Manzoni s’ispirò si chiamava
Marianna De Leyva, ed era originaria di
una nobile famiglia spagnola trasferitasi in
Italia tra il XVI e il XVII secolo e che, tra i vari
titoli, annoverava la signoria di Monza. Il
padre, Martino De Leyva, famoso anche per
aver partecipato come vincitore alla battaglia
navale di Lepanto (1571), nel 1574 aveva
sposato Virginia Marino, genovese di nascita,
vedova del conte Ercole Pio di Savoia dei signori
di Sassuolo (dal quale aveva avuto cinque
figli) e figlia di Tommaso Marino, l’uomo
più ricco di Milano e costruttore dell’omonimo
palazzo ora sede del comune ambrosiano.
Dal loro matrimonio, nel 1575 era nata Marianna,
rimasta quasi subito orfana di madre
a causa della peste (non l’epidemia citata dal
Manzoni ma quella precedente): un evento
che risulterà decisivo per la sua vita. Dopo
qualche anno, infatti, la giovane si trovò al
centro di una causa per l’eredità; quando il
padre volle risposarsi, per mantenere integro
il suo patrimonio (compresa l’eredità della
prima moglie), decise di avviare la figlia alla
vita monastica nonostante ella non avesse
manifestato alcuna vocazione. Marianna
entrò così in convento già all’età di 13 anni,
La monaca di Monza
The nun of Monza
LA MONACA
DI MONZA
THE NUN OF
MONZA
Hands up anyone who has never
heard of the nun of Monza. Italy’s
most famous religious woman –
Gertrude, who in The Betrothed gave hospitality
to Lucia in the convent and betrayed
her by allowing the Unnamed to send his
men (his “braves”) to kidnap her – really existed.
The name of the nun inspiring
Alessandro Manzoni was Marianna De
Leyva, whose origins are to be found in a
noble Spanish family which moved to Italy
between the sixteenth and seventeenth
centuries and whose various titles included
that of being the lords of Monza. Her father,
Martino De Leyva, famous also for having
taken part on the winning side in the naval
battle of Lepanto (1571), had married Virginia
Marino, Genoese by birth, widow of
Count Ercole Pio di Savoia of the lords of
Sassuolo (by whom she had five children)
and daughter of Tommaso Marino, the richest
man in Milan and builder of the palace
bearing his name in which the city’s municipal
council now sits.
Marianna was born out of their marriage in
1575 and almost immediately lost her
mother from the plague (not the epidemic
quoted by Manzoni, but the previous one):
an event which turned out to be decisive for
her life because a few years later the young
girl found herself at the centre of litigation
over her inheritance; when her father
wanted to remarry, to keep his estate whole
(including the inheritance from his first
wife) he decided to have his daughter put
diventando poi suora con il nome di Virginia
Maria. Come usava allora, Martino De Leyva
versò una quota (una sorta di dote) al convento,
ma trattenne per sé più della metà di
quanto spettasse alla figlia.
Durante il primo periodo della sua esperienza
religiosa la giovane si comportò bene,
ricevendo lodi e apprezzamenti anche
quando – a seguito dei continui spostamenti
del padre – esercitava in sua vece i poteri di
signora di Monza (da qui il soprannome di
“Signora”). Ma la vita monastica non ne
aveva spento il desiderio di amore e passione…
Assistendo alla nascita di un legame
tra una sua consorella, Isabella, e Giampaolo
Osio (l’Egidio manzoniano), decise per invi-
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into a convent, despite the fact that she had
not shown any vocation for this way of life.
Marianna therefore entered a convent at
the age of 13, becoming a nun with the
name of Virginia Maria. As was the custom
at the time, Martino De Leyva paid a share
of what was due to his daughter to the convent
(as a sort of dowry), but kept more
than half for himself.
During the first part of her religious experience
the young girl behaved well, receiving
praise and appreciation even when - as the
result of her father’s continual movements -
she exercised the powers of the lady of
Monza in his absence (hence her nickname
of the “Signora” or “Lady”). But her life in
the convent could not eliminate her desire
for love and for passion… Present at the
start of a relationship between Giampaolo
Osio (Manzoni’s Egidio) and one of her fellow
nuns, Isabella, she decided to tear him
away from Isabella’s heart as the result of
her envy and drive her out of the convent.
Young and from a well-off family whose
home bordered on the monastery, Osio was
given to an activity which today we would
call that of the “hired killer”. Accused of
murder he had firstly been arrested but was
then pardoned by the “Lady” who at that
period was in charge of administering justice.
That was how a relationship began
which was shortly was to be transformed
into tragedy. They loved each other intensely.
On occasions Sister Virginia Maria,
taken by remorse, threw the entrance key
Lo stemma dei De Leyva
The coat of arms of the De Leyva family
dia di strapparlo al cuore di lei scacciandola
dal convento.
Giovane di famiglia benestante la cui abitazione
confinava con il monastero, Osio era
dedito all’attività che oggi definiremmo di
“killer a pagamento”. Accusato di assassinio,
era stato prima arrestato ma poi graziato
dalla “Signora”, che in quel periodo esercitava
il potere di amministratrice della giustizia.
Iniziò così un rapporto che si sarebbe ben
presto trasformato in tragedia. Si amarono
intensamente. Talvolta suor Virginia Maria,
presa dai rimorsi, buttava nel pozzo del convento
la chiave di ingresso che lei stessa forniva
a Osio, ma lui, sapendolo, ne aveva fatto
riprodurre più di 50
copie. Dal loro amore
scaturirono un figlio
(nato però morto) e,
successivamente, una
bambina (Francesca,
riconosciuta dal
padre). Nella vicenda
erano coinvolte anche
alcune consorelle, che
avevano aiutato suor
Virginia durante le
gravidanze e i parti e
si erano rese complici
di questo illecito rap-
Monza, Via della Signora
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which she herself given to Osio into the
convent well, although he, aware of this,
had had more than 50 copies made. A stillborn
baby boy sprung from this love and afterwards
a baby girl (Francesca, recognised
by the father). Certain of Virginia’s fellow
nuns were also involved in the affair, sisters
who had helped her during the pregnancies
and births and who became accomplices of
this illicit relationship.
Her maternal instinct led her to go and visit
her daughter, but these visits and the
nights she spent away from the convent did
not go unobserved. The fear of blackmail,
the fright of being discovered and Osio’s violent
nature led to tragedy: the man first of
all killed a lay sister (Caterina) who had
threatened to make the relationship public,
then the blacksmith who had copied the

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porto.
Spesso l’istinto materno portava lei a uscire
per vedere la figlia, ma tali visite e le notti
fuori dal convento non rimasero inosservate.
Il timore di ricatti, la paura di essere scoperti
nonché l’indole violenta di Osio provocarono
la tragedia: l’uomo prima uccise una conversa
(Caterina) che aveva minacciato di rendere
pubblica la relazione, poi il fabbro che
aveva riprodotto le chiavi e poi un altro testimone,
il farmacista, assassinato al secondo
tentativo da suoi sicari.
Ma ormai i sospetti iniziavano a diffondersi
rapidamente e la storia cominciò a essere conosciuta
anche a Milano. Fu così che intervenne
il Cardinale Borromeo in persona,
ordinando un’indagine. Sulle prime suor Virginia
resistette; poi crollò e confessò: “Sono
stata forzata a pronunciare voti che non
hanno valore. Sono donna da marito e posso
darmi a chi mi ha prescelta!”. Il Cardinale, allora,
la fece arrestare mentre Osio, vista la
mala parata, riuscì a scappare insieme a due
delle quattro suore complici. Egli, peraltro,
tentò di ucciderle entrambe: la prima non
morì subito ma successivamente, per le ferite
riportate, e dopo aver confessato; la seconda,
buttata in un pozzo, sopravvisse e
confessò anch’ella. Condannato a morte e ricercato
insieme a tre sicari da lui utilizzati,
Osio fuggì oltre confine: ancora oggi non
sono noti con precisione il quando e il come,
ma si sa che venne ucciso nel giro di un paio
di anni.
E suor Virgina Maria, al secolo Marianna De
Leyva? Insieme a due suore sue complici e al
sacerdote che aveva favorito l’incontro con
Osio, fu processata, torturata (affinché confermasse
la confessione) e condannata:
mentre il prete riuscì a cavarsela con tre anni
di carcere, le suore vennero murate vive e rinchiuse
in una minuscola cella senza finestre
e con una porta dotata solamente di un’apertura
per il cibo e una per smaltire i bisogni
corporali. Nel 1622, dopo quasi 14 anni di pri-
keys and then another witness, the
chemist, killed at the second attempt by his
hired assassins.
By this stage suspicion began spreading
rapidly and the story became known in
Milan too, causing Cardinal Borromeo to intervene
personally and order an investigation
to be carried out. At the start Sister
Virginia resisted; but then she collapsed
and confessed everything: “I was forced to
take vows that have no worth. I am a
woman fit for marriage and I can give myself
to anyone who chooses me!” At that
stage the Cardinal had her arrested, while
Osio, seeing that things were taking a bad
turn, managed to escape together with two
of the four nuns who had acted as accomplices
although attempted to kill them
both: the first did not die immediately but
only some time later as a result of the
wounds she had suffered and after confessing;
the second, thrown into a well, survived,
and she confessed too. Sentenced to
death and sought together with his three
hired assassins, Osio fled over the border:
even today it is not known precisely how
and when, although we do know that he
was killed sometime during the following
two years.
And what about Sister Virginia Maria,
whose real name was Marianna De Leyva?
She was tried, tortured (to make her confirm
her confession) and convicted, together
with the two nuns who were her
accomplices and the priest who had assisted
in arranging the meeting with Osio:
while the priest got away with three years
in prison, the nuns were shut up alive in a
tiny cell without windows and with a door
having only an opening for food and for disposing
of bodily waste. In 1622, after almost
14 years in prison and after running
the risk of going mad, the “Lady” – who in
the meantime had repented – and her accomplices
were pardoned and freed, due
gionia e dopo aver rischiato la pazzia, la “Signora”
– nel frattempo mostratasi pentita –
e le sue complici furono condonate e liberate,
anche per intervento del Cardinale Borromeo.
Suor Virginia decise di rimanere in convento
spegnendosi poi nel 1650 all’età di 75
anni, dopo aver vissuto l’ultima parte della
sua vita nel bene e nella solidarietà.
Ma chi era il ricco nonno di cui Marianna doveva
essere l’erede? Genovese e figlio di una
Spinola, Tommaso Marino era il fratello maggiore
di Giovanni, grande e capace finanziere
trasferitosi nel 1509 a Milano dove incrementò
ulteriormente le proprie fortune.
Come raccontato in precedenti articoli di
questa rubrica, era quella l’epoca della potenza
finanziaria della repubblica di Genova,
quando i grandi capitalisti della città si diffondevano
nel mondo per allargare il raggio
d’azione dei propri affari.
Nel 1546, alla morte di Giovanni, per gestire
più direttamente la sua parte di eredità, Tom-
Il Cardinale Federigo Borromeo
The Cardinal Federigo Borromeo
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amongst other things to the intervention of
Cardinal Borromeo. Sister Virginia decided
to remain in the convent, passing away in
1650 at the age of 75 after living the last
part of her life in doing good for the benefit
of others.
But who was that rich grandfather of whom
Marianna was the heir? Coming from
Genoa and the son of a Spinola, Tommaso
Marino was the older brother of Giovanni, a
grand and able financier who in 1509
moved to Milan and increased his fortune
even further. As has been related in earlier
articles in this column we are talking of an
era when the Republic of Genoa held financial
sway, when the city’s grand capitalists
travelled widely throughout the world to
increase the extent of their business.
On the death of Giovanni in 1546, Tommaso
decided to settle down in Milan together
with his wife (of the Doria family) and children
(amongst whom was Virginia, born in
1541 when her father was 66 years of age!),
in order to be able to manage his part of
the inheritance more closely. He was immediately
successful in setting up a series of
extremely profitable affairs in the Lombardy
city - including money lending activities
- which increased his already enormous
wealth even further. Siding politically with
La facciata di Palazzo Marino
The façade of Palazzo Marino. Photo by Giovanni Dall’Orto
Palazzo Marino, stemma di Tommaso Marino
The coat of arms of Tommaso Marino. Photo by Giovanni
Dall’Orto
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Ferrante Gonzaga, the governor of Milan,
he was repaid by this man by being invited
to take part in important State business. He
reached his crowning glory when he obtained
the monopoly for the supply of salt
arriving from Venice to Milan, Genoa and
the duchy of Ferrara. Nevertheless, he did
not refrain from taking part in deals which
involved him in accusations of corruption,
nor from conducting a life marked by ostentation
and luxury (the story is told that he
even had himself carried about in a golden
sedan-chair!). In addition he wanted to
build a palace for himself, and for this he
entrusted the task to the great architect
from Perugia, Galeazzo Alessi, the author of
other important works in Perugia, Assisi,
Milan (including Santa Maria at San Celso,
San Barnaba, San Raffaele and certain
tombs in the Cathedral) and Genoa: Porta
Siberia, certain buildings in Via Garibaldi,
Villa Giustiniani Cambiaso (in which the
University’s Engineering Faculty is currently
located), Villa Pallavicino delle Peschiere,
the Cathedral dome, the basilica of Santa
Maria Assunta at Carignano and the splendid
but now no longer recognisable – other
than by very attentive eyes (try it out!) –
Villa Sauli in Via Colombo.
Tommaso Marino died in 1572 at the age of

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maso decise di stabilirsi a Milano insieme
alla moglie (una Doria) e ai figli (tra cui vi era
Virginia, nata nel 1541 quando il padre aveva
già 66 anni!). Nella città lombarda riuscì subito
a intraprendere una serie di lucrosissimi
affari – tra cui l’attività di prestito di denaro
– che accrebbero ancor più il suo già ingente
patrimonio. Schieratosi politicamente con
Ferrante Gonzaga, governatore di Milano,
venne da questi ripagato con la partecipazione
a importanti business di Stato. Il culmine
lo raggiunse poi quando ottenne il
monopolio della fornitura del sale proveniente
da Venezia per Milano, Genova e il ducato
di Ferrara. Non si trattenne, tuttavia, dal
partecipare ad affari che lo coinvolsero in accuse
di corruzione e dal condurre una vita all’insegna
dell’ostentazione e del lusso (si
racconta che si facesse addirittura condurre
in giro con una portantina d’oro!). Volle inoltre
farsi costruire un palazzo, la cui realizzazione
affidò al grande architetto perugino
Galeazzo Alessi, autore di altre importanti
opere a Perugia, Assisi, Milano (tra cui Santa
Maria presso San Celso, San Barnaba, San
Raffaele e alcune tombe nel Duomo) e a Genova:
Porta Siberia, alcuni edifici di Via Garibaldi,
Villa Giustiniani Cambiaso
(attualmente sede della Facoltà di Ingegneria),
Villa Pallavicino delle Peschiere, la cupola
del Duomo, la basilica di Santa Maria Assunta
in Carignano nonché la splendida e ora
non più riconoscibile – se non a occhi atten-
97: difficult family affairs (with his two sons
being stained with murder) and economic
business (involving bad deals and swindles)
characterised the final years of his life, in
which a great part of his wealth was squandered.
The palace was not yet finished by the time
of the death of its creator, although the
courtyard, where the Labours of Hercules
were represented in the lower section and
Ovid’s Metamorphises in the upper section,
had been completed, as had the most important
room (the salon of honour, also
known as Alessi’s room), where the Genoese
brothers Andrea and Ottavio Semino
painted the frescos on the ceiling and realised
the stuccos inspired by the legend of
Cupid and Psyche. Destroyed during the
Second World War, the room was then rebuilt
in various forms through a series of
restorations.
Many events and several changes of ownership
and bequests later, the building passed
under the domain of the State and then of
the Milan municipality. With all its sides
complete, the palace now splendours in Piazza
della Scala, facing the statue of
Leonardo di Vinci, and is one of the finest
examples of Milanese building. How many
secrets, though, and how many tragedies
are hidden behind its doors…
Bruno Francesco Sacone
tissimi (provateci!) – Villa Sauli in Via Colombo.
Tommaso Marino scomparve nel 1572, a 97
anni: pesanti vicende familiari (con i suoi due
figli maschi che si erano macchiati di omicidi)
ed economiche (affari sbagliati e truffe
subite) avevano caratterizzato gli ultimi anni
della sua vita dilapidandone gran parte della
sua ricchezza.
Alla morte del suo ideatore, il palazzo non
era stato ancora completato; ne era stati
però realizzati il cortile, in cui sono raffigurate
le Fatiche di Ercole nella parte inferiore e
le Metamorfosi di Ovidio in quella superiore,
e il salone più importante (il salone d’onore,
detto “dell’Alessi”), dove operarono i fratelli
genovesi Andrea e Ottavio Semino affrescandone
il soffitto ed eseguendone gli stucchi
ispirati alla vicenda di Amore e Psiche.
Distrutto durante la seconda guerra mondiale,
il salone fu poi ricostruito in forme diverse
attraverso vari restauri.
Varie vicende e vari passaggi di proprietà ed
eredità fecero pervenire l’edificio al demanio
statale e poi all’amministrazione comunale
di Milano. Completo di tutti i suoi lati, il palazzo
splende ora in Piazza della Scala di
fronte al monumento a Leonardo da Vinci e
rappresenta uno dei più begli esempi di costruzione
milanese. Quanti segreti, però, e
quante tragedie nasconde…
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Bruno Francesco Sacone