Giugno - Sezione Valsusa

Pubb. gratuita ai soci - Sped. in a. p. art. 2 comma 20/C, L. 662/96 - Filiale di Torino - A. XXXVII - Giugno 2011
Lo Scarpone
Valsusino
pubblicazione trimestrale d’informazione dell’associazione nazionale alpini sezione val susa

Lo SCArPone VALSuSIno
Pubblicazione trimestrale
della Sezione A.n.A. Val Susa
Copertina:
Gianduja, maschera torinese, avvinghiato alla guglia
della mole antonelliana, edificio assurto unanimemente
a simbolo della città (elaborazione d. balbo).
Fondatore:
franco badò
Presidente:
Giancarlo sosello
Direttore responsabile:
claudio rovere
Comitato di redazione:
dario balbo
francesco ballesio
Giorgio blais
federico bonato
elio Garnero
valerio olivero
carlo ravetto
Referente al Centro Studi:
elio Garnero
Consulente realizzazione grafica:
francesco ballesio
Conduzione tecnica:
valerio olivero
Referente informatico e contatti con “L’Alpino”:
dario balbo
Direzione:
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tel. e fax: 0122/33204
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Fotocomposizione e stampa:
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E-mail:
tipolito@satnet.it
autorizzazione del tribunale di torino
n. 2441 dell’8.10.1974.
sommario
editorilale
Basta coi detrattori dell’Italia unita - Forte monito del
Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano 3
Attualità
Dario Balbo
Apriteci le porte... che passano i baldi alpin 4
Dario Balbo
Alpini regali, per una regal Torino 5
Piercorrado Meano
Come ho visto l’Adunata 9
Elio Garnero
Commemorazione del btg. “Piemonte” 9
Dario Balbo
Nuovo comandante al 1° rgt. a. da montagna 9
Mauro Biglino
Fanfara A.N.A. Val Susa: note grigio-verdi e la gioia del caos 10
Dario Balbo
Difesa e divulgazione dei valori, al 15° C.I.S.A. 11
Dario Balbo
Presentato il libro su don Trappo 11
Elio Garnero
85° di fondazione del Gruppo di Avigliana 12
Giuseppe Rosatelli
Il ricordo di Villa Santina 13
Protezione civile
Renzo Turco
La nostra Protezione civile in esercitazione ad Alessandria 14
Sport
Roberto Bossù
Campionati italiani di marcia di regolarità 15
Storia e cultura
Nanni Calvi
La battaglia di Nikolajewka 16
Gli anni della mia infanzia ad Exilles - Ricordi di Mario Parisio 17
Dalla Sezione
Recensione 18
Elio Garnero (l’angolo di)
L’esercito dei senza tetto e dei senza nome 18
Notiziario sezionale 19
Oblazioni pro Scarpone 19
Oblazioni conto corrente postale 20
Presenze del nostro vessillo in manifestazioni di altre Sezioni 20
Cronaca dai Gruppi
Giaglione - Avigliana - Bardonecchia - Novalesa 21
Bussoleno 22
Anagrafe alpina
Nascite - Matrimoni - Anniversari - Lauree - Decessi 23

Il Presidente della Repubblica
sceglie il convegno
“Verso il 150° dell’Italia
unita: tra riflessione storica
e nuove ragioni di impegno
condiviso”, promosso dalla
prestigiosa Accademia Nazionale
dei Lincei di Roma
nel mese di gennaio 2010,
per un intervento proprio in
vista del Centocinquantesimo
anniversario dell’Unità
d’Italia.
Accompagnato dalla moglie
Clio, davanti ad una
platea dotta che vede in
prima fila il suo predecessore
Carlo Azeglio Ciampi,
il Presidente Napolitano
sottolinea il tema sul quale
si deve richiamare in modo
“incisivo” l’attenzione generale
parlando del “grave
deficit di conoscenze storiche
diffuse di cui soffrono
intere generazioni di italiani”.
Il capo dello Stato parla
dei “rumorosi detrattori
dell’Italia unitaria”, e critica
i giudizi sommari sul
formarsi dell’Italia unita,
condannando “i bilanci di
stampo liquidatorio sul
cammino intrapreso dal
Paese dopo il 1861”.
Secondo Napolitano, la
negazione dell’Unità d’Italia
è frutto di una “deriva di
vecchi e nuovi luoghi comuni,
di umori negativi e di
calcoli di parte”.
Infine una esortazione:
“Bisogna reagire all’eco
che suscitano in sfere lontane
da quella degli studi
più seri i rumorosi detrattori
dell’unità italiana”.
Pertanto, ha un grande rilievo
“la condizione, in
primo luogo, che la cultura
italiana, in tutte le sue
espressioni, sia chiamata a
dare un contributo essen-
“basta coi detrattori
dell’italia unita”
forte monito
del presidente
della repubblica
Giorgio napolitano
a cura di Ba-io
ziale alle celebrazioni del centocinquantenario dell’Unità.
Parlo innanzitutto, naturalmente, della cultura storica il cui
ricco patrimonio di studi sul Risorgimento e sul processo
unitario merita di essere richiamato all’attenzione generale
e riproposto nel modo più incisivo.
La riflessione storica, ed egualmente l’indagine sulle vicende
politico-istituzionali ed economico-sociali, debbono
peraltro abbracciare l’evoluzione dell’Italia unita nei periodi
successivi alla fondazione del nostro Stato nazionale,
fino a consentire un bilancio persuasivo da far valere nel
tempo presente”.
Napolitano ribadisce con forza: “Sono convinto che nel-
l’età della Costituente”,
negli anni decisivi, cioè,
della ricostruzione, su basi
repubblicane e democratiche,
del nostro Stato unitario,
venne recuperata
“l’eredità del Risorgimento”,
dissoltasi nelle vicende
della prima metà del
Novecento, con le due
guerre mondiali e l’avventura
totalitaria.
In effetti, la fine dell’epoca
dei nazionalismi
dilaganti e dei conflitti da
essi scaturiti, consentì la riscoperta
di quell’identificarsi
dell’idea di Nazione
con l’idea di libertà che
aveva animato il moto risorgimentale.
L’idea di Nazione,
il senso della Patria,
attorno ai quali nella prima
metà del secolo scorso gli
italiani si erano divisi ideologicamente
e politicamente,
divennero nuovamente unificanti
facendo da tessuto
connettivo dell’elaborazione
della Carta Costituzionale.
C’è da chiedersi quanto,
da alcuni decenni, questo
patrimonio di valori umanitari
si sia venuto oscurando
anche nella formazione
delle giovani generazioni e
come ciò abbia favorito il
diffondersi di nuovi particolarismi,
di nuovi motivi
di frammentazione e di tensione
nel tessuto della società
e della vita pubblica
nazionale. E non possiamo
dunque sottovalutare i rischi
che ne sono derivati e
che ci si presentano oggi,
alla vigilia del centocinquantesimo
anniversario
dell’Unità.
Il più grave motivo di divisione
e debolezza che insidia
la nostra unità
nazionale, ha detto ancora
il Presidente, è la divarica-
zione e lo squilibrio tra Nord e Sud.
“Affrontare nei suoi termini la questione meridionale è
un dovere della comunità nazionale e un impellente interesse
comune per garantire all’Italia un più alto livello di
sviluppo e di competività. Non c’è alternativa al crescere di
più e meglio insieme.
Sono storicamente insostenibili e obiettivamente inimmaginabili
nell’Europa e nel mondo di oggi prospettive
separatiste non indipendentiste, e più semplicemente ipotesi
di sviluppo autosufficiente di una parte soltanto,
forse anche la più avanzata economicamente dell’Italia
unita”.
Lo Scarpone
Valsusino 3
Editoriale

Attualità
I partecipanti alla marcia Claviere-Torino, con in testa il maresciallo
Gambelli, per le strade della Val Susa (foto D. Balbo).
Apriteci le porte...
che passano
i baldi alpin di Dario Balbo
Alla fine ce l’hanno fatta! Sei
coraggiosi, temerari, entusiasti,
talvolta irriverenti, goliardici
nostri alpini hanno portato a termine
la marcia di avvicinamento
all’adunata di Torino.
Quattro giorni di marcia dalla
tranquilla, fresca e soleggiata
mattinata di martedì 3 maggio a
Claviere, sino alla gioiosa confusione
torinese di piazza Castello
alle 15,30 precise di
venerdì 6 maggio.
Prima di ogni considerazione
è giusto e doveroso citare i nomi
dei componenti di questa pattuglia
che sotto la guida del
mar.llo Giorgio Gambelli si
sono lanciati all’avventura.
Oltre al già citato Gambelli ricordiamo
Matteo Stefanini, Antony
Casula, Fabrizio Macario,
Franco Bernard e Vincenzo Barberis,
il cavalier Vincenzo Barberis
che, varcata la soglia dei
settant’anni, non ha avuto ti-
4
Lo Scarpone
Valsusino
more di affrontare l’impresa.
Giusto ricordare anche i
Gruppi partecipanti, tre, dove
Claviere aveva tre rappresentanti,
Cesana due ed Oulx uno,
Franco Charlie Bernard che era
anche l’unico capogruppo impegnato
sin dalla partenza. Il
progetto era stato ampiamente
presentato ed illustrato ed era
logico sperare in una più nutrita
e variegata partecipazione da
parte di altri Gruppi. Ad accompagnare
i sei temerari si sono
via via succeduti altri camminatori
che hanno percorso singole
tratte. Giorgio Baseggio ed alcuni
altri la parte iniziale, mentre
un numero maggiore di
marciatori, tra cui ricordiamo
Bruno Bonome e Carlo Bert di
Rubiana, e Mauro Pognant Gros
capogruppo di San Giorio, ha
percorso il tratto finale, trionfale,
da Rivoli al centro di Torino
sull’asse di corso Francia,
piazza Statuto, via Garibaldi.
Un “tutto dritto”, percorso
quindi da una ventina di persone
a passo sostenuto e per lunghi
tratti accompagnato da canti alpini
e non tra gli sguardi stupiti
e compiaciuti di passanti ed automobilisti.
Mi perdonino i non
citati e non me ne vogliano.
Come già detto la partenza è
stata da Claviere e a dare il via
non poteva che essere il presidente
Sosello, impegnato successivamente
nell’assistenza
logistica senza tralasciare però
di percorrere alcuni tratti della
seconda tappa, ed il capogruppo
di Claviere Audisio che con
Gambelli ha creduto molto nell’iniziativa.
Foto ricordo e via
lungo il sentiero che scende tra
le gole di San Gevasio sino a
Cesana dove nella sede del
Gruppo si materializzava il
primo posto tappa ristoratore.
Seguendo la via francigena ed
evitando quindi la statale si raggiungeva
Exilles per il primo
pernottamento all’ombra del
forte in locali messi a disposizione
dal Comune.
Sole splendente anche per la
seconda tappa che si muoveva
lungo il Cels dove il punto di ristoro
era curato con passione ed
attenzione dal capogruppo di
Exilles, Silvio Mout. Quindi discesa
su Susa attraversando
dapprima La Maddalena di
Chiomonte e poi Giaglione.
Pernottamento come già detto a
Susa nei locali della Sezione
dopo una doverosa e semplice
cerimonia al monumento ai Caduti,
in piazza.
Siamo già al giovedì e si riparte
per la terza giornata di fatica.
Le difficoltà sono ormai
superate, il povero Fabrizio trascina
dolente i suoi piedi martoriati
ma stoicamente resiste
chiudendo la fila.
Borgone e Bosco accolgono
il gruppo nella loro sede con un
graditissimo e frugale pasto. Io
mi aggrego nel tratto sino a Sant’Ambrogio
e bastano pochi chilometri
per farmi pentire di non
aver condiviso con tutti loro
l’avventura. Camminare è bello,
con quella compagnia lo sarebbe
stato ancora di più. Strada
Comboira sfila tranquillamente
e quasi senza accorgercene attraversiamo
Sant’Antonino e
Vaie prima di raggiungere
Chiusa San Michele per la merenda
ristoratrice. Vittorio Amprimo
non è certo da meno di
chi lo ha preceduto ed una ricca
ed invitante tavola imbandita rigenera
la pattuglia. Pochi chilometri
ancora e finalmente il
capogruppo di Sant’Ambrogio,
Garnero può fare gli onori di
casa per il terzo ed ultimo pernottamento.
Lascio i compagni
e rientro nel crescente caos torinese.
La mattina successiva mi
sarebbe toccata l’alzabandiera
di apertura dell’adunata.
Ed infatti appena terminata la
cerimonia via verso Rivoli per
aggregarmi alla compagnia nel
tratto finale. Ma ormai era l’ora
di pranzo e… un ricchissimo
posto di ristoro ci aspettava all’interno
del villaggio Leumann.
Mangiare, bere e cantare
era quindi un tutt’uno. Ognuno
indossava la maglietta bianca
con la scritta “Val Susa in marcia”
che ci faceva sembrare
ancor di più una squadra ben affiatata
ed ordinata e poi… via
verso Torino.
In piazza Statuto il Gruppo si
compattava in fila per tre con
giustamente i sei “eroi” nelle
prime posizioni, ed iniziava il
bagno di folla di via Garibaldi
all’inizio della quale Sosello ed
Audisio che già avevano dato il
via a Claviere, ci aspettavano
per l’arrivo e per scortare orgogliosamente
il gruppo sino al
rompete le righe di piazza Castello
per la doverosa e meritata
foto ricordo.
Credo che chi ha fatto l’intero
percorso possa sentirsi veramente
gratificato e come al solito
chi non ha saputo cogliere
lo spirito dell’impresa anche
percorrendone solo qualche
breve tratto… purtroppo ha
perso un’occasione che per
molti anni sarà forse irripetibile.
Il gruppo dei marciatori, aumentato durante il tragitto, transita
per via Garibaldi (foto D. balbo).

Quando la lunga giornata dell’Adunata volge ormai al tramonto, ecco giungere la nostra Sezione (foto D. Balbo).
Alpini regali, per una regal Torino
di Dario Balbo
Alpini regali per una regale
Torino. Dopo ventitré anni di
assenza gli alpini si sono riversati
in massa a Torino, complice
anche la coincidente ricorrenza
del 150° anniversario dell’unità
d’Italia. Un’invasione allegra,
colorata e l’accoglienza è stata
altrettanto esaltante e gioiosa.
Mentre un gruppo di nostri alpini
iniziava la discesa a piedi
su Torino partendo da Claviere,
nelle strade di Torino cominciavano
a comparire i primi cappelli
ed in qualche giardino
nastri bianchi e rossi delimitavano
spazi che avrebbero ospitato
di tutto, dalle semplici
tende, ai camper sino a monumentali
TIR trasformati in camerate
viaggianti. I torinesi più
vecchi, che già avevano vissuto
le adunate del 1977 e del 1988
non si stupivano più di tanto, ma
i più giovani, quelli che sono
cresciuti in tempi di sospensione
della leva e che sanno di
alpini solo forse dai nonni o
dalle immagini dei telegiornali
che ricordano i caduti, si stupivano
di quanto si stava materializzando
sotto i loro occhi. Non
parliamo poi dei numerosissimi
immigrati che ormai vivono a
Torino… chissà cosa avranno
raccontato ai parenti lontani.
Giorni campali sotto tutti i
punti di vista perché oltre al nostro
raduno partiva anche il giro
d’Italia ed il venerdì mattina la
cerimonia dell’alzabandiera doveva
cedere gli spazi ad un comizio
sindacale al termine di un
corteo che si era snodato attraverso
via Garibaldi. Qui, alcuni
aderenti ai centri sociali infiltrati,
non trovavano di meglio
che deridere un gruppo di alpini.
Citiamo una cronaca locale “gli
alpini reagivano vigorosamente”.
Fortunatamente le cronache
non riportano altri episodi di
sorta, segno che la città ha saputo
coccolare i suoi colorati e
spensierati ospiti che forse non
aspettavano altro che di essere
coccolati in un grande abbraccio
tricolore.
Le giornate delle adunate trascorrono
sempre uguali in un
susseguirsi di sentimenti, di sensazioni
che vanno dall’orgoglio
all’allegria con il comune denominatore
del cappello che catalizza
nel suo simbolismo tutte le
sfumature di queste sensazioni.
Torino il venerdì poteva sem-
brare sonnacchiosa, distratta.
Forse anche l’ampiezza della
città stessa produceva un diradarsi
della folla lungo i corsi, le
piazze e vie del centro. Ma era
solo una impressione. E’ bastato
l’appuntamento con l’arrivo
della bandiera di guerra del 3°
alpini per far sì che una larga
parte di torinesi si schierasse
lungo il percorso designato per
il primo, grande bagno di folla
della tre giorni alpina.
Scelta migliore per l’appuntamento
non poteva esserci.
Piazza Carignano dove idealmente
150 anni orsono nasceva
l’Italia accoglieva quelli che
forse ne sono ancora i figli migliori.
Con grande sorpresa l’apparire
della bandiera di guerra ci
regalava una grande emozione.
Davide Corona, il nostro Davide
del Gruppo di Susa ed effettivo
alla 34ª compagnia del
“Susa”, avanzava con passo
fiero reggendo tra le sue mani
quell’icona dei reggimenti che è
la bandiera di guerra.
E poi via seguendo la fanfara
della “Taurinense” che solenne
apriva il corteo dei gonfaloni
dei comuni della provincia di
Torino e dei vessilli e gagliardetti
del mondo alpino. Via
Roma regalava già un’anteprima
di quella che sarebbe
stata la domenica in un tripudio
di applausi e di volti commossi.
Le grida per gli alpini e per
l’Italia ormai non si contavano
più.
Piazza Castello raccoglieva
tutti nella sua maestosità. La sua
bellezza si sposava perfettamente
con le migliaia di penne
nere assiepate ai lati delle transenne
in attesa di applaudire ancora
una volta le rappresentanze
di quelle centinaia di migliaia di
alpini sparsi in tutto il mondo.
Purtroppo ancora una volta
qualche imbecille si infiltrava tra
i ranghi. L’occasione, come al solito,
era data dalla presenza del
ministro della difesa Ignazio La
Russa, che potrà piacere o non
piacere in un legittimo sentimento
politico, ma che in quell’occasione
rappresentava l’Italia, la nostra
Patria. Se i fischi sono
legittimi in una manifestazione
politica, in una celebrazione
come la nostra, con tanto di medaglie
d’oro appuntate sul labaro
nazionale e sui vessilli
sezionali erano un oltraggio bla-
Lo Scarpone
Valsusino 5
Attualità

TorIno

84ª Adunata
nazionale
Servizio fotografico di D. Balbo e C. ravetto

Attualità
Davide Corona, s.ten. effettivo alla 34 a , alfiere della bandiera di
guerra del 3° alpini (foto D. Balbo).
sfemo al sentimento di Patria di
tutti noi. Erano un’offesa alla
nostra Italia e non uno sberleffo
al ministro di turno. C’è solo da
sperare che i beceri fischi non
provenissero da quelle bocche
che magari poco prima o poco
dopo avrebbero intonato canti
alpini o meglio ancora il nostro
inno nazionale.
Fortunatamente Torino era
rappresentata sulla piazza da un
galantuomo, artigliere da montagna,
che potrà anche lui piacere o
non piacere politicamente, ma
che ancora una volta, di petto e
senza fronzoli, metteva la faccia
in una appassionata difesa di valori
condivisi che travalicavano
la politica più becera. Sergio
Chiamparino, artigliere del
gruppo “Lanzo”, con quel suo
cappello tenuto in disparte nei
dieci anni di mandato, credo
sinceramente che con Corrado
Perona sia stata la persona più
applaudita ed osannata della tre
giorni torinese.
Sabato di baldoria, sabato di
festa grande, sabato di raccoglimento.
Tutto in poche ore.
Lungo piazze e vie si festeggiava,
cantando e bevendo,
mentre nella piazzetta reale si
celebrava ofi- la santa Messa
ciata dal cardinale Nosiglia. Ed
8
Lo Scarpone
Valsusino
anche lui, in questa Italia alpina
per eccellenza un legame con le
penne nere lo materializzava indossando
il cappello del suo
papà, alpino del “Ceva” reduce
dalla Russia. Ed il “Ceva” ci rimandava
a don Trappo che dal
Paradiso di Cantore avrebbe
vissuto la sua prima adunata.
E dopo il sacro, via con il
profano. Attraversare piazza
Castello e via Po era un’impresa.
Ormai la tappa del giro
d’Italia era finita e forse il tanto
criticato avvenimento aveva
esaurito la sua funzione di decentramento
di folla e la festa si
avviava a toccare i suoi livelli
massimi. Cori, fanfare, concerti
ovunque. Ma resta sempre quel
senso di rammarico nel vedere
che più le ore passano e sempre
meno cappelli, veri, si vedono.
La nostra festa ci viene scippata
sotto il naso e si trasforma in un
rave party dove i giovani ne godono
i benefici e gli alpini
molto spesso le critiche dei
giorni successivi. Peccato veramente,
ma credo sia purtroppo
così.
Piazza Vittorio ore 23. Suoni
conosciuti, spettatori attenti intorno,
qualche passo di danza
traballante. I nostri musici al comando
di Combetto e Bellando
avevano conquistato uno spazio
nella piazza più trasgressiva di
Torino e stavano allietando alpini
e non in attesa della grande
giornata che ci attendeva il
giorno successivo. Tanto, tempo
per riposare un po’ questa volta
ce n’era.
Alle ore 8,30 precise della
domenica parte finalmente la
grande sfilata alpina. Ad aprirla
la fanfara della “Taurinense” e
poi quel lungo serpentone che
sino alle 21 attraversa la città.
Noi saremo i penultimi. Dopo di
noi solo Torino e l’arrivederci a
Bolzano per il prossimo anno.
Una folla festante applaudiva
con tanta forza ed entusiasmo
mentre scendevano le prime luci
della sera in uno spettacolo definito
non senza una certa enfasi
“unico al mondo”, un evento
straordinario che verrà ricordato
per anni.
La nostra sempre splendida
fanfara scandiva i passi di oltre
800 valsusini integrati per l’occasione,
da una nutrita rappresentanza
della 40ª batteria del
gruppo “Susa” che Ardizzone
del Gruppo di Cesana ed il gen.
C.A. Giorgio Battisti desideravano
far sfilare con noi visto il
passato valsusino e l’attaccamento
a questa terra. Un vero
peccato invece, e lo ribadisco
per l’ennesima volta, è che i no-
Hanno scritto di noi
Torino è libera dagli alpini
da www.nuovasocieta.it
stri membri di Protezione Civile
non possano sfilare con la Sezione
di appartenenza visto che
fanno parte dei nostri Gruppi,
vivono con noi, operano anche
per noi.
La decisione di sfilare per
Raggruppamento non ci convince
ma purtroppo è così.
Il prossimo anno saremo a
Bolzano.
Una decisione coraggiosa che
dobbiamo cogliere come una
opportunità per far vedere la nostra
coesione. Troppi segnali arrivano
a raccontarci di un
crescente fastidio verso gli alpini,
l’alpinità e peggio per
l’Italia.
L’Adunata nazionale è per gli
alpini la ricorrenza più cara, la
festa attesa tutto l’anno, la domenica
tricolore per eccellenza.
È l’occasione per mostrare i valori
di cui andiamo fieri: fratellanza,
amicizia e solidarietà.
Se a Torino eravamo tanti a
Bolzano dovremo essere ancor
di più, non come prova di forza
fine a se stessa, ma come dimostrazione
di italianità, di orgoglio
patrio e di coesione.
L’importante che sia veramente
una festa alpina e non una sciagurata
e maleducata festa di popolo
che tornerebbe solo e
soltanto a nostro danno e questa
volta anche politicamente.
Dopo tre giorni di baldoria gli alpini lasciano Torino. Un fine settimana
in cui le forze di sicurezza hanno dovuto fare gli straordinari per
garantire l'ordine pubblico con diversi eventi che si svolgevano contemporaneamente
nelle strade della città: l'adunata, lo sciopero generale,
le visite di Giorgio Napolitano, di Gianfranco Fini e di un
fischiatissimo Ignazio La Russa, lo spettacolo delle Frecce Tricolori e
la prima tappa del Giro d'Italia.
Per molte ragazzine questi buffi soldatini con la penna in testa vengono
considerati «teneri». Fanno simpatia per la loro allegria contagiosa
e la fiaschetta di vino che portano sempre con loro. Forse non
sono così teneri agli occhi dei bambini iracheni o afghani impauriti dai
fucili quando sono entrati nei loro Paesi insieme alla coalizione internazionale
per combattere la guerra degli Stati Uniti. Tutto viene dimenticato
insieme ad una “buta” di vino e un po' di grappa fatta in casa.
Una festa per rendere onore agli alpini con le menti annebbiate dall'alcol
e dalla propaganda.
Le stesse persone che sorridevano vedendo questi uomini scampanellare
sulle loro biciclette bardate con ogni tipo di bandiera e di vessillo
telefonavano ai numeri d'emergenza per contestare dei
comportamenti molesti e maleducati dei “veci” e dei “bocia”. Solo alla
centrale dei Carabinieri sono arrivate più di quattromila chiamate. Nessun
fatto grave, ma tanti piccoli episodi di inciviltà. Trattori che circolavano
contromano nelle principali arterie cittadine, grigliate nei cortili
delle abitazioni, schiamazzi e canti nel cuore della notte, ubriachi molesti
che sbucavano da ogni angolo.
Il numero complessivo degli arresti è comunque rimasto nella norma
e non ha interessato in particolare nessun alpino. Anzi, sono stati catturati
anche due rumeni, “vampiri di bancomat”, giunti da Milano durante
l'inizio dei festeggiamenti per montare dieci skimmer, le
apparecchiature utilizzate per monitorare le carte di credito. La presenza
di tanti turisti ha quindi attirato anche i delinquenti pronti a fare
loro la festa.
Adesso è tutto finito. I netturbini hanno lavorato tutta la notte per ripulire
le strade piene di cartacce e vetri rotti e restituire la città ai torinesi.
Degli alpini è rimasto il ricordo di un corpo militare formato da
allegri e apparentemente innocui “ciucatun”.

Come ho visto l’Aunata
di Piercorrado Meano
L’adunata è finita. L’84ª Adunata
nazionale è terminata in un
tripudio di bandiere e di folla
con le ormai classiche 12 ore di
sfilata. Siamo belli, siamo tanti,
siamo contenti. Arrivederci a
Bolzano, ancora belli, ancora
tanti e, se possibile, ancora contenti.
Ma in un “vecchio najone”
come me, da poco
“rottamato” per raggiunti limiti
di età dopo 40 anni di servizio
attivo, 36 dei quali con il cappello
alpino, qualche dubbio si
fa strada.
Fare parte dell’Associazione
Nazionale Alpini ha, come presupposto
fondamentale, l’aver
prestato servizio nei reparti
delle Truppe Alpine per un periodo
minimo definito dalla
Sede Nazionale, per vari motivi
sempre più ridotto negli anni.
Dalla tribuna qualunque, perché
come Generale di Divisione
in Ausiliaria non mi è stato consentito
l’accesso alla Tribuna
Autorità, ho visto lo sfilamento
dall’inizio al momento di raggiungere
la mia Sezione; ho potuto
notare parecchi “individui”
che, a un occhio ancora allenato
per l’aspetto formale, sicuramente
non solo non sono stati
alpini ma nemmeno hanno prestato
servizio nelle Forze Armate
o in qualsivoglia altro
Corpo armato dello Stato: naturalmente,
però, indossanti cappelli
che di alpino avevano poco
o nulla e con la solita penna
guarnita dalla scritta “chi naia
non prova libertà non apprezza”.
Ritengo, nella mia deformazione
professionale, che il
controllo e il filtro su chi sfila
debba essere di responsabilità
delle Sezioni che, con un loro
“Servizio Sezionale”, possano e
debbano intervenire, isolando e
respingendo chi non ha diritto a
partecipare, fosse anche il Sindaco
del paese che, non avendo
fatto neanche il militare, sfila
con il cappello al solo scopo di
promozione personale.
Dodici ore di sfilata: imponente!
Ma, a chi come me l’ha
vista tutta, è venuta spontanea
una congettura: togliendo
gruppi folkloristici e in uniformi
storiche (taroccate) e “sci muniti“
(con sci non militari dipinti
di bianco), sparuti muli di improbabili
rimonte (cioè non di
provenienza militare), striscioni
in numero esagerato e riconducendo
le distanze tra una riga e
l’altra ai canonici 2, 3 metri,
forse si sarebbero ridotte anche
le ore occorrenti alla sfilata dei
“veri” appartenenti all’Associazione
nazionale alpini.
Quando i nostri “vecchi” fondarono
l’Associazione ebbero il
dubbio se ammettere o meno
anche gli Ufficiali Superiori
perché, avendo comandato unità
superiori alle compagnie, non
avevano fatto la guerra in trincea:
da allora tanto vino è passato
sotto i ponti, altre dolorose
prove sono state affrontate e
non sarebbe né possibile né giusto
tornare a tale integralismo,
ma una sana riflessione sul passato
dell’A.N.A. e sulle sfide
del futuro sarebbe opportuna.
Siamo una associazione di
militari, che hanno servito, tanto
o poco, nelle Truppe Alpine;
dobbiamo mantenere saldo questo
principio, tutto il resto seguirà.
L’associazione perderà,
forse, qualche “amico” che si
era iscritto per i vantaggi che
questo comporta (vedi per
esempio gli sconti sugli ski pass
che in molte stazioni sciistiche
vengono praticati) ma ne guadagnerà
in compattezza e serietà.
Commemorazione
del btg. “Piemonte”
di elio Garnero
Sabato 7 aprile a ricordo della coraggiosa impresa di alpini ed artiglieri
alpini per la conquista di tale monte, ci siamo recati presso il
monumento situato in Torino, via Ventimiglia all’altezza del numero
civico 164 per il 67° anniversario della battaglia di Monte Marrone.
Vorrei ricordare che gli alpini del btg. “Piemonte” combatterono
per la conquista di Monte Marrone, pilastro orientale della soglia di
Cassino (1805 m. di altezza) nella Seconda guerra mondiale.
Lo schieramento sull’attenti per l’onore ai Caduti.
La mattina del 31 marzo 1944 il btg. “Piemonte” conquistò
Monte Marrone con un’azione considerata impossibile dagli alleati
anglo–americani. Nella notte tra il 9 ed il 10 aprile si ripeterono con
altrettanto coraggio in seguito ad un tentativo di riconquista da parte
dei tedeschi.
Il vessillo della nostra Sezione era presente scortato dal vice presidente
vicario Garnero e dai consiglieri sezionali Amprimo e Balbo.
nuovo comandante
al 1° rgt. a. da montagna
di Dario Balbo
A destra, il nuovo comandante col. Aldo Costigliolo con il gen.
Figliuolo e il suo predecessore col. Aresu (foto D. Balbo).
Venerdì 15 aprile la caserma "Perotti" di Fossano ha vissuto la cerimonia
del cambio del comandante del 1° reggimento artiglieria da
montagna. Dopo quasi due anni di comando il colonnello Aresu ha
passato le consegne al colonnello Aldo Costigliolo.
Numerose le autorità civili e tra quelle militari da sottolineare la
presenza del comandante della brigata “Taurinense”, gen. Francesco
Paolo Figliuolo già comandante della stessa unità. Per la nostra
Sezione erano presenti il presidente Sosello con l’alfiere Gallina, il
vicepresidente Baro ed il sottoscritto.
Nei due anni di comando del col. Aresu, il reggimento è stato impegnato
in varie attività quali il supporto alla popolazione delle valli
cuneesi colpite dall'emergenza neve, all’operazione “Strade sicure”
nelle città di Torino e Genova oltre a quelle prettamente militari
svolte in Afghanistan da dove è rientrato pochi mesi fa.
Mentre il colonnello Aresu si trasferisce ora a Roma presso il comando
di vertice Interforze (COI Difesa) formuliamo al colonnello
Costigliolo un felice e proficuo periodo di comando.
Lo Scarpone
Valsusino 9
Attualità

Attualità
Fanfara A.n.A. Val Susa:
note grigio-verdi e la gioia del caos
di Mauro Biglino
un ballo improvvisato sulle note festose della fanfara A.n.A. Val Susa nella piazza più trasgressiva
di Torino, piazza Vittorio Veneto (foto D. Balbo).
Succede che ti trovi nel caos e
non ti attendi di gioirne.
Succede che guardi i volti
della gente, quella stessa gente
che fino al giorno prima era intollerante
di fronte ad un qualsiasi
contrattempo, e la vedi
felice di attendere, di essere
bloccata da un muro di corpi, di
non poter passare…
Poi quando le note della fanfara
salgono a giocare con le
bandiere che sventolano alle finestre
e vanno a riempire l’aria
di un armonico grigio-verde, la
gente si ferma e ascolta. La vedi
sorridere, ritmare i suoni con le
mani e con i piedi in un turbinio
di movimenti che non seguono
regole apparenti.
Il caos attorno regna sovrano
e, se sei attento, lo osservi anche
in ciò che identifica l’alpinità
della fanfara: le penne, elementi
che vivono all’interno di una
anarchia accettata quasi come
regola, perché ogni penna fa
vita a sé.
L’angolo che ciascuna disegna
nel cielo è diverso; alcune,
quasi orizzontali, hanno una
sorta di stanchezza intrinseca,
sono segnate dal tempo e dagli
anni di vita: tacche che le incidono,
punte che tendono a
scomparire.
Vivono come se fossero appoggiate
ad un sostegno invisibile
e a guardarle viene fatto di
10
Lo Scarpone
Valsusino
chiedersi quante storie avrebbero
da raccontare.
Ci sono poi le penne diritte,
quasi altezzose o arroganti in
quel loro sfidare lo sfondo del
cielo torinese che tagliano con
un segno netto e deciso.
Qualcuna vuole provare a
catturare e restituire il luccichio
dell’aria nella sera torinese che
brilla di mille luci; altre si accontentano
di trasmettere i loro
riflessi neri, beige o bianchi.
In questo caos si trovano
molto bene: sono penne che non
vogliono regole perché ricordano
di avere volato libere nei
cieli ed ora, nell’aria tiepida del
Lungo Po pervasa dalle note
grigio-verdi, amano continuare
a disegnare liberamente angoli
di inclinazione, vogliono esibirsi
in oscillazioni svincolate
da ogni regola, senza doversi
accordare con le vicine. Le
penne cercano libertà ed è la libertà
dei cappelli che le portano;
ogni cappello è unico e
irripetibile: un cappello un
uomo, un cappello un racconto,
un cappello una individualità.
Per comprendere questo piacevolissimo
stato di caos è sufficiente
osservare una delle
tante immagini che riprendono
la schiera in marcia e l’individualità
anarchica delle penne e
dei cappelli salterà agli occhi in
modo evidente.
Nel pomeriggio di sabato la
fanfara suona camminando in
file ordinate, i musici sono più
di 50; nel tentativo di aprire il
fiume di folla che occupa ogni
centimetro dei corsi principali,
io mi trovo davanti un’auto
della polizia che procede a
stento verso di noi e, nell’inversione
caotica delle regole, succede
che sia io – unica volta
nella vita – a fare segno ai poliziotti
che non possono passare e
che devono trovare il modo di
accostare: noi non ci fermiamo,
loro sorridono e accostano!
Il caos gioioso sovverte anche
la più banale normalità ed è
sempre in questo caos gioioso
che succede ancora qualcos’altro
di inatteso: ti capita di sentire
alcune ragazze giovani che
in Piazza Vittorio ballano al
suono degli ottoni e dei legni, si
muovono al ritmo cadenzato
delle percussioni e dicono ad
alta voce “Gli alpini non dovrebbero
andare più via da Torino”.
Come se i musici ormai
…enni fossero in realtà delle
giovani rockstar!
E quando l’“imperiale” Cristina
interviene per supplire alle
loro carenze di zucchero, il pubblico
si incuriosisce, chiede,
vuole assaggiare il toccasana
degli alpini, quello zuccherino
inzuppato di alcol a 95 gradi, insaporito
alle essenze di lavanda
e menta.
Il prodigioso medicamento,
anche se non ancora ufficialmente
riconosciuto dal Ministero
della Sanità, viaggia su un
cucchiaino che rende possibile
la condivisione di sapori e di
bruciore in bocca, in un mix di
sensazioni che si affollano le
une sulle altre fino a coinvolgere
tutti i presenti.
I più coraggiosi bevono
anche l’alcol mentre la musica
riprende rinfrancata da tanta
energia e ci si accorge che è lei
l’unica a seguire le regole, lo
deve fare: la fanfara le rispetta
per la gioia di chi ascolta
”Tranta sold”, per l’emozione di
chi segue attentamente le note
di “Valore alpino”, per la sorpresa
di chi sente ‘suonare’ le
voci dei musici che, deposti gli
strumenti, cantano “Rataplan” e
poi per i ‘ballabili’ che non possono
mai mancare in quelle occasioni.
Succede anche che la fanfara
carichi gli animi nella sfilata e
che, in una delle soste nella
marcia, una signora superi le
transenne, abbracci al collo un
paio di noi e poi torni al posto
dicendo gioiosa “Sono una
donna fortunata, ho baciato due
alpini”.
La gioia caotica è anche questo.
Ma il caos dell’Alpinità porta
con sé quell’allegria sana che
riempie lo spazio come una musica
che piace a tutti, senza distinzione
di generi.
Una musica che, come quella
della Fanfara A.N.A. Val Susa,
lascia un segno nell’aria e nell’animo
di chi l’ascolta, una
sorta di memoria che è, ad un
tempo, piacevole ricordo e invito
a tornare.
Se la vita avesse una seconda edizione,
come vorrei correggere le bozze!
John clare

L’intervento conclusivo del Presidente Perona (foto D. Balbo).
Difesa e divulgazione
dei valori, al 15° C.I.S.A.
di Dario Balbo
“Nel 150° dell’Unità d’Italia
riflettiamo sui valori della solidarietà
e della linea associativa”
è stato l’ambizioso e complesso
tema dell’edizione 2011 del
C.I.S.A., l’incontro annuale tra
le testate giornalistiche alpine
che quest’anno si è svolto a Casale
nei giorni 2 e 3 aprile e organizzato
dalla locale Sezione.
La parola “valori” è quella,
da sempre, più utilizzata nel
mondo alpino e nei nostri giornali,
in tempi in cui si sente
sempre di più la mancanza di
valori in generale. Ma quali
sono i veri valori?
Patria e bandiera dovrebbero
essere scontati e si spera rispettati,
ma ce ne sono molti altri di
cui poter andare fieri. Lealtà,
umanità, amicizia, buon senso,
rispetto delle regole, senso del
dovere, perché proprio dal dovere
e non dai diritti sono alimentati
i nostri valori. E poi la
solidarietà e la gratuità. Molti si
stupiranno che si possa dibattere
ancora di questi argomenti
anche perché nella stragrande
maggioranza dei casi chi legge
la stampa alpina questi valori li
ha già ben presenti. Ma in un
mondo che si sta imbarbarendo,
gli alpini spesso sono l’ultimo
baluardo nella loro difesa, certo
non quelli che salveranno
l’umanità ma portatori di sano
contagio certamente. Certo non
tutto è così perfetto come si vorrebbe,
ma il comportamento di
pochi per ora non va ancora a
rovinare l’esempio di tanti altri,
sperando che la causa non sia la
politica di aprire a troppi solo
per far numero a fronte dell’attenuarsi,
forse, della stagione
dei “duri e puri”.
Dalle pagine dei nostri giornali
dovremo quindi sempre insistere
in questa opera di
divulgazione dicendo con
schiettezza anche le cose sgradevoli
che osserveremo ma mettendo
tutto il nostro entusiasmo
nel raccontare orgogliosi quelle
belle di cui andare fieri. Un
grande aiuto nella divulgazione
dello spirito alpino lo stanno
dando le nostre forze armate che
così bene operano nei teatri operativi
nei quali sono impegnate.
Ma come sappiamo non tutta
l’opinione pubblica la pensa
come noi e allora con forza dovremo
difenderle quelle stellette,
quelle che un giorno tutti
noi abbiamo portato con orgoglio
e che quindi ci appartengono.
Ovvia la conclusione
finale: il più grande valore è
l’uomo, quello che è sotto il cappello
alpino, il valore assoluto.
Nei due giorni di lavori abbiamo
sentito le voci dell’esercito
tramite gli interventi di ben
quattro ufficiali superiori, il
magg. Renna, il col. Paissan, il
gen. Rossi ed il gen Primjceri
che ci hanno raccontato quanto
bene stiano lavorando gli alpini
per la pace e quelli che saranno
gli scenari futuri compresa la
tanto discussa mininaja. A chiusura
dei lavori poi il solito, appassionato
intervento del
presidente Perona che ha risposto
anche ai numerosi quesiti
posti nei vari interventi, confermando
infine la volontà di continuare
le visite alle Sezioni per
sollecitare proposte dalla base
sul futuro della nostra Associazione.
Nella mattinata del sabato, incontro
con il Centro studi sui
temi delle realtà museali e del
progetto scuole che molte Sezioni
portano già avanti con
passione da anni, specialmente
nelle scuole primarie dove è più
facile far breccia nel cuore e
nella semplicità di quei bimbi
che si spera un giorno possano
portare il cappello alpino.
Consueta tiratina di orecchi
infine per i ritardi e le omissioni
nella trasmissione dei dati del
libro verde, perché anche il libro
verde è un valore.
Per la Val Susa erano presenti
il presidente Sosello, il vicario
Garnero e i consiglieri Olivero
e Balbo.
Presentato il libro
su don Trappo
di Dario Balbo
Nel salone da poche settimane intitolato a don Rinaldo Trappo,
molti alpini ed invitati hanno partecipato sabato 16 aprile alla presentazione
dell’ultima fatica di Mario Tonini, “Rinaldo Trappo.
Uomo, alpino e prete”. Un’opera attesa, dopo che la scomparsa dell’ultimo
cappellano della “Cuneense” aveva profondamente toccato
tutti coloro che lo avevano conosciuto negli anni del suo apostolato.
Come sempre, Mario Tonini, attingendo ad un patrimonio fotografico
di assoluta qualità e interesse ha saputo raccontare o meglio
dire, accompagnare il lettore attraverso le tappe della vita di un uomo
fortemente legato alla sua valle natale, un alpino vero ed un prete dai
forti principi. Che poi l’uomo ed il prete si siano fusi in un cappellano
alpino, la cui missione lo ha portato in mezzo alla sofferenza ed
alla disperazione dei campi di battaglia o dei campi di concentramento,
è un dato di fatto che ha trasformato don Rinaldo in una figura
così amata e rispettata da farne quasi un mito tra i cappellani
militari. Non da meno, appena apparentemente deposto il cappello,
l’uomo ed il prete hanno portato la propria missione di fede tra i nostri
poveri lavoratori emigrati.
La figura di don Trappo è stata introdotta con voce rotta dall’emozione
dal presidente Sosello che lo ebbe nella sua gioventù
quale maestro elementare e che per quegli strani giochi del destino
ha potuto immortalare il suo vecchio insegnante in una delle ultime
uscite per un raduno alpino.
Altrettanto commosse le parole di Roberto Follis, assessore al comune
di Susa, e suo sincero amico.
Ricordiamo per onore di cronaca che anni orsono il comune di
Meana conferiva a don Trappo la cittadinanza onoraria mentre il locale
Gruppo lo annoverava tra i suoi iscritti. Don Trappo era anche
cittadino onorario di Leinì.
La parte più importante della presentazione spettava ovviamente
all’autore che tra filmati, testimonianze e aneddotti riusciva a coinvolgere
emotivamente la platea presente. Nel buio della sala scorrevano
immagini, si sviluppavano i racconti e sicuramente tra i
presenti qualche lacrima di commozione ne avrà sicuramente rigato
i volti.
Ora il libro è disponibile nelle librerie e sicuramente in molti non
perderanno l’occasione di portare nelle proprie case questa importante
testimonianza di un glorioso valsusino, alpino come noi che
della sua valle e della penna nera ne è stato un degnissimo rappresentante.
L’autore
Mario Tonini
(foto D. Balbo)
Lo Scarpone
Valsusino 11
Attualità

Attualità
Piazza Martiri della Libertà gremita di folla accorsa, con le autorità, a salutare gli alpini della “Taurinense” rientrati dall’Afghanistan
ed il loro nuovo comandante (foto D. Balbo).
Il numeroso gruppo degli alpini aviglianesi (foto D. Balbo).
85° di fondazione del Gruppo di Avigliana
di elio Garnero
Dopo l’84ª Adunata nazionale
di Torino, solo pochi giorni
per prendere fiato, per poi rituffarsi
nel mondo alpino per l’85°
di fondazione del nostro
Gruppo. I festeggiamenti sono
iniziati già la serata di sabato 14
presso l’Auditorium Fassino. Il
nostro socio alpino Silvio, dopo
aver letto un brano sulla “Patria”
scritto dal nostro compianto
amico alpino Francesco
Proietti Ricci, con la sua consueta
abilità oratoria ha ringraziato
tutti i convenuti per la
grande partecipazione ed ha
12
Lo Scarpone
Valsusino
presentato il coro alpino “Valsangone”
di Giaveno che ci ha
dilettati con un nutrito repertorio
di brani dedicato in gran
parte al mondo degli alpini.
Si è in seguito esibita la filarmonica
“Santa Cecilia” di Avigliana
che ci ha decisamente
sorpresi e stupiti favorevolmente.
Qualcuno più vicino al
maestro Facciolo, ed il maestro
stesso, avevano accennato ad
una sorpresa. Nessuno di noi
immaginava una sorpresa del
genere.
Ci spiace per coloro che non
Autorità civili, militari e alpini durante la cerimonia dell’alzabandiera
(foto D. Balbo).
erano presenti. Un concerto che
personalmente non scorderò
mai, con la partecipazione di
due non più giovanissimi tenori
che con la loro potente voce,
nelle classiche canzoni italiane
quali “O Sole mio”, “Mamma”
ecc. ecc. hanno entusiasmato e
coinvolto tutti i presenti in
un’atmosfera idilliaca. Ricordo
che il teatro era esaurito fino
agli ultimi posti e questo gratifica
tutti noi alpini organizzatori
della serata. Un sincero e cordiale
grazie al maestro del coro
“Valsangone”, Mauro Giai
Levra ed ai suoi coristi ed un altrettanto
caloroso ringraziamento
al maestro Mario
Facciolo ed a tutti i componenti
del suo complesso che tra l’altro
comprende alcuni professori
e molti, per lo più giovani, frequentatori
del Conservatorio.
Permettetemi un ringraziamento
particolare al presidente
di questa splendida Filarmonica,
il nostro socio alpino maggiore
Claudio Mollea per averci
permesso di deliziarci con tali
esibizioni.
La domenica 15 mattina tutti
gli alpini si sono ritrovati sul
piazzale della stazione ferroviaria
per lo scoprimento di una
targa a ricordo degli alpini della
“Tridentina” che nel 1942, dopo
alcuni mesi di manovre in zona,
con conseguenti amichevoli
rapporti con la cittadinanza, partirono
per la steppa russa. Solo
da Avigliana partirono per la
Russia circa 4000 alpini, e per
la maggior parte di loro non ci
fu ritorno. Esattamente alle 9
monsignor Tommaso Ribero,
cappellano militare, benediceva
la targa, quindi una brevissima
introduzione del vicepresidente
vicario della Sezione “Val Susa”
e membro del Direttivo aviglianese,
per chiarire a chi non fosse
ancora informato, il significato
di tale evento. Prendeva quindi
la parola l’alpino Piergiorgio
Longo (uno dei quattro autori
del libro “Il 5° alpini è ancora
tra noi”) che si soffermava più
dettagliatamente su questo
evento di 69 anni fa.
Con grande soddisfazione ho
notato la partecipazione in
massa di tutti i 15 gruppi della
bassa Val Susa, non altrettanto
posso dire per la media e l’alta
valle. Oltre al nostro vessillo
erano presenti quelli della Sezione
di Aosta e di Ivrea. I
Gruppi della Sezione di Torino
erano ben 15, oltre al solito
inossidabile alpino Vladimiro
del Gruppo di Piasco, Sezione
di Saluzzo. Mi viene da dire
“chi semina bene raccoglie
bene”.
Dalla piazzetta della stazione

Il capogruppo
ezio Giovanardi
(foto D. Balbo)
con la nostra fanfara in testa
siamo saliti nel centro storico di
Avigliana presso il monumento
dedicato a tutti i Caduti. Qui si
sono alternati al microfono per
le debite allocuzioni, il nostro
capogruppo Giovanardi, il sindaco
di Avigliana prof.ssa Carla
Mattioli ed il presidente della
Sezione A.N.A. “Val Susa”
Giancarlo Sosello.
Sono seguite le consegne
Targa ricordo ad elio Garnero per l’impegno profuso per il bene
del Gruppo (foto D. Balbo).
delle targhe ricordo. Al Sindaco,
a monsignor Ribero, ai Carabinieri,
alla Guardia di Finanza,
alla Protezione civile locale, ai
Vigili del fuoco, all’A.N.P.I, ai
bersaglieri, ai carabinieri e marinai
in congedo. Sorpresa! Era
pronta anche una targa per il
sottoscritto per l’impegno profuso
negli anni addietro per il
bene del Gruppo. Chiaramente
l’ho accettata, anche se molti
altri collaboratori l’avrebbero
meritata, e, come accennato durante
la consegna, la dedico a
tutti gli amici presenti, ma principalmente
agli altri nostri amici
alpini, e sono tanti, che ci hanno
preceduto nel Paradiso di Cantore,
e che di là ci guardano e ci
guidano. Infine è stata celebrata
Il ricordo
di Villa Santina
di Giuseppe rosatelli
la Santa Messa all’aperto da
monsignor Ribero.
È seguito il pranzo presso il
ristorante Hermitage.
Desidero ancora ringraziare
l’amico alpino Enzo Chiola che
già nei giorni precedenti, specialmente
per la targa, aveva
brillantemente collaborato, e poi
ci ha accompagnato per tutta la
sfilata con il suo altoparlante,
dando serie disposizioni organizzative
ed invitando anche gli
aviglianesi ad applaudire gli alpini.
Non posso dimenticare la
fanfara della Sezione “Val
Susa”, il Presidente della fanfara
Combetto, il maestro Bellando
e tutti i musici che anche
dopo il pranzo ci hanno allettati
con le loro gradevoli sonate.
Ogni avvenimento, bello o brutto che sia, imprime nella memoria
individuale e collettiva ricordi indelebili legati sia al fatto in sé, sia
alle tante storie che, di conseguenza, lo hanno animato. Così è anche
per il terremoto del Friuli e della Carnia verificatosi la sera del 6
maggio 1976. Il 6 maggio scorso è stato il 35° anno di tale disastrosa
vicenda. L’A.N.A., a seguito del disastro che si verificò in quella
Regione, si attivò immediatamente per apportare il proprio contributo
di solidarietà. Istituì, infatti, 11 cantieri di lavoro. Alle Sezioni
di Torino, Ceva, Mondovì, Pinerolo, Saluzzo, Susa, veniva assegnato
il settore di Villa Santina e Comuni limitrofi ed il compito di costituire
il Cantiere n. 5. Tale Cantiere veniva infatti impiantato il giorno
10 giugno ed iniziava subito la sua opera di solidarietà provvedendo,
nel corso della sua permanenza (10 giugno-11 settembre 1976) ad
eseguire i seguenti lavori:
• ripristino di n. 122 tetti e camini;
• rifacimento di n. 40 muri e di altri lesionati; realizzazione di 17 alloggi
(ricavati da strutture occasionali);
• getto di n. 18 cordoli in cemento armato, con rifacimento del relativo
tetto o posa di arpe;
• esecuzione di altri importanti lavori anche presso i Comuni viciniori.
Chi non ha vissuto personalmente quei momenti in cui tutto era
reso precario a causa delle intemperie, delle continue scosse di terremoto
e delle particolari condizioni logistiche nelle quali si era costretti
ad operare non potrà certamente rendersi conto di come sia
stato difficile assolvere tali onerosi impegni. Ricordo ancora le accorate
parole pronunciate dal sindaco di Villa Santina, Sergio Giatti,
il quale, nel corso di una riunione, evidenziava che anche in presenza
del particolare stato morale dell’intera popolazione colpita
dall’immane tragedia era stato realizzato quanto era ritenuto impossibile,
grazie anche alla fede, allo spirito di abnegazione ed al senso
di altruismo profusi da ogni volontario.
In merito a ciò che precede si può affermare, per quanto concerne
la Sezione di Torino, che la nostra esperienza non si sarebbe potuta
verificare al meglio se non avessimo avuto come riferimento due
eccelse figure: il nostro compianto Presidente nazionale, Franco Bertagnolli,
propugnatore degli 11 Cantieri di lavoro, ed il nostro diletto
Presidente sezionale, Nicola Fanci, organizzatore del Cantiere
n. 5. Due personaggi simili e contrastanti nello stesso tempo: il
primo con il suo prorompente temperamento; il secondo con la sua
sensibilità ed il suo calore umano; entrambi trascinatori di uomini.
Con loro sarebbe stato possibile portare a termine qualsiasi impresa.
Rivolgiamo ad essi il nostro più deferente e devoto pensiero ed i
sentimenti della nostra riconoscenza per gli insegnamenti impartiti
e per il patrimonio etico che hanno voluto lasciarci.
Lo Scarpone
Valsusino 13
Attualità

Protezione civile
L’esercitazione addestrativa/operativa
annuale del 1°
Raggruppamento della Protezione
civile A.N.A. – che coordina
i volontari di Piemonte,
Liguria e Valle d’Aosta – si è
svolta nella Cittadella di Alessandria,
dove si sono ritrovati
oltre 600 volontari equipaggiati,
attrezzati ed autosufficienti.
Lo scopo principale dell’esercitazione
è di far lavorare fianco
a fianco volontari provenienti
da paesi e regioni diverse, per
farli conoscere reciprocamente
affinché, in caso di calamità,
siano capaci di intendersi ed
operare in sicurezza.
Altro punto su cui sempre si
“lavora” è la sicurezza operativa,
con l’uso dei dispositivi di
prevenzione individuale come
caschetti, tute antitaglio per i
motoseghisti, calzature idonee,
imbragature e dispositivi sofisticati
necessari ed obbligatori
per i nuclei specialistici.
Il tutto sotto il controllo di
Ispettori e formatori che effettuano
ispezioni a sorpresa,
danno istruzioni e suggeriscono
modi di comportamento in
modo che, in piena operatività,
la “macchina” del soccorso sia
capace di muoversi in modo attento
e sicuro, senza incertezze
e sia quindi in grado di portare
un valido aiuto all’apparato organizzativo
della Protezione civile,
ovvero si possa aiutare e
non si debba essere aiutati.
Numerosi anche i giornalisti
e le TV locali che hanno dato
grande risalto a questa “Operazione
recupero”.
La scelta di operare presso la
Cittadella di Alessandria (vedi
riquadro specifico) è legata
anche alle celebrazioni del 150°
anniversario dell’Unità d’Italia:
infatti, proprio nella cittadella fu
innalzato per la prima volta il
tricolore durante i moti rivoluzionari
del marzo 1821.
Così, 600 volontari armati di
buona volontà, si sono accampati
nelle caserme settecentesche
della Cittadella il venerdì
27 ed il sabato, divisi in “cantieri”,
hanno ripulito bastioni,
muraglioni e fossati dalla vegetazione
che la stava sommergendo,
mentre le cucine mobili
della Sezione di Alessandria e di
Vercelli hanno provveduto a
preparare colazioni, pranzi e
cene con una celerità e perizia
encomiabili mentre il servizio
sanitario predisponeva punti di
soccorso nel caso di necessità.
14
Lo Scarpone
Valsusino
La nostra Protezione civile
in esercitazione ad Alessandria
di renzo Turco
La “Val Susa” ha partecipato
con le squadre di Oulx, Chiomonte,
Susa, S. Ambrogio e con
i nuclei dei rocciatori, dei cinofili
e dei sommozzatori per un
totale di 54 volontari.
Le squadre ergotecniche
hanno asportato tonnellate di alberi,
cespugli e vegetazione in
genere per ridare luce e forma
agli antichi bastioni in mattoni
rossi; i rocciatori (4 del Nucleo
“Val Susa”) hanno operato nei
luoghi di maggior rischio, sui
cigli dei bastioni e sui muraglioni
utilizzando le tecniche alpinistiche
di sicurezza.
Il risultato finale è stato ampiamente
e positivamente commentato
dal Sindaco di
Alessandria e dalle autorità civili
e religiose che domenica
hanno voluto ringraziare per il
lavoro svolto, che è solo l’inizio
del completo recupero della Cittadella,
dismessa dall’Esercito
ed assegnata ad Alessandria e
che sta diventando sede di
musei, manifestazioni, esposizioni
a vantaggio della storia,
della città di Alessandria e dell’intera
Italia.
Particolare elogio per il volontariato
da parte del Vescovo
di Alessandria che dopo la
Messa ha benedetto i nuovi
mezzi del Raggruppamento auspicando
nel contempo che non
debbano mai servire.
Il nostro Nucleo cinofilo da
soccorso era presente con 14
conduttori e relativi cani ed ha
operato nei pressi del Rifugio
Piani di S. Lorenzo, alloggiando
con le altre Unità cinofile presso
la Domus Alpinorum.
Esercitazione complessa in
notturna per la ricerca di un disperso
in un bosco e prosecuzione
con ricerche diurne di altri
dispersi, tutte andate a buon
fine, a testimonianza dell’impegno,
della professionalità e del
lavoro in simbiosi di “Volontari
umani ed animali”.
Il Nucleo sommozzatori ha
avuto il compito di ritrovare un
piccolo oggetto nel fiume Bormida
in località Spinetta Marengo.
Data la forte corrente del
fiume sono state messe in atto le
misure di sicurezza – fune trasversale
al fiume a cui erano assicurati
2 operatori di soccorso
su imbarcazione – poi con tecniche
dette del “pendolo” e del
“traversino” è stato scandagliato
il fondo fino al ritrovamento
dell’oggetto.
Ogni squadra ed ogni nucleo
si è presentata in totale autosufficienza:
dalle brandine ai sacchi
a pelo, dalle nuove tute da
lavoro ai caschetti omologati
(acquistati grazie al vostro contributo
del 5 per mille!), dai DPI
alle attrezzature necessarie al disbosco
che per la maggior parte
dei cantieri si è svolto sulla
sommità di bastioni con muri
alti fino a 10 metri.
Il tempo soleggiato del sabato
ha consentito di lavorare bene;
il venerdì piovoso infatti stava
mettendo in discussione alcuni
lavori da svolgere nei fossati, un
terreno impermeabile che rende
veramente difficile il muoversi:
cosa peraltro voluta dai progettisti
della fortezza che allagandoli
creavano una ulteriore
barriera agli assalitori.
Ma alla fine, seppur provati,
tutti i compiti assegnati sono
stati portati a termine con successo
e chi vorrà fare una visita
alla Cittadella (che è aperta al
pubblico) potrà rendersi conto
della vastità dell’opera e dello
sforzo fatto per riportarla a
nuova vita, con il motto che
“l’unione fa la forza”.
Ora il Comitato per la valorizzazione
della Cittadella ha un
problema in meno da affrontare,
e noi qualche esperienza in più.
La Cittadella
La Fortezza di Alessandria -
ovvero la Cittadella - viene
commissionata da Vittorio
Amedeo II nel 1728 al “maestro
delle fortificazioni” di casa
Savoia, Ignazio Bertola che proprio
in virtù di questo incarico
nel 1742 sarà nominato Conte di
Exilles.
Nel 1732 è completata la
cinta muraria e per tutto il ’700
in questo cantiere si formano i
migliori architetti ed ingegneri
militari sabaudi.
Le vicende storiche del fine
’700 la portano ad essere occupata
a più riprese dagli austriaci
poi dai francesi e, nel 1800,
viene fatta ammodernare ed ingrandire
proprio da Napoleone
che la vuole far diventare la
“porta orientale” della Francia.
Progettazione e direzione dei
lavori – che danno alla Cittadella
la struttura attuale – sono
affidate al miglior ingegnere
militare di Francia: Chasseloup
Laubat.
Con la caduta di Napoleone
la Cittadella ed il Piemonte tornano
ai Savoia ma solo nel 1816
viene abbandonata dagli austriaci.
1821: la Cittadella si ammutina,
si innalza il primo tricolore,
la “rivoluzione” si propaga
da Alessandria al resto del Piemonte,
ma la repressione austriaca
chiude questo periodo e
la fortezza torna sotto il suo dominio.
1833: i mazziniani alessandrini
della “Giovane Italia”
sono imprigionati alla Cittadella:
Andrea Vochieri e 5 militari
saranno passati per le armi
dopo un sommario processo.
1849: Carlo Alberto è sconfitto
a Novara, gli austriaci tornano
in Cittadella e se ne
andranno dopo tre mesi, ma
questa occupazione avrà l’effetto
di convincere ad unire le
sorti dell’Italia con quelle dei
Savoia.
1855: nella primavera si raduna
in Cittadella il Corpo di
spedizione sardo-piemontese in
Crimea: 15.000 uomini che daranno
a Cavour la motivazione

per chiedere l’aiuto francese
alla causa Piemontese.
1857: ormai la guerra all’Austria
diventa sempre più certa e
su iniziativa di Norberto Rosa
parte sulla Gazzetta del Popolo
una sottoscrizione per comprare
100 cannoni per la Fortezza
(uno per ogni città
d’Italia); in un anno si raccolgono
le 151.914,21 lire necessarie
per l’acquisto.
1859: il 14 maggio 100 cannoni
nuovi di zecca accolgono
Napoleone III in Cittadella dove
ha sede il comando francese,
mentre Vittorio Emanuele e la
sua armata sono acquartierati
fuori città.
Il 30 maggio inizia la guerra
contro l’Austria che in due anni
porterà all’unità d’Italia.
Dal 1889, allontanati i possibili
fronti di guerra, la fortezza
viene man mano dedicata ai comandi
e ai magazzini pur rimanendo
uno dei più importanti
tasselli nell’organizzazione dell’esercito.
1900- 1945: nella Cittadella
Campionati italiani
di marcia di regolarità
di roberto Bossù
Domenica 21 maggio 2011 si
è svolta a Santa Margherita Ligure
la 39ª edizione dei Campionati
Italiani di marcia di
regolarità, gara esclusivamente
riservata ad alpini in armi o regolarmente
iscritti all’A.N.A.
A questa manifestazione
hanno partecipato atleti provenienti
in buona parte dal Nord
Italia. Quel giorno 119 pattuglie
(ogni pattuglia è formata da
3 alpini) hanno camminato per
sentieri, mulattiere lungo un
percorso superiore ai 18 km.
La marcia alpina di regolarità
è uno sport in cui ogni concorrente
deve percorrere il tracciato
di gara a delle velocità prestabilite.
Il percorso è preparato,
segnato e misurato nelle settimane
antecedenti la manifestazione,
ed è mantenuto segreto
ai partecipanti. I concorrenti
partono scaglionati di circa 2
minuti e lungo il percorso incontrano
dei punti di controllo
cronometrico, in cui ad ognuno
viene segnato l’orario di passaggio
al minuto secondo; dopo
ogni controllo cambia la velocità
a cui il concorrente deve
camminare. Le velocità variano
a seconda del percorso da 3
km/ora in caso di salite difficili
fino a 7 km/ora in caso di facili
percorsi in piano. Prima della
partenza è possibile scegliere
fra 2 tipologie di medie: medie
alte, più veloci in cui è importante
avere forza e resistenza fisica
nei tratti più difficili di
salita, e medie basse dove è più
importante riuscire a mantenere
la corretta velocità.
La gara di Santa Margherita
in particolare era composta da 6
tratti (chiamati settori) ciascuno
dei quali aveva una specifica
velocità a cui adeguarsi, con 6
punti di controllo cronometrico.
Al termine della gara (in questo
caso dopo circa 3 ore e mezza),
quando tutti i concorrenti sono
transitati ai vari controlli, il giudice
di gara affigge i tempi ufficiali
di percorrenza che dovevano
essere effettuati per ciascun settore.
Ogni secondo di scostamento
dal tempo ufficiale sia in
ritardo che in anticipo è calcolato
come penalità e vince il
concorrente che ha totalizzato il
minor numero di penalità
In questo sport è necessario
avere doti di forza fisica e resistenza,
ma soprattutto è importante
conoscere molto bene il
proprio passo in ogni condizioni
di terreno.
L’occasione del Campionato
Italiano A.N.A. è anche un motivo
per far conoscere il territorio
a molte persone di altre
regioni ed anche a valorizzarne
gli aspetti e i paesaggi più caratteristici,
in quanto spesso il
percorso di gara si sviluppa su
sentieri e mulattiere noti solo a
chi conosce bene il luogo.
Quest’anno a Santa Margherita
la giornata era bellissima,
con un caldo sole estivo. Il percorso
si snodava quasi interamente
sui sentieri del Monte di
Portofino, raggiungendo prima
la sommità del monte con una
impegnativa salita, e poi scendendo
nella magnifica baia di
San Fruttuoso, con scorci stupendi
sul mare in quella zona
ancora molto pulito, infine risalendo
la montagna in direzione
di Portofino fra uliveti e vigneti,
per ritornare a mezza costa fino
al punto di arrivo nella piazza
hanno stanza il 37° reggimento
di fanteria, che con il 38° forma
la brigata “Ravenna” impiegata
sul fronte russo.
Dopo l’8 settembre 1943 la
fortezza è occupata dai tedeschi.
Anni ’50: la Cittadella è sede
del 52° reggimento artiglieria
pesante.
1994: l’esondazione del Tanaro
sommerge la Fortezza: ripristinata
dai militari, nel 2000
viene alienata e nel 2009 viene
affidata al Comune di Alessandria.
Da poco è entrato anche il
I concorrenti della Sezione Val Susa.
centrale di Santa Margherita ligure.
Il primo tratto di salita su mulattiera
a gradini ha impegnato
fisicamente i concorrenti ed ha
comportato una selezione, che
si è ritrovata nel risultato finale
della gara.
Anche quest’anno la pattuglia
vincitrice è stata una della Sezione
di Vicenza, per il secondo
anno consecutivo, che ha totalizzato
in totale 87 penalità,
(quindi una media di circa 5 secondi
di errore per chilometro),
al secondo posto la pattuglia
della Sezione di Cusio-Omegna
con 161 penalità, già con un notevole
distacco e al terzo posto
FAI (Fondo Ambiente Italiano)
per collaborare al recupero
ed al riutilizzo dell’intera
opera.
All’interno vi è già una “Espo-
sizione permanente di uniformi,
armi, cimeli, del regio esercito in
Italia dal 1848 al 1946”, molto
interessante e da vedere (orario
sabato e domenica, 10-13 e 16-
19, gli altri giorni 16-19.
Annualmente si tengono mostre
floreali, animali, concerti e
tutta una serie di manifestazioni
cui la Cittadella pare vocata per
i suoi enormi spazi e le imponenti
costruzioni.
una pattuglia di Lecco con 168
penalità. A seguire le altre.
Nella classifica per Sezioni
A.N.A., la vincitrice è risultata
la sezione di Brescia, seguita a
ruota da Bergamo e Biella.
Alla gara ha partecipato
anche una pattuglia della nostra
Sezione composta da Sergio Bar
e Fabrizio Vinassa (Gruppo di
Caprie) e Roberto Bossù
(Gruppo di Villar Dora), che si
sono classificati al 31° posto
con 285 penalità.
Questa partecipazione ha permesso
alla Sezione di esser presente
nella classifica per Sezioni
al 21° posto, su 30 Sezioni presenti.
Lo Scarpone
Valsusino 15
Sport

Storia e cultura
Nel mese di gennaio è stato
celebrato il 68° anniversario
della battaglia di Nikolajewka
(fronte russo ’43).
Il 15 gennaio di quell’anno la
divisione alpina “Tridentina”
composta dal 5° rgt. alpini, con
i battaglioni “Morbegno”, “Tirano”,
“Edolo”, dal 6° rgt. alpini
con i battaglioni “Vestone”,
“Verona”, “Valchiese”; il 2° rgt.
artiglieria alpina con i gruppi
“Bergamo”, “Valcamonica”,
“Vicenza”, l’82ª compagnia
cannoni controcarro da 47/32; il
2° reparto salmerie e servizi
vari, il 2° battaglione genio oltre
ad altri reparti del Corpo d’Armata
assegnati per l’impiego tra
cui il gruppo squadroni appiedato
Savoja e Novara cavalleria,
reparti della divisione “Vicenza”
ed il raggruppamento artiglieria
pesante, era dislocata
sul Don, su di un fronte di circa
25 chilometri.
Pagata a caro prezzo
l’ora del Tirano
Il giorno 17 alle ore 17,00
venne dato l’ordine di ripiegamento
su Podgornoje, senza
aver avuto insuccessi perché
eravamo in una grossa isola in
mezzo all’offensiva russa, in seguito
al cedimento delle divisioni
“Julia”, “Cuneense”, dei
tedeschi, degli ungheresi e dei
rumeni.
Il gen. Reverberi, comandante
della divisione, ordinò la
costituzione di due colonne: il
5° rgt. alpini obiettivo Posto
Jalli direzione Scorobib; il 6°
rgt. alpini obiettivo Posto Jalli
direzione Opyt.
Dopo molti giorni di combattimenti,
di marce con temperature
anche di 40° sottozero, di
fame, di stanchezza, sonno e
sete, il giorno 26 il 5° rgt. alpini
con in testa il “Tirano” e di retroguardia
l’“Edolo”, mosse per
congiungersi al 6° alpini per
l’attacco a Nikolajewka che risultava
fortemente occupata.
Il “Tirano” giunto alla selletta
di Arnautowo venne attaccato
da forti formazioni russe che,
penetrate alle spalle del 6° rgt.
alpini, riuscì a respingere. Il nemico
lasciò sul terreno molti
morti ed un gran numero di armi
di ogni tipo.
L’ora del “Tirano” fu pagata a
caro prezzo. Ben 11 ufficiali e numerosissimi
alpini caddero eroicamente
e molti furono i feriti.
Non vi è dubbio che il sacrificio
quasi totale del “Tirano”
impedì ai russi di tagliare in due
la colonna dividendo il 5° dal
6°, cosa che avrebbe determinato
l’annientamento completo
e la fine perché l’“Edolo” non
16
Lo Scarpone
Valsusino
Icona raccolta dal cappellano degli alpini, padre Policarpo narciso
Crosara, tra le macerie di un villaggio abbandonato in prima
linea sul fronte del Don e dai suoi soldati amorosamente custodita
e devotamente venerata.
la battaglia
di nikolaiewka
di nanni Calvi
avrebbe potuto arrivare in
tempo utile a dare man forte,
stretto com’era da una calca di
circa 40.000 sbandati ed alle
prese con attacchi partigiani in
coda.
Ed eccoci arrivati a Nikolajewka.
I russi erano molti, una
Il generale reverberi (a destra), comandante della divisione “Tridentina”
sul fronte del Don, fa rapporto con alcuni ufficiali.
divisione, asserragliati in un
grosso paese dietro una difesa
naturale che era il terrapieno di
una ferrovia e con la possibilità
di sparare come in un grosso poligono
contro di noi che dovevamo
scendere allo scoperto per
la falda bianca di una grande
balka.
Gli uomini
caddero a decine
Il gen. Nasci ed il gen. Reverberi
giunti davanti a Nikolajewka
dove i battaglioni del 6°
già combattevano alla massicciata
della ferrovia, si resero
conto che non avrebbero potuto
da soli superare quell’infernale
sbarramento.
Allora dettero ordine di raccogliere
tutti gli elementi del 5°
per inviarli in rinforzo al “Vestone”
ed al “Val Chiese”. Gli
uomini caddero a decine. Il btg.
“Edolo” ed il gruppo “Valcamonica”
ritardarono, serrati nella
calca.
Il gen. Reverberi prese il gen.
Nasci sottobraccio e si avviò
alla ferrovia per partecipare all’attacco
prima che arrivassero
le tenebre ed il gelo.
Mentre si stava per toccare
l’acme della tragicità, ecco arrivare
l’“Edolo” seguito dal “Valcamonica”
che si lanciò nella
lotta. Passò di slancio i binari ed
investì impetuosamente l’abitato
di Nikolajewka.
Il gen. Reverberi, salito su di
un carro d’assalto tedesco, si
lanciò in paese gridando “Tridentina
avanti” e gli alpini ai
lati con lotte corpo a corpo, di
casa in casa conquistarono in
breve l’abitato.
I russi lasciarono sul terreno
un mucchio di morti. I superstiti
si diedero alla fuga. Il miracolo
era compiuto.
Nikolajewka fu presa da pochi
uomini esausti, sfiniti e pressoché
disarmati, seguiti da una valanga
di uomini che vedevano
nelle case la salvezza dalla morte
per congelamento e la possibilità
di rifocillarsi.
Non possiamo dimenticare gli
artiglieri del “Bergamo” e del
“Vicenza”.
Finisco questa breve cronistoria
degli avvenimenti della battaglia
di Nikolajewka ripetendo
quanto il cappellano della “Tridentina”,
don Gnocchi, ebbe a
dire a proposito dopo la battaglia
stessa: “Dio era con gli alpini ma
gli alpini erano degni di Dio”.
Fu così che la “Tridentina”
aprì la strada verso la libertà alla
maggior parte di quanti erano
stati chiusi nella sacca russa,
compresi i tedeschi, gli ungheresi
ed i rumeni.
(da “Presenza”, 2001)

Gli anni della mia infanzia ad exilles
ricordi di mario parisio
parte prima
Con grande piacere pubblichiamo
in due puntate i ricordi
di Exilles che il gen. Mario Parisio,
grande amico della Val
Susa, ha voluto regalarci.
Il gen. Parisio ho avuto l’altissimo
onore di conoscerlo
quando, come sottotenente di
prima nomina, prestai servizio
al comando del 6° reggimento
alpini di cui egli ne era il comandante.
Un periodo bellissimo
durante il quale potei
apprezzare le sue doti di grande
comandante, doti che lo hanno
portato ad una luminosa carriera
militare. Come tutte le
cose di questo mondo, terminato
il mio periodo di servizio,
ogni forma di contatto si interruppe
e solo un caso fortuito e
legato alla mia collaborazione
con “Lo Scarpone Valsusino”
mi ha permesso di riallacciare
questo rapporto che ha trovato
il suo culmine a Latina in un incontro
dopo esattamente quarant’anni.
Lascio ai lettori
immaginare la gioia e la commozione
provata.
Il racconto che segue, di taglio
intimamente personale, ci racconta
di una Exilles di altri tempi,
con una prosa leggera e coinvolgente.
Nel prossimo numero troveremo
invece un racconto più
militare ma sicuramente ugualmente
interessante.
Con una ultima notazione voglio
anche ricordare che durante
il periodo al 6°, cappellano militare
era l’allora cap. Aldo Parisio,
valsusino doc, anch’egli
destinato ad una importante carriera
ecclesiastica nell’ambito
delle forze armate.
Sono arrivato ad Exilles il 6
luglio del 1926. La mia famiglia
era composta dai miei genitori,
da mia sorella Luciana (di 1
anno) e da me (avevo 4 anni).
Mio padre, capitano degli alpini,
vi era stato trasferito da
Susa per comandare il “Centro di
mobilitazione e distaccamento
eventuale del btg. ‘Exilles’ (questa
era la denominazione ufficiale).
Il comando era dislocato nel
Forte, uno splendido complesso
fortificato posto al centro della
valle, in corrispondenza di una
“stretta”, posto ideale per sbarrare,
in caso di guerra, ogni provenienza
da ovest.
Sulla storia del Forte esiste
una ricca bibliografia; mi limiterò
quindi a dire dell’arma-
mento pesante di cui era dotato
(cannoni di vario calibro), che
era stato smontato nel corso
della Prima guerra mondiale e
dato in dotazione a reparti combattenti.
Nel 1926 ospitava una guarnigione
che aveva anche il compito
di gestire il “centro di
mobilitazione” e di presidiare e
controllare i forti satelliti di
Fenil, Pramand e Sapè. Ma su
questo tornerò più avanti. Ora
vorrei dare un’idea di come era
il paese all’epoca, chi erano gli
abitanti e quale tipo di vita vi si
conduceva.
La vita economica del paese
ruotava prevalentemente attorno
all’ambiente militare.
La presenza degli ufficiali,
sottufficiali e alpini in servizio
al forte, del personale della stazione
carabinieri e della brigata
della Guardia di Finanza (e di
tutta le rispettive famiglie) costituiva
un cespite di guadagni
non indifferente. A questi occorre
poi aggiungere gli operai
civili addetti alla manutenzione
delle varie strutture militari
(muratori, carpentieri, elettricisti,
operai d’artiglieria ecc.) e alcuni
sottufficiali che, lasciato il
servizio, erano rimasti ad Exilles
quali pensionati.
La popolazione era costituita,
per la quasi totalità da contadini.
Poveri contadini in perenne
lotta con l’inclemenza del
tempo (gli inverni erano lunghi
e freddi) e con la sterilità della
terra. I più fortunati erano i proprietari
dei terreni di fondo valle
e, in particolare, attorno alla frazione
Champlons (da qui il
nome). Ma molti avevano la
proprietà sui costoni della valle
e io li ricordo intenti, in primavera,
a ripristinare le piccole terrazze
che la neve ed il disgelo
avevano in parte sgretolato e
fatto franare.
Le colture principali: vigneti,
patate, fagioli, segala e avena.
Più in alto gli alpeggi ed i boschi
fornivano il foraggio per gli
animali da stalla e la legna per i
camini.
Questa era la popolazione residente.
Poi vi erano i villeggianti
che affluivano in vista
dell’estate: erano perlopiù, famiglie
di Exilles emigrate in
città per lavoro e che al paese ritornavano
per le vacanze avendovi
mantenuto la vecchia casa
debitamente restaurata a dimostrazione
del benessere e del
successo conseguiti.
Le attività commerciali a disposizione
dei residenti e vil-
leggianti erano costituite da una
panetteria, un negozio di generi
alimentari, una macelleria
(aperta però, se ben ricordo,
solo un paio di giorni la settimana),
una tabaccheria (che
vendeva anche capi di abbigliamento),
una calzoleria, un negozio
di sarto/barbiere, due
trattorie di cui una (la trattoria
“Roma”) con camere da letto e
sala da biliardo. In più vi era il
“Dopolavoro” dove, la domenica,
si ballava.
La presenza dei villeggianti
vivacizzava la vita del paese e
mi riferisco sia agli abiti delle
“madamin” e delle “tote” (un
profluvio di colori e scollature
in assoluto contrasto con i tradizionali,
castigatissimi vestiti
neri e lunghi fino alla caviglia
della maggior parte delle donne
del posto), sia alle varie feste
che punteggiavano i mesi estivi.
Anzitutto San Pietro (patrono
del paese) e poi le sagre che si
svolgevano a Champlons, al
Sapè, al rifugio Mariannina
Levi, al Cels, a San Colombano.
In settembre, con la partenza
dei villeggianti, la vita tornava
al solito, monotono tran-tran.
Il 1° ottobre ricominciavano
le scuole.
E qui devo aprire una parentesi
perché di questo evento
sono stato, con gli altri bambini
del paese, attore diretto.
Le scuole si trovavano nell’edificio,
posto a fianco della
Chiesa, che oggi ospita il Municipio.
Le classi erano frequentate
dai bambini del capoluogo
e delle frazioni più vicine; al
Cels e San Colombano funzionavano
scuole “distaccate”.
Entrai in 1ª elementare il 1°
ottobre 1928. Le classi erano abbastanza
numerose perché “accorpate”:
la 1ª e la 2ª in un’aula,
poi la 3ª e la 4ª e infine la 5ª e la
6ª (sì, c’era anche la 6ª).
La mia maestra fu la signora
Pocciola. La ricordo benissimo
e provo per lei, ancora oggi, riconoscenza
e affetto. Di media
statura, magra, i capelli raccolti
sulla nuca, sempre vestita di
scuro con gli abiti lunghi fino
alla caviglia e un nastro di velluto
nero intorno al collo.
Aveva un portamento distinto
e nobile che emanava autorevolezza
e prestigio ma era dolce e
buona; sapeva tenere la disciplina
senza mai alzare il tono
della voce. Comprensiva e materna,
paziente ed equilibrata era
veramente il modello della
Maestra di quei tempi.
Altro insegnante era don Fon-
tan (aveva anche la funzione di
vice-parroco); poi in quegli anni
si sono alternati la sig.na Baruffaldi
(una emiliana capitata
chissà come e perché ad Exilles)
ed il maestro Osella.
I miei compagni erano figli
dei contadini: venivano a scuola
con gli zoccoli ed i pantaloni di
fustagno a mezza gamba (così
solo l’usura e non la crescita costringeva
i genitori a comprarne
dei nuovi!).
Funzionava per gli scolari
delle frazioni la “refezione scolastica”,
una scodella di minestra
a cui si aggiungeva il pane
che i bambini si portavano da
casa. L’orario era 8,30-12 e 14-
16. Il giovedì era vacanza.
Un ricordo atroce: nell’inverno
del ’31 una valanga travolse, nel
vallone di Rochemolles, una
compagnia del btg. “Fenestrelle”
in escursione. I morti furono
tanti…
Ho ancora negli occhi la colonna
di autocarri che trasportarono
a Torino, per i funerali, le
bare delle vittime.
Ancora due annotazioni. Podestà
di Exilles era il cav. Humbert.
Il suo figlio maggiore,
Corrado, mio compagno di giochi,
cadrà in Russia nell’inverno
1942-43.
Parroco era don Cristetti: il
suo aspetto severo incuteva almeno
a me, molta soggezione.
Un ricordo su tutti: i pomeriggi
domenicali in Chiesa per il catechismo
prima, e poi per il rosario
e la benedizione.
Il freddo d’inverno era terribile
e si univa alla paura di sbagliare
le risposte alle domande
che il parroco poneva e che poi,
con una matita copiativa che
umettava sulle labbra, giudicava
con un voto che registrava su un
suo quadernetto.
Lasciai Exilles nel settembre
1932, dopo la 4ª elementare.
Mio padre era stato trasferito a
Torino (caserma “Rubatto”) per
assumere il comando della 32ª
compagnia del btg. “Exilles”.
(continua)
Lo Scarpone
Valsusino 17

Dalla Sezione
18
Lo Scarpone
Valsusino
Recensioni
Mario Tonini
Rinaldo Trappo
Uomo, alpino e prete
pp. 127, € 17,00
Ed. Susalibri
Il libro di Mario Tonini dedicato
a questo sacerdote - mancato
il 13 settembre 2010 -
sintetizza bene nel sottotitolo le
tre direttrici che la biografia ha
inteso seguire, per uno sguardo
a 360 gradi su questa figura di
prete molto nota in Valle di Susa
e non solo.
L’Autore ci informa, nella pagina
introduttiva, che “non troverete
tutto nella vita di Rinaldo
Trappo. Alcuni fatti non sono riuscito a comprenderli, altri non sono
emersi nei ricordi e altri ancora sono intime sfaccettature di un uomo
che come tutti ha commesso errori e mancanze. Ho scritto con l’intento
di raccontare, per giudicare non ho né l’altezza morale, né la
propensione”.
Un raccontare il suo, quindi, ponderato, sintetico, scevro di spunti
polemici o supponenti, privo di intenti edulcorati o encomiastici.
Il suo sguardo attento ha colto bene i poliedrici versanti di un
uomo la cui esistenza - novantatrè anni - è stata improntata alla
schiettezza, al fare, al donarsi, alla coerenza con i propri principi e
le proprie idee.
E soprattutto caratterizzata da un agire legato ad un temperamento
a cui ben si addice il detto latino “frangar, non flectar” (mi spezzo,
ma non mi piego) e quello popolare “pane al pane, vino al vino”,
contraddistinto da reazioni immediate, senza sofismi, sottintesi, geroglifici,
come evidenzia lo scritto “Prete sempre” di don Ettore De
Faveri, che troviamo in apertura del libro.
Qui egli sottolinea anche due peculiarità di don Trappo: quella di
privilegiare, in primis, scelte legate alla propria vocazione e la disponibilità
al servizio delle anime e dei fratelli bisognosi.
Precede il primo capitolo, ancora una voce, molto nota: quella del
generale Giorgio Blais che coglie bene, di don Trappo, l’anima dell’alpino
- “era alpino e tale si è sempre sentito” - e la sua dedizione,
soprattutto a quegli alpini della divisione “Cuneense”, vivi e defunti,
di cui era stato solerte, eroico, amato cappellano durante la terribile
“campagna di Russia”.
Questo scritto esterna ammirazione, sottolinea l’amicizia che li
legava (“mi degnò del suo affetto e della sua amicizia”).
Le pagine del generale, improntate a ricordi personali, si conclude
con queste parole. “Abbiamo presente i suoi insegnamenti, la sua
fede, la sua indipendenza. Io gli ho voluto bene e lo ricordo come il
vero santo sacerdote”.
La biografia di Mario Tonini si snoda in tredici agili capitoli ampiamente
corredati di un apparato fotografico in bianco e nero e a colori
di oltre cento fotografie. Molte, alcune storiche - quelle che si
riferiscono al servizio a seguito degli alpini come loro cappellano
militare - ci offrono alcuni significativi momenti di guerra in Albania
e in Russia che ritraggono don Trappo, sia in pose ufficiali in divisa
da solo o in gruppo, sia in simpatiche istantanee.
Tanti flash-back eloquenti che unitamente al testo, vivacizzato da
molte note aneddotiche, ci fanno rivivere quei tragici giorni di
guerra.
A pagina 57, una fotografia ritrae don Trappo in compagnia di un
militare con alle loro spalle il “fiume Don ghiacciato”, come recita
la didascalia.
Questa fotografia non può non essere accostata a quella della pagina
92 - datata 4 giugno 1989 - che ritrae don Rinaldo mentre celebra
(in Ucraina) la Messa al campo in ricordo dei suoi alpini Caduti
in Russia, proprio in riva allo stesso grande fiume, sempre alle sue
spalle, ora placido e invitante con le sue sponde rivestite di verde e
non più morsa di ghiaccio e morte.
Dopo quarant’anni dal suo ritorno dalla “campagna di Russia” e
dal periodo di internamento nei lager tedeschi, con non poche difficoltà
era riuscito a ritornare là in quella terra lontana che era stata un
calvario, un cimitero atroce all’eroismo, alla disperazione, alle inaudite
sofferenze di tanti “suoi” alpini.
Affiancano queste pagine di guerra e di prigionia che sintetizzano
efficacemente gli anni più difficili e indimenticabili di don Trappo,
quelle dei periodi altrettanto pregnanti, relativi al suo impegno di
missionario per i nostri migranti del dopoguerra che avevano trovato
lavoro in Belgio e in Svizzera; quelle che lo videro severo e
preparato insegnante elementare nelle Scuole di Foresto; quelle dei
suoi viaggi e della sua fattiva collaborazione - soprattutto per la raccolta
fondi - alla ricostruzione del Rifugio Ca’ d’Asti e del Santuario
della vetta del Rocciamelone, quale membro autorevole
dell’A.N.A. valsusina in cui ricopriva l’incarico di Cappellano.
A questa Associazione, molto viva in Valle, diede sempre la sua
totale disponibilità, con slancio, entusiasmo, fattività, per celebrazioni
di feste o di ricorrenze dolorose, gemellaggi, pellegrinaggi alla
Vetta e per la “festa del Piemonte” al colle dell’Assietta.
In quest’ultima festa che si celebra in agosto, volle proporre la
lingua piemontese sia nella celebrazione eucaristica che nell’omelia,
in contrasto con le disposizioni della Conferenza Episcopale Italiana
che lo vietava, affrontando anche le polemiche e contestazioni varie.
Vorrei concludere con la motivazione che, nel 1997, il Comune di
Leinì scelse per conferirgli la cittadinanza onoraria (un’altra gli era
stata assegnata anche dal Comune di Meana nel 1993) “Per l’elevato
esempio di dedizione, solidarietà umana e sociale”.
Parole efficacemente sintetiche e significative, in linea con il suo
sentire ed agire.
Laura Grisa
L’angolo di Elio Garnero
l’esercito dei senza tetto
e dei senza nome
Come si fa a lavorare per milioni di poveri a migliaia di chilometri
da qui e ignorare la povertà che ci circonda?
Alcuni giorni fa, seguendo un interessante documentario in TV
su questo argomento, mi sono ricordato di un curioso incontro avvenuto
anni or sono, quando ero ancora impegnato come consulente
per una ditta di prodotti in ghisa ed in alluminio nel modenese. Essendo
sempre solo preferivo utilizzare il treno anche per motivi economici.
Era mia abitudine viaggiare in seconda classe poiché in
prima classe quei sedili di finto velluto rosso raccogli pulci, ed i relativi
appoggiatesta che all’origine dovevano essere stati bianchi non
mi avevano mai ispirato fiducia.
Quel giorno salii a Modena e come al solito mi accinsi a scorrere
le righe di un quotidiano alla ricerca di un articolo interessante. Era
inverno ed indossavo cappotto blu con camicia e cravatta. Alla stazione
di Piacenza salgono alcuni passeggeri, ed un volto spettinato
spunta dalla fila con una specie di pacco chiuso con una piccola
corda sfilacciata. Capii in seguito che erano i cartoni che sarebbero
serviti per il suo letto improvvisato. Da questo pacco scivola a terra,
ai miei piedi, un cartone che con una mano raccolgo e consegno al
legittimo proprietario. Questi, che non era proprio un modello di Valentino,
vestiti logori, riccioli e capelli neri chissà quando lavati,
mani e volto forse soltanto disabituati all’acqua, forse timoroso per
l’accaduto mi fissa e sta ad aspettare una mia reazione. Anch’io incrocio
il suo sguardo, abbozzo un sorriso e lo invito a sedersi al mio
fianco. Questo poco gli è bastato per convincersi di aver trovato un
amico. Prende confidenza, capisce che l’ascolto volentieri, gli dò
corda e lui mi racconta pezzi sparsi della sua vita. La Serbia, la
guerra, la fuga, l’Italia, le porte chiuse e la strada sempre in salita.
Poi la casa diventa la strada, le stazioni; questi treni presi a casaccio
senza biglietto né programmi. Non dimentichiamo che la mancanza
di una casa è solo la metafora di tante altre privazioni, che insieme
cementificano povertà. Il suo girovagare è un eterno lasciarsi andare,
una gamba piagata e mal concia che mi mostra dolorante. Non
mi chiede assolutamente nulla perché gli bastava aver incontrato un
amico disposto ad ascoltarlo e neanche si sente infastidito quando
oso accennare che alla sua età potrebbe ancora fare molte cose buone
e dove farle. Dalla porta della carrozza vedo entrare il controllore,
lui s’irrigidisce e lo noto preoccupato. Con la scusa di andare alla toilette
mi alzo e provvedo di nascosto a regolarizzare la sua situazione.
Quando ritorno mi accorgo che aveva capito tutto ed insiste nel ringraziarmi.
Arriviamo a Piacenza, quest’uomo deve scendere, un sorriso
ed un saluto. L’uomo scampato dagli orrori della guerra e della

pulizia etnica per finire dentro l’orrore allegro dell’indifferenza del
nostro Paese scende, ed andrà sicuramente a cercarsi un posto o in
stazione o nelle vicinanze per buttare giù quel paio di cartoni per la
notte imminente. Un incontro come tanti, solo più intenso, ma senza
questi incontri non riusciremmo a percepire in tutta la sua drammaticità
l’incremento esponenziale del fenomeno della povertà e della
esclusione sociale anche in Italia.
Nelle metropoli italiane, vivono all’addiaccio migliaia di clochard,
italiani, marocchini, tunisini, ucraini, romeni, africani, uomini e
donne, molti alcolizzati, altri con problemi psichici. Non trovando
più posto nei dormitori pubblici sempre strapieni, passano la notte
nei sottopassi, nelle stazioni, e nei pressi delle grate della metropolitana
dove c’è più calore. È doveroso ricordare che per i motivi più
disparati un rilevante numero di questi disperati rifiuta di usufruire
delle apposite strutture messe a disposizione dalle istituzioni. Fra
costoro esiste una categoria particolare, quella degli schiavi invisibili,
immigrati sfruttati dai privati e dalle aziende che, privi anche di
assistenza medica, per sfuggire alle retate del “Pacchetto sicurezza”
sono costretti a rifugiarsi come animali randagi nei ruderi della periferia.
Vivono senza luce, acqua, riscaldamento.
Costretti a nascondersi perché le condizioni di lavoro non hanno
consentito loro di avere o rinnovare il permesso di soggiorno.
Il dramma di tutti questi uomini e donne senza un destino, semplicemente
scaricati ai margini di un binario, si consuma e prende
forma nella loro assenza dalla società. Non manca solo una dimora,
un angolo da riconoscere come proprio; manca soprattutto un nome,
un volto, una esistenza anagrafica, sociale ed economica. Non un
mero rilievo statistico, ma l’attenzione e la dignità di un nome, una
storia. Soprattutto un ruolo nella società: è la mancanza di una funzione
sociale la vera fenomenologia moderna della povertà. I poveri,
questi poveri, non servono a nessuno. Sono semplicemente
spazzatura sul ciglio della strada, ai bordi dell’umanità. Questi sciagurati
non esistono fin dalla nascita. Niente anagrafe, niente scuola,
niente lavoro, niente diritti. Nascere e vivere senza essere mai esistiti.
Una vita di cui non c’è traccia presso alcun ufficio anagrafico.
Impressionante quanto riferisce l’UNICEF: di 150 milioni di bambini
che nascono nel mondo in un anno ben 51 milioni non vengono
registrati. Ovviamente questo avviene in particolare in Africa, Asia
ed in Sudamerica.
Quindi auspichiamo che il mondo intero incrementi l’impegno
per un welfare mondiale basato sul riconoscimento di diritti e doveri
ad ogni individuo, che lo renda corresponsabile delle sorti della comunità,
il che, parte dal riconoscimento dell’esistenza stessa dell’essere
umano.
Notiziario sezionale
12 marzo - Susa. Assemblea
annuale dei delegati.
17 marzo - Festa nazionale
per il 150° dell’unità d’Italia
con particolari celebrazioni ad
Avigliana, Borgone e Susa.
20 marzo - Sant’Antonino.
Festa annuale del Gruppo.
Presenti: vicepresidente vicario
Garnero e consiglieri Amprimo,
Bosco e Rovero.
2-3 aprile - Casale Monferrato.
15° C.I.S.A. Presenti:
presidente Sosello, vicepresidente
vicario Garnero, consiglieri
Balbo e Olivero.
4 aprile - Susa. Consiglio sezionale.
CDS al completo.
10 aprile - 50° di fondazione
del Gruppo di Crotte (Sezione
di Ivrea). Presente il presidente
Sosello con vessillo sezionale.
7 aprile - Torino. 67° anniversario
battaglia di monte
Marrone. Presenti: vicepresidente
Garnero e consiglieri Amprimo
e Balbo.
9 aprile - Giaveno. Raduno
artiglieri alpini del 1° rgt.
gruppi “Pinerolo” e “Susa”.
Presenti: vessillo scortato dal
vicepresidente vicario Garnero
e dal consigliere Amprimo. Presenti
i gagliardetti di Avigliana,
Buttigliera Alta e Mompantero
col capogruppo Ezio Durbiano.
15 aprile - Fossano. Cambio
comandante 1° artiglieria da
montagna. Presenti: presidente
Sosello, consiglieri Balbo e
Baro ed alfiere Gallina.
15 aprile - Rivoli. Serata dedicata
a Rigoni Stern con coro
alpino di Rivoli. Presenti: vicepresidente
vicario Garnero e
consiglieri Amprimo e Bonome.
16-17 aprile - Avigliana. Gare
ed esercitazioni di canoe sul
lago Grande. Supporto logistico
anche ai sommozzatori nostri
associati in qualità di amici.
25 aprile - Festa Nazionale.
Presidente, vicepresidenti ed intero
CDS impegnati nelle loro
aree di competenza.
2 maggio - Susa. Consiglio
sezionale. CDS al completo.
3-6 maggio - Marcia di avvi-
cinamento dall’alta valle a Torino.
Promotore il luogotenente
Gambelli.
4 maggio - Almese. “Aspettando
l’adunata”. Accoglienza
agli alpini di Schio (Sez. di Vicenza).
Presenti: vicepresidente
vicario Garnero e consiglieri
Amprimo, Bonome e Salvaia.
6 maggio - Sant’Antonino.
“Aspettando l’adunata”. Accoglienza
al gruppo di Romano
d’Ezzelino (Sezione di Bassano
del Grappa). Presenti: vicepresidente
vicario Garnero, consiglieri
Bosco e Rovero.
7-8 maggio - Torino. 84 a Adunata
nazionale. Presenti: presidente,
vicepresidenti, CDS al
completo, tutti i nostri 36 gagliardetti,
840 sfilanti più 74 volontari
della Protezione civile.
14 maggio - Vercelli. Incontro
di Protezione Civile
A.N.A. Piemonte. Presenti:
presidente Sosello, il revisore
dei conti nazionale e sezionale
Botteselle ed il vicecoordinatore
della P.C. A.N.A. Piemonte e
nostro consigliere sezionale Parisio.
14-15 maggio - Avigliana. 85°
di fondazione. Presenti: presidente
Sosello, revisore dei conti
sezionale e nazionale Botteselle,
i vicepresidenti Garnero e Baro
ed i consiglieri Alpe, Balbo,
Bonaudo, Bonome, Bert,
Bosco, Olivero, Parisio, Rovero
e Salvaia, l’alfiere Gallina con
vessillo ed i vessilli di Ivrea e
Aosta.
19 maggio - Rosta. Funerali
del capogruppo Giorgio Versino,
anche sostenitore del nostro
“Scarpone Valsusino”.
Presenti: vicepresidenti Garnero
e Baro e consigliere Amprimo.
22 maggio - Assemblea nazionale
dei delegati. Presenti:
presidente Sosello, revisore dei
conti nazionale e sezionale Botteselle,
i tre vicepresidenti Garnero,
Ferraris e Baro ed il
consigliere De Muti.
24 maggio - Milano, Sede na-
zionale. Giuria Premio De
Cia. Presenti: presidente Sosello,
consigliere Balbo e generali
Blais e Meano.
23-24-25-26 maggio - Cefalonia.
Onori ai Caduti della Divisione
“Aqui”. Presente il
nostro vessillo scortato dal consigliere
De Muti.
27-28-29 maggio - Alessandria.
Esercitazione di Protezione
civile A.N.A. delle
Sezioni di Piemonte, Liguria e
Valle d’Aosta.
3-4-5 giugno - Chiusa San
Michele. 80° di fondazione.
Presenti: presidente Sosello, vicepresidente
Baro, consiglieri
Balbo, Bosco, Bonome, Amprimo,
Sacco, De Muti, Salvaia,
Bert e Rovero.
5 giugno - Ivrea. 90° di fondazione
della Sezione locale.
Presenti: vessillo scortato dal
vicepresidente vicario Garnero
e dal consigliere Bonaudo.
6 giugno - Susa. Consiglio sezionale.
CDS al completo.
Oblazioni pro Scarpone
Gruppo di Chiomonte € 150,00
Gruppo di Avigliana € 100,00
Masoero Remo - Gruppo di Avigliana € 30,00
Ponti Chiara - Gruppo di Avigliana € 20,00
Garnero Elio - Gruppo di Avigliana € 20,00
Pereno Elio - Gruppo di Avigliana
Giai Gianet Vittorina in memoria di
€ 10,00
Giai Gianet Bruno - Gruppo di Avigliana
Rosa Dante in memoria di Marta - Gruppo di
€ 20,00
Avigliana € 10,00
Nicoloso Mario - Gruppo di Avigliana € 15,00
Ferraudo Gian Franco - Gruppo di Avigliana € 10,00
Fantini Renzo
Giaccone Maria Pia in memoria di Tatti Francesco -
€ 5,00
Gruppo di Avigliana
Sanna Paolina in memoria di Bassi Renato e
€ 40,00
Gianfranco - Gruppo di Avigliana € 20,00
Riva Carlo - Gruppo di Rubiana € 20,00
Gruppo di Villar Dora € 100,00
Gruppo di Sestriere € 137,00
Bergamaschi Aldo - Gruppo di Chianocco
Ribolati Elisabetta - Gruppo di Chianocco
Dosio Luigi - Gruppo di Chianocco
€
€
€
5,00
5,00
5,00
Russo Mauro - Gruppo di Chianocco € 10,00
Pesando Luca - Gruppo di Chianocco € 5,00
Rossero Luciana - Gruppo di Chianocco € 50,00
Gruppo di Susa € 180,00
Gruppo di Sant’Antonino € 100,00
Gruppo di Cesana € 214,00
Amprimo Franco - Gruppo di Bussoleno € 10,00
Di Paola Franco - Gruppo di Bussoleno € 10,00
Pesando Sergio - Gruppo di Bussoleno € 115,00
Lo Scarpone
Valsusino 19
Dalla Sezione

Cronaca dai Gruppi
Sibille Mauro - Gruppo di Bussoleno € 10,00
Ainardi Aldo in memoria di zio Riccardo -
Gruppo di Bussoleno € 10,00
Gruppo di Bussoleno € 50,00
La famiglia in ricordo di Ugo Ponsero - Gruppo
di Giaglione € 100,00
Gruppo di Giaglione € 50,00
Piardi Giuseppe - Gruppo di Gravere € 5,00
Gruppo di Sant’Ambrogio € 50,00
Raimondo Sergio - Gruppo di Sant’Ambrogio € 30,00
La mamma in memoria di Bruno Ferrero -
Gruppo di Sant’Antonino € 20,00
La famiglia in ricordo dell’alpino Italo Lambert
andato avanti lo scorso anno nel mese di giugno -
Gruppo di Susa € 100,00
Gruppo di Rubiana € 200,00
N.N. - Gruppo di Vaie € 10,00
In memoria di Bellone Vincenzo - Gruppo di
Villar Focchiardo € 20,00
In memoria di Chiaberto Igino - Gruppo di
Villar Focchiardo € 20,00
Sandrone Renzo per la nascita della nipotina Zoe -
Gruppo di Chianocco € 10,00
Gastone Piero - Gruppo di Bussoleno € 50,00
N.N. € 3,00
N.N. in memoria di Vottero Dorino - Gruppo di
Mompantero € 20,00
In memoria di Favro Attilio, la moglie Valeria
Martinasso - Gruppo di Mompantero € 25,00
Cislaghi Mario, Padova - Gruppo di Avigliana € 50,00
Cav. della Repubblica Masoero Remo - Gruppo
di Avigliana € 50,00
L’amica ed assidua sostenitrice del Gruppo,
signora Pierangela Moitre, nella ricorrenza dell’8°
anniversario della dipartita dell’amato marito alpino
Armando Giorda - Gruppo di Avigliana € 50,00
Gruppo di Bruzolo € 50,00
Totale € 2.299,00
Oblazioni conto corr. post.
Castagno Ezio - Avigliana € 20,00
Morinatto Pier Angelo - Villar Dora € 50,00
Virano Secondo - Torino € 20,00
Gontero Gianni - S. Ambrogio € 30,00
Demarie Giovanni - Sant’Antonino € 20,00
Sensale Mario - Torino € 20,00
Martinelli Giuseppe - Artogne (Bs) € 20,00
Caffo Vittorio - Venaus € 30,00
Gerundino Antonio - Villafranca Lunigiana € 10,00
Gen. Donati Giorgio - Verona € 100,00
Barbieri Igino - Villafranca Lunigiana € 10,00
Totale € 330,00
Abbiamo bisogno di voi!
se avete prestato servizio
nelle fanfare delle brigate alpine,
se siete musici simpatizzanti
desiderosi di riprendere l’attività
musicale, aderite
alla nostra fanfara sezionale.
siamo tanti, con tanta voglia
di suonare con il cappello alpino.
20
Lo Scarpone
Valsusino
presenze del nostro vessillo
in manifestazioni
di altre sezioni
Giaveno, incontro tra
artiglieri alpini del 1° rgt.,
gruppi “Pinerolo” e “Susa”
Sabato 9 aprile, ospiti nella bella sede A.N.A. di Giaveno, si sono
ritrovati ben 300 artiglieri alpini. L’invito era così formulato: Accorrete,
“per un giorno avremo di nuovo vent’anni”. È stata una giornata
indimenticabile: veci tra i settanta-ottant’anni hanno rivissuto
fatti e ricordi di mezzo secolo fa.
Tra i presenti il generale Giorgio Marchetti, il capitano Italo Pennaroli,
il capitano Vittorio Campana e tanti “giovani (allora) ufficiali”
tra i quali Turcotto del gruppo “Aosta” e Gavazza per il
“Susa”. È stato ricordato tra gli altri, il generale Giuseppe Gatti, di
cui tutti noi alpini valsusini ricordiamo la tenacia e l’operosità, doti
sicuramente non comuni per un uomo ultranovantenne.
Chiaramente non è mancata la parte ufficiale della cerimonia con
alzabandiera, onori ai Caduti ecc.
Anche in questa occasione la nostra Sezione era presente con vessillo
scortato dal sottoscritto e dal consigliere sezionale Vittorio Amprimo,
ed i gagliardetti di Avigliana, Buttigliera Alta, Chiusa San
Michele e Mompantero col capogruppo Ezio Durbiano.
Elio Garnero
rivoli, serata dedicata
a Mario rigoni Stern
Gli alpini di Rivoli, nell’ambito delle celebrazioni del 150° dell’unità
d’Italia e degli eventi di “Aspettando l’adunata”, venerdì 15
aprile scorso, con il patrocinio dell’Amministrazione comunale,
hanno dedicato una serata a: “Mario Rigoni Stern, il sergente nella
neve”.
La serata si è svolta presso il centro Congressi di Rivoli dove il
professor Piero Leonardi, accompagnato dal coro alpino di Rivoli
ha narrato splendidamente le opere dell’alpino di Asiago che, cresciuto
tra le macerie della Prima guerra mondiale e sopravvissuto al
ghiaccio della Seconda, ritrova tra i suoi monti e la pace dei boschi
l’amore per la natura e la vita. Vi assicuro che è stata una splendida
serata e fortunati coloro che, oltre al sottoscritto hanno avuto la possibilità
di partecipare, come i consiglieri Amprimo e Bonome.
Elio Garnero
Scherzando si può dire di tutto,
anche la verità.
freud

Gruppo di Giaglione
Silvestro rimane capogruppo
In seguito alle elezioni avvenute il 20 febbraio 2011 e con successiva
riunione tenutasi il giorno 22 febbraio si è provveduto al rinnovo
del Consiglio direttivo del Gruppo che risulta così composto:
capogruppo, Franco Silvestro; vice capogruppo, Vincenzo Gallasso;
segretario, Mauro Gallasso; cassiere, Sergio Belviso; alfiere, Bruno
Gallasso; vicealfiere, Italo Sibille; consiglieri, Adriano Borello, Valerio
Borello, Campo B. Elso, Sandro Gallasso, Pierpaolo Giors,
Orazio Maberto, Danilo Rossero, Paolo Pettigiani, Antonio Porru.
Gruppo di Sant’Antonino
riconfermato Michele Franco
In data 25 marzo 2011 si sono riuniti in assemblea gli eletti delle
votazioni svoltesi il 12 marzo 2011. Sono state assegnate le seguenti
cariche: capogruppo, Michele Franco; vice capogruppo, Eugenio
Rovero; segretario, Diego Martoglio; vicesegretario, Massimo Amprimo;
cassiere, Elso Tournour; alfieri, Salvatore Franco, Sergio Miletto,
Eugenio Rovero; consiglieri, Carlo Miletto, Carlo Rolando,
Vincenzo Volpe, Salvatore Romeo; revisori dei conti, Domenico
Arcidiacono, Dino Goi.
Gruppo di Avigliana
Alpini impegnati nel meeting
delle canoe ad Avigliana
Il gruppo di alpini che ha collaborato con i sommozzatori.
Sabato 16 e domenica 17 aprile sulle acque del lago grande di Avigliana
si sono svolte gare di canoa polinesiana.
Una di queste gare è stata effettuata in notturna, evento eccezionale
che ha avuto un ottimo risultato.
Una cinquantina gli equipaggi giunti da ogni parte d’Italia e dalla
Svizzera. La serata è riuscita bene grazie all’impegno ed alla collaborazione
degli alpini del Gruppo in supporto ai sommozzatori della
Protezione civile, iscritti al Gruppo come “amici”.
Chi scrive non era presente, ma penso proprio che nessuno dei
nostri sia sceso in acqua, anche perché il nostro Gruppo non può
permettersi di perdere alcuno di questi validi ed operosi soci che
hanno partecipato all’evento.
Gruppo di Bardonecchia
onorificenza
L’alpino Luigi Ferrero nativo della provincia di Cuneo, ma residente
a Bardonecchia da oltre 60 anni e iscritto al nostro Gruppo, ha
ricevuto dalle mani del Prefetto di Torino l'onorificenza di Cavaliere
della Repubblica. L'arzillo novantenne, che è stato alpino, partigiano,
poliziotto e poi ferroviere, accompagnato dal sindaco Francesco
Avato ha ricevuto l'attestato di merito per una vita di duro
lavoro. Ancora tanti auguri.
Gruppo di Novalesa
Targa ricordo all’amicizia
Maria Albina Quaranta ved. rebola con la targa appena ricevuta.
Il 5 marzo 2011 il Gruppo di Novalesa ha organizzato la cena di
fine tesseramento che, come avviene da anni, raccoglie le ultime
adesioni dei soci e serve a rinsaldare l’amicizia e la solidarietà tra gli
alpini e le loro famiglie.
Quest’anno la festa ha avuto un’importanza particolare per la pre-
Lo Scarpone
Valsusino 21
L’amico fedele (foto D. Balbo)
Cronaca dai Gruppi

Anagrafe alpina
senza tra gli invitati della signora Maria Albina Quaranta, moglie
dell’amico e socio alpino Piero Rebola iscritto presso il Gruppo di
Airasca e recentemente scomparso. Il Gruppo di Novalesa ha donato
alla signora una targa ricordo in memoria dell’amicizia che ha
sempre legato l’amico Piero al nostro Gruppo e in riconoscenza per
i preziosi servizi offerti durante le nostre innumerevoli manifestazioni.
Gillio Giai
22
Gruppo di Bussoleno
rinnovato il Consiglio direttivo
Passaggio di consegne al Gruppo. Luigi Belmondo ha lasciato la
carica di capogruppo ad Enrico Sacco che inizia così la sua nuova
avventura aggiungendola a quella di consigliere sezionale. Il nuovo
Consiglio è così formato: capogruppo, Enrico Sacco con Elio Reggio
quale suo vice. Segretario sarà Marco Rumiano e tesoriere Roberto
Sosello con revisori dei conti Felice Angelini e Luigi Ainardi.
Luigi Belmondo sarà l’addetto al tesseramento e volontariato, Piero
Bonomi l’alfiere, Marco Baritello e Valerio Riffero si interesseranno
di sport e manifestazioni, Enrico Amprimo si occuperà di rapporti
con la stampa e delle cerimonie ed infine ancora Felice Angelini curerà
la Protezione civile.
All’uscente Belmondo il ringraziamento per l’impegno profuso
durante il suo mandato e ad Enrico Sacco i migliori auguri per l’impegno
che lo aspetta.
Gruppo di Condove
Con grande gioia Alessandra e
Luca Basso annunciano la nascita di
Alessia.
La piccola è la terza erede della
ancora giovane coppia.
A mamma e papà le più vive felicitazioni
e alla piccola stella alpina
un mondo di tanta felicità.
Gruppo di Exilles
Il 18 dicembre scorso è nato Flavio
Masili, nipote del nostro vice capogruppo
Celestino Chiamberlando.
Al papà Mario, alla mamma Patrizia,
al nonno Celestino e alla
nonna Silvana giungano le nostre
felicitazioni ed al neonato Flavio gli
auguri di una vita colma di ogni
bene da parte di tutti gli alpini del
Gruppo.
Gruppo di Novalesa
Il 12 maggio u.s. è nato Matteo,
figlio di Marzia e Alex Chiaudano.
A loro, ai nonni Pierluigi Chiaudano
e consorte Olga e allo zio Davide
nostri soci, il Gruppo porge vivissime
felicitazioni ed al piccolo Matteo
un sereno avvenire.
Il 13 maggio è nata Noemi, nipote
del nostro tesoriere Francesco
Foglia. A mamma Silvia e al papà
Gian Luca, nonni e zio Emanuele,
felicitazioni vivissime.
Alla piccola Noemi, auguri per
una lunga vita serena.
Gruppo di Sant’Antonino
Martedì 22 marzo 2011 è nata
Alice Mauro. Tanti auguri da parte
del Gruppo al nonno Dino, nuovo
Lo Scarpone
Valsusino
Nascite
membro del nostro Direttivo ed ai
genitori Marco e Federica.
Gruppo di San Giorio
È nato un piccolo alpino. Per la
gioia della sorellina Ginevra è arrivato
Edoardo. Felicitazioni a
mamma Lucia e papà Andrea e auguri
di ogni bene al nuovo Pognant
Gros.
Gruppo di Vaie
Il 6 maggio il socio Bruno Cuatto
è diventato nonno della piccola Federica
Chiapusso. Ai nonni, genitori
e alla piccola vanno gli auguri da
parte di tutto il Gruppo.
Gruppo di Villar Focchiardo
Il “veciu” Renzo Sandrone e la
consorte Candida sono diventati
nonni per la terza volta. Ultima arrivata
è la stella alpina Zoe. Un
mondo di felicità e di gioia e auguri
ai nonni da parte di tutti gli amici alpini.
Il 16 maggio è nato Riccardo
Astolfi di Davide, nostro socio consigliere,
e di Laura Cremonesi. Il
Gruppo partecipa alla gioia dei genitori
ed augura al piccolo un sereno
avvenire.
Il socio Costantino Giovale Alet
annuncia con gioia la nascita del nipotino
Luca, figlio del socio Walter
e di Maria Claverie, avvenuta il 21
maggio. Felicitazioni vivissime ai
neo genitori da parte di tutto il
Gruppo e al piccolo auguri di ogni
bene.
Gruppo di Bussoleno
Il 12 marzo nella chiesa di San
Pietro e Paolo in Torino si sono uniti
in matrimonio la signorina Eleonora
Spampinato e il signor Simone
Grosso nipote del nostro socio Giovanni
Bellando.
Il direttivo e il Gruppo tutto augurano
ai novelli sposi tanta felicità.
Gruppo di Chiusa San Michele
Il 20 maggio scorso hanno raggiunto
il traguardo dei 50 anni di
matrimonio l’alpino Guido Riva e la
sua gentile signora Teresa Senor genitori
dell’alpino Alessandro Riva
segretario del Gruppo di Vaie.
Vive congratulazioni da parte del
Consiglio direttivo a da tutti i soci
del Gruppo con l’augurio che possano
raggiungere altri prestigiosi e
Protezione Civile
Squadra “Susa”
Il 22 marzo, presso l’Università
degli studi di Torino – Facoltà di Farmacia
– il volontario della squadra
“Susa”, Davide Durando, ha discusso
la tesi di laurea “Visualizzazione
mediante risonanza magnetica
per immagini del rilascio da liposomi
indotti da ultrasuoni a bassa fraquenza”,
relatore prof. Enzo Tereno,
correlatore dott.ssa Daniela
Dellicastelli, con l’ottimo risultato
di 105.
Tutta la squadra si congratula con
il neo dottore, che in questi anni di
impegnativo studio ha saputo conciliare
anche l’attività di volontariato,
sempre presente a tutte le
Gruppo di Almese
Lo scorso 7 marzo è deceduta la
sig.ra Battagliotti Angela, mamma
del socio alpino Claudio Ostorero.
A Claudio ed a tutti i familiari
in lutto porgiamo sentite condoglianze
a nome di tutti gli alpini
del Gruppo e della Sezione.
Gruppo di Avigliana
Il 25 aprile scorso è mancata la
mamma del nostro capogruppo Ezio
Giovanardi, signora Iolanda Sacco,
appunto vedova Giovanardi. I funerali
si sono svolti il 27 a Villar
Dora, con grande partecipazione
degli alpini dei Gruppi vicini.
Ad Ezio ed a tutta la sua
famiglia, il Gruppo al completo esprime
le più sentite e fraterne condoglianze.
Il 2 febbraio il socio alpino Giorgio
Griffero e la consorte Anna sono
Matrimoni
Anniversari
Lauree
Decessi
Gruppo di Sant’Antonino
Il 19 marzo il socio Luca
Giaibruera si è unito in matrimonio
con la signorina Luisa
Saladino.
Ai novelli sposi giungano le congratulazioni
e gli auguri più sinceri
per una lunga e serena vita di coppia
da parte di tutti gli alpini e simpatizzanti
del Gruppo.
gratificanti traguardi di vita in comune.
Gruppo di Avigliana
Il 26 aprile scorso la signora
Norma Quaglio ed il nostro socio alpino
Giancarlo Vinassa hanno festeggiato
con familiari ed amici il
loro 55° anno di matrimonio. Tutto
il Gruppo si felicita con la coppia per
il prestigioso traguardo raggiunto.
chiamate operative e ai lavori di ristrutturazione
della nostra sede!
Auguriamo a lui una proficua attività
professionale nella certezza
che continuerà ad essere presente
nella solidarietà della Protezione civile
anche con la sua specifica preparazione
scolastica.
Buon lavoro Davide!
Gruppo di Avigliana
Francesca Periale figlia del nostro
socio alpino Giovanni, il 15
aprile scorso ha conseguito brillantemente
la laurea magistrale di “Ingegneria
delle telecomunicazioni”
presso il Politecnico di Torino. Alla
neolaureata vivissime congratulazioni
dall'intero Gruppo.
diventati nonni. È nato il piccolo
Giovanni Battista. Ai nonni, ai genitori
Graziella ed Ermanno, vadano
le più vive felicitazioni di tutto il
Gruppo. Al piccolo Giovanni Battista
auguriamo ogni bene nel lungo
cammino della vita che ha appena
intrapreso.
Gruppo di Borgone
"Dio del cielo, signore delle cime
noi ti preghiamo il nostro amico, nostro
fratello su nel paradiso lascialo
andare"
Così il Gruppo vuole ricordare il
suo vice capogruppo onorario Davide
Vair, classe 1931 che il 6 aprile
è andato avanti lasciando un vuoto
nella famiglia alpina.
Ha saputo affrontare la malattia
con grinta e coraggio come se
avesse dovuto scalare una montagna
e finché le forze lo hanno sostenuto
ha sempre partecipato alle attività
del Gruppo.

Alla signora Vilma, al figlio ed ai
familiari il Gruppo rinnova sentite
condoglianze.
Colpita da un male incurabile, il
28 aprile scorso ha concluso prematuramente
la sua vita terrena ed è
volata al cielo la signora Debora
Lorenzini di anni 40, moglie del
nostro socio Livio Ambrosia.
Il Gruppo tutto si unisce al dolore
della famiglia e porge sentite condoglianze.
Gruppo di Bussoleno
Il 31 marzo a Motta S. Giovanni
(RC) è venuto a mancare a 88 anni il
signor Vincenzo Devoli, papà del nostro
socio aggregato Paolo Devoli volontario
della squadra di Protezione
civile “Orsiera” e nonno del caporale
VFP1 Valentina Devoli anche lei nostra
socia. Il Direttivo, il Gruppo e la
squadra di Protezione Civile “Orsiera”
porgono a tutti i familiari sentite
condoglianze.
Il 15 aprile è mancata a 64 anni,
dopo lunga malattia la signora Silvana
Sasso in Cassard, mamma
della nostra socia aggregata Cristina
e suocera del socio Gianluigi De
Marzo. Il Direttivo e il Gruppo porgono
a tutti i familiari sentite condoglianze.
Gruppo di Bruzolo
Dopo lunga malattia è di recente
scomparso Angelo Bodoira, fratello
del nostro vice capogruppo Piero, al
quale rinnoviamo sentite condoglianze.
Gruppo di Buttigliera Alta
Lo scorso mese di marzo, il socio
aggregato Giancarlo Bergero, dopo
tante sofferenze, è andato avanti. Lo
ricordiamo come una persona generosa
e sempre disponibile, ne sono
indice le sue partecipazioni ad opere
di volontariato e in particolare i due
turni fatti nella ricostruzione a Villa
Santina. Non aveva la penna, ma il
suo cuore era da alpino. Il Direttivo
e i soci si uniscono al dolore della
famiglia.
Gruppo di Caprie
Il 9 ottobre 2010 è andato avanti
il socio Emilio Falco, di anni 87. Per
noi tutti “Carlin” come lo abbiamo
sempre chiamato. Era molto
conosciuto sia a Caprie che a Condove,
dove lo si vedeva spesso girare
con la sua “Ape”. Ha sempre
vissuto alle case Comba di Caprie,
poi qualche anno fa il trasferimento
alla Casa di riposo di Condove.
La sua è stata una vita di lavoro,
da giovane alla Moncenisio e poi
alla Fiat Ferriere. In pensione ha poi
ancora sempre lavorato da muratore
e in campagna.
Persona molto attiva e socievole,
ha sempre partecipato attivamente
alla vita sociale del nostro paese.
Il Gruppo porge le più sentite
condoglianze alla figlia e a tutti i familiari.
Un ringraziamento ai
Gruppi che sono intervenuti alle
esequie con i loro gagliardetti e alla
Sezione che ha partecipato con il
vessillo sezionale.
Gruppo di Foresto
È mancato recentemente il socio
aggregato Piero Durbiano. Il
Gruppo porge alla moglie sig.ra
Giovanna ed ai suoi familiari tutti,
sentite condoglianze.
Gruppo di Gravere
Il 18 febbraio è andato avanti,
troppo presto, l’alpino Eraldo Tonietto,
di 67 anni, suscitando profondo
cordoglio e rimpianto nel
Gruppo, nella comunità di Gravere
e in tante persone di cui si era conquistato
la stima e l’amicizia. Eraldo
aveva ereditato da papà Massimino,
alpino combattente sul fronte grecoalbanese
nella 2ª guerra mondiale,
la fiaccola dell’alpinità, insieme alle
migliori qualità di silenzioso eroismo
quotidiano della nostra gente di
montagna. Lo spirito alpino ha improntato
la sua vita, una vita di lavoro,
di sacrificio, di dedizione alla
famiglia e di fedeltà alla montagna,
ma anche di costante disponibilità e
impegno nel sociale.
Per oltre trent’anni è stato una presenza
valida e attiva nella Pro Loco,
ha collaborato con entusiasmo alle
feste alpine del Deveis, ha portato
con orgoglio il gagliardetto nelle
varie manifestazioni.
Alla moglie Ilmes, ai figli Cinzia e
Marco che si sono prodigati con tanta
tenerezza e generosità nel periodo
della malattia, agli adorati nipoti
Mattia e Alice, il Gruppo e gli amici
porgono le più sentite condoglianze,
certi che Eraldo non è passato invano
e che il suo insegnamento e il suo
esempio continueranno ad illuminarci
nel cammino.
Gruppo di San Giorio
A metà aprile sono purtroppo andati
avanti i due soci più anziani del
Gruppo.
Prima Giovanni Favro, classe
1930. Una settimana più tardi Enrico
Garda, classe 1926.
Alle rispettive famiglie il fraterno
cordoglio da parte di tutti i componenti
del Gruppo.
Da queste pagine un ringraziamento
particolare a tutti gli alpini e
gagliardetti intervenuti alle meste
funzioni.
Gruppo di Venaus
Lunedì 16 maggio si sono svolti i
funerali dell'ex capogruppo Adolfo
Marcellino, classe 1922
Il Gruppo partecipa al dolore
della famiglia e porge sentite condoglianze.
Gruppo di Villar Focchiardo
Il 9 marzo è mancata la signora
Ines Nota ved Masoero, di anni 85,
nonna del socio Roberto Fiore. Il
Gruppo porge alla famiglia sentite
condoglianze
Gruppo di Mompantero
Il primo maggio è mancato il
socio Attilio Favro di anni 82. Alla
moglie Valeria, ai figli Walter nostro
socio con Marisa, Franco con Loretta,
ai nipoti, cugini e parenti,
giungano sentite condoglianze da
parte del Gruppo.
DA MeDITAre
Il giorno 11 aprile è andato avanti
il socio alpino Dorino Vottero di
anni 70. Al fratello Teresio, alle sorelle
Jolanda, Adelaide con Pierangelo,
Bruna con Valdo nostro socio,
ai nipoti e pronipoti giungano da
parte del Gruppo le più sentite condoglianze.
Gruppo di Oulx
Ci ha lasciati l’alpino Toni Bouvier.
Il Gruppo partecipa al dolore
della famiglia.
Il prof. Umberto Gariglio è andato
avanti.
Alla famiglia giungano sentite
condoglianze da parte di tutto il
Gruppo.
Dieci regole sicure
per uccidere un’associazione
1. Non intervenire alle riunioni.
2. Giungere tardi quando si interviene.
3. Criticare il lavoro dei dirigenti e dei soci.
4. Non accettare mai incarichi, perché è più facile criticare che
realizzare.
5. Offendersi se non si è membri della Presidenza; e, se si è parte
della stessa, non intervenire alle riunioni oppure astenersi dal
dare suggerimenti.
6. Se il Presidente chiede un parere su un argomento rispondere
che non si ha nulla da dire. Dopo le riunioni, dire a tutti che
non si è sentito dire niente di nuovo oppure esporre cosa si
sarebbe dovuto fare.
7. Fare lo stretto indispensabile, ma quando gli altri si rimboccano
le maniche ed offrono il loro tempo senza secondi fini,
lamentarsi che l’Associazione è diretta da una cricca.
8. Rimandare il pagamento della propria quota il più a lungo
possibile.
9. Mai darsi la pena di reclutare nuovi soci.
10. Lamentarsi che non si pubblica quasi niente sull’oggetto della
propria attività, ma non offrirsi mai per scrivere un articolo,
dare un consiglio o presentare un oratore.
(da L’alpin Valdoten, dicembre 2010)
La Sezione informa
Per rendere più semplice e snello il rapporto giornale-collaboratori
e ridurne i disguidi, il materiale da pubblicare con relative
fotografie, se queste sono digitali, deve pervenire in redazione
entro l’ultimo sabato dei mesi di febbraio, maggio, agosto e il
terzo di novembre, tramite la posta elettronica (e-mail).
valsusa@ana.it
Il sito della Sezione è:
www.anavalsusa.it
aiutatelo a crescere.
La redazione ringrazia per la collaborazione.
Lo Scarpone
Valsusino 23
Anagrafe alpina

Castello di Villar Dora (castrum Villaris
Almexii), risale al 1287. Austera
opera di difesa e di presidio militare.
Dalla metà del XIV secolo alla metà del
successivo i nuovi proprietari, i Provana,
attuarono una serie di ristrutturazioni
e modifiche che trasformarono
l’edificio in una dimora residenziale di
notevole prestigio in ambito sabaudo
(foto C. ravetto).