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Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1, ne/Vr<br />
settimanale diretto da luigi amicone<br />
anno 17 | numero 29 | 27 luglio 2011 | 2,00<br />
«Sono un garantista<br />
come voi. Spazio a chi<br />
fa <strong>il</strong> bene di M<strong>il</strong>ano.<br />
E per l’Expo voglio<br />
Formigoni». Intervista<br />
a Giuliano Pisapia<br />
Cari avversari<br />
Vi stupirò
LA qUESTIOnE (vErAmEnTE!) mOrALE<br />
Senza una vita e una resurrezione<br />
non c’è capannello cattolico che importi<br />
C’è un<br />
bel romanzo di bruce marshall in cui la protagonista, Chantal, giovinetta cattolicissima<br />
in cerca di fortuna a Parigi, prima perde la verginità, poi l’impiego di<br />
baby-sitter, infine abbraccia <strong>il</strong> bordello. Preghiera per una donna perduta. È una<br />
storia che inizia alla vig<strong>il</strong>ia della Grande Guerra e si conclude negli anni della Grande Contestazione.<br />
Sullo sfondo scorrono le immagini di un cinquantennio turbolento e tragico,<br />
caratterizzato da repentini mutamenti in ogni ambito. Dalla politica alla morale. Solo le<br />
meschinità umane restano identiche. Naturalmente uomini di Chiesa e moralizzatori laici<br />
predicano sempre bene. Ma solo Chantal e le sue amiche sgualdrine incarnano una verità<br />
e un amore che durano e resistono ad ogni nuovo conformismo e potere conquistatore.<br />
La rivelazione di un moralismo menzognero conduce a un tragico ep<strong>il</strong>ogo. La scena<br />
finale è dominata dal becchino che domanda a una signora perbene di dare l’ultimo bacio<br />
alla “cara defunta”. «Cara? Era solo la mia domestica». Ecco, bisognerebbe tornare in<br />
quella soffitta parigina e, come nell’Ordet di Dreyer, resuscitare Chantal. Infatti, se <strong>il</strong> cristianesimo<br />
non è l’accadere del non-menzognero nella vita e non è compagnia resurrezionale<br />
fin nei cap<strong>il</strong>lari della vita – «ora è vero, ma è stato così falso che continua a essere impossib<strong>il</strong>e»,<br />
poetava Jimenez – a chi può importare, veramente, per esempio, «<strong>il</strong> parlarsi dei<br />
cattolici per <strong>il</strong> dopo Berlusconi» o, più pretenziosamente, i “valori” e la famosa “civ<strong>il</strong>tà cri-<br />
Che interesse hanno le prediche<br />
sui valori o «<strong>il</strong> parlarsi dei cattolici<br />
per <strong>il</strong> dopo Berlusconi»? Il vescovo<br />
mazzolari: lui sì, ha veramente fatto<br />
<strong>il</strong> cristianesimo. Amando gli uomini<br />
fino a fare giornali e politica per essi<br />
GLI EFFETTI DELLA CADUTA DEI TITOLI DI STATO<br />
stiana”? Questa è vita: Cesare Mazzolari,<br />
vescovo di Rumbek. Nell’educazione dei<br />
giovani e nel consiglio politico, nell’impegno<br />
culturale e nella creazione di radio<br />
e giornali, lui sì, ha veramente fatto<br />
<strong>il</strong> cristianesimo. Amando gli uomini<br />
che Dio gli ha dato come compagni.<br />
E «amandoli fino alla fine».<br />
Il virus ha fatto un salto di specie.<br />
Questa volta la crisi non è bancaria<br />
Proprio due gocce d’acqua. Medesima tendenza, identiche fluttuazioni. Mi riferisco alle<br />
due linee del grafico qui sotto, che rappresentano l’andamento di “entità” finanziarie<br />
diverse che però, negli ultimi mesi, sembrano essere diventate una cosa sola. Sono<br />
l’azione di Unicredit e <strong>il</strong> titolo di Stato italiano Cct con scadenza 2015, rappresentativo<br />
del rischio Italia. È evidente che siamo definitivamente entrati in una nuova fase della crisi<br />
finanziaria: <strong>il</strong> virus è sempre quello del 2008, ma c’è stato, come si dice in campo scientifico,<br />
un salto di specie. L’andamento dei titoli bancari italiani è diventato una “derivata” del<br />
rischio paese. Attenzione, però, a non fare l’errore di credere che sia solo una correlazione<br />
di “simpatia”: nella realtà, la caduta dei titoli di Stato, qualora durasse, avrebbe seri effetti<br />
sui b<strong>il</strong>anci delle banche. Prendiamo proprio <strong>il</strong> caso Unicredit. Si stima che abbia in portafoglio<br />
circa 40 m<strong>il</strong>iardi di governativi italiani. Ipotizzando che sia una posizione netta (quindi<br />
non “coperta” da Cds) e che sulla stessa ci sia una perdita di circa <strong>il</strong> 4 per cento (anche se<br />
<strong>il</strong> Cct in questione ha perso negli ultimi mesi <strong>il</strong> 7 per cento), si registrerebbe una perdita a<br />
mark to market (ossia a prezzi di mercato) pari a circa 1,6 m<strong>il</strong>iardi di euro, superiore all’ut<strong>il</strong>e<br />
complessivo del 2010. Non solo. Da qui a fine 2012 la banca potrebbe avere la necessità<br />
di raccogliere (per varie esigenze, la principale delle quali è <strong>il</strong> rimborso dei bond in scaden-<br />
za) circa 25 m<strong>il</strong>iardi di euro. Ammettendo che, come<br />
lo Stato italiano alla luce delle ultime due aste<br />
di Bot e Btp debba “concedere” in più agli investitori<br />
un rendimento dell’1,5 per cento, significherebbe<br />
un costo aggiuntivo pari a circa 400 m<strong>il</strong>ioni di<br />
euro. Che insieme alla perdita teorica di cui sopra<br />
fanno circa 2 m<strong>il</strong>iardi di euro di impatto sul b<strong>il</strong>ancio<br />
a causa del crollo dei titoli di Stato.<br />
Alessandro Frigerio RMJ Sgr<br />
EDITOrIALI<br />
Andamento dei Cct e del titolo Unicredit da apr<strong>il</strong>e<br />
1,8<br />
1,7<br />
1,6<br />
1,5<br />
1,4<br />
1,3<br />
1,2<br />
1,1<br />
Cct<br />
Unicredit<br />
Apr<strong>il</strong>e<br />
Fonte: Bloomberg Finance<br />
Maggio Giugno Luglio<br />
100<br />
99<br />
98<br />
97<br />
96<br />
95<br />
94<br />
93<br />
FOGLIETTO<br />
La riforma da fare.<br />
I Papa e i M<strong>il</strong>anese sono<br />
reazioni alle scorribande<br />
di certi pm. Impossib<strong>il</strong>e<br />
liberarsene con l’aspirina<br />
resIste con qualche<br />
elemento di disperazione alle<br />
L’ItalIa<br />
forti manovre speculative<br />
particolarmente alimentate dalle tendenze<br />
alla disgregazione che da tempo<br />
sono in corso nella nostra società e nel<br />
nostro Stato. Non siamo di fronte a<br />
singoli smottamenti ma a un’opera sistematica<br />
di destab<strong>il</strong>izzazione: ci sono<br />
i corrotti, ci sono le lotte dentro i vari<br />
settori dell’amministrazione, ma per<br />
capire come non ci si trovi davanti a<br />
episodi circoscrivib<strong>il</strong>i basta considerare<br />
quanti fedeli servitori dello Stato, dai<br />
Pollari ai Mori, dai Ganzer ai Bertolaso,<br />
sono stati messi sotto accusa e,<br />
poi, in tanti casi emarginati. In questo<br />
senso non è solo la politica a essere<br />
nell’obiettivo di una squassante azione<br />
di espansione del potere di settori<br />
m<strong>il</strong>itanti e corporativi della magistratura.<br />
Ecco perché se dalla resistenza<br />
si vuole passare alla ricostruzione di<br />
un’Italia moderna e decente non si può<br />
prescindere dalla riforma del potere<br />
giudiziario e inquisitorio. C’è chi, come<br />
per esempio Ernesto Galli della Loggia,<br />
sostiene che per liberarsi dei vari Papa<br />
e M<strong>il</strong>anese basterebbe cambiare <strong>il</strong><br />
sistema elettorale. In realtà alcuni<br />
fenomeni degenerativi non sono altro<br />
che l’inevitab<strong>il</strong>e risposta all’attacco<br />
contro la sovranità popolare portato<br />
da certi pm: una forma sbagliata e<br />
inaccettab<strong>il</strong>e ma istintiva di tentata<br />
difesa. Pensare di liberarsi di certi<br />
fenomeni ricorrendo<br />
all’ingegneria sui<br />
sistemi elettorali,<br />
come si fece nel<br />
1992 e nel 1993,<br />
è come ritenere di<br />
poter combattere un<br />
cancro con l’aspirina.<br />
Lodovico Festa<br />
Marco M<strong>il</strong>anese<br />
| | 27 luglio 2011 | 3
La nuova legge. Il magistrato e <strong>il</strong> diavolo<br />
La tragica crisi del diritto italiano, che ha sacrificato<br />
<strong>il</strong> processo alla lotta sociale e la giustizia alle urgenze<br />
dell’informazione. Dalle aule di tribunale a quelle di scuola<br />
Guido Bramb<strong>il</strong>la, Berlicche ...........................................................................................................................................................................8<br />
Faccia a faccia. Giuliano Pisapia<br />
Il primo cittadino di M<strong>il</strong>ano vuole stupire gli avversari<br />
Luigi Amicone ..............................................................................................................................................................................................................16<br />
Polemiche. Una Scala da rivedere<br />
Il lamento di un melomane deluso dal corso troppo<br />
“modernista” del tempio della borghesia meneghina .....20<br />
Polonia. C’è un cuore in Europa<br />
Cresce più veloce della Germania e non censura<br />
le sue radici cristiane. Viaggio in un paese che non vive<br />
complessi d’inferiorità di fronte al secolarismo<br />
occidentale e in cui <strong>il</strong> 65 per cento della popolazione<br />
non si vergogna affatto di proclamarsi pro life<br />
Annalia Guglielmi...............................................................................................................................................................................................32<br />
Noir d’estate. Dai f<strong>il</strong>m ai romanzi<br />
In gloria di un genere immortale con cui tutti i grandi<br />
registi e autori si sono cimentati almeno una volta<br />
Simone Fortunato ...........................................................................................................................................................................................40<br />
Libri. Da M<strong>il</strong>ano all’Australia<br />
Il destino amico dell’ultima avventura di Perrone...................44<br />
Mangiare. Il successo tra due fette di pane<br />
La storia di tre amici professionisti del companatico.<br />
Nel 1979, nella M<strong>il</strong>ano da bere, hanno dato vita ad una<br />
paninoteca insolita, dove mangiare rapidamente senza<br />
rinunciare alla qualità. Il successo del Panino Giusto<br />
Martino Lapini .........................................................................................................................................................................................................48<br />
RUBRICHE<br />
Foglietto<br />
Lodovico Festa ...................................3<br />
Non sono d’accordo<br />
Oscar Giannino .............................28<br />
Il diavolo della Tasmania<br />
Renato Farina ..................................31<br />
Se ti dimentico<br />
Gerusalemme<br />
Yasha Reibman<br />
Il portone di bronzo<br />
Angela Ambrogetti ............39<br />
Intellettuale cura te stesso<br />
Giorgio Israel ..................................47<br />
Mamma Oca<br />
Annalena Valenti .....................51<br />
Presa d’aria<br />
Paolo Togni ..........................................52<br />
Post Apocalypto<br />
Aldo Trento ........................................60<br />
Sport über alles<br />
Fred Perri ................................................64<br />
Diario<br />
Marina Corradi ............................66<br />
Per Piacere ..............................................50<br />
Green Estate ........................................52<br />
Mob<strong>il</strong>ità 2000 ..................................57<br />
La rosa dei <strong>Tempi</strong> .....................58<br />
La storia ........................................................62<br />
Lettere al direttore ...............64<br />
LA SETTIMANA<br />
Intervista al sindaco<br />
di M<strong>il</strong>ano Giuliano Pisapia.<br />
Gli aspetti inattesi<br />
della sua “rivoluzione”<br />
Reg. del Trib. di M<strong>il</strong>ano n. 332 dell’11/6/1994<br />
settimanale di cronaca, giudizio,<br />
libera circolazione di idee<br />
Anno 17 – N. 29 dal 21 al 27 luglio 2011<br />
IN COPERTINA Foto: Fotogramma<br />
DIRETTORE RESPONSABILE:<br />
LUIGI AMICONE<br />
REDAZIONE: Emanuele Boffi, Laura Borselli,<br />
Mariapia Bruno, Rodolfo Casadei (inviato<br />
speciale), Benedetta Frigerio, Caterina Giojelli,<br />
Daniele Guarneri, Elisabetta Longo, Pietro<br />
Piccinini, Chiara Rizzo, Chiara Sirianni<br />
SEGRETERIA DI REDAZIONE:<br />
Elisabetta Iuliano<br />
DIRETTORE EDITORIALE: Samuele Sanvito<br />
PROGETTO GRAFICO:<br />
Enrico Bagnoli, Francesco Camagna<br />
UFFICIO GRAFICO:<br />
Matteo Cattaneo (Art Director), Davide Viganò<br />
FOTOLITO E STAMPA: Mondadori Printing<br />
S.p.A., via Mondadori 15, Verona<br />
DISTRIBUZIONE a cura della Press Di Srl<br />
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anche pubblicitari, di interesse pubblico<br />
(D.LEG. 196/2003 tutela dati personali).<br />
INTERNI<br />
| 27 luglio 2011 | |<br />
16 | | 27 luglio 2011 | 17<br />
L’INTERVISTA<br />
INTERNI<br />
Cari avversari<br />
vi sorprenderò<br />
«Non sono un politico e non parto dall’ideologia,<br />
ma dalle idee per M<strong>il</strong>ano. Spazio a chiunque faccia<br />
<strong>il</strong> bene della città. Dal welfare ai servizi, dal Pgt<br />
all’Expo. E basta invocare le toghe. Al sindaco<br />
ciò che è del sindaco». Parla Giuliano Pisapia<br />
Loscertales, vi ha mandato un messaggio<br />
abbastanza forte: «Non possiamo pensa-<br />
re che 150 m<strong>il</strong>a visitatori vengano ogni<br />
giorno a M<strong>il</strong>ano per vedere come si colti-<br />
vano le melanzane del Togo».<br />
Infatti, nessuno contesta che l’Expo<br />
debba <strong>il</strong>lustrare <strong>il</strong> tema dell’edizione m<strong>il</strong>a-<br />
nese “Nutrire <strong>il</strong> Pianeta, Energie per la<br />
Vita”. Ma ogni paese deve poter modulare<br />
<strong>il</strong> tema come meglio ritiene. È bello che ci<br />
sia una parte di padiglioni dedicati all’orto<br />
botanico, però è evidente che se un paese<br />
ritiene di dover esibire altre specificità, non<br />
solo bisogna offrirgli la possib<strong>il</strong>ità di farlo,<br />
ma bisogna farlo, altrimenti perché dovreb-<br />
be venire all’Esposizione di M<strong>il</strong>ano?<br />
Sia detto per inciso: in tema di alimen-<br />
tazione, almeno fino ad oggi è stata te-<br />
nuta accuratamente fuori dal dibattito<br />
sull’Expo la questione degli Ogm. Cioè di<br />
quei prodotti alimentari messi in mora in<br />
Italia ma di cui si nutrono ormai m<strong>il</strong>iardi<br />
di persone, dal Canada all’Australia. E per<br />
i quali non si è mai riscontrato a livello<br />
planetario nessun caso di tossicità. Men-<br />
tre è notizia di questi giorni che <strong>il</strong> batte-<br />
rio k<strong>il</strong>ler rintracciato nei germogli di soia<br />
commercializzati da un’azienda tedesca<br />
di prodotti biologici si è diffuso e ha ucci-<br />
so almeno cinquanta persone in Europa.<br />
La ricerca scientifica ci mette in guardia:<br />
se non si vuole desertificare <strong>il</strong> pianeta,<br />
se si vuole sul serio sfamare l’Africa ed<br />
evitare i rischi procurati da un certo fon-<br />
damentalismo della “Terra Madre” e del<br />
“Prodotto Bio”, prima o poi bisognerà<br />
che si ponga fine all’assurda criminaliz-<br />
zazione degli Ogm. Lei cosa ne pensa?<br />
Penso che sia un tema un po’ trop-<br />
po divisivo. Capisco <strong>il</strong> suo punto di vista e<br />
anch’io credo che occorra approfondire le<br />
ricerche e non compiere scelte orientate<br />
ideologicamente. Però, nel contesto in cui<br />
operiamo ritengo che dobbiamo trovare<br />
temi che uniscano, non che dividano.<br />
E <strong>il</strong> Pgt? È ancora deciso a revocarlo?<br />
Non si tratta di una revoca, ma del-<br />
la non pubblicazione. Per due motivi: pri-<br />
mo, perché gli esperti mi dicono mancasse<br />
tutta una serie di documentazione; secon-<br />
do, perché, come ho detto chiaramente in<br />
campagna elettorale, in materia di piano<br />
di governo del territorio ho posizioni com-<br />
pletamente diverse da quelle del centrode-<br />
stra. Il fatto stesso che quel piano sia sta-<br />
to concepito nella prospettiva di una M<strong>il</strong>a-<br />
no con un m<strong>il</strong>ione e settecentom<strong>il</strong>a abi-<br />
tanti mi sembra assolutamente fuori dal-<br />
la realtà. Purtroppo, dico, perché non mi<br />
pare un bel segno di vitalità <strong>il</strong> fatto che i<br />
nostri indici demografici e di natalità siano<br />
così negativi. Perciò, <strong>il</strong> fatto stesso che <strong>il</strong> Pgt<br />
della Moratti sia stato realizzato sulla base<br />
di una premessa così errata dice già <strong>il</strong> suo<br />
limite strutturale. E la necessità di ope-<br />
di “grande moschea”. Siamo ancora nel-<br />
la fase di consultazione e ricognizione. Ci<br />
sono opzioni diverse. Anche all’interno del<br />
mondo musulmano. Valuteremo <strong>il</strong> da farsi.<br />
Mentre sul registro delle coppie di fatto,<br />
stando alle dichiarazioni dell’assessore<br />
Majorino, ci sarebbe già una tempistica.<br />
Il registro è certamente un impegno<br />
che intendo mantenere. Ma non esiste nes-<br />
suna tempistica. Al momento abbiamo<br />
altre urgenze da affrontare.<br />
E chi saranno i commissari dell’Expo: Pi-<br />
sapia e… Formigoni?<br />
La cosa avrebbe effettivamente una sua<br />
logica. La legge dice espressamente che uno<br />
dei commissari dell’Expo dev’essere <strong>il</strong> sin-<br />
daco di M<strong>il</strong>ano. Quindi per <strong>il</strong> primo com-<br />
missario non ci sono dubbi. Quanto all’al-<br />
tro, quello che ha <strong>il</strong> compito di tenere i rap-<br />
porti con l’estero – l’ambasciatore insom-<br />
ma – <strong>il</strong> fatto che la nomina riguardi Formi-<br />
goni mi sembrerebbe giusto e corretto sul<br />
piano istituzionale. Ci sono tra noi diver-<br />
genze su alcune scelte specifiche. Ciò non<br />
toglie che la collaborazione tra Comune e<br />
Regione è la premessa indispensab<strong>il</strong>e per la<br />
buona riuscita dell’Expo.<br />
Non teme contestazioni dopo l’accusa di<br />
aver dato l’ok all’Expo morattiano?<br />
Io non ho alcun problema a sottoscrive-<br />
re tutto ciò che mi sembra buono e giusto<br />
per M<strong>il</strong>ano. Poi, se ci sono cose da cambiare<br />
– e ci sono –, le cambieremo. La mia giun-<br />
ta è al lavoro per promuovere tutto ciò che<br />
è bene per la città. Qualunque cosa faccia <strong>il</strong><br />
bene di M<strong>il</strong>ano, io la sottoscriverò.<br />
Dunque, entro fine luglio approverete<br />
l’accordo sull’Expo che la sua giunta ha<br />
ereditato da Letizia Moratti.<br />
Esatto. La seduta del Consiglio comu-<br />
nale è fissata per <strong>il</strong> 28 luglio. Approvere-<br />
mo l’accordo nei termini in cui è già stato<br />
approvato in giunta…<br />
All’unanimità. E con <strong>il</strong> “sì” anche di Stefa-<br />
no Boeri, l’archistar che consegna a face-<br />
book i suoi malumori…<br />
Esatto. E posso assicurare che dalla<br />
giunta non verranno voci dissonanti rispet-<br />
to a quanto abbiamo già chiarito e appro-<br />
vato. Credo, invece, che in sede cons<strong>il</strong>iare<br />
daremo alcune indicazioni sull’ut<strong>il</strong>izzazio-<br />
ne delle aree per <strong>il</strong> dopo Expo…<br />
Avete già individuato modifiche al piano<br />
d’uso dell’area per <strong>il</strong> dopo Expo?<br />
Mi sembra prematuro parlare di modi-<br />
fiche. Il 28 approveremo un ordine del gior-<br />
no su indicazioni che diventeranno vinco-<br />
lanti per <strong>il</strong> sindaco.<br />
In effetti anche <strong>il</strong> segretario del Bureau<br />
International des Expositions, Vicente<br />
ce penale trovo sia uno dei mali italiani.<br />
Io penso che anche là dove ci sono decisio-<br />
ni sbagliate, o anche <strong>il</strong>legittime, sono altre<br />
le sanzioni che si dovrebbero comminare.<br />
Dove sta <strong>il</strong> bus<strong>il</strong>lis, secondo lei?<br />
L’errore fondamentale è pensare di dare<br />
sempre e comunque risposte giudiziarie<br />
a problemi che possono nascere non da<br />
volontà di compiere un reato, ma da valu-<br />
tazioni sbagliate nate in condizioni magari<br />
obiettivamente complesse, equivoci, incom-<br />
prensioni. Lo dice uno che non è e non si<br />
sente un politico: l’idea di risolvere i proble-<br />
mi della politica col ricorso al dispositivo<br />
penale è una scelta profondamente sbaglia-<br />
ta. Gli errori politici si pagano con la perdi-<br />
ta del consenso nella società.<br />
Questa mattina ha già tastato su facebo-<br />
ok gli umori del suo architetto?<br />
No, perché? Cos’ha scritto Boeri?<br />
Solo una replica a Travaglio. Però stama-<br />
ne, sui giornali, c’è la notizia di una “gran-<br />
de moschea” per M<strong>il</strong>ano. Ne sa qualcosa?<br />
Sono sempre stato abituato a fare pri-<br />
ma le cose e poi a parlarne. Capisco benis-<br />
simo le necessità giornalistiche e ribadi-<br />
sco la volontà di creare le condizioni per-<br />
ché la libertà di culto possa trovare soluzio-<br />
ni concrete anche a M<strong>il</strong>ano. Detto questo, a<br />
oggi non c’è nessun progetto, tanto meno<br />
I<br />
n principio fu la metafora dell’anticri-<br />
sto. In realtà <strong>il</strong> mite zapateriano Giu-<br />
liano Pisapia non è soltanto una bella<br />
persona. È una personalità autentica. Quel-<br />
lo del suo fare aggraziato, gent<strong>il</strong>e, garba-<br />
to, sembrava un motivetto propagandistico<br />
(un po’ come l’arancione e <strong>il</strong> risotto), rumi-<br />
nato da un marketing dello zecchino d’oro<br />
di Bologna per fasciare <strong>il</strong> candidato sinda-<br />
co di M<strong>il</strong>ano con uno, nessuno, centom<strong>il</strong>a<br />
prof<strong>il</strong>i di civ<strong>il</strong> servant indignati e ammodo<br />
(mica come quei brùbrù berluscones). Ope-<br />
razione, come è noto, riuscitissima. Però<br />
ci sta tutta. Niente tammuriata in versio-<br />
ne meneghina (né, tanto meno, “nichiven-<br />
doliana”, come si vide con la ripassata che<br />
<strong>il</strong> governatore di Puglia a M<strong>il</strong>ano subì dal<br />
neoeletto primo cittadino). In Pisapia la<br />
sostanza c’è. E te ne accorgi al primo impat-<br />
to. Quando per giustificare <strong>il</strong> ritardo non ti<br />
invia <strong>il</strong> portavoce o <strong>il</strong> messo comunale. Ma<br />
esce lui, trafelato e simpaticissimo, a strin-<br />
gerti la mano e «mi scusi, ne ho ancora per<br />
dieci minuti, così poi facciamo con calma.<br />
Va bene?». Ed eccoci a tu per tu con l’avvo-<br />
cato, deputato di Rifondazione comunista<br />
per due legislature, 62 anni, dal primo giu-<br />
gno scorso sindaco di M<strong>il</strong>ano, eletto nelle<br />
f<strong>il</strong>e del centrosinistra dopo che la sinistra<br />
mancava al governo di M<strong>il</strong>ano da 18 anni.<br />
Da Roma è appena giunta notizia della<br />
sentenza del Tar che ha azzerato la giun-<br />
ta Alemanno per mancato rispetto delle<br />
“quote rosa”. Altro schiaffo alla politica?<br />
A dirla tutta a Roma l’errore è stato fat-<br />
to dalla politica. Perché se tu ti imponi le<br />
“quote rosa” per statuto comunale succe-<br />
de che prima o poi qualcuno ti obbliga a<br />
rispettarle. Non si legifera sulle opzioni che<br />
hanno valenza culturale. Io ho scelto di fare<br />
una “giunta rosa” e sono veramente conten-<br />
to del lavoro che stanno svolgendo le don-<br />
ne assessori. Però non lo scrivo nello statu-<br />
to comunale, perché non voglio che poi un<br />
magistrato me le imponga.<br />
Ma non trova che sia diventato asfissian-<br />
te <strong>il</strong> pressing della magistratura?<br />
Sì, <strong>il</strong> problema c’è ed è serio. Pensiamo<br />
alla pratica amministrazione di una città:<br />
come si fa a rimanere alla mercé – ogni vol-<br />
ta che c’è un appalto, un lavoro urgente, un<br />
problema che richieda decisioni immedia-<br />
te – di un ricorso, fondato o infondato, che<br />
blocca tutto? Bisogna trovare altri strumen-<br />
ti. Se uno ha “barato” pagherà i danni, ma<br />
non si può sempre fermare tutto.<br />
Ci sta dicendo che anche Pisapia è già<br />
sotto tutela e “controllo di legalità”?<br />
No, sto dicendo che abbiamo un proble-<br />
ma. Le faccio un esempio. In questi giorni<br />
ci sono stati cittadini che si sono appellati<br />
al sottoscritto perché una certa strada che<br />
doveva essere asfaltata è rimasta incompiu-<br />
ta per 50 metri. E proprio nel tratto in cui<br />
era più necessario completare i lavori a cau-<br />
sa della presenza di buche pericolose. Sono<br />
andato dal dirigente comunale e ho chie-<br />
sto un intervento d’urgenza per sbloccare<br />
la situazione. Mi ha risposto: «Non si può».<br />
E perché non si può? Per una serie di que-<br />
stioni procedurali e legali. Allora ho contat-<br />
tato personalmente la ditta che ha in cari-<br />
co i lavori impegnandomi personalmente<br />
a risolvere le questioni in cambio del com-<br />
pletamento di quei 50 metri. Crede che sia<br />
riuscito a smuovere qualcosa? La risposta è<br />
sempre la stessa: «Non si può». Non parlia-<br />
mo poi del penale. Il fatto che, là dove ci<br />
sono comportamenti scorretti, ma maga-<br />
ri in buona fede, si ricorra sempre al codi- Foto: AP/LaPresse<br />
di Luigi Amicone<br />
16<br />
ESTERI<br />
| 27 luglio 2011 | |<br />
32 | | 27 luglio 2011 | 33<br />
nessun incentivo alla produzione, un sen-<br />
so generale di frustrazione e disperazione,<br />
arretratezza tecnologica. Quando nel 1990<br />
accompagnai <strong>il</strong> cavalier Luigi Lucchini a<br />
visitare l’acciaieria di Varsavia, che intende-<br />
va acquisire, rimase impressionato alla vista<br />
dei vecchi altiforni Martin: in Italia erano<br />
stati abbandonati all’inizio degli anni Cin-<br />
quanta, sostituiti da tecnologie molto meno<br />
inquinanti e più efficienti.<br />
Oggi, invece, chi si reca in Polonia tro-<br />
va un paese ottimista, dinamico e proietta-<br />
to nel futuro. Varsavia e le maggiori città<br />
polacche sono enormi cantieri: si costru-<br />
iscono centri commerciali e direzionali,<br />
insediamenti abitativi, nuovi condomini<br />
più adeguati alle esigenze di quelle classi<br />
media e medio-alta che fino a un decennio<br />
fa non esistevano e adesso sono ben salde<br />
e presenti in tutte le maggiori aziende del<br />
paese. Le multinazionali non devono più<br />
esportare i propri manager per ricoprire le<br />
posizioni dirigenziali delle sedi polacche,<br />
come avveniva ancora alla fine degli anni<br />
Novanta, ora possono contare su ammini-<br />
stratori autoctoni ben preparati, che spes-<br />
so parlano due o tre lingue straniere e han-<br />
no una mentalità aperta, internazionale e<br />
dinamica. Ovunque si costruiscono auto-<br />
strade, ferrovie, aeroporti, cosa che ha ali-<br />
mentato, a livello di capitali, un circolo vir-<br />
tuoso: gli investimenti esteri sono stimati<br />
in circa 130 m<strong>il</strong>iardi di euro.<br />
La Polonia è l’unico paese dell’Unio-<br />
ne Europea che ha continuato a crescere<br />
durante tutto <strong>il</strong> periodo della crisi, riu-<br />
STRANO MA FIERO<br />
ESTERI<br />
Europei così<br />
non se ne<br />
fanno più<br />
Cresce più veloce della Germania. Dà lezioni di<br />
concorrenzialità a tutto <strong>il</strong> continente. E si tiene<br />
strette le sue radici cristiane, senza complessi<br />
d’inferiorità di fronte al secolarismo occidentale.<br />
È la Polonia, felice anomalia nel club di Bruxelles<br />
T<br />
rent’anni fa, vedendo lo spettacolo<br />
degli operai polacchi che scioperava-<br />
no contro <strong>il</strong> Partito Operaio Unifica-<br />
to raccolti attorno ai propri pastori e sacer-<br />
doti, e che allo slogan “Proletari di tut-<br />
to <strong>il</strong> mondo unitevi!” contrapponevano la<br />
solidarietà (Solidarnosc), qualcuno parlò<br />
di “anomalia polacca”, espressione che fu<br />
ripresa nel 1981, quando quel movimen-<br />
to operaio, quella Solidarnosc, che racco-<br />
glieva dieci m<strong>il</strong>ioni di iscritti, scelse di non<br />
rispondere con la violenza all’attacco sfer-<br />
rato dal regime alle libertà civ<strong>il</strong>i con l’intro-<br />
duzione dello stato di guerra, e ancora nel<br />
1989, quando, per la prima volta nella sto-<br />
ria, un regime totalitario cadde senza spar-<br />
gimento di sangue, trascinandosi dietro<br />
tutta l’area dell’Europa dell’Est.<br />
E l’anomalia polacca continua anco-<br />
ra oggi. All’indomani dell’apertura del<br />
“suo” semestre di presidenza dell’Unio-<br />
ne Europea, la Polonia si presenta in con-<br />
trotendenza rispetto alle sofferenze che<br />
attanagliano l’Europa occidentale: <strong>il</strong> pae-<br />
se corre veloce e mostra tassi di crescita<br />
da far impallidire gli stati dell’area medi-<br />
terranea, pur avendo patito prima di altri<br />
una gravissima crisi economico-finanzia-<br />
ria ed essendo uscita da un disastro dura-<br />
to sessant’anni, provocato dall’occupazio-<br />
ne nazista prima e dal regime comunista<br />
poi. Ma la Polonia è anomala anche rispet-<br />
to allo spirito laicista che<br />
soffia in Europa e che met-<br />
te in discussione <strong>il</strong> valore<br />
della vita, della differenza<br />
fra i sessi e della famiglia,<br />
che vorrebbe i cattolici sen-<br />
za identità e la Chiesa senza incidenza sul-<br />
la società. Proprio in questi giorni, infatti,<br />
<strong>il</strong> parlamento di Varsavia discute una pro-<br />
posta di legge che tende a limitare forte-<br />
mente l’ammissib<strong>il</strong>ità dell’aborto. Il testo<br />
è stato presentato da oltre 600 m<strong>il</strong>a firma-<br />
tari, che non sono una sparuta minoranza<br />
di fanatici, perché un sondaggio rivela che<br />
<strong>il</strong> 65 per cento dei polacchi è favorevole<br />
all’abrogazione totale della legge sull’abor-<br />
to, <strong>il</strong> 23 per cento ammette <strong>il</strong> ricorso all’in-<br />
terruzione di gravidanza solo in caso di<br />
grave malformazione del bambino, e solo<br />
<strong>il</strong> 13 ritiene che l’aborto sia un diritto del-<br />
la donna in ogni caso.<br />
Pur con inevitab<strong>il</strong>i spinte secolarizza-<br />
trici, la Polonia rimane fortemente attac-<br />
cata alla propria identità cristiana, che<br />
non si esprime solo con la partecipazione<br />
ai grandi gesti pubblici (liturgia, pellegri-<br />
naggi, beatificazione di Giovanni Paolo II),<br />
come invece qualcuno si ostina a sottoline-<br />
are per sminuire la portata del fenomeno.<br />
Numeri da fare invidia ai più<br />
Il cammino fatto dalla Polonia negli ulti-<br />
mi due decenni è impressionante. Chi poco<br />
più di vent’anni fa si recava a Varsavia ave-<br />
va l’impressione di fare un balzo nel passa-<br />
to di sessant’anni. Lo sfacelo e <strong>il</strong> fallimento<br />
dell’economia centralizzata erano evidenti<br />
a ogni angolo di strada: annullamento del-<br />
la dignità del lavoro, povertà garantita per<br />
tutti, inquinamento fuori da ogni norma,<br />
Polonia<br />
Ue-27<br />
Cambiamento percentuale rispetto all’anno precedente<br />
2007<br />
+10<br />
+5<br />
0<br />
-5<br />
2008 2009 2010 2011<br />
Crescita leader in Europa<br />
Le città polacche sono enormi cantieri: si<br />
costruiscono centri commerciali, insediamenti<br />
abitativi, nuovi condomini per quella classe<br />
che fino a un decennio fa ancora non esisteva<br />
Qui sopra, <strong>il</strong> cantiere del nuovo stadio di Varsavia.<br />
L’anno prossimo la Polonia ospiterà gli Europei di calcio.<br />
A lato, una marcia di Solidarnosc sf<strong>il</strong>a sotto i manifesti<br />
con <strong>il</strong> logo del semestre polacco di presidenza Ue<br />
Foto: AP/LaPresse<br />
da Varsavia Annalia Guglielmi<br />
32<br />
CULTURA<br />
| 27 luglio 2011 | |<br />
40 | | 27 luglio 2011 | 41<br />
DAI ROMANZI AI FILM<br />
CULTURA<br />
Il lato oscuro<br />
di Hollywood<br />
Eroi sempre in b<strong>il</strong>ico tra <strong>il</strong> bene e <strong>il</strong> male, inseguiti<br />
da una sorte spietata. Ma pur sempre uomini.<br />
Elogio del noir, uno st<strong>il</strong>e di vita che in pochi anni<br />
ha ispirato numerosi capolavori. Conquistando<br />
anche giganti come Bogart, Mitchum e Douglas<br />
go addio di Raymond Chandler (altro tito-<br />
lo bellissimo: i noir sono spesso leggenda-<br />
ri a partire dal titolo) per innamorarsi per<br />
sempre del romanzo “notturno”.<br />
«Quando lo vidi per la prima volta, Terry<br />
Lennox era ubriaco in una Rolls Royce fuo-<br />
ri serie, di fronte alla terrazza del Dancers.<br />
Il custode del parcheggio aveva portato fuo-<br />
ri la macchina e continuava a tenere lo<br />
buoni e cattivi ben riconoscib<strong>il</strong>i e separa-<br />
ti. Il noir, cioè, è <strong>il</strong> territorio delle tenebre,<br />
dove nulla è mai molto chiaro, nemme-<br />
no la storia, complicatissima, barocca, un<br />
groviglio di personaggi e situazioni, in cui<br />
i primi a procedere a tentoni sono proprio<br />
gli scrittori. Le città in notturna che sem-<br />
brano giungle tentacolari (da cui <strong>il</strong> tito-<br />
lo bellissimo di un noir di John Huston:<br />
Giungla d’asfalto), le donne, sirene irresi-<br />
stib<strong>il</strong>i e pronte a fregarti, gli amici perdu-<br />
ti con cui hai trascorso la giovinezza e che<br />
hanno buttato via la vita tra alcool e debi-<br />
ti. E ancora: <strong>il</strong> detective squattrinato, non<br />
più giovanissimo, con uno sguardo disin-<br />
cantato sul mondo, sempre solo ma pron-<br />
to a rischiare la vita per un amico con cui<br />
condividere più dolori che gioie della vita:<br />
sono questi gli elementi tipici del genere.<br />
Basterebbe l’incipit del memorab<strong>il</strong>e Il lun-<br />
loghi serrati, riproporre <strong>il</strong> romanticismo<br />
cupo di quegli eroi solitari.<br />
Diffic<strong>il</strong>e dare una definizione del gene-<br />
re, più semplice dire che cosa non si trove-<br />
rà mai in un romanzo noir o hard-bo<strong>il</strong>ed<br />
per dirla con gli Americani. Non si troverà<br />
mai un enigma da risolvere, magari con<br />
le sole forze del raziocinio alla maniera<br />
di Conan Doyle o della Christie. Gli indizi<br />
non saranno mai chiari e non ci saranno<br />
È<br />
semplicemente <strong>il</strong> territorio non dei<br />
grandi, ma dei grandissimi. Ci han-<br />
no lavorato praticamente tutti<br />
i grandi maestri del cinema (Kubrick,<br />
Hitchcock, Huston, Welles, W<strong>il</strong>der,<br />
Polanski, Aldrich, Hawks) e le star leg-<br />
gendarie come Humphrey Bogart, Lauren<br />
Bacall, Orson Welles, Robert Mitchum,<br />
Cary Grant, Rita Hayworth, Barbara<br />
Stanwyck, W<strong>il</strong>liam Holden, Jack Nichol-<br />
son. È <strong>il</strong> noir, più che un genere letterario<br />
uno st<strong>il</strong>e di vita, che nel giro di una man-<br />
ciata d’anni, a cavallo della Seconda guer-<br />
ra mondiale, generò capolavori su capo-<br />
lavori, al cinema e sulla carta stampata,<br />
e condizionò per sempre l’immaginario<br />
collettivo se è vero che ancora oggi van-<br />
ta innumerevoli, fiacchi, tentativi d’imi-<br />
tazione e una caterva di registi cercano di<br />
riprenderne le atmosfere, imitarne i dia-<br />
IL GRANDE SONNO<br />
<strong>il</strong> libro di Raymond Chandler<br />
L’esordio di Chandler e <strong>il</strong> primo<br />
di una serie di romanzi con Ph<strong>il</strong>ip<br />
Marlowe protagonista. La storia<br />
prende le mosse dalla richiesta di<br />
aiuto a Marlowe da parte di un<br />
anziano generale, paraplegico e<br />
ricchissimo, che ha ricevuto alcuni<br />
biglietti ricattatori. Seguiranno<br />
delitti, ricatti con al centro della<br />
vicenda la figlia minore del gene-<br />
rale. Portato due volte sul grande<br />
schermo. Quello di Howard Hawks<br />
(1946), sceneggiato da W<strong>il</strong>liam<br />
Faulkner con la coppia Bogart-<br />
Bacall (sotto), è un capolavoro.<br />
IL MISTERO DEL FALCO<br />
<strong>il</strong> libro di Dashiell Hammett<br />
È <strong>il</strong> romanzo che inventò <strong>il</strong> genere.<br />
Portato sullo schermo un paio<br />
di volte, la seconda versione<br />
(1941) firmata da John Huston<br />
è entrata nella leggenda con<br />
Humphrey Bogart (a sinistra e<br />
sotto con Mary Astor e Peter<br />
Lorre). Attorno al ritrovamento<br />
del falcone – oggetto da collezione<br />
– si stagliano loschi figuri come <strong>il</strong><br />
detective Sam Spade e l’ambigua<br />
Brigid O’Shaugnessy, prototipo<br />
di dark lady. St<strong>il</strong>e sobrio, dialoghi<br />
serrati, con una battuta finale (nel<br />
f<strong>il</strong>m) da ricordare. Di cosa è fatta<br />
la statuetta? «Della materia di cui<br />
sono fatti i sogni».<br />
40<br />
L’ITALIA CHE LAvoRA<br />
| 27 luglio 2011 | |<br />
48 | | 27 luglio 2011 | 49<br />
pane e servito subito. «Sono passaggi sempli-<br />
ci che però pesano molto sul nostro conto<br />
economico. Avere quattro paninari pronti a<br />
preparare 300 panini in un’ora ha un eleva-<br />
to costo. Non è come avere una sola persona<br />
che tra le 9 e le 12 taglia <strong>il</strong> pane e lo riempie<br />
con <strong>il</strong> companatico. Il nostro servizio è pro-<br />
fessionalità espressa».<br />
La qualità si paga, lo sappiamo tutti.<br />
Da Panino Giusto i panini non te li regala-<br />
no. «Il nostro panino ha un rapporto qua-<br />
lità prezzo invidiab<strong>il</strong>e. Un prosciutto cru-<br />
do del nostro livello in una buona salume-<br />
ria lo compri a un prezzo che si aggira tra<br />
i 7/8 euro all’etto. Il nostro panino medio<br />
pesa 220 grammi, ma <strong>il</strong> pane solo 70. Quin-<br />
di, la proporzione tra pane e companatico<br />
è molto spostata verso <strong>il</strong> secondo. Si potreb-<br />
be obiettare che quelli degli altri bar sono<br />
più grandi. È vero, ma solo perché hanno<br />
più pane. Per noi, invece, <strong>il</strong> pane non è altro<br />
che un contenitore di prelibatezze». I confi-<br />
ni del gusto hanno proprio la forma di due<br />
fette di pane, di tipo francesino, soffice e<br />
fragrante. Una creatura di laboratorio, rea-<br />
lizzata a mezza cottura che viene ultima-<br />
ta nei locali, così da risultare perfetta. Sem-<br />
bra strano che un locale, nato per prepara-<br />
re panini, lo faccia con un’unica varietà di<br />
pane. Eppure rappresenta un altro elemen-<br />
to distintivo che tutti gli aficionados conti-<br />
nuano ad apprezzare. M<strong>il</strong>anesi in primis.<br />
«M<strong>il</strong>ano non si concede fac<strong>il</strong>mente, però<br />
è accogliente. Qui è m<strong>il</strong>anese chi lavora.<br />
Noi li amiamo perché sono esigenti, e que-<br />
sto è uno stimolo a migliorarci. Ci arrivano<br />
molte ma<strong>il</strong> di apprezzamento, ma anche<br />
di critica. È su queste ultime che stiamo<br />
costruendo le strategie per <strong>il</strong> nostro futuro».<br />
Martino Lapini<br />
timo arrivato, ma <strong>il</strong> primo a essere sicuro<br />
della strada intrapresa da Panino Giusto. «In<br />
un momento di crisi la persona è più atten-<br />
ta ai propri consumi e quindi diventa più<br />
pretenziosa. Quando c’è crisi uno non è che<br />
non esce più a mangiare, ma va solo dove<br />
reputa di avere un valore aggiunto».<br />
La maniacale attenzione alla qualità è<br />
quello che ha fatto la differenza. Quello che<br />
ha trasformato un locale come tanti della<br />
M<strong>il</strong>ano da bere in un successo imprendito-<br />
riale. «Entro settembre ci sarà l’inaugura-<br />
zione di un vero e proprio luogo che ospi-<br />
terà l’Accademia Panino Giusto. Da noi i<br />
corsi di formazione hanno un tempo mol-<br />
to più lungo rispetto a quello dei fast-food.<br />
L’Accademia avrà la forma di una vera e pro-<br />
pria scuola. Sarà un progetto di ampio respi-<br />
ro, che coinvolgerà l’intera dimensione del-<br />
la ristorazione veloce. La apriremo in col-<br />
laborazione con Regione Lombardia, con<br />
le principali scuole alberghiere lombarde,<br />
con qualche università e con l’associazio-<br />
ne Panettieri m<strong>il</strong>anesi. Un luogo di ecume-<br />
nismo del gusto. È l’unico modo per conser-<br />
vare la nostra impronta di qualità, che è la<br />
nostra mission, e per esportarla senza snatu-<br />
rarla. Per questo nei prossimi cinque anni,<br />
non apriremo più di dieci locali all’anno».<br />
Nei locali, all’interno delle vetrine, è<br />
mostrata una linea di prodotti a marchio<br />
Panino Giusto. «Siamo molto appetib<strong>il</strong>i per i<br />
fornitori, perché garantiamo un ordine nel<br />
tempo e perché in qualche modo trasmet-<br />
tiamo un po’ della nostra anima, che ha<br />
<strong>il</strong> sapore della qualità. Per <strong>il</strong> crudo e l’olio<br />
abbiamo fornitori storici, Tanara di Langhi-<br />
rano e Trampolini di Perugia, che ci seguo-<br />
no e che continuano a seguire le nostre indi-<br />
cazioni. Ci sono moltissimi crudi stagiona-<br />
ti 24 mesi, ma <strong>il</strong> nostro è lavorato esclusiva-<br />
mente per noi, con una linea di produzione<br />
e camere di affumicatura dedicate».<br />
Oltre l’assaggiatore ufficiale<br />
Un approccio alle materie prime di questo<br />
genere è più tipico di un ristorante alla car-<br />
ta di alto livello. Eppure non fa una piega in<br />
una struttura aziendale che ha nel suo orga-<br />
nico una persona che si occupa esclusiva-<br />
mente di assaggiare tutte le componenti del<br />
menù. C’è, tuttavia, un altro elemento del-<br />
la formula senza <strong>il</strong> quale Panino Giusto non<br />
si distinguerebbe da qualsiasi altra panino-<br />
teca. In una parola: espresso. Ogni panino<br />
è fatto al momento con una procedura che<br />
altera <strong>il</strong> meno possib<strong>il</strong>e le qualità e <strong>il</strong> gusto<br />
della materia prima. Solo <strong>il</strong> pane viene scal-<br />
dato sotto la piastra. Il companatico, stratifi-<br />
cato, viene inserito fresco tra le due fette di<br />
L’ITALIA<br />
CHE LAVORA<br />
Gli chef<br />
della pausa<br />
pranzo<br />
Nel 1979, nella M<strong>il</strong>ano da bere, tre amici hanno<br />
dato vita a un’insolita paninoteca, dove mangiare<br />
rapidamente senza rinunciare alla qualità. E da oltre<br />
trent’anni la loro ricetta è sempre la stessa: «Il pane<br />
è solo la cornice di un capolavoro». E del successo<br />
la spensieratezza di quel periodo. Alla fine<br />
degli anni Settanta, la M<strong>il</strong>ano da bere era<br />
<strong>il</strong> palcoscenico di giovani rampanti, che tra<br />
Timberland e Moncler si ritrovavano per<br />
condividere le proprie idee e i propri sogni.<br />
Dopo anni diffic<strong>il</strong>i c’era di nuovo ottimi-<br />
smo nell’aria. E nel linguaggio. “Troppo giu-<br />
sto!” era una di quelle espressioni da “pani-<br />
nari” che si sentivano in continuazione.<br />
Anche <strong>il</strong> panino consumato da quei ragazzi<br />
non poteva essere qualunque. Doveva esse-<br />
re giusto. Come l’ambiente. Un mix perfet-<br />
to tra <strong>il</strong> bistrot francese e <strong>il</strong> pub inglese. Un<br />
luogo che ha tutta l’aria di un posto di con-<br />
versazione, ma dove si respira sempre un<br />
certo fermento. Questa formula ha pagato<br />
anche durante la crisi economica dell’ulti-<br />
mo anno, come spiega Antonio Civita, l’ul-<br />
S<br />
olo a M<strong>il</strong>ano, secondo una stiMa cal-<br />
colata da chi si occupa di logistica<br />
per Expo 2015, sono 350 m<strong>il</strong>a le per-<br />
sone che quotidianamente pranzano fuo-<br />
ri casa. Provate solo a immaginare quante<br />
di queste consumano un panino. A quan-<br />
te di queste succede di addentare due fette<br />
di pane gommoso? O una fetta di prosciut-<br />
to crudo secca e senza gusto dopo <strong>il</strong> passag-<br />
gio sotto la piastra? Oppure di trovarsi sul-<br />
la lingua un pezzo di carta frutto dell’infe-<br />
lice matrimonio tra formaggio fuso e tova-<br />
gliolo? Secondo dati della Coldiretti, un ita-<br />
liano su quattro non è soddisfatto dei pani-<br />
ni che consuma e <strong>il</strong> 65 per cento di loro vor-<br />
rebbe mangiare panini gourmet.<br />
Dopo tutti questi numeri, ci vorrebbe<br />
un Garibaldino o un Re Sole. «Garibaldi-<br />
no perché <strong>il</strong> primo locale era in corso Gari-<br />
baldi. Re Sole è nato discutendo della bontà<br />
degli ingredienti che conteneva. Luis, <strong>il</strong> clas-<br />
sico crudo, pomodoro e mozzarella deve <strong>il</strong><br />
suo nome a Luigi, collaboratore di Panino<br />
Giusto che mangiava solo quello. Diplomati-<br />
co perché conteneva la più diplomatica tra<br />
le salse, quella rosa».<br />
Il panino non è nato a M<strong>il</strong>ano. Al cele-<br />
bre lord Sandwich e al suo vizio di non<br />
voler alzarsi mai dal tavolo da gioco dobbia-<br />
mo l’idea di farsi portare due fette di pane<br />
imburrate farcite con ogni ben di dio. Pani-<br />
no Giusto non poteva che nascere a M<strong>il</strong>ano.<br />
«Nel ’79 eravamo in tre, avevamo i nostri<br />
gusti personali, ma condividevamo tutto, a<br />
partire dal volere proporre sempre una qua-<br />
lità altissima delle farciture. Che poi abbia-<br />
mo arricchito con speciali salse e paste. I<br />
nostri gusti individuali venivano poi river-<br />
sati sui clienti, che nella maggior parte dei<br />
casi diventavano amici. Il primo locale di<br />
corso Garibaldi a M<strong>il</strong>ano era fondamental-<br />
mente un ritrovo di amici». Giovanni Roma,<br />
uno degli storici fondatori di Panino Giu-<br />
sto, proviene da una famiglia di ristorato-<br />
ri. Quando rievoca gli inizi dell’avventura ci<br />
tiene a sottolineare la volontà dei soci di cre-<br />
are un luogo informale, fatto per socializza-<br />
re. «Non ho mai voluto assecondare la risto-<br />
razione classica perché era troppo banale<br />
per me, essendoci nato. Non volevo inserir-<br />
mi o lavorare in un ristorante dove ci sono<br />
dei canoni di formalità. Ho visto in Panino<br />
Giusto un ambiente dove si mangia bene e<br />
si sta bene, e mi ci sono buttato». Anche le<br />
cifre testimoniano che i quattro amici al bar<br />
sono diventati una community fedele.<br />
Il nome di questo locale, diventato poi<br />
un marchio vero e proprio, è figlio del-<br />
«La proporzione tra<br />
pane e companatico<br />
nei nostri prodotti<br />
è spostata verso<br />
<strong>il</strong> secondo. Per noi<br />
<strong>il</strong> pane non è altro<br />
che un contenitore<br />
di prelibatezze»<br />
A destra, Antonio Civita e Giovanni<br />
Roma, due dei fondatori di Panino<br />
Giusto. Sotto, alcuni dei loro piatti.<br />
Nell’altra pagina, Panino Giusto alla<br />
stazione Centrale di M<strong>il</strong>ano (in alto),<br />
e a Istanbul e Yokohama (in basso)<br />
48<br />
Può un tribunale aspirare a «prevenire la devianza» dell’uomo?<br />
Un magistrato contro l’uso del diritto come mezzo di risoluzione<br />
dei conflitti sociali. A prescindere da libertà, reati e responsab<strong>il</strong>ità<br />
In queste pagine, immagini tratte dai f<strong>il</strong>m Minority<br />
Report di Steven Spielberg, ambientato in un futuro<br />
in cui i reati sono puniti prima di essere commessi,<br />
e Arancia meccanica di Stanley Kubrick, dove una<br />
immaginaria giustizia pretende di estirpare <strong>il</strong> male<br />
dai delinquenti condizionandone <strong>il</strong> pensiero<br />
| 27 luglio 2011 | |<br />
8<br />
Giustizia<br />
Verso un futuro alla Minority Report<br />
| | 27 luglio 2011 | 9<br />
LA NUOVA LEGGE<br />
settimanale diretto da luigi amicone<br />
anno 17 | numero 29 | 27 luglio 2011 | 2,00<br />
Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1, ne/Vr<br />
«Sono un garantista<br />
come voi. Spazio a chi<br />
fa <strong>il</strong> bene di M<strong>il</strong>ano.<br />
E per l’Expo voglio<br />
Formigoni». Intervista<br />
a Giuliano Pisapia<br />
Cari avversari<br />
Vi stupirò<br />
16<br />
SOMMARIO
Può un tribunale aspirare a «prevenire la devianza» dell’uomo?<br />
Un magistrato contro l’uso del diritto come mezzo di risoluzione<br />
dei conflitti sociali. A prescindere da libertà, reati e responsab<strong>il</strong>ità<br />
Giustizia<br />
Verso un futuro alla Minority Report<br />
8 | 27 luglio 2011 | |
LA NUOVA LEGGE<br />
In queste pagine, fotogrammi tratti dai f<strong>il</strong>m Minority<br />
Report di Steven Spielberg, ambientato in un futuro<br />
in cui i reati sono puniti prima di essere commessi,<br />
e Arancia meccanica di Stanley Kubrick, dove una<br />
immaginaria giustizia pretende di estirpare <strong>il</strong> male<br />
dai delinquenti condizionandone <strong>il</strong> pensiero<br />
| | 27 luglio 2011 | 9
di Guido Bramb<strong>il</strong>la*<br />
Mi pare di poter affermare come<br />
ormai oggi la parola “giustizia”,<br />
abbia perso non solo un riferimento,<br />
un aggancio all’esperienza, ma<br />
anche al concetto stesso di ragione, o<br />
ragionevolezza, oggettive. Già <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo<br />
francofortese Max Horkheimer r<strong>il</strong>evava<br />
come la ragione dell’uomo sia «ormai completamente<br />
soggiogata al processo sociale,<br />
unico criterio è diventato <strong>il</strong> suo valore<br />
strumentale». In tale senso, continua<br />
l’autore de L’eclisse della Ragione, «concetti<br />
come quelli di giustizia, verità, uguaglianza,<br />
felicità, che nei secoli precedenti<br />
<strong>il</strong> nostro si credevano una cosa sola con la<br />
ragione o sanzionata da essa, hanno perso<br />
le loro radici intellettuali. Sono ancora<br />
scopi e fini ma non esiste più nessuna enti-<br />
10 | 27 luglio 2011 | |<br />
tà razionale autorizzata a dare un giudizio<br />
positivo e a metterli in rapporto con una<br />
realtà oggettiva». Italo Mancini, autore della<br />
nota F<strong>il</strong>osofia della prassi, ha sv<strong>il</strong>uppato<br />
questa idea laddove afferma che «i concetti<br />
etici e giuridici di giustizia, verità, uguaglianza,<br />
in quanto riferentesi a una realtà<br />
oggettiva, diventano inagib<strong>il</strong>i sul piano<br />
scientifico e quindi sono privi di senso». Il<br />
diritto, conseguentemente, sarebbe «l’ultima<br />
delle autorità prerazionali dell’Occidente<br />
(…) esso, cioè, andrebbe ancora sottoposto<br />
a quei processi di demitizzazione<br />
e secolarizzazione che hanno operato<br />
Mi sembra di poter ulteriormente scorgere,<br />
in questi tempi, una crisi profonda del nostro<br />
sistema classico di giustizia, in particolare,<br />
per quel che mi occupa, di quella penale<br />
in altri campi delle scelte umane, come,<br />
ad esempio, l’economia». Dico questo, perché,<br />
mi sembra di poter ulteriormente<br />
scorgere, in questi tempi, una crisi profonda<br />
del nostro sistema classico di giustizia,<br />
in particolare, per quel che mi occupa, di<br />
quella penale.<br />
Dietro fenomeni, come è stato quello di<br />
Tangentopoli, ma dietro anche alle tematiche<br />
del “processo breve”, e dei sempre più<br />
costanti ricorsi a procedure conc<strong>il</strong>iative o<br />
di giustizia ripartiva, mi pare evidente <strong>il</strong><br />
tentativo odierno di disinnescare i lunghi<br />
(a volte, necessariamente, lunghi) riti della<br />
ricerca della verità e delle<br />
responsab<strong>il</strong>ità, perché non<br />
più al passo con le urgenti<br />
necessità di soluzione dei<br />
conflitti sociali generati dalle<br />
condotte penalmente <strong>il</strong>le-
cite. Non solo la stessa logica del “processo”<br />
sarebbe ormai desueta, ma anche gli<br />
stessi concetti tradizionali di evento, di<br />
colpa, di punizione. La conoscenza viene<br />
sacrificata alle urgenze dell’informazione<br />
del tutto e subito e alla verità si fa bastare<br />
la verosimiglianza.<br />
Processo ai comportamenti<br />
Certo non vi è chi non ritenga, al tempo<br />
attuale, quanto meno tra gli addetti<br />
ai lavori, la necessità di una diversion<br />
delle strategie di politica criminale, resasi<br />
necessaria dall’enorme mole dei procedimenti<br />
pendenti avanti ai giudici ordinari<br />
(crisi di complessità e di contenib<strong>il</strong>ità) e<br />
dalla altrettanto improcrastinab<strong>il</strong>e esigenza<br />
di trovare soluzioni alternative ai sistemi<br />
punitivi classici come <strong>il</strong> carcere, che<br />
dovrebbe, in un paese civ<strong>il</strong>e, rappresenta-<br />
re l’extrema ratio. Mi pare però di scorgere,<br />
in tutto ciò, un pericolo, derivante proprio<br />
dalla tendenza, tutta postmoderna, di<br />
esasperazione dei diritti individuali, scollegati<br />
sempre più, tuttavia, dai correlativi<br />
doveri e responsab<strong>il</strong>ità personali e imputati<br />
finalisticamente a una giustizia strumentale<br />
e relativa, non più ancorata a una<br />
realtà oggettiva di sicuro riferimento.<br />
Si notano infatti visib<strong>il</strong>i segni di un<br />
passaggio dalla repressione limitata degli<br />
<strong>il</strong>leciti alla necessità di una prevenzione<br />
<strong>il</strong>limitata dei comportamenti. Se dal diritto<br />
penale classico, focalizzato sul concet-<br />
I concetti di evento, di colpa, di punizione sono<br />
desueti. La conoscenza viene sacrificata alle<br />
urgenze dell’informazione del tutto e subito<br />
e alla verità si fa bastare la verosimiglianza<br />
la nuova legge PRIMALINEA<br />
Nel f<strong>il</strong>m Minority Report<br />
Tom Cruise interpreta<br />
<strong>il</strong> detective John Anderton,<br />
in fuga dai colleghi perché<br />
accusato di un reato che<br />
non ha ancora commesso<br />
to di “lesione” si sta passando, lentamente,<br />
a un diritto penale moderno, focalizzato<br />
sul diverso concetto di “rischio di lesione”<br />
(proteso a fissare ex ante regole di<br />
comportamento e di garanzia, con trasferimento<br />
in taluni casi del rischio di evento<br />
su soggetti in grado di meglio gestirlo),<br />
vi è però, parallelamente, una teoria,<br />
tutt’altro che marginale, quella del cosiddetto<br />
“Interventionsrecht”, una teoria, alimentata<br />
prevalentemente dalle correnti<br />
dell’abolizionismo penale, che risolve<br />
appunto <strong>il</strong> diritto in un puro strumento<br />
di esclusivo controllo sociale, di prevenzione<br />
generalizzata e coatti-<br />
va. Il pelagianesimo moderno,<br />
sempre nemico del concetto<br />
di peccato originale e<br />
della possib<strong>il</strong>ità della grazia,<br />
non si pone più <strong>il</strong><br />
| | 27 luglio 2011 | 11
problema del reato, che viene ad essere<br />
definito “un’espressione di disadattamento”,<br />
né quello della responsab<strong>il</strong>ità connessa<br />
alla libertà dell’uomo. Alcuni anni fa,<br />
in un’aula di Tribunale, durante un processo<br />
di violenza carnale pedof<strong>il</strong>a, avevo<br />
sentito la parte civ<strong>il</strong>e pubblica auspicare<br />
interventi che preventivamente sottraessero<br />
i minori alle famiglie considerate<br />
“a rischio” di tale devianza (“rischio” che<br />
verrebbe però valutato da arbitrarie teorie<br />
sociologiche).<br />
La scomparsa della colpa<br />
In altri termini non ci sarebbe più bisogno<br />
di parlare di reato o di colpa, se si riesce<br />
a prevenire coattivamente o a risolvere<br />
diversamente <strong>il</strong> conflitto sociale generato<br />
da un’azione o da un’omissione.<br />
Non esiste più <strong>il</strong> reato, né <strong>il</strong> reo: la<br />
situazione-conflitto sfuggita alla prevenzione<br />
coatta, verrebbe a essere risolta prescindendo<br />
dalla sequenza libertà-responsab<strong>il</strong>ità-punizione:<br />
<strong>il</strong> delinquente è solo un<br />
malato da guarire, un disadattato sociale.<br />
Al giudice si sostituirebbero gli psichiatri<br />
o gli assistenti sociali con ampio ricorso<br />
all’eufemismo lessicale. Senza arrivare<br />
agli scenari distopici di un Burgess<br />
o di un Huxley, o ai “precogs”<br />
del famoso f<strong>il</strong>m Minority<br />
Report di Steven Spielberg,<br />
nel più “attuale” racconto dello<br />
scandinavo Henrik Stangerup<br />
L’uomo che voleva essere<br />
colpevole, <strong>il</strong> protagonista,<br />
uxoricida, viene neutralizzato<br />
attraverso l’intervento terapeutico<br />
con somministrazione<br />
di medicine, supervisione psichiatrica<br />
e l’allontanamento<br />
dai figli. Non c’è più bisogno di<br />
dichiararlo “colpevole” di qualcosa,<br />
perché <strong>il</strong> conflitto causato<br />
è stato risolto altrimenti. Egli però desidera<br />
essere riconosciuto responsab<strong>il</strong>e e<br />
punito; la colpa, infatti, una volta accettata,<br />
può aprire alla possib<strong>il</strong>ità del perdono<br />
e della Grazia. Per cui <strong>il</strong> pericolo è che la<br />
violenza, oggi riconosciuta nell’“obsoleto”<br />
sistema punitivo dello Stato, si possa trasferire<br />
solo in altri ambiti e trasformare in<br />
altre forme di esercizio del potere di controllo,<br />
ancor più irrispettosi della dignità<br />
della persona umana.<br />
La carità dimenticata<br />
Senza carità non ci può più essere giustizia:<br />
sono esperienze inseparab<strong>il</strong>i tra loro.<br />
Benedetto XVI, nella sua enciclica Caritas<br />
in Veritate, ha infatti affermato: «Ogni<br />
società elabora un proprio sistema di giustizia<br />
[ma] la carità eccede la giustizia,<br />
perché amare è donare, offrire del “mio”<br />
all’altro; ma non è mai senza la giustizia,<br />
la quale induce a dare all’altro ciò che è<br />
12 | 27 luglio 2011 | |<br />
“suo”, ciò che gli spetta in ragione del suo<br />
essere e del suo operare. Non posso “donare”<br />
all’altro del mio, senza avergli dato in<br />
primo luogo ciò che gli compete secondo<br />
giustizia. Chi ama con carità gli altri<br />
è anzitutto giusto verso di loro. Non solo<br />
la giustizia non è estranea alla carità, non<br />
solo non è una via alternativa o parallela<br />
alla carità: la giustizia è inseparab<strong>il</strong>e dalla<br />
carità, intrinseca a essa. La giustizia è la<br />
prima via della carità o, com’ebbe a dire<br />
Paolo VI, “la misura minima” di essa, parte<br />
integrante di quell’amore “coi fatti e nella<br />
verità” (1 Gv 3,18), a cui esorta l’apostolo<br />
Giovanni. Da una parte, la carità esige la<br />
giustizia: <strong>il</strong> riconoscimento e <strong>il</strong> rispetto dei<br />
In un processo di violenza carnale pedof<strong>il</strong>a<br />
avevo sentito auspicare interventi che<br />
preventivamente sottraessero i minori alle<br />
famiglie considerate a rischio di tale devianza<br />
legittimi diritti degli individui e dei popoli.<br />
Essa s’adopera per la costruzione della<br />
“città dell’uomo” secondo diritto e giustizia.<br />
Dall’altra, la carità supera la giustizia<br />
e la completa nella logica del dono e del<br />
perdono. La “città dell’uomo” non è promossa<br />
solo da rapporti di diritti e di doveri,<br />
ma ancor più e ancor prima da relazioni<br />
di gratuità, di misericordia e di comunione.<br />
La carità manifesta sempre anche<br />
nelle relazioni umane l’amore di Dio, essa<br />
dà valore teologale e salvifico a ogni impegno<br />
di giustizia nel mondo».<br />
La nostra speranza è, quindi, tutta riposta<br />
non in nuove teorie o in sistemi perfetti,<br />
ma in un “io” commosso, in uomini<br />
cambiati dalla misericordia<br />
di un Avvenimento presente,<br />
che nella carità, rende possib<strong>il</strong>e<br />
anche la vera giustizia. n<br />
*magistrato di sorveglianza<br />
presso <strong>il</strong> Tribunale di M<strong>il</strong>ano
LA FORZA DELL’INDIGNAZIONE<br />
Metti <strong>il</strong> giudice<br />
in cattedra<br />
Si può arrivare a sostituire i maestri con <strong>il</strong> Tar.<br />
Basta <strong>il</strong>ludere <strong>il</strong> pubblico che sia per <strong>il</strong> bene<br />
dei bambini. Due diaboliche lezioni di infelicità<br />
di Berlicche<br />
Mio caro Malacoda, vorrei istruirti<br />
oggi, attraverso un perfetto caso<br />
di scuola, sulla via giudiziariomediatica<br />
all’infelicità.<br />
In Italia, come sai, da tempo, tutto è<br />
sottoposto alla legge tranne le procure e<br />
i giudici. Ora, che tutto sia sottoposto alla<br />
legge sembra cosa in sé ineccepib<strong>il</strong>e. In<br />
nome di questa ovvietà i tutori della legge<br />
– che, ripeto, in Italia sono i magistrati<br />
e certi giornalisti appoggiati con enfasi da<br />
qualche teologo – sono riusciti a far passare<br />
<strong>il</strong> principio che la giurisprudenza (quindi<br />
non la legge in sé, ma la sua concreta<br />
applicazione), ma ci si accontenta ormai<br />
anche della consuetudine del modus operandi<br />
di alcune procure mediatizzate, è<br />
l’unico principio cui uniformarsi in ogni<br />
aspetto dell’esistenza e a cui appellarsi<br />
come criterio ultimo in ogni campo del<br />
vivere pubblico e privato, fin nei recessi<br />
più intimi di ogni rapporto umano.<br />
Così nel Belpaese i giudici decidono dei<br />
palinsesti televisi, della collocazione oraria<br />
dei programmi, della dirigenza della televisione<br />
pubblica e di ruoli e mansionari dei<br />
vari direttori. Così in Italia i tribunali decidono<br />
delle fortune o delle sfortune imprenditoriali<br />
di questo o di quell’editore, sin<br />
dai tempi del Corriere della Sera di Rizzoli.<br />
Così in Italia i tribunali, o chi in essi<br />
sostiene l’accusa, decidono della formazio-<br />
LA NUOVA LEGGE PRIMALINEA<br />
Qui sotto, Cruise-Anderton con un precog,<br />
i “veggenti” di Minority Report. Nell’altra<br />
pagina, Adalberto Maria Merli, eccentrico<br />
e antisociale capo della banda criminale<br />
dei Drughi nel f<strong>il</strong>m Arancia meccanica<br />
ne e della tenuta dei governi, incriminando<br />
<strong>il</strong> ministro della Giustizia o qualche suo<br />
fam<strong>il</strong>iare, fornendo materiale alle gazzette<br />
stampate sino alle dimissioni dell’interessato.<br />
Così in Italia i tribunali amministrativi<br />
decidono ormai del successo o dell’insuccesso<br />
scolastico degli studenti.<br />
Decideranno, in un futuro non remoto,<br />
anche la formazione delle classi? Di tutto<br />
questo, naturalmente, noi siamo più che<br />
soddisfatti. Fiat iustitia, pereat mundus, in<br />
nome della giustizia bisogna essere disposti<br />
a tutto, se poi la giustizia coincide con<br />
la propria indignazione, meglio.<br />
Ed ecco <strong>il</strong> caso di scuola di cui ti parlavo.<br />
Di scuola in due sensi: è esemplificativo<br />
del modello di convivenza sociale giudiziario-mediatica<br />
che voglio <strong>il</strong>lustrare e, secondo,<br />
riguarda la scuola.<br />
Una bambina di sei anni di Ischia è stata<br />
bocciata in prima elementare. La mamma<br />
si è precipitata dai giornali e in tele-<br />
| | 27 luglio 2011 | 13
visione gridando all’ingiustizia. Niente<br />
nomi, <strong>il</strong> caso è preso in esame perché simbolico,<br />
ma è divertente notare come i preoccupati<br />
tutori dei minori e del loro diritto<br />
di non essere esposti ai media non si siano<br />
curati del fatto che tutti i dati riportati<br />
nel parlare del caso e soprattutto l’intervista<br />
televisiva alla madre permettono<br />
l’identificazione immediata della bambina,<br />
che vive in un piccolo paese, e la sua<br />
ostentazione pubblica. Le farà bene? Non<br />
sono pensieri che possano turbare noi diavoli,<br />
ripeto: fiat iustitia, pereat mundus.<br />
«Le maestre – accusa la mamma indignata<br />
e offesa nel suo sentimento materno<br />
– l’hanno abbandonata a sé stessa, l’hanno<br />
lasciata all’ultimo banco, mentre io chiedevo<br />
la tenessero al primo, non le hanno<br />
dato l’insegnante di sostegno. Non mi hanno<br />
tenuta informata, ho saputo della bocciatura<br />
all’ultimo momento. Una di loro<br />
mi ha addirittura maltrattata prendendomi<br />
per un braccio davanti alla classe, l’ho<br />
pregata di trattarmi meglio perché la bambina<br />
è sensib<strong>il</strong>e. Ora ricorrerò al Tar…».<br />
Così, per sommi ma fedeli capi, in un telegiornale<br />
pubblico a diffusione nazionale. Il<br />
processo è iniziato, non in un aula di giustizia,<br />
direttamente nelle case degli italiani<br />
14 | 27 luglio 2011 | |<br />
In Italia i tribunali amministrativi decidono<br />
ormai del successo o dell’insuccesso scolastico<br />
degli studenti. Decideranno, in un futuro non<br />
remoto, anche la formazione delle classi?<br />
via etere. L’accusa ha altro da dire? Prego, la<br />
difesa può interrogare <strong>il</strong> teste (quante volte<br />
l’abbiamo visto in quei meravigliosi legalthr<strong>il</strong>ler<br />
americani). Ma la difesa non c’è. La<br />
maestra “maltrattatrice” non compare, le<br />
sue colleghe nemmeno, del dirigente scolastico<br />
nessuna traccia. Può darsi che <strong>il</strong> giornalista<br />
le abbia cercate, che queste si siano<br />
rifiutate di rispondere davanti alle telecamere.<br />
Peggio per loro, processo s’ha da fare<br />
e processo mediatico sia.<br />
Ora, una persona accusata davanti a<br />
m<strong>il</strong>ioni di persone di “maltrattamenti”<br />
potrebbe risentirsene e denunciare l’accusatrice<br />
a una corte penale per diffamazione<br />
a mezzo stampa, chiedere poi i danni<br />
in sede civ<strong>il</strong>e, a sua volta essere controdenunciata<br />
per i dichiarati maltrattamenti,<br />
e via andare, in un crescendo giudiziario<br />
senza fine. Mentre <strong>il</strong> Tar, serenamente,<br />
giudicherà se quella bambina l’anno prossimo<br />
debba sedere in prima o in seconda<br />
elementare. Sui giornali di carta, la ver-<br />
sione della scuola era invece<br />
riportata: «La bambina<br />
aveva insufficienze gravi già<br />
nel primo quadrimestre, la<br />
famiglia era stata avvisata<br />
da tempo, l’insegnante di<br />
sostegno, visto l’esito positivo della visita<br />
psicologica, non le spettava. Il giudizio è<br />
che questa bambina ha bisogno di più tempo<br />
per apprendere e quindi l’abbiamo aiutata<br />
a recuperare. Meglio ripetere la prima<br />
che fare la seconda da ultima della classe,<br />
con l’affanno di dover recuperare quanto<br />
non appreso l’hanno precedente».<br />
Due versioni a confronto<br />
Chi ha ragione? Le due versioni sono<br />
entrambe plausib<strong>il</strong>i. La grande <strong>il</strong>lusione è<br />
che un tribunale deciderà quale delle due<br />
è quella giusta, e che questo sarà <strong>il</strong> bene<br />
della bambina.<br />
Poniamo <strong>il</strong> caso che, pur accertati di<br />
difetti di apprendimento che anche la<br />
mamma riconosce, tanto da chiedere l’insegnante<br />
di sostegno, <strong>il</strong> Tar la promuova.<br />
Chi oserà più bocciarla, anche se questo, in<br />
un futuro fosse giusto. Iniziare un iter scolastico<br />
con alle spalle una sentenza di promozione<br />
come farà sentire la piccola, che
quando ha chiesto: «Papà sono stata promossa?<br />
Le abbiamo detto la verità, ma io e<br />
mio marito ci siamo messi a piangere. Ora<br />
non ha più voglia di andare a scuola». Gliela<br />
farà tornare un signore in tocco nero<br />
seduto dietro una b<strong>il</strong>ancia su una alta cattedra<br />
ben più incombente di quella rasoterra<br />
di una maestra? E loro le daranno la<br />
notizia ridendo?<br />
Poniamo invece <strong>il</strong> caso, più diffic<strong>il</strong>e ma<br />
possib<strong>il</strong>e, che <strong>il</strong> Tar confermi la bocciatura.<br />
Ricorso al Consiglio di Stato? Intervista a tg<br />
riuniti sulla “giustizia serva del potere”? E<br />
come glielo dicono alla figlia, piangendo<br />
di nuovo, dissimulando? E dove la mandano<br />
a scuola <strong>il</strong> prossimo anno?<br />
Ma ripeto, caro nipote, sono affanni<br />
che non ci riguardano, nostro compito è<br />
eccitarli, non risolverli.<br />
Non fai in tempo a citare un caso di<br />
scuola, che ne spunta un altro. Sempre<br />
in Italia, ma in un’altra regione, in un’altra<br />
scuola, in un’altra prima elementare:<br />
questa volta i bocciati sono due. «Non hanno<br />
raggiunto gli obiettivi minimi e così<br />
dovranno ripetere l’anno». Anche in questo<br />
caso <strong>il</strong> “giornalista collettivo” che alberga<br />
in ogni gazzettiere non si trattiene: «Peccato<br />
che i bocciati abbiano appena sei anni.<br />
Non c’è bocciatura esente dal timore del<br />
ricorso. Che la soluzione di questi problemi<br />
vada trovata a livello educativo e non<br />
giurisdizionale non passa per la testa a nessuno<br />
Insomma, bambini di prima elementare.<br />
Una classe dove è notorio che non esistano<br />
“obiettivi minimi”, almeno sotto <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o<br />
puramente didattico». Ma se una classe<br />
inserita a pieno titolo nel curriculum<br />
studiorum previsto dall’ordinamento non<br />
ha obiettivi, né minimi né massimi, che<br />
ci stanno a fare i due-tre laureati, ab<strong>il</strong>itati<br />
vincitori di concorso, regolarmente stipendiati<br />
per condurre in modo automatico<br />
venti-venticinque pargoli da una classe<br />
a quella superiore?<br />
Che mi frega, dici? Hai ragione, ma<br />
ogni tanto mi ricordo del “loico ti conobbi”<br />
con cui fummo bollati e ho un sussulto di<br />
dignità. Comunque, ce lo spiega <strong>il</strong> giornalista<br />
in questione: «La prima elementare è<br />
paragonab<strong>il</strong>e infatti a un limbo che precede<br />
l’ingresso nel paradiso (o inferno) della<br />
scuola vera e propria. (Piano con le parole,<br />
l’inferno è mio e me lo gestisco io!, ndd*) È<br />
<strong>il</strong> delicatissimo momento del primo distacco<br />
del bimbo dai genitori, dove indossa-<br />
LA NUOVA LEGGE PRIMALINEA<br />
re un grembiulino può rappresentare un<br />
trauma. (Un problema, una possib<strong>il</strong>e difficoltà,<br />
oppure un piacere, un’innovazine<br />
positiva; possib<strong>il</strong>e che ogni cambiamento<br />
nasconda un trauma in agguato?). Qui tutto<br />
si gioca sul f<strong>il</strong>o di un feeling psicologico<br />
tra gli alunni e le loro nuove mamme scolastiche,<br />
cioè le maestre. Ed è per questo che<br />
la bocciatura appioppata ai bimbi vicentini<br />
assume <strong>il</strong> sapore amaro di un tradimento<br />
affettivo, ancor prima che di una punizione<br />
legata allo scarso rendimento scolastico.<br />
Sul punto sono d’accordo gli ispettori<br />
del ministero dell’Istruzione: «In prima elementare<br />
– spiegano gli esperti di viale Trastevere<br />
– la priorità dei docenti deve essere<br />
quella di creare un clima di reciproca fiducia<br />
e serenità con la scolaresca. In questa<br />
fase qualsiasi decisione deve essere mediata,<br />
evitando atteggiamenti troppo duri e<br />
netti». Un orientamento di cui le maestre<br />
dei piccoli “respinti” non hanno tenuto<br />
conto. Tradimento affettivo? E quello del<br />
padre che punisce <strong>il</strong> figlio perché torna con<br />
una nota, o che lo obbliga a studiare perché<br />
le maestre chiedono che recuperi che cos’è?<br />
Concorso esterno in tradimento affettivo?<br />
L’antagonismo dei genitori<br />
In attesa di ricorso al Tar anche da parte<br />
dei genitori di questi altri due bambini,<br />
ricapitoliamo.<br />
Un costante impegno per destab<strong>il</strong>izzare<br />
l’idea stessa di educazione ci ha portato<br />
a una situazione di totale confusione dei<br />
ruoli in cui l’invasione dei campi altrui è<br />
diventata la regola. Ci siamo<br />
battuti onorevolmente<br />
per la “democratizzazione”<br />
della scuola ottenendo<br />
che i genitori da collaboratori<br />
degli insegnanti in un progetto<br />
formativo diventassero<br />
i loro antagonisti, assumendo la funzione<br />
di sindacalisti dei propri figli. Non c’è giudizio<br />
di inammissib<strong>il</strong>ità all’esame di terza<br />
media o alla maturità che non veda appello<br />
al Tar. Non c’è bocciatura esente dal timore<br />
della spada draconiana del ricorso. Che la<br />
soluzione di questi problemi vada trovata a<br />
livello educativo e non giurisdizionale non<br />
passa più per la testa di nessuno. Se <strong>il</strong> contadino<br />
tedesco si accontentava che ci fosse<br />
“un giudice a Berlino”, ora tutti vogliono<br />
un tribunale sotto casa, se non dentro.<br />
Quando la legge sarà tutto in tutto,<br />
ogni cosa sarà un possib<strong>il</strong>e reato (una bocciatura,<br />
una telefonata, una parola detta<br />
per scherzo, una carezza a un bambino,<br />
un’idea), allora potremo abolire maestri,<br />
politici e poeti. L’ordine regnerà in<br />
ogni città e non ci sarà più spazzatura nelle<br />
strade e nei cuori. O no?<br />
Forse sogno. Intanto godiamocela.<br />
Tuo affezionatissimo zio Berlicche<br />
*nota del diavolo<br />
| | 27 luglio 2011 | 15
INTERNI<br />
16 | 27 luglio 2011 | |<br />
L’INTERVISTA<br />
Cari avversari<br />
vi sorprenderò<br />
«Non sono un politico e non parto dall’ideologia,<br />
ma dalle idee per M<strong>il</strong>ano. Spazio a chiunque faccia<br />
<strong>il</strong> bene della città. Dal welfare ai servizi, dal Pgt<br />
all’Expo. E basta invocare le toghe. Al sindaco<br />
ciò che è del sindaco». Parla Giuliano Pisapia<br />
di Luigi Amicone<br />
In principio fu la metafora dell’anticristo.<br />
In realtà <strong>il</strong> mite zapateriano Giuliano<br />
Pisapia non è soltanto una bella<br />
persona. È una personalità autentica. Quello<br />
del suo fare aggraziato, gent<strong>il</strong>e, garbato,<br />
sembrava un motivetto propagandistico<br />
(un po’ come l’arancione e <strong>il</strong> risotto), ruminato<br />
da un marketing dello zecchino d’oro<br />
di Bologna per fasciare <strong>il</strong> candidato sindaco<br />
di M<strong>il</strong>ano con uno, nessuno, centom<strong>il</strong>a<br />
prof<strong>il</strong>i di civ<strong>il</strong> servant indignati e ammodo<br />
(mica come quei brùbrù berluscones). Operazione,<br />
come è noto, riuscitissima. Però<br />
ci sta tutta. Niente tammuriata in versione<br />
meneghina (né, tanto meno, “nichivendoliana”,<br />
come si vide con la ripassata che<br />
<strong>il</strong> governatore di Puglia a M<strong>il</strong>ano subì dal<br />
neoeletto primo cittadino). In Pisapia la<br />
sostanza c’è. E te ne accorgi al primo impatto.<br />
Quando per giustificare <strong>il</strong> ritardo non ti<br />
invia <strong>il</strong> portavoce o <strong>il</strong> messo comunale. Ma<br />
esce lui, trafelato e simpaticissimo, a stringerti<br />
la mano e «mi scusi, ne ho ancora per<br />
dieci minuti, così poi facciamo con calma.<br />
Va bene?». Ed eccoci a tu per tu con l’avvocato,<br />
deputato di Rifondazione comunista<br />
per due legislature, 62 anni, dal primo giugno<br />
scorso sindaco di M<strong>il</strong>ano, eletto nelle<br />
f<strong>il</strong>e del centrosinistra dopo che la sinistra<br />
mancava al governo di M<strong>il</strong>ano da 18 anni.<br />
Da Roma è appena giunta notizia della<br />
sentenza del Tar che ha azzerato la giunta<br />
Alemanno per mancato rispetto delle<br />
“quote rosa”. Altro schiaffo alla politica?<br />
A dirla tutta a Roma l’errore è stato fatto<br />
dalla politica. Perché se tu ti imponi le<br />
“quote rosa” per statuto comunale succede<br />
che prima o poi qualcuno ti obbliga a<br />
rispettarle. Non si legifera sulle opzioni che<br />
hanno valenza culturale. Io ho scelto di fare<br />
una “giunta rosa” e sono veramente contento<br />
del lavoro che stanno svolgendo le donne<br />
assessori. Però non lo scrivo nello statuto<br />
comunale, perché non voglio che poi un<br />
magistrato me le imponga.<br />
Ma non trova che sia diventato asfissiante<br />
<strong>il</strong> pressing della magistratura?<br />
Sì, <strong>il</strong> problema c’è ed è serio. Pensiamo<br />
alla pratica amministrazione di una città:<br />
come si fa a rimanere alla mercé – ogni volta<br />
che c’è un appalto, un lavoro urgente, un<br />
problema che richieda decisioni immediate<br />
– di un ricorso, fondato o infondato, che<br />
blocca tutto? Bisogna trovare altri strumenti.<br />
Se uno ha “barato” pagherà i danni, ma<br />
non si può sempre fermare tutto.<br />
Ci sta dicendo che anche Pisapia è già<br />
sotto tutela e “controllo di legalità”?<br />
No, sto dicendo che abbiamo un problema.<br />
Le faccio un esempio. In questi giorni<br />
ci sono stati cittadini che si sono appellati<br />
al sottoscritto perché una certa strada che<br />
doveva essere asfaltata è rimasta incompiuta<br />
per 50 metri. E proprio nel tratto in cui<br />
era più necessario completare i lavori a causa<br />
della presenza di buche pericolose. Sono<br />
andato dal dirigente comunale e ho chiesto<br />
un intervento d’urgenza per sbloccare<br />
la situazione. Mi ha risposto: «Non si può».<br />
E perché non si può? Per una serie di questioni<br />
procedurali e legali. Allora ho contattato<br />
personalmente la ditta che ha in carico<br />
i lavori impegnandomi personalmente<br />
a risolvere le questioni in cambio del completamento<br />
di quei 50 metri. Crede che sia<br />
riuscito a smuovere qualcosa? La risposta è<br />
sempre la stessa: «Non si può». Non parliamo<br />
poi del penale. Il fatto che, là dove ci<br />
sono comportamenti scorretti, ma magari<br />
in buona fede, si ricorra sempre al codi-<br />
ce penale trovo sia uno dei mali italiani.<br />
Io penso che anche là dove ci sono decisioni<br />
sbagliate, o anche <strong>il</strong>legittime, sono altre<br />
le sanzioni che si dovrebbero comminare.<br />
Dove sta <strong>il</strong> bus<strong>il</strong>lis, secondo lei?<br />
L’errore fondamentale è pensare di dare<br />
sempre e comunque risposte giudiziarie<br />
a problemi che possono nascere non da<br />
volontà di compiere un reato, ma da valutazioni<br />
sbagliate nate in condizioni magari<br />
obiettivamente complesse, equivoci, incomprensioni.<br />
Lo dice uno che non è e non si<br />
sente un politico: l’idea di risolvere i problemi<br />
della politica col ricorso al dispositivo<br />
penale è una scelta profondamente sbagliata.<br />
Gli errori politici si pagano con la perdita<br />
del consenso nella società.<br />
Questa mattina ha già tastato su facebook<br />
gli umori del suo architetto?<br />
No, perché? Cos’ha scritto Boeri?<br />
Solo una replica a Travaglio. Però stamane,<br />
sui giornali, c’è la notizia di una “grande<br />
moschea” per M<strong>il</strong>ano. Ne sa qualcosa?<br />
Sono sempre stato abituato a fare prima<br />
le cose e poi a parlarne. Capisco benissimo<br />
le necessità giornalistiche e ribadisco<br />
la volontà di creare le condizioni perché<br />
la libertà di culto possa trovare soluzioni<br />
concrete anche a M<strong>il</strong>ano. Detto questo, a<br />
oggi non c’è nessun progetto, tanto meno
Foto: AP/LaPresse<br />
di “grande moschea”. Siamo ancora nella<br />
fase di consultazione e ricognizione. Ci<br />
sono opzioni diverse. Anche all’interno del<br />
mondo musulmano. Valuteremo <strong>il</strong> da farsi.<br />
Mentre sul registro delle coppie di fatto,<br />
stando alle dichiarazioni dell’assessore<br />
Majorino, ci sarebbe già una tempistica.<br />
Il registro è certamente un impegno<br />
che intendo mantenere. Ma non esiste nessuna<br />
tempistica. Al momento abbiamo<br />
altre urgenze da affrontare.<br />
E chi saranno i commissari dell’Expo: Pisapia<br />
e… Formigoni?<br />
La cosa avrebbe effettivamente una sua<br />
logica. La legge dice espressamente che uno<br />
dei commissari dell’Expo dev’essere <strong>il</strong> sindaco<br />
di M<strong>il</strong>ano. Quindi per <strong>il</strong> primo commissario<br />
non ci sono dubbi. Quanto all’altro,<br />
quello che ha <strong>il</strong> compito di tenere i rapporti<br />
con l’estero – l’ambasciatore insomma<br />
– <strong>il</strong> fatto che la nomina riguardi Formigoni<br />
mi sembrerebbe giusto e corretto sul<br />
piano istituzionale. Ci sono tra noi divergenze<br />
su alcune scelte specifiche. Ciò non<br />
toglie che la collaborazione tra Comune e<br />
Regione è la premessa indispensab<strong>il</strong>e per la<br />
buona riuscita dell’Expo.<br />
Non teme contestazioni dopo l’accusa di<br />
aver dato l’ok all’Expo morattiano?<br />
Io non ho alcun problema a sottoscrive-<br />
re tutto ciò che mi sembra buono e giusto<br />
per M<strong>il</strong>ano. Poi, se ci sono cose da cambiare<br />
– e ci sono –, le cambieremo. La mia giunta<br />
è al lavoro per promuovere tutto ciò che<br />
è bene per la città. Qualunque cosa faccia <strong>il</strong><br />
bene di M<strong>il</strong>ano, io la sottoscriverò.<br />
Dunque, entro fine luglio approverete<br />
l’accordo sull’Expo che la sua giunta ha<br />
ereditato da Letizia Moratti.<br />
Esatto. La seduta del Consiglio comunale<br />
è fissata per <strong>il</strong> 28 luglio. Approveremo<br />
l’accordo nei termini in cui è già stato<br />
approvato in giunta…<br />
All’unanimità. E con <strong>il</strong> “sì” anche di Stefano<br />
Boeri, l’archistar che consegna a facebook<br />
i suoi malumori…<br />
Esatto. E posso assicurare che dalla<br />
giunta non verranno voci dissonanti rispetto<br />
a quanto abbiamo già chiarito e approvato.<br />
Credo, invece, che in sede cons<strong>il</strong>iare<br />
daremo alcune indicazioni sull’ut<strong>il</strong>izzazione<br />
delle aree per <strong>il</strong> dopo Expo…<br />
Avete già individuato modifiche al piano<br />
d’uso dell’area per <strong>il</strong> dopo Expo?<br />
Mi sembra prematuro parlare di modifiche.<br />
Il 28 approveremo un ordine del giorno<br />
su indicazioni che diventeranno vincolanti<br />
per <strong>il</strong> sindaco.<br />
In effetti anche <strong>il</strong> segretario del Bureau<br />
International des Expositions, Vicente<br />
Loscertales, vi ha mandato un messaggio<br />
abbastanza forte: «Non possiamo pensare<br />
che 150 m<strong>il</strong>a visitatori vengano ogni<br />
giorno a M<strong>il</strong>ano per vedere come si coltivano<br />
le melanzane del Togo».<br />
Infatti, nessuno contesta che l’Expo<br />
debba <strong>il</strong>lustrare <strong>il</strong> tema dell’edizione m<strong>il</strong>anese<br />
“Nutrire <strong>il</strong> Pianeta, Energie per la<br />
Vita”. Ma ogni paese deve poter modulare<br />
<strong>il</strong> tema come meglio ritiene. È bello che ci<br />
sia una parte di padiglioni dedicati all’orto<br />
botanico, però è evidente che se un paese<br />
ritiene di dover esibire altre specificità, non<br />
solo bisogna offrirgli la possib<strong>il</strong>ità di farlo,<br />
ma bisogna farlo, altrimenti perché dovrebbe<br />
venire all’Esposizione di M<strong>il</strong>ano?<br />
Sia detto per inciso: in tema di alimentazione,<br />
almeno fino ad oggi è stata tenuta<br />
accuratamente fuori dal dibattito<br />
sull’Expo la questione degli Ogm. Cioè di<br />
quei prodotti alimentari messi in mora in<br />
Italia ma di cui si nutrono ormai m<strong>il</strong>iardi<br />
di persone, dal Canada all’Australia. E per<br />
i quali non si è mai riscontrato a livello<br />
planetario nessun caso di tossicità. Mentre<br />
è notizia di questi giorni che <strong>il</strong> batterio<br />
k<strong>il</strong>ler rintracciato nei germogli di soia<br />
commercializzati da un’azienda tedesca<br />
di prodotti biologici si è diffuso e ha ucciso<br />
almeno cinquanta persone in Europa.<br />
La ricerca scientifica ci mette in guardia:<br />
se non si vuole desertificare <strong>il</strong> pianeta,<br />
se si vuole sul serio sfamare l’Africa ed<br />
evitare i rischi procurati da un certo fondamentalismo<br />
della “Terra Madre” e del<br />
“Prodotto Bio”, prima o poi bisognerà<br />
che si ponga fine all’assurda criminalizzazione<br />
degli Ogm. Lei cosa ne pensa?<br />
Penso che sia un tema un po’ troppo<br />
divisivo. Capisco <strong>il</strong> suo punto di vista e<br />
anch’io credo che occorra approfondire le<br />
ricerche e non compiere scelte orientate<br />
ideologicamente. Però, nel contesto in cui<br />
operiamo ritengo che dobbiamo trovare<br />
temi che uniscano, non che dividano.<br />
E <strong>il</strong> Pgt? È ancora deciso a revocarlo?<br />
Non si tratta di una revoca, ma della<br />
non pubblicazione. Per due motivi: primo,<br />
perché gli esperti mi dicono mancasse<br />
tutta una serie di documentazione; secondo,<br />
perché, come ho detto chiaramente in<br />
campagna elettorale, in materia di piano<br />
di governo del territorio ho posizioni completamente<br />
diverse da quelle del centrodestra.<br />
Il fatto stesso che quel piano sia stato<br />
concepito nella prospettiva di una M<strong>il</strong>ano<br />
con un m<strong>il</strong>ione e settecentom<strong>il</strong>a abitanti<br />
mi sembra assolutamente fuori dalla<br />
realtà. Purtroppo, dico, perché non mi<br />
pare un bel segno di vitalità <strong>il</strong> fatto che i<br />
nostri indici demografici e di natalità siano<br />
così negativi. Perciò, <strong>il</strong> fatto stesso che <strong>il</strong> Pgt<br />
della Moratti sia stato realizzato sulla base<br />
di una premessa così errata dice già <strong>il</strong> suo<br />
limite strutturale. E la necessità di ope-<br />
| | 27 luglio 2011 | 17
INTERNI L’INTERVISTA<br />
18 | 27 luglio 2011 | |<br />
Giuliano Pisapia e <strong>il</strong> suo assessore<br />
alla Cultura Stefano Boeri (Pd) si<br />
sono scontrati sul piano per l’Expo<br />
rare modifiche profonde. E poi c’era quel<br />
ricorso pendente sulle quattrom<strong>il</strong>a osservazioni<br />
avanzate dai cittadini e non accolte<br />
dalla giunta Moratti, che avrebbe comunque<br />
richiesto la modifica del Pgt Masseroli.<br />
Però parte del Pd le ha chiesto di pubblicarlo<br />
per procedere poi alle modifiche.<br />
Sbagliato. Se pubblicassi questo Pgt e lo<br />
modificassi in seguito, verrei sommerso dai<br />
ricorsi per diritti acquisiti.<br />
C’è un piccolo particolare: con questi chiari<br />
di luna M<strong>il</strong>ano rinuncia a 70 m<strong>il</strong>ioni di euro in<br />
oneri di urbanizzazione, perde posti di lavoro,<br />
prosegue nel governo del territorio all’insegna<br />
dei divieti e dell’incertezza. E del nuovo Pgt si<br />
riparla fra due anni. Forse.<br />
C’è però un altro piccolo particolare:<br />
anche noi abbiamo una visione della città.<br />
Ed è la visione che ha trovato <strong>il</strong> maggior<br />
consenso tra i cittadini. Aggiungo: non si<br />
può rivoluzionare M<strong>il</strong>ano per incassare gli<br />
oneri di urbanizzazione. Io non faccio un<br />
grattacielo per incassare gli oneri. Lo faccio<br />
se serve. Il parametro non può essere quello<br />
di far quadrare i b<strong>il</strong>anci. I b<strong>il</strong>anci si fanno<br />
in un’altra maniera…<br />
Ecco, in che modo farà quadrare i b<strong>il</strong>anci?<br />
Un momento, gli oneri di urbanizzazione<br />
li faremo anche noi! Ma sulla base di un<br />
altro progetto. Quanto al resto, <strong>il</strong> buco c’è e<br />
dovremo fare delle scelte dolorose.<br />
Tipo addizionale Irpef?<br />
Ci sta ragionando l’assessore al B<strong>il</strong>ancio<br />
e molto dipenderà anche dalla manovra del<br />
governo. Comunque sia, se questo avverrà,<br />
me ne assumerò personalmente la responsab<strong>il</strong>ità<br />
davanti ai cittadini. Spiegherò che<br />
quanto sarà loro richiesto è solo in funzione<br />
del miglioramento dei servizi.<br />
Sarà diffic<strong>il</strong>e mantenere la promessa dei<br />
mezzi pubblici gratis per gli under 65…<br />
Lo ammetto, per quanto riguarda i<br />
65enni ho fatto un errore. Primo, perché<br />
uno pensa che a 65 anni si è anziani e invece,<br />
considerate le aspettative di vita, si è<br />
poco più che persone attempate. Secondo,<br />
perché non avevo pensato a coloro che ut<strong>il</strong>izzano<br />
i mezzi pubblici sporadicamente e<br />
che ovviamente, se fosse gratuito, opterebbero<br />
anch’essi per l’abbonamento. Detto<br />
questo, farò certamente qualcosa per fac<strong>il</strong>itare<br />
la mob<strong>il</strong>ità degli anziani.<br />
Anche i referendum avranno un costo…<br />
Beh, <strong>il</strong> parco no… Intanto continueremo<br />
a disincentivare la mob<strong>il</strong>ità dei mezzi<br />
privati nel centro cittadino.<br />
Con un “super Ecopass”?<br />
Prima di decidere voglio leggere le<br />
conclusioni della relazione dei saggi della<br />
Moratti. Terrò molto in conto quel documento.<br />
Mi dicono sia composta di persone<br />
molto autorevoli e capaci.<br />
«È bello che parte dei padiglioni dell’Expo sia<br />
dedicata all’orto botanico, ma se un paese<br />
ritiene di esibire altre specificità, bisogna<br />
dargli la possib<strong>il</strong>ità di farlo. E bisogna farlo»<br />
Autorevole e soprendente è stata la sua<br />
apertura alla collaborazione con la Provincia<br />
(guidata da Pdl e Lega) in tema di<br />
città metropolitana. Cosa immagina per<br />
la Grande M<strong>il</strong>ano?<br />
Ci sono due livelli, quello delle “municipalità”,<br />
con i Consigli di zona che dovranno<br />
assumere poteri reali di amministrazione<br />
del territorio. E, secondo, si impone un<br />
livello di sinergia dei luoghi e delle risorse,<br />
in modo da ut<strong>il</strong>izzare al meglio gli spazi sul<br />
territorio, diminuire i doppioni e, nel contempo,<br />
assicurare maggiori ambiti di socialità<br />
e cultura. In Parlamento avevo già presentato<br />
una legge in proposito.<br />
E un’altra sull’abolizione delle Province…<br />
Che in teoria trova d’accordo tutti, poi,<br />
nei fatti è respinta a destra e a sinistra<br />
Comunque, niente come la città metropolitana<br />
contiene in sé la logica dell’abolizione<br />
delle Province che solo un governo tecnico<br />
può avere la forza di decidere.<br />
Vede la possib<strong>il</strong>ità di un governo tecnico?<br />
Sì, certo, la necessità di un governo<br />
che sappia compiere scelte coraggiose la<br />
vediamo tutti, c’è e si sente. Però non è<br />
<strong>il</strong> momento di un esecutivo tecnico. Non<br />
vedo come politicamente sia possib<strong>il</strong>e.<br />
Ripensare <strong>il</strong> welfare, valorizzare <strong>il</strong> no<br />
profit, unire riformisti di destra e di sinistra<br />
contro l’antipolitica e l’estremismo<br />
dei demagoghi. Questi sono gli auspici di<br />
cattolici popolari come Giorgio Vittadini.<br />
E questo, in un certo senso, è <strong>il</strong> messaggio<br />
che abbiamo letto sul Corriere della Sera<br />
in un recente articolo di Dario Di Vico. Da<br />
che parte si colloca la sua giunta?<br />
Guardi, io ho fatto la mia campagna<br />
elettorale su un patto per M<strong>il</strong>ano, non su<br />
una certa visione politica del mondo. È<br />
chiaro che tra me e lei, tra noi e pezzi di<br />
società distanti dalle nostre idee, ci sono<br />
discussioni che restano aperte. Tuttavia<br />
ciò non ci impedisce di parlarci e di lavorare<br />
insieme per <strong>il</strong> bene della città. Questo<br />
è <strong>il</strong> punto. Perciò, lei mi dice<br />
“welfare” e <strong>il</strong> mio pensiero corre<br />
al tempo in cui M<strong>il</strong>ano era<br />
davvero un insieme di sinergie<br />
rappresentato da amministrazione,<br />
volontariato, Chiesa,<br />
borghesia <strong>il</strong>luminata, cioè da<br />
mondi completamente diversi.<br />
È vero che erano altri tempi.<br />
Ma io sono convinto si possa<br />
rimettere in moto le ragioni<br />
di un impegno comune e ricostruire<br />
la fiducia nell’amministrazione.<br />
E di realtà sociali libere e<br />
sussidiarie come “Portofranco”,<br />
grande doposcuola per<br />
immigrati, che dalla sua amministrazione<br />
temono una<br />
svolta centralista?<br />
Guardi, qui non c’è nessun<br />
centralismo: io credo che <strong>il</strong> Comune debba<br />
mettere a disposizione, senza discriminazione<br />
e nella massima autonomia, ma<br />
anche senza priv<strong>il</strong>egi e ovviamente nel<br />
rispetto delle regole, gli spazi e i luoghi di<br />
sua pertinenza.<br />
Le cito, testuale da una nostra intervista,<br />
un pensiero del cardinale Angelo Scola,<br />
nuovo arcivescovo di M<strong>il</strong>ano: «Penso<br />
che l’Italia abbia bisogno di ritrovare,<br />
naturalmente secondo forme nuove, la<br />
grande tradizione sociopolitica che si è<br />
interrotta negli anni Settanta. Quando <strong>il</strong><br />
gratuito era alla radice dell’impegno sociale<br />
e centinaia di migliaia di uomini e di<br />
donne nel movimento operaio e nel movimento<br />
cattolico hanno dato la loro vita<br />
per servire i loro paesi e le loro città».<br />
Sa, molti mi mettono in guardia. Mi<br />
dicono: «Attento, arriva un arcivescovo che<br />
cambierà la linea della diocesi, entrerai in<br />
rotta di collisione». Mi dicono anche che<br />
dovrei conquistarmi i cattolici… Ma io non<br />
voglio conquistare nessuno. Io ho delle idee<br />
su M<strong>il</strong>ano e credo che queste idee non siano<br />
affatto distanti da quelle che possono<br />
avere persone che, per quanto concerne la<br />
visione morale della vita, la pensano diversamente<br />
da me. Perciò, a quelli che mi mettono<br />
in guardia io dico che non ho motivo<br />
per fasciarmi la testa. Non conosco Scola,<br />
non ho pregiudizi, mi auguro di collaborare<br />
con lui per <strong>il</strong> bene della città. Ci saranno<br />
divergenze? Bene. Ognuno di noi dovrà<br />
sentirsi libero di manifestarle apertamente,<br />
come si fa tra persone civ<strong>il</strong>i e rispettose delle<br />
diversità. Nella sostanza credo che certe<br />
contrapposizioni siano più <strong>il</strong> frutto di una<br />
rappresentazione della realtà che la realtà.<br />
E un futuro ticket Pisapia-Formigoni?<br />
No, questo proprio no. Anche perché<br />
presumo che Formigoni avrà un futuro<br />
nazionale, mentre per me l’esperienza<br />
politica finisce qui. Faccio <strong>il</strong> sindaco. E poi<br />
mi metto a riposo. n<br />
Foto: Fotogramma
interni polemiche culturali<br />
in platea<br />
serpeggia<br />
la nostalgia<br />
Diario di un melomane innamorato della Scala<br />
gloriosa e disorientato dagli ultimi allestimenti<br />
“innovativi”. «Non bastano grandi direttori<br />
internazionali a coprire <strong>il</strong> nich<strong>il</strong>ismo di regie<br />
e scene senza passione e senza mestiere»<br />
San Siro Sarà anche la Scala del calcio,<br />
come recita una nota metafora<br />
coniata per nob<strong>il</strong>itare uno stadio<br />
di cemento e transenne, ma a noi preme<br />
sapere se la Scala vera e propria sia ancora<br />
<strong>il</strong> <strong>Tempi</strong>o della musica e della cultura<br />
italiana. E capire anche M<strong>il</strong>ano, con la sua<br />
alta borghesia del quadr<strong>il</strong>atero e quella<br />
operosa di altri quartieri, che<br />
da generazioni va alla Scala.<br />
Cosa si aspetta dal suo prestigioso<br />
Teatro? È esigente abbastanza?<br />
Sa riconoscere la qualità<br />
in campo culturale e la pretende,<br />
come fa per altri campi,<br />
o <strong>il</strong> suo gusto è pregiudicato,<br />
come gli ultimi spettacoli<br />
lasciano sospettare? Forse <strong>il</strong> grande<br />
teatro è lo specchio di una crisi culturale<br />
che, al di là delle recenti polemiche ministeriali,<br />
investe la società italiana e quindi<br />
anche M<strong>il</strong>ano. La cosa è palese, e seria,<br />
anche perché nei palchi della Scala siede<br />
sempre un pubblico colto cosmopolita, e<br />
le voci corrono. Forse la borghesia m<strong>il</strong>anese,<br />
ammesso che ancora esista, ha perso<br />
un po’ di smalto.<br />
Ma per tornare al “miglior teatro del<br />
mondo”, come giustamente i m<strong>il</strong>anesi<br />
hanno sempre considerato la Scala, bisogna<br />
riconoscere la mestizia di alcune<br />
20 | 27 luglio 2011 | |<br />
«Chi ricorda la Scala del 2001 con<br />
<strong>il</strong> centenario della morte di Verdi,<br />
guidata da Muti e Fontana e prima<br />
del loro addio al Teatro, ricorda<br />
una Scala forse un po’ seriosa,<br />
ma terrib<strong>il</strong>mente professionale»<br />
rappresentazioni, salvate unicamente da<br />
grandi artisti, prevalentemente stranieri.<br />
Gli italiani si salvano come interpreti, ma<br />
quando vengono chiamati a firmare regie<br />
o scene, l’imbarazzo avanza.<br />
Dubbi sul palcoscenico<br />
La recente regia di Turandot, di Giorgio<br />
Barberio Corsetti, penalizza l’opera e rende<br />
quasi irricevib<strong>il</strong>e <strong>il</strong> secondo atto pucciniano,<br />
già denso di recitativi poco immediati.<br />
Come se <strong>il</strong> palcoscenico non fosse stato<br />
ampliato e migliorato nei recenti restauri,<br />
<strong>il</strong> pubblico deve sorbirsi scene piatte,<br />
grossolane, con tanto di videoproiezioni e<br />
scostanti effetti di chroma-key.<br />
Il nuovo allestimento di Pagliacci e<br />
Cavalleria Rusticana? La regia va a Mario<br />
Martone. Se con Cavalleria notiamo un<br />
minimalismo apprezzab<strong>il</strong>e, con Pagliacci<br />
le scene sono di una pesantezza insostenib<strong>il</strong>e.<br />
Si rimpiangono i fulgidi momenti sindacali<br />
quando <strong>il</strong> coro, per corroborare la<br />
vertenza, veste in borghese.<br />
Insomma, <strong>il</strong> quasi incubo del 2009<br />
con Carmen ad aprire la stagione per<br />
la regia di Emma Dante e le scene di<br />
Richard Peduzzi, è diventato per la Scala
Foto: AP/LaPresse<br />
una perenne notte travagliata. Innovare<br />
va bene, ma se <strong>il</strong> nuovo è peggio del vecchio<br />
teniamoci le regie e i costumi del passato.<br />
Non bastano grandi direttori (Barenboim<br />
per Carmen, Gergiev per Turandot)<br />
a coprire <strong>il</strong> nich<strong>il</strong>ismo di regie e scene senza<br />
passione e mestiere.<br />
Chi ricorda la Scala d’inizio m<strong>il</strong>lennio,<br />
ovvero <strong>il</strong> 2001 con <strong>il</strong> centenario della morte<br />
di Verdi, guidata da Muti e Fontana e<br />
prima della catastrofe che portò i due contendenti<br />
a lasciare uno dopo l’altro <strong>il</strong> Teatro,<br />
ricorda una Scala forse un po’ paludata<br />
e seriosa (si era prima della ristruttura-<br />
zione), ma terrib<strong>il</strong>mente professionale. La<br />
tr<strong>il</strong>ogia popolare verdiana, che detta così<br />
sembra roba semplice (Rigoletto, Traviata,<br />
Trovatore), fu messa in scena quasi contemporaneamente<br />
con scene, regie, interpreti<br />
e direzione impeccab<strong>il</strong>i. La diatriba<br />
Muti-Fontana si consuma tra <strong>il</strong> 2003 e <strong>il</strong><br />
2005, ma sembra preistoria.<br />
Verso le celebrazioni verdiane<br />
Quando <strong>il</strong> conflitto arrivò a Palazzo Marino,<br />
<strong>il</strong> sindaco era Albertini e i partiti si<br />
chiamavano Casa della Libertà e Quercia.<br />
Da non credere, quanta strada è stata fat-<br />
ta da allora, ma probab<strong>il</strong>mente a ritroso,<br />
e forse non solo sul palcoscenico. Sappiamo<br />
che Muti spesso non ha fatto della simpatia<br />
la sua arma vincente, ma della sua<br />
maestria ed esperienza di uomo di teatro<br />
sì. La “circolare” biografia di Verdi è tale<br />
che nel 2013, cioè dopodomani, cadrà invece<br />
<strong>il</strong> bicentenario della nascita, e lì potremo<br />
misurare definitivamente se <strong>il</strong> dopo<br />
Muti, piaccia o non piaccia la personalità<br />
del direttore, sarà all’altezza del prima.<br />
Cosa che fino ad ora, lo si dica una buona<br />
volta, non è stata.<br />
Stéphane Lissner, che si definisce<br />
| | 27 luglio 2011 | 21
interni polemiche culturali<br />
un francese cartesiano,<br />
fa bene, ma fa quello che<br />
può. Se evitasse <strong>il</strong> nuovo a<br />
tutti i costi farebbe anche<br />
meglio. Muti probab<strong>il</strong>mente<br />
era davvero <strong>il</strong> padre<br />
padrone che veniva dipinto da tutti, come<br />
d’altronde oggi è vero che manca un’unica<br />
guida musicale autorevole. Il sovrintendente<br />
cartesiano ha lasciato intendere<br />
che Muti forse tornerà per la tr<strong>il</strong>ogia verdiana,<br />
perché è stato invitato. Ci mancherebbe<br />
altro, rimane <strong>il</strong> migliore sulla piazza<br />
per fare Verdi, e quel Verdi popolare. Il<br />
Trovatore che inaugurò la stagione 2000-<br />
2001, con un cast strepitoso: Barbara Frittoli,<br />
Leo Nucci, Violeta Urmana, e Salvatore<br />
Licitra, aveva scene e regia firmate<br />
magistralmente da Hugo de Ana.<br />
<strong>il</strong> turista straniero non bada a spese per<br />
convincere <strong>il</strong> concierge del proprio<br />
albergo di lusso a trovare i biglietti.<br />
L’innamorato è disposto a tutto pur di<br />
stupirla con un palco. Chi ha <strong>il</strong> priv<strong>il</strong>egio<br />
di un abbonamento e l’onore dell’invito<br />
per la prima non è disposto a rinunciarvi<br />
troppo fac<strong>il</strong>mente. Potenza di<br />
un marchio capace di incutere<br />
venerazione e rispetto. Il marchio<br />
della Scala, talmente forte<br />
da troncare sul nascere ogni<br />
dubbio sulla politica culturale<br />
che genera. E che è chiamato<br />
a generare. Sì perché quella<br />
vocazione è nutrita dal prestigio<br />
ma anche stab<strong>il</strong>ita per<br />
legge. È infatti la legge 800 del<br />
1967, che sancisce che lo «Stato<br />
considera l’attività concertistica di r<strong>il</strong>evante<br />
interesse generale, in quanto intesa<br />
a favorire la formazione musicale, culturale<br />
e sociale della collettività nazionale» e<br />
riconosce (art.7) al Teatro alla Scala lo status<br />
di «ente di particolare interesse nazionale<br />
nel campo musicale». Secondo quella<br />
legge sono enti autonomi lirici <strong>il</strong> Teatro<br />
22 | 27 luglio 2011 | |<br />
«Una stagione nuova potrebbe partire,<br />
paradossalmente e coraggiosamente, da dieci<br />
anni fa con la riproposizione non pedissequa<br />
di cose egregie fatte a regola d’arte»<br />
L’inizio di una stagione nuova potrebbe<br />
partire, paradossalmente, ma anche<br />
coraggiosamente, da dieci anni fa con la<br />
riproposizione non pedissequa di cose<br />
egregie fatte a regola d’arte, piuttosto<br />
che la proposta d’innovazioni senza capo<br />
né coda. Le celebrazioni verdiane saranno<br />
l’insidioso giro di boa che si prof<strong>il</strong>a<br />
all’orizzonte per la Scala.<br />
Per affrontarlo bene ci vuole audacia,<br />
onestà intellettuale e amore per un grande<br />
Teatro che vuole e deve restare grande.<br />
Alessandro Turci<br />
b<strong>il</strong>Anci e sipArio<br />
Quando <strong>il</strong> teatro<br />
presenta <strong>il</strong> conto<br />
i privati investono, ma uno spettacolo costa<br />
in media 447 m<strong>il</strong>a euro e ne incassa 96 m<strong>il</strong>a.<br />
le sfide per <strong>il</strong> tempio della borghesia meneghina<br />
70<br />
per cenTo<br />
Dal 1997 (anno della<br />
trasformazione della<br />
Scala, come degli<br />
altri enti lirici, in<br />
Fondazione) al 2009<br />
<strong>il</strong> 69,05 per cento dei<br />
contributi è arrivato<br />
dal settore pubblico<br />
Comunale di Bologna, <strong>il</strong> Teatro Comunale<br />
di Firenze, <strong>il</strong> Teatro Comunale dell’Opera<br />
di Genova, <strong>il</strong> Teatro alla Scala di M<strong>il</strong>ano,<br />
<strong>il</strong> Teatro San Carlo di Napoli, <strong>il</strong> Teatro<br />
Massimo di Palermo, <strong>il</strong> Teatro dell’Opera<br />
di Roma, <strong>il</strong> Teatro Regio di Torino, <strong>il</strong> Teatro<br />
Comunale Giuseppe Verdi di Trieste,<br />
<strong>il</strong> Teatro La Fenice di Venezia e<br />
l’Arena di Verona. La legge 800<br />
stab<strong>il</strong>isce l’importanza nazionale<br />
delle produzioni liriche<br />
e lascia poi ovviamente ai singoli<br />
teatri la facoltà di decidere<br />
come mantenere viva quella<br />
tradizione, con le figure del<br />
sovrintendente e del direttore<br />
artistico (spesso riassunte<br />
in un’unica persona, come nel<br />
caso di Stéphane Lissner alla<br />
Scala) a comporre <strong>il</strong> cartellone della stagione<br />
di anno in anno.<br />
Ma <strong>il</strong> valore eminentemente nazionale<br />
di un’istituzione come la Scala si misura<br />
anche sui finanziamenti che riceve e i<br />
guadagni che genera. Da parte sua lo Stato<br />
ha stab<strong>il</strong>ito nel 1985 uno strumento ad<br />
hoc per <strong>il</strong> finanziamento della cultura con<br />
<strong>il</strong> Fus, <strong>il</strong> Fondo Unico per lo Spettacolo.<br />
Un Fondo che da sempre è stato destinato<br />
per metà ai sopracitati enti lirici e per<br />
l’altra metà a tutto <strong>il</strong> resto della cultura<br />
(cinema, teatro ecc), ma che ha conosciuto<br />
negli anni tagli costanti e sensib<strong>il</strong>i: basti<br />
dire che nel 2000 si avvicinava a 500 m<strong>il</strong>ioni<br />
di euro e nel 2009 è sceso a 457 m<strong>il</strong>ioni.<br />
I 428 m<strong>il</strong>ioni di quest’anno sono stati reintegrati<br />
per <strong>il</strong> rotto della cuffia nel decreto<br />
omnibus di marzo, dopo proteste che hanno<br />
infiammato i red carpet e impallinato<br />
l’allora ministro Sandro Bondi.<br />
Da enti a Fondazioni<br />
Nel mezzo di questa storia c’è però un passaggio<br />
fondamentale e che si deve a un<br />
governo di centrosinistra. Nel 1997, infatti,<br />
è entrata in vigore la riforma che ha<br />
fatto degli Enti lirici delle Fondazioni di<br />
diritto privato. L’obiettivo della “rivoluzione”<br />
fortemente voluta da Walter Veltroni<br />
era far sì che a poco a poco ai finanziamenti<br />
pubblici (che comunque non sono<br />
mai venuti meno) si affiancassero quelli<br />
di privati attratti dall’idea di mettere<br />
<strong>il</strong> proprio marchio sotto quello di istitu
Foto: AP/LaPresse<br />
zioni culturalmente prestigiose. Ha funzionato?<br />
Sì e no. Qualche settimana fa <strong>il</strong><br />
sovrintendente Lissner, presentando l’ingresso<br />
di Diego Della Valle tra i soci privati<br />
della Scala (<strong>il</strong> patron di Tod’s entrerà<br />
come socio fondatore permanente a<br />
partire dal gennaio 2012 con 5,2 m<strong>il</strong>ioni<br />
di euro), assicurava un budget<br />
per <strong>il</strong> 2011 di 116 m<strong>il</strong>io-<br />
ni di euro, derivanti per <strong>il</strong> 54<br />
per cento da contributi privati<br />
e ricavi propri e per <strong>il</strong> 46<br />
per cento da contributi pubblici.<br />
Tuttavia sul totale dei<br />
contributi al patrimonio e alla<br />
gestione dal 1997 (anno della<br />
trasformazione degli Enti<br />
in Fondazioni) al 2009 quasi <strong>il</strong><br />
70 per cento è arrivato da enti<br />
pubblici (Stato, Arcus, Comune, Provincia<br />
e Regione), <strong>il</strong> 9,68 per cento da privati<br />
(da Pirelli, a Prada passando per Armani)<br />
e <strong>il</strong> 21,26 per cento da aziende a partecipazione<br />
pubblica (come, ad esempio, Eni<br />
e A2A). La Scala è concordemente ritenuta<br />
come una delle Fondazioni più virtuose,<br />
che di fatto è riuscita ad attirare inve-<br />
44<br />
PER CENTO<br />
Il sovrintendente<br />
della Scala Lissner<br />
punta a ridurre al<br />
44% l’apporto dei<br />
contributi pubblici nel<br />
2012, portando al 56<br />
per cento contributi<br />
privati e ricavi propri<br />
stimenti privati e che si propone di farlo<br />
in maniera sempre maggiore in futuro,<br />
pur non rinunciando alla propria vocazione<br />
di teatro pubblico. Le stime per <strong>il</strong> 2012,<br />
sempre stando alle parole del sovrintendente,<br />
prevedono di portare la quota di<br />
contributi privati e ricavi propri al 56 per<br />
cento, contro <strong>il</strong> 44 per cento di<br />
contributi pubblici.<br />
Resta <strong>il</strong> fatto che la parola<br />
“produttività” è ancora estranea<br />
in questo mondo. Oggi alla<br />
Scala (sempre stando al b<strong>il</strong>ancio<br />
del 2009) uno spettacolo<br />
costa mediamente 447 m<strong>il</strong>a<br />
euro e ne incassa circa 96 m<strong>il</strong>a.<br />
Quello degli Enti lirici è un<br />
mondo spesso accusato di sprechi.<br />
Le numerose (e non di rado<br />
bizzarre) indennità (da quella del frac a<br />
quella dell’umidità) previste per i dipendenti,<br />
sarebbero niente in confronto alla<br />
criticità di un ambiente ultra sindacalizzato<br />
a difendere dei priv<strong>il</strong>egi che lasciano <strong>il</strong><br />
varco aperto ai furbetti del doppio o triplo<br />
lavoro. Nel 2009 le spese per <strong>il</strong> personale<br />
del teatro alla Scala (i dipendenti in pianta<br />
Sotto, proteste davanti alla Scala<br />
per i tagli alla cultura.<br />
In basso Della Valle (a sinistra)<br />
insieme al sovrintendente Lissner.<br />
Il patron di Tod’s entrerà come socio<br />
fondatore permanente a partire<br />
dal gennaio 2012 con 5,2 m<strong>il</strong>ioni<br />
Con la “rivoluzione” di Veltroni<br />
gli Enti lirici sono diventati<br />
Fondazioni per favorire l’ingresso<br />
(e gli investimenti) dei privati. Ha<br />
funzionato? Sì e no. Produttività<br />
è ancora un termine sconosciuto<br />
organica erano 740) sono state di circa 68<br />
m<strong>il</strong>ioni di euro. Un conto a parte si fa per<br />
gli artisti scritturati, per cui si sono spesi<br />
16 m<strong>il</strong>ioni nel solo 2009. La scelta sembra<br />
essere quella di puntare sulle star, sui<br />
grandi nomi in grado di assicurare una<br />
eco internazionale agli eventi della Scala.<br />
Lo stesso cartellone della prossima stagione<br />
promette «cast stellari».<br />
È legittimo domandarsi se un marchio<br />
come quello della Scala abbia bisogno<br />
di inseguire le star e accontentarle<br />
in ogni pretesa economica o possa piuttosto<br />
far valere <strong>il</strong> potere contrattuale di teatro<br />
più famoso del mondo. E qui l’analisi<br />
si intreccia col mal di pancia del melomane,<br />
che storce <strong>il</strong> naso di fronte alle tante<br />
rappresentazioni quanto meno audaci. Lo<br />
scorso anno la prima (che anche i profani<br />
ricorderanno per l’assedio degli studenti<br />
in protesta) fu un Wagner di 4 ore con<br />
allestimenti da guerre stellari. Quest’anno<br />
<strong>il</strong> Don Giovanni di Mozart. E c’è già chi<br />
lamenta un trattamento di serie B per la<br />
grande tradizione del bel canto italiano.<br />
Soprattutto nel centocinquantesimo anniversario<br />
dell’Unità d’Italia. [lb]<br />
| | 27 luglio 2011 | 23
INTERNI UNA NOVITÀ FRA I BANCHI<br />
Il laboratorio<br />
dell’autonomia<br />
Statali e paritarie in rete per una vera libertà<br />
di educazione. Dalla scelta dei docenti alla loro<br />
formazione. Tre scuole statali sperimentali<br />
propongono alle istituzioni una “riforma” del<br />
sistema. A partire da un’esperienza in atto<br />
Ospitiamo la proposta avanzata da tre scuole<br />
sperimentali di M<strong>il</strong>ano, Genova e Firenze<br />
alle rispettive Regioni per un’applicazione<br />
sistematica del principio di autonomia e della<br />
libertà di educazione. La versione integrale<br />
è pubblicata sul sito di <strong>Tempi</strong> (tempi.it).<br />
di Pietro Calascibetta*<br />
Il 14 giugno <strong>il</strong> ministro ha firmato <strong>il</strong><br />
decreto autorizzativo che permette<br />
alla scuola Rinascita-Livi di M<strong>il</strong>ano,<br />
congiuntamente agli istituti Scuola-Città<br />
Pestalozzi di Firenze e Don M<strong>il</strong>ani di Genova<br />
riuniti in rete, di proseguire la ricerca<br />
e la sperimentazione del progetto “Scuola<br />
Laboratorio” approvato nel 2006, adeguandolo<br />
alle nuove esigenze emergenti dal sistema<br />
e dalla società. Ringrazio <strong>il</strong> direttore di<br />
<strong>Tempi</strong> per avermi dato la possib<strong>il</strong>ità di spiegare<br />
in cosa realmente consiste questo progetto<br />
di cui si è molto parlato, che non può<br />
essere considerato una riproposizione della<br />
vecchia sperimentazione anni ’70, né un<br />
tentativo di conservazione di presunti priv<strong>il</strong>egi,<br />
ma vuole essere la sperimentazione<br />
concreta di una vera e propria proposta<br />
strutturale che come tale vogliamo sottoporre<br />
ai decisori politici di Lombardia, Liguria<br />
e Toscana, nonché nazionali.<br />
24 | 27 luglio 2011 | |<br />
Perché questo progetto può essere ut<strong>il</strong>e<br />
al sistema? Perché punta a realizzare,<br />
nell’ambito delle autonomie scolastiche,<br />
una nuova realtà che offre un servizio scolastico<br />
all’utenza, ma allo stesso tempo organizza<br />
le risorse umane e la struttura interna<br />
in modo da costituirsi in “laboratorio professionale”<br />
per le scuole pubbliche presenti<br />
nel territorio, sia rispetto alla formazione<br />
dei docenti in servizio e al tirocinio dei nuovi,<br />
sia per l’individuazione e sperimentazione<br />
di contesti di insegnamento e apprendimento<br />
per i ragazzi. Questa struttura, in sintesi,<br />
è animata dagli stessi docenti e ha la<br />
mission di mettere in moto dal basso la cultura<br />
e la pratica dell’innovazione e contemporaneamente<br />
di attuare una formazione<br />
“peer to peer” centrata sulla diffusione delle<br />
pratiche professionali concretamente agite<br />
dai docenti nei contesti di lavoro, valorizzando<br />
<strong>il</strong> protagonismo degli attori principali<br />
dell’autonomia scolastica: le famiglie e<br />
i docenti, nonché gli stessi studenti, in una<br />
dimensione cooperativa e democratica.<br />
I docenti della “Scuola Laboratorio” svolgono<br />
due compiti: insegnare e insieme coordinare<br />
la progettazione in rete, la formazione dei<br />
colleghi, la documentazione dei percorsi<br />
A parere di molti e anche nostro, lo stallo<br />
del sistema deriva dalla sottovalutazione<br />
della centralità di due disposizioni presenti<br />
nel Regolamento (275/99). La prima riguarda<br />
l’“autonomia di ricerca, sv<strong>il</strong>uppo e sperimentazione”<br />
(art. 6) che non viene assunta<br />
come metodologia abituale per la gestione<br />
del Piano dell’Offerta Formativa della scuola,<br />
ma viene considerata spesso un optional<br />
o un’attività aggiuntiva, anche per la mancanza<br />
di una formazione specifica degli<br />
insegnanti in questo campo. La seconda<br />
disposizione riguarda <strong>il</strong> lavoro di rete (art.<br />
7) che viene sì ut<strong>il</strong>izzato, ma in modo circoscritto<br />
allo sv<strong>il</strong>uppo di specifici progetti<br />
e non come pratica strutturale in grado<br />
di creare sinergie stab<strong>il</strong>i e flussi continui di<br />
comunicazione professionale tra i docenti e<br />
tra le scuole pubbliche nel territorio creando<br />
comunità di pratiche interattive.<br />
Quali sono le modalità operative che si<br />
stanno sperimentando? Per quanto riguarda<br />
la formazione, la sfida del progetto è di<br />
strutturare <strong>il</strong> contesto della “Scuola Laboratorio”<br />
in modo da offrire ai docenti in<br />
formazione un’organizzazione del lavoro<br />
ed esperienze di insegnamento e di interazione<br />
con studenti, insegnanti, genitori<br />
e territorio che possano costituire un vero<br />
ambiente significativo per la formazione<br />
tramite stage e scambi di docenti, come previsto<br />
dallo stesso Regolamento e quasi per<br />
niente attuato, e tramite <strong>il</strong><br />
tirocinio assistito per i nuovi<br />
docenti offrendo così anche<br />
un modello sperimentale per<br />
l’attuazione del Regolamento<br />
sulla formazione iniziale.
L’attivazione poi nelle “Scuole Laboratorio”<br />
di “Centri Risorse per lo sv<strong>il</strong>uppo professionale<br />
dei docenti” con <strong>il</strong> compito di promuovere<br />
incontri, dibattiti, seminari di presentazione<br />
delle esperienze e delle pratiche<br />
gestiti dai docenti e anche dai genitori delle<br />
scuole del territorio sui loro specifici bisogni,<br />
completa le azioni in questo ambito.<br />
Per quanto riguarda invece la ricerca<br />
di pratiche didattiche innovative, la “Scuola<br />
Laboratorio” priv<strong>il</strong>egia, come si è detto,<br />
la dimensione della rete per condividere<br />
i bisogni, le riflessioni e le proposte che<br />
nascono con i docenti, i genitori e gli operatori<br />
del territorio animandone l’interazione.<br />
La “Scuola Laboratorio” si assume<br />
poi <strong>il</strong> ruolo di portare a sintesi le proposte<br />
concrete di innovazione emerse e di guidarne<br />
la sperimentazione con l’aiuto di esperti<br />
nella propria struttura e/o nelle altre<br />
scuole coinvolte curando <strong>il</strong> monitoraggio,<br />
l’osservazione dei risultati<br />
e la documentazione in<br />
modo da mettere in comune<br />
l’esperienza, ma anche<br />
rendendola fruib<strong>il</strong>e, attraverso<br />
una documentazione<br />
generativa, a tutti in rete telematica.<br />
Per completare l’informazione va detto<br />
che <strong>il</strong> nuovo progetto dal significativo titolo<br />
“Dalla Scuola Laboratorio verso la Wiki<br />
School”, appena approvato con <strong>il</strong> decreto<br />
del 14 giugno, individua coerentemente nella<br />
comunicazione e nella costruzione cooperativa<br />
della conoscenza un potente contesto<br />
di apprendimento che può trovare nelle<br />
tecnologie della comunicazione uno strumento<br />
formidab<strong>il</strong>e a patto che si riesca a<br />
“inventare” pratiche didattiche che tengano<br />
conto degli aspetti pedagogici e valoriali<br />
propri di un’istituzione scolastica.<br />
Un investimento che vale la pena<br />
I docenti della “Scuola Laboratorio” o<br />
“Wiki School”, come potremmo dire da<br />
oggi, sono pertanto chiamati a svolgere<br />
due compiti: insegnare agli alunni e allo<br />
stesso tempo occuparsi del sostegno alle<br />
scuole attraverso <strong>il</strong> coordinamento della<br />
progettazione in rete, la formazione e <strong>il</strong><br />
tutoraggio dei colleghi, la documentazione<br />
dei percorsi. L’organico in più che è stato<br />
chiesto, la cui entità può essere naturalmente<br />
concordata, serve proprio per attivare<br />
questa nuova modalità di lavoro sul territorio<br />
con i docenti e con i genitori. Da qui<br />
anche la necessità di selezionare i docenti<br />
per i compiti necessari che sono diversi da<br />
quelli richiesti alla generalità dei docenti.<br />
Si tratta di un investimento che l’amministrazione<br />
scolastica fa e mette a disposizione<br />
a vantaggio del sistema nel suo complesso<br />
anche se è allocato in tre realtà. Si<br />
tratta di una strategia di spesa orientata,<br />
in una situazione di crisi come l’attuale, a<br />
potenziare alcune realtà che si impegnino<br />
a svolgere una funzione di risorsa per tutti.<br />
Naturalmente questo richiede una precisa<br />
rendicontazione, come è giusto che<br />
sia, e una sinergia con le amministrazioni.<br />
RISPONDE L’ASSESSORE<br />
Decentramento<br />
serve una svolta<br />
Per Gianni Rossoni l’idea di Calascibetta è in sintonia<br />
con la via lombarda alla sussidiarietà dell’istruzione.<br />
Non ci resta che abbattere la resistenza centralista<br />
La sfida è creare una sinergia tra le scuole del<br />
sistema pubblico (statali e paritarie) basata<br />
su una governance direttamente legata<br />
ai bisogni delle famiglie e degli operatori<br />
Io credo che la sfida da affrontare oggi a<br />
livello istituzionale nel campo dell’istruzione<br />
sia proprio quella di trasformare l’insieme<br />
delle scuole, isolate e in perenne competizione,<br />
in un vero e proprio sistema dove le<br />
istituzioni autonome, statali e paritarie, le<br />
associazioni, i servizi, insomma tutti i soggetti<br />
che si occupano di istruzione e formazione<br />
possano interagire ciascuno con<br />
la propria specificità creando una sinergia<br />
di sistema basata su una governance direttamente<br />
legata ai bisogni delle famiglie e<br />
degli operatori scolastici. La sinergia tra le<br />
scuole del sistema pubblico (tra statali e statali<br />
e anche tra statali e paritarie) è la condizione<br />
perché vi possa essere uno sv<strong>il</strong>uppo<br />
qualitativo dell’intero sistema.<br />
A livello nazionale è quasi impossib<strong>il</strong>e<br />
immaginare la realizzazione di un vero<br />
e proprio sistema organizzato, ma noi pensiamo<br />
che la proposta di sperimentare nel<br />
concreto una struttura come quella sopra<br />
descritta possa trovare un ascolto qualificato<br />
e un interesse proprio negli enti locali<br />
impegnati nella realizzazione di un sistema<br />
pubblico di istruzione territoriale adeguato<br />
alle sfide poste dalla modernità e dal federalismo.<br />
La rete interregionale delle tre “Scuole<br />
Laboratorio” può anche offrire un’occasione<br />
per studiare e sperimentare modalità<br />
di interazione innovative tra <strong>il</strong> sistema<br />
nazionale e i sistemi regionali di istruzione<br />
favorendo una circolazione autonoma<br />
dell’expertise alimentata dagli stessi docenti<br />
tra le varie realtà locali.<br />
È una proposta che facciamo ai decisori<br />
politici delle tre regioni ed è anche una<br />
scommessa che intendiamo portare avanti<br />
insieme ai nostri partner: Scuola-Città Pestalozzi<br />
di Firenze e Don M<strong>il</strong>ani di Genova.<br />
*dirigente scolastico dell’istituto<br />
sperimentale Rinascita-A. Livi di M<strong>il</strong>ano e<br />
coordinatore della rete “Scuole Laboratorio”<br />
di Gianni Rossoni*<br />
I<br />
progetti di autonomia delle tre scuole<br />
Rinascita-Livi di M<strong>il</strong>ano, congiuntamente<br />
agli istituti Scuola-Città Pestalozzi<br />
di Firenze e Don M<strong>il</strong>ani di Genova<br />
rappresentano un’interessante esperienza<br />
sia in quanto risorse per <strong>il</strong> territorio, sia<br />
per <strong>il</strong> loro status di maggiore autonomia,<br />
che può offrire spunti di forte interesse per<br />
la governance del sistema di istruzione nel<br />
suo insieme. Mi riferisco qui in particolare<br />
alla scuola di M<strong>il</strong>ano, a cui ho già avuto<br />
modo di manifestare personalmente l’interesse<br />
affinché questa realtà contribuisca<br />
| | 27 luglio 2011 | 25
INTERNI NOVITÀ TRA I BANCHI<br />
attivamente alle azioni di ricerca e di formazione<br />
degli insegnanti, così come <strong>il</strong> professor<br />
Calascibetta bene evidenzia nel suo<br />
intervento.<br />
Uno dei temi che ritengo si debba<br />
affrontare insieme è quello dell’innovazione<br />
della didattica di fronte alle tecnologie<br />
dell’informazione. Unitamente alle<br />
classi e scuole 2.0 – pregevole iniziativa<br />
del ministero dell’Istruzione – e alle altre<br />
sperimentazioni in essere, vogliamo lavorare<br />
insieme perché le Ict entrino fortemente<br />
nella didattica. Serve un approccio<br />
che non sia solo tecnologico, ma che<br />
riparta dalle fondamenta epistemologiche<br />
e dalle modalità di apprendimento,<br />
ripensando <strong>il</strong> ruolo del materiale didattico,<br />
del docente, dell’organizzazione della<br />
scuola per classi e discipline. Queste,<br />
come altre sfide importanti, le vogliamo<br />
affrontare insieme ai docenti ed alle scuole,<br />
a partire proprio da quelle, come la<br />
scuola Rinascita, che vogliono rappresentare<br />
una risorsa per le altre scuole e per<br />
<strong>il</strong> territorio. Non sarebbe infatti giustificata<br />
un’assegnazione maggiore di risorse<br />
– strumentali o di personale – se tale<br />
investimento restasse confinato all’interno<br />
della singola scuola e non fosse rivolto<br />
a tutto <strong>il</strong> sistema scolastico. In tal senso<br />
lo sv<strong>il</strong>uppo anche di reti di scuole diventa<br />
un’opzione di significativo interesse.<br />
Il sostegno diretto alle persone<br />
Vi è però un secondo elemento di interesse<br />
per queste esperienze di autonomia rafforzata,<br />
ed è esattamente <strong>il</strong> fatto che rappresentano<br />
un punto di riferimento per lo<br />
sv<strong>il</strong>uppo della stessa autonomia scolastica.<br />
Si tratta, per questo, di recuperare non<br />
solo quell’autonomia di ricerca, sv<strong>il</strong>uppo<br />
e sperimentazione di cui all’articolo 6 del<br />
Dpr 275 del 1999, ma di r<strong>il</strong>anciare <strong>il</strong> pieno<br />
compimento dell’autonomia scolastica<br />
ricollegandosi e attualizzando quelle idee<br />
che portarono al regolamento del 1999 e al<br />
cambiamento della Costituzione nel segno<br />
del decentramento.<br />
Autonomia scolastica e decentramento<br />
sono infatti due aspetti indissolub<strong>il</strong>i, poiché<br />
è la loro combinazione che rappresenta<br />
la vera svolta rispetto all’attuale sistema<br />
centralista. Ritengo ormai non più differib<strong>il</strong>e<br />
abbandonare una gestione accentrata<br />
del sistema scolastico per un affidamento<br />
pieno del servizio educativo alle scuole<br />
autonome, lasciando allo Stato la definizione<br />
delle norme generali e la valutazione<br />
dei risultati e alle Regioni e agli enti<br />
locali la relazione diretta con le scuole per<br />
la condivisione dei servizi<br />
aggiuntivi, per <strong>il</strong> servizio<br />
allo studio, delle strutture<br />
e attrezzature, nonché per<br />
<strong>il</strong> rapporto con <strong>il</strong> tessuto<br />
produttivo, per una scuola<br />
26 | 27 luglio 2011 | |<br />
che sempre più deve diventare “scuola della<br />
comunità”. Ciò rappresenterebbe oggi la<br />
vera azione modernizzatrice per <strong>il</strong> sistema<br />
scolastico e <strong>il</strong> superamento dell’autoreferenzialità<br />
e dei sentimenti diffusi di dis<strong>il</strong>lusione<br />
e frustrazione, nonostante le grandi<br />
risorse umane e professionali che sono<br />
presenti nelle scuole.<br />
Regione Lombardia ha già attuato, per<br />
<strong>il</strong> sistema di Istruzione e formazione professionale,<br />
<strong>il</strong> passaggio ad un modello sussidiario,<br />
fondato su libertà e responsab<strong>il</strong>ità.<br />
La Regione non eroga né gestisce direttamente<br />
<strong>il</strong> servizio, ma sostiene le persone<br />
nello sv<strong>il</strong>uppo del proprio capitale umano<br />
e regola la rete degli operatori attraverso<br />
la definizione degli standard minimi<br />
di qualità e la valutazione dei risultati.<br />
Nei percorsi regionali di Istruzione e formazione<br />
professionale per i giovani dai 14<br />
ai 18 anni – ma lo stesso avviene per la formazione<br />
continua e le politiche attive del<br />
lavoro – gli studenti possono frequentare<br />
gratuitamente grazie alla dote di 4.500<br />
euro che la Regione assegna loro e che possono<br />
spendere scegliendo l’istituzione formativa<br />
che preferiscono. D’altro canto gli<br />
enti (sia pubblici sia privati) hanno piena<br />
autonomia giuridica, finanziaria – ricevono<br />
<strong>il</strong> finanziamento direttamente dalla<br />
dote degli studenti e lo gestiscono in piena<br />
responsab<strong>il</strong>ità – e organizzativa: decidono<br />
quali figure professionali assumere e con<br />
quali criteri e procedure. Tutto ciò naturalmente<br />
nel rispetto delle regole regionali<br />
sull’accreditamento e sulla qualità dei servizi<br />
da erogare, nonché delle regole generali<br />
del lavoro e della sicurezza.<br />
Analogamente, per <strong>il</strong> sistema di istruzione<br />
bisogna ripartire dall’esperienza delle<br />
scuole che già hanno la possib<strong>il</strong>ità di<br />
selezionare <strong>il</strong> personale, che hanno goduto<br />
di più ampi spazi di autonomia, eventualmente<br />
ampliando la rete della sperimentazione.<br />
I punti fondamentali per la<br />
piena autonomia sono noti: la selezione<br />
e <strong>il</strong> reclutamento del personale, <strong>il</strong> finan-<br />
Si riprenda un dibattito ampio, coinvolgendo<br />
tutte le forze politiche e le scuole, con un<br />
protagonismo di quelle che hanno potuto<br />
sperimentare elementi di maggiore autonomia<br />
ziamento complessivo assegnato direttamente<br />
alla scuola, la revisione degli organi<br />
di governo, la differenziazione dei ruoli<br />
e dei contratti del personale, l’attivazione<br />
di una valutazione di sistema. Bisogna<br />
riprendere un dibattito ampio e di alto<br />
livello, con <strong>il</strong> coinvolgimento di tutte le<br />
forze politiche e delle scuole, con un protagonismo<br />
di quelle che hanno potuto sperimentare<br />
alcuni elementi di maggiore autonomia.<br />
Su questo tema dobbiamo superare<br />
strumentalizzazioni e interessi di parte,<br />
perché ne va del futuro del nostro paese.<br />
L’occasione del federalismo<br />
D’altro canto e allo stesso modo attuare<br />
<strong>il</strong> decentramento previsto dall’articolo<br />
117 della Costituzione significa accettare<br />
che i diversi livelli istituzionali della<br />
Repubblica possano assumere appieno<br />
<strong>il</strong> proprio ruolo e la propria responsab<strong>il</strong>ità,<br />
attraverso un federalismo che ne liberi<br />
le diverse potenzialità di sv<strong>il</strong>uppo. Lo<br />
Stato deve restare garante dell’unitarietà<br />
della nazione attraverso la fissazione dei<br />
“livelli essenziali delle prestazioni”, consentendo<br />
a ciascun territorio di sv<strong>il</strong>uppare<br />
le forme organizzative più adeguate ai<br />
fabbisogni specifici di persone e imprese e<br />
valorizzare <strong>il</strong> patrimonio dei diversi sistemi<br />
locali. Non sono più sostenib<strong>il</strong>i interventi<br />
centrali che, regolando la vita della<br />
scuola in ogni dettaglio, generano nei<br />
dirigenti e nei docenti una cultura attenta<br />
agli adempimenti formali che deresponsab<strong>il</strong>izza<br />
rispetto all’obiettivo reale dell’apprendimento<br />
degli studenti.<br />
In tal senso la determinazione dei livelli<br />
essenziali delle prestazioni per l’istruzione<br />
nell’ambito dell’attuazione del federalismo<br />
fiscale rappresenta un’occasione e un<br />
passaggio imprescindib<strong>il</strong>i nella direzione<br />
dell’assunzione di responsab<strong>il</strong>ità e quindi<br />
di autonomia da parte delle scuole, delle<br />
Regioni e degli enti locali, perché significherà<br />
da parte dello Stato <strong>il</strong> superamento<br />
di una regolazione del processo di erogazione<br />
del servizio per giungere ad una<br />
determinazione dei risultati che i diversi<br />
soggetti istituzionali, ciascuno per la propria<br />
competenza, devono raggiungere.<br />
*assessore all’Istruzione, Formazione<br />
e Lavoro di Regione Lombardia
L’OBIETTORE<br />
BERLUSCONI-TREMONTI E MALUMORI NEL CENTRODESTRA<br />
Cari pidiellini, se <strong>il</strong> “manovrone”<br />
è socialista è anche colpa vostra<br />
28 | 27 luglio 2011 | |<br />
di Oscar Giannino<br />
Guardinghi, a toni bassi, divisi<br />
tra chi non ha capito fino in<br />
fondo cosa è successo, chi crede<br />
di averlo capito ma preferisce non<br />
parlarne a voce alta, e chi preferisce<br />
non averlo capito se davvero è successo<br />
quel che crede di aver capito.<br />
Questa mi sembra la fotografia dei<br />
gruppi parlamentari Pdl, nelle ore in<br />
cui Senato e Camera votavano <strong>il</strong> “manovrone”,<br />
rafforzato da una nuova<br />
raffica di entrate immediate targate<br />
Befera, e dalla decisione di sposta-<br />
NON SONO<br />
D’ACCORDO<br />
re nel decreto a copertura del deficit non più 14,7 ma 20<br />
m<strong>il</strong>iardi, inizialmente previsti nella delega fiscale come<br />
risultanti dalla razionalizzazione delle troppe e disomogenee<br />
deduzioni e detrazioni fiscali esistenti. Così facendo,<br />
naturalmente, la politica si sentirà però esentata dal<br />
fare tagli aggiuntivi, e dunque sarà più di un ulteriore<br />
punto di P<strong>il</strong> di maggiore pressione fiscale<br />
a copertura di spesa. All’inizio,<br />
quelle risorse servivano per riequ<strong>il</strong>ibrare<br />
<strong>il</strong> sistema fiscale che oggi penalizza<br />
troppo lavoro e impresa, così facendo<br />
tutto risulta meno credib<strong>il</strong>e e<br />
ancor più aleatorio.<br />
Ma non è questo, <strong>il</strong> d<strong>il</strong>emma che<br />
aleggia a voce bassa tra i parlamentari<br />
Pdl. Riguarda invece <strong>il</strong> rapporto<br />
logorato tra Berlusconi e Tremonti.<br />
L’evenienza che dal f<strong>il</strong>e M<strong>il</strong>anese esca<br />
altro fango, con schizzi verso l’alto.<br />
Che a quel punto <strong>il</strong> premier voglia sacrificare<br />
Tremonti, mentre dai processi <strong>il</strong> premier si difende<br />
sempre, da 17 anni. Riguarda l’ipotesi che Berlusconi<br />
possa davvero reggere senza Giulio ministro. E a<br />
quel punto sostituendolo con chi, visto che nessuna figura<br />
politica del centrodestra attuale gode in Europa e<br />
nell’Ecofin di autorevolezza e prestigio tali da rassicurare<br />
i tedeschi oltre ai mercati? O se invece Berlusconi non<br />
pensi a sacrificare Tremonti nell’ambito di un più ampio<br />
rimpasto, spingendosi fino a dire al Quirinale di esser disposto<br />
a delegare Alfano alla premiership da subito, se<br />
per caso l’Udc fosse disponib<strong>il</strong>e a un governo di transizione<br />
verso le elezioni senza Berlusconi né Tremonti, ma comunque<br />
incardinato sul Pdl che le politiche le ha vinte<br />
insieme alla Lega, e guidato da qualcuno di piena fiducia<br />
Se qualcuno del Pdl crede nel fatto che solo da una<br />
discontinuità con questo degrado autodistruttivo<br />
vi sia la possib<strong>il</strong>ità di conquistare mandati elettorali,<br />
allora è <strong>il</strong> caso che si muova. Domani sarà tardi<br />
del premier attuale, pronto magari a riscendere in campo<br />
sotto elezioni per chiedere i voti agli italiani.<br />
E se invece i mercati ripartiranno lancia in resta contro<br />
i titoli pubblici, visto che <strong>il</strong> buon esito degli stress test<br />
bancari dovrebbe porre al riparo per un po’ le banche<br />
italiane da chi ha scommesso contro di loro? A quel punto,<br />
a cartucce esaurite, approvata la manovra, quale potrebbe<br />
essere per <strong>il</strong> governo la via per rassicurare Berlino<br />
e i mercati? Si aprirebbe la via a un’iniziativa straordinaria<br />
della presidenza della Repubblica? Ma in che termini<br />
bisognerebbe riservarsi di protestare e con quale durezza,<br />
per respingerla, se davvero la proporzione dell’attacco<br />
fosse oltre i 400 punti di spread, e insorgendo a difesa<br />
della maggioranza ci si prestasse all’accusa di aggravare<br />
ulteriormente <strong>il</strong> deficit di credib<strong>il</strong>ità dell’Italia? Ecco solo<br />
alcune delle domande rivoltemi a bassa voce dai parlamentari<br />
del Pdl. Per carità, domande retoriche, perché<br />
per quanto a bassa voce molti aggiungevano «di sicuro<br />
S<strong>il</strong>vio non molla». Come a rassicurare se stessi.<br />
È tempo di qualcosa di nuovo “dal basso”<br />
Antonio Martino ha pensato che lui no, non poteva proprio<br />
votarla, la manovra. Ha dichiarato che era di segno<br />
socialista e ha anche negato <strong>il</strong> voto in Parlamento.<br />
Il Giornale ormai lo scrive tutti i giorni, che Tremonti è<br />
socialista e che la sua manovra non è la manovra del governo<br />
di S<strong>il</strong>vio, è solo passata perché è scoppiata la bufera<br />
e <strong>il</strong> Quirinale ha chiesto e ottenuto da tutti di chiudere<br />
in tre giorni. Tutti scommettono che la vicenda non<br />
è replicab<strong>il</strong>e. Io non lo so. Ero e resto meno sgomento<br />
di quanto mi siano sembrate molte facce di parlamentari<br />
del Pdl. Perché a furia di non parlare di politica in<br />
organi politici veri è ovvio che non si riesce a capire come<br />
si fronteggiano le vicende normali di un paese, figuriamoci<br />
le bufere. L’autodafé di “Tremonti socialista” mi<br />
fa abbastanza ridere, dopo 17 anni di sodalizio al governo,<br />
con l’eccezione della parentesi 2004-2005, chiusa in<br />
ginocchio pregando Giulio di evitare <strong>il</strong> crac a fine legislatura.<br />
Perché io non esiterei a votare i tagli draconiani<br />
alle spese e le ingenti minori tasse di Martino, ma saremmo<br />
solo io, lui, Alberto Mingardi e pochi altri: nessuno<br />
però degli attuali leader Pdl, che non mi risulta abbiano<br />
mai avanzato proposte concrete in tal senso, al di là di<br />
chiacchiere e litigi che era meglio evitare.<br />
La mia conclusione è che è più che mai tempo di<br />
qualcosa di nuovo “dal basso”, che parli ai delusi che si<br />
ostinano a credere nel meno spesa pubblica, meno tasse,<br />
più concorrenza e più mercato, e che non vogliono rassegnarsi<br />
alla patrimoniale, di cui peraltro in questa manovra<br />
ci sono begli esempi in piccolo, come la tassazione<br />
sui conti deposito titoli, o l’innalzamento Irap ai concessionari.<br />
Se qualcuna delle teste del Pdl la pensa così e ci<br />
crede, crede cioè nel fatto che solo da una discontinuità<br />
con questo degrado autodistruttivo vi sia la possib<strong>il</strong>ità di<br />
conquistare mandati elettorali e nuova linfa politica, allora<br />
è <strong>il</strong> caso che si muova. Domani sarà tardi.
DENTRO<br />
IL PALAZZO<br />
A PROPOSITO DI CORPORAZIONI<br />
Se c’è un albo indegno e <strong>il</strong>liberale<br />
è <strong>il</strong> nostro, onorevoli colleghi<br />
di Renato Farina<br />
Alla fine giureconsulti e pagliette l’hanno avuta vinta. L’Ordine degli avvocati<br />
resta lì, con la corona d’oro in testa. E con l’Ordine degli avvocati resistono<br />
tutti gli ordini. La manovra tremontian-napolitana strozza ricchi e poveri,<br />
ma non seppellisce i residuati polverosi delle corporazioni <strong>il</strong>liberali. Essendo diavolo<br />
dovrei essere nemico di qualsiasi Ordine, che riflette l’armonia divina a me assai<br />
in uggia, e dunque avrei da dispiacermi di questa piega delle cose. Invece a me gli<br />
ordini, almeno come sono combinati in Italia, piacciono tanto, perché sono la forma<br />
cristallizzata del caos, sono <strong>il</strong> più grande disordine pietrificato immaginab<strong>il</strong>e.<br />
Ingrassano non i meriti ma le posizioni parassitarie.<br />
Mi colpisce in tutto questo un fatto. I maggiori commentatori dei grandi quotidiani<br />
si sono infuriati per questa coalizione di avvocati che ha difeso con le unghie<br />
e i denti <strong>il</strong> suo albo, e dunque la statuizione di parcelle con relativa<br />
abrogazione della libera concorrenza. Però, mentre l’indignazione attraversava<br />
la fluente prosa dei suddetti, quello stesso giorno la commissione<br />
Cultura della Camera dei deputati veniva investita dell’onore<br />
di riformare l’Ordine dei giornalisti. All’unanimità meno uno, che<br />
sarebbe <strong>il</strong> qui presente sotto le mentite spoglie di onorevole.<br />
Narro la vicenda. Un sacco di deputati, tutti giornalisti, dopo aver<br />
avuto l’ok dell’Ordine dei giornalisti, hanno sfrondato qua e là ma<br />
hanno mantenuto la sostanza di questa splendida baracca. Unanimità. Chi lo tocca<br />
un ordine così? Appena si era prospettata l’eventualità di una abolizione, contenuta<br />
in un angolo della manovra, gli autori dell’audace pensata sono spariti, probab<strong>il</strong>mente<br />
scotennati. In commissione governo e deputati erano d’accordo. Al che <strong>il</strong><br />
Diavolo della Tasmania ha provato a mettere – come da sua ragione sociale – la zizzania.<br />
Ha spiegato che c’era un certo conflitto di interesse, essendo i giornalisti che<br />
riformavano da sé la forma dell’ente pubblico che dà loro benefici e priv<strong>il</strong>egi di casta.<br />
Un tale, di cui non ricordo <strong>il</strong> nome, aveva benedetto la “modernizzazione”. Ma<br />
quest’Ordine dei giornalisti è una costruzione solo italiana, o forse c’è un carrozzone<br />
sim<strong>il</strong>e in Romania, roba sim<strong>il</strong>e aveva un senso sotto <strong>il</strong> fascismo, che non era <strong>il</strong><br />
massimo della libertà di stampa, oppure in Urss, con l’Unione degli scrittori. Un albo,<br />
o un esame di Stato, forse anche un ordine, hanno un perché se si deve regolare<br />
un diritto che riguarda un mestiere legato a un’attività specialistica. Ma <strong>il</strong> giornalismo<br />
non è solo un mestiere, bensì l’espressione più estesa di un diritto incomprimib<strong>il</strong>e<br />
quale è la libertà di comunicare, che è un po’ come respirare, in fondo è una<br />
forma di libertà religiosa. Come ha scritto un grande giurista, in Italia invece si sottopone<br />
«non soltanto l’esercizio di una professione ma, a ben vedere, l’esercizio della<br />
stessa libertà costituzionale a un regime di tipo corporativo» (Pietro Perlingieri).<br />
Altro che prendersela con avvocati o notai. In fondo si può sopravvivere senza mettersi<br />
la toga. Non è un diritto umano fondamentale discettare in tribunale. Ma scrivere<br />
e dire un parere alla radio o alla tv, non una volta ogni tanto, ma tutte le volte<br />
che uno creda, o raccontare con parole proprie quanto succede nel mondo, come si<br />
fa a sottoporlo a un sinedrio che decide se darti o ritirarti la patente?<br />
Niente da fare. In tanti vengono e dicono: caro Diavolo della Tasmania, hai ragione,<br />
si dovrebbe abolirlo, ma… Ma poi ci sono poteri consolidati, inerti e giganteschi.<br />
Attrezzi tipo garrotta in mano a quelli che poi si lamentano sempre e intanto<br />
soffocano <strong>il</strong> prossimo.<br />
IL DIAVOLO<br />
DELLA<br />
TASMANIA<br />
Nel giorno in cui i grandi quotidiani<br />
si infuriavano con gli avvocati, un<br />
sacco di deputati, tutti giornalisti,<br />
approvavano la riforma del “loro”<br />
Ordine. Preservando la baracca<br />
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ESTERI<br />
32 | 27 luglio 2011 | |<br />
STRANO MA FIERO<br />
Europei così<br />
non se ne<br />
fanno più<br />
Cresce più veloce della Germania. Dà lezioni di<br />
concorrenzialità a tutto <strong>il</strong> continente. E si tiene<br />
strette le sue radici cristiane, senza complessi<br />
d’inferiorità di fronte al secolarismo occidentale.<br />
È la Polonia, felice anomalia nel club di Bruxelles<br />
da Varsavia Annalia Guglielmi<br />
Trent’anni fa, vedendo lo spettacolo<br />
degli operai polacchi che scioperavano<br />
contro <strong>il</strong> Partito Operaio Unificato<br />
raccolti attorno ai propri pastori e sacerdoti,<br />
e che allo slogan “Proletari di tutto<br />
<strong>il</strong> mondo unitevi!” contrapponevano la<br />
solidarietà (Solidarnosc), qualcuno parlò<br />
di “anomalia polacca”, espressione che fu<br />
ripresa nel 1981, quando quel movimento<br />
operaio, quella Solidarnosc, che raccoglieva<br />
dieci m<strong>il</strong>ioni di iscritti, scelse di non<br />
rispondere con la violenza all’attacco sferrato<br />
dal regime alle libertà civ<strong>il</strong>i con l’introduzione<br />
dello stato di guerra, e ancora nel<br />
1989, quando, per la prima volta nella storia,<br />
un regime totalitario cadde senza spargimento<br />
di sangue, trascinandosi dietro<br />
tutta l’area dell’Europa dell’Est.<br />
E l’anomalia polacca continua ancora<br />
oggi. All’indomani dell’apertura del<br />
“suo” semestre di presidenza dell’Unione<br />
Europea, la Polonia si presenta in controtendenza<br />
rispetto alle sofferenze che<br />
attanagliano l’Europa occidentale: <strong>il</strong> paese<br />
corre veloce e mostra tassi di crescita<br />
da far impallidire gli stati dell’area mediterranea,<br />
pur avendo patito prima di altri<br />
una gravissima crisi economico-finanziaria<br />
ed essendo uscita da un disastro durato<br />
sessant’anni, provocato dall’occupazione<br />
nazista prima e dal regime comunista<br />
poi. Ma la Polonia è anomala anche rispetto<br />
allo spirito laicista che<br />
soffia in Europa e che mette<br />
in discussione <strong>il</strong> valore<br />
della vita, della differenza<br />
fra i sessi e della famiglia,<br />
che vorrebbe i cattolici sen-<br />
za identità e la Chiesa senza incidenza sulla<br />
società. Proprio in questi giorni, infatti,<br />
<strong>il</strong> parlamento di Varsavia discute una proposta<br />
di legge che tende a limitare fortemente<br />
l’ammissib<strong>il</strong>ità dell’aborto. Il testo<br />
è stato presentato da oltre 600 m<strong>il</strong>a firmatari,<br />
che non sono una sparuta minoranza<br />
di fanatici, perché un sondaggio rivela che<br />
<strong>il</strong> 65 per cento dei polacchi è favorevole<br />
all’abrogazione totale della legge sull’aborto,<br />
<strong>il</strong> 23 per cento ammette <strong>il</strong> ricorso all’interruzione<br />
di gravidanza solo in caso di<br />
grave malformazione del bambino, e solo<br />
<strong>il</strong> 13 ritiene che l’aborto sia un diritto della<br />
donna in ogni caso.<br />
Pur con inevitab<strong>il</strong>i spinte secolarizzatrici,<br />
la Polonia rimane fortemente attaccata<br />
alla propria identità cristiana, che<br />
non si esprime solo con la partecipazione<br />
ai grandi gesti pubblici (liturgia, pellegrinaggi,<br />
beatificazione di Giovanni Paolo II),<br />
come invece qualcuno si ostina a sottolineare<br />
per sminuire la portata del fenomeno.<br />
Numeri da fare invidia ai più<br />
Il cammino fatto dalla Polonia negli ultimi<br />
due decenni è impressionante. Chi poco<br />
più di vent’anni fa si recava a Varsavia aveva<br />
l’impressione di fare un balzo nel passato<br />
di sessant’anni. Lo sfacelo e <strong>il</strong> fallimento<br />
dell’economia centralizzata erano evidenti<br />
a ogni angolo di strada: annullamento della<br />
dignità del lavoro, povertà garantita per<br />
tutti, inquinamento fuori da ogni norma,<br />
Le città polacche sono enormi cantieri: si<br />
costruiscono centri commerciali, insediamenti<br />
abitativi, nuovi condomini per quella classe<br />
che fino a un decennio fa ancora non esisteva
Foto: AP/LaPresse<br />
Crescita leader in Europa<br />
Cambiamento percentuale rispetto all’anno precedente<br />
2007<br />
Ue-27<br />
Polonia<br />
2008 2009 2010 2011<br />
Qui sopra, <strong>il</strong> cantiere del nuovo stadio di Varsavia.<br />
L’anno prossimo la Polonia ospiterà gli Europei di calcio.<br />
A lato, una marcia di Solidarnosc sf<strong>il</strong>a sotto i manifesti<br />
con <strong>il</strong> logo del semestre polacco di presidenza Ue<br />
+10<br />
+5<br />
nessun incentivo alla produzione, un senso<br />
generale di frustrazione e disperazione,<br />
arretratezza tecnologica. Quando nel 1990<br />
accompagnai <strong>il</strong> cavalier Luigi Lucchini a<br />
visitare l’acciaieria di Varsavia, che intendeva<br />
acquisire, rimase impressionato alla vista<br />
dei vecchi altiforni Martin: in Italia erano<br />
stati abbandonati all’inizio degli anni Cinquanta,<br />
sostituiti da tecnologie molto meno<br />
inquinanti e più efficienti.<br />
Oggi, invece, chi si reca in Polonia trova<br />
un paese ottimista, dinamico e proiettato<br />
nel futuro. Varsavia e le maggiori città<br />
polacche sono enormi cantieri: si costruiscono<br />
centri commerciali e direzionali,<br />
insediamenti abitativi, nuovi condomini<br />
più adeguati alle esigenze di quelle classi<br />
media e medio-alta che fino a un decennio<br />
fa non esistevano e adesso sono ben salde<br />
e presenti in tutte le maggiori aziende del<br />
paese. Le multinazionali non devono più<br />
esportare i propri manager per ricoprire le<br />
posizioni dirigenziali delle sedi polacche,<br />
come avveniva ancora alla fine degli anni<br />
Novanta, ora possono contare su amministratori<br />
autoctoni ben preparati, che spesso<br />
parlano due o tre lingue straniere e hanno<br />
una mentalità aperta, internazionale e<br />
dinamica. Ovunque si costruiscono autostrade,<br />
ferrovie, aeroporti, cosa che ha alimentato,<br />
a livello di capitali, un circolo virtuoso:<br />
gli investimenti esteri sono stimati<br />
in circa 130 m<strong>il</strong>iardi di euro.<br />
La Polonia è l’unico paese dell’Unione<br />
Europea che ha continuato a crescere<br />
durante tutto <strong>il</strong> periodo della crisi, riu-<br />
| | 27 luglio 2011 | 33<br />
0<br />
-5
ESTERI STRANO MA FIERO<br />
scendo a tenersi lontana dagli sconvolgimenti<br />
che hanno colpito gli altri membri.<br />
È la più forte economia dell’Europa<br />
centrale (rappresenta <strong>il</strong> 40 per cento<br />
del P<strong>il</strong> dei dieci stati ex comunisti entrati<br />
nell’Unione). Nel 2009, l’anno della recessione,<br />
la locomotiva Polonia ha registrato<br />
una crescita dell’1,6 per cento, nel 2010<br />
<strong>il</strong> P<strong>il</strong> è salito del 3,8 per cento e quest’anno<br />
del 4,2. Certo, <strong>il</strong> tasso di disoccupazione<br />
è al 9,3 per cento (però bisogna ricordare<br />
che nel 2003 era al 20), ma la produzione<br />
industriale cresce del 7,7 e l’inflazione<br />
per l’anno prossimo è prevista al 2,8<br />
per cento, mentre lo zloty, la valuta locale,<br />
ha una buona tenuta sull’euro e le banche<br />
polacche sono state meno vulnerab<strong>il</strong>i di<br />
fronte alla crisi rispetto a quelle degli altri<br />
paesi europei, permettendo a Varsavia di<br />
non dover intervenire sui tassi d’interesse<br />
per salvare la moneta e soprattutto di non<br />
dover fare ciclicamente manovre fiscali.<br />
Meno tasse per tutti (per davvero)<br />
Roberto Nicastro, direttore generale di<br />
Unicredit, che in Polonia controlla Bank<br />
Pekao, gruppo leader in Polonia per crediti,<br />
depositi e f<strong>il</strong>iali, ha recentemente dichiarato<br />
al Sole 24 ore: «Per noi la Polonia ha<br />
un’importanza fondamentale all’interno<br />
di una regione strategica. Abbiamo creduto<br />
nell’integrazione di questo paese nell’Unione<br />
Europea fin da quando abbiamo acquisito<br />
Bank Pekao, e i fatti ci hanno dato ragione.<br />
Oggi la Polonia è un membro attivo<br />
dell’Unione Europea, ha un’economia dinamica<br />
e <strong>il</strong> suo interscambio con l’Europa e<br />
con l’Italia è molto intenso. È un modello<br />
per tutti quanto a capacità di ut<strong>il</strong>izzo<br />
dei fondi strutturali messi a disposizione<br />
dall’Europa. Per Unicredit la Polonia costituisce<br />
ormai quasi l’8 per cento dei ricavi<br />
del gruppo e rappresenta <strong>il</strong> quarto mercato<br />
dopo Italia, Germania e Austria». Come<br />
Unicredit, in Polonia operano molti altri<br />
grandi nomi dell’imprenditoria italiana<br />
(Fiat, Brembo, Marcegaglia, Indesit, Mapei,<br />
Atlantica, Finmeccanica, Ansaldo, per citarne<br />
alcuni) ma è presente anche una rete virtuosa<br />
di piccole e medie imprese. «Si stima<br />
che <strong>il</strong> totale si avvicini al migliaio di aziende<br />
nei diversi campi industriali e dei servizi.<br />
Il paese continua a offrire opportunità<br />
d’investimento, sia in termini di mercato,<br />
sia in termini di incentivazioni che<br />
favoriscono gli investimenti», dice Donato<br />
Di G<strong>il</strong>io imprenditore italiano presente in<br />
Polonia da oltre vent’anni, presidente della<br />
società di consulenza Core Group e chairman<br />
della Camera di commercio italiana<br />
in Polonia, che aggiunge: «Mentre in Occidente,<br />
per uscire dall’impasse si è indicata<br />
la linea del ritorno all’invadenza dello Stato,<br />
sempre più “protettivo” e “controllore”<br />
oltre ogni misura, a est è prevalsa una visione<br />
più moderna, attraente e, visti i risulta-<br />
34 | 27 luglio 2011 | |<br />
ti, più proficua; ovvero più mercato, più<br />
libertà, più società, con <strong>il</strong> contributo fondamentale<br />
dei cittadini che hanno saputo<br />
accettare sacrifici in cambio della prospettiva<br />
di tornare a far crescere i propri paesi.<br />
Qui le riforme strutturali non hanno acceso<br />
pericolosi conflitti sociali, pur se qualche<br />
protesta non è mancata (si tratta di un<br />
fenomeno fisiologico). Inoltre, per superare<br />
anni e anni di disastri generati da nazismo<br />
e comunismo, la Polonia, che nel ’92<br />
aveva una pressione fiscale al 44 per cento,<br />
ha avviato una politica di risanamento della<br />
spesa pubblica e di razionalizzazione del<br />
sistema fiscale, riducendo <strong>il</strong> prelievo fiscale<br />
fino all’attuale 19 per cento. Più o meno<br />
nella stessa direzione si sono mossi altri<br />
paesi dell’area. Ciò ha permesso di ripartire.<br />
Guardando e dialogando in primo luogo<br />
con la Germania, paese che per molti versi<br />
parla la stessa lingua».<br />
Tutto questo ha permesso alle aziende<br />
polacche di rafforzarsi, tanto che sono già<br />
pronte a internazionalizzarsi. Entro alcuni<br />
mesi dovrebbero avvenire le prime acquisizioni<br />
polacche in Italia, ammettono alcuni<br />
ambienti bancari di Varsavia. «L’Europa<br />
mediterranea dovrebbe mettersi in sintonia<br />
con l’Est, conoscere meglio ciò che è<br />
avvenuto e le ragioni che hanno permesso<br />
la crescita decisa di quell’area», sottolinea<br />
«Il legame tra religione e libertà non è una<br />
teoria, ma l’esperienza di molte generazioni di<br />
polacchi, che sotto <strong>il</strong> nazismo e <strong>il</strong> comunismo<br />
trovavano protezione tra le mura delle chiese»<br />
Il passaggio di<br />
consegne al vertice<br />
dell’Unione Europea<br />
tra <strong>il</strong> premier<br />
ungherese Victor<br />
Orban (a sinistra)<br />
e <strong>il</strong> suo omologo<br />
polacco Donald<br />
Tusk, 1 luglio 2011.<br />
Sotto, polacchi a<br />
Roma in occasione<br />
della beatificazione<br />
di Giovanni Paolo II<br />
e una protesta<br />
contro l’aborto a<br />
Varsavia nel 2007<br />
Di G<strong>il</strong>io. Certamente, un contributo a questo<br />
exploit viene anche dai fondi provenienti<br />
dall’estero: oltre un m<strong>il</strong>ione di emigrati<br />
spedisce in patria i propri guadagni (secondo<br />
la Banca mondiale nel 2010 si è trattato<br />
in totale dell’equivalente di 9 m<strong>il</strong>iardi di<br />
dollari) e tra <strong>il</strong> 2007 e <strong>il</strong> 2013 la Polonia riceverà<br />
67 m<strong>il</strong>iardi di euro di fondi europei per<br />
la costruzione di strade e ferrovie ad alta<br />
velocità e per la formazione. In proposito<br />
la burocrazia polacca si è rivelata efficiente<br />
nello stab<strong>il</strong>ire procedure ag<strong>il</strong>i che permettano<br />
l’impiego mirato dei finanziamenti.<br />
Non bisogna inoltre dimenticare le 14<br />
Zone economiche speciali sparse su tutto<br />
<strong>il</strong> territorio, che saranno attive fino al<br />
2020 e rappresentano un supporto importante<br />
per gli investitori, poiché offrono una<br />
serie di benefici: esenzioni fiscali dall’imposta<br />
sul reddito d’impresa, dall’imposta sugli<br />
immob<strong>il</strong>i e possib<strong>il</strong>ità di accedere a contributi<br />
per la formazione delle risorse umane.
Foto: AP/LaPresse<br />
Indubbiamente resta ancora molto da<br />
fare. La Polonia deve far fronte a gravi problemi<br />
strutturali tuttora irrisolti, specialmente<br />
nei settori delle infrastrutture e<br />
della sanità. Anche in questi ambiti, però,<br />
sono stati fatti passi significativi, soprattutto<br />
in campo energetico, con forte investimento<br />
sulla ricerca e lo sfruttamento delle<br />
rinnovab<strong>il</strong>i, in particolare eolico e shale<br />
gas, <strong>il</strong> gas nascosto nelle scisti rocciose<br />
di cui sono stati trovati ingenti giacimenti<br />
nel paese: secondo le prime stime, si tratterebbe<br />
di 5.200 m<strong>il</strong>iardi di metri cubi di<br />
gas, una riserva che a fronte dei consumi<br />
attuali, inferiori ai 15 m<strong>il</strong>iardi annui, consentirebbe<br />
di eliminare la dipendenza dalle<br />
importazioni di gas russo, di tagliare<br />
almeno del 40 per cento i costi delle forniture<br />
alle imprese e di mantenere un ampio<br />
margine per le esportazioni.<br />
Una fede vissuta concretamente<br />
Il semestre di presidenza dell’Unione Europea<br />
sarà una grande occasione per la Polonia<br />
per avere più visib<strong>il</strong>ità e rivendicare un<br />
ruolo più incisivo all’interno delle istituzioni<br />
comunitarie, soprattutto per quanto<br />
riguarda la politica nei confronti degli<br />
altri paesi della regione non ancora membri<br />
dell’Unione. Certamente potrà dare<br />
una nuova linfa alla coscienza europea.<br />
Il professor Piotr Mazurkiewicz, politologo<br />
e segretario generale della Commissione<br />
degli episcopati della Comunità europea,<br />
ha spiegato che «la Polonia può portare<br />
alla coscienza europea la sua sensib<strong>il</strong>ità,<br />
che nasce dalle sue vicende stori-<br />
«La Polonia, che nel ’92 aveva una pressione<br />
fiscale al 44 per cento, ha avviato politiche di<br />
risanamento della spesa e di riforma del fisco,<br />
riducendo <strong>il</strong> prelievo fino al 19 per cento»<br />
che e dalla nostra particolare posizione<br />
geopolitica, che ci pone tra la Germania<br />
e la Russia. Da qui nasce <strong>il</strong> nostro interesse<br />
verso i paesi che confinano con l’Unione<br />
Europea a est: Moldavia, Ucraina, Georgia<br />
e Bielorussia. Ma non meno importante<br />
è chi siamo come nazione, quali sono i<br />
valori che guidano la nostra vita. Una specificità<br />
dell’esperienza polacca è <strong>il</strong> ruolo<br />
svolto dalla religione cristiana nel corso<br />
di tutta la nostra storia. Penso soprattutto<br />
alla nostra tradizione di tolleranza religiosa,<br />
quando in Occidente si combattevano<br />
le guerre di religione, all’assenza di<br />
conflitti tra <strong>il</strong> movimento socialista nato<br />
in Polonia e la Chiesa, allo stretto legame<br />
tra la religione e l’idea di libertà durante<br />
<strong>il</strong> periodo delle spartizioni, dell’occupazione<br />
nazista e del comunismo. E non<br />
si tratta di una teoria, ma dell’esperienza<br />
concreta di molte generazioni di polacchi,<br />
che trovavano all’interno delle mura<br />
delle chiese protezione e senso di libertà.<br />
Dobbiamo far conoscere all’Occidente la<br />
nostra storia, che è quasi totalmente sconosciuta,<br />
ma dobbiamo anche comunicare<br />
la nostra esperienza degli ultimi anni».<br />
E ha aggiunto: «Un problema grave di cui<br />
ci dovremo occupare sono le persecuzioni<br />
nei confronti dei cristiani. Sarà importante<br />
per la Polonia proporre all’Unione<br />
Hanno già ridotto gli aborti da 150 m<strong>il</strong>a<br />
a circa 200 l’anno. Ora i polacchi provano<br />
ad abolire la legge sull’interruzione<br />
volontaria di gravidanza (una tra le<br />
più restrittive al mondo), per vietarla tout<br />
court. Nel 1993 <strong>il</strong> parlamento della Polonia<br />
aveva già imposto limiti importanti alla<br />
legislazione introdotta nel 1942, permettendo<br />
l’aborto solo in casi di rischi per <strong>il</strong> feto e<br />
per la vita della donna. Può sembrare una<br />
Europea di prendere iniziative<br />
concrete per contrastare<br />
questo gravissimo fenomeno.<br />
Di fronte alla presidenza<br />
polacca si pongono anche i<br />
mutamenti in atto nel Nord<br />
Africa, che non è ancora ben chiaro in che<br />
direzione vadano: la Polonia ha un’esperienza<br />
unica per quanto riguarda i cambiamenti<br />
di sistema, che, fatte le debite differenze,<br />
credo potrà essere di grande ut<strong>il</strong>ità».<br />
Nel segno di Solidarnosc<br />
All’inizio di maggio è stato reso pubblico<br />
<strong>il</strong> logo della presidenza polacca: sei frecce<br />
colorate rivolte verso l’alto che sembrano<br />
una f<strong>il</strong>a di persone che si tengono per<br />
mano; sopra le loro teste svetta una bandiera<br />
polacca che si ispira alla grafica dell’ormai<br />
mitico logo di Solidarnosc, <strong>il</strong> sindacato<br />
che portò alla caduta del regime comunista<br />
e alla rinascita del paese. La somiglianza<br />
tra i due simboli non è casuale, visto che<br />
di entrambi i disegni è autore Jerzy Janiszewski,<br />
che «è riuscito a inglobare efficacemente<br />
<strong>il</strong> simbolo del successo di Solidarnosc<br />
in un segno del nuovo successo, del progresso<br />
e della capacità di affrontare le sfide<br />
future della Polonia», come ha osservato<br />
<strong>il</strong> primo ministro Donald Tusk alla conferenza<br />
stampa di presentazione del logo.<br />
Nella stessa occasione, lo stesso Janiszewski<br />
ha detto: «Ora che la presidenza si avvicina,<br />
vorrei che i polacchi stessero insieme,<br />
proprio come nel 1980. Vorrei dire loro che<br />
questo è <strong>il</strong> modo migliore per trasmettere<br />
la vera immagine della Polonia». n<br />
UNA LEGGE CONTRO L’INTERRUZIONE DI GRAVIDANZA<br />
Attacco frontale<br />
al grande tabù<br />
Lo strano caso di una nazione moderna che<br />
si scopre pro life al 65 per cento. E ora chiede<br />
al parlamento di mettere al bando l’aborto<br />
follia mettere mano a una norma già così<br />
rigida, ma la società civ<strong>il</strong>e e diversi politici<br />
non si sono accontentati. In poche settimane<br />
hanno raccolto 600 m<strong>il</strong>a firme – sebbene<br />
ne fossero necessarie solo 100 m<strong>il</strong>a –<br />
per portare in parlamento una proposta di<br />
legge che prevede <strong>il</strong> carcere per i medici o<br />
terzi che procurino l’aborto, in qualunque<br />
caso (nessuna sanzione, invece, è prevista<br />
per le madri). «Sarebbe stato impossib<strong>il</strong>e<br />
| | 27 luglio 2011 | 35
ESTERI STRANO MA FIERO<br />
«Una società che uccide i suoi figli è senza futuro», diceva <strong>il</strong> papa polacco Giovanni Paolo II<br />
senza <strong>il</strong> lavoro di tanti movimenti e associazioni»,<br />
spiega Wojciech Murdzek, sindaco<br />
di Swidnica impegnato nella campagna<br />
in difesa della vita. Già dopo la caduta del<br />
Muro di Berlino, «come dimostra Solidarnosc,<br />
era evidente che la dittatura non aveva<br />
intaccato l’animo polacco: proliferarono<br />
movimenti e associazioni laiche e religiose.<br />
Anche per merito di Giovanni Paolo II, una<br />
guida di cui abbiamo studiato discorsi ed<br />
encicliche: “Una società che uccide i suoi<br />
figli è senza futuro”, diceva». Ancora oggi<br />
l’associazionismo è molto attivo: «Informa<br />
<strong>il</strong> paese attraverso seminari e pubblicazioni.<br />
Viene a contatto con la gente, nelle<br />
chiese e fuori, con giornate di convivenza<br />
e marce per la vita. Insieme all’impegno<br />
civ<strong>il</strong>e si propongono preghiera ed esercizi<br />
spirituali». La presenza è tale che anche<br />
la minoranza progressista conosce bene le<br />
ragioni della morale naturale: «Nessuno la<br />
percepisce come retrograda».<br />
Dziwisz contro i compromessi<br />
Non a caso hanno scritto alla Camera per<br />
difendere <strong>il</strong> nuovo disegno di legge anche<br />
alcune associazioni di avvocati: «I legislatori<br />
– scrivono – non hanno una competenza<br />
<strong>il</strong>limitata. La legge deve valutare che cosa<br />
serva o meno all’uomo. Siamo convinti che<br />
si debba difendere la vita senza eccezioni<br />
per essere avvocati del progresso internazionale<br />
dei diritti umani». Molti intellettuali<br />
hanno sottoscritto che «<strong>il</strong> divieto dell’aborto<br />
in qualsiasi caso permette di potenziare <strong>il</strong><br />
sostegno della donna» e una lettera “in difesa<br />
della donna” è stata firmata anche da 103<br />
giornaliste. «Di aiuto primario – continua<br />
Murdzek – è stato <strong>il</strong> lavoro incessante della<br />
Chiesa polacca, che non è mai scesa a patti<br />
36 | 27 luglio 2011 | |<br />
«La prima battaglia non è legale ma di fede e cultura. Non ci<br />
interessa fare la resistenza ma costruire una civ<strong>il</strong>tà. È così<br />
che in cinque anni l’opinione pubblica si è diretta in crescendo<br />
a favore della vita, in controtendenza rispetto all’Europa»<br />
e ha sempre dato le ragioni umane di ogni<br />
sua posizione. E anche questa volta i cardinali<br />
hanno fatto sentire la loro voce». In particolare<br />
quello di Cracovia, Stanislaw Dziwisz,<br />
ha ribadito: «La Chiesa insegna che i cattolici<br />
sono obbligati a non coprire <strong>il</strong> compromesso<br />
attuale e a puntare alla protezione<br />
totale della vita».<br />
La battaglia, però, non è ancora vinta.<br />
Il ddl è stato approvato dalla Camera con<br />
254 voti a favore, 151 contrari e 11 astenuti,<br />
ma deve ancora passare al vaglio del<br />
Senato, mentre <strong>il</strong> presidente polacco, Bronislaw<br />
Komorowski, ha dichiarato che «la<br />
legislazione corrente resta la migliore». Per<br />
qualcuno una bocciatura potrebbe essere<br />
un autogol per <strong>il</strong> mondo pro life: la paura<br />
è che diventi <strong>il</strong> pretesto per rimettere<br />
in discussione la legge del 1993. «Può darsi.<br />
Ma dire che la legge vigente, per quanto<br />
restrittiva, è buona sarebbe mentire: duecento<br />
aborti legali, o anche solo uno, restano<br />
una sconfitta. Su questo i pro life polacchi<br />
concordano tutti. D’altra parte le nostre<br />
armi sono sempre state le ragioni ripetute<br />
della verità». Parole che trovano una conferma<br />
nei numeri. Un sondaggio del 3 giugno<br />
scorso ha rivelato che negli ultimi cinque<br />
anni le persone favorevoli all’aborto<br />
sono diminuite dal 57 al 40 per cento, mentre<br />
i contrari sono aumentati dal 36 al 65.<br />
Secondo un sondaggio di quest’anno addirittura<br />
l’85 per cento dei polacchi si definisce<br />
“defensor vitae”.<br />
Mariusz Dzierzawski, leader della Pro<br />
Foundation, associazione che nel 2005 promosse<br />
nelle principali città polacche una<br />
clamorosa campagna di incontri, manifesti<br />
e video proiettati contro l’aborto, spiega<br />
che «la prima battaglia non è legale ma di<br />
fede e cultura: ciò che ci ha fatti uscire vincenti<br />
da decenni di dittature. Perciò, non<br />
ci interessa fare la resistenza ma costruire<br />
una civ<strong>il</strong>tà. È così che in cinque anni l’opinione<br />
pubblica si è diretta in crescendo a<br />
favore della vita, in controtendenza rispetto<br />
al resto d’Europa». Infatti la notizia della<br />
proposta di legge, arrivata inaspettata data<br />
l’azione s<strong>il</strong>enziosa del movimento civ<strong>il</strong>e, ha<br />
sconvolto <strong>il</strong> Vecchio Continente. Jeak Sapa,<br />
presidente della Fundacaji Pro, ideatore<br />
dell’iniziativa, racconta che «nessuno fuori<br />
dai confini polacchi doveva sapere, soprattutto<br />
quel mondo anglofono dove agiscono<br />
media e lobby che finanziano gli Stati per<br />
diffondere una cultura di morte». Ma come<br />
si fa a non subire l’influenza dello “spirito<br />
del tempo”? «Il regime ci ha insegnato<br />
che <strong>il</strong> nemico può essere in casa», spiega<br />
Dzierzawski. «Non che l’influsso laicista<br />
non ci tocchi, ma forse siamo più attrezzati<br />
alla lotta». Anche Sapa non sa se la battaglia<br />
politica sarà vinta oggi, ma si dice fiducioso:<br />
«Come guidò al collasso dell’Unione<br />
Sovietica siamo speranzosi che la cattolica<br />
Polonia darà la spinta anche al crollo della<br />
mentalità secolarizzata dell’Europa».<br />
Benedetta Frigerio<br />
Foto: AP/LaPresse
Foto: AP/LaPresse<br />
UNA QUESTIONE DI NUMERI<br />
Il sì allo Stato palestinese<br />
ha anche ragioni demografiche<br />
di Yasha Reibman<br />
La demografia ha un ruolo<br />
chiave in Medio Oriente.<br />
La decisione dell’allora<br />
primo ministro israeliano Ari-<br />
SE TI<br />
DIMENTICO<br />
GERUSALEMME<br />
el Sharon di ritirarsi da Gaza in modo un<strong>il</strong>aterale<br />
e la scelta di proseguire con le “dolorose concessioni”<br />
per ottenere una pace con <strong>il</strong> mondo<br />
arabo sono state spiegate con ragioni demografiche.<br />
Israele, disse Sharon, deve scegliere se vuole<br />
continuare a essere nello stesso tempo uno Stato<br />
ebraico e democratico o se intende abbandonare<br />
una delle due caratteristiche. Se si vuole che<br />
Israele resti uno Stato democratico a maggioranza<br />
ebraica diventa necessario anche per gli stessi<br />
israeliani lasciare che nasca un altro stato arabo,<br />
lo Stato palestinese, e che <strong>il</strong> numero più grande<br />
di arabi possa vivere lì e non in Israele. Sempre<br />
per le stesse dinamiche demografiche, gli israeliani<br />
non possono accettare che m<strong>il</strong>ioni di persone<br />
con lo status di profughi palestinesi possano<br />
andare a vivere in Israele trasformandolo immediatamente<br />
nell’ennesimo paese a maggioranza<br />
musulmana (e quanti, invece, vorrebbero la<br />
scomparsa di Israele sperano e si adoperano perché<br />
questo avvenga). Per questo in Israele si cerca<br />
di capire, con più apprensione che in Italia<br />
(dove pure siamo in allarme per la famosa fuga<br />
dei cervelli), quante siano le persone che scelgono<br />
di andare a vivere all’estero. Si studia <strong>il</strong> fenomeno,<br />
se sia contenuto o stia diventando di massa.<br />
Non mancano gli allarmisti, che, forse senza<br />
saperlo, ricalcano una provocazione dello scrittore<br />
Ph<strong>il</strong>ip Roth e immaginano gli israeliani abbandondare<br />
in massa <strong>il</strong> sionismo e abbracciare<br />
<strong>il</strong> diasporismo; Israele, nato per consentire finalmente<br />
una vita sicura agli ebrei, si starebbe trasformando<br />
in una trappola, oggi un ebreo sarebbe<br />
più tranqu<strong>il</strong>lo a Central Park a Manhattan<br />
che al Muro del Pianto. Altri, come l’italiano Sergio<br />
Della Pergola, professore all’università di Gerusalemme,<br />
studiano i flussi migratori in entrata<br />
e in uscita e dimostrano che <strong>il</strong> numero degli<br />
israeliani che vanno a vivere fuori dal paese rappresenta<br />
un elemento fisiologico.<br />
PLAUSI<br />
E BOTTE<br />
LA VIA DI BENEDETTO XVI<br />
Il miglior vaccino anti-Aids è<br />
rispettare la dignità dell’uomo<br />
di Angela Ambrogetti<br />
Tra i viaggi nell’agenda di Benedetto Xvi per <strong>il</strong><br />
2011 c’è la visita in Benin per consegnare<br />
all’Africa i risultati del Sinodo del 2009. Pro-<br />
IL PORTONE<br />
poste per affrontare guerra, fame, neocolonialismo DI BRONZO<br />
e Aids. Per questo nel mese di luglio <strong>il</strong> Papa chiede<br />
ai cristiani di pregare per «alleviare, specialmente nei paesi più poveri,<br />
la sofferenza materiale e spirituale degli ammalati di Aids». La<br />
Chiesa cattolica si occupa del 25 per cento dei malati di Hiv di tutto<br />
<strong>il</strong> mondo, eppure è sempre etichettata come «insensib<strong>il</strong>e e retrograda».<br />
È successo a Benedetto XVI quando, in volo verso l’Africa, ha<br />
detto che la distribuzione di condom a pioggia aggrava l’epidemia.<br />
Lo scorso 10 giugno, all’incontro nella 65esima sessione dell’Assemblea<br />
generale dell’Onu a New York, l’arcivescovo Chullikat ha ripetuto<br />
che «l’unico mezzo efficace, sano e praticab<strong>il</strong>e» è la scelta dei<br />
comportamenti: «Astinenza prima del matrimonio e fedeltà reciproca<br />
per le coppie sposate», e i genitori hanno «<strong>il</strong> diritto, la responsab<strong>il</strong>ità<br />
e <strong>il</strong> dovere di insegnare ai bambini un comportamento di vita<br />
responsab<strong>il</strong>e». Tutto si basa su una scelta fondamentale: <strong>il</strong> rispetto<br />
della dignità dell’uomo. Per questo non si può parlare di “popolazioni<br />
a rischio”, che rende le persone delle “cose”. E tanto meno di “lavoratori<br />
del sesso”, come se, ha detto <strong>il</strong> rappresentante vaticano, la<br />
prostituzione fosse «una legittima forma di lavoro». Ecco perché <strong>il</strong><br />
Papa chiede di pregare: i problemi grandi li possiamo risolvere solo<br />
nella prospettiva più grande dell’amore di Dio .<br />
| | 27 luglio 2011 | 39
CULTURA<br />
40 | 27 luglio 2011 | |<br />
DAI ROMANZI AI FILM<br />
Il lato oscuro<br />
di Hollywood<br />
Eroi sempre in b<strong>il</strong>ico tra <strong>il</strong> bene e <strong>il</strong> male, inseguiti<br />
da una sorte spietata. Ma pur sempre uomini.<br />
Elogio del noir, uno st<strong>il</strong>e di vita che in pochi anni<br />
ha ispirato numerosi capolavori. Conquistando<br />
anche giganti come Bogart, Mitchum e Douglas<br />
È<br />
semplicemente <strong>il</strong> territorio non dei<br />
grandi, ma dei grandissimi. Ci hanno<br />
lavorato praticamente tutti<br />
i grandi maestri del cinema (Kubrick,<br />
Hitchcock, Huston, Welles, W<strong>il</strong>der,<br />
Polanski, Aldrich, Hawks) e le star leggendarie<br />
come Humphrey Bogart, Lauren<br />
Bacall, Orson Welles, Robert Mitchum,<br />
Cary Grant, Rita Hayworth, Barbara<br />
Stanwyck, W<strong>il</strong>liam Holden, Jack Nichol-<br />
son. È <strong>il</strong> noir, più che un genere letterario<br />
uno st<strong>il</strong>e di vita, che nel giro di una manciata<br />
d’anni, a cavallo della Seconda guerra<br />
mondiale, generò capolavori su capolavori,<br />
al cinema e sulla carta stampata,<br />
e condizionò per sempre l’immaginario<br />
collettivo se è vero che ancora oggi vanta<br />
innumerevoli, fiacchi, tentativi d’imitazione<br />
e una caterva di registi cercano di<br />
riprenderne le atmosfere, imitarne i dia-<br />
loghi serrati, riproporre <strong>il</strong> romanticismo<br />
cupo di quegli eroi solitari.<br />
Diffic<strong>il</strong>e dare una definizione del genere,<br />
più semplice dire che cosa non si troverà<br />
mai in un romanzo noir o hard-bo<strong>il</strong>ed<br />
per dirla con gli Americani. Non si troverà<br />
mai un enigma da risolvere, magari con<br />
le sole forze del raziocinio alla maniera<br />
di Conan Doyle o della Christie. Gli indizi<br />
non saranno mai chiari e non ci saranno
uoni e cattivi ben riconoscib<strong>il</strong>i e separati.<br />
Il noir, cioè, è <strong>il</strong> territorio delle tenebre,<br />
dove nulla è mai molto chiaro, nemmeno<br />
la storia, complicatissima, barocca, un<br />
groviglio di personaggi e situazioni, in cui<br />
i primi a procedere a tentoni sono proprio<br />
gli scrittori. Le città in notturna che sembrano<br />
giungle tentacolari (da cui <strong>il</strong> titolo<br />
bellissimo di un noir di John Huston:<br />
Giungla d’asfalto), le donne, sirene irresi-<br />
stib<strong>il</strong>i e pronte a fregarti, gli amici perduti<br />
con cui hai trascorso la giovinezza e che<br />
hanno buttato via la vita tra alcool e debiti.<br />
E ancora: <strong>il</strong> detective squattrinato, non<br />
più giovanissimo, con uno sguardo disincantato<br />
sul mondo, sempre solo ma pronto<br />
a rischiare la vita per un amico con cui<br />
condividere più dolori che gioie della vita:<br />
sono questi gli elementi tipici del genere.<br />
Basterebbe l’incipit del memorab<strong>il</strong>e Il lun-<br />
IL MISTERO DEL FALCO<br />
<strong>il</strong> libro di Dashiell Hammett<br />
È <strong>il</strong> romanzo che inventò <strong>il</strong> genere.<br />
Portato sullo schermo un paio<br />
di volte, la seconda versione<br />
(1941) firmata da John Huston<br />
è entrata nella leggenda con<br />
Humphrey Bogart (a sinistra e<br />
sotto con Mary Astor e Peter<br />
Lorre). Attorno al ritrovamento<br />
del falcone – oggetto da collezione<br />
– si stagliano loschi figuri come <strong>il</strong><br />
detective Sam Spade e l’ambigua<br />
Brigid O’Shaugnessy, prototipo<br />
di dark lady. St<strong>il</strong>e sobrio, dialoghi<br />
serrati, con una battuta finale (nel<br />
f<strong>il</strong>m) da ricordare. Di cosa è fatta<br />
la statuetta? «Della materia di cui<br />
sono fatti i sogni».<br />
IL GRANDE SONNO<br />
<strong>il</strong> libro di Raymond Chandler<br />
L’esordio di Chandler e <strong>il</strong> primo<br />
di una serie di romanzi con Ph<strong>il</strong>ip<br />
Marlowe protagonista. La storia<br />
prende le mosse dalla richiesta di<br />
aiuto a Marlowe da parte di un<br />
anziano generale, paraplegico e<br />
ricchissimo, che ha ricevuto alcuni<br />
biglietti ricattatori. Seguiranno<br />
delitti, ricatti con al centro della<br />
vicenda la figlia minore del generale.<br />
Portato due volte sul grande<br />
schermo. Quello di Howard Hawks<br />
(1946), sceneggiato da W<strong>il</strong>liam<br />
Faulkner con la coppia Bogart-<br />
Bacall (sotto), è un capolavoro.<br />
go addio di Raymond Chandler (altro titolo<br />
bellissimo: i noir sono spesso leggendari<br />
a partire dal titolo) per innamorarsi per<br />
sempre del romanzo “notturno”.<br />
«Quando lo vidi per la prima volta, Terry<br />
Lennox era ubriaco in una Rolls Royce fuori<br />
serie, di fronte alla terrazza del Dancers.<br />
Il custode del parcheggio aveva portato fuori<br />
la macchina e continuava a tenere lo<br />
| | 27 luglio 2011 | 41
CULTURA DAI ROMANZI AI FILM<br />
IL POSTINO SUONA<br />
SEMPRE DUE VOLTE<br />
<strong>il</strong> libro di James Mallahan Cain<br />
Capolavoro di Cain, è un classico<br />
del noir erotico. È la storia di un<br />
delitto con castigo nella provincia<br />
americana. Lui è un vagabondo<br />
che trova impiego come manovale<br />
in una stazione di servizio. Lei è<br />
splendida, è sexy ma è la moglie<br />
del capo. Diventati amanti progettano<br />
<strong>il</strong> delitto perfetto, ma qualcosa<br />
va storto e i sensi di colpa affiorano.<br />
Romanzo breve ma ricco di<br />
suspense e con una carica erotica<br />
impressionante. Fatto per <strong>il</strong> cinema<br />
più volte (a destra, Jack Nicholson<br />
e Jessica Lange nel 1981), ma<br />
senza grande passione.<br />
L’ASSASSINO CHE È IN ME<br />
<strong>il</strong> libro di Jim Thompson<br />
Il romanzo più malato e inquietante<br />
di Thompson, sceneggiatore<br />
di Kubrick per Orizzonti di gloria<br />
e Rapina a mano armata e autore<br />
di romanzi pulp, fortemente nich<strong>il</strong>isti.<br />
Non è per tutti, ma scrive<br />
da Dio. L’assassino che è in me<br />
– rifatto per <strong>il</strong> cinema malamente<br />
l’anno scorso (a destra, Casey<br />
Afflek nei panni di Lou Ford;<br />
sotto, insieme a Kate Hudson) – è<br />
un racconto in prima persona<br />
di un vicesceriffo psicopatico e<br />
delle sue “imprese”. Non manca<br />
la violenza, anche esibita, ma non<br />
manca neanche <strong>il</strong> dolore nello<br />
scavo di un personaggio, solo con<br />
se stesso e reietto dalla società.<br />
APPUNTAMENTI IN NERO<br />
<strong>il</strong> libro di Cornell Woolrich<br />
Il più straziante. È in pratica un<br />
melodramma combinato con le<br />
atmosfere del noir. E lo scrive<br />
Woolrich, autore assai prolifico<br />
di noir e di giallo, amatissimo dal<br />
cinema. Capitolo finale di una<br />
tetralogia di romanzi neri, è <strong>il</strong><br />
racconto di un giovane sul punto<br />
di sposarsi che, perduta l’amata<br />
per un crudele scherzo del destino,<br />
decide di vendicarsi col mondo<br />
e di far patire ad altre coppie la<br />
sua stessa sofferenza. Splendido e<br />
struggente, mette in crisi <strong>il</strong> lettore<br />
che non sa più se commuoversi<br />
per la vicenda del k<strong>il</strong>ler addolorato<br />
o per i poveracci che ammazza.<br />
sportello aperto perché Terry Lennox lasciava<br />
penzolare <strong>il</strong> piede sinistro come se avesse<br />
dimenticato di possederlo. Aveva un volto<br />
giovan<strong>il</strong>e, ma i capelli di un bianco calcinato.<br />
Bastava guardarlo negli occhi per capire<br />
ch’era saturo d’alcool fino alla radice dei<br />
capelli, ma per <strong>il</strong> resto aveva l’aria di un<br />
qualsiasi simpatico giovanotto in abito da<br />
sera che si fosse lasciato vuotare <strong>il</strong> portafogli<br />
in un locale esistente solo a tale scopo».<br />
Ecco: la storia di Terry e Ph<strong>il</strong>ip Marlowe,<br />
<strong>il</strong> detective protagonista di tutti i<br />
romanzi di Chandler. Una storia di amicizia,<br />
di uno che cerca di tirare fuori dai<br />
guai l’altro incasinato coi soldi, con le don-<br />
42 | 27 luglio 2011 | |<br />
Il noir è sempre una storia di amicizia, l’indagine è volta non solo a<br />
cercare <strong>il</strong> colpevole, ma a capire perché donne e sogni ci fregano sempre<br />
ne-squalo, epperò bellissime, di cui non si<br />
può fare a meno.<br />
Il noir è sempre una storia di amicizia,<br />
in cui l’indagine è volta non solo a cercare<br />
<strong>il</strong> colpevole di un omicidio o di un ricatto,<br />
ma a capire perché le donne e i sogni ci fregano<br />
sempre e perché sentiamo, nonostante<br />
tutto, <strong>il</strong> bisogno di credere: nell’amore,<br />
nell’amicizia, in una fedeltà che duri per<br />
sempre. Il tutto raccontato, spesso in prima<br />
persona, in uno st<strong>il</strong>e profondamente realistico<br />
che va subito al sodo. Appunto hardbo<strong>il</strong>ed.<br />
In molti hanno visto nel noir <strong>il</strong> corrispettivo<br />
metropolitano del western, l’altro<br />
genere letterario e cinematografico fondante<br />
la cultura americana. L’ambienta-<br />
zione cambia, ma le dinamiche personali<br />
sono le stesse: l’amicizia vir<strong>il</strong>e, <strong>il</strong> rapporto<br />
con la donna, la presenza del male nel<br />
mondo. La differenza, almeno rispetto al<br />
primo western, quello del primo Ford, sta<br />
nello sguardo cupo e pessimista sul mondo.<br />
I fantasmi del passato<br />
Se <strong>il</strong> western celebrava <strong>il</strong> mito della Frontiera,<br />
cioè <strong>il</strong> mito dell’America per tutti, anche<br />
per quelli non proprio lindi e puliti (in<br />
Ombre rosse John Wayne difendeva e voleva<br />
bene a una prostituta, suscitando scandalo<br />
tra i benpensanti), <strong>il</strong> noir è <strong>il</strong> racconto<br />
di chi non ce l’ha fatta. Di chi ha ceduto al<br />
Lato Oscuro ed è rimasto indietro. Di chi ha
LA FIAMMA DEL PECCATO<br />
<strong>il</strong> f<strong>il</strong>m di B<strong>il</strong>ly W<strong>il</strong>der<br />
Memorab<strong>il</strong>e noir di W<strong>il</strong>der, tratto<br />
da un romanzo breve di Cain.<br />
Girato nel 1944, sceneggiato<br />
da Chandler con un cast di star<br />
(Edward G. Robinson, Barbara<br />
Stanwick, a sinistra) racconta<br />
la storia di Walter Neff, un assicuratore<br />
adescato dalla moglie<br />
di un cliente che lo convince ad<br />
ammazzare <strong>il</strong> marito per intascarsi<br />
<strong>il</strong> premio. Ma le cose, come sempre<br />
nei noir, non andranno secondo<br />
lo schema prestab<strong>il</strong>ito. Tesissimo,<br />
colmo di ironia tragica, è esemplare<br />
per capire cosa è un noir.<br />
Un uomo messo in trappola da un<br />
destino che non lascia scampo.<br />
LE CATENE DELLA COLPA<br />
<strong>il</strong> f<strong>il</strong>m di Jacques Tourneur<br />
Titolo meraviglioso per un capolavoro<br />
che è la quintessenza del noir,<br />
diretto da un grande regista purtroppo<br />
poco noto. Kirk Douglas e<br />
Robert Mitchum recitano insieme<br />
per innamorarsi del f<strong>il</strong>m. Mitchum<br />
(a sinistra con Jane Greer) gestisce<br />
una stazione di servizio e<br />
sogna una vita tranqu<strong>il</strong>la con la<br />
sua bella. Ma i fantasmi del passato<br />
ritornano e non gli danno tregua.<br />
Atmosfere di provincia cupe,<br />
fotografia nerissima. Il destino di<br />
Mitchum sembra già segnato.<br />
DETOUR<br />
<strong>il</strong> f<strong>il</strong>m di Edgar George Ulmer<br />
B movie girato con quattro soldi<br />
da un regista tanto geniale quanto<br />
sfortunato. Un pianista squattrinato<br />
(Tom Neal, a sinistra) cerca<br />
di raggiungere in autostop la sua<br />
ragazza, a Hollywood. Il conducente<br />
della macchina muore per<br />
un malore. Il pianista decide di<br />
sostituirsi a lui temendo di essere<br />
accusato dell’omicidio. Le cose precipitano<br />
quando viene riconosciuto<br />
da una donna (Ann Savage, a sinistra).<br />
68 minuti di tensione senza<br />
un attimo di respiro. La leggenda<br />
dice che venne girato e montato in<br />
qualche settimana. Da antologia la<br />
sequenza dell’omicidio involontario<br />
con la corda del telefono.<br />
amato genuinamente ma non è stato ricambiato<br />
e ha affogato i dispiaceri nell’alcool<br />
e nelle donnacce. Oppure di chi, semplicemente,<br />
è scomparso, triste e solo.<br />
C’entra in questo, probab<strong>il</strong>mente, la<br />
vicenda di tanti scrittori che pubblicavano<br />
i propri romanzi a puntate (nella mitica<br />
rivista Black Mask), per pagarsi le bollette<br />
e che vivevano in bettole, considerati<br />
scrittori da quattro soldi dagli editori.<br />
Dashiell Hammett, Raymond Chandler,<br />
Jim Thompson, lo sceneggiatore pred<strong>il</strong>etto<br />
da Kubrick, e Cornell Woolrich, l’autore de<br />
La finestra sul cort<strong>il</strong>e hanno avuto una vita<br />
travagliata: la loro grandezza è stata riconosciuta<br />
postuma, hanno vissuto di lavori<br />
e lavoretti (Hammett era davvero un detective,<br />
Chandler lavorava nel ramo petrolifero)<br />
e hanno finito la loro vita in solitudine,<br />
LA MORTE CORRE SUL FIUME<br />
<strong>il</strong> f<strong>il</strong>m di Charles Laughton<br />
È <strong>il</strong> capolavoro americano per<br />
eccellenza. Diretto da un attore<br />
inglese al suo primo e unico f<strong>il</strong>m<br />
come regista. È un noir ma anche<br />
una favola gotica che sconfina<br />
nell’horror. Un f<strong>il</strong>m metaforico<br />
e intessuto di simboli religiosi.<br />
Prima di essere giustiziato, <strong>il</strong><br />
padre dà ai figli un tesoro che<br />
loro nascondono. La madre si<br />
risposa con un reverendo (Robert<br />
Mitchum, a destra) che ha tatuate<br />
sulle nocche le parole love e hate.<br />
Lui punta al tesoro e fa fuori la<br />
moglie. I ragazzi scappano, sul<br />
fiume, ma sono incalzati da questo<br />
diavolo vestito da prete.<br />
L’INFERNALE QUINLAN<br />
<strong>il</strong> f<strong>il</strong>m di Orson Welles<br />
Scritto, interpretato e diretto<br />
da Welles. È uno dei suoi tanti<br />
capolavori massacrati dalla<br />
produzione. Solo recentemente<br />
è uscito <strong>il</strong> director’s cut che<br />
restituisce la bellezza del f<strong>il</strong>m. Al<br />
confine tra Messico e Stati Uniti,<br />
Mike Vargas (Charlton Heston,<br />
sotto e a destra con Janet Leigh)<br />
è in luna di miele con la moglie,<br />
Susan Vargas, quando per caso<br />
assistono all’omicidio di un ricco<br />
imprenditore. Vargas cerca di<br />
investigare, ma la sua presenza<br />
è malvista dal capitano di polizia<br />
Hank Quinlan (Welles). Nerissimo<br />
e cupo, con uno straordinario e<br />
obeso Orson Welles. È <strong>il</strong> momento<br />
più alto del noir prima della decadenza<br />
degli anni Sessanta.<br />
annegando <strong>il</strong> dolore nella bottiglia proprio<br />
come i loro personaggi.<br />
Diversamente, i registi che si sono accostati<br />
al noir, hanno conosciuto la gloria in<br />
vita, ma nel noir hanno espresso i fantasmi<br />
del loro passato. Molti dei registi che hanno<br />
lavorato nel genere è gente scappata dal<br />
nazismo. Un caso incredib<strong>il</strong>e è quello di<br />
Fritz Lang, considerato <strong>il</strong> maggior talento<br />
tedesco nel cinema, che dopo aver ricevuto<br />
da Goebbels l’incarico di presiedere l’industria<br />
cinematografica in Germania scappò<br />
(<strong>il</strong> giorno dopo!) negli Stati Uniti. Fu abbandonato<br />
dalla moglie che preferì i nazisti<br />
e conobbe oltreoceano più insuccessi che<br />
altro. Ci sono altre vicende di espatriati per<br />
forza: gli austriaci B<strong>il</strong>ly W<strong>il</strong>der (La fiamma<br />
del peccato, Viale del tramonto) e Edgar G.<br />
Ulmer (Detour), <strong>il</strong> tedesco Robert Siodmak<br />
(La scala a chiocciola, I gangsters), l’ebreo<br />
ucraino Edward Dmytryk (L’ombra del passato).<br />
Come diceva Raymond Chandler parlando<br />
del suo mentore Dashiell Hammett:<br />
«Ha restituito <strong>il</strong> delitto alla gente che lo<br />
commette per un motivo, e non semplicemente<br />
per fornire un cadavere ai lettori;<br />
e con mezzi accessib<strong>il</strong>i, non con pistole<br />
da duello intarsiate, curaro e pesci tropicali».<br />
La vita e la morte e tutto quello che c’è<br />
in mezzo: sogni e delitti, inganni e passioni,<br />
speranza e cinismo. L’altalena del cuore<br />
dell’uomo, sempre in b<strong>il</strong>ico tra bene e<br />
male, è al centro di questi romanzi e f<strong>il</strong>m<br />
unici. Anche perché, come ricordava spesso<br />
ancora Chandler, che tendeva a parlare<br />
come <strong>il</strong> suo detective: «Io vedo <strong>il</strong> bene, ma<br />
faccio <strong>il</strong> male. E mi spiace».<br />
Simone Fortunato<br />
| | 27 luglio 2011 | 43
CULTURA IN LIBRERIA<br />
Uno scherzo<br />
amico<br />
del destino<br />
Un giornalista pigro e “marchettaro”, uno<br />
scoop in Australia e un compagno di giochi<br />
ritrovato. L’ultimo romanzo di Perrone è<br />
un’ode schietta alla provvidenzialità degli<br />
imprevisti. Che ti guardano negli occhi<br />
C’è un<br />
destino sordo, a cui qualunque<br />
giornalista, persino <strong>il</strong> più<br />
indipendente di testa, persino <strong>il</strong><br />
più paladino dei diritti civ<strong>il</strong>i, si deve piegare.<br />
La marchetta. La si fa a destra, come<br />
a sinistra; in tv come nei cartacei, e persino<br />
sui blog. Non c’è innovazione che tenga,<br />
la vecchia legge della marchetta insegue<br />
comunque <strong>il</strong> cronista. La marchetta, in gergo,<br />
sta per quella prestazione occasionale<br />
fatta senza badare alla nob<strong>il</strong>tà della testata,<br />
ma esclusivamente al portafogli (dell’editore<br />
o del prestatore d’opera, ovvero, <strong>il</strong> giornalista).<br />
C’è chi questa situazione la subisce<br />
suo malgrado, e si tura <strong>il</strong> naso, o chi la<br />
esegue con innata eleganza. E poi c’è chi fa<br />
come lo “Schiappa”, Sebastiano Schiappacasse,<br />
cronista dal nome disgraziato e dal<br />
destino fortunato, che fa l’inviato sportivo<br />
per un grande quotidiano m<strong>il</strong>anese e nel<br />
tempo libero è un industrioso della marchetta.<br />
Ma soprattutto, lo Schiappa è anche<br />
<strong>il</strong> protagonista dell’ultimissimo romanzo<br />
di Roberto Perrone, Occhi negli occhi, appena<br />
edito da Mondadori, pronto da portare<br />
sotto l’ombrellone.<br />
In un certo senso, lo Schiappa incarna<br />
<strong>il</strong> sogno dell’italiano medio. Il suo lavoro<br />
consiste nel non perdersi una partita allo<br />
stadio, poi nel tempo libero Schiappacasse<br />
44 | 27 luglio 2011 | |<br />
si è concesso con felicità al magico mondo<br />
della marchetta, conosciuta forse tardi ma<br />
non troppo, tanto da diventare «un tecnico<br />
del mi vendo per poco, ma mi vendo tanto».<br />
Scrive di calcio per <strong>il</strong> giornale, e poi riempie<br />
<strong>il</strong> tempo e <strong>il</strong> conto in banca con i pezzi<br />
su Badmington e tennis su riviste specializzate,<br />
le ospitate per una televisione locale<br />
in quel di Crema (che lo ripaga, con suo<br />
grande piacere, in natura, con cestoni di<br />
salami e grana), persino le interviste per un<br />
mens<strong>il</strong>e dei preti. La marchetta non è più<br />
routine, è quasi la ragione della sua quotidianità:<br />
ecco perché, quando una domenica<br />
pomeriggio di febbraio <strong>il</strong> vicedirettore<br />
del grande giornale m<strong>il</strong>anese lo convoca<br />
all’improvviso, impedendogli di ultimare i<br />
pezzi sul badmington, lo Schiappa non la<br />
prende molto bene. Tanto peggio la prende,<br />
però, quando lo Schiappa apprende <strong>il</strong> motivo<br />
della convocazione.<br />
Il giornale lo vuol spedire in Australia,<br />
per quella che è la seconda maledizione<br />
del cronista italiano: l’ossessione dei<br />
direttori per «una storia solo nostra», quegli<br />
articoli e idee che gli altri giornali non<br />
hanno e un tempo erano noti come scoop.<br />
Non solo, ma allo Schiappa tocca proprio<br />
una storia “sua”. In Australia deve andare<br />
a ritrovare quello che era <strong>il</strong> suo migliore<br />
amico e alter ego di successo, quel Michele<br />
Monari che da giornalista era diventato<br />
una star, autore di best seller e scoop su<br />
Mani pulite, fino a che un bel giorno non<br />
era scomparso nel nulla. Ma ora Michele è<br />
riapparso, per di più in grande. È stato ricoverato<br />
in ospedale ustionato, perché ha salvato<br />
da un rogo diverse persone.
Tutto questo è solo l’avvincente incipit<br />
di Occhi negli occhi: che si dipana, nelle<br />
pagine successive, con una storia ugualmente<br />
trascinante. Nella mente dello Schiappa,<br />
infatti, a parte la noia per la brusca interruzione<br />
della routine, riaffiorano uno per<br />
uno, come piccoli sp<strong>il</strong>li che pungono ancora<br />
<strong>il</strong> cuore, i ricordi che legano <strong>il</strong> giornalista<br />
un’aMicizia<br />
occhi<br />
negli occhi<br />
R. Perrone<br />
Mondadori<br />
19 euro<br />
Schiappacasse, cronista<br />
dal nome disgraziato<br />
e dal destino fortunato,<br />
fa l’inviato sportivo per un<br />
quotidiano m<strong>il</strong>anese e nel<br />
tempo libero è un cultore<br />
della marchetta. Fino a che<br />
i canguri non lo strappano<br />
alla sua amata routine<br />
sportivo e Michele. Prima riaffiora alla mente<br />
quella prima estate in cui si incontrarono,<br />
a Rapallo, tra partite di calcio e le lunghe<br />
gambe di Martina, la bellissima sorella<br />
di un compagno di giochi, di cui lo Schiappa<br />
si innamora, prima che Michele gliela<br />
porti via. Poi seguono gli anni del liceo a<br />
Chiavari, le trasferte da Genova in treno e la<br />
nascita della fraterna amicizia con Michele,<br />
tanto magnetico da attrarre tutti.<br />
Michele, sempre <strong>il</strong> più figo<br />
E poi, ancora, l’estate dei diciotto anni,<br />
quella in cui Michele scompare all’improvviso,<br />
senza dare notizie all’amico fraterno<br />
e alla bella Martina: al suo ritorno, Michele<br />
racconterà allo Schiappa con entusiasmo<br />
dell’ultima avventura negli Stati Uniti, al<br />
seguito di una stupenda americana che gli<br />
ha risvegliato i sensi, e chiederà a Schiappa<br />
di scaricare la ex al posto suo. E infine,<br />
gli anni all’Università di f<strong>il</strong>osofia, quando<br />
Michele allo Schiappa “soffia” pure la<br />
passione per la scrittura, lanciandosi con<br />
maggior successo nel mondo del giornalismo.<br />
Ma i due rimangono sempre amici<br />
fraterni, malgrado i successi, Michele è<br />
uno che è impossib<strong>il</strong>e non amare, anche se<br />
ti soffia sempre ogni nuovo amore, come<br />
fa per quello nuovo dello Schiappa, la Glo-<br />
ria, che addirittura sposerà. Ma<br />
allora perché Michele, all’apice<br />
del successo e circondato da<br />
donne innamoratissime, all’improvviso<br />
scompare nel nulla? E<br />
cos’è andato a fare in Australia,<br />
perché proprio all’altro capo del<br />
mondo? Lo Schiappa inizia a<br />
seguire le deboli tracce lasciate<br />
dall’amico, ritrovato suo malgrado.<br />
E suo malgrado, intanto,<br />
fa anche un delizioso incontro:<br />
con Carol, la giovane cameriera di un bar<br />
che gli ruba i sensi una sera, e pian piano<br />
gli prende <strong>il</strong> cuore.<br />
«È una storia che lega alcune mie passioni»<br />
spiega Roberto Perrone. «Quella per<br />
<strong>il</strong> viaggio, naturalmente, ma soprattutto<br />
la passione per <strong>il</strong> giornalismo. Ed è sicuramente<br />
anche <strong>il</strong> romanzo più autobiografico<br />
che abbia scritto, anche se <strong>il</strong> personaggio<br />
di Schiappa non è proprio del tutto uguale<br />
uguale». Sebbene infatti anche <strong>il</strong> protagonista<br />
sia ligure, in carne, e appassionato di<br />
calcio e cucina come lui, Perrone è senz’altro<br />
più affascinante. E questo non lo si scrive<br />
in virtù della sua amicizia col direttore di<br />
codesta testata. Spiega Perrone che «anche<br />
Michele è ispirato ad uno dei miei più cari<br />
amici, uno di quelli che cuccano sempre,<br />
anche se nella realtà l’amico è meno stronzo.<br />
Per fortuna mia, i nostri destini amorosi,<br />
infatti, scorrevano lontani. Nel libro, troviamo<br />
Schiappa che si è costruito un equ<strong>il</strong>ibrio<br />
a prova di sentimenti e con tutte le forze<br />
vi si aggrappa, perché non venga cambiato.<br />
Ma <strong>il</strong> destino si manifesta sotto varie forme,<br />
e qui lo fa attraverso <strong>il</strong> ritorno dell’amico,<br />
un viaggio, l’amore per una bella ragazza:<br />
Schiappa sa dall’inizio che lasciarsi<br />
andare a quel destino che non si è costruito<br />
lui lo cambierà, eppure, per la prima volta<br />
in vita sua, si lascia guidare dalla vita».<br />
Insomma, automarchetta dell’autore a <strong>Tempi</strong>,<br />
«è un romanzo bello, che si legge bene».<br />
Chiara Rizzo<br />
| | 27 luglio 2011 | 45
SPONSOR ISLAMICI AL MONDO ACCADEMICO<br />
Ora coi petrodollari si compra<br />
perfino la nostra cultura<br />
di Giorgio Israel<br />
Il politico egiziano ahmed ezz el-arab, vicepresidente del partito liberale Wafd,<br />
intervenendo in Ungheria a un convegno su democrazia e diritti umani, ha<br />
dichiarato che «la Shoah è una menzogna, <strong>il</strong> libro di Anna Frank un falso e<br />
gli attentati dell’11 settembre a New York made in Usa». Ha persino aggiunto che,<br />
durante la guerra in Iraq, «soldati americani con nazionalità israeliana e di religione<br />
ebraica» avrebbero trafugato reperti del periodo della cattività bab<strong>il</strong>onese e<br />
li avrebbero sotterrati a Gerusalemme sotto la moschea di Al Aqsa per rafforzare<br />
le pretese ebraiche sul Monte del <strong>Tempi</strong>o.<br />
purtroppo, questo è solo un esempio clamoroso di un negazionismo e di un<br />
odio antiebraico che si sta diffondendo nel mondo musulmano in quanto è visto<br />
come l’arma più efficace per mob<strong>il</strong>itare come alleata l’area dell’antisemitismo<br />
PANE AL PANE<br />
tradizionale che vive e prolifera in Occidente. Se l’argomentazione propagandistica si restringesse<br />
al tema specifico del conflitto mediorientale – magari anche ricorrendo a baggianate come l’ac-<br />
cusa a Israele di fare una politica di apartheid – sarebbe<br />
spiacevole ma resterebbe entro i confini dello scontro politico.<br />
Invece, qui siamo di fronte all’uso spregiudicato – e<br />
anche infame, in quanto fa ricorso alle tematiche del peggiore<br />
negazionismo – dell’antisemitismo classico.<br />
giulio Meotti ha raccontato sul Foglio la vicenda della<br />
chiusura, presso la prestigiosa università statunitense di<br />
Yale, del primo centro al mondo interamente dedicato allo<br />
studio scientifico delle forme dell’antisemitismo: la Yale Initiative for Interdisciplinary Study of<br />
Antisemitism. Il peccato mortale del centro è stato di parlare delle forme di antisemitismo che allignano<br />
nel mondo islamico e palestinese, e di aver promosso iniziative concernenti la democrazia<br />
in Iran, alle quali erano stati invitati numerosi dissidenti. Le pressioni degli ambasciatori dei paesi<br />
islamici e, in particolare, dei rappresentanti palestinesi si è fatta insostenib<strong>il</strong>e e <strong>il</strong> centro è stato<br />
chiuso. Si dice che verrà riaperto un altro centro sulla stessa tematica, ma con esclusione di ogni<br />
riferimento a quel che accade nel mondo islamico e in Iran in particolare… Insomma, come<br />
al solito, si riesce a malapena a salvare gli ebrei morti. Quanto a quelli vivi peggio per<br />
loro. Peraltro a dissacrare gli ebrei morti ci pensano personaggi come Ezz El-Arab. Questa<br />
vicenda si connette al brulicare di antisemitismo nel mondo accademico inglese e alla<br />
“scoperta” che le più prestigiose istituzioni accademiche britanniche sono ostaggio<br />
dei petrodollari. Non è un caso che tutto questo avvenga nel contesto di una drammatica<br />
crisi economica dell’Occidente, in balìa dei mostri finanziari che esso stesso ha evocato e<br />
che non riesce a controllare, con l’Europa sotto <strong>il</strong> tiro della speculazione internazionale e<br />
gli Stati Uniti sull’orlo del “default”. In questa situazione, se non ci sono più i quattrini<br />
per sostenere <strong>il</strong> settore m<strong>il</strong>itare, figuriamoci se ve ne sono per sostenere<br />
l’istruzione. Così, i petrodollari islamici stanno comprando man mano tutte<br />
le istituzioni educative e culturali dell’Occidente. Quali usi ne vogliano fare<br />
è fin troppo chiaro. Fra questi emerge quello dell’antisemitismo come<br />
clava contro Israele, e contro l’Occidente stesso, sgretolandolo attraverso<br />
l’evocazione del “suo” antisemitismo e del mostro del negazionismo.<br />
in forme assai diverse, nel secolo scorso fu una crisi economica a devastare<br />
l’Europa e anche allora l’antisemitismo giocò un ruolo cruciale.<br />
Ma di questa passo sarà possib<strong>il</strong>e parlare di questa storia soltanto attraverso<br />
le veline di Teheran.<br />
L’Occidente è in balìa di una drammatica<br />
situazione economica: l’Europa è sotto <strong>il</strong> tiro<br />
della speculazione internazionale. Non ci sono<br />
quattrini per <strong>il</strong> settore m<strong>il</strong>itare, figuriamoci<br />
se ve ne sono per sostenere l’istruzione<br />
INTELLETTUALE<br />
CURA<br />
TE STESSO<br />
| | 27 luglio 2011 | 47
L’ITALIA<br />
CHE LAVORA<br />
Gli chef<br />
della pausa<br />
pranzo<br />
Nel 1979, nella M<strong>il</strong>ano da bere, tre amici hanno<br />
dato vita a un’insolita paninoteca, dove mangiare<br />
rapidamente senza rinunciare alla qualità. E da oltre<br />
trent’anni la loro ricetta è sempre la stessa: «Il pane<br />
è solo la cornice di un capolavoro». E del successo<br />
Solo a M<strong>il</strong>ano, secondo una stiMa calcolata<br />
da chi si occupa di logistica<br />
per Expo 2015, sono 350 m<strong>il</strong>a le persone<br />
che quotidianamente pranzano fuori<br />
casa. Provate solo a immaginare quante<br />
di queste consumano un panino. A quante<br />
di queste succede di addentare due fette<br />
di pane gommoso? O una fetta di prosciutto<br />
crudo secca e senza gusto dopo <strong>il</strong> passaggio<br />
sotto la piastra? Oppure di trovarsi sulla<br />
lingua un pezzo di carta frutto dell’infelice<br />
matrimonio tra formaggio fuso e tovagliolo?<br />
Secondo dati della Coldiretti, un italiano<br />
su quattro non è soddisfatto dei panini<br />
che consuma e <strong>il</strong> 65 per cento di loro vorrebbe<br />
mangiare panini gourmet.<br />
Dopo tutti questi numeri, ci vorrebbe<br />
un Garibaldino o un Re Sole. «Garibaldino<br />
perché <strong>il</strong> primo locale era in corso Garibaldi.<br />
Re Sole è nato discutendo della bontà<br />
degli ingredienti che conteneva. Luis, <strong>il</strong> classico<br />
crudo, pomodoro e mozzarella deve <strong>il</strong><br />
suo nome a Luigi, collaboratore di Panino<br />
Giusto che mangiava solo quello. Diplomatico<br />
perché conteneva la più diplomatica tra<br />
le salse, quella rosa».<br />
Il panino non è nato a M<strong>il</strong>ano. Al celebre<br />
lord Sandwich e al suo vizio di non<br />
voler alzarsi mai dal tavolo da gioco dobbiamo<br />
l’idea di farsi portare due fette di pane<br />
imburrate farcite con ogni ben di dio. Panino<br />
Giusto non poteva che nascere a M<strong>il</strong>ano.<br />
«Nel ’79 eravamo in tre, avevamo i nostri<br />
gusti personali, ma condividevamo tutto, a<br />
partire dal volere proporre sempre una qualità<br />
altissima delle farciture. Che poi abbiamo<br />
arricchito con speciali salse e paste. I<br />
nostri gusti individuali venivano poi riversati<br />
sui clienti, che nella maggior parte dei<br />
casi diventavano amici. Il primo locale di<br />
48 | 27 luglio 2011 | |<br />
A destra, Antonio Civita e Giovanni<br />
Roma, due dei fondatori di Panino<br />
Giusto. Sotto, alcuni dei loro piatti.<br />
Nell’altra pagina, Panino Giusto alla<br />
stazione Centrale di M<strong>il</strong>ano (in alto),<br />
e a Istanbul e Yokohama (in basso)<br />
corso Garibaldi a M<strong>il</strong>ano era fondamentalmente<br />
un ritrovo di amici». Giovanni Roma,<br />
uno degli storici fondatori di Panino Giusto,<br />
proviene da una famiglia di ristoratori.<br />
Quando rievoca gli inizi dell’avventura ci<br />
tiene a sottolineare la volontà dei soci di creare<br />
un luogo informale, fatto per socializzare.<br />
«Non ho mai voluto assecondare la ristorazione<br />
classica perché era troppo banale<br />
per me, essendoci nato. Non volevo inserirmi<br />
o lavorare in un ristorante dove ci sono<br />
dei canoni di formalità. Ho visto in Panino<br />
Giusto un ambiente dove si mangia bene e<br />
si sta bene, e mi ci sono buttato». Anche le<br />
cifre testimoniano che i quattro amici al bar<br />
sono diventati una community fedele.<br />
Il nome di questo locale, diventato poi<br />
un marchio vero e proprio, è figlio del-<br />
la spensieratezza di quel periodo. Alla fine<br />
degli anni Settanta, la M<strong>il</strong>ano da bere era<br />
<strong>il</strong> palcoscenico di giovani rampanti, che tra<br />
Timberland e Moncler si ritrovavano per<br />
condividere le proprie idee e i propri sogni.<br />
Dopo anni diffic<strong>il</strong>i c’era di nuovo ottimismo<br />
nell’aria. E nel linguaggio. “Troppo giusto!”<br />
era una di quelle espressioni da “paninari”<br />
che si sentivano in continuazione.<br />
Anche <strong>il</strong> panino consumato da quei ragazzi<br />
non poteva essere qualunque. Doveva essere<br />
giusto. Come l’ambiente. Un mix perfetto<br />
tra <strong>il</strong> bistrot francese e <strong>il</strong> pub inglese. Un<br />
luogo che ha tutta l’aria di un posto di conversazione,<br />
ma dove si respira sempre un<br />
certo fermento. Questa formula ha pagato<br />
anche durante la crisi economica dell’ultimo<br />
anno, come spiega Antonio Civita, l’ul-
timo arrivato, ma <strong>il</strong> primo a essere sicuro<br />
della strada intrapresa da Panino Giusto. «In<br />
un momento di crisi la persona è più attenta<br />
ai propri consumi e quindi diventa più<br />
pretenziosa. Quando c’è crisi uno non è che<br />
non esce più a mangiare, ma va solo dove<br />
reputa di avere un valore aggiunto».<br />
La maniacale attenzione alla qualità è<br />
quello che ha fatto la differenza. Quello che<br />
ha trasformato un locale come tanti della<br />
M<strong>il</strong>ano da bere in un successo imprenditoriale.<br />
«Entro settembre ci sarà l’inaugurazione<br />
di un vero e proprio luogo che ospiterà<br />
l’Accademia Panino Giusto. Da noi i<br />
corsi di formazione hanno un tempo molto<br />
più lungo rispetto a quello dei fast-food.<br />
L’Accademia avrà la forma di una vera e propria<br />
scuola. Sarà un progetto di ampio respiro,<br />
che coinvolgerà l’intera dimensione della<br />
ristorazione veloce. La apriremo in collaborazione<br />
con Regione Lombardia, con<br />
le principali scuole alberghiere lombarde,<br />
con qualche università e con l’associazione<br />
Panettieri m<strong>il</strong>anesi. Un luogo di ecumenismo<br />
del gusto. È l’unico modo per conservare<br />
la nostra impronta di qualità, che è la<br />
nostra mission, e per esportarla senza snaturarla.<br />
Per questo nei prossimi cinque anni,<br />
non apriremo più di dieci locali all’anno».<br />
Nei locali, all’interno delle vetrine, è<br />
«La proporzione tra<br />
pane e companatico<br />
nei nostri prodotti<br />
è spostata verso<br />
<strong>il</strong> secondo. Per noi<br />
<strong>il</strong> pane non è altro<br />
che un contenitore<br />
di prelibatezze»<br />
mostrata una linea di prodotti a marchio<br />
Panino Giusto. «Siamo molto appetib<strong>il</strong>i per i<br />
fornitori, perché garantiamo un ordine nel<br />
tempo e perché in qualche modo trasmettiamo<br />
un po’ della nostra anima, che ha<br />
<strong>il</strong> sapore della qualità. Per <strong>il</strong> crudo e l’olio<br />
abbiamo fornitori storici, Tanara di Langhirano<br />
e Trampolini di Perugia, che ci seguono<br />
e che continuano a seguire le nostre indicazioni.<br />
Ci sono moltissimi crudi stagionati<br />
24 mesi, ma <strong>il</strong> nostro è lavorato esclusivamente<br />
per noi, con una linea di produzione<br />
e camere di affumicatura dedicate».<br />
Oltre l’assaggiatore ufficiale<br />
Un approccio alle materie prime di questo<br />
genere è più tipico di un ristorante alla carta<br />
di alto livello. Eppure non fa una piega in<br />
una struttura aziendale che ha nel suo organico<br />
una persona che si occupa esclusivamente<br />
di assaggiare tutte le componenti del<br />
menù. C’è, tuttavia, un altro elemento della<br />
formula senza <strong>il</strong> quale Panino Giusto non<br />
si distinguerebbe da qualsiasi altra paninoteca.<br />
In una parola: espresso. Ogni panino<br />
è fatto al momento con una procedura che<br />
altera <strong>il</strong> meno possib<strong>il</strong>e le qualità e <strong>il</strong> gusto<br />
della materia prima. Solo <strong>il</strong> pane viene scaldato<br />
sotto la piastra. Il companatico, stratificato,<br />
viene inserito fresco tra le due fette di<br />
pane e servito subito. «Sono passaggi semplici<br />
che però pesano molto sul nostro conto<br />
economico. Avere quattro paninari pronti a<br />
preparare 300 panini in un’ora ha un elevato<br />
costo. Non è come avere una sola persona<br />
che tra le 9 e le 12 taglia <strong>il</strong> pane e lo riempie<br />
con <strong>il</strong> companatico. Il nostro servizio è professionalità<br />
espressa».<br />
La qualità si paga, lo sappiamo tutti.<br />
Da Panino Giusto i panini non te li regalano.<br />
«Il nostro panino ha un rapporto qualità<br />
prezzo invidiab<strong>il</strong>e. Un prosciutto crudo<br />
del nostro livello in una buona salumeria<br />
lo compri a un prezzo che si aggira tra<br />
i 7/8 euro all’etto. Il nostro panino medio<br />
pesa 220 grammi, ma <strong>il</strong> pane solo 70. Quindi,<br />
la proporzione tra pane e companatico<br />
è molto spostata verso <strong>il</strong> secondo. Si potrebbe<br />
obiettare che quelli degli altri bar sono<br />
più grandi. È vero, ma solo perché hanno<br />
più pane. Per noi, invece, <strong>il</strong> pane non è altro<br />
che un contenitore di prelibatezze». I confini<br />
del gusto hanno proprio la forma di due<br />
fette di pane, di tipo francesino, soffice e<br />
fragrante. Una creatura di laboratorio, realizzata<br />
a mezza cottura che viene ultimata<br />
nei locali, così da risultare perfetta. Sembra<br />
strano che un locale, nato per preparare<br />
panini, lo faccia con un’unica varietà di<br />
pane. Eppure rappresenta un altro elemento<br />
distintivo che tutti gli aficionados continuano<br />
ad apprezzare. M<strong>il</strong>anesi in primis.<br />
«M<strong>il</strong>ano non si concede fac<strong>il</strong>mente, però<br />
è accogliente. Qui è m<strong>il</strong>anese chi lavora.<br />
Noi li amiamo perché sono esigenti, e questo<br />
è uno stimolo a migliorarci. Ci arrivano<br />
molte ma<strong>il</strong> di apprezzamento, ma anche<br />
di critica. È su queste ultime che stiamo<br />
costruendo le strategie per <strong>il</strong> nostro futuro».<br />
Martino Lapini<br />
| | 27 luglio 2011 | 49
PER PIACERE<br />
ROMA IL PROGRAMMA DELL’ESTATE 2011<br />
Un mix tra movida e cultura<br />
La città eterna non dorme mai e in estate la dolce brezza che rinfresca le<br />
notti romane invita a scoprire un nuovo volto della città. Il programma<br />
dell’estate 2011 r<strong>il</strong>ancia la città con due grandi novità: l’apertura dei<br />
musei <strong>il</strong> sabato sera e la trasformazione di alcune piazze da centri della movida<br />
a luoghi di cultura. Oltre ai 160 eventi che si terranno fino alla metà di settembre,<br />
sono state organizzate iniziative destinate alle case di cura, gli ospedali<br />
e le carceri. L’appuntamento con la cultura è <strong>il</strong> sabato: dalle 19 alle 23<br />
sarà possib<strong>il</strong>e accedere alle gallerie d’arte più famose al mondo. Da non perdere<br />
ai Musei Vaticani la sala dedicata a Matisse con i bozzetti ut<strong>il</strong>izzati dall’artista<br />
per realizzare la Chapelle du Saint-Marie du Rosaire. La miglior cena di<br />
pesce, rigorosamente non prima delle 21, si gusta da Ottavio, in via Santa Croce<br />
in Gerusalemme, con piatti di crudité e moscardini fritti. Tra le passeggiate<br />
romantiche nel centro antico è possib<strong>il</strong>e sostare all’antico Caffè della Pace,<br />
dietro Piazza Navona, frequentato come un tempo da registi e pittori.<br />
Caterina Gatti<br />
Per informazioni<br />
estateromana.comune.roma.it; per dormire rentalinrome.com; per mangiare ottavio.it<br />
HUMUS IN FABULA<br />
CASA JUVENTUS<br />
Il nuovo stadio sarà<br />
eco-sostenib<strong>il</strong>e<br />
Il grande momento si avvicina. Lo<br />
rende noto <strong>il</strong> sito della Juventus.<br />
Il nuovo stadio, primo e unico impianto<br />
di proprietà di un club di<br />
serie A, verrà inaugurato l’8 settembre.<br />
L’impianto ospiterà al suo<br />
interno 41 m<strong>il</strong>a spettatori e la distanza<br />
della prima f<strong>il</strong>a di tifosi dal<br />
campo sarà di 7,5 metri (49 metri<br />
dall’ultima f<strong>il</strong>a). Ma la cosa più interessante<br />
è che a Torino sta nascendo<br />
uno stadio eco-sostenibi-<br />
50 | 27 luglio 2011 | |<br />
le. Alla base del progetto si trova<br />
un’anima ecologica e rispettosa<br />
dell’ambiente. La società bianconera<br />
ha adottato tecnologie innovative<br />
grazie alle quali sarà possib<strong>il</strong>e<br />
evitare gli sprechi. Per le<br />
attività di routine saranno ut<strong>il</strong>izzate<br />
fonti energetiche alternative<br />
ed ecologiche. Oltre ai noti pannelli<br />
per sfruttare l’energia solare,<br />
verrà ut<strong>il</strong>izzato un impianto per <strong>il</strong><br />
recupero delle acque meteoriche<br />
per l’irrigazione del campo, risparmiando<br />
<strong>il</strong> 50 per cento del consumo.<br />
Infine, per abbattere i costi<br />
di costruzione (circa 100 m<strong>il</strong>ioni<br />
di euro) sono stati riut<strong>il</strong>izzati materiali<br />
recuperati dallo smantellamento<br />
del Delle Alpi (acciaio, calcestruzzo,<br />
vetro e alluminio).<br />
LA RICETTA<br />
PER 6 PERSONE<br />
Crumble<br />
di albicocche<br />
260 g di albicocche (al<br />
netto), 50 g di zucchero,<br />
85 g di farina di farro,<br />
60 g di burro, 60 g<br />
di mandorle tritate, un<br />
pizzico di sale, mezza<br />
stecca di vaniglia.<br />
Lavare le albicocche e<br />
tagliarle a pezzetti.<br />
Lavorare velocemente,<br />
insieme, la farina<br />
con <strong>il</strong> burro, lo zucchero,<br />
le mandorle, <strong>il</strong> pizzico<br />
di sale e i semi raschiati<br />
della vaniglia fino<br />
a ottenere un composto<br />
sabbioso. Suddividere le<br />
albicocche in sei cocottine<br />
di porcellana adatte<br />
al forno e distribuirvi<br />
sopra <strong>il</strong> crumble. Disporre<br />
<strong>il</strong> tutto in frigo intanto<br />
che <strong>il</strong> forno raggiunge<br />
la temperatura di 180<br />
gradi. Cuocere per 15-<br />
20 minuti.<br />
Virginia Portioli<br />
sp<strong>il</strong>ucchino.blogspot.com<br />
AMBIENTE<br />
Barriera antirumore<br />
e fotovoltaica<br />
È stata inaugurata lo scorso 21<br />
maggio la nuova barriera fonoassorbente<br />
e fotovoltaica realizzata<br />
lungo la ss 434 “Transpolesana”<br />
in località Vallese di Oppeano<br />
(Verona). L’innovativa struttura è<br />
stata realizzata da Far Systems<br />
(azienda del Gruppo Industriale<br />
Tosoni) con la compartecipazione<br />
di Anas spa. I lavori della barriera<br />
sono iniziati <strong>il</strong> 15 ottobre 2010 e<br />
sono stati ultimati <strong>il</strong> 31 dicembre<br />
dello stesso anno. È la più lunga<br />
d’Europa (1,7 ch<strong>il</strong>ometri) ed è alta<br />
mediamente 5 metri; permette di<br />
risolvere le problematiche del rumore<br />
e di inquinamento da polveri<br />
sott<strong>il</strong>i, migliorando nettamente la<br />
qualità della vita dei residenti della<br />
frazione affacciata alla “Transpolesana”.<br />
Allo stesso tempo la<br />
barriera produce energia elettrica<br />
grazie ai 5.120 pannelli fotovoltaici<br />
in s<strong>il</strong>icio policristallino (prodotti<br />
in Italia) che occupano una superficie<br />
di 8.150 metri quadrati e che<br />
generano più di 900 m<strong>il</strong>a kW/h<br />
annui di energia pulita.
IN BOCCA ALL’ESPERTO<br />
TRATTORIA ALLA LAGUNA<br />
Per chi ama <strong>il</strong> pesce<br />
Marano Lagunare, in provincia di<br />
Udine, è famosa per l’oasi naturalistica<br />
della laguna omonima, un<br />
parco che nelle stagioni più fresche<br />
attira molti uccelli e visitatori.<br />
Nella cittadina c’è pure un<br />
grande mercato del pesce, storicamente<br />
tra i più importanti del<br />
Nord Est. Non c’è da stupirsi che<br />
questo paesino antichissimo abbia<br />
una tradizione rimarchevole<br />
di cucina ittica. La Trattoria Vedova<br />
Raddi – Alla Laguna, meta<br />
1<br />
IL PRODOTTO<br />
Albicocca<br />
Dalla lontana Cina, terra di origine,<br />
al bacino del Mediterraneo<br />
fino alle Americhe, l’albicocco ha<br />
percorso un cammino lungo almeno<br />
quattrom<strong>il</strong>a anni riuscendo<br />
ad attecchire e a sv<strong>il</strong>upparsi<br />
soprattutto nei climi caldi. Il<br />
frutto è molto digerib<strong>il</strong>e, ricco di<br />
vitamine A, C e potassio e, nonostante<br />
<strong>il</strong> sapore zuccherino,<br />
ha un basso contenuto calorico.<br />
Contiene uno zucchero, <strong>il</strong> sorbitolo,<br />
che ha proprietà lassative.<br />
Se acquistato acerbo, è opportuno<br />
agevolarne la maturazione<br />
a temperatura ambiente, magari<br />
in un sacchetto di carta: <strong>il</strong> frigo<br />
bloccherebbe la naturale evoluzione<br />
della dolcezza.<br />
Lorenzo Ranieri<br />
IL VINO<br />
Torcolato Maculan<br />
Nel ’500 la nob<strong>il</strong>tà veneziana trascorreva<br />
le estati in splendide v<strong>il</strong>le<br />
palladiane che fanno da cornice<br />
ai vigneti di Breganze, paese<br />
di collina delle Prealpi venete con<br />
un clima adatto alla coltura della<br />
vite e dell’olivo. 80 per cento di<br />
Vespaiolo, 10 di Garganega e 10<br />
di Tocai compongono <strong>il</strong> Torcolato<br />
2005. Colore giallo paglierino<br />
dorato, aromi di fiori, miele, vaniglia,<br />
uva e legni nob<strong>il</strong>i. Sapore<br />
dolce e pieno con buon<br />
corpo ed eccellente equ<strong>il</strong>ibrio<br />
fra acidità, alcool e<br />
zuccheri. Lascia in bocca<br />
una lunga permanenza<br />
di sapori. Servire fresco<br />
con formaggi come gorgonzola<br />
e roquefort o<br />
dal sapore piccante. Si<br />
può servire anche con<br />
pasticceria secca e crostata<br />
d’albicocca. Prezzo<br />
in enoteca 32 euro.<br />
Carlo Cattaneo<br />
Rubrica in collaborazione con <strong>il</strong> ministero delle Politiche agricole<br />
IN VACANZA IN SARDEGNA<br />
Per noi è meglio<br />
<strong>il</strong> comitato del Giò<br />
di Annalena Valenti<br />
Anche qui a Trinità<br />
siamo un<br />
po’ Snoq (acronimo<br />
della frase di P.<br />
Levi “SeNonOraQuan-<br />
di grande rinomanza, tra questi<br />
locali è stato <strong>il</strong> più attento a modernizzarsi<br />
e a riconfigurare la<br />
sua proposta in una chiave attuale.<br />
Bello l’ambiente rinfrescato da<br />
pochi anni, con vecchie stampe e<br />
mattoni a vista, anche se si può<br />
mangiare in veranda. Giudiziosissima<br />
la carta dei vini, col meglio<br />
del Friuli. Di classe l’apparecchiatura.<br />
Nel piatto, pesce di grande<br />
qualità, possib<strong>il</strong>mente di provenienza<br />
adriatica, come gli spettacolari<br />
moscardini in umido, o i<br />
molluschi gratinati alla maranese.<br />
Tipica di Marano la grandiosa<br />
zuppa di pesce, rustica e golosa;<br />
buoni pure gli spaghetti alle peverasse,<br />
ossia le vongole piccole, più<br />
saporite di quelle veraci; ottima<br />
STILI DI VITA<br />
MAMMA<br />
OCA<br />
do” usata dai comitati femmin<strong>il</strong>i). In<br />
primis per la decisa presenza femmin<strong>il</strong>e<br />
a sfavore di un solo maschio, che però<br />
potremmo definire “un uomo amico<br />
delle donne”. Anche se i prolungati atteggiamenti<br />
da marpione di 9 anni, tipo<br />
farsi fare “coccolini” da tutte, senza<br />
distinzione di età, la propensione a usare<br />
tutto ciò che è appuntito come fosse<br />
un’arma, nonché la presenza incombente,<br />
AncheSeNonC’è, del padre (che<br />
nessuno del comitato oserebbe definire<br />
un uomo amico delle donne), ne faranno,<br />
ahinoi, un maschio berlusconiano<br />
dell’ultima ora. Poi c’è la presenza<br />
femmin<strong>il</strong>e della casa, numerosa e prevalentemente<br />
adolescenziale, talmente<br />
motivata dall’educazione impartita<br />
da famiglie, scuole e amici frequentati<br />
da non far temere né per esibizione di<br />
corpi né per appiattimento di mente a<br />
tutti i diritti snoq del mondo. C’è anzi<br />
da scommettere, da rischiare su di loro,<br />
fosse solo per la positiva, non scontata,<br />
fame di vita che si legge nei loro occhi.<br />
Dato che è e sarà sempre più una bella<br />
lotta (non avere la tv se non ti risolve<br />
la vita te la semplifica e probab<strong>il</strong>mente,<br />
insieme all’altra proposta pasoliniana,<br />
a un/una adolescente, gliela salva), si è<br />
deciso che per noi è meglio <strong>il</strong> comitato<br />
del Giò: del “RischioAvventuroso”.<br />
mammaoca.wordpress.com<br />
la pasta alla casonera, con tanti<br />
frutti di mare. Di secondo, se c’è,<br />
è imperdib<strong>il</strong>e l’angu<strong>il</strong>la della laguna.<br />
Eccezionali i calamaretti fritti<br />
del golfo di Trieste, e pure la frittura<br />
“mare-laguna”, per non dire<br />
delle vere sogliole adriatiche. Dolci<br />
semplici e buoni. Prezzo di 60<br />
euro, più elevato di quello di altri<br />
locali in zona: ma è più alta anche<br />
la qualità di pesce e cucina.<br />
Tommaso Farina<br />
Per informazioni<br />
trattorialagunamarano.com<br />
Piazza Garibaldi, 1<br />
Marano Lagunare (Udine)<br />
Tel. 043167019<br />
Chiuso lunedì (in inverno<br />
anche la domenica sera)<br />
| | 27 luglio 2011 | 51
GrEEN ESTATE<br />
<strong>il</strong> CiClO DEi riFiUTi<br />
Lunga vita agli inceneritori<br />
di Paolo Togni<br />
le prime due condizioni per risolvere <strong>il</strong> problema dei rifiuti (ne<br />
ho parlato la settimana scorsa) sono: ampliamento del territorio<br />
di competenza del gestore; eliminazione delle interferenze<br />
di origine politica, malavitosa o amministrativa. Si tratta di<br />
condizioni necessarie ma non sufficienti.<br />
Il ciclo dei rifiuti inizia con la loro produzione (da diminuire),<br />
prosegue con le varie possib<strong>il</strong>ità di riciclo-riuso (da aumentare,<br />
se possib<strong>il</strong>e), ma fatalmente si completa solo con lo smaltimento<br />
in discarica o tramite combustione con recupero energetico; poiché<br />
non esistono diversi metodi di smaltimento (<strong>il</strong> compostaggio<br />
è un processo di nicchia di dubbia consistenza), l’alternativa finale<br />
è dunque: discarica/inceneritore. Il che taglia fuori tutte le bubbole<br />
truffaldine degli ambientalisti su soluzioni “a rifiuti zero” e<br />
via dicendo, che sono solo altre armi nel ben fornito arsenale di menzogne verdi. In<br />
questo contesto la raccolta differenziata non è altro che un accessorio, da prevedere<br />
solo se <strong>il</strong> suo risultato economico, ambientale o sociale la rende necessaria, come<br />
recita la vigente direttiva comunitaria. Chi la gabella come soluzione di tutti i problemi<br />
è un truffatore.<br />
Tra discarica e inceneritore, quest’ultimo è di gran lunga da preferire, perché è<br />
assai meno inquinante (le discariche emettono una quantità di sostanze cancerogene<br />
che neppure un inceneritore pessimamente gestito può produrre), produce ener-<br />
Non è possib<strong>il</strong>e che per realizzare<br />
un impianto occorrano dieci anni.<br />
la realizzazione rapida ed efficiente<br />
di opere di interesse pubblico<br />
è un problema che sta bloccando<br />
lo sv<strong>il</strong>uppo dell’economia italiana<br />
AMICI MIEI<br />
libri<br />
Il Padrone del mondo<br />
introdotto da Negri<br />
Giuliano Felsemburgh parla<br />
una lingua che tutti conoscono,<br />
non appartiene ad alcuna nazione<br />
particolare anche se pare<br />
sia originario dell’America,<br />
perché di tutte le nazioni egli è<br />
<strong>il</strong> cittadino, <strong>il</strong> leader democratico,<br />
<strong>il</strong> padre amorevole. Egli stesso<br />
è un uomo senza appartenenze<br />
perché nel mondo di cui è<br />
stato riconosciuto padrone nessuna<br />
appartenenza esiste, se<br />
52 | 27 luglio 2011 | |<br />
non quella alla religione universale<br />
dell’umanitarismo. Complicanze<br />
come le rivolte nell’Est del<br />
pianeta e <strong>il</strong> testardo resistere di<br />
un minuscolo gregge di cattolici<br />
guidati dal Papa vengono gestite<br />
con <strong>il</strong> pugno di ferro. La violenza<br />
non è un tabù quando si<br />
tratta di difendere <strong>il</strong> bene supremo,<br />
quello della tranqu<strong>il</strong>lità del<br />
mondo. È l’universo utopico creato<br />
da Robert Hugh Benson nel<br />
1907 con <strong>il</strong> suo Il padrone del<br />
mondo. Un libro profetico perché<br />
isola con grande lucidità alcune<br />
tematiche oggi più che mai<br />
attuali. Basti pensare al relativismo<br />
o a questioni enormemente<br />
concrete come <strong>il</strong> rapporto con<br />
la malattia e con la morte. Ma<br />
PrESA<br />
D’AriA<br />
gia e non determina un consumo<br />
di territorio pari a quello causato<br />
da una discarica. Il problema però<br />
è di realizzarli. Non è possib<strong>il</strong>e che<br />
per avviare un impianto approvato<br />
dalle autorità competenti secondo<br />
le norme in vigore occorrano oltre<br />
dieci anni, come è successo per<br />
l’inceneritore di Acerra, e che non<br />
si veda una soluzione a breve termine per gli altri inceneritori campani e laziali previsti:<br />
tanto più che oggi non è prevedib<strong>il</strong>e l’azione di f<strong>il</strong>ibustering svolta da Edo Ronchi,<br />
ministro dell’Ambiente dell’epoca.<br />
Ma quello della rapida ed efficiente realizzazione delle opere di interesse pubblico<br />
è un problema di più ampio respiro, che da decenni sta bloccando lo sv<strong>il</strong>uppo<br />
dell’economia italiana. Ne sono origine l’incapacità di amministrare dei politici, una<br />
normativa che dovrebbe essere rivista, anche per diminuire <strong>il</strong> numero di enti competenti,<br />
la disonestà, l’ignoranza e l’ignavia di molti funzionari, la prepotenza malavitosa<br />
dei mentecatti con una cultura da età della pietra. Ne riparleremo.<br />
tognipaolo@gma<strong>il</strong>.com<br />
soprattutto, come nota <strong>il</strong> vescovo<br />
di San Marino e Montefeltro,<br />
monsignor Luigi Negri, nella<br />
prefazione alla riedizione del romanzo<br />
appena andata in stampa<br />
per Fede&Cultura (360 pagine,<br />
14 euro), «l’intuizione<br />
formidab<strong>il</strong>e, vorrei dire non soltanto<br />
sul piano della disamina<br />
di carattere culturale e sociale,<br />
ma dal punto di vista ecclesiale<br />
è che Benson indica che la strada<br />
che la Chiesa non può non<br />
percorrere, anche nelle situazioni<br />
terrib<strong>il</strong>i in cui vive, è la strada<br />
della presenza, essere cristiani<br />
presenti». E non è un caso allora<br />
che, come rivela proprio monsignor<br />
Negri, <strong>il</strong> romanzo sia molto<br />
caro a Joseph Ratzinger.<br />
CINEMA<br />
Il ventaglio segreto,<br />
di Wayne Wang<br />
Nella Cina<br />
globalizzata<br />
L’amicizia di due donne nella<br />
Cina di ieri e oggi.<br />
F<strong>il</strong>m “da stiro” per dirla<br />
con mia moglie. Il problema<br />
è che ci sono i sottotitoli,<br />
<strong>il</strong> che rende le cose un<br />
HOME VIDEO<br />
Frozen,<br />
di Adam Green<br />
Scontato ma buono<br />
Durante una gita sciistica, tre<br />
ragazzi rimangono bloccati su<br />
una seggiovia.<br />
Thr<strong>il</strong>ler discreto che ha <strong>il</strong> pregio<br />
di creare suspense con poche<br />
carte in mano: una seggiovia,<br />
tre ragazzi e una natura<br />
selvaggia e indifferente. Gli<br />
strumenti per creare tensione<br />
sono i soliti: <strong>il</strong> punto di vista<br />
dello spettatore coincide<br />
con quello dei tre protagonisti;<br />
la narrazione dal ritmo serrato,<br />
non priva di realismo. Un po’<br />
prevedib<strong>il</strong>e <strong>il</strong> finale, ma sopra<br />
la media dei thr<strong>il</strong>ler di stagione.<br />
po’ complicate. Non è malaccio:<br />
le due ragazze sono<br />
brave, Hugh Jackman,<br />
che fa <strong>il</strong> manzo australiano<br />
(e canta in cinese!), un<br />
po’ meno. La storia, vista<br />
e stravista, tratta da un<br />
romanzo di Lisa See, è <strong>il</strong><br />
classico repertorio di sfighe<br />
accumulate per tenere<br />
desta l’attenzione e far<br />
sgorgare copiose le lacrime.<br />
Si parte coi piedini fa-<br />
i-PAD<br />
L’applicazione<br />
di Maurizio Lupi<br />
Maurizio Lupi sbarca su iPad. Il<br />
vicepresidente della Camera è <strong>il</strong><br />
primo deputato italiano a poter<br />
vantare una propria applicazione<br />
per <strong>il</strong> tablet di Apple. La app darà<br />
la possib<strong>il</strong>ità di seguire da vicino<br />
l’attività svolta da Lupi a Roma e<br />
sul territorio. Un servizio di news<br />
segnalerà in tempo reale tutti gli<br />
interventi del deputato mentre<br />
ogni mattina sarà disponib<strong>il</strong>e una<br />
rassegna stampa curata direttamente<br />
da lui. News in tempo reale<br />
anche sull’Intergruppo parlamentare<br />
per la Sussidiarietà e sul<br />
Montecitorio Running Club.
sciati e si arriva, dopo una<br />
certa dose di epidemie,<br />
mariti violenti e figli perduti,<br />
a un bel finale. È una<br />
storia di laotong, cioè delle<br />
amiche per sempre che,<br />
in mezzo a tante ovvietà,<br />
dice una cosa vera, sul finale.<br />
Che in un mondo globalizzato<br />
(la Cina del f<strong>il</strong>m<br />
è quella degli affari, dellediscoteche<br />
e<br />
COMUNICANDO<br />
AssOCIAzIONE UMBrA<br />
Teatro, laboratorio<br />
di umanità<br />
Le nuove tecniche di comunicazione<br />
hanno determinato forti mutazioni<br />
anche nel teatro. Lo spettacolo<br />
si è evoluto nel corso dei<br />
secoli, eppure al giorno d’oggi <strong>il</strong><br />
teatro ha ancora una forte connotazione<br />
comunicativa. Un importate<br />
“laboratorio d’umanità”<br />
attraverso <strong>il</strong> quale allargare i mezzi<br />
di una cultura attiva che dovrebbe<br />
riguardare tutti, non solo<br />
una nicchia di intellettuali. Que-<br />
delle donne in carriera sui<br />
tacchi a sp<strong>il</strong>lo) dove tutto<br />
cambia, si vive solo grazie<br />
a ciò che non cambia mai:<br />
la fedeltà all’altro.<br />
visti da simone fortunato<br />
sopra, <strong>il</strong> regista<br />
Wayne Wang<br />
In un momento di grave crisi economica, dopo<br />
l’approvazione di una dura manovra finanziaria<br />
e con la prospettiva di finire nella<br />
lista dei paesi europei a rischio bancarotta, è<br />
chiaro che un intervento urgente del governo<br />
era drammaticamente necessario. Pur ricono-<br />
TELECOMANDO IO<br />
LA fINANzIArIA vIsTA DALLE fAMIgLIE<br />
Una manovra che porta<br />
<strong>il</strong> paese fuori strada<br />
di Caterina Tartaglione*<br />
sTATION<br />
WAgON<br />
scendone l’urgenza riteniamo miope una politica che vede la spesa<br />
per le famiglie come un costo e non come un investimento.<br />
Purtroppo, analizzando i tagli che dovranno riportare ossigeno<br />
nelle casse dello Stato, non si può non considerare che tutti<br />
gli interventi, dai ticket sanitari ai tagli lineari per le agevolazioni<br />
fiscali, andranno a incidere, a partire dal 2013, sull’economia<br />
domestica delle famiglie italiane con un impatto stimato di circa<br />
1.000 euro per nucleo fam<strong>il</strong>iare. Nonostante le detrazioni per<br />
i figli e i fam<strong>il</strong>iari a carico, i costi degli as<strong>il</strong>i, i mutui e <strong>il</strong> mantenimento<br />
di figli all’università fossero provvedimenti parziali e<br />
poco efficaci, ridurli ulteriormente inciderà nei b<strong>il</strong>anci domestici<br />
rischiando di disincentivare chi, nel nostro paese, ancora ha <strong>il</strong><br />
coraggio di fare famiglia. Anche in merito all’incremento dell’Iva,<br />
paventato dal ministro dell’Economia, <strong>il</strong> Sindacato delle Famiglie<br />
esprime <strong>il</strong> proprio dissenso, in quanto l’incremento dei prezzi<br />
che ne deriverebbe andrebbe a danneggiare ulteriormente le famiglie,<br />
soprattutto quelle numerose.<br />
Fuori dalle polemiche ideologiche e dagli attacchi frontali di<br />
cui si nutre abbondantemente la politica nazionale, come associazione<br />
di famiglie, registriamo una delusione rispetto ad aspettative<br />
ancora una volta profondamente disattese. Ci chiediamo con<br />
preoccupazione quando e come sarà possib<strong>il</strong>e, per <strong>il</strong> nostro paese,<br />
uscire dall’impasse della congiuntura e intraprendere quelle riforme<br />
strutturali da molti auspicate, prima fra tutte quella fiscale,<br />
che siano in grado di riconoscere i carichi fam<strong>il</strong>iari nella determinazione<br />
del prelievo fiscale.<br />
Siamo sempre più convinti che senza questo passaggio fondamentale<br />
non si metteranno le famiglie in grado di aumentare <strong>il</strong><br />
loro potere di acquisto e quindi di contribuire a irrorare l’economia<br />
del nostro paese. I conti dell’Italia vanno messi in sicurezza<br />
ma senza interventi strutturali lungimiranti non si gettano le basi<br />
per una reale inversione di tendenza.<br />
*presidente del Sindacato delle Famiglie onlus<br />
sto spirito democratico anima la<br />
Società dello Spettacolo (lasocietadellospettaccolo.org),associazione<br />
culturale umbra nata nel<br />
2007 dalla fusione di tre artisti<br />
con background culturali diversi:<br />
Grugher, Masciolini e Bellani.<br />
Nella sua più recente produzione,<br />
Il Neo Barocco, la Società dello<br />
Spettacolo collabora con Omar<br />
Calabrese, con Umberto Eco uno<br />
dei maggiori semiologi italiani.<br />
Calabrese, in uno scritto dedicato<br />
allo spettacolo, rimarca «l’eccellente<br />
lavoro effettuato sulla<br />
lingua che sembra far tornare<br />
in essere un’avanguardia teatrale<br />
che da tempo appariva esaurita».<br />
Per l’associazione è chiaro: <strong>il</strong><br />
teatro deve suscitare occasioni di<br />
riflessione su contenuti che esulino<br />
dal confine dell’intrattenimento.<br />
A sostegno di questo intento<br />
la multimedialità, che permette<br />
di “dipingere” grandi suggestioni<br />
con scarsi mezzi. L’associazione<br />
collabora con giovani artisti<br />
del territorio: f<strong>il</strong>mmaker, musicisti,<br />
artigiani realizzano opere straordinarie,<br />
“eccellenze” che spesso<br />
non trovano la giusta via d’espressione.<br />
Secondo la f<strong>il</strong>osofia intrinseca<br />
dell’associazione <strong>il</strong> teatro si<br />
fa con la vita. Essere vivi significa<br />
“giocare” con un’abbondanza di<br />
elementi inscindib<strong>il</strong>mente intrecciati,<br />
che producono “intelligenze<br />
emotive” come umana forza di<br />
comunicazione contemporanea.<br />
Emanuele gallo Perozzi<br />
| | 27 luglio 2011 | 53
Foto: AP/LaPresse<br />
molto più di un settimanale<br />
RadIogRafIa della ManovRa<br />
Su tempi.it le opinioni e le analisi degli economisti sulla<br />
manovra-monster del governo. Giulio Sapelli: «Quella<br />
sulla casta è solo demagogia, bisogna detassare». Francesco<br />
Forte: «Tremonti sbaglia sulla comunicazione».<br />
vEnITECI a CErCarE<br />
tempi e l’osservatore/1<br />
Dove trovare<br />
la strana coppia<br />
<strong>Tempi</strong> ha iniziato <strong>il</strong> 2011 con un<br />
regalo particolare ai suoi lettori.<br />
Dal primo numero di gennaio, infatti,<br />
<strong>il</strong> nostro giornale ospita al<br />
suo interno la versione settimanale<br />
dell’Osservatore Romano,<br />
che raccoglie tutti i discorsi pro-<br />
InteRvISta al MInIStRo gelMInI<br />
Il governo si è accordato con i sindacati per assumere<br />
67 m<strong>il</strong>a precari. Soddisfatto <strong>il</strong> ministro<br />
Gelmini, che dichiara a tempi.it: «Anche la Cg<strong>il</strong><br />
ha riconosciuto <strong>il</strong> valore del risultato. Da ora assumiamo<br />
solo in base al merito e ai reali bisogni<br />
della scuola. Basta precariato».<br />
coPPa aMeRIca<br />
Diario da una incredib<strong>il</strong>e Coppa America dove<br />
sono state eliminate subito le big: Bras<strong>il</strong>e e Argentina<br />
e C<strong>il</strong>e. Nella nostra fotogallery i calciatori<br />
di punta: Vargas, Cavani, Santa Cruz, Rincon<br />
e César Alejandro Farias, lo Special one di Hugo<br />
Chávez.<br />
le foto dI haRPeR Seven beckhaM<br />
La quarta figlia di Victoria e David Beckham fa<br />
<strong>il</strong> suo debutto in società con a una foto scattata<br />
in ospedale. Il calciatore ha pubblicato l’immagine<br />
di mamma e figlia su Facebook con la didascalia:<br />
“Le mie ragazze che dormono”.<br />
nunciati dal Santo Padre Benedetto<br />
XVI. L’abbinata non ha alcun<br />
costo per i lettori: né per gli<br />
abbonati né per chi compra <strong>il</strong> nostro<br />
settimanale in edicola. <strong>Tempi</strong><br />
esce in tutta Italia <strong>il</strong> venerdì,<br />
con alcune eccezioni: <strong>il</strong> giovedì lo<br />
trovate a M<strong>il</strong>ano città e Roma<br />
città; <strong>il</strong> sabato in Puglia, Sic<strong>il</strong>ia<br />
e Sardegna. Il prezzo di copertina<br />
è di 2 euro; tranne a Napoli<br />
città, nelle Marche, in Puglia, in<br />
Sic<strong>il</strong>ia e Sardegna, dove è in vigore<br />
l’abbinata obbligatoria gratuita<br />
con <strong>il</strong> Giornale.<br />
tempi e l’osservatore/2<br />
Chi si abbona legge<br />
più comodamente<br />
Abbonarsi a <strong>Tempi</strong> e al settimanale<br />
dell’Osservatore Romano è<br />
conveniente: 60 euro per un anno<br />
(49 numeri) e 100 euro per<br />
due anni (98 numeri). Per informazioni<br />
e modalità di pagamento<br />
chiamare allo 02.31923730<br />
da lunedì a venerdì (escluso <strong>il</strong><br />
mercoledì) dalle 9 alle 13; oppure<br />
visitare l’apposita sezione sul<br />
sito tempi.it.<br />
sU ITaCaLIbrI.IT<br />
libro e cd/2<br />
L’epopea del<br />
country rock<br />
Il nuovo cd di <strong>Tempi</strong>. Un<br />
viaggio alla scoperta del<br />
genere country raccontato<br />
dalla musica della<br />
Piedmond Brothers<br />
Project. (libro Lights of<br />
your party e cd, 15 euro).<br />
libro e cd/1<br />
Tutto <strong>il</strong> ritmo<br />
made in Usa<br />
La musica americana<br />
cantata dagli OutofSize e<br />
spiegata da Walter Gatti,<br />
Walter Muto e Riro Maniscalco<br />
(libro Tap your<br />
feet e cd, 15 euro).<br />
<strong>il</strong> libro<br />
L’In-Presa<br />
di Em<strong>il</strong>ia<br />
Emanuele Boffi racconta<br />
<strong>il</strong> centro In-Presa fondato<br />
da Em<strong>il</strong>ia Vergani a Carate<br />
Brianza. Qui attraverso<br />
<strong>il</strong> lavoro si indica ai giovani<br />
una strada per scoprire<br />
che la vita ha senso (Lindau,<br />
160 pagine, 16 euro).<br />
| | 27 luglio 2011 | 55
In tempi di caro carburante, potrebbe<br />
sembrare quasi irriguardoso proporre<br />
una Mercedes berlina-coupé Cls.<br />
Invece no, perché questa vettura, nell’inedita<br />
versione 250 Cdi, quattro porte e<br />
quattro posti, adotta un propulsore 2.2<br />
diesel quattro c<strong>il</strong>indri con tecnologia Blue<br />
Efficiency di stampo modernissimo con<br />
iniezione diretta e si presenta con consumi<br />
rasoterra: 20 ch<strong>il</strong>ometri con un litro di<br />
gasolio. Siamo al livello di una ut<strong>il</strong>itaria<br />
oppure di una ibrida giapponese, tanto popolare<br />
fra i tassisti.<br />
Muscoli e spigoli sono quelli firmati<br />
Mercedes Cls seconda generazione: 494<br />
centimetri di lunghezza per 188 di larghezza<br />
e 141 in altezza: sagoma ideale di<br />
una coupé a quattro porte diventata anche<br />
molto confortevole grazie ai quattro<br />
posti che offre, nonché per un bagagliaio<br />
da 520 litri e un impatto estetico e tecnologico<br />
di tutto rispetto. Vogliamo fare un<br />
esempio? I nuovi fari, con un totale di 71<br />
<strong>il</strong>luminatori a led.<br />
La 250 Cdi sembra una Cls qualsiasi,<br />
ma non è affatto così. Convincente la posizione<br />
di guida, ampiamente regolab<strong>il</strong>e,<br />
nonostante la vicinanza del tunnel centra-<br />
le che ingombra un po’ la libertà di movimento.<br />
Qualcosa da ridire, casomai, sulla<br />
registrazione solo manuale dello sterzo in<br />
altezza e profondità. Quanto a finiture e<br />
accuratezza negli assemblaggi, siamo a livelli<br />
molto alti, migliori di quelli riscontrati<br />
nei dettagli della carrozzeria, con<br />
particolari sottotono come gli elementi in<br />
plastica di fattura modesta che rivestono<br />
<strong>il</strong> portello del bagagliaio. In moto, s<strong>il</strong>enzio<br />
assoluto. Poi, viaggiando, sono i dati sul<br />
consumo medio a sorprendere: 5,1 litri di<br />
gasolio per 100 km. Si potrebbe pensare a<br />
DI NESTORE MOROSINI<br />
MERCEDES CON NUOVO MOTORE 2.2 DIESEL<br />
La berlina-coupé della Stella<br />
consuma come un’ut<strong>il</strong>itaria<br />
MOBILITÀ 2000<br />
Immagini della Mercedes Cls 250 Cdi. Nei particolari a sinistra: la plancia (sopra) con ampio<br />
spazio per guidatore e passeggero anteriore; i comandi posti su una delle razze del volante<br />
un propulsore rallentato dalla mole della<br />
vettura; si dimostra invece reattivo già a<br />
partire dai 1.600 giri per poi andare in progressione<br />
fino a 4.200 giri, al punto di potenza<br />
massima per 204 cavalli.<br />
Il pacchetto è valido e godib<strong>il</strong>e, grazie<br />
al nuovo cambio automatico 7G-Tronic<br />
Plus, che consente di raggiungere la velocità<br />
massima di 242 km/h, ma contemporaneamente<br />
di avvalersi di una funzione<br />
Eco abbinata a un sistema start/stop di rara<br />
dolcezza nel riavvio, tanto da rendere la<br />
guida nel traffico molto confortevole.<br />
| | 27 luglio 2011 | 57
LA ROSA DEI TEMPI<br />
58 | 27 luglio 2011 | |<br />
DOVE TIRA IL VENTO<br />
Inventati un’estate a tutto sesso<br />
L’inserto “Salute” di Repubblica ha dedicato due paginoni ai<br />
contraccettivi. In un articolo si legge: «Per chi è rimasto solo,<br />
ma teme la solitudine, l’estate può servire come un allenamento<br />
alla seduzione neutra, ut<strong>il</strong>e per creare reti affettive, piacevoli<br />
convivenze, per visitare luoghi che si desidera scoprire. Le ferie<br />
frazionate, brevi, abbiamo scoperto che possono aumentare<br />
lo stress e le attese eccessive.<br />
Consigliamo a<br />
chi è solo/a di costruirsi<br />
una narrazione, raccontare<br />
una versione dell’estate<br />
che non faccia sentire<br />
sconfitti, sia che si scelga<br />
l’azzardo o si valorizzi la<br />
voglia di cose tranqu<strong>il</strong>le,<br />
di amici e luoghi amati, di<br />
risvegli lenti, di semplici<br />
routine r<strong>il</strong>assanti».<br />
Sdraiarsi in una bara per capire <strong>il</strong> senso della vita<br />
Col nob<strong>il</strong>e intento di far diminuire i suicidi, un imprenditore coreano ha ideato <strong>il</strong><br />
seguente rimedio. Sdraiarsi per cinque minuti in una bara, farsi chiudere dentro e<br />
in questo breve lasso di tempo «riflettere sull’importanza della vita». Sono i cosiddetti<br />
“corsi del buon morire” e già più di 100 m<strong>il</strong>a persone hanno provato l’inconsueto<br />
brivido. Pare che la cosa funzioni, almeno a stare a sentire le rassicurazioni<br />
di chi vi si è sottoposto. Tra l’altro, assicurano gli organizzatori del corso,<br />
uno dopo diventa<br />
più produttivo sul<br />
lavoro. Il tutto a soli<br />
300 dollaroni.<br />
buIo Pensieri che vengono nella bara: «Cazzo<br />
che buio. Ma si potrà fumare? Certo che<br />
per 300 dollari ce la potevano mettere almeno<br />
una coca. Oh, ma è proprio buio qua dentro.<br />
Uff, che caldo. Ma quando muoio farà ’sto<br />
caldo? Ummmmm. Eh? Cosa stavo pensando?<br />
Ah, già. Mi prude un mignolo. E adesso come<br />
mi gratto? Oddio mi sono scordato di portar<br />
fuori l’umido stamattina. Ah già, ma sono<br />
di Napoli: ci penseranno gli angeli di De Magistris.<br />
Oh, che buio raga. Ma saranno passati<br />
cinque minuti? Perché non mi aprono? Oddio,<br />
mica saranno tutti morti là fuori!».<br />
RELAX<br />
Il gatto Sky rapito dal neutrino<br />
L’artista Luciana Matalon ha acquistato un’intera pagina<br />
del Corriere della Sera per dare l’estremo saluto<br />
al suo gatto Sky. Lo strano necrologio è apparso corredato<br />
da una foto del felino con la sua padrona: «L’UNI-<br />
VERSO ASCOLTA IL GRANDE SILENZIO. IL MON-<br />
DO SI È SPENTO. Oggi <strong>il</strong> mio magico gatto Sky è stato<br />
rapito da un neutrino alla deriva di spazi galattici al-<br />
le 4:30, e la mia frag<strong>il</strong>ità<br />
urla l’assenza, l’emozione<br />
vuole attenzione. La<br />
sospensione vorrebbe la<br />
mia rassegnazione. Ma<br />
tu adorato SKY sei nella<br />
beatitudine? Sei finalmente<br />
beato? Se così è,<br />
io sarò prestissimo con<br />
te e non ci lasceremo più<br />
per sempre».<br />
vero Insomma, per non sentirvi degli sconfitti<br />
dovete raccontare un sacco di balle (una “narrazione”<br />
la chiama Repubblica). Robe del tipo che<br />
siete rimasti un mese su un’isola deserta con<br />
Megan Fox o che avete passato una settimana<br />
chiusi in ascensore con Scarlett<br />
Johansson. Mi raccomando,<br />
abbondate coi particolari, così<br />
da rendere la cosa credib<strong>il</strong>e.<br />
Altrimenti gli amici vi sgameranno<br />
subito che avete<br />
passato un’altra estate<br />
a leggere Kant.<br />
LOVE<br />
RECLAME<br />
mIao Come riconoscere un neutrino. Il neutrino<br />
di solito è alla deriva nella galassia. È più<br />
spietato di un esattore delle tasse e ha uno<br />
sguardo da pignoratore d’appartamenti. Al neutrino<br />
non importa se la tua frag<strong>il</strong>ità urla l’assenza,<br />
né se la tua sospensione fa rima con la<br />
tua rassegnazione. Il neutrino fa capolino quando<br />
L’UNIVERSO ASCOLTA IL GRANDE SILEN-<br />
ZIO e QUANDO IL MONDO È SPENTO. Se questa<br />
notte alle 4:30 senti bussare alla porta, non<br />
aprire. Soprattutto, poiché <strong>il</strong> neutrino ammazza<br />
i gatti, accetta un consiglio: inizia ad abbaiare.
imperdib<strong>il</strong>e<br />
inut<strong>il</strong>e<br />
Sempre più gente<br />
sogna <strong>il</strong> capo ufficio<br />
Nell’era della velocità e dello stress,<br />
spesso capita che di notte i dipendenti<br />
sognino <strong>il</strong> capo ufficio. Il fenomeno<br />
sta assumendo dimensioni preoccupanti,<br />
non a caso perfino i grandi<br />
giornali ormai se ne occupano in maniera<br />
approfondita. Dopo <strong>il</strong> Wall<br />
Street Journal lo ha fatto, per esempio,<br />
<strong>il</strong> Corriere della Sera. Secondo gli<br />
esperti, questi sogni hanno molteplici<br />
interpretazioni possib<strong>il</strong>i:<br />
possono indicare <strong>il</strong> desiderio<br />
represso di una relazione<br />
clandestina<br />
o semplicemente<br />
quello di fare<br />
carriera.<br />
INCUBI<br />
GIOCHI<br />
godib<strong>il</strong>e<br />
fetido<br />
SCIENZA<br />
MOTIVI Anche <strong>il</strong> redattore<br />
di <strong>Tempi</strong> fa sogni lavorativi.<br />
Fortuna che c’è <strong>il</strong> correttore<br />
di bozze, <strong>il</strong> quale sa interpretare<br />
<strong>il</strong> subconscio come un<br />
grande refuso. Se per esempio<br />
<strong>il</strong> redattore sogna <strong>il</strong> capo<br />
ufficio, grazie al correttore sa<br />
che in realtà gli manca <strong>il</strong> caro<br />
ufficio. Se invece sogna la tastiera,<br />
vuole solo una fetta di<br />
pastiera. Se immagina di fare<br />
un titolo, <strong>il</strong> correttore gli<br />
spiega che desidera andare in<br />
Tirolo. Adesso c’è uno che sogna<br />
da mesi di scrivere una<br />
bellissima riga. Cosa vorrà<br />
mai dire? Inviateci la soluzione<br />
a redazione@tempi.it.<br />
Attento, <strong>il</strong> computer ti sta rubando i ricordi<br />
La rivista Science ha pubblicato i risultati di una ricerca della Columbia University<br />
secondo la quale noi uomini di oggi rischiamo di perdere la memoria a causa<br />
delle nostre chincaglierie informatiche. L’indagine ha dimostrato che le persone<br />
tendono a non trattenere tra i ricordi le cose che sanno di aver “salvato”<br />
da qualche parte su un apparecchio tipo pc, telefonino, e-ma<strong>il</strong> o tablet, come<br />
dite voi giovani. «La nostra memoria<br />
– spiegano gli scienziati<br />
– è ormai internet, che conserva<br />
per noi le informazioni. Così,<br />
<strong>il</strong> nostro cervello non si sforza».<br />
Supergay e l’esercito<br />
delle sexy bionde<br />
Supergay & the attack of his exgirlfriends,<br />
così si chiama <strong>il</strong> videogioco<br />
inventato dalla casa spagnola<br />
Klickrainbow e che aiuterà la Apple<br />
– in passato accusata di omofobia<br />
– a rifarsi un’immagine gay friendly.<br />
Protagonista è Tom Padder, diventato<br />
un supereroe dopo aver rivelato<br />
al mondo, solo pochi giorni prima<br />
delle nozze, di essere<br />
omosessuale. Tom,<br />
nella sua tutina rosa<br />
con spacco dalle spalle<br />
fino al voluminoso<br />
pacco, dovrà salvare<br />
<strong>il</strong> mondo lottando<br />
contro un esercito di<br />
bionde supersexy.<br />
MEMO Ecco alcuni ricordi preziosi che <strong>il</strong><br />
cervello rimuove in continuazione e che<br />
perciò conviene salvare sul computer:<br />
1) sei italiano, quindi probab<strong>il</strong>mente alle<br />
ultime elezioni hai votato Berlusconi, sì, lo<br />
so, è dura ma ormai sei un ometto; 2) oppure<br />
hai votato Bersani, coraggio, non fare<br />
così; 3) sei sposato, stasera ricordati di<br />
tornare a casa; 4) hai anche tre figli, che<br />
per di più ogni dodici mesi fanno <strong>il</strong> compleanno;<br />
5) nel dubbio, <strong>il</strong> compleanno è<br />
oggi; 6) bisogna proprio darsi una lavatina<br />
ogni tanto; 7) ma quello lì seduto accanto<br />
a te ha sempre lavorato qui?<br />
MAnI C’è qualcosa che non torna. Cioè, non so se ve ne<br />
siete accorti, ma qui a far la parte dei cattivi non sono dei<br />
caimani di Arcore, ma delle donne. Donne un po’ alla Pamela<br />
Anderson, ma pur sempre donne. Quindi: <strong>il</strong> gioco superpoliticamente<br />
corretto mette in competizione gay contro<br />
donne. Non quadra. Ok gay vs ex-gay; ok gay vs cattolici<br />
oscurantisti; ma gay vs donne non si può fare. Urge rimedio,<br />
urge manifestazione. Se non ora, quando? Noi non<br />
avremmo mai pensato di poterlo scrivere un giorno, ma qui<br />
bisogna dirlo: giù le mani dei gay dal corpo delle donne.<br />
| | 27 luglio 2011 | 59
UN ALTRO MONDO<br />
è POSSIBILE<br />
DAL PARAGUAY AL BRASILE<br />
L’unità con<br />
i miei “fratelli”<br />
Cleuza e Marcos<br />
di Aldo Trento<br />
Caro padre aldo, vale la pena essere abbonati<br />
a <strong>Tempi</strong>, solo per poter avere una<br />
“quotidianità” con <strong>il</strong> suo pensiero. Il motivo<br />
per cui le scrivo riguarda <strong>il</strong> mio bisogno (e<br />
quello di mio marito e un’altra coppia) di vivere<br />
una fraternità come la vive lei. Fino a qualche<br />
mese fa, con <strong>il</strong> nostro gruppo di circa otto famiglie<br />
ci vedevamo ogni mese. C’era un momento<br />
di preghiera, poi <strong>il</strong> lavoro sulla scuola di comunità<br />
e poi si cenava insieme. Una o due volte l’anno<br />
era previsto un pellegrinaggio o una gita in<br />
montagna. Un momento di condivisione bellissimo.<br />
Da qualche mese sta scemando tutto. Trovano<br />
tutti m<strong>il</strong>le “scuse” per arrivare in ritardo o<br />
partire prima o non venire. Tutte ragioni comprensib<strong>il</strong>issime,<br />
ma avendo tutti dei figli, anche<br />
noi avremmo le stesse ragioni, ma ci organizziamo,<br />
spostiamo appuntamenti in modo da essere<br />
liberi <strong>il</strong> giorno deciso. Ma noi abbiamo bisogno<br />
di quegli incontri. Per noi, per i nostri figli,<br />
per la nostra vita matrimoniale, per la nostra<br />
fede. Come possiamo fare? Cosa possiamo fare?<br />
Noi due famiglie, con una nuova che non fa<br />
parte del gruppetto di origine, abbiamo iniziato<br />
a vederci e stavamo pensando di fare un gruppetto<br />
nuovo. Ieri siamo andati in pellegrinaggio<br />
a un santuario proprio per pregare la Madonna,<br />
perchè pensi alle nostre famiglie. Capisco che<br />
da soli non possiamo farcela. Abbiamo bisogno<br />
di un’autorità. Di un riferimento. Scherzando, ci<br />
siamo detti: «E se chiedessimo a padre Aldo di<br />
far parte del suo gruppetto?». Un po’ diffic<strong>il</strong>e,<br />
ma almeno un parere posso chiederlo.<br />
Lettera firmata<br />
La condizione per condividere la fraternità<br />
con Marcos, Cleuza e altri amici è solo<br />
una: guardare, seguire, immedesimarsi<br />
con l’esperienza che don Julián Carrón vive nel<br />
carisma a cui don Giussani l’ha chiamato prima<br />
di morire, per continuare l’opera che lui aveva<br />
iniziato sotto l’azione dello Spirito Santo. Allora<br />
non esiste nessun protocollo, nessuna regola,<br />
nessun invito a essere parte della mia fraternità,<br />
e la cosa più bella è che uno può viverla in<br />
qualunque parte del mondo e dentro tutte le circostanze.<br />
Non si tratta di sognare paradisi artificiali<br />
o seguire un guru, come credono alcuni<br />
che vogliono venire in Paraguay, ma di immedesimarsi<br />
con l’esperienza, con <strong>il</strong> lavoro che chiede<br />
<strong>il</strong> movimento a cui apparteniamo. Seguire don<br />
60 | 27 luglio 2011 | |<br />
POST<br />
APOCALYPTO<br />
Padre Aldo<br />
insieme ai<br />
coniugi Zerbini<br />
al Meeting di<br />
Rimini 2009<br />
Carrón vuol dire guardare dove lui guarda, prendere<br />
sul serio quel lavoro personale che continuamente<br />
ci chiede, cioè verificare la convenienza<br />
della fede nella vita quotidiana per godere di<br />
un’esistenza più umana. Un impegno che ha bisogno<br />
della nostra libertà perché nessuno può<br />
sostituirsi a noi. Solo così sfuggiremo alla tentazione<br />
utopica di pensare che esistono luoghi priv<strong>il</strong>egiati<br />
per vivere la fede, dato che qualsiasi posto<br />
o condizione è un priv<strong>il</strong>egio. Durante <strong>il</strong> mio<br />
ultimo soggiorno in Italia ho visto coi miei occhi<br />
persone ringiovanite, cambiate, dinamiche, piene<br />
di vita, perché hanno preso sul serio <strong>il</strong> carisma<br />
di don Giussani, seguendo don Carrón come figli<br />
e amici. Ma ho visto anche persone nostalgiche<br />
o con <strong>il</strong> “mal del Sud America”, che si rifugiano<br />
qui sognando che la loro vita cambi e alla fine ritornano<br />
in Europa delusi e, forse, peggiori di prima.<br />
Ci sono molte fraternità come la tua. Fanno<br />
molte cose, una più bella dell’altra, organizzano<br />
iniziative di ogni tipo, sembra che tutti si vogliano<br />
bene, eppure l’usura del tempo ha posto fi-<br />
ne a tutto. Guardando alla mia esperienza, posso<br />
dire che una fraternità ha tre punti essenziali<br />
che la originano e che le danno consistenza.<br />
1) Serietà e lealtà con la propria umanità.<br />
Don Carrón ci ripete: «Esiste Cristo, ma manca<br />
l’umano». La strada per Cristo è semplice come<br />
fu per Giovanni e Andrea, Zaccheo, Matteo,<br />
la samaritana e l’adultera. «Maestro, dove vivi?».<br />
Una domanda che nasceva dall’impegno<br />
personale con la propria umanità, col proprio<br />
cuore desideroso di incontrare la felicità. Giovanni<br />
e Andrea erano insieme e seguirono Gesù<br />
solo grazie a questa serietà con la loro umanità,<br />
grazie a quella speranza che palpita in ogni<br />
cuore umano. Senza quell’esperienza umana che<br />
li spinse a chiedere a Gesù: «Dove vivi?» sarebbero<br />
diventati come la tua fraternità. Lo stesso<br />
è successo a Zaccheo: una curiosità carica di<br />
interesse umano, un desiderio di vedere chi era<br />
quell’uomo l’ha spinto a salire su quell’albero e a<br />
nascondersi tra le foglie, come chi intuisce che<br />
esiste la verità ma ha ancora paura di incontrar-
la, perché percepisce che c’è in ballo un possib<strong>il</strong>e<br />
cambiamento della propria vita. Passa di lì Gesù,<br />
che conosce e scruta molto bene <strong>il</strong> cuore dell’uomo,<br />
che legge le intenzioni di ognuno, e alza lo<br />
sguardo verso quel piccolo uomo, pieno di paura<br />
e curiosità, lo guarda intensamente e lo chiama<br />
per nome: «Zaccheo». Immaginiamo l’istante in<br />
cui lo sguardo di Gesù incontra quello di Zaccheo.<br />
In un momento, quell’uomo non è più quello<br />
di prima, o meglio, è lo stesso, con <strong>il</strong> suo temperamento,<br />
<strong>il</strong> suo carattere, i suoi peccati, ma la<br />
sua autocoscienza non è quella di prima. Quello<br />
sguardo definì la sua personalità, la fece emergere<br />
in tutta la sua bellezza umana. Tutto dipese<br />
da quello sguardo, perfino la cena con Gesù,<br />
dove Zaccheo fondò la sua prima fraternità con<br />
i suoi amici, truffatori come lui. Con l’adultera e<br />
la samaritana accadde lo stesso. Uno sguardo<br />
pieno di tenerezza e alcune parole: «Alzati, va’<br />
e non peccare più»; che vuol dire, va’ e rimani<br />
sempre con me. E così è nata la sua fraternità.<br />
Lo stesso con Matteo. Con questo “ladro” Gesù<br />
Se <strong>il</strong> tuo gruppetto finisce ma in te e nella tua<br />
famiglia rimane vivo <strong>il</strong> desiderio di guardare<br />
Cristo, tirati su le maniche e ricomincia. Fare un<br />
gruppetto nuovo? È una domanda decisiva, devi<br />
rispondere immediatamente, perché è <strong>il</strong> cuore<br />
che lo esige, perché l’io nasce da un incontro, vive<br />
di un’amicizia con chi già guarda in faccia Cristo<br />
ha voluto condividere una fraternità particolare,<br />
quella con gli apostoli. La lealtà con se stessi<br />
è la condizione perché Gesù entri nel suo cuore<br />
dell’uomo, nella sua umanità, cambiandola. In<br />
una fraternità si può arrivare a dare la vita l’uno<br />
per l’altro, ma se uno non prende sul serio quelle<br />
esigenze elementari che formano <strong>il</strong> tessuto stesso<br />
del cuore, tutto finisce e la vita si riduce a un<br />
cimitero. E uno si ritrova seduto lungo <strong>il</strong> cammino<br />
della vita, a ricordare con nostalgia, con<br />
l’agenda in mano, tutto <strong>il</strong> bello e <strong>il</strong> buono che ha<br />
vissuto nella vita passata. Sono quelli che vivono<br />
sognando. Ma non si vive se non per qualcosa<br />
che sta accadendo ora.<br />
A letto con <strong>il</strong> cancro<br />
2) Questa lealtà con se stessi, questa serietà e<br />
passione per la propria umanità, inevitab<strong>il</strong>mente<br />
si trasforma in una nuova moralità che, come<br />
afferma don Giussani in Si può vivere così?, non<br />
si confonde con le nostre elucubrazioni mentali,<br />
ma coincide col guardare in faccia Cristo. Se<br />
uno guarda in faccia Cristo, se guarda in faccia<br />
la persona che ama, tutto si riordina dentro di<br />
lui, tutto ritorna al suo posto. Allora uno si pettina<br />
in un certo modo, si allaccia i bottoni, si vergogna<br />
se ha le scarpe sporche. Una persona che<br />
vive così è già origine ed espressione di una fraternità.<br />
Quello che crea una fraternità non sono<br />
le cose che facciamo o come dici tu facevate.<br />
La fraternità, la sua origine vera, la sua consistenza,<br />
nasce solo da un’iniziativa personale, dal<br />
guardare in faccia Cristo. Uno può essere a letto<br />
con un cancro, eppure può vivere la fraternità in<br />
un modo m<strong>il</strong>le volte più bello, grande e umano,<br />
se nel letto di dolore i suoi occhi sono fissi a Cristo.<br />
Ripeto, meno viviamo questo sguardo, meno<br />
c’è fraternità tra di noi: opere o iniziative non<br />
resistono nel tempo; questo è ciò che è successo<br />
a voi, ed è quello che accade se non si vive come<br />
le sentinelle dell’Inno delle scolte d’Assisi. Il fatto<br />
è che diamo per scontato <strong>il</strong> nostro rapporto<br />
personale con Cristo, non viviamo la realtà come<br />
provocazione. Zaccheo e gli altri amici di Gesù<br />
sono stati seri con la loro umanità, non hanno<br />
censurato niente e per questo si sono fatti afferrare<br />
dallo sguardo luminoso di Gesù.<br />
3) Questa posizione è l’origine e <strong>il</strong> contenuto della<br />
mia fraternità con Cleuza e Marcos. Ciò che ci<br />
ha messi non sono stati e non sono obiettivi comuni<br />
tra l’associazione dei Senza Terra e la fondazione<br />
San Rafael; non sono state e non sono<br />
le opere, ma <strong>il</strong> fatto di aver ascoltato don Car-<br />
rón che tre anni fa ha detto a tutti di guardare<br />
dove sono più evidenti i tratti della presenza di<br />
Cristo. L’immagine più bella che spiega la nostra<br />
fraternità è quella sul volantone di Pasqua, dove<br />
Giovanni Battista, seduto su un tronco di ulivo,<br />
mentre guarda i due apostoli con una mano sul<br />
cuore, con l’altra indica loro un uomo al di là del<br />
Giordano, che è la risposta a ciò che <strong>il</strong> cuore desidera.<br />
Quel gioco di mani mi commuove perché<br />
esprime l’origine e <strong>il</strong> contenuto di una fraternità.<br />
Due giorni fa Cleuza e Marcos sono tornati qui<br />
in Paraguay, perché perfino l’agenda è una questione<br />
affettiva. E la cosa sorprendente è che<br />
questa fedeltà al cuore, alla propria umanità e<br />
a chi ci indica quell’uomo che sta sull’altra sponda<br />
del fiume, continua a generare altre fraternità,<br />
a coinvolgere altre persone affascinate dalla<br />
bellezza che traspira dalla nostra vita. Quando<br />
gli Zerbini sono tornati in Bras<strong>il</strong>e, sulla strada<br />
per l’aeroporto mi hanno detto: «L’opera più<br />
grande che dobbiamo costruire non sono le opere<br />
che Dio suscita attraverso di noi, ma l’amicizia<br />
che Lui ci dona». Prima di lasciarci hanno aggiunto:<br />
«Tutto quello che abbiamo vissuto oggi<br />
non sarebbe stato possib<strong>il</strong>e senza quel sì che da<br />
due anni e mezzo continuiamo a dire, guardando<br />
don Carrón e aiutandoci a stare sempre svegli<br />
davanti alla realtà». Allora se la tua fraternità finisce<br />
e tuttavia in te, nel tuo mondo e ancora di<br />
più nella tua famiglia, rimane vivo <strong>il</strong> desiderio, la<br />
decisione di guardare in faccia Cristo, tirati su le<br />
maniche e ricomincia, ma guardando in faccia<br />
Cristo. Fare un gruppetto nuovo? È una domanda<br />
decisiva a cui devi rispondere immediatamente,<br />
perché è <strong>il</strong> cuore che lo esige, perché l’io<br />
nasce da un incontro, vive di un’amicizia con chi<br />
già guarda in faccia Cristo. Tu con tuo marito e<br />
la coppia di vostri amici siete già una nuova possib<strong>il</strong>ità.<br />
Lo ha detto Gesù: «Dove due o tre sono<br />
riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro».<br />
Avendo questa coscienza, tutto sarà una rinascita<br />
di iniziative e di opere. La questione è solo<br />
una: io e Cristo. Vivendo 24 ore circondato dal<br />
dolore uno non può non cercare, non desiderare,<br />
non amare chi lo aiuta a risollevare lo sguardo<br />
per contemplare <strong>il</strong> volto di Cristo. Per questo<br />
vale la pena quello che diceva Mounier e che<br />
è stato <strong>il</strong> regalo che don Giussani mi fece prima<br />
di caricarmi sull’aereo per <strong>il</strong> Paraguay: «È necessario<br />
soffrire perché la verità non si cristallizzi in<br />
dottrina». E la verità è un’amicizia in cui è presente<br />
<strong>il</strong> carisma che abbiamo incontrato.<br />
padretrento@rieder.net.py<br />
| | 27 luglio 2011 | 61
LA STORIA<br />
62 | 27 luglio 2011 | |<br />
un comboniano al fronte<br />
L’eredità di<br />
un pastore<br />
in memoria di cesare mazzolari, missionario<br />
e vescovo in Sud Sudan, uomo di fede e grande<br />
conoscitore dell’islam. «la disattenzione verso<br />
la tragedia sudanese continuava a ferirlo dopo<br />
trent’anni». <strong>il</strong> ricordo dell’inviato di tempi<br />
di Rodolfo Casadei<br />
messaggio di padre Cesare mi è<br />
arrivato via e-ma<strong>il</strong> circa una setti-<br />
L’ultimo<br />
mana prima della sua morte. Ringraziava<br />
per <strong>il</strong> reportage sul Sud Sudan<br />
alla vig<strong>il</strong>ia dell’indipendenza e supplicava:<br />
«Continua a scrivere del Sudan, ne abbiamo<br />
bisogno». Mazzolari era un vescovo bal-<br />
danzoso e senza paura, iper-fiducioso nella<br />
Provvidenza e impermeab<strong>il</strong>e allo scoraggiamento.<br />
Ma la poca attenzione italiana<br />
ed europea in generale verso la tragedia<br />
sudanese continuava a ferirlo anche dopo<br />
30 anni di missione. Nei primi sei mesi di<br />
quest’anno bombardamenti, agguati e raid<br />
hanno causato in Sudan più morti che in<br />
Siria, ma lontano dal Sudan nessuno se<br />
n’è accorto. Se andate a vedere la copertura<br />
mediatica, <strong>il</strong> paragone è improponib<strong>il</strong>e:<br />
le violenze politiche siriane hanno ricevuto<br />
dieci volte più attenzioni di quelle sudanesi.<br />
Quando Mazzolari veniva in Italia<br />
trovava sempre giornalisti interessati alle<br />
sue parole, principalmente per un motivo:<br />
era un ecclesiastico che volentieri parlava<br />
dell’islam senza diplomazia e le consuete<br />
prudenze. Non mancava di sottolineare<br />
l’incoscienza e l’imprudenza con cui i paesi<br />
europei esaudivano le richieste dei musulmani<br />
in materia di moschee e di trattamento<br />
speciale per gli immigrati islamici, insisteva<br />
sulla necessità di recuperare l’identità<br />
cristiana, italiana ed europea come condizione<br />
indispensab<strong>il</strong>e per una relazione<br />
con l’islam che non fosse arrendevole e<br />
condiscendente. Ma pochi gli chiedevano<br />
e lo lasciavano parlare di quello che gli stava<br />
più a cuore: l’impiantazione e <strong>il</strong> timido<br />
germogliare del cristianesimo nella sua e<br />
nelle altre diocesi sudanesi. Quel che Mazzolari<br />
ha fatto in un trentennio a Rumbek,<br />
in quello che corrisponde all’attuale Lakes<br />
State, Stato dei laghi, è incredib<strong>il</strong>e soprattutto<br />
in considerazione delle condizioni di<br />
partenza: guerra in corso con radicamento<br />
della popolazione e tentativi di pulizia etni-
Foto: AP/LaPresse<br />
gLI ItaLIanI e La SoLIdaRIetà<br />
La fatica di chiedere soldi<br />
per annunciare <strong>il</strong> Vangelo<br />
«Spesso in Italia trovo fondi per opere sociali ma<br />
non per costruire una chiesa. Perfino un comboniano<br />
mi ha confidato: per convincere gli italiani ad<br />
aiutarti economicamente devi dire che i catechisti<br />
fanno opere sociali, aiutano gli ammalati, seguono<br />
i moribondi, fanno scuole, opere di sv<strong>il</strong>uppo. Ed è<br />
vero: per l’educazione, le emergenze e la salute, la<br />
nostra gente è disposta ad aiutare i missionari. Ma<br />
se si parla di missione vera e propria, sembra che si<br />
voglia fare la guerra santa contro le altre religioni o<br />
contro l’islam. Così si deve camuffare la missione del<br />
Vangelo, senza mettere l’aureola a quello che facciamo.<br />
È un brutto segnale: siamo diventati iconoclasti<br />
e non vogliamo più sentire parlare di cose sante. E<br />
allora capita che i fondi per i missionari, i catechisti,<br />
per chi annuncia direttamente <strong>il</strong> Vangelo, siano i più<br />
ardui da raccogliere. Però, quando capiremo cosa<br />
davvero la Chiesa realizza nel Terzo Mondo, ovvero<br />
che non fa la vittima bensì sta portando la solidarietà<br />
autentica perché guarda <strong>il</strong> povero in faccia<br />
senza paura, allora sarà fatta giustizia. Una volta gli<br />
italiani davano un’offerta perché venisse battezzato<br />
un bambino africano con <strong>il</strong> tal nome: pensi che lo<br />
facciano ancora oggigiorno? Neppure per sogno!».<br />
Cesare Mazzolari<br />
da Lorenzo Fazzini, Un Vangelo per l’Africa.<br />
Cesare Mazzolari, vescovo di una Chiesa crocifissa,<br />
ed. Lindau 2011, 150 pagine, 12 euro<br />
ca, cultura locale centrata su valori molto<br />
lontani dal Vangelo, assenza quasi totale di<br />
comunità cattoliche e presidio del territorio<br />
da parte degli anglicani.<br />
In un trentennio Mazzolari è riuscito<br />
a fare di Rumbek una diocesi, ad attirarvi<br />
missionari cattolici da tutto <strong>il</strong> mondo,<br />
a costruire scuole, ambulatori e parrocchie<br />
come se si vivesse nella pace dell’epoca<br />
coloniale e non nei decenni della grande<br />
strage sudanese (2 m<strong>il</strong>ioni di morti, 3<br />
m<strong>il</strong>ioni di profughi e sfollati). E persino a<br />
coltivare vocazioni sacerdotali che sono sfociate<br />
nelle prime ordinazioni di preti locali<br />
dinka. Mazzolari era uno che aveva perfettamente<br />
compreso e calato dentro di<br />
sé <strong>il</strong> monito di Jahveh del salmo: “Le mie<br />
vie non sono le vostre vie”. Non si scoraggiava<br />
di fronte all’apparente impossib<strong>il</strong>ità<br />
di innestare <strong>il</strong> cristianesimo sulla pianta<br />
del modo di vita dinka, antropologicamente<br />
estraneo all’annuncio evangelico.<br />
Alla domanda su cosa avessero capito i dinka<br />
del cristianesimo finora, rispondeva con<br />
ironia e senza alcun disagio: «Vagamente<br />
l’hanno capito». E di fronte al misto di triste<br />
sorpresa e morbosa curiosità giornalistica<br />
che io mostravo di fronte al succedersi<br />
settimanale di massacri fra pastori e intere<br />
comunità di v<strong>il</strong>laggi nella sua diocesi causati<br />
dai reciproci furti di vacche e dal dovere<br />
di proseguire vecchie faide, lui tagliava<br />
corto: «Non perdiamoci nel gossip. Cerchiamo<br />
di vedere sempre <strong>il</strong> quadro di insieme».<br />
Non era cinismo frutto della consuetudine<br />
con i cicli delle vendette tribali, ma fede<br />
risoluta nei tempi di Dio.<br />
Realista e orgoglioso<br />
Mi aveva esortato a parlare con le donne<br />
dell’associazione Santa Monica, lebbrose<br />
cacciate dalla famiglia, poliomelitiche,<br />
vedove costrette a risposare parenti che le<br />
maltrattavano. Frequentando l’associazione<br />
diretta da una suora, avevano imparato<br />
a produrre creme e saponi da un frutto tropicale,<br />
a cucire a macchina, persino a leggere<br />
e a scrivere. Erano passate dallo statuto<br />
di proprietà di valore inferiore a quello<br />
delle vacche con cui erano state comprate<br />
dai mariti a quello di persone a pieno titolo.<br />
Quando era stato letto loro <strong>il</strong> brano del<br />
Genesi dove si racconta la creazione di Eva<br />
dalla costola di Adamo, avevano esultato<br />
insieme: «Ma allora anche noi siamo esseri<br />
umani come i maschi!». Del cristianesimo<br />
fino ad allora avevano capito poco più<br />
di questo. Ma quel poco in realtà era un pas-<br />
«In un trentennio è riuscito a fare di Rumbek<br />
una diocesi, a costruire scuole, ambulatori e<br />
parrocchie. Come se quelli non fossero gli anni<br />
della grande strage sudanese (2 m<strong>il</strong>ioni di morti)»<br />
Alcune foto di Mazzolari in missione. Il vescovo è mancato<br />
<strong>il</strong> 16 luglio scorso improvvisamente mentre celebrava la Messa<br />
saggio di civ<strong>il</strong>tà enorme, destinato a minare<br />
negli anni a venire la poligamia e la vendetta,<br />
le due istituzioni attorno alle quali<br />
ruota la società dinka precristiana. Ma Mazzolari<br />
ne era certo: nelle omelie non dimenticava<br />
mai di spiegare quali valori tradizionali<br />
non erano compatib<strong>il</strong>i con <strong>il</strong> cristianesimo.<br />
Ma puntava su altro: le sue chiese<br />
piene di giovani e di ragazzi e quasi prive<br />
di anziani erano <strong>il</strong> segno della strada che <strong>il</strong><br />
cristianesimo aveva trovato per entrare nel<br />
cuore dei dinka: «Questi frequentano tutti<br />
le nostre scuole», commentava con orgoglio.<br />
Rispettato e onorato da tutti, dopo i<br />
giorni duri della guerra, quando a un certo<br />
punto l’Spla lo aveva arrestato e espulso<br />
per alcune giuste critiche da lui espresse,<br />
Mazzolari continuava a vivere con una<br />
modestia che sfiorava l’indigenza. La casa<br />
vescov<strong>il</strong>e era un casotto sormontato da una<br />
tettoia ondulata, diviso in due minuscoli<br />
locali, <strong>il</strong> soffitto basso da sfiorarci la testa.<br />
L’atrio ospitava la scrivania da lavoro, una<br />
libreria e poco altro, la camera da letto conteneva<br />
<strong>il</strong> giaciglio sovrastato dalla zanzariera<br />
e nient’altro. Niente servizi: per <strong>il</strong> gabinetto<br />
e la doccia bisognava traversare <strong>il</strong> cort<strong>il</strong>e<br />
ed entrare in un gabbiotto. Monsignor<br />
Cesare riceveva le visite sotto una tettoia di<br />
vimini davanti all’ingresso di casa, attorno<br />
a un tavolo all’aperto poggiato sul nudo terreno.<br />
Un missionario di questa scorza è giusto<br />
che se ne sia andato così come è successo:<br />
esalando l’ultimo respiro mentre diceva<br />
Messa nella piccola, gradevole, temporanea<br />
cattedrale rotonda dipinta di giallo e circondata<br />
di contorte piante tropicali, a fianco<br />
della grande, rialzata strada rossa sterrata<br />
che attraversa Rumbek da est a ovest.<br />
| | 27 luglio 2011 | 63
LETTERE<br />
AL DIRETTORE<br />
Diciamo papale papale<br />
che è una Finanziaria<br />
del c. di uno Stato di m.<br />
Leggo e sento dire che <strong>il</strong> governo ha 22 mesi a disposizione<br />
per recuperare e per r<strong>il</strong>anciare e attuare la sua linea<br />
riformatrice. Tale tempo mi sembra poca cosa rispetto<br />
alla necessità di vincere l’odio profondo che una certa cultura<br />
continua a priv<strong>il</strong>egiare nei confronti del presidente del Consiglio.<br />
Parlarne male è diventato un autentico intercalare, finanche<br />
in certe sagrestie e da certi pulpiti. Che ne pensa?<br />
Antonio Ascione Torre del Greco (Na)<br />
SPORT<br />
UBER<br />
ALLES<br />
64 | 27 luglio 2011 | |<br />
Non oso pensare più nulla in proposito.<br />
Faccio solo s<strong>il</strong>enzio e solo un minuto<br />
riguarda questo governo.<br />
2<br />
Gent<strong>il</strong>e redazione, la foto<br />
che vi allego non è un modo<br />
per dire che quello che<br />
scrivete non va bene, anzi…<br />
è molto stimolante,<br />
semplicemente è capitato<br />
tutto in modo molto naturale<br />
e ho pensato che vi<br />
avrebbe fatto piacere annoverare<br />
tra i vostri lettori<br />
(saltuari, vista l’età) mia<br />
figlia di 3 anni. Buon lavoro<br />
in questa calda estate.<br />
Davide Briccolani via internet<br />
Potenze della Rosa dei <strong>Tempi</strong>. Evviva<br />
le nostre ganze lettrici. Grazie papà.<br />
2<br />
Ho appena finito di r<strong>il</strong>eggere La fine<br />
del lavoro di Jeremy Rifkin. È un testo<br />
del 1995 in cui Rifkin parla ancora<br />
di “autostrade informatiche”, invece<br />
di parlare di internet o della rete, tan-<br />
to per dire come 16 anni fa è già preistoria.<br />
E dunque, ancora 16 anni fa,<br />
Rifkin scriveva: « Proprio nel momento<br />
in cui <strong>il</strong> bisogno di lavoro umano va<br />
scemando, <strong>il</strong> ruolo del governo subisce<br />
una sorte analoga. Oggi, le imprese<br />
multinazionali hanno cominciato a<br />
eclissare e mettere in sordina <strong>il</strong> potere<br />
delle nazioni. L’impresa transnazionale<br />
ha sempre più usurpato <strong>il</strong> ruolo tradizionale<br />
dello Stato e già ora esercita<br />
un potere di controllo senza pari sulle<br />
risorse mondiali, sui serbatoi di lavoro<br />
e sui mercati. Le maggiori tra queste<br />
società sono dotate di patrimoni superiori<br />
al prodotto interno lordo di molti<br />
paesi». Sotto questo prof<strong>il</strong>o credo che<br />
vadano rivisti profondamente i meccanismi<br />
operativi all’interno di queste<br />
grandi organizzazioni, soprattutto considerando<br />
la distribuzione del lavoro<br />
e la distribuzione della ricchezza prodotta.<br />
L’introduzione di<br />
nuove tecnologie, anziché<br />
portare al taglio di<br />
posti di lavoro, dovrebbe<br />
portare alla redistribuzione<br />
dello stesso, attraverso<br />
modifiche dell’orario<br />
di lavoro, in modo da<br />
consentire di mantenere<br />
<strong>il</strong> più possib<strong>il</strong>e <strong>il</strong> livello<br />
occupazionale. La produzione<br />
di ricchezza non<br />
dovrebbe essere destinata in maniera<br />
sb<strong>il</strong>anciata a un numero ristretto di attori,<br />
come avviene ora, e cioè la classe<br />
dirigente e i consigli di amministrazione,<br />
ma dovrebbe essere ripartita fra<br />
tutti i dipendenti non come graziosa<br />
regalìa da parte di chi decide, ma come<br />
riconoscimento del contributo di<br />
tutti. Molte di queste grandi organizzazioni<br />
hanno programmi di aiuto sociale<br />
alla comunità come parte della<br />
loro responsab<strong>il</strong>ità civ<strong>il</strong>e: mi sembrano<br />
NON MENATECELA CON LA “SOCIETÀ CIVILE”<br />
A casa mia <strong>il</strong> gioco della cadrega<br />
si chiama sempre spo<strong>il</strong>s system<br />
A me<br />
<strong>il</strong> Giuliano PisaPia, a Pelle, sta simPatico. È uno<br />
di quei ricchi con la casa in centro che fanno<br />
i comunisti. Nutro un’insana passione per loro.<br />
Mi rassicurano molto. Vabbè, volevo dire questo, dopo<br />
aver letto un articolo su un giornale fiancheggiatore a<br />
proposito delle epurazioni in Comune e nelle aziende<br />
collegate. Faccio un esempio calcistico. Un anno fa An-<br />
lacrime di coccodr<strong>il</strong>lo. Prima tagliano<br />
posti di lavoro, poi implementano piani<br />
di sussidio. Dovrebbero invece lavorare<br />
a monte: la nuova responsab<strong>il</strong>ità sociale<br />
delle imprese è quella di garantire a<br />
priori una sicurezza e una tranqu<strong>il</strong>lità<br />
che oggi non ci sono e che sono sfuggite<br />
dalle mani delle istituzioni politiche.<br />
Giulio Cesare Tersalvi M<strong>il</strong>ano<br />
Ecco come si torna a ragionare un<br />
po’ islamicamente dopo che, come<br />
si dice, ti hanno “terminato” da top<br />
manager. Adesso però non scriviamoci<br />
<strong>il</strong> “Capitale” di Rifkin, altrimenti<br />
poi ci dividiamo la sua buona uscita<br />
tra i dipendenti.<br />
2<br />
Con vero piacere r<strong>il</strong>eggo Nicholas Farrell!<br />
Spero che continui la collaborazione<br />
con voi e noi (redazione lettori).<br />
Alfredo Gallucci via internet<br />
Chiedo alla Carla e le saprò dire.<br />
2<br />
Tra “slanci euritmici” e “soppressate”<br />
vedo che la famiglia Farina non smette<br />
di produrre penne fini e dal “sussulto<br />
gastronomico”. Complimenti.<br />
Maura Rota Seregno<br />
Immagino che <strong>il</strong> Farina di cui riferisce<br />
è <strong>il</strong> secondo. Bè, ci siamo, non<br />
è ancora la perfezione massobriana<br />
ma vedrete, anche <strong>il</strong> pap<strong>il</strong>lon di Tommaso<br />
farà strada.<br />
2<br />
A leggere le quotazioni e i risultati della<br />
Borsa negli ultimi tempi si prova<br />
sempre più lo stesso senso di smarrimento<br />
di quando si scorrono le quotazioni<br />
Snai delle partite di quarta serie.<br />
Alcune previsioni sembrano fac<strong>il</strong>i faci-<br />
di Fred Perri<br />
drea Agnelli è diventato presidente della Juve. Ha fatto<br />
fuori, nell’ordine, l’amministratore delegato, <strong>il</strong> direttore<br />
commerciale, <strong>il</strong> direttore economico, <strong>il</strong> capo della comunicazione,<br />
l’addetto stampa, <strong>il</strong> direttore sportivo, <strong>il</strong><br />
capo degli osservatori. Succede, nelle aziende (e anche<br />
in politica), non è un fatto personale. È che voglio i miei<br />
uomini nei posti che contano, è che i posti sono dei par-<br />
Foto: AP/LaPresse
li, fino a quando non si concretizza <strong>il</strong> risultato<br />
meno prevedib<strong>il</strong>e. In questi casi<br />
non si può fare altro che accettare <strong>il</strong><br />
fatto che <strong>il</strong> pallone è una sfera con dentro<br />
aria compressa e che può assumere<br />
traiettorie impreviste, anche assurde.<br />
Eppure questo è <strong>il</strong> bello del calcio<br />
(tranne quando viene scucito a tavolino<br />
lo scudetto alla Juventus per regalarlo<br />
all’Inter che non lo vince da sedici<br />
anni). Ma i numeri delle quotazioni di<br />
Borsa dovrebbero avere una logica. Dovrebbero<br />
essere conseguenti ai volumi<br />
degli scambi dei titoli che avvengono<br />
nei mercati finanziari. E sappiamo che<br />
i mercati dovrebbero essere sensib<strong>il</strong>i e<br />
correlati alle realtà in cui operano. Perciò<br />
quando lunedì abbiamo visto che,<br />
nonostante gli sforzi del governo nel<br />
varare una manovra finanziaria rigorosa<br />
ed <strong>il</strong> buon risultato offerto dalle cinque<br />
banche italiane chiamate a misurare<br />
lo stress test, la Borsa ha chiuso con<br />
<strong>il</strong> peggiore negativo d’Europa ed i titoli<br />
delle banche italiane sono precipitati,<br />
<strong>il</strong> senso di smarrimento è stato lo stesso<br />
di quando si leggono certi risultati<br />
di calcio alla domenica. Ed <strong>il</strong> brutto è<br />
che in gioco non c’è stato alcun pallone.<br />
In casi come questi si potrebbe pensare<br />
che i mercati finanziari sono impazziti.<br />
Ma la disciplina economica cui<br />
sottendono non consente giudizi del cavolo.<br />
Un motivo logico ci deve stare per<br />
forza. E purtroppo, hai voglia a cercare<br />
giustificazioni e formule complicate,<br />
l’unica buona idea che viene in mente è<br />
malandrina: i mercati finanziari hanno<br />
punito la manovra del governo. Come<br />
se alla Borsa la finanziaria di Tremonti<br />
& Co. non sia piaciuta. Forse perché<br />
troppo rigorosa persino per i mercati,<br />
che pur non aspettandosi i soliti regali<br />
di stagione, non certo credevano di pagare<br />
un tributo alla crisi italiana anche<br />
loro. Così, quasi come per una punizio-<br />
redazione@tempi.it<br />
A FILICUDI CON MINOLI E LA MELANDRI<br />
Bisognebbe tornare come bambini<br />
per non dover ridere delle meduse<br />
CARTOLINA<br />
DAL<br />
PARADISO<br />
ne, è salito <strong>il</strong> prezzo dello “spread” (che<br />
purtroppo non è <strong>il</strong> nome di una bevanda<br />
estiva) e cresceranno gli interessi da<br />
pagare sul debito pubblico. Insomma,<br />
dalla lezione di lunedì abbiamo capito<br />
che chi governa in Italia più che al popolo<br />
deve pensare ai mercati finanziari.<br />
Fabrizio Camastra<br />
Consigliere provinciale Pdl, Siena<br />
Diciamola papale papale: è una Finanziaria<br />
del cazzo. Dovevano fare<br />
Tempo d’estate. tempo di mare e anche tempo di meduse. Qualche<br />
tempo fa sono stato ospite a F<strong>il</strong>icudi del grande Giovanni Minoli<br />
e anche l’onorevole Giovanna Melandri faceva parte della compagnia.<br />
Al mio arrivo mi raccontarono divertiti che la figlioletta della Melandri<br />
aveva posto una domanda: «Perché Dio ha creato le meduse?». Si<br />
passò subito ad altro argomento, come se la domanda fosse un br<strong>il</strong>lante<br />
sintomo di sagacità da parte della bambina e non meritasse una risposta.<br />
Mi rimase chiaro ancora una volta che i bambini hanno <strong>il</strong> coraggio<br />
di porre le domande fondamentali mentre noi adulti l’abbiamo perduto.<br />
Perché Dio ha creato le meduse? Perché <strong>il</strong> creato si presenta spesso<br />
ost<strong>il</strong>e all’uomo? Perché esiste <strong>il</strong> male? È una domanda su cui l’umanità<br />
si arrovella da sempre e di cui i cristiani hanno la risposta. Il male è nato<br />
dalla disobbedienza dell’uomo a Dio. Adamo ha scelto se stesso, ha voluto<br />
stab<strong>il</strong>ire da sé qual è <strong>il</strong> bene e qual è <strong>il</strong> male, ha voluto vivere come<br />
se Dio non esistesse, mettendosi al suo posto. E questo peccato continua.<br />
La quasi totalità dei programmi televisivi ci presenta un mondo in cui<br />
Dio non c’è. Nelle conversazioni abituali, anche sotto l’ombrellone, Dio<br />
è ignorato. Solo i bambini vedono giusto. «Ti ringrazio Padre perché hai<br />
nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli»,<br />
disse Gesù. Perciò, come un bambino, posso ringraziare Dio per <strong>il</strong><br />
bel mare delle Eolie, e se alla fine una medusa mi becca potrò dire: «Signore<br />
cos’è questo piccolo inconveniente rispetto a ciò che meriterei?<br />
Aiutami ad evitare la medusa la prossima volta».<br />
l’Australia, come dice Sapelli, che in<br />
una notte e con l’accordo tra laburisti<br />
e conservatori innalzò l’età pensionab<strong>il</strong>e<br />
a 67 anni. E invece han fatto<br />
la solita manovra da Esatri. Stato<br />
degli intoccab<strong>il</strong>i. Società da bastonare.<br />
Adesso vediamo cosa farete con<br />
la riforma del fisco. Prometto che se<br />
raccontate ancora la balla del quoziente<br />
fam<strong>il</strong>iare e poi non fate niente,<br />
anch’io mi faccio musulmano poligamico<br />
e comunista come Tersalvi.<br />
di Pippo Corigliano<br />
titi che mi sostengono o, comunque, se sono un virtuoso,<br />
di chi penso sia bravo. Ma lo decido io. Ho vinto e<br />
non faccio prigionieri.<br />
Questo sta accadendo anche al Comune di M<strong>il</strong>ano.<br />
Il Pisapia caccia i dirigenti che hanno messo quelli prima<br />
di lui, in particolare la Moratti. Quelli bravi lo definiscono<br />
spo<strong>il</strong>s system.<br />
Ebbene, ho letto su questo grande giornale fiancheggiatore<br />
che <strong>il</strong> Pisapia licenzia «per sistemare persone<br />
che recepiscano meglio le istanze della società<br />
civ<strong>il</strong>e». Gli altri occupano le cadreghe, questi voglio recepire.<br />
E allora, da m<strong>il</strong>anese acquisito, un singulto m’è<br />
cresciuto spontaneo. Ma andì a dà via i ciapp.<br />
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GLI ULTIMI<br />
SARANNO I PRIMI<br />
NEL SANTUARIO SOPRA LIVORNO<br />
Come Barabba a Montenero<br />
66 | 27 luglio 2011 | |<br />
di Marina Corradi<br />
Quattordici luglio. Sulle colline Sopra livorno, in faccia a un mare immenso, c’è<br />
<strong>il</strong> santuario della Madonna di Montenero. È un edificio antico, grande, squadrato<br />
su una corte rettangolare che quando è vuota, come questo pomeriggio,<br />
ricorda una metafisica di De Chirico. Attorno, le colline verdi di una macchia<br />
mediterranea intatta; come onde di bosco scuro affacciate sul blu del Tirreno.<br />
Solitario e severo, Montenero incute a chi sale dalle spiagge una meravigliata<br />
soggezione; tacciono i visitatori vocianti, abbronzati, nell’affacciarsi nella chiesa<br />
buia, dove <strong>il</strong> sole trionfale di luglio scompare e si viene lambiti da un alito d’aria<br />
improvvisamente umida e fresca. I bambini, liberati dalle mani delle madri, sull’orlo<br />
di questa pozza di buio esitano, intimoriti tornano fra le gambe dei grandi. La<br />
Madonna è laggiù, bruna, <strong>il</strong> Bambino fra le braccia, sull’altare.<br />
Alle pareti della sacrestia sta appesa una schiera interminab<strong>il</strong>e di ex voto; arrivano<br />
al soffitto, tanti sono. “Per grazia ricevuta”, centinaia di disegni ingenui e<br />
stupefatti: <strong>il</strong> bambino è caduto dal terzo<br />
piano, <strong>il</strong> trattore si è rovesciato, l’automob<strong>il</strong>e<br />
è un rottame attorcigliato, ma<br />
la morte non l’ha avuta vinta, quel giorno,<br />
e la vita, salva, è continuata. (Pare di<br />
vederla, la morte, in agguato sopra la locomotiva<br />
a vapore bluastra, ferrigna, feroce<br />
che piomba su un’auto, al passaggio<br />
a livello. Pare di vederla, nella camera bianca dove <strong>il</strong> bambino giace immob<strong>il</strong>e<br />
a letto, e tutti, fuorché la madre e <strong>il</strong> padre, se ne sono andati. Ma davvero ha dovuto<br />
ritirarsi sconfitta, la morte, nei giorni raccontati in questi ex voto; e gli uomini,<br />
sbalorditi e grati, sono saliti quassù, a ringraziare).<br />
Molti disegni sono ottocenteschi. Le tele coperte da una patina scura di tempo testimoniano<br />
di inaudite grazie ricevute da uomini che sono ormai morti da tanti, tantissimi<br />
anni. È per questo, o per <strong>il</strong> buio delle sale, che <strong>il</strong> visitatore può essere colto da<br />
uno spleen di ombrosa malinconia? Come se tutte quelle grazie fossero state poi annientate<br />
dal tempo e dalla morte; che alla fine, perseveranti, vincono sempre. O forse<br />
questo dubbio, questa incrinatura è solo una tua vecchia, cronica ferita?<br />
La grazia che vorresti tu è che l’ombra che avverti ogni giorno fosse sciolta, nella<br />
certezza che tutto, di ciò che ci è promesso, è vero; ma vero oggi, adesso, e concreto,<br />
come una mano che tocca la tua; come lo sguardo assorto su di<br />
te di questa Madonna. «Ho desiderato di credere», dice <strong>il</strong> Barabba di<br />
Pär Lagerkvist, sconfitto, dopo avere a lungo, con passione e inquietudine,<br />
spiato Cristo sul Golgota. (Ho desiderato di credere, ma non<br />
ci sono riuscito). E tu, che hai un pezzo di Barabba<br />
addosso, scendi da Montenero s<strong>il</strong>enziosa. La grazia<br />
vera sarebbe una fede semplice e certa. Tu invece<br />
sei sempre come divisa tra un dubbio che rode,<br />
e una domanda mai sazia. Domandi, bussi,<br />
aspetti, ma la porta non si apre. E allora, ti dici<br />
testarda, resterò davanti alla porta, aspetterò,<br />
ostinata. Mendicante, con la mano tesa.<br />
(Altro, di più vero, non sai fare).<br />
Le tele coperte da una patina scura di tempo<br />
testimoniano di inaudite grazie ricevute da<br />
uomini che sono morti da tanti anni. È per<br />
questo, o per <strong>il</strong> buio delle sale, che <strong>il</strong> visitatore<br />
è colto da uno spleen di ombrosa malinconia?<br />
DIARIO