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Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1, ne/Vr<br />

settimanale diretto da luigi amicone<br />

anno 17 | numero 29 | 27 luglio 2011 | 2,00<br />

«Sono un garantista<br />

come voi. Spazio a chi<br />

fa <strong>il</strong> bene di M<strong>il</strong>ano.<br />

E per l’Expo voglio<br />

Formigoni». Intervista<br />

a Giuliano Pisapia<br />

Cari avversari<br />

Vi stupirò


LA qUESTIOnE (vErAmEnTE!) mOrALE<br />

Senza una vita e una resurrezione<br />

non c’è capannello cattolico che importi<br />

C’è un<br />

bel romanzo di bruce marshall in cui la protagonista, Chantal, giovinetta cattolicissima<br />

in cerca di fortuna a Parigi, prima perde la verginità, poi l’impiego di<br />

baby-sitter, infine abbraccia <strong>il</strong> bordello. Preghiera per una donna perduta. È una<br />

storia che inizia alla vig<strong>il</strong>ia della Grande Guerra e si conclude negli anni della Grande Contestazione.<br />

Sullo sfondo scorrono le immagini di un cinquantennio turbolento e tragico,<br />

caratterizzato da repentini mutamenti in ogni ambito. Dalla politica alla morale. Solo le<br />

meschinità umane restano identiche. Naturalmente uomini di Chiesa e moralizzatori laici<br />

predicano sempre bene. Ma solo Chantal e le sue amiche sgualdrine incarnano una verità<br />

e un amore che durano e resistono ad ogni nuovo conformismo e potere conquistatore.<br />

La rivelazione di un moralismo menzognero conduce a un tragico ep<strong>il</strong>ogo. La scena<br />

finale è dominata dal becchino che domanda a una signora perbene di dare l’ultimo bacio<br />

alla “cara defunta”. «Cara? Era solo la mia domestica». Ecco, bisognerebbe tornare in<br />

quella soffitta parigina e, come nell’Ordet di Dreyer, resuscitare Chantal. Infatti, se <strong>il</strong> cristianesimo<br />

non è l’accadere del non-menzognero nella vita e non è compagnia resurrezionale<br />

fin nei cap<strong>il</strong>lari della vita – «ora è vero, ma è stato così falso che continua a essere impossib<strong>il</strong>e»,<br />

poetava Jimenez – a chi può importare, veramente, per esempio, «<strong>il</strong> parlarsi dei<br />

cattolici per <strong>il</strong> dopo Berlusconi» o, più pretenziosamente, i “valori” e la famosa “civ<strong>il</strong>tà cri-<br />

Che interesse hanno le prediche<br />

sui valori o «<strong>il</strong> parlarsi dei cattolici<br />

per <strong>il</strong> dopo Berlusconi»? Il vescovo<br />

mazzolari: lui sì, ha veramente fatto<br />

<strong>il</strong> cristianesimo. Amando gli uomini<br />

fino a fare giornali e politica per essi<br />

GLI EFFETTI DELLA CADUTA DEI TITOLI DI STATO<br />

stiana”? Questa è vita: Cesare Mazzolari,<br />

vescovo di Rumbek. Nell’educazione dei<br />

giovani e nel consiglio politico, nell’impegno<br />

culturale e nella creazione di radio<br />

e giornali, lui sì, ha veramente fatto<br />

<strong>il</strong> cristianesimo. Amando gli uomini<br />

che Dio gli ha dato come compagni.<br />

E «amandoli fino alla fine».<br />

Il virus ha fatto un salto di specie.<br />

Questa volta la crisi non è bancaria<br />

Proprio due gocce d’acqua. Medesima tendenza, identiche fluttuazioni. Mi riferisco alle<br />

due linee del grafico qui sotto, che rappresentano l’andamento di “entità” finanziarie<br />

diverse che però, negli ultimi mesi, sembrano essere diventate una cosa sola. Sono<br />

l’azione di Unicredit e <strong>il</strong> titolo di Stato italiano Cct con scadenza 2015, rappresentativo<br />

del rischio Italia. È evidente che siamo definitivamente entrati in una nuova fase della crisi<br />

finanziaria: <strong>il</strong> virus è sempre quello del 2008, ma c’è stato, come si dice in campo scientifico,<br />

un salto di specie. L’andamento dei titoli bancari italiani è diventato una “derivata” del<br />

rischio paese. Attenzione, però, a non fare l’errore di credere che sia solo una correlazione<br />

di “simpatia”: nella realtà, la caduta dei titoli di Stato, qualora durasse, avrebbe seri effetti<br />

sui b<strong>il</strong>anci delle banche. Prendiamo proprio <strong>il</strong> caso Unicredit. Si stima che abbia in portafoglio<br />

circa 40 m<strong>il</strong>iardi di governativi italiani. Ipotizzando che sia una posizione netta (quindi<br />

non “coperta” da Cds) e che sulla stessa ci sia una perdita di circa <strong>il</strong> 4 per cento (anche se<br />

<strong>il</strong> Cct in questione ha perso negli ultimi mesi <strong>il</strong> 7 per cento), si registrerebbe una perdita a<br />

mark to market (ossia a prezzi di mercato) pari a circa 1,6 m<strong>il</strong>iardi di euro, superiore all’ut<strong>il</strong>e<br />

complessivo del 2010. Non solo. Da qui a fine 2012 la banca potrebbe avere la necessità<br />

di raccogliere (per varie esigenze, la principale delle quali è <strong>il</strong> rimborso dei bond in scaden-<br />

za) circa 25 m<strong>il</strong>iardi di euro. Ammettendo che, come<br />

lo Stato italiano alla luce delle ultime due aste<br />

di Bot e Btp debba “concedere” in più agli investitori<br />

un rendimento dell’1,5 per cento, significherebbe<br />

un costo aggiuntivo pari a circa 400 m<strong>il</strong>ioni di<br />

euro. Che insieme alla perdita teorica di cui sopra<br />

fanno circa 2 m<strong>il</strong>iardi di euro di impatto sul b<strong>il</strong>ancio<br />

a causa del crollo dei titoli di Stato.<br />

Alessandro Frigerio RMJ Sgr<br />

EDITOrIALI<br />

Andamento dei Cct e del titolo Unicredit da apr<strong>il</strong>e<br />

1,8<br />

1,7<br />

1,6<br />

1,5<br />

1,4<br />

1,3<br />

1,2<br />

1,1<br />

Cct<br />

Unicredit<br />

Apr<strong>il</strong>e<br />

Fonte: Bloomberg Finance<br />

Maggio Giugno Luglio<br />

100<br />

99<br />

98<br />

97<br />

96<br />

95<br />

94<br />

93<br />

FOGLIETTO<br />

La riforma da fare.<br />

I Papa e i M<strong>il</strong>anese sono<br />

reazioni alle scorribande<br />

di certi pm. Impossib<strong>il</strong>e<br />

liberarsene con l’aspirina<br />

resIste con qualche<br />

elemento di disperazione alle<br />

L’ItalIa<br />

forti manovre speculative<br />

particolarmente alimentate dalle tendenze<br />

alla disgregazione che da tempo<br />

sono in corso nella nostra società e nel<br />

nostro Stato. Non siamo di fronte a<br />

singoli smottamenti ma a un’opera sistematica<br />

di destab<strong>il</strong>izzazione: ci sono<br />

i corrotti, ci sono le lotte dentro i vari<br />

settori dell’amministrazione, ma per<br />

capire come non ci si trovi davanti a<br />

episodi circoscrivib<strong>il</strong>i basta considerare<br />

quanti fedeli servitori dello Stato, dai<br />

Pollari ai Mori, dai Ganzer ai Bertolaso,<br />

sono stati messi sotto accusa e,<br />

poi, in tanti casi emarginati. In questo<br />

senso non è solo la politica a essere<br />

nell’obiettivo di una squassante azione<br />

di espansione del potere di settori<br />

m<strong>il</strong>itanti e corporativi della magistratura.<br />

Ecco perché se dalla resistenza<br />

si vuole passare alla ricostruzione di<br />

un’Italia moderna e decente non si può<br />

prescindere dalla riforma del potere<br />

giudiziario e inquisitorio. C’è chi, come<br />

per esempio Ernesto Galli della Loggia,<br />

sostiene che per liberarsi dei vari Papa<br />

e M<strong>il</strong>anese basterebbe cambiare <strong>il</strong><br />

sistema elettorale. In realtà alcuni<br />

fenomeni degenerativi non sono altro<br />

che l’inevitab<strong>il</strong>e risposta all’attacco<br />

contro la sovranità popolare portato<br />

da certi pm: una forma sbagliata e<br />

inaccettab<strong>il</strong>e ma istintiva di tentata<br />

difesa. Pensare di liberarsi di certi<br />

fenomeni ricorrendo<br />

all’ingegneria sui<br />

sistemi elettorali,<br />

come si fece nel<br />

1992 e nel 1993,<br />

è come ritenere di<br />

poter combattere un<br />

cancro con l’aspirina.<br />

Lodovico Festa<br />

Marco M<strong>il</strong>anese<br />

| | 27 luglio 2011 | 3


La nuova legge. Il magistrato e <strong>il</strong> diavolo<br />

La tragica crisi del diritto italiano, che ha sacrificato<br />

<strong>il</strong> processo alla lotta sociale e la giustizia alle urgenze<br />

dell’informazione. Dalle aule di tribunale a quelle di scuola<br />

Guido Bramb<strong>il</strong>la, Berlicche ...........................................................................................................................................................................8<br />

Faccia a faccia. Giuliano Pisapia<br />

Il primo cittadino di M<strong>il</strong>ano vuole stupire gli avversari<br />

Luigi Amicone ..............................................................................................................................................................................................................16<br />

Polemiche. Una Scala da rivedere<br />

Il lamento di un melomane deluso dal corso troppo<br />

“modernista” del tempio della borghesia meneghina .....20<br />

Polonia. C’è un cuore in Europa<br />

Cresce più veloce della Germania e non censura<br />

le sue radici cristiane. Viaggio in un paese che non vive<br />

complessi d’inferiorità di fronte al secolarismo<br />

occidentale e in cui <strong>il</strong> 65 per cento della popolazione<br />

non si vergogna affatto di proclamarsi pro life<br />

Annalia Guglielmi...............................................................................................................................................................................................32<br />

Noir d’estate. Dai f<strong>il</strong>m ai romanzi<br />

In gloria di un genere immortale con cui tutti i grandi<br />

registi e autori si sono cimentati almeno una volta<br />

Simone Fortunato ...........................................................................................................................................................................................40<br />

Libri. Da M<strong>il</strong>ano all’Australia<br />

Il destino amico dell’ultima avventura di Perrone...................44<br />

Mangiare. Il successo tra due fette di pane<br />

La storia di tre amici professionisti del companatico.<br />

Nel 1979, nella M<strong>il</strong>ano da bere, hanno dato vita ad una<br />

paninoteca insolita, dove mangiare rapidamente senza<br />

rinunciare alla qualità. Il successo del Panino Giusto<br />

Martino Lapini .........................................................................................................................................................................................................48<br />

RUBRICHE<br />

Foglietto<br />

Lodovico Festa ...................................3<br />

Non sono d’accordo<br />

Oscar Giannino .............................28<br />

Il diavolo della Tasmania<br />

Renato Farina ..................................31<br />

Se ti dimentico<br />

Gerusalemme<br />

Yasha Reibman<br />

Il portone di bronzo<br />

Angela Ambrogetti ............39<br />

Intellettuale cura te stesso<br />

Giorgio Israel ..................................47<br />

Mamma Oca<br />

Annalena Valenti .....................51<br />

Presa d’aria<br />

Paolo Togni ..........................................52<br />

Post Apocalypto<br />

Aldo Trento ........................................60<br />

Sport über alles<br />

Fred Perri ................................................64<br />

Diario<br />

Marina Corradi ............................66<br />

Per Piacere ..............................................50<br />

Green Estate ........................................52<br />

Mob<strong>il</strong>ità 2000 ..................................57<br />

La rosa dei <strong>Tempi</strong> .....................58<br />

La storia ........................................................62<br />

Lettere al direttore ...............64<br />

LA SETTIMANA<br />

Intervista al sindaco<br />

di M<strong>il</strong>ano Giuliano Pisapia.<br />

Gli aspetti inattesi<br />

della sua “rivoluzione”<br />

Reg. del Trib. di M<strong>il</strong>ano n. 332 dell’11/6/1994<br />

settimanale di cronaca, giudizio,<br />

libera circolazione di idee<br />

Anno 17 – N. 29 dal 21 al 27 luglio 2011<br />

IN COPERTINA Foto: Fotogramma<br />

DIRETTORE RESPONSABILE:<br />

LUIGI AMICONE<br />

REDAZIONE: Emanuele Boffi, Laura Borselli,<br />

Mariapia Bruno, Rodolfo Casadei (inviato<br />

speciale), Benedetta Frigerio, Caterina Giojelli,<br />

Daniele Guarneri, Elisabetta Longo, Pietro<br />

Piccinini, Chiara Rizzo, Chiara Sirianni<br />

SEGRETERIA DI REDAZIONE:<br />

Elisabetta Iuliano<br />

DIRETTORE EDITORIALE: Samuele Sanvito<br />

PROGETTO GRAFICO:<br />

Enrico Bagnoli, Francesco Camagna<br />

UFFICIO GRAFICO:<br />

Matteo Cattaneo (Art Director), Davide Viganò<br />

FOTOLITO E STAMPA: Mondadori Printing<br />

S.p.A., via Mondadori 15, Verona<br />

DISTRIBUZIONE a cura della Press Di Srl<br />

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dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13<br />

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INTERNI<br />

| 27 luglio 2011 | |<br />

16 | | 27 luglio 2011 | 17<br />

L’INTERVISTA<br />

INTERNI<br />

Cari avversari<br />

vi sorprenderò<br />

«Non sono un politico e non parto dall’ideologia,<br />

ma dalle idee per M<strong>il</strong>ano. Spazio a chiunque faccia<br />

<strong>il</strong> bene della città. Dal welfare ai servizi, dal Pgt<br />

all’Expo. E basta invocare le toghe. Al sindaco<br />

ciò che è del sindaco». Parla Giuliano Pisapia<br />

Loscertales, vi ha mandato un messaggio<br />

abbastanza forte: «Non possiamo pensa-<br />

re che 150 m<strong>il</strong>a visitatori vengano ogni<br />

giorno a M<strong>il</strong>ano per vedere come si colti-<br />

vano le melanzane del Togo».<br />

Infatti, nessuno contesta che l’Expo<br />

debba <strong>il</strong>lustrare <strong>il</strong> tema dell’edizione m<strong>il</strong>a-<br />

nese “Nutrire <strong>il</strong> Pianeta, Energie per la<br />

Vita”. Ma ogni paese deve poter modulare<br />

<strong>il</strong> tema come meglio ritiene. È bello che ci<br />

sia una parte di padiglioni dedicati all’orto<br />

botanico, però è evidente che se un paese<br />

ritiene di dover esibire altre specificità, non<br />

solo bisogna offrirgli la possib<strong>il</strong>ità di farlo,<br />

ma bisogna farlo, altrimenti perché dovreb-<br />

be venire all’Esposizione di M<strong>il</strong>ano?<br />

Sia detto per inciso: in tema di alimen-<br />

tazione, almeno fino ad oggi è stata te-<br />

nuta accuratamente fuori dal dibattito<br />

sull’Expo la questione degli Ogm. Cioè di<br />

quei prodotti alimentari messi in mora in<br />

Italia ma di cui si nutrono ormai m<strong>il</strong>iardi<br />

di persone, dal Canada all’Australia. E per<br />

i quali non si è mai riscontrato a livello<br />

planetario nessun caso di tossicità. Men-<br />

tre è notizia di questi giorni che <strong>il</strong> batte-<br />

rio k<strong>il</strong>ler rintracciato nei germogli di soia<br />

commercializzati da un’azienda tedesca<br />

di prodotti biologici si è diffuso e ha ucci-<br />

so almeno cinquanta persone in Europa.<br />

La ricerca scientifica ci mette in guardia:<br />

se non si vuole desertificare <strong>il</strong> pianeta,<br />

se si vuole sul serio sfamare l’Africa ed<br />

evitare i rischi procurati da un certo fon-<br />

damentalismo della “Terra Madre” e del<br />

“Prodotto Bio”, prima o poi bisognerà<br />

che si ponga fine all’assurda criminaliz-<br />

zazione degli Ogm. Lei cosa ne pensa?<br />

Penso che sia un tema un po’ trop-<br />

po divisivo. Capisco <strong>il</strong> suo punto di vista e<br />

anch’io credo che occorra approfondire le<br />

ricerche e non compiere scelte orientate<br />

ideologicamente. Però, nel contesto in cui<br />

operiamo ritengo che dobbiamo trovare<br />

temi che uniscano, non che dividano.<br />

E <strong>il</strong> Pgt? È ancora deciso a revocarlo?<br />

Non si tratta di una revoca, ma del-<br />

la non pubblicazione. Per due motivi: pri-<br />

mo, perché gli esperti mi dicono mancasse<br />

tutta una serie di documentazione; secon-<br />

do, perché, come ho detto chiaramente in<br />

campagna elettorale, in materia di piano<br />

di governo del territorio ho posizioni com-<br />

pletamente diverse da quelle del centrode-<br />

stra. Il fatto stesso che quel piano sia sta-<br />

to concepito nella prospettiva di una M<strong>il</strong>a-<br />

no con un m<strong>il</strong>ione e settecentom<strong>il</strong>a abi-<br />

tanti mi sembra assolutamente fuori dal-<br />

la realtà. Purtroppo, dico, perché non mi<br />

pare un bel segno di vitalità <strong>il</strong> fatto che i<br />

nostri indici demografici e di natalità siano<br />

così negativi. Perciò, <strong>il</strong> fatto stesso che <strong>il</strong> Pgt<br />

della Moratti sia stato realizzato sulla base<br />

di una premessa così errata dice già <strong>il</strong> suo<br />

limite strutturale. E la necessità di ope-<br />

di “grande moschea”. Siamo ancora nel-<br />

la fase di consultazione e ricognizione. Ci<br />

sono opzioni diverse. Anche all’interno del<br />

mondo musulmano. Valuteremo <strong>il</strong> da farsi.<br />

Mentre sul registro delle coppie di fatto,<br />

stando alle dichiarazioni dell’assessore<br />

Majorino, ci sarebbe già una tempistica.<br />

Il registro è certamente un impegno<br />

che intendo mantenere. Ma non esiste nes-<br />

suna tempistica. Al momento abbiamo<br />

altre urgenze da affrontare.<br />

E chi saranno i commissari dell’Expo: Pi-<br />

sapia e… Formigoni?<br />

La cosa avrebbe effettivamente una sua<br />

logica. La legge dice espressamente che uno<br />

dei commissari dell’Expo dev’essere <strong>il</strong> sin-<br />

daco di M<strong>il</strong>ano. Quindi per <strong>il</strong> primo com-<br />

missario non ci sono dubbi. Quanto all’al-<br />

tro, quello che ha <strong>il</strong> compito di tenere i rap-<br />

porti con l’estero – l’ambasciatore insom-<br />

ma – <strong>il</strong> fatto che la nomina riguardi Formi-<br />

goni mi sembrerebbe giusto e corretto sul<br />

piano istituzionale. Ci sono tra noi diver-<br />

genze su alcune scelte specifiche. Ciò non<br />

toglie che la collaborazione tra Comune e<br />

Regione è la premessa indispensab<strong>il</strong>e per la<br />

buona riuscita dell’Expo.<br />

Non teme contestazioni dopo l’accusa di<br />

aver dato l’ok all’Expo morattiano?<br />

Io non ho alcun problema a sottoscrive-<br />

re tutto ciò che mi sembra buono e giusto<br />

per M<strong>il</strong>ano. Poi, se ci sono cose da cambiare<br />

– e ci sono –, le cambieremo. La mia giun-<br />

ta è al lavoro per promuovere tutto ciò che<br />

è bene per la città. Qualunque cosa faccia <strong>il</strong><br />

bene di M<strong>il</strong>ano, io la sottoscriverò.<br />

Dunque, entro fine luglio approverete<br />

l’accordo sull’Expo che la sua giunta ha<br />

ereditato da Letizia Moratti.<br />

Esatto. La seduta del Consiglio comu-<br />

nale è fissata per <strong>il</strong> 28 luglio. Approvere-<br />

mo l’accordo nei termini in cui è già stato<br />

approvato in giunta…<br />

All’unanimità. E con <strong>il</strong> “sì” anche di Stefa-<br />

no Boeri, l’archistar che consegna a face-<br />

book i suoi malumori…<br />

Esatto. E posso assicurare che dalla<br />

giunta non verranno voci dissonanti rispet-<br />

to a quanto abbiamo già chiarito e appro-<br />

vato. Credo, invece, che in sede cons<strong>il</strong>iare<br />

daremo alcune indicazioni sull’ut<strong>il</strong>izzazio-<br />

ne delle aree per <strong>il</strong> dopo Expo…<br />

Avete già individuato modifiche al piano<br />

d’uso dell’area per <strong>il</strong> dopo Expo?<br />

Mi sembra prematuro parlare di modi-<br />

fiche. Il 28 approveremo un ordine del gior-<br />

no su indicazioni che diventeranno vinco-<br />

lanti per <strong>il</strong> sindaco.<br />

In effetti anche <strong>il</strong> segretario del Bureau<br />

International des Expositions, Vicente<br />

ce penale trovo sia uno dei mali italiani.<br />

Io penso che anche là dove ci sono decisio-<br />

ni sbagliate, o anche <strong>il</strong>legittime, sono altre<br />

le sanzioni che si dovrebbero comminare.<br />

Dove sta <strong>il</strong> bus<strong>il</strong>lis, secondo lei?<br />

L’errore fondamentale è pensare di dare<br />

sempre e comunque risposte giudiziarie<br />

a problemi che possono nascere non da<br />

volontà di compiere un reato, ma da valu-<br />

tazioni sbagliate nate in condizioni magari<br />

obiettivamente complesse, equivoci, incom-<br />

prensioni. Lo dice uno che non è e non si<br />

sente un politico: l’idea di risolvere i proble-<br />

mi della politica col ricorso al dispositivo<br />

penale è una scelta profondamente sbaglia-<br />

ta. Gli errori politici si pagano con la perdi-<br />

ta del consenso nella società.<br />

Questa mattina ha già tastato su facebo-<br />

ok gli umori del suo architetto?<br />

No, perché? Cos’ha scritto Boeri?<br />

Solo una replica a Travaglio. Però stama-<br />

ne, sui giornali, c’è la notizia di una “gran-<br />

de moschea” per M<strong>il</strong>ano. Ne sa qualcosa?<br />

Sono sempre stato abituato a fare pri-<br />

ma le cose e poi a parlarne. Capisco benis-<br />

simo le necessità giornalistiche e ribadi-<br />

sco la volontà di creare le condizioni per-<br />

ché la libertà di culto possa trovare soluzio-<br />

ni concrete anche a M<strong>il</strong>ano. Detto questo, a<br />

oggi non c’è nessun progetto, tanto meno<br />

I<br />

n principio fu la metafora dell’anticri-<br />

sto. In realtà <strong>il</strong> mite zapateriano Giu-<br />

liano Pisapia non è soltanto una bella<br />

persona. È una personalità autentica. Quel-<br />

lo del suo fare aggraziato, gent<strong>il</strong>e, garba-<br />

to, sembrava un motivetto propagandistico<br />

(un po’ come l’arancione e <strong>il</strong> risotto), rumi-<br />

nato da un marketing dello zecchino d’oro<br />

di Bologna per fasciare <strong>il</strong> candidato sinda-<br />

co di M<strong>il</strong>ano con uno, nessuno, centom<strong>il</strong>a<br />

prof<strong>il</strong>i di civ<strong>il</strong> servant indignati e ammodo<br />

(mica come quei brùbrù berluscones). Ope-<br />

razione, come è noto, riuscitissima. Però<br />

ci sta tutta. Niente tammuriata in versio-<br />

ne meneghina (né, tanto meno, “nichiven-<br />

doliana”, come si vide con la ripassata che<br />

<strong>il</strong> governatore di Puglia a M<strong>il</strong>ano subì dal<br />

neoeletto primo cittadino). In Pisapia la<br />

sostanza c’è. E te ne accorgi al primo impat-<br />

to. Quando per giustificare <strong>il</strong> ritardo non ti<br />

invia <strong>il</strong> portavoce o <strong>il</strong> messo comunale. Ma<br />

esce lui, trafelato e simpaticissimo, a strin-<br />

gerti la mano e «mi scusi, ne ho ancora per<br />

dieci minuti, così poi facciamo con calma.<br />

Va bene?». Ed eccoci a tu per tu con l’avvo-<br />

cato, deputato di Rifondazione comunista<br />

per due legislature, 62 anni, dal primo giu-<br />

gno scorso sindaco di M<strong>il</strong>ano, eletto nelle<br />

f<strong>il</strong>e del centrosinistra dopo che la sinistra<br />

mancava al governo di M<strong>il</strong>ano da 18 anni.<br />

Da Roma è appena giunta notizia della<br />

sentenza del Tar che ha azzerato la giun-<br />

ta Alemanno per mancato rispetto delle<br />

“quote rosa”. Altro schiaffo alla politica?<br />

A dirla tutta a Roma l’errore è stato fat-<br />

to dalla politica. Perché se tu ti imponi le<br />

“quote rosa” per statuto comunale succe-<br />

de che prima o poi qualcuno ti obbliga a<br />

rispettarle. Non si legifera sulle opzioni che<br />

hanno valenza culturale. Io ho scelto di fare<br />

una “giunta rosa” e sono veramente conten-<br />

to del lavoro che stanno svolgendo le don-<br />

ne assessori. Però non lo scrivo nello statu-<br />

to comunale, perché non voglio che poi un<br />

magistrato me le imponga.<br />

Ma non trova che sia diventato asfissian-<br />

te <strong>il</strong> pressing della magistratura?<br />

Sì, <strong>il</strong> problema c’è ed è serio. Pensiamo<br />

alla pratica amministrazione di una città:<br />

come si fa a rimanere alla mercé – ogni vol-<br />

ta che c’è un appalto, un lavoro urgente, un<br />

problema che richieda decisioni immedia-<br />

te – di un ricorso, fondato o infondato, che<br />

blocca tutto? Bisogna trovare altri strumen-<br />

ti. Se uno ha “barato” pagherà i danni, ma<br />

non si può sempre fermare tutto.<br />

Ci sta dicendo che anche Pisapia è già<br />

sotto tutela e “controllo di legalità”?<br />

No, sto dicendo che abbiamo un proble-<br />

ma. Le faccio un esempio. In questi giorni<br />

ci sono stati cittadini che si sono appellati<br />

al sottoscritto perché una certa strada che<br />

doveva essere asfaltata è rimasta incompiu-<br />

ta per 50 metri. E proprio nel tratto in cui<br />

era più necessario completare i lavori a cau-<br />

sa della presenza di buche pericolose. Sono<br />

andato dal dirigente comunale e ho chie-<br />

sto un intervento d’urgenza per sbloccare<br />

la situazione. Mi ha risposto: «Non si può».<br />

E perché non si può? Per una serie di que-<br />

stioni procedurali e legali. Allora ho contat-<br />

tato personalmente la ditta che ha in cari-<br />

co i lavori impegnandomi personalmente<br />

a risolvere le questioni in cambio del com-<br />

pletamento di quei 50 metri. Crede che sia<br />

riuscito a smuovere qualcosa? La risposta è<br />

sempre la stessa: «Non si può». Non parlia-<br />

mo poi del penale. Il fatto che, là dove ci<br />

sono comportamenti scorretti, ma maga-<br />

ri in buona fede, si ricorra sempre al codi- Foto: AP/LaPresse<br />

di Luigi Amicone<br />

16<br />

ESTERI<br />

| 27 luglio 2011 | |<br />

32 | | 27 luglio 2011 | 33<br />

nessun incentivo alla produzione, un sen-<br />

so generale di frustrazione e disperazione,<br />

arretratezza tecnologica. Quando nel 1990<br />

accompagnai <strong>il</strong> cavalier Luigi Lucchini a<br />

visitare l’acciaieria di Varsavia, che intende-<br />

va acquisire, rimase impressionato alla vista<br />

dei vecchi altiforni Martin: in Italia erano<br />

stati abbandonati all’inizio degli anni Cin-<br />

quanta, sostituiti da tecnologie molto meno<br />

inquinanti e più efficienti.<br />

Oggi, invece, chi si reca in Polonia tro-<br />

va un paese ottimista, dinamico e proietta-<br />

to nel futuro. Varsavia e le maggiori città<br />

polacche sono enormi cantieri: si costru-<br />

iscono centri commerciali e direzionali,<br />

insediamenti abitativi, nuovi condomini<br />

più adeguati alle esigenze di quelle classi<br />

media e medio-alta che fino a un decennio<br />

fa non esistevano e adesso sono ben salde<br />

e presenti in tutte le maggiori aziende del<br />

paese. Le multinazionali non devono più<br />

esportare i propri manager per ricoprire le<br />

posizioni dirigenziali delle sedi polacche,<br />

come avveniva ancora alla fine degli anni<br />

Novanta, ora possono contare su ammini-<br />

stratori autoctoni ben preparati, che spes-<br />

so parlano due o tre lingue straniere e han-<br />

no una mentalità aperta, internazionale e<br />

dinamica. Ovunque si costruiscono auto-<br />

strade, ferrovie, aeroporti, cosa che ha ali-<br />

mentato, a livello di capitali, un circolo vir-<br />

tuoso: gli investimenti esteri sono stimati<br />

in circa 130 m<strong>il</strong>iardi di euro.<br />

La Polonia è l’unico paese dell’Unio-<br />

ne Europea che ha continuato a crescere<br />

durante tutto <strong>il</strong> periodo della crisi, riu-<br />

STRANO MA FIERO<br />

ESTERI<br />

Europei così<br />

non se ne<br />

fanno più<br />

Cresce più veloce della Germania. Dà lezioni di<br />

concorrenzialità a tutto <strong>il</strong> continente. E si tiene<br />

strette le sue radici cristiane, senza complessi<br />

d’inferiorità di fronte al secolarismo occidentale.<br />

È la Polonia, felice anomalia nel club di Bruxelles<br />

T<br />

rent’anni fa, vedendo lo spettacolo<br />

degli operai polacchi che scioperava-<br />

no contro <strong>il</strong> Partito Operaio Unifica-<br />

to raccolti attorno ai propri pastori e sacer-<br />

doti, e che allo slogan “Proletari di tut-<br />

to <strong>il</strong> mondo unitevi!” contrapponevano la<br />

solidarietà (Solidarnosc), qualcuno parlò<br />

di “anomalia polacca”, espressione che fu<br />

ripresa nel 1981, quando quel movimen-<br />

to operaio, quella Solidarnosc, che racco-<br />

glieva dieci m<strong>il</strong>ioni di iscritti, scelse di non<br />

rispondere con la violenza all’attacco sfer-<br />

rato dal regime alle libertà civ<strong>il</strong>i con l’intro-<br />

duzione dello stato di guerra, e ancora nel<br />

1989, quando, per la prima volta nella sto-<br />

ria, un regime totalitario cadde senza spar-<br />

gimento di sangue, trascinandosi dietro<br />

tutta l’area dell’Europa dell’Est.<br />

E l’anomalia polacca continua anco-<br />

ra oggi. All’indomani dell’apertura del<br />

“suo” semestre di presidenza dell’Unio-<br />

ne Europea, la Polonia si presenta in con-<br />

trotendenza rispetto alle sofferenze che<br />

attanagliano l’Europa occidentale: <strong>il</strong> pae-<br />

se corre veloce e mostra tassi di crescita<br />

da far impallidire gli stati dell’area medi-<br />

terranea, pur avendo patito prima di altri<br />

una gravissima crisi economico-finanzia-<br />

ria ed essendo uscita da un disastro dura-<br />

to sessant’anni, provocato dall’occupazio-<br />

ne nazista prima e dal regime comunista<br />

poi. Ma la Polonia è anomala anche rispet-<br />

to allo spirito laicista che<br />

soffia in Europa e che met-<br />

te in discussione <strong>il</strong> valore<br />

della vita, della differenza<br />

fra i sessi e della famiglia,<br />

che vorrebbe i cattolici sen-<br />

za identità e la Chiesa senza incidenza sul-<br />

la società. Proprio in questi giorni, infatti,<br />

<strong>il</strong> parlamento di Varsavia discute una pro-<br />

posta di legge che tende a limitare forte-<br />

mente l’ammissib<strong>il</strong>ità dell’aborto. Il testo<br />

è stato presentato da oltre 600 m<strong>il</strong>a firma-<br />

tari, che non sono una sparuta minoranza<br />

di fanatici, perché un sondaggio rivela che<br />

<strong>il</strong> 65 per cento dei polacchi è favorevole<br />

all’abrogazione totale della legge sull’abor-<br />

to, <strong>il</strong> 23 per cento ammette <strong>il</strong> ricorso all’in-<br />

terruzione di gravidanza solo in caso di<br />

grave malformazione del bambino, e solo<br />

<strong>il</strong> 13 ritiene che l’aborto sia un diritto del-<br />

la donna in ogni caso.<br />

Pur con inevitab<strong>il</strong>i spinte secolarizza-<br />

trici, la Polonia rimane fortemente attac-<br />

cata alla propria identità cristiana, che<br />

non si esprime solo con la partecipazione<br />

ai grandi gesti pubblici (liturgia, pellegri-<br />

naggi, beatificazione di Giovanni Paolo II),<br />

come invece qualcuno si ostina a sottoline-<br />

are per sminuire la portata del fenomeno.<br />

Numeri da fare invidia ai più<br />

Il cammino fatto dalla Polonia negli ulti-<br />

mi due decenni è impressionante. Chi poco<br />

più di vent’anni fa si recava a Varsavia ave-<br />

va l’impressione di fare un balzo nel passa-<br />

to di sessant’anni. Lo sfacelo e <strong>il</strong> fallimento<br />

dell’economia centralizzata erano evidenti<br />

a ogni angolo di strada: annullamento del-<br />

la dignità del lavoro, povertà garantita per<br />

tutti, inquinamento fuori da ogni norma,<br />

Polonia<br />

Ue-27<br />

Cambiamento percentuale rispetto all’anno precedente<br />

2007<br />

+10<br />

+5<br />

0<br />

-5<br />

2008 2009 2010 2011<br />

Crescita leader in Europa<br />

Le città polacche sono enormi cantieri: si<br />

costruiscono centri commerciali, insediamenti<br />

abitativi, nuovi condomini per quella classe<br />

che fino a un decennio fa ancora non esisteva<br />

Qui sopra, <strong>il</strong> cantiere del nuovo stadio di Varsavia.<br />

L’anno prossimo la Polonia ospiterà gli Europei di calcio.<br />

A lato, una marcia di Solidarnosc sf<strong>il</strong>a sotto i manifesti<br />

con <strong>il</strong> logo del semestre polacco di presidenza Ue<br />

Foto: AP/LaPresse<br />

da Varsavia Annalia Guglielmi<br />

32<br />

CULTURA<br />

| 27 luglio 2011 | |<br />

40 | | 27 luglio 2011 | 41<br />

DAI ROMANZI AI FILM<br />

CULTURA<br />

Il lato oscuro<br />

di Hollywood<br />

Eroi sempre in b<strong>il</strong>ico tra <strong>il</strong> bene e <strong>il</strong> male, inseguiti<br />

da una sorte spietata. Ma pur sempre uomini.<br />

Elogio del noir, uno st<strong>il</strong>e di vita che in pochi anni<br />

ha ispirato numerosi capolavori. Conquistando<br />

anche giganti come Bogart, Mitchum e Douglas<br />

go addio di Raymond Chandler (altro tito-<br />

lo bellissimo: i noir sono spesso leggenda-<br />

ri a partire dal titolo) per innamorarsi per<br />

sempre del romanzo “notturno”.<br />

«Quando lo vidi per la prima volta, Terry<br />

Lennox era ubriaco in una Rolls Royce fuo-<br />

ri serie, di fronte alla terrazza del Dancers.<br />

Il custode del parcheggio aveva portato fuo-<br />

ri la macchina e continuava a tenere lo<br />

buoni e cattivi ben riconoscib<strong>il</strong>i e separa-<br />

ti. Il noir, cioè, è <strong>il</strong> territorio delle tenebre,<br />

dove nulla è mai molto chiaro, nemme-<br />

no la storia, complicatissima, barocca, un<br />

groviglio di personaggi e situazioni, in cui<br />

i primi a procedere a tentoni sono proprio<br />

gli scrittori. Le città in notturna che sem-<br />

brano giungle tentacolari (da cui <strong>il</strong> tito-<br />

lo bellissimo di un noir di John Huston:<br />

Giungla d’asfalto), le donne, sirene irresi-<br />

stib<strong>il</strong>i e pronte a fregarti, gli amici perdu-<br />

ti con cui hai trascorso la giovinezza e che<br />

hanno buttato via la vita tra alcool e debi-<br />

ti. E ancora: <strong>il</strong> detective squattrinato, non<br />

più giovanissimo, con uno sguardo disin-<br />

cantato sul mondo, sempre solo ma pron-<br />

to a rischiare la vita per un amico con cui<br />

condividere più dolori che gioie della vita:<br />

sono questi gli elementi tipici del genere.<br />

Basterebbe l’incipit del memorab<strong>il</strong>e Il lun-<br />

loghi serrati, riproporre <strong>il</strong> romanticismo<br />

cupo di quegli eroi solitari.<br />

Diffic<strong>il</strong>e dare una definizione del gene-<br />

re, più semplice dire che cosa non si trove-<br />

rà mai in un romanzo noir o hard-bo<strong>il</strong>ed<br />

per dirla con gli Americani. Non si troverà<br />

mai un enigma da risolvere, magari con<br />

le sole forze del raziocinio alla maniera<br />

di Conan Doyle o della Christie. Gli indizi<br />

non saranno mai chiari e non ci saranno<br />

È<br />

semplicemente <strong>il</strong> territorio non dei<br />

grandi, ma dei grandissimi. Ci han-<br />

no lavorato praticamente tutti<br />

i grandi maestri del cinema (Kubrick,<br />

Hitchcock, Huston, Welles, W<strong>il</strong>der,<br />

Polanski, Aldrich, Hawks) e le star leg-<br />

gendarie come Humphrey Bogart, Lauren<br />

Bacall, Orson Welles, Robert Mitchum,<br />

Cary Grant, Rita Hayworth, Barbara<br />

Stanwyck, W<strong>il</strong>liam Holden, Jack Nichol-<br />

son. È <strong>il</strong> noir, più che un genere letterario<br />

uno st<strong>il</strong>e di vita, che nel giro di una man-<br />

ciata d’anni, a cavallo della Seconda guer-<br />

ra mondiale, generò capolavori su capo-<br />

lavori, al cinema e sulla carta stampata,<br />

e condizionò per sempre l’immaginario<br />

collettivo se è vero che ancora oggi van-<br />

ta innumerevoli, fiacchi, tentativi d’imi-<br />

tazione e una caterva di registi cercano di<br />

riprenderne le atmosfere, imitarne i dia-<br />

IL GRANDE SONNO<br />

<strong>il</strong> libro di Raymond Chandler<br />

L’esordio di Chandler e <strong>il</strong> primo<br />

di una serie di romanzi con Ph<strong>il</strong>ip<br />

Marlowe protagonista. La storia<br />

prende le mosse dalla richiesta di<br />

aiuto a Marlowe da parte di un<br />

anziano generale, paraplegico e<br />

ricchissimo, che ha ricevuto alcuni<br />

biglietti ricattatori. Seguiranno<br />

delitti, ricatti con al centro della<br />

vicenda la figlia minore del gene-<br />

rale. Portato due volte sul grande<br />

schermo. Quello di Howard Hawks<br />

(1946), sceneggiato da W<strong>il</strong>liam<br />

Faulkner con la coppia Bogart-<br />

Bacall (sotto), è un capolavoro.<br />

IL MISTERO DEL FALCO<br />

<strong>il</strong> libro di Dashiell Hammett<br />

È <strong>il</strong> romanzo che inventò <strong>il</strong> genere.<br />

Portato sullo schermo un paio<br />

di volte, la seconda versione<br />

(1941) firmata da John Huston<br />

è entrata nella leggenda con<br />

Humphrey Bogart (a sinistra e<br />

sotto con Mary Astor e Peter<br />

Lorre). Attorno al ritrovamento<br />

del falcone – oggetto da collezione<br />

– si stagliano loschi figuri come <strong>il</strong><br />

detective Sam Spade e l’ambigua<br />

Brigid O’Shaugnessy, prototipo<br />

di dark lady. St<strong>il</strong>e sobrio, dialoghi<br />

serrati, con una battuta finale (nel<br />

f<strong>il</strong>m) da ricordare. Di cosa è fatta<br />

la statuetta? «Della materia di cui<br />

sono fatti i sogni».<br />

40<br />

L’ITALIA CHE LAvoRA<br />

| 27 luglio 2011 | |<br />

48 | | 27 luglio 2011 | 49<br />

pane e servito subito. «Sono passaggi sempli-<br />

ci che però pesano molto sul nostro conto<br />

economico. Avere quattro paninari pronti a<br />

preparare 300 panini in un’ora ha un eleva-<br />

to costo. Non è come avere una sola persona<br />

che tra le 9 e le 12 taglia <strong>il</strong> pane e lo riempie<br />

con <strong>il</strong> companatico. Il nostro servizio è pro-<br />

fessionalità espressa».<br />

La qualità si paga, lo sappiamo tutti.<br />

Da Panino Giusto i panini non te li regala-<br />

no. «Il nostro panino ha un rapporto qua-<br />

lità prezzo invidiab<strong>il</strong>e. Un prosciutto cru-<br />

do del nostro livello in una buona salume-<br />

ria lo compri a un prezzo che si aggira tra<br />

i 7/8 euro all’etto. Il nostro panino medio<br />

pesa 220 grammi, ma <strong>il</strong> pane solo 70. Quin-<br />

di, la proporzione tra pane e companatico<br />

è molto spostata verso <strong>il</strong> secondo. Si potreb-<br />

be obiettare che quelli degli altri bar sono<br />

più grandi. È vero, ma solo perché hanno<br />

più pane. Per noi, invece, <strong>il</strong> pane non è altro<br />

che un contenitore di prelibatezze». I confi-<br />

ni del gusto hanno proprio la forma di due<br />

fette di pane, di tipo francesino, soffice e<br />

fragrante. Una creatura di laboratorio, rea-<br />

lizzata a mezza cottura che viene ultima-<br />

ta nei locali, così da risultare perfetta. Sem-<br />

bra strano che un locale, nato per prepara-<br />

re panini, lo faccia con un’unica varietà di<br />

pane. Eppure rappresenta un altro elemen-<br />

to distintivo che tutti gli aficionados conti-<br />

nuano ad apprezzare. M<strong>il</strong>anesi in primis.<br />

«M<strong>il</strong>ano non si concede fac<strong>il</strong>mente, però<br />

è accogliente. Qui è m<strong>il</strong>anese chi lavora.<br />

Noi li amiamo perché sono esigenti, e que-<br />

sto è uno stimolo a migliorarci. Ci arrivano<br />

molte ma<strong>il</strong> di apprezzamento, ma anche<br />

di critica. È su queste ultime che stiamo<br />

costruendo le strategie per <strong>il</strong> nostro futuro».<br />

Martino Lapini<br />

timo arrivato, ma <strong>il</strong> primo a essere sicuro<br />

della strada intrapresa da Panino Giusto. «In<br />

un momento di crisi la persona è più atten-<br />

ta ai propri consumi e quindi diventa più<br />

pretenziosa. Quando c’è crisi uno non è che<br />

non esce più a mangiare, ma va solo dove<br />

reputa di avere un valore aggiunto».<br />

La maniacale attenzione alla qualità è<br />

quello che ha fatto la differenza. Quello che<br />

ha trasformato un locale come tanti della<br />

M<strong>il</strong>ano da bere in un successo imprendito-<br />

riale. «Entro settembre ci sarà l’inaugura-<br />

zione di un vero e proprio luogo che ospi-<br />

terà l’Accademia Panino Giusto. Da noi i<br />

corsi di formazione hanno un tempo mol-<br />

to più lungo rispetto a quello dei fast-food.<br />

L’Accademia avrà la forma di una vera e pro-<br />

pria scuola. Sarà un progetto di ampio respi-<br />

ro, che coinvolgerà l’intera dimensione del-<br />

la ristorazione veloce. La apriremo in col-<br />

laborazione con Regione Lombardia, con<br />

le principali scuole alberghiere lombarde,<br />

con qualche università e con l’associazio-<br />

ne Panettieri m<strong>il</strong>anesi. Un luogo di ecume-<br />

nismo del gusto. È l’unico modo per conser-<br />

vare la nostra impronta di qualità, che è la<br />

nostra mission, e per esportarla senza snatu-<br />

rarla. Per questo nei prossimi cinque anni,<br />

non apriremo più di dieci locali all’anno».<br />

Nei locali, all’interno delle vetrine, è<br />

mostrata una linea di prodotti a marchio<br />

Panino Giusto. «Siamo molto appetib<strong>il</strong>i per i<br />

fornitori, perché garantiamo un ordine nel<br />

tempo e perché in qualche modo trasmet-<br />

tiamo un po’ della nostra anima, che ha<br />

<strong>il</strong> sapore della qualità. Per <strong>il</strong> crudo e l’olio<br />

abbiamo fornitori storici, Tanara di Langhi-<br />

rano e Trampolini di Perugia, che ci seguo-<br />

no e che continuano a seguire le nostre indi-<br />

cazioni. Ci sono moltissimi crudi stagiona-<br />

ti 24 mesi, ma <strong>il</strong> nostro è lavorato esclusiva-<br />

mente per noi, con una linea di produzione<br />

e camere di affumicatura dedicate».<br />

Oltre l’assaggiatore ufficiale<br />

Un approccio alle materie prime di questo<br />

genere è più tipico di un ristorante alla car-<br />

ta di alto livello. Eppure non fa una piega in<br />

una struttura aziendale che ha nel suo orga-<br />

nico una persona che si occupa esclusiva-<br />

mente di assaggiare tutte le componenti del<br />

menù. C’è, tuttavia, un altro elemento del-<br />

la formula senza <strong>il</strong> quale Panino Giusto non<br />

si distinguerebbe da qualsiasi altra panino-<br />

teca. In una parola: espresso. Ogni panino<br />

è fatto al momento con una procedura che<br />

altera <strong>il</strong> meno possib<strong>il</strong>e le qualità e <strong>il</strong> gusto<br />

della materia prima. Solo <strong>il</strong> pane viene scal-<br />

dato sotto la piastra. Il companatico, stratifi-<br />

cato, viene inserito fresco tra le due fette di<br />

L’ITALIA<br />

CHE LAVORA<br />

Gli chef<br />

della pausa<br />

pranzo<br />

Nel 1979, nella M<strong>il</strong>ano da bere, tre amici hanno<br />

dato vita a un’insolita paninoteca, dove mangiare<br />

rapidamente senza rinunciare alla qualità. E da oltre<br />

trent’anni la loro ricetta è sempre la stessa: «Il pane<br />

è solo la cornice di un capolavoro». E del successo<br />

la spensieratezza di quel periodo. Alla fine<br />

degli anni Settanta, la M<strong>il</strong>ano da bere era<br />

<strong>il</strong> palcoscenico di giovani rampanti, che tra<br />

Timberland e Moncler si ritrovavano per<br />

condividere le proprie idee e i propri sogni.<br />

Dopo anni diffic<strong>il</strong>i c’era di nuovo ottimi-<br />

smo nell’aria. E nel linguaggio. “Troppo giu-<br />

sto!” era una di quelle espressioni da “pani-<br />

nari” che si sentivano in continuazione.<br />

Anche <strong>il</strong> panino consumato da quei ragazzi<br />

non poteva essere qualunque. Doveva esse-<br />

re giusto. Come l’ambiente. Un mix perfet-<br />

to tra <strong>il</strong> bistrot francese e <strong>il</strong> pub inglese. Un<br />

luogo che ha tutta l’aria di un posto di con-<br />

versazione, ma dove si respira sempre un<br />

certo fermento. Questa formula ha pagato<br />

anche durante la crisi economica dell’ulti-<br />

mo anno, come spiega Antonio Civita, l’ul-<br />

S<br />

olo a M<strong>il</strong>ano, secondo una stiMa cal-<br />

colata da chi si occupa di logistica<br />

per Expo 2015, sono 350 m<strong>il</strong>a le per-<br />

sone che quotidianamente pranzano fuo-<br />

ri casa. Provate solo a immaginare quante<br />

di queste consumano un panino. A quan-<br />

te di queste succede di addentare due fette<br />

di pane gommoso? O una fetta di prosciut-<br />

to crudo secca e senza gusto dopo <strong>il</strong> passag-<br />

gio sotto la piastra? Oppure di trovarsi sul-<br />

la lingua un pezzo di carta frutto dell’infe-<br />

lice matrimonio tra formaggio fuso e tova-<br />

gliolo? Secondo dati della Coldiretti, un ita-<br />

liano su quattro non è soddisfatto dei pani-<br />

ni che consuma e <strong>il</strong> 65 per cento di loro vor-<br />

rebbe mangiare panini gourmet.<br />

Dopo tutti questi numeri, ci vorrebbe<br />

un Garibaldino o un Re Sole. «Garibaldi-<br />

no perché <strong>il</strong> primo locale era in corso Gari-<br />

baldi. Re Sole è nato discutendo della bontà<br />

degli ingredienti che conteneva. Luis, <strong>il</strong> clas-<br />

sico crudo, pomodoro e mozzarella deve <strong>il</strong><br />

suo nome a Luigi, collaboratore di Panino<br />

Giusto che mangiava solo quello. Diplomati-<br />

co perché conteneva la più diplomatica tra<br />

le salse, quella rosa».<br />

Il panino non è nato a M<strong>il</strong>ano. Al cele-<br />

bre lord Sandwich e al suo vizio di non<br />

voler alzarsi mai dal tavolo da gioco dobbia-<br />

mo l’idea di farsi portare due fette di pane<br />

imburrate farcite con ogni ben di dio. Pani-<br />

no Giusto non poteva che nascere a M<strong>il</strong>ano.<br />

«Nel ’79 eravamo in tre, avevamo i nostri<br />

gusti personali, ma condividevamo tutto, a<br />

partire dal volere proporre sempre una qua-<br />

lità altissima delle farciture. Che poi abbia-<br />

mo arricchito con speciali salse e paste. I<br />

nostri gusti individuali venivano poi river-<br />

sati sui clienti, che nella maggior parte dei<br />

casi diventavano amici. Il primo locale di<br />

corso Garibaldi a M<strong>il</strong>ano era fondamental-<br />

mente un ritrovo di amici». Giovanni Roma,<br />

uno degli storici fondatori di Panino Giu-<br />

sto, proviene da una famiglia di ristorato-<br />

ri. Quando rievoca gli inizi dell’avventura ci<br />

tiene a sottolineare la volontà dei soci di cre-<br />

are un luogo informale, fatto per socializza-<br />

re. «Non ho mai voluto assecondare la risto-<br />

razione classica perché era troppo banale<br />

per me, essendoci nato. Non volevo inserir-<br />

mi o lavorare in un ristorante dove ci sono<br />

dei canoni di formalità. Ho visto in Panino<br />

Giusto un ambiente dove si mangia bene e<br />

si sta bene, e mi ci sono buttato». Anche le<br />

cifre testimoniano che i quattro amici al bar<br />

sono diventati una community fedele.<br />

Il nome di questo locale, diventato poi<br />

un marchio vero e proprio, è figlio del-<br />

«La proporzione tra<br />

pane e companatico<br />

nei nostri prodotti<br />

è spostata verso<br />

<strong>il</strong> secondo. Per noi<br />

<strong>il</strong> pane non è altro<br />

che un contenitore<br />

di prelibatezze»<br />

A destra, Antonio Civita e Giovanni<br />

Roma, due dei fondatori di Panino<br />

Giusto. Sotto, alcuni dei loro piatti.<br />

Nell’altra pagina, Panino Giusto alla<br />

stazione Centrale di M<strong>il</strong>ano (in alto),<br />

e a Istanbul e Yokohama (in basso)<br />

48<br />

Può un tribunale aspirare a «prevenire la devianza» dell’uomo?<br />

Un magistrato contro l’uso del diritto come mezzo di risoluzione<br />

dei conflitti sociali. A prescindere da libertà, reati e responsab<strong>il</strong>ità<br />

In queste pagine, immagini tratte dai f<strong>il</strong>m Minority<br />

Report di Steven Spielberg, ambientato in un futuro<br />

in cui i reati sono puniti prima di essere commessi,<br />

e Arancia meccanica di Stanley Kubrick, dove una<br />

immaginaria giustizia pretende di estirpare <strong>il</strong> male<br />

dai delinquenti condizionandone <strong>il</strong> pensiero<br />

| 27 luglio 2011 | |<br />

8<br />

Giustizia<br />

Verso un futuro alla Minority Report<br />

| | 27 luglio 2011 | 9<br />

LA NUOVA LEGGE<br />

settimanale diretto da luigi amicone<br />

anno 17 | numero 29 | 27 luglio 2011 | 2,00<br />

Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1, ne/Vr<br />

«Sono un garantista<br />

come voi. Spazio a chi<br />

fa <strong>il</strong> bene di M<strong>il</strong>ano.<br />

E per l’Expo voglio<br />

Formigoni». Intervista<br />

a Giuliano Pisapia<br />

Cari avversari<br />

Vi stupirò<br />

16<br />

SOMMARIO


Può un tribunale aspirare a «prevenire la devianza» dell’uomo?<br />

Un magistrato contro l’uso del diritto come mezzo di risoluzione<br />

dei conflitti sociali. A prescindere da libertà, reati e responsab<strong>il</strong>ità<br />

Giustizia<br />

Verso un futuro alla Minority Report<br />

8 | 27 luglio 2011 | |


LA NUOVA LEGGE<br />

In queste pagine, fotogrammi tratti dai f<strong>il</strong>m Minority<br />

Report di Steven Spielberg, ambientato in un futuro<br />

in cui i reati sono puniti prima di essere commessi,<br />

e Arancia meccanica di Stanley Kubrick, dove una<br />

immaginaria giustizia pretende di estirpare <strong>il</strong> male<br />

dai delinquenti condizionandone <strong>il</strong> pensiero<br />

| | 27 luglio 2011 | 9


di Guido Bramb<strong>il</strong>la*<br />

Mi pare di poter affermare come<br />

ormai oggi la parola “giustizia”,<br />

abbia perso non solo un riferimento,<br />

un aggancio all’esperienza, ma<br />

anche al concetto stesso di ragione, o<br />

ragionevolezza, oggettive. Già <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo<br />

francofortese Max Horkheimer r<strong>il</strong>evava<br />

come la ragione dell’uomo sia «ormai completamente<br />

soggiogata al processo sociale,<br />

unico criterio è diventato <strong>il</strong> suo valore<br />

strumentale». In tale senso, continua<br />

l’autore de L’eclisse della Ragione, «concetti<br />

come quelli di giustizia, verità, uguaglianza,<br />

felicità, che nei secoli precedenti<br />

<strong>il</strong> nostro si credevano una cosa sola con la<br />

ragione o sanzionata da essa, hanno perso<br />

le loro radici intellettuali. Sono ancora<br />

scopi e fini ma non esiste più nessuna enti-<br />

10 | 27 luglio 2011 | |<br />

tà razionale autorizzata a dare un giudizio<br />

positivo e a metterli in rapporto con una<br />

realtà oggettiva». Italo Mancini, autore della<br />

nota F<strong>il</strong>osofia della prassi, ha sv<strong>il</strong>uppato<br />

questa idea laddove afferma che «i concetti<br />

etici e giuridici di giustizia, verità, uguaglianza,<br />

in quanto riferentesi a una realtà<br />

oggettiva, diventano inagib<strong>il</strong>i sul piano<br />

scientifico e quindi sono privi di senso». Il<br />

diritto, conseguentemente, sarebbe «l’ultima<br />

delle autorità prerazionali dell’Occidente<br />

(…) esso, cioè, andrebbe ancora sottoposto<br />

a quei processi di demitizzazione<br />

e secolarizzazione che hanno operato<br />

Mi sembra di poter ulteriormente scorgere,<br />

in questi tempi, una crisi profonda del nostro<br />

sistema classico di giustizia, in particolare,<br />

per quel che mi occupa, di quella penale<br />

in altri campi delle scelte umane, come,<br />

ad esempio, l’economia». Dico questo, perché,<br />

mi sembra di poter ulteriormente<br />

scorgere, in questi tempi, una crisi profonda<br />

del nostro sistema classico di giustizia,<br />

in particolare, per quel che mi occupa, di<br />

quella penale.<br />

Dietro fenomeni, come è stato quello di<br />

Tangentopoli, ma dietro anche alle tematiche<br />

del “processo breve”, e dei sempre più<br />

costanti ricorsi a procedure conc<strong>il</strong>iative o<br />

di giustizia ripartiva, mi pare evidente <strong>il</strong><br />

tentativo odierno di disinnescare i lunghi<br />

(a volte, necessariamente, lunghi) riti della<br />

ricerca della verità e delle<br />

responsab<strong>il</strong>ità, perché non<br />

più al passo con le urgenti<br />

necessità di soluzione dei<br />

conflitti sociali generati dalle<br />

condotte penalmente <strong>il</strong>le-


cite. Non solo la stessa logica del “processo”<br />

sarebbe ormai desueta, ma anche gli<br />

stessi concetti tradizionali di evento, di<br />

colpa, di punizione. La conoscenza viene<br />

sacrificata alle urgenze dell’informazione<br />

del tutto e subito e alla verità si fa bastare<br />

la verosimiglianza.<br />

Processo ai comportamenti<br />

Certo non vi è chi non ritenga, al tempo<br />

attuale, quanto meno tra gli addetti<br />

ai lavori, la necessità di una diversion<br />

delle strategie di politica criminale, resasi<br />

necessaria dall’enorme mole dei procedimenti<br />

pendenti avanti ai giudici ordinari<br />

(crisi di complessità e di contenib<strong>il</strong>ità) e<br />

dalla altrettanto improcrastinab<strong>il</strong>e esigenza<br />

di trovare soluzioni alternative ai sistemi<br />

punitivi classici come <strong>il</strong> carcere, che<br />

dovrebbe, in un paese civ<strong>il</strong>e, rappresenta-<br />

re l’extrema ratio. Mi pare però di scorgere,<br />

in tutto ciò, un pericolo, derivante proprio<br />

dalla tendenza, tutta postmoderna, di<br />

esasperazione dei diritti individuali, scollegati<br />

sempre più, tuttavia, dai correlativi<br />

doveri e responsab<strong>il</strong>ità personali e imputati<br />

finalisticamente a una giustizia strumentale<br />

e relativa, non più ancorata a una<br />

realtà oggettiva di sicuro riferimento.<br />

Si notano infatti visib<strong>il</strong>i segni di un<br />

passaggio dalla repressione limitata degli<br />

<strong>il</strong>leciti alla necessità di una prevenzione<br />

<strong>il</strong>limitata dei comportamenti. Se dal diritto<br />

penale classico, focalizzato sul concet-<br />

I concetti di evento, di colpa, di punizione sono<br />

desueti. La conoscenza viene sacrificata alle<br />

urgenze dell’informazione del tutto e subito<br />

e alla verità si fa bastare la verosimiglianza<br />

la nuova legge PRIMALINEA<br />

Nel f<strong>il</strong>m Minority Report<br />

Tom Cruise interpreta<br />

<strong>il</strong> detective John Anderton,<br />

in fuga dai colleghi perché<br />

accusato di un reato che<br />

non ha ancora commesso<br />

to di “lesione” si sta passando, lentamente,<br />

a un diritto penale moderno, focalizzato<br />

sul diverso concetto di “rischio di lesione”<br />

(proteso a fissare ex ante regole di<br />

comportamento e di garanzia, con trasferimento<br />

in taluni casi del rischio di evento<br />

su soggetti in grado di meglio gestirlo),<br />

vi è però, parallelamente, una teoria,<br />

tutt’altro che marginale, quella del cosiddetto<br />

“Interventionsrecht”, una teoria, alimentata<br />

prevalentemente dalle correnti<br />

dell’abolizionismo penale, che risolve<br />

appunto <strong>il</strong> diritto in un puro strumento<br />

di esclusivo controllo sociale, di prevenzione<br />

generalizzata e coatti-<br />

va. Il pelagianesimo moderno,<br />

sempre nemico del concetto<br />

di peccato originale e<br />

della possib<strong>il</strong>ità della grazia,<br />

non si pone più <strong>il</strong><br />

| | 27 luglio 2011 | 11


problema del reato, che viene ad essere<br />

definito “un’espressione di disadattamento”,<br />

né quello della responsab<strong>il</strong>ità connessa<br />

alla libertà dell’uomo. Alcuni anni fa,<br />

in un’aula di Tribunale, durante un processo<br />

di violenza carnale pedof<strong>il</strong>a, avevo<br />

sentito la parte civ<strong>il</strong>e pubblica auspicare<br />

interventi che preventivamente sottraessero<br />

i minori alle famiglie considerate<br />

“a rischio” di tale devianza (“rischio” che<br />

verrebbe però valutato da arbitrarie teorie<br />

sociologiche).<br />

La scomparsa della colpa<br />

In altri termini non ci sarebbe più bisogno<br />

di parlare di reato o di colpa, se si riesce<br />

a prevenire coattivamente o a risolvere<br />

diversamente <strong>il</strong> conflitto sociale generato<br />

da un’azione o da un’omissione.<br />

Non esiste più <strong>il</strong> reato, né <strong>il</strong> reo: la<br />

situazione-conflitto sfuggita alla prevenzione<br />

coatta, verrebbe a essere risolta prescindendo<br />

dalla sequenza libertà-responsab<strong>il</strong>ità-punizione:<br />

<strong>il</strong> delinquente è solo un<br />

malato da guarire, un disadattato sociale.<br />

Al giudice si sostituirebbero gli psichiatri<br />

o gli assistenti sociali con ampio ricorso<br />

all’eufemismo lessicale. Senza arrivare<br />

agli scenari distopici di un Burgess<br />

o di un Huxley, o ai “precogs”<br />

del famoso f<strong>il</strong>m Minority<br />

Report di Steven Spielberg,<br />

nel più “attuale” racconto dello<br />

scandinavo Henrik Stangerup<br />

L’uomo che voleva essere<br />

colpevole, <strong>il</strong> protagonista,<br />

uxoricida, viene neutralizzato<br />

attraverso l’intervento terapeutico<br />

con somministrazione<br />

di medicine, supervisione psichiatrica<br />

e l’allontanamento<br />

dai figli. Non c’è più bisogno di<br />

dichiararlo “colpevole” di qualcosa,<br />

perché <strong>il</strong> conflitto causato<br />

è stato risolto altrimenti. Egli però desidera<br />

essere riconosciuto responsab<strong>il</strong>e e<br />

punito; la colpa, infatti, una volta accettata,<br />

può aprire alla possib<strong>il</strong>ità del perdono<br />

e della Grazia. Per cui <strong>il</strong> pericolo è che la<br />

violenza, oggi riconosciuta nell’“obsoleto”<br />

sistema punitivo dello Stato, si possa trasferire<br />

solo in altri ambiti e trasformare in<br />

altre forme di esercizio del potere di controllo,<br />

ancor più irrispettosi della dignità<br />

della persona umana.<br />

La carità dimenticata<br />

Senza carità non ci può più essere giustizia:<br />

sono esperienze inseparab<strong>il</strong>i tra loro.<br />

Benedetto XVI, nella sua enciclica Caritas<br />

in Veritate, ha infatti affermato: «Ogni<br />

società elabora un proprio sistema di giustizia<br />

[ma] la carità eccede la giustizia,<br />

perché amare è donare, offrire del “mio”<br />

all’altro; ma non è mai senza la giustizia,<br />

la quale induce a dare all’altro ciò che è<br />

12 | 27 luglio 2011 | |<br />

“suo”, ciò che gli spetta in ragione del suo<br />

essere e del suo operare. Non posso “donare”<br />

all’altro del mio, senza avergli dato in<br />

primo luogo ciò che gli compete secondo<br />

giustizia. Chi ama con carità gli altri<br />

è anzitutto giusto verso di loro. Non solo<br />

la giustizia non è estranea alla carità, non<br />

solo non è una via alternativa o parallela<br />

alla carità: la giustizia è inseparab<strong>il</strong>e dalla<br />

carità, intrinseca a essa. La giustizia è la<br />

prima via della carità o, com’ebbe a dire<br />

Paolo VI, “la misura minima” di essa, parte<br />

integrante di quell’amore “coi fatti e nella<br />

verità” (1 Gv 3,18), a cui esorta l’apostolo<br />

Giovanni. Da una parte, la carità esige la<br />

giustizia: <strong>il</strong> riconoscimento e <strong>il</strong> rispetto dei<br />

In un processo di violenza carnale pedof<strong>il</strong>a<br />

avevo sentito auspicare interventi che<br />

preventivamente sottraessero i minori alle<br />

famiglie considerate a rischio di tale devianza<br />

legittimi diritti degli individui e dei popoli.<br />

Essa s’adopera per la costruzione della<br />

“città dell’uomo” secondo diritto e giustizia.<br />

Dall’altra, la carità supera la giustizia<br />

e la completa nella logica del dono e del<br />

perdono. La “città dell’uomo” non è promossa<br />

solo da rapporti di diritti e di doveri,<br />

ma ancor più e ancor prima da relazioni<br />

di gratuità, di misericordia e di comunione.<br />

La carità manifesta sempre anche<br />

nelle relazioni umane l’amore di Dio, essa<br />

dà valore teologale e salvifico a ogni impegno<br />

di giustizia nel mondo».<br />

La nostra speranza è, quindi, tutta riposta<br />

non in nuove teorie o in sistemi perfetti,<br />

ma in un “io” commosso, in uomini<br />

cambiati dalla misericordia<br />

di un Avvenimento presente,<br />

che nella carità, rende possib<strong>il</strong>e<br />

anche la vera giustizia. n<br />

*magistrato di sorveglianza<br />

presso <strong>il</strong> Tribunale di M<strong>il</strong>ano


LA FORZA DELL’INDIGNAZIONE<br />

Metti <strong>il</strong> giudice<br />

in cattedra<br />

Si può arrivare a sostituire i maestri con <strong>il</strong> Tar.<br />

Basta <strong>il</strong>ludere <strong>il</strong> pubblico che sia per <strong>il</strong> bene<br />

dei bambini. Due diaboliche lezioni di infelicità<br />

di Berlicche<br />

Mio caro Malacoda, vorrei istruirti<br />

oggi, attraverso un perfetto caso<br />

di scuola, sulla via giudiziariomediatica<br />

all’infelicità.<br />

In Italia, come sai, da tempo, tutto è<br />

sottoposto alla legge tranne le procure e<br />

i giudici. Ora, che tutto sia sottoposto alla<br />

legge sembra cosa in sé ineccepib<strong>il</strong>e. In<br />

nome di questa ovvietà i tutori della legge<br />

– che, ripeto, in Italia sono i magistrati<br />

e certi giornalisti appoggiati con enfasi da<br />

qualche teologo – sono riusciti a far passare<br />

<strong>il</strong> principio che la giurisprudenza (quindi<br />

non la legge in sé, ma la sua concreta<br />

applicazione), ma ci si accontenta ormai<br />

anche della consuetudine del modus operandi<br />

di alcune procure mediatizzate, è<br />

l’unico principio cui uniformarsi in ogni<br />

aspetto dell’esistenza e a cui appellarsi<br />

come criterio ultimo in ogni campo del<br />

vivere pubblico e privato, fin nei recessi<br />

più intimi di ogni rapporto umano.<br />

Così nel Belpaese i giudici decidono dei<br />

palinsesti televisi, della collocazione oraria<br />

dei programmi, della dirigenza della televisione<br />

pubblica e di ruoli e mansionari dei<br />

vari direttori. Così in Italia i tribunali decidono<br />

delle fortune o delle sfortune imprenditoriali<br />

di questo o di quell’editore, sin<br />

dai tempi del Corriere della Sera di Rizzoli.<br />

Così in Italia i tribunali, o chi in essi<br />

sostiene l’accusa, decidono della formazio-<br />

LA NUOVA LEGGE PRIMALINEA<br />

Qui sotto, Cruise-Anderton con un precog,<br />

i “veggenti” di Minority Report. Nell’altra<br />

pagina, Adalberto Maria Merli, eccentrico<br />

e antisociale capo della banda criminale<br />

dei Drughi nel f<strong>il</strong>m Arancia meccanica<br />

ne e della tenuta dei governi, incriminando<br />

<strong>il</strong> ministro della Giustizia o qualche suo<br />

fam<strong>il</strong>iare, fornendo materiale alle gazzette<br />

stampate sino alle dimissioni dell’interessato.<br />

Così in Italia i tribunali amministrativi<br />

decidono ormai del successo o dell’insuccesso<br />

scolastico degli studenti.<br />

Decideranno, in un futuro non remoto,<br />

anche la formazione delle classi? Di tutto<br />

questo, naturalmente, noi siamo più che<br />

soddisfatti. Fiat iustitia, pereat mundus, in<br />

nome della giustizia bisogna essere disposti<br />

a tutto, se poi la giustizia coincide con<br />

la propria indignazione, meglio.<br />

Ed ecco <strong>il</strong> caso di scuola di cui ti parlavo.<br />

Di scuola in due sensi: è esemplificativo<br />

del modello di convivenza sociale giudiziario-mediatica<br />

che voglio <strong>il</strong>lustrare e, secondo,<br />

riguarda la scuola.<br />

Una bambina di sei anni di Ischia è stata<br />

bocciata in prima elementare. La mamma<br />

si è precipitata dai giornali e in tele-<br />

| | 27 luglio 2011 | 13


visione gridando all’ingiustizia. Niente<br />

nomi, <strong>il</strong> caso è preso in esame perché simbolico,<br />

ma è divertente notare come i preoccupati<br />

tutori dei minori e del loro diritto<br />

di non essere esposti ai media non si siano<br />

curati del fatto che tutti i dati riportati<br />

nel parlare del caso e soprattutto l’intervista<br />

televisiva alla madre permettono<br />

l’identificazione immediata della bambina,<br />

che vive in un piccolo paese, e la sua<br />

ostentazione pubblica. Le farà bene? Non<br />

sono pensieri che possano turbare noi diavoli,<br />

ripeto: fiat iustitia, pereat mundus.<br />

«Le maestre – accusa la mamma indignata<br />

e offesa nel suo sentimento materno<br />

– l’hanno abbandonata a sé stessa, l’hanno<br />

lasciata all’ultimo banco, mentre io chiedevo<br />

la tenessero al primo, non le hanno<br />

dato l’insegnante di sostegno. Non mi hanno<br />

tenuta informata, ho saputo della bocciatura<br />

all’ultimo momento. Una di loro<br />

mi ha addirittura maltrattata prendendomi<br />

per un braccio davanti alla classe, l’ho<br />

pregata di trattarmi meglio perché la bambina<br />

è sensib<strong>il</strong>e. Ora ricorrerò al Tar…».<br />

Così, per sommi ma fedeli capi, in un telegiornale<br />

pubblico a diffusione nazionale. Il<br />

processo è iniziato, non in un aula di giustizia,<br />

direttamente nelle case degli italiani<br />

14 | 27 luglio 2011 | |<br />

In Italia i tribunali amministrativi decidono<br />

ormai del successo o dell’insuccesso scolastico<br />

degli studenti. Decideranno, in un futuro non<br />

remoto, anche la formazione delle classi?<br />

via etere. L’accusa ha altro da dire? Prego, la<br />

difesa può interrogare <strong>il</strong> teste (quante volte<br />

l’abbiamo visto in quei meravigliosi legalthr<strong>il</strong>ler<br />

americani). Ma la difesa non c’è. La<br />

maestra “maltrattatrice” non compare, le<br />

sue colleghe nemmeno, del dirigente scolastico<br />

nessuna traccia. Può darsi che <strong>il</strong> giornalista<br />

le abbia cercate, che queste si siano<br />

rifiutate di rispondere davanti alle telecamere.<br />

Peggio per loro, processo s’ha da fare<br />

e processo mediatico sia.<br />

Ora, una persona accusata davanti a<br />

m<strong>il</strong>ioni di persone di “maltrattamenti”<br />

potrebbe risentirsene e denunciare l’accusatrice<br />

a una corte penale per diffamazione<br />

a mezzo stampa, chiedere poi i danni<br />

in sede civ<strong>il</strong>e, a sua volta essere controdenunciata<br />

per i dichiarati maltrattamenti,<br />

e via andare, in un crescendo giudiziario<br />

senza fine. Mentre <strong>il</strong> Tar, serenamente,<br />

giudicherà se quella bambina l’anno prossimo<br />

debba sedere in prima o in seconda<br />

elementare. Sui giornali di carta, la ver-<br />

sione della scuola era invece<br />

riportata: «La bambina<br />

aveva insufficienze gravi già<br />

nel primo quadrimestre, la<br />

famiglia era stata avvisata<br />

da tempo, l’insegnante di<br />

sostegno, visto l’esito positivo della visita<br />

psicologica, non le spettava. Il giudizio è<br />

che questa bambina ha bisogno di più tempo<br />

per apprendere e quindi l’abbiamo aiutata<br />

a recuperare. Meglio ripetere la prima<br />

che fare la seconda da ultima della classe,<br />

con l’affanno di dover recuperare quanto<br />

non appreso l’hanno precedente».<br />

Due versioni a confronto<br />

Chi ha ragione? Le due versioni sono<br />

entrambe plausib<strong>il</strong>i. La grande <strong>il</strong>lusione è<br />

che un tribunale deciderà quale delle due<br />

è quella giusta, e che questo sarà <strong>il</strong> bene<br />

della bambina.<br />

Poniamo <strong>il</strong> caso che, pur accertati di<br />

difetti di apprendimento che anche la<br />

mamma riconosce, tanto da chiedere l’insegnante<br />

di sostegno, <strong>il</strong> Tar la promuova.<br />

Chi oserà più bocciarla, anche se questo, in<br />

un futuro fosse giusto. Iniziare un iter scolastico<br />

con alle spalle una sentenza di promozione<br />

come farà sentire la piccola, che


quando ha chiesto: «Papà sono stata promossa?<br />

Le abbiamo detto la verità, ma io e<br />

mio marito ci siamo messi a piangere. Ora<br />

non ha più voglia di andare a scuola». Gliela<br />

farà tornare un signore in tocco nero<br />

seduto dietro una b<strong>il</strong>ancia su una alta cattedra<br />

ben più incombente di quella rasoterra<br />

di una maestra? E loro le daranno la<br />

notizia ridendo?<br />

Poniamo invece <strong>il</strong> caso, più diffic<strong>il</strong>e ma<br />

possib<strong>il</strong>e, che <strong>il</strong> Tar confermi la bocciatura.<br />

Ricorso al Consiglio di Stato? Intervista a tg<br />

riuniti sulla “giustizia serva del potere”? E<br />

come glielo dicono alla figlia, piangendo<br />

di nuovo, dissimulando? E dove la mandano<br />

a scuola <strong>il</strong> prossimo anno?<br />

Ma ripeto, caro nipote, sono affanni<br />

che non ci riguardano, nostro compito è<br />

eccitarli, non risolverli.<br />

Non fai in tempo a citare un caso di<br />

scuola, che ne spunta un altro. Sempre<br />

in Italia, ma in un’altra regione, in un’altra<br />

scuola, in un’altra prima elementare:<br />

questa volta i bocciati sono due. «Non hanno<br />

raggiunto gli obiettivi minimi e così<br />

dovranno ripetere l’anno». Anche in questo<br />

caso <strong>il</strong> “giornalista collettivo” che alberga<br />

in ogni gazzettiere non si trattiene: «Peccato<br />

che i bocciati abbiano appena sei anni.<br />

Non c’è bocciatura esente dal timore del<br />

ricorso. Che la soluzione di questi problemi<br />

vada trovata a livello educativo e non<br />

giurisdizionale non passa per la testa a nessuno<br />

Insomma, bambini di prima elementare.<br />

Una classe dove è notorio che non esistano<br />

“obiettivi minimi”, almeno sotto <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o<br />

puramente didattico». Ma se una classe<br />

inserita a pieno titolo nel curriculum<br />

studiorum previsto dall’ordinamento non<br />

ha obiettivi, né minimi né massimi, che<br />

ci stanno a fare i due-tre laureati, ab<strong>il</strong>itati<br />

vincitori di concorso, regolarmente stipendiati<br />

per condurre in modo automatico<br />

venti-venticinque pargoli da una classe<br />

a quella superiore?<br />

Che mi frega, dici? Hai ragione, ma<br />

ogni tanto mi ricordo del “loico ti conobbi”<br />

con cui fummo bollati e ho un sussulto di<br />

dignità. Comunque, ce lo spiega <strong>il</strong> giornalista<br />

in questione: «La prima elementare è<br />

paragonab<strong>il</strong>e infatti a un limbo che precede<br />

l’ingresso nel paradiso (o inferno) della<br />

scuola vera e propria. (Piano con le parole,<br />

l’inferno è mio e me lo gestisco io!, ndd*) È<br />

<strong>il</strong> delicatissimo momento del primo distacco<br />

del bimbo dai genitori, dove indossa-<br />

LA NUOVA LEGGE PRIMALINEA<br />

re un grembiulino può rappresentare un<br />

trauma. (Un problema, una possib<strong>il</strong>e difficoltà,<br />

oppure un piacere, un’innovazine<br />

positiva; possib<strong>il</strong>e che ogni cambiamento<br />

nasconda un trauma in agguato?). Qui tutto<br />

si gioca sul f<strong>il</strong>o di un feeling psicologico<br />

tra gli alunni e le loro nuove mamme scolastiche,<br />

cioè le maestre. Ed è per questo che<br />

la bocciatura appioppata ai bimbi vicentini<br />

assume <strong>il</strong> sapore amaro di un tradimento<br />

affettivo, ancor prima che di una punizione<br />

legata allo scarso rendimento scolastico.<br />

Sul punto sono d’accordo gli ispettori<br />

del ministero dell’Istruzione: «In prima elementare<br />

– spiegano gli esperti di viale Trastevere<br />

– la priorità dei docenti deve essere<br />

quella di creare un clima di reciproca fiducia<br />

e serenità con la scolaresca. In questa<br />

fase qualsiasi decisione deve essere mediata,<br />

evitando atteggiamenti troppo duri e<br />

netti». Un orientamento di cui le maestre<br />

dei piccoli “respinti” non hanno tenuto<br />

conto. Tradimento affettivo? E quello del<br />

padre che punisce <strong>il</strong> figlio perché torna con<br />

una nota, o che lo obbliga a studiare perché<br />

le maestre chiedono che recuperi che cos’è?<br />

Concorso esterno in tradimento affettivo?<br />

L’antagonismo dei genitori<br />

In attesa di ricorso al Tar anche da parte<br />

dei genitori di questi altri due bambini,<br />

ricapitoliamo.<br />

Un costante impegno per destab<strong>il</strong>izzare<br />

l’idea stessa di educazione ci ha portato<br />

a una situazione di totale confusione dei<br />

ruoli in cui l’invasione dei campi altrui è<br />

diventata la regola. Ci siamo<br />

battuti onorevolmente<br />

per la “democratizzazione”<br />

della scuola ottenendo<br />

che i genitori da collaboratori<br />

degli insegnanti in un progetto<br />

formativo diventassero<br />

i loro antagonisti, assumendo la funzione<br />

di sindacalisti dei propri figli. Non c’è giudizio<br />

di inammissib<strong>il</strong>ità all’esame di terza<br />

media o alla maturità che non veda appello<br />

al Tar. Non c’è bocciatura esente dal timore<br />

della spada draconiana del ricorso. Che la<br />

soluzione di questi problemi vada trovata a<br />

livello educativo e non giurisdizionale non<br />

passa più per la testa di nessuno. Se <strong>il</strong> contadino<br />

tedesco si accontentava che ci fosse<br />

“un giudice a Berlino”, ora tutti vogliono<br />

un tribunale sotto casa, se non dentro.<br />

Quando la legge sarà tutto in tutto,<br />

ogni cosa sarà un possib<strong>il</strong>e reato (una bocciatura,<br />

una telefonata, una parola detta<br />

per scherzo, una carezza a un bambino,<br />

un’idea), allora potremo abolire maestri,<br />

politici e poeti. L’ordine regnerà in<br />

ogni città e non ci sarà più spazzatura nelle<br />

strade e nei cuori. O no?<br />

Forse sogno. Intanto godiamocela.<br />

Tuo affezionatissimo zio Berlicche<br />

*nota del diavolo<br />

| | 27 luglio 2011 | 15


INTERNI<br />

16 | 27 luglio 2011 | |<br />

L’INTERVISTA<br />

Cari avversari<br />

vi sorprenderò<br />

«Non sono un politico e non parto dall’ideologia,<br />

ma dalle idee per M<strong>il</strong>ano. Spazio a chiunque faccia<br />

<strong>il</strong> bene della città. Dal welfare ai servizi, dal Pgt<br />

all’Expo. E basta invocare le toghe. Al sindaco<br />

ciò che è del sindaco». Parla Giuliano Pisapia<br />

di Luigi Amicone<br />

In principio fu la metafora dell’anticristo.<br />

In realtà <strong>il</strong> mite zapateriano Giuliano<br />

Pisapia non è soltanto una bella<br />

persona. È una personalità autentica. Quello<br />

del suo fare aggraziato, gent<strong>il</strong>e, garbato,<br />

sembrava un motivetto propagandistico<br />

(un po’ come l’arancione e <strong>il</strong> risotto), ruminato<br />

da un marketing dello zecchino d’oro<br />

di Bologna per fasciare <strong>il</strong> candidato sindaco<br />

di M<strong>il</strong>ano con uno, nessuno, centom<strong>il</strong>a<br />

prof<strong>il</strong>i di civ<strong>il</strong> servant indignati e ammodo<br />

(mica come quei brùbrù berluscones). Operazione,<br />

come è noto, riuscitissima. Però<br />

ci sta tutta. Niente tammuriata in versione<br />

meneghina (né, tanto meno, “nichivendoliana”,<br />

come si vide con la ripassata che<br />

<strong>il</strong> governatore di Puglia a M<strong>il</strong>ano subì dal<br />

neoeletto primo cittadino). In Pisapia la<br />

sostanza c’è. E te ne accorgi al primo impatto.<br />

Quando per giustificare <strong>il</strong> ritardo non ti<br />

invia <strong>il</strong> portavoce o <strong>il</strong> messo comunale. Ma<br />

esce lui, trafelato e simpaticissimo, a stringerti<br />

la mano e «mi scusi, ne ho ancora per<br />

dieci minuti, così poi facciamo con calma.<br />

Va bene?». Ed eccoci a tu per tu con l’avvocato,<br />

deputato di Rifondazione comunista<br />

per due legislature, 62 anni, dal primo giugno<br />

scorso sindaco di M<strong>il</strong>ano, eletto nelle<br />

f<strong>il</strong>e del centrosinistra dopo che la sinistra<br />

mancava al governo di M<strong>il</strong>ano da 18 anni.<br />

Da Roma è appena giunta notizia della<br />

sentenza del Tar che ha azzerato la giunta<br />

Alemanno per mancato rispetto delle<br />

“quote rosa”. Altro schiaffo alla politica?<br />

A dirla tutta a Roma l’errore è stato fatto<br />

dalla politica. Perché se tu ti imponi le<br />

“quote rosa” per statuto comunale succede<br />

che prima o poi qualcuno ti obbliga a<br />

rispettarle. Non si legifera sulle opzioni che<br />

hanno valenza culturale. Io ho scelto di fare<br />

una “giunta rosa” e sono veramente contento<br />

del lavoro che stanno svolgendo le donne<br />

assessori. Però non lo scrivo nello statuto<br />

comunale, perché non voglio che poi un<br />

magistrato me le imponga.<br />

Ma non trova che sia diventato asfissiante<br />

<strong>il</strong> pressing della magistratura?<br />

Sì, <strong>il</strong> problema c’è ed è serio. Pensiamo<br />

alla pratica amministrazione di una città:<br />

come si fa a rimanere alla mercé – ogni volta<br />

che c’è un appalto, un lavoro urgente, un<br />

problema che richieda decisioni immediate<br />

– di un ricorso, fondato o infondato, che<br />

blocca tutto? Bisogna trovare altri strumenti.<br />

Se uno ha “barato” pagherà i danni, ma<br />

non si può sempre fermare tutto.<br />

Ci sta dicendo che anche Pisapia è già<br />

sotto tutela e “controllo di legalità”?<br />

No, sto dicendo che abbiamo un problema.<br />

Le faccio un esempio. In questi giorni<br />

ci sono stati cittadini che si sono appellati<br />

al sottoscritto perché una certa strada che<br />

doveva essere asfaltata è rimasta incompiuta<br />

per 50 metri. E proprio nel tratto in cui<br />

era più necessario completare i lavori a causa<br />

della presenza di buche pericolose. Sono<br />

andato dal dirigente comunale e ho chiesto<br />

un intervento d’urgenza per sbloccare<br />

la situazione. Mi ha risposto: «Non si può».<br />

E perché non si può? Per una serie di questioni<br />

procedurali e legali. Allora ho contattato<br />

personalmente la ditta che ha in carico<br />

i lavori impegnandomi personalmente<br />

a risolvere le questioni in cambio del completamento<br />

di quei 50 metri. Crede che sia<br />

riuscito a smuovere qualcosa? La risposta è<br />

sempre la stessa: «Non si può». Non parliamo<br />

poi del penale. Il fatto che, là dove ci<br />

sono comportamenti scorretti, ma magari<br />

in buona fede, si ricorra sempre al codi-<br />

ce penale trovo sia uno dei mali italiani.<br />

Io penso che anche là dove ci sono decisioni<br />

sbagliate, o anche <strong>il</strong>legittime, sono altre<br />

le sanzioni che si dovrebbero comminare.<br />

Dove sta <strong>il</strong> bus<strong>il</strong>lis, secondo lei?<br />

L’errore fondamentale è pensare di dare<br />

sempre e comunque risposte giudiziarie<br />

a problemi che possono nascere non da<br />

volontà di compiere un reato, ma da valutazioni<br />

sbagliate nate in condizioni magari<br />

obiettivamente complesse, equivoci, incomprensioni.<br />

Lo dice uno che non è e non si<br />

sente un politico: l’idea di risolvere i problemi<br />

della politica col ricorso al dispositivo<br />

penale è una scelta profondamente sbagliata.<br />

Gli errori politici si pagano con la perdita<br />

del consenso nella società.<br />

Questa mattina ha già tastato su facebook<br />

gli umori del suo architetto?<br />

No, perché? Cos’ha scritto Boeri?<br />

Solo una replica a Travaglio. Però stamane,<br />

sui giornali, c’è la notizia di una “grande<br />

moschea” per M<strong>il</strong>ano. Ne sa qualcosa?<br />

Sono sempre stato abituato a fare prima<br />

le cose e poi a parlarne. Capisco benissimo<br />

le necessità giornalistiche e ribadisco<br />

la volontà di creare le condizioni perché<br />

la libertà di culto possa trovare soluzioni<br />

concrete anche a M<strong>il</strong>ano. Detto questo, a<br />

oggi non c’è nessun progetto, tanto meno


Foto: AP/LaPresse<br />

di “grande moschea”. Siamo ancora nella<br />

fase di consultazione e ricognizione. Ci<br />

sono opzioni diverse. Anche all’interno del<br />

mondo musulmano. Valuteremo <strong>il</strong> da farsi.<br />

Mentre sul registro delle coppie di fatto,<br />

stando alle dichiarazioni dell’assessore<br />

Majorino, ci sarebbe già una tempistica.<br />

Il registro è certamente un impegno<br />

che intendo mantenere. Ma non esiste nessuna<br />

tempistica. Al momento abbiamo<br />

altre urgenze da affrontare.<br />

E chi saranno i commissari dell’Expo: Pisapia<br />

e… Formigoni?<br />

La cosa avrebbe effettivamente una sua<br />

logica. La legge dice espressamente che uno<br />

dei commissari dell’Expo dev’essere <strong>il</strong> sindaco<br />

di M<strong>il</strong>ano. Quindi per <strong>il</strong> primo commissario<br />

non ci sono dubbi. Quanto all’altro,<br />

quello che ha <strong>il</strong> compito di tenere i rapporti<br />

con l’estero – l’ambasciatore insomma<br />

– <strong>il</strong> fatto che la nomina riguardi Formigoni<br />

mi sembrerebbe giusto e corretto sul<br />

piano istituzionale. Ci sono tra noi divergenze<br />

su alcune scelte specifiche. Ciò non<br />

toglie che la collaborazione tra Comune e<br />

Regione è la premessa indispensab<strong>il</strong>e per la<br />

buona riuscita dell’Expo.<br />

Non teme contestazioni dopo l’accusa di<br />

aver dato l’ok all’Expo morattiano?<br />

Io non ho alcun problema a sottoscrive-<br />

re tutto ciò che mi sembra buono e giusto<br />

per M<strong>il</strong>ano. Poi, se ci sono cose da cambiare<br />

– e ci sono –, le cambieremo. La mia giunta<br />

è al lavoro per promuovere tutto ciò che<br />

è bene per la città. Qualunque cosa faccia <strong>il</strong><br />

bene di M<strong>il</strong>ano, io la sottoscriverò.<br />

Dunque, entro fine luglio approverete<br />

l’accordo sull’Expo che la sua giunta ha<br />

ereditato da Letizia Moratti.<br />

Esatto. La seduta del Consiglio comunale<br />

è fissata per <strong>il</strong> 28 luglio. Approveremo<br />

l’accordo nei termini in cui è già stato<br />

approvato in giunta…<br />

All’unanimità. E con <strong>il</strong> “sì” anche di Stefano<br />

Boeri, l’archistar che consegna a facebook<br />

i suoi malumori…<br />

Esatto. E posso assicurare che dalla<br />

giunta non verranno voci dissonanti rispetto<br />

a quanto abbiamo già chiarito e approvato.<br />

Credo, invece, che in sede cons<strong>il</strong>iare<br />

daremo alcune indicazioni sull’ut<strong>il</strong>izzazione<br />

delle aree per <strong>il</strong> dopo Expo…<br />

Avete già individuato modifiche al piano<br />

d’uso dell’area per <strong>il</strong> dopo Expo?<br />

Mi sembra prematuro parlare di modifiche.<br />

Il 28 approveremo un ordine del giorno<br />

su indicazioni che diventeranno vincolanti<br />

per <strong>il</strong> sindaco.<br />

In effetti anche <strong>il</strong> segretario del Bureau<br />

International des Expositions, Vicente<br />

Loscertales, vi ha mandato un messaggio<br />

abbastanza forte: «Non possiamo pensare<br />

che 150 m<strong>il</strong>a visitatori vengano ogni<br />

giorno a M<strong>il</strong>ano per vedere come si coltivano<br />

le melanzane del Togo».<br />

Infatti, nessuno contesta che l’Expo<br />

debba <strong>il</strong>lustrare <strong>il</strong> tema dell’edizione m<strong>il</strong>anese<br />

“Nutrire <strong>il</strong> Pianeta, Energie per la<br />

Vita”. Ma ogni paese deve poter modulare<br />

<strong>il</strong> tema come meglio ritiene. È bello che ci<br />

sia una parte di padiglioni dedicati all’orto<br />

botanico, però è evidente che se un paese<br />

ritiene di dover esibire altre specificità, non<br />

solo bisogna offrirgli la possib<strong>il</strong>ità di farlo,<br />

ma bisogna farlo, altrimenti perché dovrebbe<br />

venire all’Esposizione di M<strong>il</strong>ano?<br />

Sia detto per inciso: in tema di alimentazione,<br />

almeno fino ad oggi è stata tenuta<br />

accuratamente fuori dal dibattito<br />

sull’Expo la questione degli Ogm. Cioè di<br />

quei prodotti alimentari messi in mora in<br />

Italia ma di cui si nutrono ormai m<strong>il</strong>iardi<br />

di persone, dal Canada all’Australia. E per<br />

i quali non si è mai riscontrato a livello<br />

planetario nessun caso di tossicità. Mentre<br />

è notizia di questi giorni che <strong>il</strong> batterio<br />

k<strong>il</strong>ler rintracciato nei germogli di soia<br />

commercializzati da un’azienda tedesca<br />

di prodotti biologici si è diffuso e ha ucciso<br />

almeno cinquanta persone in Europa.<br />

La ricerca scientifica ci mette in guardia:<br />

se non si vuole desertificare <strong>il</strong> pianeta,<br />

se si vuole sul serio sfamare l’Africa ed<br />

evitare i rischi procurati da un certo fondamentalismo<br />

della “Terra Madre” e del<br />

“Prodotto Bio”, prima o poi bisognerà<br />

che si ponga fine all’assurda criminalizzazione<br />

degli Ogm. Lei cosa ne pensa?<br />

Penso che sia un tema un po’ troppo<br />

divisivo. Capisco <strong>il</strong> suo punto di vista e<br />

anch’io credo che occorra approfondire le<br />

ricerche e non compiere scelte orientate<br />

ideologicamente. Però, nel contesto in cui<br />

operiamo ritengo che dobbiamo trovare<br />

temi che uniscano, non che dividano.<br />

E <strong>il</strong> Pgt? È ancora deciso a revocarlo?<br />

Non si tratta di una revoca, ma della<br />

non pubblicazione. Per due motivi: primo,<br />

perché gli esperti mi dicono mancasse<br />

tutta una serie di documentazione; secondo,<br />

perché, come ho detto chiaramente in<br />

campagna elettorale, in materia di piano<br />

di governo del territorio ho posizioni completamente<br />

diverse da quelle del centrodestra.<br />

Il fatto stesso che quel piano sia stato<br />

concepito nella prospettiva di una M<strong>il</strong>ano<br />

con un m<strong>il</strong>ione e settecentom<strong>il</strong>a abitanti<br />

mi sembra assolutamente fuori dalla<br />

realtà. Purtroppo, dico, perché non mi<br />

pare un bel segno di vitalità <strong>il</strong> fatto che i<br />

nostri indici demografici e di natalità siano<br />

così negativi. Perciò, <strong>il</strong> fatto stesso che <strong>il</strong> Pgt<br />

della Moratti sia stato realizzato sulla base<br />

di una premessa così errata dice già <strong>il</strong> suo<br />

limite strutturale. E la necessità di ope-<br />

| | 27 luglio 2011 | 17


INTERNI L’INTERVISTA<br />

18 | 27 luglio 2011 | |<br />

Giuliano Pisapia e <strong>il</strong> suo assessore<br />

alla Cultura Stefano Boeri (Pd) si<br />

sono scontrati sul piano per l’Expo<br />

rare modifiche profonde. E poi c’era quel<br />

ricorso pendente sulle quattrom<strong>il</strong>a osservazioni<br />

avanzate dai cittadini e non accolte<br />

dalla giunta Moratti, che avrebbe comunque<br />

richiesto la modifica del Pgt Masseroli.<br />

Però parte del Pd le ha chiesto di pubblicarlo<br />

per procedere poi alle modifiche.<br />

Sbagliato. Se pubblicassi questo Pgt e lo<br />

modificassi in seguito, verrei sommerso dai<br />

ricorsi per diritti acquisiti.<br />

C’è un piccolo particolare: con questi chiari<br />

di luna M<strong>il</strong>ano rinuncia a 70 m<strong>il</strong>ioni di euro in<br />

oneri di urbanizzazione, perde posti di lavoro,<br />

prosegue nel governo del territorio all’insegna<br />

dei divieti e dell’incertezza. E del nuovo Pgt si<br />

riparla fra due anni. Forse.<br />

C’è però un altro piccolo particolare:<br />

anche noi abbiamo una visione della città.<br />

Ed è la visione che ha trovato <strong>il</strong> maggior<br />

consenso tra i cittadini. Aggiungo: non si<br />

può rivoluzionare M<strong>il</strong>ano per incassare gli<br />

oneri di urbanizzazione. Io non faccio un<br />

grattacielo per incassare gli oneri. Lo faccio<br />

se serve. Il parametro non può essere quello<br />

di far quadrare i b<strong>il</strong>anci. I b<strong>il</strong>anci si fanno<br />

in un’altra maniera…<br />

Ecco, in che modo farà quadrare i b<strong>il</strong>anci?<br />

Un momento, gli oneri di urbanizzazione<br />

li faremo anche noi! Ma sulla base di un<br />

altro progetto. Quanto al resto, <strong>il</strong> buco c’è e<br />

dovremo fare delle scelte dolorose.<br />

Tipo addizionale Irpef?<br />

Ci sta ragionando l’assessore al B<strong>il</strong>ancio<br />

e molto dipenderà anche dalla manovra del<br />

governo. Comunque sia, se questo avverrà,<br />

me ne assumerò personalmente la responsab<strong>il</strong>ità<br />

davanti ai cittadini. Spiegherò che<br />

quanto sarà loro richiesto è solo in funzione<br />

del miglioramento dei servizi.<br />

Sarà diffic<strong>il</strong>e mantenere la promessa dei<br />

mezzi pubblici gratis per gli under 65…<br />

Lo ammetto, per quanto riguarda i<br />

65enni ho fatto un errore. Primo, perché<br />

uno pensa che a 65 anni si è anziani e invece,<br />

considerate le aspettative di vita, si è<br />

poco più che persone attempate. Secondo,<br />

perché non avevo pensato a coloro che ut<strong>il</strong>izzano<br />

i mezzi pubblici sporadicamente e<br />

che ovviamente, se fosse gratuito, opterebbero<br />

anch’essi per l’abbonamento. Detto<br />

questo, farò certamente qualcosa per fac<strong>il</strong>itare<br />

la mob<strong>il</strong>ità degli anziani.<br />

Anche i referendum avranno un costo…<br />

Beh, <strong>il</strong> parco no… Intanto continueremo<br />

a disincentivare la mob<strong>il</strong>ità dei mezzi<br />

privati nel centro cittadino.<br />

Con un “super Ecopass”?<br />

Prima di decidere voglio leggere le<br />

conclusioni della relazione dei saggi della<br />

Moratti. Terrò molto in conto quel documento.<br />

Mi dicono sia composta di persone<br />

molto autorevoli e capaci.<br />

«È bello che parte dei padiglioni dell’Expo sia<br />

dedicata all’orto botanico, ma se un paese<br />

ritiene di esibire altre specificità, bisogna<br />

dargli la possib<strong>il</strong>ità di farlo. E bisogna farlo»<br />

Autorevole e soprendente è stata la sua<br />

apertura alla collaborazione con la Provincia<br />

(guidata da Pdl e Lega) in tema di<br />

città metropolitana. Cosa immagina per<br />

la Grande M<strong>il</strong>ano?<br />

Ci sono due livelli, quello delle “municipalità”,<br />

con i Consigli di zona che dovranno<br />

assumere poteri reali di amministrazione<br />

del territorio. E, secondo, si impone un<br />

livello di sinergia dei luoghi e delle risorse,<br />

in modo da ut<strong>il</strong>izzare al meglio gli spazi sul<br />

territorio, diminuire i doppioni e, nel contempo,<br />

assicurare maggiori ambiti di socialità<br />

e cultura. In Parlamento avevo già presentato<br />

una legge in proposito.<br />

E un’altra sull’abolizione delle Province…<br />

Che in teoria trova d’accordo tutti, poi,<br />

nei fatti è respinta a destra e a sinistra<br />

Comunque, niente come la città metropolitana<br />

contiene in sé la logica dell’abolizione<br />

delle Province che solo un governo tecnico<br />

può avere la forza di decidere.<br />

Vede la possib<strong>il</strong>ità di un governo tecnico?<br />

Sì, certo, la necessità di un governo<br />

che sappia compiere scelte coraggiose la<br />

vediamo tutti, c’è e si sente. Però non è<br />

<strong>il</strong> momento di un esecutivo tecnico. Non<br />

vedo come politicamente sia possib<strong>il</strong>e.<br />

Ripensare <strong>il</strong> welfare, valorizzare <strong>il</strong> no<br />

profit, unire riformisti di destra e di sinistra<br />

contro l’antipolitica e l’estremismo<br />

dei demagoghi. Questi sono gli auspici di<br />

cattolici popolari come Giorgio Vittadini.<br />

E questo, in un certo senso, è <strong>il</strong> messaggio<br />

che abbiamo letto sul Corriere della Sera<br />

in un recente articolo di Dario Di Vico. Da<br />

che parte si colloca la sua giunta?<br />

Guardi, io ho fatto la mia campagna<br />

elettorale su un patto per M<strong>il</strong>ano, non su<br />

una certa visione politica del mondo. È<br />

chiaro che tra me e lei, tra noi e pezzi di<br />

società distanti dalle nostre idee, ci sono<br />

discussioni che restano aperte. Tuttavia<br />

ciò non ci impedisce di parlarci e di lavorare<br />

insieme per <strong>il</strong> bene della città. Questo<br />

è <strong>il</strong> punto. Perciò, lei mi dice<br />

“welfare” e <strong>il</strong> mio pensiero corre<br />

al tempo in cui M<strong>il</strong>ano era<br />

davvero un insieme di sinergie<br />

rappresentato da amministrazione,<br />

volontariato, Chiesa,<br />

borghesia <strong>il</strong>luminata, cioè da<br />

mondi completamente diversi.<br />

È vero che erano altri tempi.<br />

Ma io sono convinto si possa<br />

rimettere in moto le ragioni<br />

di un impegno comune e ricostruire<br />

la fiducia nell’amministrazione.<br />

E di realtà sociali libere e<br />

sussidiarie come “Portofranco”,<br />

grande doposcuola per<br />

immigrati, che dalla sua amministrazione<br />

temono una<br />

svolta centralista?<br />

Guardi, qui non c’è nessun<br />

centralismo: io credo che <strong>il</strong> Comune debba<br />

mettere a disposizione, senza discriminazione<br />

e nella massima autonomia, ma<br />

anche senza priv<strong>il</strong>egi e ovviamente nel<br />

rispetto delle regole, gli spazi e i luoghi di<br />

sua pertinenza.<br />

Le cito, testuale da una nostra intervista,<br />

un pensiero del cardinale Angelo Scola,<br />

nuovo arcivescovo di M<strong>il</strong>ano: «Penso<br />

che l’Italia abbia bisogno di ritrovare,<br />

naturalmente secondo forme nuove, la<br />

grande tradizione sociopolitica che si è<br />

interrotta negli anni Settanta. Quando <strong>il</strong><br />

gratuito era alla radice dell’impegno sociale<br />

e centinaia di migliaia di uomini e di<br />

donne nel movimento operaio e nel movimento<br />

cattolico hanno dato la loro vita<br />

per servire i loro paesi e le loro città».<br />

Sa, molti mi mettono in guardia. Mi<br />

dicono: «Attento, arriva un arcivescovo che<br />

cambierà la linea della diocesi, entrerai in<br />

rotta di collisione». Mi dicono anche che<br />

dovrei conquistarmi i cattolici… Ma io non<br />

voglio conquistare nessuno. Io ho delle idee<br />

su M<strong>il</strong>ano e credo che queste idee non siano<br />

affatto distanti da quelle che possono<br />

avere persone che, per quanto concerne la<br />

visione morale della vita, la pensano diversamente<br />

da me. Perciò, a quelli che mi mettono<br />

in guardia io dico che non ho motivo<br />

per fasciarmi la testa. Non conosco Scola,<br />

non ho pregiudizi, mi auguro di collaborare<br />

con lui per <strong>il</strong> bene della città. Ci saranno<br />

divergenze? Bene. Ognuno di noi dovrà<br />

sentirsi libero di manifestarle apertamente,<br />

come si fa tra persone civ<strong>il</strong>i e rispettose delle<br />

diversità. Nella sostanza credo che certe<br />

contrapposizioni siano più <strong>il</strong> frutto di una<br />

rappresentazione della realtà che la realtà.<br />

E un futuro ticket Pisapia-Formigoni?<br />

No, questo proprio no. Anche perché<br />

presumo che Formigoni avrà un futuro<br />

nazionale, mentre per me l’esperienza<br />

politica finisce qui. Faccio <strong>il</strong> sindaco. E poi<br />

mi metto a riposo. n<br />

Foto: Fotogramma


interni polemiche culturali<br />

in platea<br />

serpeggia<br />

la nostalgia<br />

Diario di un melomane innamorato della Scala<br />

gloriosa e disorientato dagli ultimi allestimenti<br />

“innovativi”. «Non bastano grandi direttori<br />

internazionali a coprire <strong>il</strong> nich<strong>il</strong>ismo di regie<br />

e scene senza passione e senza mestiere»<br />

San Siro Sarà anche la Scala del calcio,<br />

come recita una nota metafora<br />

coniata per nob<strong>il</strong>itare uno stadio<br />

di cemento e transenne, ma a noi preme<br />

sapere se la Scala vera e propria sia ancora<br />

<strong>il</strong> <strong>Tempi</strong>o della musica e della cultura<br />

italiana. E capire anche M<strong>il</strong>ano, con la sua<br />

alta borghesia del quadr<strong>il</strong>atero e quella<br />

operosa di altri quartieri, che<br />

da generazioni va alla Scala.<br />

Cosa si aspetta dal suo prestigioso<br />

Teatro? È esigente abbastanza?<br />

Sa riconoscere la qualità<br />

in campo culturale e la pretende,<br />

come fa per altri campi,<br />

o <strong>il</strong> suo gusto è pregiudicato,<br />

come gli ultimi spettacoli<br />

lasciano sospettare? Forse <strong>il</strong> grande<br />

teatro è lo specchio di una crisi culturale<br />

che, al di là delle recenti polemiche ministeriali,<br />

investe la società italiana e quindi<br />

anche M<strong>il</strong>ano. La cosa è palese, e seria,<br />

anche perché nei palchi della Scala siede<br />

sempre un pubblico colto cosmopolita, e<br />

le voci corrono. Forse la borghesia m<strong>il</strong>anese,<br />

ammesso che ancora esista, ha perso<br />

un po’ di smalto.<br />

Ma per tornare al “miglior teatro del<br />

mondo”, come giustamente i m<strong>il</strong>anesi<br />

hanno sempre considerato la Scala, bisogna<br />

riconoscere la mestizia di alcune<br />

20 | 27 luglio 2011 | |<br />

«Chi ricorda la Scala del 2001 con<br />

<strong>il</strong> centenario della morte di Verdi,<br />

guidata da Muti e Fontana e prima<br />

del loro addio al Teatro, ricorda<br />

una Scala forse un po’ seriosa,<br />

ma terrib<strong>il</strong>mente professionale»<br />

rappresentazioni, salvate unicamente da<br />

grandi artisti, prevalentemente stranieri.<br />

Gli italiani si salvano come interpreti, ma<br />

quando vengono chiamati a firmare regie<br />

o scene, l’imbarazzo avanza.<br />

Dubbi sul palcoscenico<br />

La recente regia di Turandot, di Giorgio<br />

Barberio Corsetti, penalizza l’opera e rende<br />

quasi irricevib<strong>il</strong>e <strong>il</strong> secondo atto pucciniano,<br />

già denso di recitativi poco immediati.<br />

Come se <strong>il</strong> palcoscenico non fosse stato<br />

ampliato e migliorato nei recenti restauri,<br />

<strong>il</strong> pubblico deve sorbirsi scene piatte,<br />

grossolane, con tanto di videoproiezioni e<br />

scostanti effetti di chroma-key.<br />

Il nuovo allestimento di Pagliacci e<br />

Cavalleria Rusticana? La regia va a Mario<br />

Martone. Se con Cavalleria notiamo un<br />

minimalismo apprezzab<strong>il</strong>e, con Pagliacci<br />

le scene sono di una pesantezza insostenib<strong>il</strong>e.<br />

Si rimpiangono i fulgidi momenti sindacali<br />

quando <strong>il</strong> coro, per corroborare la<br />

vertenza, veste in borghese.<br />

Insomma, <strong>il</strong> quasi incubo del 2009<br />

con Carmen ad aprire la stagione per<br />

la regia di Emma Dante e le scene di<br />

Richard Peduzzi, è diventato per la Scala


Foto: AP/LaPresse<br />

una perenne notte travagliata. Innovare<br />

va bene, ma se <strong>il</strong> nuovo è peggio del vecchio<br />

teniamoci le regie e i costumi del passato.<br />

Non bastano grandi direttori (Barenboim<br />

per Carmen, Gergiev per Turandot)<br />

a coprire <strong>il</strong> nich<strong>il</strong>ismo di regie e scene senza<br />

passione e mestiere.<br />

Chi ricorda la Scala d’inizio m<strong>il</strong>lennio,<br />

ovvero <strong>il</strong> 2001 con <strong>il</strong> centenario della morte<br />

di Verdi, guidata da Muti e Fontana e<br />

prima della catastrofe che portò i due contendenti<br />

a lasciare uno dopo l’altro <strong>il</strong> Teatro,<br />

ricorda una Scala forse un po’ paludata<br />

e seriosa (si era prima della ristruttura-<br />

zione), ma terrib<strong>il</strong>mente professionale. La<br />

tr<strong>il</strong>ogia popolare verdiana, che detta così<br />

sembra roba semplice (Rigoletto, Traviata,<br />

Trovatore), fu messa in scena quasi contemporaneamente<br />

con scene, regie, interpreti<br />

e direzione impeccab<strong>il</strong>i. La diatriba<br />

Muti-Fontana si consuma tra <strong>il</strong> 2003 e <strong>il</strong><br />

2005, ma sembra preistoria.<br />

Verso le celebrazioni verdiane<br />

Quando <strong>il</strong> conflitto arrivò a Palazzo Marino,<br />

<strong>il</strong> sindaco era Albertini e i partiti si<br />

chiamavano Casa della Libertà e Quercia.<br />

Da non credere, quanta strada è stata fat-<br />

ta da allora, ma probab<strong>il</strong>mente a ritroso,<br />

e forse non solo sul palcoscenico. Sappiamo<br />

che Muti spesso non ha fatto della simpatia<br />

la sua arma vincente, ma della sua<br />

maestria ed esperienza di uomo di teatro<br />

sì. La “circolare” biografia di Verdi è tale<br />

che nel 2013, cioè dopodomani, cadrà invece<br />

<strong>il</strong> bicentenario della nascita, e lì potremo<br />

misurare definitivamente se <strong>il</strong> dopo<br />

Muti, piaccia o non piaccia la personalità<br />

del direttore, sarà all’altezza del prima.<br />

Cosa che fino ad ora, lo si dica una buona<br />

volta, non è stata.<br />

Stéphane Lissner, che si definisce<br />

| | 27 luglio 2011 | 21


interni polemiche culturali<br />

un francese cartesiano,<br />

fa bene, ma fa quello che<br />

può. Se evitasse <strong>il</strong> nuovo a<br />

tutti i costi farebbe anche<br />

meglio. Muti probab<strong>il</strong>mente<br />

era davvero <strong>il</strong> padre<br />

padrone che veniva dipinto da tutti, come<br />

d’altronde oggi è vero che manca un’unica<br />

guida musicale autorevole. Il sovrintendente<br />

cartesiano ha lasciato intendere<br />

che Muti forse tornerà per la tr<strong>il</strong>ogia verdiana,<br />

perché è stato invitato. Ci mancherebbe<br />

altro, rimane <strong>il</strong> migliore sulla piazza<br />

per fare Verdi, e quel Verdi popolare. Il<br />

Trovatore che inaugurò la stagione 2000-<br />

2001, con un cast strepitoso: Barbara Frittoli,<br />

Leo Nucci, Violeta Urmana, e Salvatore<br />

Licitra, aveva scene e regia firmate<br />

magistralmente da Hugo de Ana.<br />

<strong>il</strong> turista straniero non bada a spese per<br />

convincere <strong>il</strong> concierge del proprio<br />

albergo di lusso a trovare i biglietti.<br />

L’innamorato è disposto a tutto pur di<br />

stupirla con un palco. Chi ha <strong>il</strong> priv<strong>il</strong>egio<br />

di un abbonamento e l’onore dell’invito<br />

per la prima non è disposto a rinunciarvi<br />

troppo fac<strong>il</strong>mente. Potenza di<br />

un marchio capace di incutere<br />

venerazione e rispetto. Il marchio<br />

della Scala, talmente forte<br />

da troncare sul nascere ogni<br />

dubbio sulla politica culturale<br />

che genera. E che è chiamato<br />

a generare. Sì perché quella<br />

vocazione è nutrita dal prestigio<br />

ma anche stab<strong>il</strong>ita per<br />

legge. È infatti la legge 800 del<br />

1967, che sancisce che lo «Stato<br />

considera l’attività concertistica di r<strong>il</strong>evante<br />

interesse generale, in quanto intesa<br />

a favorire la formazione musicale, culturale<br />

e sociale della collettività nazionale» e<br />

riconosce (art.7) al Teatro alla Scala lo status<br />

di «ente di particolare interesse nazionale<br />

nel campo musicale». Secondo quella<br />

legge sono enti autonomi lirici <strong>il</strong> Teatro<br />

22 | 27 luglio 2011 | |<br />

«Una stagione nuova potrebbe partire,<br />

paradossalmente e coraggiosamente, da dieci<br />

anni fa con la riproposizione non pedissequa<br />

di cose egregie fatte a regola d’arte»<br />

L’inizio di una stagione nuova potrebbe<br />

partire, paradossalmente, ma anche<br />

coraggiosamente, da dieci anni fa con la<br />

riproposizione non pedissequa di cose<br />

egregie fatte a regola d’arte, piuttosto<br />

che la proposta d’innovazioni senza capo<br />

né coda. Le celebrazioni verdiane saranno<br />

l’insidioso giro di boa che si prof<strong>il</strong>a<br />

all’orizzonte per la Scala.<br />

Per affrontarlo bene ci vuole audacia,<br />

onestà intellettuale e amore per un grande<br />

Teatro che vuole e deve restare grande.<br />

Alessandro Turci<br />

b<strong>il</strong>Anci e sipArio<br />

Quando <strong>il</strong> teatro<br />

presenta <strong>il</strong> conto<br />

i privati investono, ma uno spettacolo costa<br />

in media 447 m<strong>il</strong>a euro e ne incassa 96 m<strong>il</strong>a.<br />

le sfide per <strong>il</strong> tempio della borghesia meneghina<br />

70<br />

per cenTo<br />

Dal 1997 (anno della<br />

trasformazione della<br />

Scala, come degli<br />

altri enti lirici, in<br />

Fondazione) al 2009<br />

<strong>il</strong> 69,05 per cento dei<br />

contributi è arrivato<br />

dal settore pubblico<br />

Comunale di Bologna, <strong>il</strong> Teatro Comunale<br />

di Firenze, <strong>il</strong> Teatro Comunale dell’Opera<br />

di Genova, <strong>il</strong> Teatro alla Scala di M<strong>il</strong>ano,<br />

<strong>il</strong> Teatro San Carlo di Napoli, <strong>il</strong> Teatro<br />

Massimo di Palermo, <strong>il</strong> Teatro dell’Opera<br />

di Roma, <strong>il</strong> Teatro Regio di Torino, <strong>il</strong> Teatro<br />

Comunale Giuseppe Verdi di Trieste,<br />

<strong>il</strong> Teatro La Fenice di Venezia e<br />

l’Arena di Verona. La legge 800<br />

stab<strong>il</strong>isce l’importanza nazionale<br />

delle produzioni liriche<br />

e lascia poi ovviamente ai singoli<br />

teatri la facoltà di decidere<br />

come mantenere viva quella<br />

tradizione, con le figure del<br />

sovrintendente e del direttore<br />

artistico (spesso riassunte<br />

in un’unica persona, come nel<br />

caso di Stéphane Lissner alla<br />

Scala) a comporre <strong>il</strong> cartellone della stagione<br />

di anno in anno.<br />

Ma <strong>il</strong> valore eminentemente nazionale<br />

di un’istituzione come la Scala si misura<br />

anche sui finanziamenti che riceve e i<br />

guadagni che genera. Da parte sua lo Stato<br />

ha stab<strong>il</strong>ito nel 1985 uno strumento ad<br />

hoc per <strong>il</strong> finanziamento della cultura con<br />

<strong>il</strong> Fus, <strong>il</strong> Fondo Unico per lo Spettacolo.<br />

Un Fondo che da sempre è stato destinato<br />

per metà ai sopracitati enti lirici e per<br />

l’altra metà a tutto <strong>il</strong> resto della cultura<br />

(cinema, teatro ecc), ma che ha conosciuto<br />

negli anni tagli costanti e sensib<strong>il</strong>i: basti<br />

dire che nel 2000 si avvicinava a 500 m<strong>il</strong>ioni<br />

di euro e nel 2009 è sceso a 457 m<strong>il</strong>ioni.<br />

I 428 m<strong>il</strong>ioni di quest’anno sono stati reintegrati<br />

per <strong>il</strong> rotto della cuffia nel decreto<br />

omnibus di marzo, dopo proteste che hanno<br />

infiammato i red carpet e impallinato<br />

l’allora ministro Sandro Bondi.<br />

Da enti a Fondazioni<br />

Nel mezzo di questa storia c’è però un passaggio<br />

fondamentale e che si deve a un<br />

governo di centrosinistra. Nel 1997, infatti,<br />

è entrata in vigore la riforma che ha<br />

fatto degli Enti lirici delle Fondazioni di<br />

diritto privato. L’obiettivo della “rivoluzione”<br />

fortemente voluta da Walter Veltroni<br />

era far sì che a poco a poco ai finanziamenti<br />

pubblici (che comunque non sono<br />

mai venuti meno) si affiancassero quelli<br />

di privati attratti dall’idea di mettere<br />

<strong>il</strong> proprio marchio sotto quello di istitu


Foto: AP/LaPresse<br />

zioni culturalmente prestigiose. Ha funzionato?<br />

Sì e no. Qualche settimana fa <strong>il</strong><br />

sovrintendente Lissner, presentando l’ingresso<br />

di Diego Della Valle tra i soci privati<br />

della Scala (<strong>il</strong> patron di Tod’s entrerà<br />

come socio fondatore permanente a<br />

partire dal gennaio 2012 con 5,2 m<strong>il</strong>ioni<br />

di euro), assicurava un budget<br />

per <strong>il</strong> 2011 di 116 m<strong>il</strong>io-<br />

ni di euro, derivanti per <strong>il</strong> 54<br />

per cento da contributi privati<br />

e ricavi propri e per <strong>il</strong> 46<br />

per cento da contributi pubblici.<br />

Tuttavia sul totale dei<br />

contributi al patrimonio e alla<br />

gestione dal 1997 (anno della<br />

trasformazione degli Enti<br />

in Fondazioni) al 2009 quasi <strong>il</strong><br />

70 per cento è arrivato da enti<br />

pubblici (Stato, Arcus, Comune, Provincia<br />

e Regione), <strong>il</strong> 9,68 per cento da privati<br />

(da Pirelli, a Prada passando per Armani)<br />

e <strong>il</strong> 21,26 per cento da aziende a partecipazione<br />

pubblica (come, ad esempio, Eni<br />

e A2A). La Scala è concordemente ritenuta<br />

come una delle Fondazioni più virtuose,<br />

che di fatto è riuscita ad attirare inve-<br />

44<br />

PER CENTO<br />

Il sovrintendente<br />

della Scala Lissner<br />

punta a ridurre al<br />

44% l’apporto dei<br />

contributi pubblici nel<br />

2012, portando al 56<br />

per cento contributi<br />

privati e ricavi propri<br />

stimenti privati e che si propone di farlo<br />

in maniera sempre maggiore in futuro,<br />

pur non rinunciando alla propria vocazione<br />

di teatro pubblico. Le stime per <strong>il</strong> 2012,<br />

sempre stando alle parole del sovrintendente,<br />

prevedono di portare la quota di<br />

contributi privati e ricavi propri al 56 per<br />

cento, contro <strong>il</strong> 44 per cento di<br />

contributi pubblici.<br />

Resta <strong>il</strong> fatto che la parola<br />

“produttività” è ancora estranea<br />

in questo mondo. Oggi alla<br />

Scala (sempre stando al b<strong>il</strong>ancio<br />

del 2009) uno spettacolo<br />

costa mediamente 447 m<strong>il</strong>a<br />

euro e ne incassa circa 96 m<strong>il</strong>a.<br />

Quello degli Enti lirici è un<br />

mondo spesso accusato di sprechi.<br />

Le numerose (e non di rado<br />

bizzarre) indennità (da quella del frac a<br />

quella dell’umidità) previste per i dipendenti,<br />

sarebbero niente in confronto alla<br />

criticità di un ambiente ultra sindacalizzato<br />

a difendere dei priv<strong>il</strong>egi che lasciano <strong>il</strong><br />

varco aperto ai furbetti del doppio o triplo<br />

lavoro. Nel 2009 le spese per <strong>il</strong> personale<br />

del teatro alla Scala (i dipendenti in pianta<br />

Sotto, proteste davanti alla Scala<br />

per i tagli alla cultura.<br />

In basso Della Valle (a sinistra)<br />

insieme al sovrintendente Lissner.<br />

Il patron di Tod’s entrerà come socio<br />

fondatore permanente a partire<br />

dal gennaio 2012 con 5,2 m<strong>il</strong>ioni<br />

Con la “rivoluzione” di Veltroni<br />

gli Enti lirici sono diventati<br />

Fondazioni per favorire l’ingresso<br />

(e gli investimenti) dei privati. Ha<br />

funzionato? Sì e no. Produttività<br />

è ancora un termine sconosciuto<br />

organica erano 740) sono state di circa 68<br />

m<strong>il</strong>ioni di euro. Un conto a parte si fa per<br />

gli artisti scritturati, per cui si sono spesi<br />

16 m<strong>il</strong>ioni nel solo 2009. La scelta sembra<br />

essere quella di puntare sulle star, sui<br />

grandi nomi in grado di assicurare una<br />

eco internazionale agli eventi della Scala.<br />

Lo stesso cartellone della prossima stagione<br />

promette «cast stellari».<br />

È legittimo domandarsi se un marchio<br />

come quello della Scala abbia bisogno<br />

di inseguire le star e accontentarle<br />

in ogni pretesa economica o possa piuttosto<br />

far valere <strong>il</strong> potere contrattuale di teatro<br />

più famoso del mondo. E qui l’analisi<br />

si intreccia col mal di pancia del melomane,<br />

che storce <strong>il</strong> naso di fronte alle tante<br />

rappresentazioni quanto meno audaci. Lo<br />

scorso anno la prima (che anche i profani<br />

ricorderanno per l’assedio degli studenti<br />

in protesta) fu un Wagner di 4 ore con<br />

allestimenti da guerre stellari. Quest’anno<br />

<strong>il</strong> Don Giovanni di Mozart. E c’è già chi<br />

lamenta un trattamento di serie B per la<br />

grande tradizione del bel canto italiano.<br />

Soprattutto nel centocinquantesimo anniversario<br />

dell’Unità d’Italia. [lb]<br />

| | 27 luglio 2011 | 23


INTERNI UNA NOVITÀ FRA I BANCHI<br />

Il laboratorio<br />

dell’autonomia<br />

Statali e paritarie in rete per una vera libertà<br />

di educazione. Dalla scelta dei docenti alla loro<br />

formazione. Tre scuole statali sperimentali<br />

propongono alle istituzioni una “riforma” del<br />

sistema. A partire da un’esperienza in atto<br />

Ospitiamo la proposta avanzata da tre scuole<br />

sperimentali di M<strong>il</strong>ano, Genova e Firenze<br />

alle rispettive Regioni per un’applicazione<br />

sistematica del principio di autonomia e della<br />

libertà di educazione. La versione integrale<br />

è pubblicata sul sito di <strong>Tempi</strong> (tempi.it).<br />

di Pietro Calascibetta*<br />

Il 14 giugno <strong>il</strong> ministro ha firmato <strong>il</strong><br />

decreto autorizzativo che permette<br />

alla scuola Rinascita-Livi di M<strong>il</strong>ano,<br />

congiuntamente agli istituti Scuola-Città<br />

Pestalozzi di Firenze e Don M<strong>il</strong>ani di Genova<br />

riuniti in rete, di proseguire la ricerca<br />

e la sperimentazione del progetto “Scuola<br />

Laboratorio” approvato nel 2006, adeguandolo<br />

alle nuove esigenze emergenti dal sistema<br />

e dalla società. Ringrazio <strong>il</strong> direttore di<br />

<strong>Tempi</strong> per avermi dato la possib<strong>il</strong>ità di spiegare<br />

in cosa realmente consiste questo progetto<br />

di cui si è molto parlato, che non può<br />

essere considerato una riproposizione della<br />

vecchia sperimentazione anni ’70, né un<br />

tentativo di conservazione di presunti priv<strong>il</strong>egi,<br />

ma vuole essere la sperimentazione<br />

concreta di una vera e propria proposta<br />

strutturale che come tale vogliamo sottoporre<br />

ai decisori politici di Lombardia, Liguria<br />

e Toscana, nonché nazionali.<br />

24 | 27 luglio 2011 | |<br />

Perché questo progetto può essere ut<strong>il</strong>e<br />

al sistema? Perché punta a realizzare,<br />

nell’ambito delle autonomie scolastiche,<br />

una nuova realtà che offre un servizio scolastico<br />

all’utenza, ma allo stesso tempo organizza<br />

le risorse umane e la struttura interna<br />

in modo da costituirsi in “laboratorio professionale”<br />

per le scuole pubbliche presenti<br />

nel territorio, sia rispetto alla formazione<br />

dei docenti in servizio e al tirocinio dei nuovi,<br />

sia per l’individuazione e sperimentazione<br />

di contesti di insegnamento e apprendimento<br />

per i ragazzi. Questa struttura, in sintesi,<br />

è animata dagli stessi docenti e ha la<br />

mission di mettere in moto dal basso la cultura<br />

e la pratica dell’innovazione e contemporaneamente<br />

di attuare una formazione<br />

“peer to peer” centrata sulla diffusione delle<br />

pratiche professionali concretamente agite<br />

dai docenti nei contesti di lavoro, valorizzando<br />

<strong>il</strong> protagonismo degli attori principali<br />

dell’autonomia scolastica: le famiglie e<br />

i docenti, nonché gli stessi studenti, in una<br />

dimensione cooperativa e democratica.<br />

I docenti della “Scuola Laboratorio” svolgono<br />

due compiti: insegnare e insieme coordinare<br />

la progettazione in rete, la formazione dei<br />

colleghi, la documentazione dei percorsi<br />

A parere di molti e anche nostro, lo stallo<br />

del sistema deriva dalla sottovalutazione<br />

della centralità di due disposizioni presenti<br />

nel Regolamento (275/99). La prima riguarda<br />

l’“autonomia di ricerca, sv<strong>il</strong>uppo e sperimentazione”<br />

(art. 6) che non viene assunta<br />

come metodologia abituale per la gestione<br />

del Piano dell’Offerta Formativa della scuola,<br />

ma viene considerata spesso un optional<br />

o un’attività aggiuntiva, anche per la mancanza<br />

di una formazione specifica degli<br />

insegnanti in questo campo. La seconda<br />

disposizione riguarda <strong>il</strong> lavoro di rete (art.<br />

7) che viene sì ut<strong>il</strong>izzato, ma in modo circoscritto<br />

allo sv<strong>il</strong>uppo di specifici progetti<br />

e non come pratica strutturale in grado<br />

di creare sinergie stab<strong>il</strong>i e flussi continui di<br />

comunicazione professionale tra i docenti e<br />

tra le scuole pubbliche nel territorio creando<br />

comunità di pratiche interattive.<br />

Quali sono le modalità operative che si<br />

stanno sperimentando? Per quanto riguarda<br />

la formazione, la sfida del progetto è di<br />

strutturare <strong>il</strong> contesto della “Scuola Laboratorio”<br />

in modo da offrire ai docenti in<br />

formazione un’organizzazione del lavoro<br />

ed esperienze di insegnamento e di interazione<br />

con studenti, insegnanti, genitori<br />

e territorio che possano costituire un vero<br />

ambiente significativo per la formazione<br />

tramite stage e scambi di docenti, come previsto<br />

dallo stesso Regolamento e quasi per<br />

niente attuato, e tramite <strong>il</strong><br />

tirocinio assistito per i nuovi<br />

docenti offrendo così anche<br />

un modello sperimentale per<br />

l’attuazione del Regolamento<br />

sulla formazione iniziale.


L’attivazione poi nelle “Scuole Laboratorio”<br />

di “Centri Risorse per lo sv<strong>il</strong>uppo professionale<br />

dei docenti” con <strong>il</strong> compito di promuovere<br />

incontri, dibattiti, seminari di presentazione<br />

delle esperienze e delle pratiche<br />

gestiti dai docenti e anche dai genitori delle<br />

scuole del territorio sui loro specifici bisogni,<br />

completa le azioni in questo ambito.<br />

Per quanto riguarda invece la ricerca<br />

di pratiche didattiche innovative, la “Scuola<br />

Laboratorio” priv<strong>il</strong>egia, come si è detto,<br />

la dimensione della rete per condividere<br />

i bisogni, le riflessioni e le proposte che<br />

nascono con i docenti, i genitori e gli operatori<br />

del territorio animandone l’interazione.<br />

La “Scuola Laboratorio” si assume<br />

poi <strong>il</strong> ruolo di portare a sintesi le proposte<br />

concrete di innovazione emerse e di guidarne<br />

la sperimentazione con l’aiuto di esperti<br />

nella propria struttura e/o nelle altre<br />

scuole coinvolte curando <strong>il</strong> monitoraggio,<br />

l’osservazione dei risultati<br />

e la documentazione in<br />

modo da mettere in comune<br />

l’esperienza, ma anche<br />

rendendola fruib<strong>il</strong>e, attraverso<br />

una documentazione<br />

generativa, a tutti in rete telematica.<br />

Per completare l’informazione va detto<br />

che <strong>il</strong> nuovo progetto dal significativo titolo<br />

“Dalla Scuola Laboratorio verso la Wiki<br />

School”, appena approvato con <strong>il</strong> decreto<br />

del 14 giugno, individua coerentemente nella<br />

comunicazione e nella costruzione cooperativa<br />

della conoscenza un potente contesto<br />

di apprendimento che può trovare nelle<br />

tecnologie della comunicazione uno strumento<br />

formidab<strong>il</strong>e a patto che si riesca a<br />

“inventare” pratiche didattiche che tengano<br />

conto degli aspetti pedagogici e valoriali<br />

propri di un’istituzione scolastica.<br />

Un investimento che vale la pena<br />

I docenti della “Scuola Laboratorio” o<br />

“Wiki School”, come potremmo dire da<br />

oggi, sono pertanto chiamati a svolgere<br />

due compiti: insegnare agli alunni e allo<br />

stesso tempo occuparsi del sostegno alle<br />

scuole attraverso <strong>il</strong> coordinamento della<br />

progettazione in rete, la formazione e <strong>il</strong><br />

tutoraggio dei colleghi, la documentazione<br />

dei percorsi. L’organico in più che è stato<br />

chiesto, la cui entità può essere naturalmente<br />

concordata, serve proprio per attivare<br />

questa nuova modalità di lavoro sul territorio<br />

con i docenti e con i genitori. Da qui<br />

anche la necessità di selezionare i docenti<br />

per i compiti necessari che sono diversi da<br />

quelli richiesti alla generalità dei docenti.<br />

Si tratta di un investimento che l’amministrazione<br />

scolastica fa e mette a disposizione<br />

a vantaggio del sistema nel suo complesso<br />

anche se è allocato in tre realtà. Si<br />

tratta di una strategia di spesa orientata,<br />

in una situazione di crisi come l’attuale, a<br />

potenziare alcune realtà che si impegnino<br />

a svolgere una funzione di risorsa per tutti.<br />

Naturalmente questo richiede una precisa<br />

rendicontazione, come è giusto che<br />

sia, e una sinergia con le amministrazioni.<br />

RISPONDE L’ASSESSORE<br />

Decentramento<br />

serve una svolta<br />

Per Gianni Rossoni l’idea di Calascibetta è in sintonia<br />

con la via lombarda alla sussidiarietà dell’istruzione.<br />

Non ci resta che abbattere la resistenza centralista<br />

La sfida è creare una sinergia tra le scuole del<br />

sistema pubblico (statali e paritarie) basata<br />

su una governance direttamente legata<br />

ai bisogni delle famiglie e degli operatori<br />

Io credo che la sfida da affrontare oggi a<br />

livello istituzionale nel campo dell’istruzione<br />

sia proprio quella di trasformare l’insieme<br />

delle scuole, isolate e in perenne competizione,<br />

in un vero e proprio sistema dove le<br />

istituzioni autonome, statali e paritarie, le<br />

associazioni, i servizi, insomma tutti i soggetti<br />

che si occupano di istruzione e formazione<br />

possano interagire ciascuno con<br />

la propria specificità creando una sinergia<br />

di sistema basata su una governance direttamente<br />

legata ai bisogni delle famiglie e<br />

degli operatori scolastici. La sinergia tra le<br />

scuole del sistema pubblico (tra statali e statali<br />

e anche tra statali e paritarie) è la condizione<br />

perché vi possa essere uno sv<strong>il</strong>uppo<br />

qualitativo dell’intero sistema.<br />

A livello nazionale è quasi impossib<strong>il</strong>e<br />

immaginare la realizzazione di un vero<br />

e proprio sistema organizzato, ma noi pensiamo<br />

che la proposta di sperimentare nel<br />

concreto una struttura come quella sopra<br />

descritta possa trovare un ascolto qualificato<br />

e un interesse proprio negli enti locali<br />

impegnati nella realizzazione di un sistema<br />

pubblico di istruzione territoriale adeguato<br />

alle sfide poste dalla modernità e dal federalismo.<br />

La rete interregionale delle tre “Scuole<br />

Laboratorio” può anche offrire un’occasione<br />

per studiare e sperimentare modalità<br />

di interazione innovative tra <strong>il</strong> sistema<br />

nazionale e i sistemi regionali di istruzione<br />

favorendo una circolazione autonoma<br />

dell’expertise alimentata dagli stessi docenti<br />

tra le varie realtà locali.<br />

È una proposta che facciamo ai decisori<br />

politici delle tre regioni ed è anche una<br />

scommessa che intendiamo portare avanti<br />

insieme ai nostri partner: Scuola-Città Pestalozzi<br />

di Firenze e Don M<strong>il</strong>ani di Genova.<br />

*dirigente scolastico dell’istituto<br />

sperimentale Rinascita-A. Livi di M<strong>il</strong>ano e<br />

coordinatore della rete “Scuole Laboratorio”<br />

di Gianni Rossoni*<br />

I<br />

progetti di autonomia delle tre scuole<br />

Rinascita-Livi di M<strong>il</strong>ano, congiuntamente<br />

agli istituti Scuola-Città Pestalozzi<br />

di Firenze e Don M<strong>il</strong>ani di Genova<br />

rappresentano un’interessante esperienza<br />

sia in quanto risorse per <strong>il</strong> territorio, sia<br />

per <strong>il</strong> loro status di maggiore autonomia,<br />

che può offrire spunti di forte interesse per<br />

la governance del sistema di istruzione nel<br />

suo insieme. Mi riferisco qui in particolare<br />

alla scuola di M<strong>il</strong>ano, a cui ho già avuto<br />

modo di manifestare personalmente l’interesse<br />

affinché questa realtà contribuisca<br />

| | 27 luglio 2011 | 25


INTERNI NOVITÀ TRA I BANCHI<br />

attivamente alle azioni di ricerca e di formazione<br />

degli insegnanti, così come <strong>il</strong> professor<br />

Calascibetta bene evidenzia nel suo<br />

intervento.<br />

Uno dei temi che ritengo si debba<br />

affrontare insieme è quello dell’innovazione<br />

della didattica di fronte alle tecnologie<br />

dell’informazione. Unitamente alle<br />

classi e scuole 2.0 – pregevole iniziativa<br />

del ministero dell’Istruzione – e alle altre<br />

sperimentazioni in essere, vogliamo lavorare<br />

insieme perché le Ict entrino fortemente<br />

nella didattica. Serve un approccio<br />

che non sia solo tecnologico, ma che<br />

riparta dalle fondamenta epistemologiche<br />

e dalle modalità di apprendimento,<br />

ripensando <strong>il</strong> ruolo del materiale didattico,<br />

del docente, dell’organizzazione della<br />

scuola per classi e discipline. Queste,<br />

come altre sfide importanti, le vogliamo<br />

affrontare insieme ai docenti ed alle scuole,<br />

a partire proprio da quelle, come la<br />

scuola Rinascita, che vogliono rappresentare<br />

una risorsa per le altre scuole e per<br />

<strong>il</strong> territorio. Non sarebbe infatti giustificata<br />

un’assegnazione maggiore di risorse<br />

– strumentali o di personale – se tale<br />

investimento restasse confinato all’interno<br />

della singola scuola e non fosse rivolto<br />

a tutto <strong>il</strong> sistema scolastico. In tal senso<br />

lo sv<strong>il</strong>uppo anche di reti di scuole diventa<br />

un’opzione di significativo interesse.<br />

Il sostegno diretto alle persone<br />

Vi è però un secondo elemento di interesse<br />

per queste esperienze di autonomia rafforzata,<br />

ed è esattamente <strong>il</strong> fatto che rappresentano<br />

un punto di riferimento per lo<br />

sv<strong>il</strong>uppo della stessa autonomia scolastica.<br />

Si tratta, per questo, di recuperare non<br />

solo quell’autonomia di ricerca, sv<strong>il</strong>uppo<br />

e sperimentazione di cui all’articolo 6 del<br />

Dpr 275 del 1999, ma di r<strong>il</strong>anciare <strong>il</strong> pieno<br />

compimento dell’autonomia scolastica<br />

ricollegandosi e attualizzando quelle idee<br />

che portarono al regolamento del 1999 e al<br />

cambiamento della Costituzione nel segno<br />

del decentramento.<br />

Autonomia scolastica e decentramento<br />

sono infatti due aspetti indissolub<strong>il</strong>i, poiché<br />

è la loro combinazione che rappresenta<br />

la vera svolta rispetto all’attuale sistema<br />

centralista. Ritengo ormai non più differib<strong>il</strong>e<br />

abbandonare una gestione accentrata<br />

del sistema scolastico per un affidamento<br />

pieno del servizio educativo alle scuole<br />

autonome, lasciando allo Stato la definizione<br />

delle norme generali e la valutazione<br />

dei risultati e alle Regioni e agli enti<br />

locali la relazione diretta con le scuole per<br />

la condivisione dei servizi<br />

aggiuntivi, per <strong>il</strong> servizio<br />

allo studio, delle strutture<br />

e attrezzature, nonché per<br />

<strong>il</strong> rapporto con <strong>il</strong> tessuto<br />

produttivo, per una scuola<br />

26 | 27 luglio 2011 | |<br />

che sempre più deve diventare “scuola della<br />

comunità”. Ciò rappresenterebbe oggi la<br />

vera azione modernizzatrice per <strong>il</strong> sistema<br />

scolastico e <strong>il</strong> superamento dell’autoreferenzialità<br />

e dei sentimenti diffusi di dis<strong>il</strong>lusione<br />

e frustrazione, nonostante le grandi<br />

risorse umane e professionali che sono<br />

presenti nelle scuole.<br />

Regione Lombardia ha già attuato, per<br />

<strong>il</strong> sistema di Istruzione e formazione professionale,<br />

<strong>il</strong> passaggio ad un modello sussidiario,<br />

fondato su libertà e responsab<strong>il</strong>ità.<br />

La Regione non eroga né gestisce direttamente<br />

<strong>il</strong> servizio, ma sostiene le persone<br />

nello sv<strong>il</strong>uppo del proprio capitale umano<br />

e regola la rete degli operatori attraverso<br />

la definizione degli standard minimi<br />

di qualità e la valutazione dei risultati.<br />

Nei percorsi regionali di Istruzione e formazione<br />

professionale per i giovani dai 14<br />

ai 18 anni – ma lo stesso avviene per la formazione<br />

continua e le politiche attive del<br />

lavoro – gli studenti possono frequentare<br />

gratuitamente grazie alla dote di 4.500<br />

euro che la Regione assegna loro e che possono<br />

spendere scegliendo l’istituzione formativa<br />

che preferiscono. D’altro canto gli<br />

enti (sia pubblici sia privati) hanno piena<br />

autonomia giuridica, finanziaria – ricevono<br />

<strong>il</strong> finanziamento direttamente dalla<br />

dote degli studenti e lo gestiscono in piena<br />

responsab<strong>il</strong>ità – e organizzativa: decidono<br />

quali figure professionali assumere e con<br />

quali criteri e procedure. Tutto ciò naturalmente<br />

nel rispetto delle regole regionali<br />

sull’accreditamento e sulla qualità dei servizi<br />

da erogare, nonché delle regole generali<br />

del lavoro e della sicurezza.<br />

Analogamente, per <strong>il</strong> sistema di istruzione<br />

bisogna ripartire dall’esperienza delle<br />

scuole che già hanno la possib<strong>il</strong>ità di<br />

selezionare <strong>il</strong> personale, che hanno goduto<br />

di più ampi spazi di autonomia, eventualmente<br />

ampliando la rete della sperimentazione.<br />

I punti fondamentali per la<br />

piena autonomia sono noti: la selezione<br />

e <strong>il</strong> reclutamento del personale, <strong>il</strong> finan-<br />

Si riprenda un dibattito ampio, coinvolgendo<br />

tutte le forze politiche e le scuole, con un<br />

protagonismo di quelle che hanno potuto<br />

sperimentare elementi di maggiore autonomia<br />

ziamento complessivo assegnato direttamente<br />

alla scuola, la revisione degli organi<br />

di governo, la differenziazione dei ruoli<br />

e dei contratti del personale, l’attivazione<br />

di una valutazione di sistema. Bisogna<br />

riprendere un dibattito ampio e di alto<br />

livello, con <strong>il</strong> coinvolgimento di tutte le<br />

forze politiche e delle scuole, con un protagonismo<br />

di quelle che hanno potuto sperimentare<br />

alcuni elementi di maggiore autonomia.<br />

Su questo tema dobbiamo superare<br />

strumentalizzazioni e interessi di parte,<br />

perché ne va del futuro del nostro paese.<br />

L’occasione del federalismo<br />

D’altro canto e allo stesso modo attuare<br />

<strong>il</strong> decentramento previsto dall’articolo<br />

117 della Costituzione significa accettare<br />

che i diversi livelli istituzionali della<br />

Repubblica possano assumere appieno<br />

<strong>il</strong> proprio ruolo e la propria responsab<strong>il</strong>ità,<br />

attraverso un federalismo che ne liberi<br />

le diverse potenzialità di sv<strong>il</strong>uppo. Lo<br />

Stato deve restare garante dell’unitarietà<br />

della nazione attraverso la fissazione dei<br />

“livelli essenziali delle prestazioni”, consentendo<br />

a ciascun territorio di sv<strong>il</strong>uppare<br />

le forme organizzative più adeguate ai<br />

fabbisogni specifici di persone e imprese e<br />

valorizzare <strong>il</strong> patrimonio dei diversi sistemi<br />

locali. Non sono più sostenib<strong>il</strong>i interventi<br />

centrali che, regolando la vita della<br />

scuola in ogni dettaglio, generano nei<br />

dirigenti e nei docenti una cultura attenta<br />

agli adempimenti formali che deresponsab<strong>il</strong>izza<br />

rispetto all’obiettivo reale dell’apprendimento<br />

degli studenti.<br />

In tal senso la determinazione dei livelli<br />

essenziali delle prestazioni per l’istruzione<br />

nell’ambito dell’attuazione del federalismo<br />

fiscale rappresenta un’occasione e un<br />

passaggio imprescindib<strong>il</strong>i nella direzione<br />

dell’assunzione di responsab<strong>il</strong>ità e quindi<br />

di autonomia da parte delle scuole, delle<br />

Regioni e degli enti locali, perché significherà<br />

da parte dello Stato <strong>il</strong> superamento<br />

di una regolazione del processo di erogazione<br />

del servizio per giungere ad una<br />

determinazione dei risultati che i diversi<br />

soggetti istituzionali, ciascuno per la propria<br />

competenza, devono raggiungere.<br />

*assessore all’Istruzione, Formazione<br />

e Lavoro di Regione Lombardia


L’OBIETTORE<br />

BERLUSCONI-TREMONTI E MALUMORI NEL CENTRODESTRA<br />

Cari pidiellini, se <strong>il</strong> “manovrone”<br />

è socialista è anche colpa vostra<br />

28 | 27 luglio 2011 | |<br />

di Oscar Giannino<br />

Guardinghi, a toni bassi, divisi<br />

tra chi non ha capito fino in<br />

fondo cosa è successo, chi crede<br />

di averlo capito ma preferisce non<br />

parlarne a voce alta, e chi preferisce<br />

non averlo capito se davvero è successo<br />

quel che crede di aver capito.<br />

Questa mi sembra la fotografia dei<br />

gruppi parlamentari Pdl, nelle ore in<br />

cui Senato e Camera votavano <strong>il</strong> “manovrone”,<br />

rafforzato da una nuova<br />

raffica di entrate immediate targate<br />

Befera, e dalla decisione di sposta-<br />

NON SONO<br />

D’ACCORDO<br />

re nel decreto a copertura del deficit non più 14,7 ma 20<br />

m<strong>il</strong>iardi, inizialmente previsti nella delega fiscale come<br />

risultanti dalla razionalizzazione delle troppe e disomogenee<br />

deduzioni e detrazioni fiscali esistenti. Così facendo,<br />

naturalmente, la politica si sentirà però esentata dal<br />

fare tagli aggiuntivi, e dunque sarà più di un ulteriore<br />

punto di P<strong>il</strong> di maggiore pressione fiscale<br />

a copertura di spesa. All’inizio,<br />

quelle risorse servivano per riequ<strong>il</strong>ibrare<br />

<strong>il</strong> sistema fiscale che oggi penalizza<br />

troppo lavoro e impresa, così facendo<br />

tutto risulta meno credib<strong>il</strong>e e<br />

ancor più aleatorio.<br />

Ma non è questo, <strong>il</strong> d<strong>il</strong>emma che<br />

aleggia a voce bassa tra i parlamentari<br />

Pdl. Riguarda invece <strong>il</strong> rapporto<br />

logorato tra Berlusconi e Tremonti.<br />

L’evenienza che dal f<strong>il</strong>e M<strong>il</strong>anese esca<br />

altro fango, con schizzi verso l’alto.<br />

Che a quel punto <strong>il</strong> premier voglia sacrificare<br />

Tremonti, mentre dai processi <strong>il</strong> premier si difende<br />

sempre, da 17 anni. Riguarda l’ipotesi che Berlusconi<br />

possa davvero reggere senza Giulio ministro. E a<br />

quel punto sostituendolo con chi, visto che nessuna figura<br />

politica del centrodestra attuale gode in Europa e<br />

nell’Ecofin di autorevolezza e prestigio tali da rassicurare<br />

i tedeschi oltre ai mercati? O se invece Berlusconi non<br />

pensi a sacrificare Tremonti nell’ambito di un più ampio<br />

rimpasto, spingendosi fino a dire al Quirinale di esser disposto<br />

a delegare Alfano alla premiership da subito, se<br />

per caso l’Udc fosse disponib<strong>il</strong>e a un governo di transizione<br />

verso le elezioni senza Berlusconi né Tremonti, ma comunque<br />

incardinato sul Pdl che le politiche le ha vinte<br />

insieme alla Lega, e guidato da qualcuno di piena fiducia<br />

Se qualcuno del Pdl crede nel fatto che solo da una<br />

discontinuità con questo degrado autodistruttivo<br />

vi sia la possib<strong>il</strong>ità di conquistare mandati elettorali,<br />

allora è <strong>il</strong> caso che si muova. Domani sarà tardi<br />

del premier attuale, pronto magari a riscendere in campo<br />

sotto elezioni per chiedere i voti agli italiani.<br />

E se invece i mercati ripartiranno lancia in resta contro<br />

i titoli pubblici, visto che <strong>il</strong> buon esito degli stress test<br />

bancari dovrebbe porre al riparo per un po’ le banche<br />

italiane da chi ha scommesso contro di loro? A quel punto,<br />

a cartucce esaurite, approvata la manovra, quale potrebbe<br />

essere per <strong>il</strong> governo la via per rassicurare Berlino<br />

e i mercati? Si aprirebbe la via a un’iniziativa straordinaria<br />

della presidenza della Repubblica? Ma in che termini<br />

bisognerebbe riservarsi di protestare e con quale durezza,<br />

per respingerla, se davvero la proporzione dell’attacco<br />

fosse oltre i 400 punti di spread, e insorgendo a difesa<br />

della maggioranza ci si prestasse all’accusa di aggravare<br />

ulteriormente <strong>il</strong> deficit di credib<strong>il</strong>ità dell’Italia? Ecco solo<br />

alcune delle domande rivoltemi a bassa voce dai parlamentari<br />

del Pdl. Per carità, domande retoriche, perché<br />

per quanto a bassa voce molti aggiungevano «di sicuro<br />

S<strong>il</strong>vio non molla». Come a rassicurare se stessi.<br />

È tempo di qualcosa di nuovo “dal basso”<br />

Antonio Martino ha pensato che lui no, non poteva proprio<br />

votarla, la manovra. Ha dichiarato che era di segno<br />

socialista e ha anche negato <strong>il</strong> voto in Parlamento.<br />

Il Giornale ormai lo scrive tutti i giorni, che Tremonti è<br />

socialista e che la sua manovra non è la manovra del governo<br />

di S<strong>il</strong>vio, è solo passata perché è scoppiata la bufera<br />

e <strong>il</strong> Quirinale ha chiesto e ottenuto da tutti di chiudere<br />

in tre giorni. Tutti scommettono che la vicenda non<br />

è replicab<strong>il</strong>e. Io non lo so. Ero e resto meno sgomento<br />

di quanto mi siano sembrate molte facce di parlamentari<br />

del Pdl. Perché a furia di non parlare di politica in<br />

organi politici veri è ovvio che non si riesce a capire come<br />

si fronteggiano le vicende normali di un paese, figuriamoci<br />

le bufere. L’autodafé di “Tremonti socialista” mi<br />

fa abbastanza ridere, dopo 17 anni di sodalizio al governo,<br />

con l’eccezione della parentesi 2004-2005, chiusa in<br />

ginocchio pregando Giulio di evitare <strong>il</strong> crac a fine legislatura.<br />

Perché io non esiterei a votare i tagli draconiani<br />

alle spese e le ingenti minori tasse di Martino, ma saremmo<br />

solo io, lui, Alberto Mingardi e pochi altri: nessuno<br />

però degli attuali leader Pdl, che non mi risulta abbiano<br />

mai avanzato proposte concrete in tal senso, al di là di<br />

chiacchiere e litigi che era meglio evitare.<br />

La mia conclusione è che è più che mai tempo di<br />

qualcosa di nuovo “dal basso”, che parli ai delusi che si<br />

ostinano a credere nel meno spesa pubblica, meno tasse,<br />

più concorrenza e più mercato, e che non vogliono rassegnarsi<br />

alla patrimoniale, di cui peraltro in questa manovra<br />

ci sono begli esempi in piccolo, come la tassazione<br />

sui conti deposito titoli, o l’innalzamento Irap ai concessionari.<br />

Se qualcuna delle teste del Pdl la pensa così e ci<br />

crede, crede cioè nel fatto che solo da una discontinuità<br />

con questo degrado autodistruttivo vi sia la possib<strong>il</strong>ità di<br />

conquistare mandati elettorali e nuova linfa politica, allora<br />

è <strong>il</strong> caso che si muova. Domani sarà tardi.


DENTRO<br />

IL PALAZZO<br />

A PROPOSITO DI CORPORAZIONI<br />

Se c’è un albo indegno e <strong>il</strong>liberale<br />

è <strong>il</strong> nostro, onorevoli colleghi<br />

di Renato Farina<br />

Alla fine giureconsulti e pagliette l’hanno avuta vinta. L’Ordine degli avvocati<br />

resta lì, con la corona d’oro in testa. E con l’Ordine degli avvocati resistono<br />

tutti gli ordini. La manovra tremontian-napolitana strozza ricchi e poveri,<br />

ma non seppellisce i residuati polverosi delle corporazioni <strong>il</strong>liberali. Essendo diavolo<br />

dovrei essere nemico di qualsiasi Ordine, che riflette l’armonia divina a me assai<br />

in uggia, e dunque avrei da dispiacermi di questa piega delle cose. Invece a me gli<br />

ordini, almeno come sono combinati in Italia, piacciono tanto, perché sono la forma<br />

cristallizzata del caos, sono <strong>il</strong> più grande disordine pietrificato immaginab<strong>il</strong>e.<br />

Ingrassano non i meriti ma le posizioni parassitarie.<br />

Mi colpisce in tutto questo un fatto. I maggiori commentatori dei grandi quotidiani<br />

si sono infuriati per questa coalizione di avvocati che ha difeso con le unghie<br />

e i denti <strong>il</strong> suo albo, e dunque la statuizione di parcelle con relativa<br />

abrogazione della libera concorrenza. Però, mentre l’indignazione attraversava<br />

la fluente prosa dei suddetti, quello stesso giorno la commissione<br />

Cultura della Camera dei deputati veniva investita dell’onore<br />

di riformare l’Ordine dei giornalisti. All’unanimità meno uno, che<br />

sarebbe <strong>il</strong> qui presente sotto le mentite spoglie di onorevole.<br />

Narro la vicenda. Un sacco di deputati, tutti giornalisti, dopo aver<br />

avuto l’ok dell’Ordine dei giornalisti, hanno sfrondato qua e là ma<br />

hanno mantenuto la sostanza di questa splendida baracca. Unanimità. Chi lo tocca<br />

un ordine così? Appena si era prospettata l’eventualità di una abolizione, contenuta<br />

in un angolo della manovra, gli autori dell’audace pensata sono spariti, probab<strong>il</strong>mente<br />

scotennati. In commissione governo e deputati erano d’accordo. Al che <strong>il</strong><br />

Diavolo della Tasmania ha provato a mettere – come da sua ragione sociale – la zizzania.<br />

Ha spiegato che c’era un certo conflitto di interesse, essendo i giornalisti che<br />

riformavano da sé la forma dell’ente pubblico che dà loro benefici e priv<strong>il</strong>egi di casta.<br />

Un tale, di cui non ricordo <strong>il</strong> nome, aveva benedetto la “modernizzazione”. Ma<br />

quest’Ordine dei giornalisti è una costruzione solo italiana, o forse c’è un carrozzone<br />

sim<strong>il</strong>e in Romania, roba sim<strong>il</strong>e aveva un senso sotto <strong>il</strong> fascismo, che non era <strong>il</strong><br />

massimo della libertà di stampa, oppure in Urss, con l’Unione degli scrittori. Un albo,<br />

o un esame di Stato, forse anche un ordine, hanno un perché se si deve regolare<br />

un diritto che riguarda un mestiere legato a un’attività specialistica. Ma <strong>il</strong> giornalismo<br />

non è solo un mestiere, bensì l’espressione più estesa di un diritto incomprimib<strong>il</strong>e<br />

quale è la libertà di comunicare, che è un po’ come respirare, in fondo è una<br />

forma di libertà religiosa. Come ha scritto un grande giurista, in Italia invece si sottopone<br />

«non soltanto l’esercizio di una professione ma, a ben vedere, l’esercizio della<br />

stessa libertà costituzionale a un regime di tipo corporativo» (Pietro Perlingieri).<br />

Altro che prendersela con avvocati o notai. In fondo si può sopravvivere senza mettersi<br />

la toga. Non è un diritto umano fondamentale discettare in tribunale. Ma scrivere<br />

e dire un parere alla radio o alla tv, non una volta ogni tanto, ma tutte le volte<br />

che uno creda, o raccontare con parole proprie quanto succede nel mondo, come si<br />

fa a sottoporlo a un sinedrio che decide se darti o ritirarti la patente?<br />

Niente da fare. In tanti vengono e dicono: caro Diavolo della Tasmania, hai ragione,<br />

si dovrebbe abolirlo, ma… Ma poi ci sono poteri consolidati, inerti e giganteschi.<br />

Attrezzi tipo garrotta in mano a quelli che poi si lamentano sempre e intanto<br />

soffocano <strong>il</strong> prossimo.<br />

IL DIAVOLO<br />

DELLA<br />

TASMANIA<br />

Nel giorno in cui i grandi quotidiani<br />

si infuriavano con gli avvocati, un<br />

sacco di deputati, tutti giornalisti,<br />

approvavano la riforma del “loro”<br />

Ordine. Preservando la baracca<br />

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ESTERI<br />

32 | 27 luglio 2011 | |<br />

STRANO MA FIERO<br />

Europei così<br />

non se ne<br />

fanno più<br />

Cresce più veloce della Germania. Dà lezioni di<br />

concorrenzialità a tutto <strong>il</strong> continente. E si tiene<br />

strette le sue radici cristiane, senza complessi<br />

d’inferiorità di fronte al secolarismo occidentale.<br />

È la Polonia, felice anomalia nel club di Bruxelles<br />

da Varsavia Annalia Guglielmi<br />

Trent’anni fa, vedendo lo spettacolo<br />

degli operai polacchi che scioperavano<br />

contro <strong>il</strong> Partito Operaio Unificato<br />

raccolti attorno ai propri pastori e sacerdoti,<br />

e che allo slogan “Proletari di tutto<br />

<strong>il</strong> mondo unitevi!” contrapponevano la<br />

solidarietà (Solidarnosc), qualcuno parlò<br />

di “anomalia polacca”, espressione che fu<br />

ripresa nel 1981, quando quel movimento<br />

operaio, quella Solidarnosc, che raccoglieva<br />

dieci m<strong>il</strong>ioni di iscritti, scelse di non<br />

rispondere con la violenza all’attacco sferrato<br />

dal regime alle libertà civ<strong>il</strong>i con l’introduzione<br />

dello stato di guerra, e ancora nel<br />

1989, quando, per la prima volta nella storia,<br />

un regime totalitario cadde senza spargimento<br />

di sangue, trascinandosi dietro<br />

tutta l’area dell’Europa dell’Est.<br />

E l’anomalia polacca continua ancora<br />

oggi. All’indomani dell’apertura del<br />

“suo” semestre di presidenza dell’Unione<br />

Europea, la Polonia si presenta in controtendenza<br />

rispetto alle sofferenze che<br />

attanagliano l’Europa occidentale: <strong>il</strong> paese<br />

corre veloce e mostra tassi di crescita<br />

da far impallidire gli stati dell’area mediterranea,<br />

pur avendo patito prima di altri<br />

una gravissima crisi economico-finanziaria<br />

ed essendo uscita da un disastro durato<br />

sessant’anni, provocato dall’occupazione<br />

nazista prima e dal regime comunista<br />

poi. Ma la Polonia è anomala anche rispetto<br />

allo spirito laicista che<br />

soffia in Europa e che mette<br />

in discussione <strong>il</strong> valore<br />

della vita, della differenza<br />

fra i sessi e della famiglia,<br />

che vorrebbe i cattolici sen-<br />

za identità e la Chiesa senza incidenza sulla<br />

società. Proprio in questi giorni, infatti,<br />

<strong>il</strong> parlamento di Varsavia discute una proposta<br />

di legge che tende a limitare fortemente<br />

l’ammissib<strong>il</strong>ità dell’aborto. Il testo<br />

è stato presentato da oltre 600 m<strong>il</strong>a firmatari,<br />

che non sono una sparuta minoranza<br />

di fanatici, perché un sondaggio rivela che<br />

<strong>il</strong> 65 per cento dei polacchi è favorevole<br />

all’abrogazione totale della legge sull’aborto,<br />

<strong>il</strong> 23 per cento ammette <strong>il</strong> ricorso all’interruzione<br />

di gravidanza solo in caso di<br />

grave malformazione del bambino, e solo<br />

<strong>il</strong> 13 ritiene che l’aborto sia un diritto della<br />

donna in ogni caso.<br />

Pur con inevitab<strong>il</strong>i spinte secolarizzatrici,<br />

la Polonia rimane fortemente attaccata<br />

alla propria identità cristiana, che<br />

non si esprime solo con la partecipazione<br />

ai grandi gesti pubblici (liturgia, pellegrinaggi,<br />

beatificazione di Giovanni Paolo II),<br />

come invece qualcuno si ostina a sottolineare<br />

per sminuire la portata del fenomeno.<br />

Numeri da fare invidia ai più<br />

Il cammino fatto dalla Polonia negli ultimi<br />

due decenni è impressionante. Chi poco<br />

più di vent’anni fa si recava a Varsavia aveva<br />

l’impressione di fare un balzo nel passato<br />

di sessant’anni. Lo sfacelo e <strong>il</strong> fallimento<br />

dell’economia centralizzata erano evidenti<br />

a ogni angolo di strada: annullamento della<br />

dignità del lavoro, povertà garantita per<br />

tutti, inquinamento fuori da ogni norma,<br />

Le città polacche sono enormi cantieri: si<br />

costruiscono centri commerciali, insediamenti<br />

abitativi, nuovi condomini per quella classe<br />

che fino a un decennio fa ancora non esisteva


Foto: AP/LaPresse<br />

Crescita leader in Europa<br />

Cambiamento percentuale rispetto all’anno precedente<br />

2007<br />

Ue-27<br />

Polonia<br />

2008 2009 2010 2011<br />

Qui sopra, <strong>il</strong> cantiere del nuovo stadio di Varsavia.<br />

L’anno prossimo la Polonia ospiterà gli Europei di calcio.<br />

A lato, una marcia di Solidarnosc sf<strong>il</strong>a sotto i manifesti<br />

con <strong>il</strong> logo del semestre polacco di presidenza Ue<br />

+10<br />

+5<br />

nessun incentivo alla produzione, un senso<br />

generale di frustrazione e disperazione,<br />

arretratezza tecnologica. Quando nel 1990<br />

accompagnai <strong>il</strong> cavalier Luigi Lucchini a<br />

visitare l’acciaieria di Varsavia, che intendeva<br />

acquisire, rimase impressionato alla vista<br />

dei vecchi altiforni Martin: in Italia erano<br />

stati abbandonati all’inizio degli anni Cinquanta,<br />

sostituiti da tecnologie molto meno<br />

inquinanti e più efficienti.<br />

Oggi, invece, chi si reca in Polonia trova<br />

un paese ottimista, dinamico e proiettato<br />

nel futuro. Varsavia e le maggiori città<br />

polacche sono enormi cantieri: si costruiscono<br />

centri commerciali e direzionali,<br />

insediamenti abitativi, nuovi condomini<br />

più adeguati alle esigenze di quelle classi<br />

media e medio-alta che fino a un decennio<br />

fa non esistevano e adesso sono ben salde<br />

e presenti in tutte le maggiori aziende del<br />

paese. Le multinazionali non devono più<br />

esportare i propri manager per ricoprire le<br />

posizioni dirigenziali delle sedi polacche,<br />

come avveniva ancora alla fine degli anni<br />

Novanta, ora possono contare su amministratori<br />

autoctoni ben preparati, che spesso<br />

parlano due o tre lingue straniere e hanno<br />

una mentalità aperta, internazionale e<br />

dinamica. Ovunque si costruiscono autostrade,<br />

ferrovie, aeroporti, cosa che ha alimentato,<br />

a livello di capitali, un circolo virtuoso:<br />

gli investimenti esteri sono stimati<br />

in circa 130 m<strong>il</strong>iardi di euro.<br />

La Polonia è l’unico paese dell’Unione<br />

Europea che ha continuato a crescere<br />

durante tutto <strong>il</strong> periodo della crisi, riu-<br />

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0<br />

-5


ESTERI STRANO MA FIERO<br />

scendo a tenersi lontana dagli sconvolgimenti<br />

che hanno colpito gli altri membri.<br />

È la più forte economia dell’Europa<br />

centrale (rappresenta <strong>il</strong> 40 per cento<br />

del P<strong>il</strong> dei dieci stati ex comunisti entrati<br />

nell’Unione). Nel 2009, l’anno della recessione,<br />

la locomotiva Polonia ha registrato<br />

una crescita dell’1,6 per cento, nel 2010<br />

<strong>il</strong> P<strong>il</strong> è salito del 3,8 per cento e quest’anno<br />

del 4,2. Certo, <strong>il</strong> tasso di disoccupazione<br />

è al 9,3 per cento (però bisogna ricordare<br />

che nel 2003 era al 20), ma la produzione<br />

industriale cresce del 7,7 e l’inflazione<br />

per l’anno prossimo è prevista al 2,8<br />

per cento, mentre lo zloty, la valuta locale,<br />

ha una buona tenuta sull’euro e le banche<br />

polacche sono state meno vulnerab<strong>il</strong>i di<br />

fronte alla crisi rispetto a quelle degli altri<br />

paesi europei, permettendo a Varsavia di<br />

non dover intervenire sui tassi d’interesse<br />

per salvare la moneta e soprattutto di non<br />

dover fare ciclicamente manovre fiscali.<br />

Meno tasse per tutti (per davvero)<br />

Roberto Nicastro, direttore generale di<br />

Unicredit, che in Polonia controlla Bank<br />

Pekao, gruppo leader in Polonia per crediti,<br />

depositi e f<strong>il</strong>iali, ha recentemente dichiarato<br />

al Sole 24 ore: «Per noi la Polonia ha<br />

un’importanza fondamentale all’interno<br />

di una regione strategica. Abbiamo creduto<br />

nell’integrazione di questo paese nell’Unione<br />

Europea fin da quando abbiamo acquisito<br />

Bank Pekao, e i fatti ci hanno dato ragione.<br />

Oggi la Polonia è un membro attivo<br />

dell’Unione Europea, ha un’economia dinamica<br />

e <strong>il</strong> suo interscambio con l’Europa e<br />

con l’Italia è molto intenso. È un modello<br />

per tutti quanto a capacità di ut<strong>il</strong>izzo<br />

dei fondi strutturali messi a disposizione<br />

dall’Europa. Per Unicredit la Polonia costituisce<br />

ormai quasi l’8 per cento dei ricavi<br />

del gruppo e rappresenta <strong>il</strong> quarto mercato<br />

dopo Italia, Germania e Austria». Come<br />

Unicredit, in Polonia operano molti altri<br />

grandi nomi dell’imprenditoria italiana<br />

(Fiat, Brembo, Marcegaglia, Indesit, Mapei,<br />

Atlantica, Finmeccanica, Ansaldo, per citarne<br />

alcuni) ma è presente anche una rete virtuosa<br />

di piccole e medie imprese. «Si stima<br />

che <strong>il</strong> totale si avvicini al migliaio di aziende<br />

nei diversi campi industriali e dei servizi.<br />

Il paese continua a offrire opportunità<br />

d’investimento, sia in termini di mercato,<br />

sia in termini di incentivazioni che<br />

favoriscono gli investimenti», dice Donato<br />

Di G<strong>il</strong>io imprenditore italiano presente in<br />

Polonia da oltre vent’anni, presidente della<br />

società di consulenza Core Group e chairman<br />

della Camera di commercio italiana<br />

in Polonia, che aggiunge: «Mentre in Occidente,<br />

per uscire dall’impasse si è indicata<br />

la linea del ritorno all’invadenza dello Stato,<br />

sempre più “protettivo” e “controllore”<br />

oltre ogni misura, a est è prevalsa una visione<br />

più moderna, attraente e, visti i risulta-<br />

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ti, più proficua; ovvero più mercato, più<br />

libertà, più società, con <strong>il</strong> contributo fondamentale<br />

dei cittadini che hanno saputo<br />

accettare sacrifici in cambio della prospettiva<br />

di tornare a far crescere i propri paesi.<br />

Qui le riforme strutturali non hanno acceso<br />

pericolosi conflitti sociali, pur se qualche<br />

protesta non è mancata (si tratta di un<br />

fenomeno fisiologico). Inoltre, per superare<br />

anni e anni di disastri generati da nazismo<br />

e comunismo, la Polonia, che nel ’92<br />

aveva una pressione fiscale al 44 per cento,<br />

ha avviato una politica di risanamento della<br />

spesa pubblica e di razionalizzazione del<br />

sistema fiscale, riducendo <strong>il</strong> prelievo fiscale<br />

fino all’attuale 19 per cento. Più o meno<br />

nella stessa direzione si sono mossi altri<br />

paesi dell’area. Ciò ha permesso di ripartire.<br />

Guardando e dialogando in primo luogo<br />

con la Germania, paese che per molti versi<br />

parla la stessa lingua».<br />

Tutto questo ha permesso alle aziende<br />

polacche di rafforzarsi, tanto che sono già<br />

pronte a internazionalizzarsi. Entro alcuni<br />

mesi dovrebbero avvenire le prime acquisizioni<br />

polacche in Italia, ammettono alcuni<br />

ambienti bancari di Varsavia. «L’Europa<br />

mediterranea dovrebbe mettersi in sintonia<br />

con l’Est, conoscere meglio ciò che è<br />

avvenuto e le ragioni che hanno permesso<br />

la crescita decisa di quell’area», sottolinea<br />

«Il legame tra religione e libertà non è una<br />

teoria, ma l’esperienza di molte generazioni di<br />

polacchi, che sotto <strong>il</strong> nazismo e <strong>il</strong> comunismo<br />

trovavano protezione tra le mura delle chiese»<br />

Il passaggio di<br />

consegne al vertice<br />

dell’Unione Europea<br />

tra <strong>il</strong> premier<br />

ungherese Victor<br />

Orban (a sinistra)<br />

e <strong>il</strong> suo omologo<br />

polacco Donald<br />

Tusk, 1 luglio 2011.<br />

Sotto, polacchi a<br />

Roma in occasione<br />

della beatificazione<br />

di Giovanni Paolo II<br />

e una protesta<br />

contro l’aborto a<br />

Varsavia nel 2007<br />

Di G<strong>il</strong>io. Certamente, un contributo a questo<br />

exploit viene anche dai fondi provenienti<br />

dall’estero: oltre un m<strong>il</strong>ione di emigrati<br />

spedisce in patria i propri guadagni (secondo<br />

la Banca mondiale nel 2010 si è trattato<br />

in totale dell’equivalente di 9 m<strong>il</strong>iardi di<br />

dollari) e tra <strong>il</strong> 2007 e <strong>il</strong> 2013 la Polonia riceverà<br />

67 m<strong>il</strong>iardi di euro di fondi europei per<br />

la costruzione di strade e ferrovie ad alta<br />

velocità e per la formazione. In proposito<br />

la burocrazia polacca si è rivelata efficiente<br />

nello stab<strong>il</strong>ire procedure ag<strong>il</strong>i che permettano<br />

l’impiego mirato dei finanziamenti.<br />

Non bisogna inoltre dimenticare le 14<br />

Zone economiche speciali sparse su tutto<br />

<strong>il</strong> territorio, che saranno attive fino al<br />

2020 e rappresentano un supporto importante<br />

per gli investitori, poiché offrono una<br />

serie di benefici: esenzioni fiscali dall’imposta<br />

sul reddito d’impresa, dall’imposta sugli<br />

immob<strong>il</strong>i e possib<strong>il</strong>ità di accedere a contributi<br />

per la formazione delle risorse umane.


Foto: AP/LaPresse<br />

Indubbiamente resta ancora molto da<br />

fare. La Polonia deve far fronte a gravi problemi<br />

strutturali tuttora irrisolti, specialmente<br />

nei settori delle infrastrutture e<br />

della sanità. Anche in questi ambiti, però,<br />

sono stati fatti passi significativi, soprattutto<br />

in campo energetico, con forte investimento<br />

sulla ricerca e lo sfruttamento delle<br />

rinnovab<strong>il</strong>i, in particolare eolico e shale<br />

gas, <strong>il</strong> gas nascosto nelle scisti rocciose<br />

di cui sono stati trovati ingenti giacimenti<br />

nel paese: secondo le prime stime, si tratterebbe<br />

di 5.200 m<strong>il</strong>iardi di metri cubi di<br />

gas, una riserva che a fronte dei consumi<br />

attuali, inferiori ai 15 m<strong>il</strong>iardi annui, consentirebbe<br />

di eliminare la dipendenza dalle<br />

importazioni di gas russo, di tagliare<br />

almeno del 40 per cento i costi delle forniture<br />

alle imprese e di mantenere un ampio<br />

margine per le esportazioni.<br />

Una fede vissuta concretamente<br />

Il semestre di presidenza dell’Unione Europea<br />

sarà una grande occasione per la Polonia<br />

per avere più visib<strong>il</strong>ità e rivendicare un<br />

ruolo più incisivo all’interno delle istituzioni<br />

comunitarie, soprattutto per quanto<br />

riguarda la politica nei confronti degli<br />

altri paesi della regione non ancora membri<br />

dell’Unione. Certamente potrà dare<br />

una nuova linfa alla coscienza europea.<br />

Il professor Piotr Mazurkiewicz, politologo<br />

e segretario generale della Commissione<br />

degli episcopati della Comunità europea,<br />

ha spiegato che «la Polonia può portare<br />

alla coscienza europea la sua sensib<strong>il</strong>ità,<br />

che nasce dalle sue vicende stori-<br />

«La Polonia, che nel ’92 aveva una pressione<br />

fiscale al 44 per cento, ha avviato politiche di<br />

risanamento della spesa e di riforma del fisco,<br />

riducendo <strong>il</strong> prelievo fino al 19 per cento»<br />

che e dalla nostra particolare posizione<br />

geopolitica, che ci pone tra la Germania<br />

e la Russia. Da qui nasce <strong>il</strong> nostro interesse<br />

verso i paesi che confinano con l’Unione<br />

Europea a est: Moldavia, Ucraina, Georgia<br />

e Bielorussia. Ma non meno importante<br />

è chi siamo come nazione, quali sono i<br />

valori che guidano la nostra vita. Una specificità<br />

dell’esperienza polacca è <strong>il</strong> ruolo<br />

svolto dalla religione cristiana nel corso<br />

di tutta la nostra storia. Penso soprattutto<br />

alla nostra tradizione di tolleranza religiosa,<br />

quando in Occidente si combattevano<br />

le guerre di religione, all’assenza di<br />

conflitti tra <strong>il</strong> movimento socialista nato<br />

in Polonia e la Chiesa, allo stretto legame<br />

tra la religione e l’idea di libertà durante<br />

<strong>il</strong> periodo delle spartizioni, dell’occupazione<br />

nazista e del comunismo. E non<br />

si tratta di una teoria, ma dell’esperienza<br />

concreta di molte generazioni di polacchi,<br />

che trovavano all’interno delle mura<br />

delle chiese protezione e senso di libertà.<br />

Dobbiamo far conoscere all’Occidente la<br />

nostra storia, che è quasi totalmente sconosciuta,<br />

ma dobbiamo anche comunicare<br />

la nostra esperienza degli ultimi anni».<br />

E ha aggiunto: «Un problema grave di cui<br />

ci dovremo occupare sono le persecuzioni<br />

nei confronti dei cristiani. Sarà importante<br />

per la Polonia proporre all’Unione<br />

Hanno già ridotto gli aborti da 150 m<strong>il</strong>a<br />

a circa 200 l’anno. Ora i polacchi provano<br />

ad abolire la legge sull’interruzione<br />

volontaria di gravidanza (una tra le<br />

più restrittive al mondo), per vietarla tout<br />

court. Nel 1993 <strong>il</strong> parlamento della Polonia<br />

aveva già imposto limiti importanti alla<br />

legislazione introdotta nel 1942, permettendo<br />

l’aborto solo in casi di rischi per <strong>il</strong> feto e<br />

per la vita della donna. Può sembrare una<br />

Europea di prendere iniziative<br />

concrete per contrastare<br />

questo gravissimo fenomeno.<br />

Di fronte alla presidenza<br />

polacca si pongono anche i<br />

mutamenti in atto nel Nord<br />

Africa, che non è ancora ben chiaro in che<br />

direzione vadano: la Polonia ha un’esperienza<br />

unica per quanto riguarda i cambiamenti<br />

di sistema, che, fatte le debite differenze,<br />

credo potrà essere di grande ut<strong>il</strong>ità».<br />

Nel segno di Solidarnosc<br />

All’inizio di maggio è stato reso pubblico<br />

<strong>il</strong> logo della presidenza polacca: sei frecce<br />

colorate rivolte verso l’alto che sembrano<br />

una f<strong>il</strong>a di persone che si tengono per<br />

mano; sopra le loro teste svetta una bandiera<br />

polacca che si ispira alla grafica dell’ormai<br />

mitico logo di Solidarnosc, <strong>il</strong> sindacato<br />

che portò alla caduta del regime comunista<br />

e alla rinascita del paese. La somiglianza<br />

tra i due simboli non è casuale, visto che<br />

di entrambi i disegni è autore Jerzy Janiszewski,<br />

che «è riuscito a inglobare efficacemente<br />

<strong>il</strong> simbolo del successo di Solidarnosc<br />

in un segno del nuovo successo, del progresso<br />

e della capacità di affrontare le sfide<br />

future della Polonia», come ha osservato<br />

<strong>il</strong> primo ministro Donald Tusk alla conferenza<br />

stampa di presentazione del logo.<br />

Nella stessa occasione, lo stesso Janiszewski<br />

ha detto: «Ora che la presidenza si avvicina,<br />

vorrei che i polacchi stessero insieme,<br />

proprio come nel 1980. Vorrei dire loro che<br />

questo è <strong>il</strong> modo migliore per trasmettere<br />

la vera immagine della Polonia». n<br />

UNA LEGGE CONTRO L’INTERRUZIONE DI GRAVIDANZA<br />

Attacco frontale<br />

al grande tabù<br />

Lo strano caso di una nazione moderna che<br />

si scopre pro life al 65 per cento. E ora chiede<br />

al parlamento di mettere al bando l’aborto<br />

follia mettere mano a una norma già così<br />

rigida, ma la società civ<strong>il</strong>e e diversi politici<br />

non si sono accontentati. In poche settimane<br />

hanno raccolto 600 m<strong>il</strong>a firme – sebbene<br />

ne fossero necessarie solo 100 m<strong>il</strong>a –<br />

per portare in parlamento una proposta di<br />

legge che prevede <strong>il</strong> carcere per i medici o<br />

terzi che procurino l’aborto, in qualunque<br />

caso (nessuna sanzione, invece, è prevista<br />

per le madri). «Sarebbe stato impossib<strong>il</strong>e<br />

| | 27 luglio 2011 | 35


ESTERI STRANO MA FIERO<br />

«Una società che uccide i suoi figli è senza futuro», diceva <strong>il</strong> papa polacco Giovanni Paolo II<br />

senza <strong>il</strong> lavoro di tanti movimenti e associazioni»,<br />

spiega Wojciech Murdzek, sindaco<br />

di Swidnica impegnato nella campagna<br />

in difesa della vita. Già dopo la caduta del<br />

Muro di Berlino, «come dimostra Solidarnosc,<br />

era evidente che la dittatura non aveva<br />

intaccato l’animo polacco: proliferarono<br />

movimenti e associazioni laiche e religiose.<br />

Anche per merito di Giovanni Paolo II, una<br />

guida di cui abbiamo studiato discorsi ed<br />

encicliche: “Una società che uccide i suoi<br />

figli è senza futuro”, diceva». Ancora oggi<br />

l’associazionismo è molto attivo: «Informa<br />

<strong>il</strong> paese attraverso seminari e pubblicazioni.<br />

Viene a contatto con la gente, nelle<br />

chiese e fuori, con giornate di convivenza<br />

e marce per la vita. Insieme all’impegno<br />

civ<strong>il</strong>e si propongono preghiera ed esercizi<br />

spirituali». La presenza è tale che anche<br />

la minoranza progressista conosce bene le<br />

ragioni della morale naturale: «Nessuno la<br />

percepisce come retrograda».<br />

Dziwisz contro i compromessi<br />

Non a caso hanno scritto alla Camera per<br />

difendere <strong>il</strong> nuovo disegno di legge anche<br />

alcune associazioni di avvocati: «I legislatori<br />

– scrivono – non hanno una competenza<br />

<strong>il</strong>limitata. La legge deve valutare che cosa<br />

serva o meno all’uomo. Siamo convinti che<br />

si debba difendere la vita senza eccezioni<br />

per essere avvocati del progresso internazionale<br />

dei diritti umani». Molti intellettuali<br />

hanno sottoscritto che «<strong>il</strong> divieto dell’aborto<br />

in qualsiasi caso permette di potenziare <strong>il</strong><br />

sostegno della donna» e una lettera “in difesa<br />

della donna” è stata firmata anche da 103<br />

giornaliste. «Di aiuto primario – continua<br />

Murdzek – è stato <strong>il</strong> lavoro incessante della<br />

Chiesa polacca, che non è mai scesa a patti<br />

36 | 27 luglio 2011 | |<br />

«La prima battaglia non è legale ma di fede e cultura. Non ci<br />

interessa fare la resistenza ma costruire una civ<strong>il</strong>tà. È così<br />

che in cinque anni l’opinione pubblica si è diretta in crescendo<br />

a favore della vita, in controtendenza rispetto all’Europa»<br />

e ha sempre dato le ragioni umane di ogni<br />

sua posizione. E anche questa volta i cardinali<br />

hanno fatto sentire la loro voce». In particolare<br />

quello di Cracovia, Stanislaw Dziwisz,<br />

ha ribadito: «La Chiesa insegna che i cattolici<br />

sono obbligati a non coprire <strong>il</strong> compromesso<br />

attuale e a puntare alla protezione<br />

totale della vita».<br />

La battaglia, però, non è ancora vinta.<br />

Il ddl è stato approvato dalla Camera con<br />

254 voti a favore, 151 contrari e 11 astenuti,<br />

ma deve ancora passare al vaglio del<br />

Senato, mentre <strong>il</strong> presidente polacco, Bronislaw<br />

Komorowski, ha dichiarato che «la<br />

legislazione corrente resta la migliore». Per<br />

qualcuno una bocciatura potrebbe essere<br />

un autogol per <strong>il</strong> mondo pro life: la paura<br />

è che diventi <strong>il</strong> pretesto per rimettere<br />

in discussione la legge del 1993. «Può darsi.<br />

Ma dire che la legge vigente, per quanto<br />

restrittiva, è buona sarebbe mentire: duecento<br />

aborti legali, o anche solo uno, restano<br />

una sconfitta. Su questo i pro life polacchi<br />

concordano tutti. D’altra parte le nostre<br />

armi sono sempre state le ragioni ripetute<br />

della verità». Parole che trovano una conferma<br />

nei numeri. Un sondaggio del 3 giugno<br />

scorso ha rivelato che negli ultimi cinque<br />

anni le persone favorevoli all’aborto<br />

sono diminuite dal 57 al 40 per cento, mentre<br />

i contrari sono aumentati dal 36 al 65.<br />

Secondo un sondaggio di quest’anno addirittura<br />

l’85 per cento dei polacchi si definisce<br />

“defensor vitae”.<br />

Mariusz Dzierzawski, leader della Pro<br />

Foundation, associazione che nel 2005 promosse<br />

nelle principali città polacche una<br />

clamorosa campagna di incontri, manifesti<br />

e video proiettati contro l’aborto, spiega<br />

che «la prima battaglia non è legale ma di<br />

fede e cultura: ciò che ci ha fatti uscire vincenti<br />

da decenni di dittature. Perciò, non<br />

ci interessa fare la resistenza ma costruire<br />

una civ<strong>il</strong>tà. È così che in cinque anni l’opinione<br />

pubblica si è diretta in crescendo a<br />

favore della vita, in controtendenza rispetto<br />

al resto d’Europa». Infatti la notizia della<br />

proposta di legge, arrivata inaspettata data<br />

l’azione s<strong>il</strong>enziosa del movimento civ<strong>il</strong>e, ha<br />

sconvolto <strong>il</strong> Vecchio Continente. Jeak Sapa,<br />

presidente della Fundacaji Pro, ideatore<br />

dell’iniziativa, racconta che «nessuno fuori<br />

dai confini polacchi doveva sapere, soprattutto<br />

quel mondo anglofono dove agiscono<br />

media e lobby che finanziano gli Stati per<br />

diffondere una cultura di morte». Ma come<br />

si fa a non subire l’influenza dello “spirito<br />

del tempo”? «Il regime ci ha insegnato<br />

che <strong>il</strong> nemico può essere in casa», spiega<br />

Dzierzawski. «Non che l’influsso laicista<br />

non ci tocchi, ma forse siamo più attrezzati<br />

alla lotta». Anche Sapa non sa se la battaglia<br />

politica sarà vinta oggi, ma si dice fiducioso:<br />

«Come guidò al collasso dell’Unione<br />

Sovietica siamo speranzosi che la cattolica<br />

Polonia darà la spinta anche al crollo della<br />

mentalità secolarizzata dell’Europa».<br />

Benedetta Frigerio<br />

Foto: AP/LaPresse


Foto: AP/LaPresse<br />

UNA QUESTIONE DI NUMERI<br />

Il sì allo Stato palestinese<br />

ha anche ragioni demografiche<br />

di Yasha Reibman<br />

La demografia ha un ruolo<br />

chiave in Medio Oriente.<br />

La decisione dell’allora<br />

primo ministro israeliano Ari-<br />

SE TI<br />

DIMENTICO<br />

GERUSALEMME<br />

el Sharon di ritirarsi da Gaza in modo un<strong>il</strong>aterale<br />

e la scelta di proseguire con le “dolorose concessioni”<br />

per ottenere una pace con <strong>il</strong> mondo<br />

arabo sono state spiegate con ragioni demografiche.<br />

Israele, disse Sharon, deve scegliere se vuole<br />

continuare a essere nello stesso tempo uno Stato<br />

ebraico e democratico o se intende abbandonare<br />

una delle due caratteristiche. Se si vuole che<br />

Israele resti uno Stato democratico a maggioranza<br />

ebraica diventa necessario anche per gli stessi<br />

israeliani lasciare che nasca un altro stato arabo,<br />

lo Stato palestinese, e che <strong>il</strong> numero più grande<br />

di arabi possa vivere lì e non in Israele. Sempre<br />

per le stesse dinamiche demografiche, gli israeliani<br />

non possono accettare che m<strong>il</strong>ioni di persone<br />

con lo status di profughi palestinesi possano<br />

andare a vivere in Israele trasformandolo immediatamente<br />

nell’ennesimo paese a maggioranza<br />

musulmana (e quanti, invece, vorrebbero la<br />

scomparsa di Israele sperano e si adoperano perché<br />

questo avvenga). Per questo in Israele si cerca<br />

di capire, con più apprensione che in Italia<br />

(dove pure siamo in allarme per la famosa fuga<br />

dei cervelli), quante siano le persone che scelgono<br />

di andare a vivere all’estero. Si studia <strong>il</strong> fenomeno,<br />

se sia contenuto o stia diventando di massa.<br />

Non mancano gli allarmisti, che, forse senza<br />

saperlo, ricalcano una provocazione dello scrittore<br />

Ph<strong>il</strong>ip Roth e immaginano gli israeliani abbandondare<br />

in massa <strong>il</strong> sionismo e abbracciare<br />

<strong>il</strong> diasporismo; Israele, nato per consentire finalmente<br />

una vita sicura agli ebrei, si starebbe trasformando<br />

in una trappola, oggi un ebreo sarebbe<br />

più tranqu<strong>il</strong>lo a Central Park a Manhattan<br />

che al Muro del Pianto. Altri, come l’italiano Sergio<br />

Della Pergola, professore all’università di Gerusalemme,<br />

studiano i flussi migratori in entrata<br />

e in uscita e dimostrano che <strong>il</strong> numero degli<br />

israeliani che vanno a vivere fuori dal paese rappresenta<br />

un elemento fisiologico.<br />

PLAUSI<br />

E BOTTE<br />

LA VIA DI BENEDETTO XVI<br />

Il miglior vaccino anti-Aids è<br />

rispettare la dignità dell’uomo<br />

di Angela Ambrogetti<br />

Tra i viaggi nell’agenda di Benedetto Xvi per <strong>il</strong><br />

2011 c’è la visita in Benin per consegnare<br />

all’Africa i risultati del Sinodo del 2009. Pro-<br />

IL PORTONE<br />

poste per affrontare guerra, fame, neocolonialismo DI BRONZO<br />

e Aids. Per questo nel mese di luglio <strong>il</strong> Papa chiede<br />

ai cristiani di pregare per «alleviare, specialmente nei paesi più poveri,<br />

la sofferenza materiale e spirituale degli ammalati di Aids». La<br />

Chiesa cattolica si occupa del 25 per cento dei malati di Hiv di tutto<br />

<strong>il</strong> mondo, eppure è sempre etichettata come «insensib<strong>il</strong>e e retrograda».<br />

È successo a Benedetto XVI quando, in volo verso l’Africa, ha<br />

detto che la distribuzione di condom a pioggia aggrava l’epidemia.<br />

Lo scorso 10 giugno, all’incontro nella 65esima sessione dell’Assemblea<br />

generale dell’Onu a New York, l’arcivescovo Chullikat ha ripetuto<br />

che «l’unico mezzo efficace, sano e praticab<strong>il</strong>e» è la scelta dei<br />

comportamenti: «Astinenza prima del matrimonio e fedeltà reciproca<br />

per le coppie sposate», e i genitori hanno «<strong>il</strong> diritto, la responsab<strong>il</strong>ità<br />

e <strong>il</strong> dovere di insegnare ai bambini un comportamento di vita<br />

responsab<strong>il</strong>e». Tutto si basa su una scelta fondamentale: <strong>il</strong> rispetto<br />

della dignità dell’uomo. Per questo non si può parlare di “popolazioni<br />

a rischio”, che rende le persone delle “cose”. E tanto meno di “lavoratori<br />

del sesso”, come se, ha detto <strong>il</strong> rappresentante vaticano, la<br />

prostituzione fosse «una legittima forma di lavoro». Ecco perché <strong>il</strong><br />

Papa chiede di pregare: i problemi grandi li possiamo risolvere solo<br />

nella prospettiva più grande dell’amore di Dio .<br />

| | 27 luglio 2011 | 39


CULTURA<br />

40 | 27 luglio 2011 | |<br />

DAI ROMANZI AI FILM<br />

Il lato oscuro<br />

di Hollywood<br />

Eroi sempre in b<strong>il</strong>ico tra <strong>il</strong> bene e <strong>il</strong> male, inseguiti<br />

da una sorte spietata. Ma pur sempre uomini.<br />

Elogio del noir, uno st<strong>il</strong>e di vita che in pochi anni<br />

ha ispirato numerosi capolavori. Conquistando<br />

anche giganti come Bogart, Mitchum e Douglas<br />

È<br />

semplicemente <strong>il</strong> territorio non dei<br />

grandi, ma dei grandissimi. Ci hanno<br />

lavorato praticamente tutti<br />

i grandi maestri del cinema (Kubrick,<br />

Hitchcock, Huston, Welles, W<strong>il</strong>der,<br />

Polanski, Aldrich, Hawks) e le star leggendarie<br />

come Humphrey Bogart, Lauren<br />

Bacall, Orson Welles, Robert Mitchum,<br />

Cary Grant, Rita Hayworth, Barbara<br />

Stanwyck, W<strong>il</strong>liam Holden, Jack Nichol-<br />

son. È <strong>il</strong> noir, più che un genere letterario<br />

uno st<strong>il</strong>e di vita, che nel giro di una manciata<br />

d’anni, a cavallo della Seconda guerra<br />

mondiale, generò capolavori su capolavori,<br />

al cinema e sulla carta stampata,<br />

e condizionò per sempre l’immaginario<br />

collettivo se è vero che ancora oggi vanta<br />

innumerevoli, fiacchi, tentativi d’imitazione<br />

e una caterva di registi cercano di<br />

riprenderne le atmosfere, imitarne i dia-<br />

loghi serrati, riproporre <strong>il</strong> romanticismo<br />

cupo di quegli eroi solitari.<br />

Diffic<strong>il</strong>e dare una definizione del genere,<br />

più semplice dire che cosa non si troverà<br />

mai in un romanzo noir o hard-bo<strong>il</strong>ed<br />

per dirla con gli Americani. Non si troverà<br />

mai un enigma da risolvere, magari con<br />

le sole forze del raziocinio alla maniera<br />

di Conan Doyle o della Christie. Gli indizi<br />

non saranno mai chiari e non ci saranno


uoni e cattivi ben riconoscib<strong>il</strong>i e separati.<br />

Il noir, cioè, è <strong>il</strong> territorio delle tenebre,<br />

dove nulla è mai molto chiaro, nemmeno<br />

la storia, complicatissima, barocca, un<br />

groviglio di personaggi e situazioni, in cui<br />

i primi a procedere a tentoni sono proprio<br />

gli scrittori. Le città in notturna che sembrano<br />

giungle tentacolari (da cui <strong>il</strong> titolo<br />

bellissimo di un noir di John Huston:<br />

Giungla d’asfalto), le donne, sirene irresi-<br />

stib<strong>il</strong>i e pronte a fregarti, gli amici perduti<br />

con cui hai trascorso la giovinezza e che<br />

hanno buttato via la vita tra alcool e debiti.<br />

E ancora: <strong>il</strong> detective squattrinato, non<br />

più giovanissimo, con uno sguardo disincantato<br />

sul mondo, sempre solo ma pronto<br />

a rischiare la vita per un amico con cui<br />

condividere più dolori che gioie della vita:<br />

sono questi gli elementi tipici del genere.<br />

Basterebbe l’incipit del memorab<strong>il</strong>e Il lun-<br />

IL MISTERO DEL FALCO<br />

<strong>il</strong> libro di Dashiell Hammett<br />

È <strong>il</strong> romanzo che inventò <strong>il</strong> genere.<br />

Portato sullo schermo un paio<br />

di volte, la seconda versione<br />

(1941) firmata da John Huston<br />

è entrata nella leggenda con<br />

Humphrey Bogart (a sinistra e<br />

sotto con Mary Astor e Peter<br />

Lorre). Attorno al ritrovamento<br />

del falcone – oggetto da collezione<br />

– si stagliano loschi figuri come <strong>il</strong><br />

detective Sam Spade e l’ambigua<br />

Brigid O’Shaugnessy, prototipo<br />

di dark lady. St<strong>il</strong>e sobrio, dialoghi<br />

serrati, con una battuta finale (nel<br />

f<strong>il</strong>m) da ricordare. Di cosa è fatta<br />

la statuetta? «Della materia di cui<br />

sono fatti i sogni».<br />

IL GRANDE SONNO<br />

<strong>il</strong> libro di Raymond Chandler<br />

L’esordio di Chandler e <strong>il</strong> primo<br />

di una serie di romanzi con Ph<strong>il</strong>ip<br />

Marlowe protagonista. La storia<br />

prende le mosse dalla richiesta di<br />

aiuto a Marlowe da parte di un<br />

anziano generale, paraplegico e<br />

ricchissimo, che ha ricevuto alcuni<br />

biglietti ricattatori. Seguiranno<br />

delitti, ricatti con al centro della<br />

vicenda la figlia minore del generale.<br />

Portato due volte sul grande<br />

schermo. Quello di Howard Hawks<br />

(1946), sceneggiato da W<strong>il</strong>liam<br />

Faulkner con la coppia Bogart-<br />

Bacall (sotto), è un capolavoro.<br />

go addio di Raymond Chandler (altro titolo<br />

bellissimo: i noir sono spesso leggendari<br />

a partire dal titolo) per innamorarsi per<br />

sempre del romanzo “notturno”.<br />

«Quando lo vidi per la prima volta, Terry<br />

Lennox era ubriaco in una Rolls Royce fuori<br />

serie, di fronte alla terrazza del Dancers.<br />

Il custode del parcheggio aveva portato fuori<br />

la macchina e continuava a tenere lo<br />

| | 27 luglio 2011 | 41


CULTURA DAI ROMANZI AI FILM<br />

IL POSTINO SUONA<br />

SEMPRE DUE VOLTE<br />

<strong>il</strong> libro di James Mallahan Cain<br />

Capolavoro di Cain, è un classico<br />

del noir erotico. È la storia di un<br />

delitto con castigo nella provincia<br />

americana. Lui è un vagabondo<br />

che trova impiego come manovale<br />

in una stazione di servizio. Lei è<br />

splendida, è sexy ma è la moglie<br />

del capo. Diventati amanti progettano<br />

<strong>il</strong> delitto perfetto, ma qualcosa<br />

va storto e i sensi di colpa affiorano.<br />

Romanzo breve ma ricco di<br />

suspense e con una carica erotica<br />

impressionante. Fatto per <strong>il</strong> cinema<br />

più volte (a destra, Jack Nicholson<br />

e Jessica Lange nel 1981), ma<br />

senza grande passione.<br />

L’ASSASSINO CHE È IN ME<br />

<strong>il</strong> libro di Jim Thompson<br />

Il romanzo più malato e inquietante<br />

di Thompson, sceneggiatore<br />

di Kubrick per Orizzonti di gloria<br />

e Rapina a mano armata e autore<br />

di romanzi pulp, fortemente nich<strong>il</strong>isti.<br />

Non è per tutti, ma scrive<br />

da Dio. L’assassino che è in me<br />

– rifatto per <strong>il</strong> cinema malamente<br />

l’anno scorso (a destra, Casey<br />

Afflek nei panni di Lou Ford;<br />

sotto, insieme a Kate Hudson) – è<br />

un racconto in prima persona<br />

di un vicesceriffo psicopatico e<br />

delle sue “imprese”. Non manca<br />

la violenza, anche esibita, ma non<br />

manca neanche <strong>il</strong> dolore nello<br />

scavo di un personaggio, solo con<br />

se stesso e reietto dalla società.<br />

APPUNTAMENTI IN NERO<br />

<strong>il</strong> libro di Cornell Woolrich<br />

Il più straziante. È in pratica un<br />

melodramma combinato con le<br />

atmosfere del noir. E lo scrive<br />

Woolrich, autore assai prolifico<br />

di noir e di giallo, amatissimo dal<br />

cinema. Capitolo finale di una<br />

tetralogia di romanzi neri, è <strong>il</strong><br />

racconto di un giovane sul punto<br />

di sposarsi che, perduta l’amata<br />

per un crudele scherzo del destino,<br />

decide di vendicarsi col mondo<br />

e di far patire ad altre coppie la<br />

sua stessa sofferenza. Splendido e<br />

struggente, mette in crisi <strong>il</strong> lettore<br />

che non sa più se commuoversi<br />

per la vicenda del k<strong>il</strong>ler addolorato<br />

o per i poveracci che ammazza.<br />

sportello aperto perché Terry Lennox lasciava<br />

penzolare <strong>il</strong> piede sinistro come se avesse<br />

dimenticato di possederlo. Aveva un volto<br />

giovan<strong>il</strong>e, ma i capelli di un bianco calcinato.<br />

Bastava guardarlo negli occhi per capire<br />

ch’era saturo d’alcool fino alla radice dei<br />

capelli, ma per <strong>il</strong> resto aveva l’aria di un<br />

qualsiasi simpatico giovanotto in abito da<br />

sera che si fosse lasciato vuotare <strong>il</strong> portafogli<br />

in un locale esistente solo a tale scopo».<br />

Ecco: la storia di Terry e Ph<strong>il</strong>ip Marlowe,<br />

<strong>il</strong> detective protagonista di tutti i<br />

romanzi di Chandler. Una storia di amicizia,<br />

di uno che cerca di tirare fuori dai<br />

guai l’altro incasinato coi soldi, con le don-<br />

42 | 27 luglio 2011 | |<br />

Il noir è sempre una storia di amicizia, l’indagine è volta non solo a<br />

cercare <strong>il</strong> colpevole, ma a capire perché donne e sogni ci fregano sempre<br />

ne-squalo, epperò bellissime, di cui non si<br />

può fare a meno.<br />

Il noir è sempre una storia di amicizia,<br />

in cui l’indagine è volta non solo a cercare<br />

<strong>il</strong> colpevole di un omicidio o di un ricatto,<br />

ma a capire perché le donne e i sogni ci fregano<br />

sempre e perché sentiamo, nonostante<br />

tutto, <strong>il</strong> bisogno di credere: nell’amore,<br />

nell’amicizia, in una fedeltà che duri per<br />

sempre. Il tutto raccontato, spesso in prima<br />

persona, in uno st<strong>il</strong>e profondamente realistico<br />

che va subito al sodo. Appunto hardbo<strong>il</strong>ed.<br />

In molti hanno visto nel noir <strong>il</strong> corrispettivo<br />

metropolitano del western, l’altro<br />

genere letterario e cinematografico fondante<br />

la cultura americana. L’ambienta-<br />

zione cambia, ma le dinamiche personali<br />

sono le stesse: l’amicizia vir<strong>il</strong>e, <strong>il</strong> rapporto<br />

con la donna, la presenza del male nel<br />

mondo. La differenza, almeno rispetto al<br />

primo western, quello del primo Ford, sta<br />

nello sguardo cupo e pessimista sul mondo.<br />

I fantasmi del passato<br />

Se <strong>il</strong> western celebrava <strong>il</strong> mito della Frontiera,<br />

cioè <strong>il</strong> mito dell’America per tutti, anche<br />

per quelli non proprio lindi e puliti (in<br />

Ombre rosse John Wayne difendeva e voleva<br />

bene a una prostituta, suscitando scandalo<br />

tra i benpensanti), <strong>il</strong> noir è <strong>il</strong> racconto<br />

di chi non ce l’ha fatta. Di chi ha ceduto al<br />

Lato Oscuro ed è rimasto indietro. Di chi ha


LA FIAMMA DEL PECCATO<br />

<strong>il</strong> f<strong>il</strong>m di B<strong>il</strong>ly W<strong>il</strong>der<br />

Memorab<strong>il</strong>e noir di W<strong>il</strong>der, tratto<br />

da un romanzo breve di Cain.<br />

Girato nel 1944, sceneggiato<br />

da Chandler con un cast di star<br />

(Edward G. Robinson, Barbara<br />

Stanwick, a sinistra) racconta<br />

la storia di Walter Neff, un assicuratore<br />

adescato dalla moglie<br />

di un cliente che lo convince ad<br />

ammazzare <strong>il</strong> marito per intascarsi<br />

<strong>il</strong> premio. Ma le cose, come sempre<br />

nei noir, non andranno secondo<br />

lo schema prestab<strong>il</strong>ito. Tesissimo,<br />

colmo di ironia tragica, è esemplare<br />

per capire cosa è un noir.<br />

Un uomo messo in trappola da un<br />

destino che non lascia scampo.<br />

LE CATENE DELLA COLPA<br />

<strong>il</strong> f<strong>il</strong>m di Jacques Tourneur<br />

Titolo meraviglioso per un capolavoro<br />

che è la quintessenza del noir,<br />

diretto da un grande regista purtroppo<br />

poco noto. Kirk Douglas e<br />

Robert Mitchum recitano insieme<br />

per innamorarsi del f<strong>il</strong>m. Mitchum<br />

(a sinistra con Jane Greer) gestisce<br />

una stazione di servizio e<br />

sogna una vita tranqu<strong>il</strong>la con la<br />

sua bella. Ma i fantasmi del passato<br />

ritornano e non gli danno tregua.<br />

Atmosfere di provincia cupe,<br />

fotografia nerissima. Il destino di<br />

Mitchum sembra già segnato.<br />

DETOUR<br />

<strong>il</strong> f<strong>il</strong>m di Edgar George Ulmer<br />

B movie girato con quattro soldi<br />

da un regista tanto geniale quanto<br />

sfortunato. Un pianista squattrinato<br />

(Tom Neal, a sinistra) cerca<br />

di raggiungere in autostop la sua<br />

ragazza, a Hollywood. Il conducente<br />

della macchina muore per<br />

un malore. Il pianista decide di<br />

sostituirsi a lui temendo di essere<br />

accusato dell’omicidio. Le cose precipitano<br />

quando viene riconosciuto<br />

da una donna (Ann Savage, a sinistra).<br />

68 minuti di tensione senza<br />

un attimo di respiro. La leggenda<br />

dice che venne girato e montato in<br />

qualche settimana. Da antologia la<br />

sequenza dell’omicidio involontario<br />

con la corda del telefono.<br />

amato genuinamente ma non è stato ricambiato<br />

e ha affogato i dispiaceri nell’alcool<br />

e nelle donnacce. Oppure di chi, semplicemente,<br />

è scomparso, triste e solo.<br />

C’entra in questo, probab<strong>il</strong>mente, la<br />

vicenda di tanti scrittori che pubblicavano<br />

i propri romanzi a puntate (nella mitica<br />

rivista Black Mask), per pagarsi le bollette<br />

e che vivevano in bettole, considerati<br />

scrittori da quattro soldi dagli editori.<br />

Dashiell Hammett, Raymond Chandler,<br />

Jim Thompson, lo sceneggiatore pred<strong>il</strong>etto<br />

da Kubrick, e Cornell Woolrich, l’autore de<br />

La finestra sul cort<strong>il</strong>e hanno avuto una vita<br />

travagliata: la loro grandezza è stata riconosciuta<br />

postuma, hanno vissuto di lavori<br />

e lavoretti (Hammett era davvero un detective,<br />

Chandler lavorava nel ramo petrolifero)<br />

e hanno finito la loro vita in solitudine,<br />

LA MORTE CORRE SUL FIUME<br />

<strong>il</strong> f<strong>il</strong>m di Charles Laughton<br />

È <strong>il</strong> capolavoro americano per<br />

eccellenza. Diretto da un attore<br />

inglese al suo primo e unico f<strong>il</strong>m<br />

come regista. È un noir ma anche<br />

una favola gotica che sconfina<br />

nell’horror. Un f<strong>il</strong>m metaforico<br />

e intessuto di simboli religiosi.<br />

Prima di essere giustiziato, <strong>il</strong><br />

padre dà ai figli un tesoro che<br />

loro nascondono. La madre si<br />

risposa con un reverendo (Robert<br />

Mitchum, a destra) che ha tatuate<br />

sulle nocche le parole love e hate.<br />

Lui punta al tesoro e fa fuori la<br />

moglie. I ragazzi scappano, sul<br />

fiume, ma sono incalzati da questo<br />

diavolo vestito da prete.<br />

L’INFERNALE QUINLAN<br />

<strong>il</strong> f<strong>il</strong>m di Orson Welles<br />

Scritto, interpretato e diretto<br />

da Welles. È uno dei suoi tanti<br />

capolavori massacrati dalla<br />

produzione. Solo recentemente<br />

è uscito <strong>il</strong> director’s cut che<br />

restituisce la bellezza del f<strong>il</strong>m. Al<br />

confine tra Messico e Stati Uniti,<br />

Mike Vargas (Charlton Heston,<br />

sotto e a destra con Janet Leigh)<br />

è in luna di miele con la moglie,<br />

Susan Vargas, quando per caso<br />

assistono all’omicidio di un ricco<br />

imprenditore. Vargas cerca di<br />

investigare, ma la sua presenza<br />

è malvista dal capitano di polizia<br />

Hank Quinlan (Welles). Nerissimo<br />

e cupo, con uno straordinario e<br />

obeso Orson Welles. È <strong>il</strong> momento<br />

più alto del noir prima della decadenza<br />

degli anni Sessanta.<br />

annegando <strong>il</strong> dolore nella bottiglia proprio<br />

come i loro personaggi.<br />

Diversamente, i registi che si sono accostati<br />

al noir, hanno conosciuto la gloria in<br />

vita, ma nel noir hanno espresso i fantasmi<br />

del loro passato. Molti dei registi che hanno<br />

lavorato nel genere è gente scappata dal<br />

nazismo. Un caso incredib<strong>il</strong>e è quello di<br />

Fritz Lang, considerato <strong>il</strong> maggior talento<br />

tedesco nel cinema, che dopo aver ricevuto<br />

da Goebbels l’incarico di presiedere l’industria<br />

cinematografica in Germania scappò<br />

(<strong>il</strong> giorno dopo!) negli Stati Uniti. Fu abbandonato<br />

dalla moglie che preferì i nazisti<br />

e conobbe oltreoceano più insuccessi che<br />

altro. Ci sono altre vicende di espatriati per<br />

forza: gli austriaci B<strong>il</strong>ly W<strong>il</strong>der (La fiamma<br />

del peccato, Viale del tramonto) e Edgar G.<br />

Ulmer (Detour), <strong>il</strong> tedesco Robert Siodmak<br />

(La scala a chiocciola, I gangsters), l’ebreo<br />

ucraino Edward Dmytryk (L’ombra del passato).<br />

Come diceva Raymond Chandler parlando<br />

del suo mentore Dashiell Hammett:<br />

«Ha restituito <strong>il</strong> delitto alla gente che lo<br />

commette per un motivo, e non semplicemente<br />

per fornire un cadavere ai lettori;<br />

e con mezzi accessib<strong>il</strong>i, non con pistole<br />

da duello intarsiate, curaro e pesci tropicali».<br />

La vita e la morte e tutto quello che c’è<br />

in mezzo: sogni e delitti, inganni e passioni,<br />

speranza e cinismo. L’altalena del cuore<br />

dell’uomo, sempre in b<strong>il</strong>ico tra bene e<br />

male, è al centro di questi romanzi e f<strong>il</strong>m<br />

unici. Anche perché, come ricordava spesso<br />

ancora Chandler, che tendeva a parlare<br />

come <strong>il</strong> suo detective: «Io vedo <strong>il</strong> bene, ma<br />

faccio <strong>il</strong> male. E mi spiace».<br />

Simone Fortunato<br />

| | 27 luglio 2011 | 43


CULTURA IN LIBRERIA<br />

Uno scherzo<br />

amico<br />

del destino<br />

Un giornalista pigro e “marchettaro”, uno<br />

scoop in Australia e un compagno di giochi<br />

ritrovato. L’ultimo romanzo di Perrone è<br />

un’ode schietta alla provvidenzialità degli<br />

imprevisti. Che ti guardano negli occhi<br />

C’è un<br />

destino sordo, a cui qualunque<br />

giornalista, persino <strong>il</strong> più<br />

indipendente di testa, persino <strong>il</strong><br />

più paladino dei diritti civ<strong>il</strong>i, si deve piegare.<br />

La marchetta. La si fa a destra, come<br />

a sinistra; in tv come nei cartacei, e persino<br />

sui blog. Non c’è innovazione che tenga,<br />

la vecchia legge della marchetta insegue<br />

comunque <strong>il</strong> cronista. La marchetta, in gergo,<br />

sta per quella prestazione occasionale<br />

fatta senza badare alla nob<strong>il</strong>tà della testata,<br />

ma esclusivamente al portafogli (dell’editore<br />

o del prestatore d’opera, ovvero, <strong>il</strong> giornalista).<br />

C’è chi questa situazione la subisce<br />

suo malgrado, e si tura <strong>il</strong> naso, o chi la<br />

esegue con innata eleganza. E poi c’è chi fa<br />

come lo “Schiappa”, Sebastiano Schiappacasse,<br />

cronista dal nome disgraziato e dal<br />

destino fortunato, che fa l’inviato sportivo<br />

per un grande quotidiano m<strong>il</strong>anese e nel<br />

tempo libero è un industrioso della marchetta.<br />

Ma soprattutto, lo Schiappa è anche<br />

<strong>il</strong> protagonista dell’ultimissimo romanzo<br />

di Roberto Perrone, Occhi negli occhi, appena<br />

edito da Mondadori, pronto da portare<br />

sotto l’ombrellone.<br />

In un certo senso, lo Schiappa incarna<br />

<strong>il</strong> sogno dell’italiano medio. Il suo lavoro<br />

consiste nel non perdersi una partita allo<br />

stadio, poi nel tempo libero Schiappacasse<br />

44 | 27 luglio 2011 | |<br />

si è concesso con felicità al magico mondo<br />

della marchetta, conosciuta forse tardi ma<br />

non troppo, tanto da diventare «un tecnico<br />

del mi vendo per poco, ma mi vendo tanto».<br />

Scrive di calcio per <strong>il</strong> giornale, e poi riempie<br />

<strong>il</strong> tempo e <strong>il</strong> conto in banca con i pezzi<br />

su Badmington e tennis su riviste specializzate,<br />

le ospitate per una televisione locale<br />

in quel di Crema (che lo ripaga, con suo<br />

grande piacere, in natura, con cestoni di<br />

salami e grana), persino le interviste per un<br />

mens<strong>il</strong>e dei preti. La marchetta non è più<br />

routine, è quasi la ragione della sua quotidianità:<br />

ecco perché, quando una domenica<br />

pomeriggio di febbraio <strong>il</strong> vicedirettore<br />

del grande giornale m<strong>il</strong>anese lo convoca<br />

all’improvviso, impedendogli di ultimare i<br />

pezzi sul badmington, lo Schiappa non la<br />

prende molto bene. Tanto peggio la prende,<br />

però, quando lo Schiappa apprende <strong>il</strong> motivo<br />

della convocazione.<br />

Il giornale lo vuol spedire in Australia,<br />

per quella che è la seconda maledizione<br />

del cronista italiano: l’ossessione dei<br />

direttori per «una storia solo nostra», quegli<br />

articoli e idee che gli altri giornali non<br />

hanno e un tempo erano noti come scoop.<br />

Non solo, ma allo Schiappa tocca proprio<br />

una storia “sua”. In Australia deve andare<br />

a ritrovare quello che era <strong>il</strong> suo migliore<br />

amico e alter ego di successo, quel Michele<br />

Monari che da giornalista era diventato<br />

una star, autore di best seller e scoop su<br />

Mani pulite, fino a che un bel giorno non<br />

era scomparso nel nulla. Ma ora Michele è<br />

riapparso, per di più in grande. È stato ricoverato<br />

in ospedale ustionato, perché ha salvato<br />

da un rogo diverse persone.


Tutto questo è solo l’avvincente incipit<br />

di Occhi negli occhi: che si dipana, nelle<br />

pagine successive, con una storia ugualmente<br />

trascinante. Nella mente dello Schiappa,<br />

infatti, a parte la noia per la brusca interruzione<br />

della routine, riaffiorano uno per<br />

uno, come piccoli sp<strong>il</strong>li che pungono ancora<br />

<strong>il</strong> cuore, i ricordi che legano <strong>il</strong> giornalista<br />

un’aMicizia<br />

occhi<br />

negli occhi<br />

R. Perrone<br />

Mondadori<br />

19 euro<br />

Schiappacasse, cronista<br />

dal nome disgraziato<br />

e dal destino fortunato,<br />

fa l’inviato sportivo per un<br />

quotidiano m<strong>il</strong>anese e nel<br />

tempo libero è un cultore<br />

della marchetta. Fino a che<br />

i canguri non lo strappano<br />

alla sua amata routine<br />

sportivo e Michele. Prima riaffiora alla mente<br />

quella prima estate in cui si incontrarono,<br />

a Rapallo, tra partite di calcio e le lunghe<br />

gambe di Martina, la bellissima sorella<br />

di un compagno di giochi, di cui lo Schiappa<br />

si innamora, prima che Michele gliela<br />

porti via. Poi seguono gli anni del liceo a<br />

Chiavari, le trasferte da Genova in treno e la<br />

nascita della fraterna amicizia con Michele,<br />

tanto magnetico da attrarre tutti.<br />

Michele, sempre <strong>il</strong> più figo<br />

E poi, ancora, l’estate dei diciotto anni,<br />

quella in cui Michele scompare all’improvviso,<br />

senza dare notizie all’amico fraterno<br />

e alla bella Martina: al suo ritorno, Michele<br />

racconterà allo Schiappa con entusiasmo<br />

dell’ultima avventura negli Stati Uniti, al<br />

seguito di una stupenda americana che gli<br />

ha risvegliato i sensi, e chiederà a Schiappa<br />

di scaricare la ex al posto suo. E infine,<br />

gli anni all’Università di f<strong>il</strong>osofia, quando<br />

Michele allo Schiappa “soffia” pure la<br />

passione per la scrittura, lanciandosi con<br />

maggior successo nel mondo del giornalismo.<br />

Ma i due rimangono sempre amici<br />

fraterni, malgrado i successi, Michele è<br />

uno che è impossib<strong>il</strong>e non amare, anche se<br />

ti soffia sempre ogni nuovo amore, come<br />

fa per quello nuovo dello Schiappa, la Glo-<br />

ria, che addirittura sposerà. Ma<br />

allora perché Michele, all’apice<br />

del successo e circondato da<br />

donne innamoratissime, all’improvviso<br />

scompare nel nulla? E<br />

cos’è andato a fare in Australia,<br />

perché proprio all’altro capo del<br />

mondo? Lo Schiappa inizia a<br />

seguire le deboli tracce lasciate<br />

dall’amico, ritrovato suo malgrado.<br />

E suo malgrado, intanto,<br />

fa anche un delizioso incontro:<br />

con Carol, la giovane cameriera di un bar<br />

che gli ruba i sensi una sera, e pian piano<br />

gli prende <strong>il</strong> cuore.<br />

«È una storia che lega alcune mie passioni»<br />

spiega Roberto Perrone. «Quella per<br />

<strong>il</strong> viaggio, naturalmente, ma soprattutto<br />

la passione per <strong>il</strong> giornalismo. Ed è sicuramente<br />

anche <strong>il</strong> romanzo più autobiografico<br />

che abbia scritto, anche se <strong>il</strong> personaggio<br />

di Schiappa non è proprio del tutto uguale<br />

uguale». Sebbene infatti anche <strong>il</strong> protagonista<br />

sia ligure, in carne, e appassionato di<br />

calcio e cucina come lui, Perrone è senz’altro<br />

più affascinante. E questo non lo si scrive<br />

in virtù della sua amicizia col direttore di<br />

codesta testata. Spiega Perrone che «anche<br />

Michele è ispirato ad uno dei miei più cari<br />

amici, uno di quelli che cuccano sempre,<br />

anche se nella realtà l’amico è meno stronzo.<br />

Per fortuna mia, i nostri destini amorosi,<br />

infatti, scorrevano lontani. Nel libro, troviamo<br />

Schiappa che si è costruito un equ<strong>il</strong>ibrio<br />

a prova di sentimenti e con tutte le forze<br />

vi si aggrappa, perché non venga cambiato.<br />

Ma <strong>il</strong> destino si manifesta sotto varie forme,<br />

e qui lo fa attraverso <strong>il</strong> ritorno dell’amico,<br />

un viaggio, l’amore per una bella ragazza:<br />

Schiappa sa dall’inizio che lasciarsi<br />

andare a quel destino che non si è costruito<br />

lui lo cambierà, eppure, per la prima volta<br />

in vita sua, si lascia guidare dalla vita».<br />

Insomma, automarchetta dell’autore a <strong>Tempi</strong>,<br />

«è un romanzo bello, che si legge bene».<br />

Chiara Rizzo<br />

| | 27 luglio 2011 | 45


SPONSOR ISLAMICI AL MONDO ACCADEMICO<br />

Ora coi petrodollari si compra<br />

perfino la nostra cultura<br />

di Giorgio Israel<br />

Il politico egiziano ahmed ezz el-arab, vicepresidente del partito liberale Wafd,<br />

intervenendo in Ungheria a un convegno su democrazia e diritti umani, ha<br />

dichiarato che «la Shoah è una menzogna, <strong>il</strong> libro di Anna Frank un falso e<br />

gli attentati dell’11 settembre a New York made in Usa». Ha persino aggiunto che,<br />

durante la guerra in Iraq, «soldati americani con nazionalità israeliana e di religione<br />

ebraica» avrebbero trafugato reperti del periodo della cattività bab<strong>il</strong>onese e<br />

li avrebbero sotterrati a Gerusalemme sotto la moschea di Al Aqsa per rafforzare<br />

le pretese ebraiche sul Monte del <strong>Tempi</strong>o.<br />

purtroppo, questo è solo un esempio clamoroso di un negazionismo e di un<br />

odio antiebraico che si sta diffondendo nel mondo musulmano in quanto è visto<br />

come l’arma più efficace per mob<strong>il</strong>itare come alleata l’area dell’antisemitismo<br />

PANE AL PANE<br />

tradizionale che vive e prolifera in Occidente. Se l’argomentazione propagandistica si restringesse<br />

al tema specifico del conflitto mediorientale – magari anche ricorrendo a baggianate come l’ac-<br />

cusa a Israele di fare una politica di apartheid – sarebbe<br />

spiacevole ma resterebbe entro i confini dello scontro politico.<br />

Invece, qui siamo di fronte all’uso spregiudicato – e<br />

anche infame, in quanto fa ricorso alle tematiche del peggiore<br />

negazionismo – dell’antisemitismo classico.<br />

giulio Meotti ha raccontato sul Foglio la vicenda della<br />

chiusura, presso la prestigiosa università statunitense di<br />

Yale, del primo centro al mondo interamente dedicato allo<br />

studio scientifico delle forme dell’antisemitismo: la Yale Initiative for Interdisciplinary Study of<br />

Antisemitism. Il peccato mortale del centro è stato di parlare delle forme di antisemitismo che allignano<br />

nel mondo islamico e palestinese, e di aver promosso iniziative concernenti la democrazia<br />

in Iran, alle quali erano stati invitati numerosi dissidenti. Le pressioni degli ambasciatori dei paesi<br />

islamici e, in particolare, dei rappresentanti palestinesi si è fatta insostenib<strong>il</strong>e e <strong>il</strong> centro è stato<br />

chiuso. Si dice che verrà riaperto un altro centro sulla stessa tematica, ma con esclusione di ogni<br />

riferimento a quel che accade nel mondo islamico e in Iran in particolare… Insomma, come<br />

al solito, si riesce a malapena a salvare gli ebrei morti. Quanto a quelli vivi peggio per<br />

loro. Peraltro a dissacrare gli ebrei morti ci pensano personaggi come Ezz El-Arab. Questa<br />

vicenda si connette al brulicare di antisemitismo nel mondo accademico inglese e alla<br />

“scoperta” che le più prestigiose istituzioni accademiche britanniche sono ostaggio<br />

dei petrodollari. Non è un caso che tutto questo avvenga nel contesto di una drammatica<br />

crisi economica dell’Occidente, in balìa dei mostri finanziari che esso stesso ha evocato e<br />

che non riesce a controllare, con l’Europa sotto <strong>il</strong> tiro della speculazione internazionale e<br />

gli Stati Uniti sull’orlo del “default”. In questa situazione, se non ci sono più i quattrini<br />

per sostenere <strong>il</strong> settore m<strong>il</strong>itare, figuriamoci se ve ne sono per sostenere<br />

l’istruzione. Così, i petrodollari islamici stanno comprando man mano tutte<br />

le istituzioni educative e culturali dell’Occidente. Quali usi ne vogliano fare<br />

è fin troppo chiaro. Fra questi emerge quello dell’antisemitismo come<br />

clava contro Israele, e contro l’Occidente stesso, sgretolandolo attraverso<br />

l’evocazione del “suo” antisemitismo e del mostro del negazionismo.<br />

in forme assai diverse, nel secolo scorso fu una crisi economica a devastare<br />

l’Europa e anche allora l’antisemitismo giocò un ruolo cruciale.<br />

Ma di questa passo sarà possib<strong>il</strong>e parlare di questa storia soltanto attraverso<br />

le veline di Teheran.<br />

L’Occidente è in balìa di una drammatica<br />

situazione economica: l’Europa è sotto <strong>il</strong> tiro<br />

della speculazione internazionale. Non ci sono<br />

quattrini per <strong>il</strong> settore m<strong>il</strong>itare, figuriamoci<br />

se ve ne sono per sostenere l’istruzione<br />

INTELLETTUALE<br />

CURA<br />

TE STESSO<br />

| | 27 luglio 2011 | 47


L’ITALIA<br />

CHE LAVORA<br />

Gli chef<br />

della pausa<br />

pranzo<br />

Nel 1979, nella M<strong>il</strong>ano da bere, tre amici hanno<br />

dato vita a un’insolita paninoteca, dove mangiare<br />

rapidamente senza rinunciare alla qualità. E da oltre<br />

trent’anni la loro ricetta è sempre la stessa: «Il pane<br />

è solo la cornice di un capolavoro». E del successo<br />

Solo a M<strong>il</strong>ano, secondo una stiMa calcolata<br />

da chi si occupa di logistica<br />

per Expo 2015, sono 350 m<strong>il</strong>a le persone<br />

che quotidianamente pranzano fuori<br />

casa. Provate solo a immaginare quante<br />

di queste consumano un panino. A quante<br />

di queste succede di addentare due fette<br />

di pane gommoso? O una fetta di prosciutto<br />

crudo secca e senza gusto dopo <strong>il</strong> passaggio<br />

sotto la piastra? Oppure di trovarsi sulla<br />

lingua un pezzo di carta frutto dell’infelice<br />

matrimonio tra formaggio fuso e tovagliolo?<br />

Secondo dati della Coldiretti, un italiano<br />

su quattro non è soddisfatto dei panini<br />

che consuma e <strong>il</strong> 65 per cento di loro vorrebbe<br />

mangiare panini gourmet.<br />

Dopo tutti questi numeri, ci vorrebbe<br />

un Garibaldino o un Re Sole. «Garibaldino<br />

perché <strong>il</strong> primo locale era in corso Garibaldi.<br />

Re Sole è nato discutendo della bontà<br />

degli ingredienti che conteneva. Luis, <strong>il</strong> classico<br />

crudo, pomodoro e mozzarella deve <strong>il</strong><br />

suo nome a Luigi, collaboratore di Panino<br />

Giusto che mangiava solo quello. Diplomatico<br />

perché conteneva la più diplomatica tra<br />

le salse, quella rosa».<br />

Il panino non è nato a M<strong>il</strong>ano. Al celebre<br />

lord Sandwich e al suo vizio di non<br />

voler alzarsi mai dal tavolo da gioco dobbiamo<br />

l’idea di farsi portare due fette di pane<br />

imburrate farcite con ogni ben di dio. Panino<br />

Giusto non poteva che nascere a M<strong>il</strong>ano.<br />

«Nel ’79 eravamo in tre, avevamo i nostri<br />

gusti personali, ma condividevamo tutto, a<br />

partire dal volere proporre sempre una qualità<br />

altissima delle farciture. Che poi abbiamo<br />

arricchito con speciali salse e paste. I<br />

nostri gusti individuali venivano poi riversati<br />

sui clienti, che nella maggior parte dei<br />

casi diventavano amici. Il primo locale di<br />

48 | 27 luglio 2011 | |<br />

A destra, Antonio Civita e Giovanni<br />

Roma, due dei fondatori di Panino<br />

Giusto. Sotto, alcuni dei loro piatti.<br />

Nell’altra pagina, Panino Giusto alla<br />

stazione Centrale di M<strong>il</strong>ano (in alto),<br />

e a Istanbul e Yokohama (in basso)<br />

corso Garibaldi a M<strong>il</strong>ano era fondamentalmente<br />

un ritrovo di amici». Giovanni Roma,<br />

uno degli storici fondatori di Panino Giusto,<br />

proviene da una famiglia di ristoratori.<br />

Quando rievoca gli inizi dell’avventura ci<br />

tiene a sottolineare la volontà dei soci di creare<br />

un luogo informale, fatto per socializzare.<br />

«Non ho mai voluto assecondare la ristorazione<br />

classica perché era troppo banale<br />

per me, essendoci nato. Non volevo inserirmi<br />

o lavorare in un ristorante dove ci sono<br />

dei canoni di formalità. Ho visto in Panino<br />

Giusto un ambiente dove si mangia bene e<br />

si sta bene, e mi ci sono buttato». Anche le<br />

cifre testimoniano che i quattro amici al bar<br />

sono diventati una community fedele.<br />

Il nome di questo locale, diventato poi<br />

un marchio vero e proprio, è figlio del-<br />

la spensieratezza di quel periodo. Alla fine<br />

degli anni Settanta, la M<strong>il</strong>ano da bere era<br />

<strong>il</strong> palcoscenico di giovani rampanti, che tra<br />

Timberland e Moncler si ritrovavano per<br />

condividere le proprie idee e i propri sogni.<br />

Dopo anni diffic<strong>il</strong>i c’era di nuovo ottimismo<br />

nell’aria. E nel linguaggio. “Troppo giusto!”<br />

era una di quelle espressioni da “paninari”<br />

che si sentivano in continuazione.<br />

Anche <strong>il</strong> panino consumato da quei ragazzi<br />

non poteva essere qualunque. Doveva essere<br />

giusto. Come l’ambiente. Un mix perfetto<br />

tra <strong>il</strong> bistrot francese e <strong>il</strong> pub inglese. Un<br />

luogo che ha tutta l’aria di un posto di conversazione,<br />

ma dove si respira sempre un<br />

certo fermento. Questa formula ha pagato<br />

anche durante la crisi economica dell’ultimo<br />

anno, come spiega Antonio Civita, l’ul-


timo arrivato, ma <strong>il</strong> primo a essere sicuro<br />

della strada intrapresa da Panino Giusto. «In<br />

un momento di crisi la persona è più attenta<br />

ai propri consumi e quindi diventa più<br />

pretenziosa. Quando c’è crisi uno non è che<br />

non esce più a mangiare, ma va solo dove<br />

reputa di avere un valore aggiunto».<br />

La maniacale attenzione alla qualità è<br />

quello che ha fatto la differenza. Quello che<br />

ha trasformato un locale come tanti della<br />

M<strong>il</strong>ano da bere in un successo imprenditoriale.<br />

«Entro settembre ci sarà l’inaugurazione<br />

di un vero e proprio luogo che ospiterà<br />

l’Accademia Panino Giusto. Da noi i<br />

corsi di formazione hanno un tempo molto<br />

più lungo rispetto a quello dei fast-food.<br />

L’Accademia avrà la forma di una vera e propria<br />

scuola. Sarà un progetto di ampio respiro,<br />

che coinvolgerà l’intera dimensione della<br />

ristorazione veloce. La apriremo in collaborazione<br />

con Regione Lombardia, con<br />

le principali scuole alberghiere lombarde,<br />

con qualche università e con l’associazione<br />

Panettieri m<strong>il</strong>anesi. Un luogo di ecumenismo<br />

del gusto. È l’unico modo per conservare<br />

la nostra impronta di qualità, che è la<br />

nostra mission, e per esportarla senza snaturarla.<br />

Per questo nei prossimi cinque anni,<br />

non apriremo più di dieci locali all’anno».<br />

Nei locali, all’interno delle vetrine, è<br />

«La proporzione tra<br />

pane e companatico<br />

nei nostri prodotti<br />

è spostata verso<br />

<strong>il</strong> secondo. Per noi<br />

<strong>il</strong> pane non è altro<br />

che un contenitore<br />

di prelibatezze»<br />

mostrata una linea di prodotti a marchio<br />

Panino Giusto. «Siamo molto appetib<strong>il</strong>i per i<br />

fornitori, perché garantiamo un ordine nel<br />

tempo e perché in qualche modo trasmettiamo<br />

un po’ della nostra anima, che ha<br />

<strong>il</strong> sapore della qualità. Per <strong>il</strong> crudo e l’olio<br />

abbiamo fornitori storici, Tanara di Langhirano<br />

e Trampolini di Perugia, che ci seguono<br />

e che continuano a seguire le nostre indicazioni.<br />

Ci sono moltissimi crudi stagionati<br />

24 mesi, ma <strong>il</strong> nostro è lavorato esclusivamente<br />

per noi, con una linea di produzione<br />

e camere di affumicatura dedicate».<br />

Oltre l’assaggiatore ufficiale<br />

Un approccio alle materie prime di questo<br />

genere è più tipico di un ristorante alla carta<br />

di alto livello. Eppure non fa una piega in<br />

una struttura aziendale che ha nel suo organico<br />

una persona che si occupa esclusivamente<br />

di assaggiare tutte le componenti del<br />

menù. C’è, tuttavia, un altro elemento della<br />

formula senza <strong>il</strong> quale Panino Giusto non<br />

si distinguerebbe da qualsiasi altra paninoteca.<br />

In una parola: espresso. Ogni panino<br />

è fatto al momento con una procedura che<br />

altera <strong>il</strong> meno possib<strong>il</strong>e le qualità e <strong>il</strong> gusto<br />

della materia prima. Solo <strong>il</strong> pane viene scaldato<br />

sotto la piastra. Il companatico, stratificato,<br />

viene inserito fresco tra le due fette di<br />

pane e servito subito. «Sono passaggi semplici<br />

che però pesano molto sul nostro conto<br />

economico. Avere quattro paninari pronti a<br />

preparare 300 panini in un’ora ha un elevato<br />

costo. Non è come avere una sola persona<br />

che tra le 9 e le 12 taglia <strong>il</strong> pane e lo riempie<br />

con <strong>il</strong> companatico. Il nostro servizio è professionalità<br />

espressa».<br />

La qualità si paga, lo sappiamo tutti.<br />

Da Panino Giusto i panini non te li regalano.<br />

«Il nostro panino ha un rapporto qualità<br />

prezzo invidiab<strong>il</strong>e. Un prosciutto crudo<br />

del nostro livello in una buona salumeria<br />

lo compri a un prezzo che si aggira tra<br />

i 7/8 euro all’etto. Il nostro panino medio<br />

pesa 220 grammi, ma <strong>il</strong> pane solo 70. Quindi,<br />

la proporzione tra pane e companatico<br />

è molto spostata verso <strong>il</strong> secondo. Si potrebbe<br />

obiettare che quelli degli altri bar sono<br />

più grandi. È vero, ma solo perché hanno<br />

più pane. Per noi, invece, <strong>il</strong> pane non è altro<br />

che un contenitore di prelibatezze». I confini<br />

del gusto hanno proprio la forma di due<br />

fette di pane, di tipo francesino, soffice e<br />

fragrante. Una creatura di laboratorio, realizzata<br />

a mezza cottura che viene ultimata<br />

nei locali, così da risultare perfetta. Sembra<br />

strano che un locale, nato per preparare<br />

panini, lo faccia con un’unica varietà di<br />

pane. Eppure rappresenta un altro elemento<br />

distintivo che tutti gli aficionados continuano<br />

ad apprezzare. M<strong>il</strong>anesi in primis.<br />

«M<strong>il</strong>ano non si concede fac<strong>il</strong>mente, però<br />

è accogliente. Qui è m<strong>il</strong>anese chi lavora.<br />

Noi li amiamo perché sono esigenti, e questo<br />

è uno stimolo a migliorarci. Ci arrivano<br />

molte ma<strong>il</strong> di apprezzamento, ma anche<br />

di critica. È su queste ultime che stiamo<br />

costruendo le strategie per <strong>il</strong> nostro futuro».<br />

Martino Lapini<br />

| | 27 luglio 2011 | 49


PER PIACERE<br />

ROMA IL PROGRAMMA DELL’ESTATE 2011<br />

Un mix tra movida e cultura<br />

La città eterna non dorme mai e in estate la dolce brezza che rinfresca le<br />

notti romane invita a scoprire un nuovo volto della città. Il programma<br />

dell’estate 2011 r<strong>il</strong>ancia la città con due grandi novità: l’apertura dei<br />

musei <strong>il</strong> sabato sera e la trasformazione di alcune piazze da centri della movida<br />

a luoghi di cultura. Oltre ai 160 eventi che si terranno fino alla metà di settembre,<br />

sono state organizzate iniziative destinate alle case di cura, gli ospedali<br />

e le carceri. L’appuntamento con la cultura è <strong>il</strong> sabato: dalle 19 alle 23<br />

sarà possib<strong>il</strong>e accedere alle gallerie d’arte più famose al mondo. Da non perdere<br />

ai Musei Vaticani la sala dedicata a Matisse con i bozzetti ut<strong>il</strong>izzati dall’artista<br />

per realizzare la Chapelle du Saint-Marie du Rosaire. La miglior cena di<br />

pesce, rigorosamente non prima delle 21, si gusta da Ottavio, in via Santa Croce<br />

in Gerusalemme, con piatti di crudité e moscardini fritti. Tra le passeggiate<br />

romantiche nel centro antico è possib<strong>il</strong>e sostare all’antico Caffè della Pace,<br />

dietro Piazza Navona, frequentato come un tempo da registi e pittori.<br />

Caterina Gatti<br />

Per informazioni<br />

estateromana.comune.roma.it; per dormire rentalinrome.com; per mangiare ottavio.it<br />

HUMUS IN FABULA<br />

CASA JUVENTUS<br />

Il nuovo stadio sarà<br />

eco-sostenib<strong>il</strong>e<br />

Il grande momento si avvicina. Lo<br />

rende noto <strong>il</strong> sito della Juventus.<br />

Il nuovo stadio, primo e unico impianto<br />

di proprietà di un club di<br />

serie A, verrà inaugurato l’8 settembre.<br />

L’impianto ospiterà al suo<br />

interno 41 m<strong>il</strong>a spettatori e la distanza<br />

della prima f<strong>il</strong>a di tifosi dal<br />

campo sarà di 7,5 metri (49 metri<br />

dall’ultima f<strong>il</strong>a). Ma la cosa più interessante<br />

è che a Torino sta nascendo<br />

uno stadio eco-sostenibi-<br />

50 | 27 luglio 2011 | |<br />

le. Alla base del progetto si trova<br />

un’anima ecologica e rispettosa<br />

dell’ambiente. La società bianconera<br />

ha adottato tecnologie innovative<br />

grazie alle quali sarà possib<strong>il</strong>e<br />

evitare gli sprechi. Per le<br />

attività di routine saranno ut<strong>il</strong>izzate<br />

fonti energetiche alternative<br />

ed ecologiche. Oltre ai noti pannelli<br />

per sfruttare l’energia solare,<br />

verrà ut<strong>il</strong>izzato un impianto per <strong>il</strong><br />

recupero delle acque meteoriche<br />

per l’irrigazione del campo, risparmiando<br />

<strong>il</strong> 50 per cento del consumo.<br />

Infine, per abbattere i costi<br />

di costruzione (circa 100 m<strong>il</strong>ioni<br />

di euro) sono stati riut<strong>il</strong>izzati materiali<br />

recuperati dallo smantellamento<br />

del Delle Alpi (acciaio, calcestruzzo,<br />

vetro e alluminio).<br />

LA RICETTA<br />

PER 6 PERSONE<br />

Crumble<br />

di albicocche<br />

260 g di albicocche (al<br />

netto), 50 g di zucchero,<br />

85 g di farina di farro,<br />

60 g di burro, 60 g<br />

di mandorle tritate, un<br />

pizzico di sale, mezza<br />

stecca di vaniglia.<br />

Lavare le albicocche e<br />

tagliarle a pezzetti.<br />

Lavorare velocemente,<br />

insieme, la farina<br />

con <strong>il</strong> burro, lo zucchero,<br />

le mandorle, <strong>il</strong> pizzico<br />

di sale e i semi raschiati<br />

della vaniglia fino<br />

a ottenere un composto<br />

sabbioso. Suddividere le<br />

albicocche in sei cocottine<br />

di porcellana adatte<br />

al forno e distribuirvi<br />

sopra <strong>il</strong> crumble. Disporre<br />

<strong>il</strong> tutto in frigo intanto<br />

che <strong>il</strong> forno raggiunge<br />

la temperatura di 180<br />

gradi. Cuocere per 15-<br />

20 minuti.<br />

Virginia Portioli<br />

sp<strong>il</strong>ucchino.blogspot.com<br />

AMBIENTE<br />

Barriera antirumore<br />

e fotovoltaica<br />

È stata inaugurata lo scorso 21<br />

maggio la nuova barriera fonoassorbente<br />

e fotovoltaica realizzata<br />

lungo la ss 434 “Transpolesana”<br />

in località Vallese di Oppeano<br />

(Verona). L’innovativa struttura è<br />

stata realizzata da Far Systems<br />

(azienda del Gruppo Industriale<br />

Tosoni) con la compartecipazione<br />

di Anas spa. I lavori della barriera<br />

sono iniziati <strong>il</strong> 15 ottobre 2010 e<br />

sono stati ultimati <strong>il</strong> 31 dicembre<br />

dello stesso anno. È la più lunga<br />

d’Europa (1,7 ch<strong>il</strong>ometri) ed è alta<br />

mediamente 5 metri; permette di<br />

risolvere le problematiche del rumore<br />

e di inquinamento da polveri<br />

sott<strong>il</strong>i, migliorando nettamente la<br />

qualità della vita dei residenti della<br />

frazione affacciata alla “Transpolesana”.<br />

Allo stesso tempo la<br />

barriera produce energia elettrica<br />

grazie ai 5.120 pannelli fotovoltaici<br />

in s<strong>il</strong>icio policristallino (prodotti<br />

in Italia) che occupano una superficie<br />

di 8.150 metri quadrati e che<br />

generano più di 900 m<strong>il</strong>a kW/h<br />

annui di energia pulita.


IN BOCCA ALL’ESPERTO<br />

TRATTORIA ALLA LAGUNA<br />

Per chi ama <strong>il</strong> pesce<br />

Marano Lagunare, in provincia di<br />

Udine, è famosa per l’oasi naturalistica<br />

della laguna omonima, un<br />

parco che nelle stagioni più fresche<br />

attira molti uccelli e visitatori.<br />

Nella cittadina c’è pure un<br />

grande mercato del pesce, storicamente<br />

tra i più importanti del<br />

Nord Est. Non c’è da stupirsi che<br />

questo paesino antichissimo abbia<br />

una tradizione rimarchevole<br />

di cucina ittica. La Trattoria Vedova<br />

Raddi – Alla Laguna, meta<br />

1<br />

IL PRODOTTO<br />

Albicocca<br />

Dalla lontana Cina, terra di origine,<br />

al bacino del Mediterraneo<br />

fino alle Americhe, l’albicocco ha<br />

percorso un cammino lungo almeno<br />

quattrom<strong>il</strong>a anni riuscendo<br />

ad attecchire e a sv<strong>il</strong>upparsi<br />

soprattutto nei climi caldi. Il<br />

frutto è molto digerib<strong>il</strong>e, ricco di<br />

vitamine A, C e potassio e, nonostante<br />

<strong>il</strong> sapore zuccherino,<br />

ha un basso contenuto calorico.<br />

Contiene uno zucchero, <strong>il</strong> sorbitolo,<br />

che ha proprietà lassative.<br />

Se acquistato acerbo, è opportuno<br />

agevolarne la maturazione<br />

a temperatura ambiente, magari<br />

in un sacchetto di carta: <strong>il</strong> frigo<br />

bloccherebbe la naturale evoluzione<br />

della dolcezza.<br />

Lorenzo Ranieri<br />

IL VINO<br />

Torcolato Maculan<br />

Nel ’500 la nob<strong>il</strong>tà veneziana trascorreva<br />

le estati in splendide v<strong>il</strong>le<br />

palladiane che fanno da cornice<br />

ai vigneti di Breganze, paese<br />

di collina delle Prealpi venete con<br />

un clima adatto alla coltura della<br />

vite e dell’olivo. 80 per cento di<br />

Vespaiolo, 10 di Garganega e 10<br />

di Tocai compongono <strong>il</strong> Torcolato<br />

2005. Colore giallo paglierino<br />

dorato, aromi di fiori, miele, vaniglia,<br />

uva e legni nob<strong>il</strong>i. Sapore<br />

dolce e pieno con buon<br />

corpo ed eccellente equ<strong>il</strong>ibrio<br />

fra acidità, alcool e<br />

zuccheri. Lascia in bocca<br />

una lunga permanenza<br />

di sapori. Servire fresco<br />

con formaggi come gorgonzola<br />

e roquefort o<br />

dal sapore piccante. Si<br />

può servire anche con<br />

pasticceria secca e crostata<br />

d’albicocca. Prezzo<br />

in enoteca 32 euro.<br />

Carlo Cattaneo<br />

Rubrica in collaborazione con <strong>il</strong> ministero delle Politiche agricole<br />

IN VACANZA IN SARDEGNA<br />

Per noi è meglio<br />

<strong>il</strong> comitato del Giò<br />

di Annalena Valenti<br />

Anche qui a Trinità<br />

siamo un<br />

po’ Snoq (acronimo<br />

della frase di P.<br />

Levi “SeNonOraQuan-<br />

di grande rinomanza, tra questi<br />

locali è stato <strong>il</strong> più attento a modernizzarsi<br />

e a riconfigurare la<br />

sua proposta in una chiave attuale.<br />

Bello l’ambiente rinfrescato da<br />

pochi anni, con vecchie stampe e<br />

mattoni a vista, anche se si può<br />

mangiare in veranda. Giudiziosissima<br />

la carta dei vini, col meglio<br />

del Friuli. Di classe l’apparecchiatura.<br />

Nel piatto, pesce di grande<br />

qualità, possib<strong>il</strong>mente di provenienza<br />

adriatica, come gli spettacolari<br />

moscardini in umido, o i<br />

molluschi gratinati alla maranese.<br />

Tipica di Marano la grandiosa<br />

zuppa di pesce, rustica e golosa;<br />

buoni pure gli spaghetti alle peverasse,<br />

ossia le vongole piccole, più<br />

saporite di quelle veraci; ottima<br />

STILI DI VITA<br />

MAMMA<br />

OCA<br />

do” usata dai comitati femmin<strong>il</strong>i). In<br />

primis per la decisa presenza femmin<strong>il</strong>e<br />

a sfavore di un solo maschio, che però<br />

potremmo definire “un uomo amico<br />

delle donne”. Anche se i prolungati atteggiamenti<br />

da marpione di 9 anni, tipo<br />

farsi fare “coccolini” da tutte, senza<br />

distinzione di età, la propensione a usare<br />

tutto ciò che è appuntito come fosse<br />

un’arma, nonché la presenza incombente,<br />

AncheSeNonC’è, del padre (che<br />

nessuno del comitato oserebbe definire<br />

un uomo amico delle donne), ne faranno,<br />

ahinoi, un maschio berlusconiano<br />

dell’ultima ora. Poi c’è la presenza<br />

femmin<strong>il</strong>e della casa, numerosa e prevalentemente<br />

adolescenziale, talmente<br />

motivata dall’educazione impartita<br />

da famiglie, scuole e amici frequentati<br />

da non far temere né per esibizione di<br />

corpi né per appiattimento di mente a<br />

tutti i diritti snoq del mondo. C’è anzi<br />

da scommettere, da rischiare su di loro,<br />

fosse solo per la positiva, non scontata,<br />

fame di vita che si legge nei loro occhi.<br />

Dato che è e sarà sempre più una bella<br />

lotta (non avere la tv se non ti risolve<br />

la vita te la semplifica e probab<strong>il</strong>mente,<br />

insieme all’altra proposta pasoliniana,<br />

a un/una adolescente, gliela salva), si è<br />

deciso che per noi è meglio <strong>il</strong> comitato<br />

del Giò: del “RischioAvventuroso”.<br />

mammaoca.wordpress.com<br />

la pasta alla casonera, con tanti<br />

frutti di mare. Di secondo, se c’è,<br />

è imperdib<strong>il</strong>e l’angu<strong>il</strong>la della laguna.<br />

Eccezionali i calamaretti fritti<br />

del golfo di Trieste, e pure la frittura<br />

“mare-laguna”, per non dire<br />

delle vere sogliole adriatiche. Dolci<br />

semplici e buoni. Prezzo di 60<br />

euro, più elevato di quello di altri<br />

locali in zona: ma è più alta anche<br />

la qualità di pesce e cucina.<br />

Tommaso Farina<br />

Per informazioni<br />

trattorialagunamarano.com<br />

Piazza Garibaldi, 1<br />

Marano Lagunare (Udine)<br />

Tel. 043167019<br />

Chiuso lunedì (in inverno<br />

anche la domenica sera)<br />

| | 27 luglio 2011 | 51


GrEEN ESTATE<br />

<strong>il</strong> CiClO DEi riFiUTi<br />

Lunga vita agli inceneritori<br />

di Paolo Togni<br />

le prime due condizioni per risolvere <strong>il</strong> problema dei rifiuti (ne<br />

ho parlato la settimana scorsa) sono: ampliamento del territorio<br />

di competenza del gestore; eliminazione delle interferenze<br />

di origine politica, malavitosa o amministrativa. Si tratta di<br />

condizioni necessarie ma non sufficienti.<br />

Il ciclo dei rifiuti inizia con la loro produzione (da diminuire),<br />

prosegue con le varie possib<strong>il</strong>ità di riciclo-riuso (da aumentare,<br />

se possib<strong>il</strong>e), ma fatalmente si completa solo con lo smaltimento<br />

in discarica o tramite combustione con recupero energetico; poiché<br />

non esistono diversi metodi di smaltimento (<strong>il</strong> compostaggio<br />

è un processo di nicchia di dubbia consistenza), l’alternativa finale<br />

è dunque: discarica/inceneritore. Il che taglia fuori tutte le bubbole<br />

truffaldine degli ambientalisti su soluzioni “a rifiuti zero” e<br />

via dicendo, che sono solo altre armi nel ben fornito arsenale di menzogne verdi. In<br />

questo contesto la raccolta differenziata non è altro che un accessorio, da prevedere<br />

solo se <strong>il</strong> suo risultato economico, ambientale o sociale la rende necessaria, come<br />

recita la vigente direttiva comunitaria. Chi la gabella come soluzione di tutti i problemi<br />

è un truffatore.<br />

Tra discarica e inceneritore, quest’ultimo è di gran lunga da preferire, perché è<br />

assai meno inquinante (le discariche emettono una quantità di sostanze cancerogene<br />

che neppure un inceneritore pessimamente gestito può produrre), produce ener-<br />

Non è possib<strong>il</strong>e che per realizzare<br />

un impianto occorrano dieci anni.<br />

la realizzazione rapida ed efficiente<br />

di opere di interesse pubblico<br />

è un problema che sta bloccando<br />

lo sv<strong>il</strong>uppo dell’economia italiana<br />

AMICI MIEI<br />

libri<br />

Il Padrone del mondo<br />

introdotto da Negri<br />

Giuliano Felsemburgh parla<br />

una lingua che tutti conoscono,<br />

non appartiene ad alcuna nazione<br />

particolare anche se pare<br />

sia originario dell’America,<br />

perché di tutte le nazioni egli è<br />

<strong>il</strong> cittadino, <strong>il</strong> leader democratico,<br />

<strong>il</strong> padre amorevole. Egli stesso<br />

è un uomo senza appartenenze<br />

perché nel mondo di cui è<br />

stato riconosciuto padrone nessuna<br />

appartenenza esiste, se<br />

52 | 27 luglio 2011 | |<br />

non quella alla religione universale<br />

dell’umanitarismo. Complicanze<br />

come le rivolte nell’Est del<br />

pianeta e <strong>il</strong> testardo resistere di<br />

un minuscolo gregge di cattolici<br />

guidati dal Papa vengono gestite<br />

con <strong>il</strong> pugno di ferro. La violenza<br />

non è un tabù quando si<br />

tratta di difendere <strong>il</strong> bene supremo,<br />

quello della tranqu<strong>il</strong>lità del<br />

mondo. È l’universo utopico creato<br />

da Robert Hugh Benson nel<br />

1907 con <strong>il</strong> suo Il padrone del<br />

mondo. Un libro profetico perché<br />

isola con grande lucidità alcune<br />

tematiche oggi più che mai<br />

attuali. Basti pensare al relativismo<br />

o a questioni enormemente<br />

concrete come <strong>il</strong> rapporto con<br />

la malattia e con la morte. Ma<br />

PrESA<br />

D’AriA<br />

gia e non determina un consumo<br />

di territorio pari a quello causato<br />

da una discarica. Il problema però<br />

è di realizzarli. Non è possib<strong>il</strong>e che<br />

per avviare un impianto approvato<br />

dalle autorità competenti secondo<br />

le norme in vigore occorrano oltre<br />

dieci anni, come è successo per<br />

l’inceneritore di Acerra, e che non<br />

si veda una soluzione a breve termine per gli altri inceneritori campani e laziali previsti:<br />

tanto più che oggi non è prevedib<strong>il</strong>e l’azione di f<strong>il</strong>ibustering svolta da Edo Ronchi,<br />

ministro dell’Ambiente dell’epoca.<br />

Ma quello della rapida ed efficiente realizzazione delle opere di interesse pubblico<br />

è un problema di più ampio respiro, che da decenni sta bloccando lo sv<strong>il</strong>uppo<br />

dell’economia italiana. Ne sono origine l’incapacità di amministrare dei politici, una<br />

normativa che dovrebbe essere rivista, anche per diminuire <strong>il</strong> numero di enti competenti,<br />

la disonestà, l’ignoranza e l’ignavia di molti funzionari, la prepotenza malavitosa<br />

dei mentecatti con una cultura da età della pietra. Ne riparleremo.<br />

tognipaolo@gma<strong>il</strong>.com<br />

soprattutto, come nota <strong>il</strong> vescovo<br />

di San Marino e Montefeltro,<br />

monsignor Luigi Negri, nella<br />

prefazione alla riedizione del romanzo<br />

appena andata in stampa<br />

per Fede&Cultura (360 pagine,<br />

14 euro), «l’intuizione<br />

formidab<strong>il</strong>e, vorrei dire non soltanto<br />

sul piano della disamina<br />

di carattere culturale e sociale,<br />

ma dal punto di vista ecclesiale<br />

è che Benson indica che la strada<br />

che la Chiesa non può non<br />

percorrere, anche nelle situazioni<br />

terrib<strong>il</strong>i in cui vive, è la strada<br />

della presenza, essere cristiani<br />

presenti». E non è un caso allora<br />

che, come rivela proprio monsignor<br />

Negri, <strong>il</strong> romanzo sia molto<br />

caro a Joseph Ratzinger.<br />

CINEMA<br />

Il ventaglio segreto,<br />

di Wayne Wang<br />

Nella Cina<br />

globalizzata<br />

L’amicizia di due donne nella<br />

Cina di ieri e oggi.<br />

F<strong>il</strong>m “da stiro” per dirla<br />

con mia moglie. Il problema<br />

è che ci sono i sottotitoli,<br />

<strong>il</strong> che rende le cose un<br />

HOME VIDEO<br />

Frozen,<br />

di Adam Green<br />

Scontato ma buono<br />

Durante una gita sciistica, tre<br />

ragazzi rimangono bloccati su<br />

una seggiovia.<br />

Thr<strong>il</strong>ler discreto che ha <strong>il</strong> pregio<br />

di creare suspense con poche<br />

carte in mano: una seggiovia,<br />

tre ragazzi e una natura<br />

selvaggia e indifferente. Gli<br />

strumenti per creare tensione<br />

sono i soliti: <strong>il</strong> punto di vista<br />

dello spettatore coincide<br />

con quello dei tre protagonisti;<br />

la narrazione dal ritmo serrato,<br />

non priva di realismo. Un po’<br />

prevedib<strong>il</strong>e <strong>il</strong> finale, ma sopra<br />

la media dei thr<strong>il</strong>ler di stagione.<br />

po’ complicate. Non è malaccio:<br />

le due ragazze sono<br />

brave, Hugh Jackman,<br />

che fa <strong>il</strong> manzo australiano<br />

(e canta in cinese!), un<br />

po’ meno. La storia, vista<br />

e stravista, tratta da un<br />

romanzo di Lisa See, è <strong>il</strong><br />

classico repertorio di sfighe<br />

accumulate per tenere<br />

desta l’attenzione e far<br />

sgorgare copiose le lacrime.<br />

Si parte coi piedini fa-<br />

i-PAD<br />

L’applicazione<br />

di Maurizio Lupi<br />

Maurizio Lupi sbarca su iPad. Il<br />

vicepresidente della Camera è <strong>il</strong><br />

primo deputato italiano a poter<br />

vantare una propria applicazione<br />

per <strong>il</strong> tablet di Apple. La app darà<br />

la possib<strong>il</strong>ità di seguire da vicino<br />

l’attività svolta da Lupi a Roma e<br />

sul territorio. Un servizio di news<br />

segnalerà in tempo reale tutti gli<br />

interventi del deputato mentre<br />

ogni mattina sarà disponib<strong>il</strong>e una<br />

rassegna stampa curata direttamente<br />

da lui. News in tempo reale<br />

anche sull’Intergruppo parlamentare<br />

per la Sussidiarietà e sul<br />

Montecitorio Running Club.


sciati e si arriva, dopo una<br />

certa dose di epidemie,<br />

mariti violenti e figli perduti,<br />

a un bel finale. È una<br />

storia di laotong, cioè delle<br />

amiche per sempre che,<br />

in mezzo a tante ovvietà,<br />

dice una cosa vera, sul finale.<br />

Che in un mondo globalizzato<br />

(la Cina del f<strong>il</strong>m<br />

è quella degli affari, dellediscoteche<br />

e<br />

COMUNICANDO<br />

AssOCIAzIONE UMBrA<br />

Teatro, laboratorio<br />

di umanità<br />

Le nuove tecniche di comunicazione<br />

hanno determinato forti mutazioni<br />

anche nel teatro. Lo spettacolo<br />

si è evoluto nel corso dei<br />

secoli, eppure al giorno d’oggi <strong>il</strong><br />

teatro ha ancora una forte connotazione<br />

comunicativa. Un importate<br />

“laboratorio d’umanità”<br />

attraverso <strong>il</strong> quale allargare i mezzi<br />

di una cultura attiva che dovrebbe<br />

riguardare tutti, non solo<br />

una nicchia di intellettuali. Que-<br />

delle donne in carriera sui<br />

tacchi a sp<strong>il</strong>lo) dove tutto<br />

cambia, si vive solo grazie<br />

a ciò che non cambia mai:<br />

la fedeltà all’altro.<br />

visti da simone fortunato<br />

sopra, <strong>il</strong> regista<br />

Wayne Wang<br />

In un momento di grave crisi economica, dopo<br />

l’approvazione di una dura manovra finanziaria<br />

e con la prospettiva di finire nella<br />

lista dei paesi europei a rischio bancarotta, è<br />

chiaro che un intervento urgente del governo<br />

era drammaticamente necessario. Pur ricono-<br />

TELECOMANDO IO<br />

LA fINANzIArIA vIsTA DALLE fAMIgLIE<br />

Una manovra che porta<br />

<strong>il</strong> paese fuori strada<br />

di Caterina Tartaglione*<br />

sTATION<br />

WAgON<br />

scendone l’urgenza riteniamo miope una politica che vede la spesa<br />

per le famiglie come un costo e non come un investimento.<br />

Purtroppo, analizzando i tagli che dovranno riportare ossigeno<br />

nelle casse dello Stato, non si può non considerare che tutti<br />

gli interventi, dai ticket sanitari ai tagli lineari per le agevolazioni<br />

fiscali, andranno a incidere, a partire dal 2013, sull’economia<br />

domestica delle famiglie italiane con un impatto stimato di circa<br />

1.000 euro per nucleo fam<strong>il</strong>iare. Nonostante le detrazioni per<br />

i figli e i fam<strong>il</strong>iari a carico, i costi degli as<strong>il</strong>i, i mutui e <strong>il</strong> mantenimento<br />

di figli all’università fossero provvedimenti parziali e<br />

poco efficaci, ridurli ulteriormente inciderà nei b<strong>il</strong>anci domestici<br />

rischiando di disincentivare chi, nel nostro paese, ancora ha <strong>il</strong><br />

coraggio di fare famiglia. Anche in merito all’incremento dell’Iva,<br />

paventato dal ministro dell’Economia, <strong>il</strong> Sindacato delle Famiglie<br />

esprime <strong>il</strong> proprio dissenso, in quanto l’incremento dei prezzi<br />

che ne deriverebbe andrebbe a danneggiare ulteriormente le famiglie,<br />

soprattutto quelle numerose.<br />

Fuori dalle polemiche ideologiche e dagli attacchi frontali di<br />

cui si nutre abbondantemente la politica nazionale, come associazione<br />

di famiglie, registriamo una delusione rispetto ad aspettative<br />

ancora una volta profondamente disattese. Ci chiediamo con<br />

preoccupazione quando e come sarà possib<strong>il</strong>e, per <strong>il</strong> nostro paese,<br />

uscire dall’impasse della congiuntura e intraprendere quelle riforme<br />

strutturali da molti auspicate, prima fra tutte quella fiscale,<br />

che siano in grado di riconoscere i carichi fam<strong>il</strong>iari nella determinazione<br />

del prelievo fiscale.<br />

Siamo sempre più convinti che senza questo passaggio fondamentale<br />

non si metteranno le famiglie in grado di aumentare <strong>il</strong><br />

loro potere di acquisto e quindi di contribuire a irrorare l’economia<br />

del nostro paese. I conti dell’Italia vanno messi in sicurezza<br />

ma senza interventi strutturali lungimiranti non si gettano le basi<br />

per una reale inversione di tendenza.<br />

*presidente del Sindacato delle Famiglie onlus<br />

sto spirito democratico anima la<br />

Società dello Spettacolo (lasocietadellospettaccolo.org),associazione<br />

culturale umbra nata nel<br />

2007 dalla fusione di tre artisti<br />

con background culturali diversi:<br />

Grugher, Masciolini e Bellani.<br />

Nella sua più recente produzione,<br />

Il Neo Barocco, la Società dello<br />

Spettacolo collabora con Omar<br />

Calabrese, con Umberto Eco uno<br />

dei maggiori semiologi italiani.<br />

Calabrese, in uno scritto dedicato<br />

allo spettacolo, rimarca «l’eccellente<br />

lavoro effettuato sulla<br />

lingua che sembra far tornare<br />

in essere un’avanguardia teatrale<br />

che da tempo appariva esaurita».<br />

Per l’associazione è chiaro: <strong>il</strong><br />

teatro deve suscitare occasioni di<br />

riflessione su contenuti che esulino<br />

dal confine dell’intrattenimento.<br />

A sostegno di questo intento<br />

la multimedialità, che permette<br />

di “dipingere” grandi suggestioni<br />

con scarsi mezzi. L’associazione<br />

collabora con giovani artisti<br />

del territorio: f<strong>il</strong>mmaker, musicisti,<br />

artigiani realizzano opere straordinarie,<br />

“eccellenze” che spesso<br />

non trovano la giusta via d’espressione.<br />

Secondo la f<strong>il</strong>osofia intrinseca<br />

dell’associazione <strong>il</strong> teatro si<br />

fa con la vita. Essere vivi significa<br />

“giocare” con un’abbondanza di<br />

elementi inscindib<strong>il</strong>mente intrecciati,<br />

che producono “intelligenze<br />

emotive” come umana forza di<br />

comunicazione contemporanea.<br />

Emanuele gallo Perozzi<br />

| | 27 luglio 2011 | 53


Foto: AP/LaPresse<br />

molto più di un settimanale<br />

RadIogRafIa della ManovRa<br />

Su tempi.it le opinioni e le analisi degli economisti sulla<br />

manovra-monster del governo. Giulio Sapelli: «Quella<br />

sulla casta è solo demagogia, bisogna detassare». Francesco<br />

Forte: «Tremonti sbaglia sulla comunicazione».<br />

vEnITECI a CErCarE<br />

tempi e l’osservatore/1<br />

Dove trovare<br />

la strana coppia<br />

<strong>Tempi</strong> ha iniziato <strong>il</strong> 2011 con un<br />

regalo particolare ai suoi lettori.<br />

Dal primo numero di gennaio, infatti,<br />

<strong>il</strong> nostro giornale ospita al<br />

suo interno la versione settimanale<br />

dell’Osservatore Romano,<br />

che raccoglie tutti i discorsi pro-<br />

InteRvISta al MInIStRo gelMInI<br />

Il governo si è accordato con i sindacati per assumere<br />

67 m<strong>il</strong>a precari. Soddisfatto <strong>il</strong> ministro<br />

Gelmini, che dichiara a tempi.it: «Anche la Cg<strong>il</strong><br />

ha riconosciuto <strong>il</strong> valore del risultato. Da ora assumiamo<br />

solo in base al merito e ai reali bisogni<br />

della scuola. Basta precariato».<br />

coPPa aMeRIca<br />

Diario da una incredib<strong>il</strong>e Coppa America dove<br />

sono state eliminate subito le big: Bras<strong>il</strong>e e Argentina<br />

e C<strong>il</strong>e. Nella nostra fotogallery i calciatori<br />

di punta: Vargas, Cavani, Santa Cruz, Rincon<br />

e César Alejandro Farias, lo Special one di Hugo<br />

Chávez.<br />

le foto dI haRPeR Seven beckhaM<br />

La quarta figlia di Victoria e David Beckham fa<br />

<strong>il</strong> suo debutto in società con a una foto scattata<br />

in ospedale. Il calciatore ha pubblicato l’immagine<br />

di mamma e figlia su Facebook con la didascalia:<br />

“Le mie ragazze che dormono”.<br />

nunciati dal Santo Padre Benedetto<br />

XVI. L’abbinata non ha alcun<br />

costo per i lettori: né per gli<br />

abbonati né per chi compra <strong>il</strong> nostro<br />

settimanale in edicola. <strong>Tempi</strong><br />

esce in tutta Italia <strong>il</strong> venerdì,<br />

con alcune eccezioni: <strong>il</strong> giovedì lo<br />

trovate a M<strong>il</strong>ano città e Roma<br />

città; <strong>il</strong> sabato in Puglia, Sic<strong>il</strong>ia<br />

e Sardegna. Il prezzo di copertina<br />

è di 2 euro; tranne a Napoli<br />

città, nelle Marche, in Puglia, in<br />

Sic<strong>il</strong>ia e Sardegna, dove è in vigore<br />

l’abbinata obbligatoria gratuita<br />

con <strong>il</strong> Giornale.<br />

tempi e l’osservatore/2<br />

Chi si abbona legge<br />

più comodamente<br />

Abbonarsi a <strong>Tempi</strong> e al settimanale<br />

dell’Osservatore Romano è<br />

conveniente: 60 euro per un anno<br />

(49 numeri) e 100 euro per<br />

due anni (98 numeri). Per informazioni<br />

e modalità di pagamento<br />

chiamare allo 02.31923730<br />

da lunedì a venerdì (escluso <strong>il</strong><br />

mercoledì) dalle 9 alle 13; oppure<br />

visitare l’apposita sezione sul<br />

sito tempi.it.<br />

sU ITaCaLIbrI.IT<br />

libro e cd/2<br />

L’epopea del<br />

country rock<br />

Il nuovo cd di <strong>Tempi</strong>. Un<br />

viaggio alla scoperta del<br />

genere country raccontato<br />

dalla musica della<br />

Piedmond Brothers<br />

Project. (libro Lights of<br />

your party e cd, 15 euro).<br />

libro e cd/1<br />

Tutto <strong>il</strong> ritmo<br />

made in Usa<br />

La musica americana<br />

cantata dagli OutofSize e<br />

spiegata da Walter Gatti,<br />

Walter Muto e Riro Maniscalco<br />

(libro Tap your<br />

feet e cd, 15 euro).<br />

<strong>il</strong> libro<br />

L’In-Presa<br />

di Em<strong>il</strong>ia<br />

Emanuele Boffi racconta<br />

<strong>il</strong> centro In-Presa fondato<br />

da Em<strong>il</strong>ia Vergani a Carate<br />

Brianza. Qui attraverso<br />

<strong>il</strong> lavoro si indica ai giovani<br />

una strada per scoprire<br />

che la vita ha senso (Lindau,<br />

160 pagine, 16 euro).<br />

| | 27 luglio 2011 | 55


In tempi di caro carburante, potrebbe<br />

sembrare quasi irriguardoso proporre<br />

una Mercedes berlina-coupé Cls.<br />

Invece no, perché questa vettura, nell’inedita<br />

versione 250 Cdi, quattro porte e<br />

quattro posti, adotta un propulsore 2.2<br />

diesel quattro c<strong>il</strong>indri con tecnologia Blue<br />

Efficiency di stampo modernissimo con<br />

iniezione diretta e si presenta con consumi<br />

rasoterra: 20 ch<strong>il</strong>ometri con un litro di<br />

gasolio. Siamo al livello di una ut<strong>il</strong>itaria<br />

oppure di una ibrida giapponese, tanto popolare<br />

fra i tassisti.<br />

Muscoli e spigoli sono quelli firmati<br />

Mercedes Cls seconda generazione: 494<br />

centimetri di lunghezza per 188 di larghezza<br />

e 141 in altezza: sagoma ideale di<br />

una coupé a quattro porte diventata anche<br />

molto confortevole grazie ai quattro<br />

posti che offre, nonché per un bagagliaio<br />

da 520 litri e un impatto estetico e tecnologico<br />

di tutto rispetto. Vogliamo fare un<br />

esempio? I nuovi fari, con un totale di 71<br />

<strong>il</strong>luminatori a led.<br />

La 250 Cdi sembra una Cls qualsiasi,<br />

ma non è affatto così. Convincente la posizione<br />

di guida, ampiamente regolab<strong>il</strong>e,<br />

nonostante la vicinanza del tunnel centra-<br />

le che ingombra un po’ la libertà di movimento.<br />

Qualcosa da ridire, casomai, sulla<br />

registrazione solo manuale dello sterzo in<br />

altezza e profondità. Quanto a finiture e<br />

accuratezza negli assemblaggi, siamo a livelli<br />

molto alti, migliori di quelli riscontrati<br />

nei dettagli della carrozzeria, con<br />

particolari sottotono come gli elementi in<br />

plastica di fattura modesta che rivestono<br />

<strong>il</strong> portello del bagagliaio. In moto, s<strong>il</strong>enzio<br />

assoluto. Poi, viaggiando, sono i dati sul<br />

consumo medio a sorprendere: 5,1 litri di<br />

gasolio per 100 km. Si potrebbe pensare a<br />

DI NESTORE MOROSINI<br />

MERCEDES CON NUOVO MOTORE 2.2 DIESEL<br />

La berlina-coupé della Stella<br />

consuma come un’ut<strong>il</strong>itaria<br />

MOBILITÀ 2000<br />

Immagini della Mercedes Cls 250 Cdi. Nei particolari a sinistra: la plancia (sopra) con ampio<br />

spazio per guidatore e passeggero anteriore; i comandi posti su una delle razze del volante<br />

un propulsore rallentato dalla mole della<br />

vettura; si dimostra invece reattivo già a<br />

partire dai 1.600 giri per poi andare in progressione<br />

fino a 4.200 giri, al punto di potenza<br />

massima per 204 cavalli.<br />

Il pacchetto è valido e godib<strong>il</strong>e, grazie<br />

al nuovo cambio automatico 7G-Tronic<br />

Plus, che consente di raggiungere la velocità<br />

massima di 242 km/h, ma contemporaneamente<br />

di avvalersi di una funzione<br />

Eco abbinata a un sistema start/stop di rara<br />

dolcezza nel riavvio, tanto da rendere la<br />

guida nel traffico molto confortevole.<br />

| | 27 luglio 2011 | 57


LA ROSA DEI TEMPI<br />

58 | 27 luglio 2011 | |<br />

DOVE TIRA IL VENTO<br />

Inventati un’estate a tutto sesso<br />

L’inserto “Salute” di Repubblica ha dedicato due paginoni ai<br />

contraccettivi. In un articolo si legge: «Per chi è rimasto solo,<br />

ma teme la solitudine, l’estate può servire come un allenamento<br />

alla seduzione neutra, ut<strong>il</strong>e per creare reti affettive, piacevoli<br />

convivenze, per visitare luoghi che si desidera scoprire. Le ferie<br />

frazionate, brevi, abbiamo scoperto che possono aumentare<br />

lo stress e le attese eccessive.<br />

Consigliamo a<br />

chi è solo/a di costruirsi<br />

una narrazione, raccontare<br />

una versione dell’estate<br />

che non faccia sentire<br />

sconfitti, sia che si scelga<br />

l’azzardo o si valorizzi la<br />

voglia di cose tranqu<strong>il</strong>le,<br />

di amici e luoghi amati, di<br />

risvegli lenti, di semplici<br />

routine r<strong>il</strong>assanti».<br />

Sdraiarsi in una bara per capire <strong>il</strong> senso della vita<br />

Col nob<strong>il</strong>e intento di far diminuire i suicidi, un imprenditore coreano ha ideato <strong>il</strong><br />

seguente rimedio. Sdraiarsi per cinque minuti in una bara, farsi chiudere dentro e<br />

in questo breve lasso di tempo «riflettere sull’importanza della vita». Sono i cosiddetti<br />

“corsi del buon morire” e già più di 100 m<strong>il</strong>a persone hanno provato l’inconsueto<br />

brivido. Pare che la cosa funzioni, almeno a stare a sentire le rassicurazioni<br />

di chi vi si è sottoposto. Tra l’altro, assicurano gli organizzatori del corso,<br />

uno dopo diventa<br />

più produttivo sul<br />

lavoro. Il tutto a soli<br />

300 dollaroni.<br />

buIo Pensieri che vengono nella bara: «Cazzo<br />

che buio. Ma si potrà fumare? Certo che<br />

per 300 dollari ce la potevano mettere almeno<br />

una coca. Oh, ma è proprio buio qua dentro.<br />

Uff, che caldo. Ma quando muoio farà ’sto<br />

caldo? Ummmmm. Eh? Cosa stavo pensando?<br />

Ah, già. Mi prude un mignolo. E adesso come<br />

mi gratto? Oddio mi sono scordato di portar<br />

fuori l’umido stamattina. Ah già, ma sono<br />

di Napoli: ci penseranno gli angeli di De Magistris.<br />

Oh, che buio raga. Ma saranno passati<br />

cinque minuti? Perché non mi aprono? Oddio,<br />

mica saranno tutti morti là fuori!».<br />

RELAX<br />

Il gatto Sky rapito dal neutrino<br />

L’artista Luciana Matalon ha acquistato un’intera pagina<br />

del Corriere della Sera per dare l’estremo saluto<br />

al suo gatto Sky. Lo strano necrologio è apparso corredato<br />

da una foto del felino con la sua padrona: «L’UNI-<br />

VERSO ASCOLTA IL GRANDE SILENZIO. IL MON-<br />

DO SI È SPENTO. Oggi <strong>il</strong> mio magico gatto Sky è stato<br />

rapito da un neutrino alla deriva di spazi galattici al-<br />

le 4:30, e la mia frag<strong>il</strong>ità<br />

urla l’assenza, l’emozione<br />

vuole attenzione. La<br />

sospensione vorrebbe la<br />

mia rassegnazione. Ma<br />

tu adorato SKY sei nella<br />

beatitudine? Sei finalmente<br />

beato? Se così è,<br />

io sarò prestissimo con<br />

te e non ci lasceremo più<br />

per sempre».<br />

vero Insomma, per non sentirvi degli sconfitti<br />

dovete raccontare un sacco di balle (una “narrazione”<br />

la chiama Repubblica). Robe del tipo che<br />

siete rimasti un mese su un’isola deserta con<br />

Megan Fox o che avete passato una settimana<br />

chiusi in ascensore con Scarlett<br />

Johansson. Mi raccomando,<br />

abbondate coi particolari, così<br />

da rendere la cosa credib<strong>il</strong>e.<br />

Altrimenti gli amici vi sgameranno<br />

subito che avete<br />

passato un’altra estate<br />

a leggere Kant.<br />

LOVE<br />

RECLAME<br />

mIao Come riconoscere un neutrino. Il neutrino<br />

di solito è alla deriva nella galassia. È più<br />

spietato di un esattore delle tasse e ha uno<br />

sguardo da pignoratore d’appartamenti. Al neutrino<br />

non importa se la tua frag<strong>il</strong>ità urla l’assenza,<br />

né se la tua sospensione fa rima con la<br />

tua rassegnazione. Il neutrino fa capolino quando<br />

L’UNIVERSO ASCOLTA IL GRANDE SILEN-<br />

ZIO e QUANDO IL MONDO È SPENTO. Se questa<br />

notte alle 4:30 senti bussare alla porta, non<br />

aprire. Soprattutto, poiché <strong>il</strong> neutrino ammazza<br />

i gatti, accetta un consiglio: inizia ad abbaiare.


imperdib<strong>il</strong>e<br />

inut<strong>il</strong>e<br />

Sempre più gente<br />

sogna <strong>il</strong> capo ufficio<br />

Nell’era della velocità e dello stress,<br />

spesso capita che di notte i dipendenti<br />

sognino <strong>il</strong> capo ufficio. Il fenomeno<br />

sta assumendo dimensioni preoccupanti,<br />

non a caso perfino i grandi<br />

giornali ormai se ne occupano in maniera<br />

approfondita. Dopo <strong>il</strong> Wall<br />

Street Journal lo ha fatto, per esempio,<br />

<strong>il</strong> Corriere della Sera. Secondo gli<br />

esperti, questi sogni hanno molteplici<br />

interpretazioni possib<strong>il</strong>i:<br />

possono indicare <strong>il</strong> desiderio<br />

represso di una relazione<br />

clandestina<br />

o semplicemente<br />

quello di fare<br />

carriera.<br />

INCUBI<br />

GIOCHI<br />

godib<strong>il</strong>e<br />

fetido<br />

SCIENZA<br />

MOTIVI Anche <strong>il</strong> redattore<br />

di <strong>Tempi</strong> fa sogni lavorativi.<br />

Fortuna che c’è <strong>il</strong> correttore<br />

di bozze, <strong>il</strong> quale sa interpretare<br />

<strong>il</strong> subconscio come un<br />

grande refuso. Se per esempio<br />

<strong>il</strong> redattore sogna <strong>il</strong> capo<br />

ufficio, grazie al correttore sa<br />

che in realtà gli manca <strong>il</strong> caro<br />

ufficio. Se invece sogna la tastiera,<br />

vuole solo una fetta di<br />

pastiera. Se immagina di fare<br />

un titolo, <strong>il</strong> correttore gli<br />

spiega che desidera andare in<br />

Tirolo. Adesso c’è uno che sogna<br />

da mesi di scrivere una<br />

bellissima riga. Cosa vorrà<br />

mai dire? Inviateci la soluzione<br />

a redazione@tempi.it.<br />

Attento, <strong>il</strong> computer ti sta rubando i ricordi<br />

La rivista Science ha pubblicato i risultati di una ricerca della Columbia University<br />

secondo la quale noi uomini di oggi rischiamo di perdere la memoria a causa<br />

delle nostre chincaglierie informatiche. L’indagine ha dimostrato che le persone<br />

tendono a non trattenere tra i ricordi le cose che sanno di aver “salvato”<br />

da qualche parte su un apparecchio tipo pc, telefonino, e-ma<strong>il</strong> o tablet, come<br />

dite voi giovani. «La nostra memoria<br />

– spiegano gli scienziati<br />

– è ormai internet, che conserva<br />

per noi le informazioni. Così,<br />

<strong>il</strong> nostro cervello non si sforza».<br />

Supergay e l’esercito<br />

delle sexy bionde<br />

Supergay & the attack of his exgirlfriends,<br />

così si chiama <strong>il</strong> videogioco<br />

inventato dalla casa spagnola<br />

Klickrainbow e che aiuterà la Apple<br />

– in passato accusata di omofobia<br />

– a rifarsi un’immagine gay friendly.<br />

Protagonista è Tom Padder, diventato<br />

un supereroe dopo aver rivelato<br />

al mondo, solo pochi giorni prima<br />

delle nozze, di essere<br />

omosessuale. Tom,<br />

nella sua tutina rosa<br />

con spacco dalle spalle<br />

fino al voluminoso<br />

pacco, dovrà salvare<br />

<strong>il</strong> mondo lottando<br />

contro un esercito di<br />

bionde supersexy.<br />

MEMO Ecco alcuni ricordi preziosi che <strong>il</strong><br />

cervello rimuove in continuazione e che<br />

perciò conviene salvare sul computer:<br />

1) sei italiano, quindi probab<strong>il</strong>mente alle<br />

ultime elezioni hai votato Berlusconi, sì, lo<br />

so, è dura ma ormai sei un ometto; 2) oppure<br />

hai votato Bersani, coraggio, non fare<br />

così; 3) sei sposato, stasera ricordati di<br />

tornare a casa; 4) hai anche tre figli, che<br />

per di più ogni dodici mesi fanno <strong>il</strong> compleanno;<br />

5) nel dubbio, <strong>il</strong> compleanno è<br />

oggi; 6) bisogna proprio darsi una lavatina<br />

ogni tanto; 7) ma quello lì seduto accanto<br />

a te ha sempre lavorato qui?<br />

MAnI C’è qualcosa che non torna. Cioè, non so se ve ne<br />

siete accorti, ma qui a far la parte dei cattivi non sono dei<br />

caimani di Arcore, ma delle donne. Donne un po’ alla Pamela<br />

Anderson, ma pur sempre donne. Quindi: <strong>il</strong> gioco superpoliticamente<br />

corretto mette in competizione gay contro<br />

donne. Non quadra. Ok gay vs ex-gay; ok gay vs cattolici<br />

oscurantisti; ma gay vs donne non si può fare. Urge rimedio,<br />

urge manifestazione. Se non ora, quando? Noi non<br />

avremmo mai pensato di poterlo scrivere un giorno, ma qui<br />

bisogna dirlo: giù le mani dei gay dal corpo delle donne.<br />

| | 27 luglio 2011 | 59


UN ALTRO MONDO<br />

è POSSIBILE<br />

DAL PARAGUAY AL BRASILE<br />

L’unità con<br />

i miei “fratelli”<br />

Cleuza e Marcos<br />

di Aldo Trento<br />

Caro padre aldo, vale la pena essere abbonati<br />

a <strong>Tempi</strong>, solo per poter avere una<br />

“quotidianità” con <strong>il</strong> suo pensiero. Il motivo<br />

per cui le scrivo riguarda <strong>il</strong> mio bisogno (e<br />

quello di mio marito e un’altra coppia) di vivere<br />

una fraternità come la vive lei. Fino a qualche<br />

mese fa, con <strong>il</strong> nostro gruppo di circa otto famiglie<br />

ci vedevamo ogni mese. C’era un momento<br />

di preghiera, poi <strong>il</strong> lavoro sulla scuola di comunità<br />

e poi si cenava insieme. Una o due volte l’anno<br />

era previsto un pellegrinaggio o una gita in<br />

montagna. Un momento di condivisione bellissimo.<br />

Da qualche mese sta scemando tutto. Trovano<br />

tutti m<strong>il</strong>le “scuse” per arrivare in ritardo o<br />

partire prima o non venire. Tutte ragioni comprensib<strong>il</strong>issime,<br />

ma avendo tutti dei figli, anche<br />

noi avremmo le stesse ragioni, ma ci organizziamo,<br />

spostiamo appuntamenti in modo da essere<br />

liberi <strong>il</strong> giorno deciso. Ma noi abbiamo bisogno<br />

di quegli incontri. Per noi, per i nostri figli,<br />

per la nostra vita matrimoniale, per la nostra<br />

fede. Come possiamo fare? Cosa possiamo fare?<br />

Noi due famiglie, con una nuova che non fa<br />

parte del gruppetto di origine, abbiamo iniziato<br />

a vederci e stavamo pensando di fare un gruppetto<br />

nuovo. Ieri siamo andati in pellegrinaggio<br />

a un santuario proprio per pregare la Madonna,<br />

perchè pensi alle nostre famiglie. Capisco che<br />

da soli non possiamo farcela. Abbiamo bisogno<br />

di un’autorità. Di un riferimento. Scherzando, ci<br />

siamo detti: «E se chiedessimo a padre Aldo di<br />

far parte del suo gruppetto?». Un po’ diffic<strong>il</strong>e,<br />

ma almeno un parere posso chiederlo.<br />

Lettera firmata<br />

La condizione per condividere la fraternità<br />

con Marcos, Cleuza e altri amici è solo<br />

una: guardare, seguire, immedesimarsi<br />

con l’esperienza che don Julián Carrón vive nel<br />

carisma a cui don Giussani l’ha chiamato prima<br />

di morire, per continuare l’opera che lui aveva<br />

iniziato sotto l’azione dello Spirito Santo. Allora<br />

non esiste nessun protocollo, nessuna regola,<br />

nessun invito a essere parte della mia fraternità,<br />

e la cosa più bella è che uno può viverla in<br />

qualunque parte del mondo e dentro tutte le circostanze.<br />

Non si tratta di sognare paradisi artificiali<br />

o seguire un guru, come credono alcuni<br />

che vogliono venire in Paraguay, ma di immedesimarsi<br />

con l’esperienza, con <strong>il</strong> lavoro che chiede<br />

<strong>il</strong> movimento a cui apparteniamo. Seguire don<br />

60 | 27 luglio 2011 | |<br />

POST<br />

APOCALYPTO<br />

Padre Aldo<br />

insieme ai<br />

coniugi Zerbini<br />

al Meeting di<br />

Rimini 2009<br />

Carrón vuol dire guardare dove lui guarda, prendere<br />

sul serio quel lavoro personale che continuamente<br />

ci chiede, cioè verificare la convenienza<br />

della fede nella vita quotidiana per godere di<br />

un’esistenza più umana. Un impegno che ha bisogno<br />

della nostra libertà perché nessuno può<br />

sostituirsi a noi. Solo così sfuggiremo alla tentazione<br />

utopica di pensare che esistono luoghi priv<strong>il</strong>egiati<br />

per vivere la fede, dato che qualsiasi posto<br />

o condizione è un priv<strong>il</strong>egio. Durante <strong>il</strong> mio<br />

ultimo soggiorno in Italia ho visto coi miei occhi<br />

persone ringiovanite, cambiate, dinamiche, piene<br />

di vita, perché hanno preso sul serio <strong>il</strong> carisma<br />

di don Giussani, seguendo don Carrón come figli<br />

e amici. Ma ho visto anche persone nostalgiche<br />

o con <strong>il</strong> “mal del Sud America”, che si rifugiano<br />

qui sognando che la loro vita cambi e alla fine ritornano<br />

in Europa delusi e, forse, peggiori di prima.<br />

Ci sono molte fraternità come la tua. Fanno<br />

molte cose, una più bella dell’altra, organizzano<br />

iniziative di ogni tipo, sembra che tutti si vogliano<br />

bene, eppure l’usura del tempo ha posto fi-<br />

ne a tutto. Guardando alla mia esperienza, posso<br />

dire che una fraternità ha tre punti essenziali<br />

che la originano e che le danno consistenza.<br />

1) Serietà e lealtà con la propria umanità.<br />

Don Carrón ci ripete: «Esiste Cristo, ma manca<br />

l’umano». La strada per Cristo è semplice come<br />

fu per Giovanni e Andrea, Zaccheo, Matteo,<br />

la samaritana e l’adultera. «Maestro, dove vivi?».<br />

Una domanda che nasceva dall’impegno<br />

personale con la propria umanità, col proprio<br />

cuore desideroso di incontrare la felicità. Giovanni<br />

e Andrea erano insieme e seguirono Gesù<br />

solo grazie a questa serietà con la loro umanità,<br />

grazie a quella speranza che palpita in ogni<br />

cuore umano. Senza quell’esperienza umana che<br />

li spinse a chiedere a Gesù: «Dove vivi?» sarebbero<br />

diventati come la tua fraternità. Lo stesso<br />

è successo a Zaccheo: una curiosità carica di<br />

interesse umano, un desiderio di vedere chi era<br />

quell’uomo l’ha spinto a salire su quell’albero e a<br />

nascondersi tra le foglie, come chi intuisce che<br />

esiste la verità ma ha ancora paura di incontrar-


la, perché percepisce che c’è in ballo un possib<strong>il</strong>e<br />

cambiamento della propria vita. Passa di lì Gesù,<br />

che conosce e scruta molto bene <strong>il</strong> cuore dell’uomo,<br />

che legge le intenzioni di ognuno, e alza lo<br />

sguardo verso quel piccolo uomo, pieno di paura<br />

e curiosità, lo guarda intensamente e lo chiama<br />

per nome: «Zaccheo». Immaginiamo l’istante in<br />

cui lo sguardo di Gesù incontra quello di Zaccheo.<br />

In un momento, quell’uomo non è più quello<br />

di prima, o meglio, è lo stesso, con <strong>il</strong> suo temperamento,<br />

<strong>il</strong> suo carattere, i suoi peccati, ma la<br />

sua autocoscienza non è quella di prima. Quello<br />

sguardo definì la sua personalità, la fece emergere<br />

in tutta la sua bellezza umana. Tutto dipese<br />

da quello sguardo, perfino la cena con Gesù,<br />

dove Zaccheo fondò la sua prima fraternità con<br />

i suoi amici, truffatori come lui. Con l’adultera e<br />

la samaritana accadde lo stesso. Uno sguardo<br />

pieno di tenerezza e alcune parole: «Alzati, va’<br />

e non peccare più»; che vuol dire, va’ e rimani<br />

sempre con me. E così è nata la sua fraternità.<br />

Lo stesso con Matteo. Con questo “ladro” Gesù<br />

Se <strong>il</strong> tuo gruppetto finisce ma in te e nella tua<br />

famiglia rimane vivo <strong>il</strong> desiderio di guardare<br />

Cristo, tirati su le maniche e ricomincia. Fare un<br />

gruppetto nuovo? È una domanda decisiva, devi<br />

rispondere immediatamente, perché è <strong>il</strong> cuore<br />

che lo esige, perché l’io nasce da un incontro, vive<br />

di un’amicizia con chi già guarda in faccia Cristo<br />

ha voluto condividere una fraternità particolare,<br />

quella con gli apostoli. La lealtà con se stessi<br />

è la condizione perché Gesù entri nel suo cuore<br />

dell’uomo, nella sua umanità, cambiandola. In<br />

una fraternità si può arrivare a dare la vita l’uno<br />

per l’altro, ma se uno non prende sul serio quelle<br />

esigenze elementari che formano <strong>il</strong> tessuto stesso<br />

del cuore, tutto finisce e la vita si riduce a un<br />

cimitero. E uno si ritrova seduto lungo <strong>il</strong> cammino<br />

della vita, a ricordare con nostalgia, con<br />

l’agenda in mano, tutto <strong>il</strong> bello e <strong>il</strong> buono che ha<br />

vissuto nella vita passata. Sono quelli che vivono<br />

sognando. Ma non si vive se non per qualcosa<br />

che sta accadendo ora.<br />

A letto con <strong>il</strong> cancro<br />

2) Questa lealtà con se stessi, questa serietà e<br />

passione per la propria umanità, inevitab<strong>il</strong>mente<br />

si trasforma in una nuova moralità che, come<br />

afferma don Giussani in Si può vivere così?, non<br />

si confonde con le nostre elucubrazioni mentali,<br />

ma coincide col guardare in faccia Cristo. Se<br />

uno guarda in faccia Cristo, se guarda in faccia<br />

la persona che ama, tutto si riordina dentro di<br />

lui, tutto ritorna al suo posto. Allora uno si pettina<br />

in un certo modo, si allaccia i bottoni, si vergogna<br />

se ha le scarpe sporche. Una persona che<br />

vive così è già origine ed espressione di una fraternità.<br />

Quello che crea una fraternità non sono<br />

le cose che facciamo o come dici tu facevate.<br />

La fraternità, la sua origine vera, la sua consistenza,<br />

nasce solo da un’iniziativa personale, dal<br />

guardare in faccia Cristo. Uno può essere a letto<br />

con un cancro, eppure può vivere la fraternità in<br />

un modo m<strong>il</strong>le volte più bello, grande e umano,<br />

se nel letto di dolore i suoi occhi sono fissi a Cristo.<br />

Ripeto, meno viviamo questo sguardo, meno<br />

c’è fraternità tra di noi: opere o iniziative non<br />

resistono nel tempo; questo è ciò che è successo<br />

a voi, ed è quello che accade se non si vive come<br />

le sentinelle dell’Inno delle scolte d’Assisi. Il fatto<br />

è che diamo per scontato <strong>il</strong> nostro rapporto<br />

personale con Cristo, non viviamo la realtà come<br />

provocazione. Zaccheo e gli altri amici di Gesù<br />

sono stati seri con la loro umanità, non hanno<br />

censurato niente e per questo si sono fatti afferrare<br />

dallo sguardo luminoso di Gesù.<br />

3) Questa posizione è l’origine e <strong>il</strong> contenuto della<br />

mia fraternità con Cleuza e Marcos. Ciò che ci<br />

ha messi non sono stati e non sono obiettivi comuni<br />

tra l’associazione dei Senza Terra e la fondazione<br />

San Rafael; non sono state e non sono<br />

le opere, ma <strong>il</strong> fatto di aver ascoltato don Car-<br />

rón che tre anni fa ha detto a tutti di guardare<br />

dove sono più evidenti i tratti della presenza di<br />

Cristo. L’immagine più bella che spiega la nostra<br />

fraternità è quella sul volantone di Pasqua, dove<br />

Giovanni Battista, seduto su un tronco di ulivo,<br />

mentre guarda i due apostoli con una mano sul<br />

cuore, con l’altra indica loro un uomo al di là del<br />

Giordano, che è la risposta a ciò che <strong>il</strong> cuore desidera.<br />

Quel gioco di mani mi commuove perché<br />

esprime l’origine e <strong>il</strong> contenuto di una fraternità.<br />

Due giorni fa Cleuza e Marcos sono tornati qui<br />

in Paraguay, perché perfino l’agenda è una questione<br />

affettiva. E la cosa sorprendente è che<br />

questa fedeltà al cuore, alla propria umanità e<br />

a chi ci indica quell’uomo che sta sull’altra sponda<br />

del fiume, continua a generare altre fraternità,<br />

a coinvolgere altre persone affascinate dalla<br />

bellezza che traspira dalla nostra vita. Quando<br />

gli Zerbini sono tornati in Bras<strong>il</strong>e, sulla strada<br />

per l’aeroporto mi hanno detto: «L’opera più<br />

grande che dobbiamo costruire non sono le opere<br />

che Dio suscita attraverso di noi, ma l’amicizia<br />

che Lui ci dona». Prima di lasciarci hanno aggiunto:<br />

«Tutto quello che abbiamo vissuto oggi<br />

non sarebbe stato possib<strong>il</strong>e senza quel sì che da<br />

due anni e mezzo continuiamo a dire, guardando<br />

don Carrón e aiutandoci a stare sempre svegli<br />

davanti alla realtà». Allora se la tua fraternità finisce<br />

e tuttavia in te, nel tuo mondo e ancora di<br />

più nella tua famiglia, rimane vivo <strong>il</strong> desiderio, la<br />

decisione di guardare in faccia Cristo, tirati su le<br />

maniche e ricomincia, ma guardando in faccia<br />

Cristo. Fare un gruppetto nuovo? È una domanda<br />

decisiva a cui devi rispondere immediatamente,<br />

perché è <strong>il</strong> cuore che lo esige, perché l’io<br />

nasce da un incontro, vive di un’amicizia con chi<br />

già guarda in faccia Cristo. Tu con tuo marito e<br />

la coppia di vostri amici siete già una nuova possib<strong>il</strong>ità.<br />

Lo ha detto Gesù: «Dove due o tre sono<br />

riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro».<br />

Avendo questa coscienza, tutto sarà una rinascita<br />

di iniziative e di opere. La questione è solo<br />

una: io e Cristo. Vivendo 24 ore circondato dal<br />

dolore uno non può non cercare, non desiderare,<br />

non amare chi lo aiuta a risollevare lo sguardo<br />

per contemplare <strong>il</strong> volto di Cristo. Per questo<br />

vale la pena quello che diceva Mounier e che<br />

è stato <strong>il</strong> regalo che don Giussani mi fece prima<br />

di caricarmi sull’aereo per <strong>il</strong> Paraguay: «È necessario<br />

soffrire perché la verità non si cristallizzi in<br />

dottrina». E la verità è un’amicizia in cui è presente<br />

<strong>il</strong> carisma che abbiamo incontrato.<br />

padretrento@rieder.net.py<br />

| | 27 luglio 2011 | 61


LA STORIA<br />

62 | 27 luglio 2011 | |<br />

un comboniano al fronte<br />

L’eredità di<br />

un pastore<br />

in memoria di cesare mazzolari, missionario<br />

e vescovo in Sud Sudan, uomo di fede e grande<br />

conoscitore dell’islam. «la disattenzione verso<br />

la tragedia sudanese continuava a ferirlo dopo<br />

trent’anni». <strong>il</strong> ricordo dell’inviato di tempi<br />

di Rodolfo Casadei<br />

messaggio di padre Cesare mi è<br />

arrivato via e-ma<strong>il</strong> circa una setti-<br />

L’ultimo<br />

mana prima della sua morte. Ringraziava<br />

per <strong>il</strong> reportage sul Sud Sudan<br />

alla vig<strong>il</strong>ia dell’indipendenza e supplicava:<br />

«Continua a scrivere del Sudan, ne abbiamo<br />

bisogno». Mazzolari era un vescovo bal-<br />

danzoso e senza paura, iper-fiducioso nella<br />

Provvidenza e impermeab<strong>il</strong>e allo scoraggiamento.<br />

Ma la poca attenzione italiana<br />

ed europea in generale verso la tragedia<br />

sudanese continuava a ferirlo anche dopo<br />

30 anni di missione. Nei primi sei mesi di<br />

quest’anno bombardamenti, agguati e raid<br />

hanno causato in Sudan più morti che in<br />

Siria, ma lontano dal Sudan nessuno se<br />

n’è accorto. Se andate a vedere la copertura<br />

mediatica, <strong>il</strong> paragone è improponib<strong>il</strong>e:<br />

le violenze politiche siriane hanno ricevuto<br />

dieci volte più attenzioni di quelle sudanesi.<br />

Quando Mazzolari veniva in Italia<br />

trovava sempre giornalisti interessati alle<br />

sue parole, principalmente per un motivo:<br />

era un ecclesiastico che volentieri parlava<br />

dell’islam senza diplomazia e le consuete<br />

prudenze. Non mancava di sottolineare<br />

l’incoscienza e l’imprudenza con cui i paesi<br />

europei esaudivano le richieste dei musulmani<br />

in materia di moschee e di trattamento<br />

speciale per gli immigrati islamici, insisteva<br />

sulla necessità di recuperare l’identità<br />

cristiana, italiana ed europea come condizione<br />

indispensab<strong>il</strong>e per una relazione<br />

con l’islam che non fosse arrendevole e<br />

condiscendente. Ma pochi gli chiedevano<br />

e lo lasciavano parlare di quello che gli stava<br />

più a cuore: l’impiantazione e <strong>il</strong> timido<br />

germogliare del cristianesimo nella sua e<br />

nelle altre diocesi sudanesi. Quel che Mazzolari<br />

ha fatto in un trentennio a Rumbek,<br />

in quello che corrisponde all’attuale Lakes<br />

State, Stato dei laghi, è incredib<strong>il</strong>e soprattutto<br />

in considerazione delle condizioni di<br />

partenza: guerra in corso con radicamento<br />

della popolazione e tentativi di pulizia etni-


Foto: AP/LaPresse<br />

gLI ItaLIanI e La SoLIdaRIetà<br />

La fatica di chiedere soldi<br />

per annunciare <strong>il</strong> Vangelo<br />

«Spesso in Italia trovo fondi per opere sociali ma<br />

non per costruire una chiesa. Perfino un comboniano<br />

mi ha confidato: per convincere gli italiani ad<br />

aiutarti economicamente devi dire che i catechisti<br />

fanno opere sociali, aiutano gli ammalati, seguono<br />

i moribondi, fanno scuole, opere di sv<strong>il</strong>uppo. Ed è<br />

vero: per l’educazione, le emergenze e la salute, la<br />

nostra gente è disposta ad aiutare i missionari. Ma<br />

se si parla di missione vera e propria, sembra che si<br />

voglia fare la guerra santa contro le altre religioni o<br />

contro l’islam. Così si deve camuffare la missione del<br />

Vangelo, senza mettere l’aureola a quello che facciamo.<br />

È un brutto segnale: siamo diventati iconoclasti<br />

e non vogliamo più sentire parlare di cose sante. E<br />

allora capita che i fondi per i missionari, i catechisti,<br />

per chi annuncia direttamente <strong>il</strong> Vangelo, siano i più<br />

ardui da raccogliere. Però, quando capiremo cosa<br />

davvero la Chiesa realizza nel Terzo Mondo, ovvero<br />

che non fa la vittima bensì sta portando la solidarietà<br />

autentica perché guarda <strong>il</strong> povero in faccia<br />

senza paura, allora sarà fatta giustizia. Una volta gli<br />

italiani davano un’offerta perché venisse battezzato<br />

un bambino africano con <strong>il</strong> tal nome: pensi che lo<br />

facciano ancora oggigiorno? Neppure per sogno!».<br />

Cesare Mazzolari<br />

da Lorenzo Fazzini, Un Vangelo per l’Africa.<br />

Cesare Mazzolari, vescovo di una Chiesa crocifissa,<br />

ed. Lindau 2011, 150 pagine, 12 euro<br />

ca, cultura locale centrata su valori molto<br />

lontani dal Vangelo, assenza quasi totale di<br />

comunità cattoliche e presidio del territorio<br />

da parte degli anglicani.<br />

In un trentennio Mazzolari è riuscito<br />

a fare di Rumbek una diocesi, ad attirarvi<br />

missionari cattolici da tutto <strong>il</strong> mondo,<br />

a costruire scuole, ambulatori e parrocchie<br />

come se si vivesse nella pace dell’epoca<br />

coloniale e non nei decenni della grande<br />

strage sudanese (2 m<strong>il</strong>ioni di morti, 3<br />

m<strong>il</strong>ioni di profughi e sfollati). E persino a<br />

coltivare vocazioni sacerdotali che sono sfociate<br />

nelle prime ordinazioni di preti locali<br />

dinka. Mazzolari era uno che aveva perfettamente<br />

compreso e calato dentro di<br />

sé <strong>il</strong> monito di Jahveh del salmo: “Le mie<br />

vie non sono le vostre vie”. Non si scoraggiava<br />

di fronte all’apparente impossib<strong>il</strong>ità<br />

di innestare <strong>il</strong> cristianesimo sulla pianta<br />

del modo di vita dinka, antropologicamente<br />

estraneo all’annuncio evangelico.<br />

Alla domanda su cosa avessero capito i dinka<br />

del cristianesimo finora, rispondeva con<br />

ironia e senza alcun disagio: «Vagamente<br />

l’hanno capito». E di fronte al misto di triste<br />

sorpresa e morbosa curiosità giornalistica<br />

che io mostravo di fronte al succedersi<br />

settimanale di massacri fra pastori e intere<br />

comunità di v<strong>il</strong>laggi nella sua diocesi causati<br />

dai reciproci furti di vacche e dal dovere<br />

di proseguire vecchie faide, lui tagliava<br />

corto: «Non perdiamoci nel gossip. Cerchiamo<br />

di vedere sempre <strong>il</strong> quadro di insieme».<br />

Non era cinismo frutto della consuetudine<br />

con i cicli delle vendette tribali, ma fede<br />

risoluta nei tempi di Dio.<br />

Realista e orgoglioso<br />

Mi aveva esortato a parlare con le donne<br />

dell’associazione Santa Monica, lebbrose<br />

cacciate dalla famiglia, poliomelitiche,<br />

vedove costrette a risposare parenti che le<br />

maltrattavano. Frequentando l’associazione<br />

diretta da una suora, avevano imparato<br />

a produrre creme e saponi da un frutto tropicale,<br />

a cucire a macchina, persino a leggere<br />

e a scrivere. Erano passate dallo statuto<br />

di proprietà di valore inferiore a quello<br />

delle vacche con cui erano state comprate<br />

dai mariti a quello di persone a pieno titolo.<br />

Quando era stato letto loro <strong>il</strong> brano del<br />

Genesi dove si racconta la creazione di Eva<br />

dalla costola di Adamo, avevano esultato<br />

insieme: «Ma allora anche noi siamo esseri<br />

umani come i maschi!». Del cristianesimo<br />

fino ad allora avevano capito poco più<br />

di questo. Ma quel poco in realtà era un pas-<br />

«In un trentennio è riuscito a fare di Rumbek<br />

una diocesi, a costruire scuole, ambulatori e<br />

parrocchie. Come se quelli non fossero gli anni<br />

della grande strage sudanese (2 m<strong>il</strong>ioni di morti)»<br />

Alcune foto di Mazzolari in missione. Il vescovo è mancato<br />

<strong>il</strong> 16 luglio scorso improvvisamente mentre celebrava la Messa<br />

saggio di civ<strong>il</strong>tà enorme, destinato a minare<br />

negli anni a venire la poligamia e la vendetta,<br />

le due istituzioni attorno alle quali<br />

ruota la società dinka precristiana. Ma Mazzolari<br />

ne era certo: nelle omelie non dimenticava<br />

mai di spiegare quali valori tradizionali<br />

non erano compatib<strong>il</strong>i con <strong>il</strong> cristianesimo.<br />

Ma puntava su altro: le sue chiese<br />

piene di giovani e di ragazzi e quasi prive<br />

di anziani erano <strong>il</strong> segno della strada che <strong>il</strong><br />

cristianesimo aveva trovato per entrare nel<br />

cuore dei dinka: «Questi frequentano tutti<br />

le nostre scuole», commentava con orgoglio.<br />

Rispettato e onorato da tutti, dopo i<br />

giorni duri della guerra, quando a un certo<br />

punto l’Spla lo aveva arrestato e espulso<br />

per alcune giuste critiche da lui espresse,<br />

Mazzolari continuava a vivere con una<br />

modestia che sfiorava l’indigenza. La casa<br />

vescov<strong>il</strong>e era un casotto sormontato da una<br />

tettoia ondulata, diviso in due minuscoli<br />

locali, <strong>il</strong> soffitto basso da sfiorarci la testa.<br />

L’atrio ospitava la scrivania da lavoro, una<br />

libreria e poco altro, la camera da letto conteneva<br />

<strong>il</strong> giaciglio sovrastato dalla zanzariera<br />

e nient’altro. Niente servizi: per <strong>il</strong> gabinetto<br />

e la doccia bisognava traversare <strong>il</strong> cort<strong>il</strong>e<br />

ed entrare in un gabbiotto. Monsignor<br />

Cesare riceveva le visite sotto una tettoia di<br />

vimini davanti all’ingresso di casa, attorno<br />

a un tavolo all’aperto poggiato sul nudo terreno.<br />

Un missionario di questa scorza è giusto<br />

che se ne sia andato così come è successo:<br />

esalando l’ultimo respiro mentre diceva<br />

Messa nella piccola, gradevole, temporanea<br />

cattedrale rotonda dipinta di giallo e circondata<br />

di contorte piante tropicali, a fianco<br />

della grande, rialzata strada rossa sterrata<br />

che attraversa Rumbek da est a ovest.<br />

| | 27 luglio 2011 | 63


LETTERE<br />

AL DIRETTORE<br />

Diciamo papale papale<br />

che è una Finanziaria<br />

del c. di uno Stato di m.<br />

Leggo e sento dire che <strong>il</strong> governo ha 22 mesi a disposizione<br />

per recuperare e per r<strong>il</strong>anciare e attuare la sua linea<br />

riformatrice. Tale tempo mi sembra poca cosa rispetto<br />

alla necessità di vincere l’odio profondo che una certa cultura<br />

continua a priv<strong>il</strong>egiare nei confronti del presidente del Consiglio.<br />

Parlarne male è diventato un autentico intercalare, finanche<br />

in certe sagrestie e da certi pulpiti. Che ne pensa?<br />

Antonio Ascione Torre del Greco (Na)<br />

SPORT<br />

UBER<br />

ALLES<br />

64 | 27 luglio 2011 | |<br />

Non oso pensare più nulla in proposito.<br />

Faccio solo s<strong>il</strong>enzio e solo un minuto<br />

riguarda questo governo.<br />

2<br />

Gent<strong>il</strong>e redazione, la foto<br />

che vi allego non è un modo<br />

per dire che quello che<br />

scrivete non va bene, anzi…<br />

è molto stimolante,<br />

semplicemente è capitato<br />

tutto in modo molto naturale<br />

e ho pensato che vi<br />

avrebbe fatto piacere annoverare<br />

tra i vostri lettori<br />

(saltuari, vista l’età) mia<br />

figlia di 3 anni. Buon lavoro<br />

in questa calda estate.<br />

Davide Briccolani via internet<br />

Potenze della Rosa dei <strong>Tempi</strong>. Evviva<br />

le nostre ganze lettrici. Grazie papà.<br />

2<br />

Ho appena finito di r<strong>il</strong>eggere La fine<br />

del lavoro di Jeremy Rifkin. È un testo<br />

del 1995 in cui Rifkin parla ancora<br />

di “autostrade informatiche”, invece<br />

di parlare di internet o della rete, tan-<br />

to per dire come 16 anni fa è già preistoria.<br />

E dunque, ancora 16 anni fa,<br />

Rifkin scriveva: « Proprio nel momento<br />

in cui <strong>il</strong> bisogno di lavoro umano va<br />

scemando, <strong>il</strong> ruolo del governo subisce<br />

una sorte analoga. Oggi, le imprese<br />

multinazionali hanno cominciato a<br />

eclissare e mettere in sordina <strong>il</strong> potere<br />

delle nazioni. L’impresa transnazionale<br />

ha sempre più usurpato <strong>il</strong> ruolo tradizionale<br />

dello Stato e già ora esercita<br />

un potere di controllo senza pari sulle<br />

risorse mondiali, sui serbatoi di lavoro<br />

e sui mercati. Le maggiori tra queste<br />

società sono dotate di patrimoni superiori<br />

al prodotto interno lordo di molti<br />

paesi». Sotto questo prof<strong>il</strong>o credo che<br />

vadano rivisti profondamente i meccanismi<br />

operativi all’interno di queste<br />

grandi organizzazioni, soprattutto considerando<br />

la distribuzione del lavoro<br />

e la distribuzione della ricchezza prodotta.<br />

L’introduzione di<br />

nuove tecnologie, anziché<br />

portare al taglio di<br />

posti di lavoro, dovrebbe<br />

portare alla redistribuzione<br />

dello stesso, attraverso<br />

modifiche dell’orario<br />

di lavoro, in modo da<br />

consentire di mantenere<br />

<strong>il</strong> più possib<strong>il</strong>e <strong>il</strong> livello<br />

occupazionale. La produzione<br />

di ricchezza non<br />

dovrebbe essere destinata in maniera<br />

sb<strong>il</strong>anciata a un numero ristretto di attori,<br />

come avviene ora, e cioè la classe<br />

dirigente e i consigli di amministrazione,<br />

ma dovrebbe essere ripartita fra<br />

tutti i dipendenti non come graziosa<br />

regalìa da parte di chi decide, ma come<br />

riconoscimento del contributo di<br />

tutti. Molte di queste grandi organizzazioni<br />

hanno programmi di aiuto sociale<br />

alla comunità come parte della<br />

loro responsab<strong>il</strong>ità civ<strong>il</strong>e: mi sembrano<br />

NON MENATECELA CON LA “SOCIETÀ CIVILE”<br />

A casa mia <strong>il</strong> gioco della cadrega<br />

si chiama sempre spo<strong>il</strong>s system<br />

A me<br />

<strong>il</strong> Giuliano PisaPia, a Pelle, sta simPatico. È uno<br />

di quei ricchi con la casa in centro che fanno<br />

i comunisti. Nutro un’insana passione per loro.<br />

Mi rassicurano molto. Vabbè, volevo dire questo, dopo<br />

aver letto un articolo su un giornale fiancheggiatore a<br />

proposito delle epurazioni in Comune e nelle aziende<br />

collegate. Faccio un esempio calcistico. Un anno fa An-<br />

lacrime di coccodr<strong>il</strong>lo. Prima tagliano<br />

posti di lavoro, poi implementano piani<br />

di sussidio. Dovrebbero invece lavorare<br />

a monte: la nuova responsab<strong>il</strong>ità sociale<br />

delle imprese è quella di garantire a<br />

priori una sicurezza e una tranqu<strong>il</strong>lità<br />

che oggi non ci sono e che sono sfuggite<br />

dalle mani delle istituzioni politiche.<br />

Giulio Cesare Tersalvi M<strong>il</strong>ano<br />

Ecco come si torna a ragionare un<br />

po’ islamicamente dopo che, come<br />

si dice, ti hanno “terminato” da top<br />

manager. Adesso però non scriviamoci<br />

<strong>il</strong> “Capitale” di Rifkin, altrimenti<br />

poi ci dividiamo la sua buona uscita<br />

tra i dipendenti.<br />

2<br />

Con vero piacere r<strong>il</strong>eggo Nicholas Farrell!<br />

Spero che continui la collaborazione<br />

con voi e noi (redazione lettori).<br />

Alfredo Gallucci via internet<br />

Chiedo alla Carla e le saprò dire.<br />

2<br />

Tra “slanci euritmici” e “soppressate”<br />

vedo che la famiglia Farina non smette<br />

di produrre penne fini e dal “sussulto<br />

gastronomico”. Complimenti.<br />

Maura Rota Seregno<br />

Immagino che <strong>il</strong> Farina di cui riferisce<br />

è <strong>il</strong> secondo. Bè, ci siamo, non<br />

è ancora la perfezione massobriana<br />

ma vedrete, anche <strong>il</strong> pap<strong>il</strong>lon di Tommaso<br />

farà strada.<br />

2<br />

A leggere le quotazioni e i risultati della<br />

Borsa negli ultimi tempi si prova<br />

sempre più lo stesso senso di smarrimento<br />

di quando si scorrono le quotazioni<br />

Snai delle partite di quarta serie.<br />

Alcune previsioni sembrano fac<strong>il</strong>i faci-<br />

di Fred Perri<br />

drea Agnelli è diventato presidente della Juve. Ha fatto<br />

fuori, nell’ordine, l’amministratore delegato, <strong>il</strong> direttore<br />

commerciale, <strong>il</strong> direttore economico, <strong>il</strong> capo della comunicazione,<br />

l’addetto stampa, <strong>il</strong> direttore sportivo, <strong>il</strong><br />

capo degli osservatori. Succede, nelle aziende (e anche<br />

in politica), non è un fatto personale. È che voglio i miei<br />

uomini nei posti che contano, è che i posti sono dei par-<br />

Foto: AP/LaPresse


li, fino a quando non si concretizza <strong>il</strong> risultato<br />

meno prevedib<strong>il</strong>e. In questi casi<br />

non si può fare altro che accettare <strong>il</strong><br />

fatto che <strong>il</strong> pallone è una sfera con dentro<br />

aria compressa e che può assumere<br />

traiettorie impreviste, anche assurde.<br />

Eppure questo è <strong>il</strong> bello del calcio<br />

(tranne quando viene scucito a tavolino<br />

lo scudetto alla Juventus per regalarlo<br />

all’Inter che non lo vince da sedici<br />

anni). Ma i numeri delle quotazioni di<br />

Borsa dovrebbero avere una logica. Dovrebbero<br />

essere conseguenti ai volumi<br />

degli scambi dei titoli che avvengono<br />

nei mercati finanziari. E sappiamo che<br />

i mercati dovrebbero essere sensib<strong>il</strong>i e<br />

correlati alle realtà in cui operano. Perciò<br />

quando lunedì abbiamo visto che,<br />

nonostante gli sforzi del governo nel<br />

varare una manovra finanziaria rigorosa<br />

ed <strong>il</strong> buon risultato offerto dalle cinque<br />

banche italiane chiamate a misurare<br />

lo stress test, la Borsa ha chiuso con<br />

<strong>il</strong> peggiore negativo d’Europa ed i titoli<br />

delle banche italiane sono precipitati,<br />

<strong>il</strong> senso di smarrimento è stato lo stesso<br />

di quando si leggono certi risultati<br />

di calcio alla domenica. Ed <strong>il</strong> brutto è<br />

che in gioco non c’è stato alcun pallone.<br />

In casi come questi si potrebbe pensare<br />

che i mercati finanziari sono impazziti.<br />

Ma la disciplina economica cui<br />

sottendono non consente giudizi del cavolo.<br />

Un motivo logico ci deve stare per<br />

forza. E purtroppo, hai voglia a cercare<br />

giustificazioni e formule complicate,<br />

l’unica buona idea che viene in mente è<br />

malandrina: i mercati finanziari hanno<br />

punito la manovra del governo. Come<br />

se alla Borsa la finanziaria di Tremonti<br />

& Co. non sia piaciuta. Forse perché<br />

troppo rigorosa persino per i mercati,<br />

che pur non aspettandosi i soliti regali<br />

di stagione, non certo credevano di pagare<br />

un tributo alla crisi italiana anche<br />

loro. Così, quasi come per una punizio-<br />

redazione@tempi.it<br />

A FILICUDI CON MINOLI E LA MELANDRI<br />

Bisognebbe tornare come bambini<br />

per non dover ridere delle meduse<br />

CARTOLINA<br />

DAL<br />

PARADISO<br />

ne, è salito <strong>il</strong> prezzo dello “spread” (che<br />

purtroppo non è <strong>il</strong> nome di una bevanda<br />

estiva) e cresceranno gli interessi da<br />

pagare sul debito pubblico. Insomma,<br />

dalla lezione di lunedì abbiamo capito<br />

che chi governa in Italia più che al popolo<br />

deve pensare ai mercati finanziari.<br />

Fabrizio Camastra<br />

Consigliere provinciale Pdl, Siena<br />

Diciamola papale papale: è una Finanziaria<br />

del cazzo. Dovevano fare<br />

Tempo d’estate. tempo di mare e anche tempo di meduse. Qualche<br />

tempo fa sono stato ospite a F<strong>il</strong>icudi del grande Giovanni Minoli<br />

e anche l’onorevole Giovanna Melandri faceva parte della compagnia.<br />

Al mio arrivo mi raccontarono divertiti che la figlioletta della Melandri<br />

aveva posto una domanda: «Perché Dio ha creato le meduse?». Si<br />

passò subito ad altro argomento, come se la domanda fosse un br<strong>il</strong>lante<br />

sintomo di sagacità da parte della bambina e non meritasse una risposta.<br />

Mi rimase chiaro ancora una volta che i bambini hanno <strong>il</strong> coraggio<br />

di porre le domande fondamentali mentre noi adulti l’abbiamo perduto.<br />

Perché Dio ha creato le meduse? Perché <strong>il</strong> creato si presenta spesso<br />

ost<strong>il</strong>e all’uomo? Perché esiste <strong>il</strong> male? È una domanda su cui l’umanità<br />

si arrovella da sempre e di cui i cristiani hanno la risposta. Il male è nato<br />

dalla disobbedienza dell’uomo a Dio. Adamo ha scelto se stesso, ha voluto<br />

stab<strong>il</strong>ire da sé qual è <strong>il</strong> bene e qual è <strong>il</strong> male, ha voluto vivere come<br />

se Dio non esistesse, mettendosi al suo posto. E questo peccato continua.<br />

La quasi totalità dei programmi televisivi ci presenta un mondo in cui<br />

Dio non c’è. Nelle conversazioni abituali, anche sotto l’ombrellone, Dio<br />

è ignorato. Solo i bambini vedono giusto. «Ti ringrazio Padre perché hai<br />

nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli»,<br />

disse Gesù. Perciò, come un bambino, posso ringraziare Dio per <strong>il</strong><br />

bel mare delle Eolie, e se alla fine una medusa mi becca potrò dire: «Signore<br />

cos’è questo piccolo inconveniente rispetto a ciò che meriterei?<br />

Aiutami ad evitare la medusa la prossima volta».<br />

l’Australia, come dice Sapelli, che in<br />

una notte e con l’accordo tra laburisti<br />

e conservatori innalzò l’età pensionab<strong>il</strong>e<br />

a 67 anni. E invece han fatto<br />

la solita manovra da Esatri. Stato<br />

degli intoccab<strong>il</strong>i. Società da bastonare.<br />

Adesso vediamo cosa farete con<br />

la riforma del fisco. Prometto che se<br />

raccontate ancora la balla del quoziente<br />

fam<strong>il</strong>iare e poi non fate niente,<br />

anch’io mi faccio musulmano poligamico<br />

e comunista come Tersalvi.<br />

di Pippo Corigliano<br />

titi che mi sostengono o, comunque, se sono un virtuoso,<br />

di chi penso sia bravo. Ma lo decido io. Ho vinto e<br />

non faccio prigionieri.<br />

Questo sta accadendo anche al Comune di M<strong>il</strong>ano.<br />

Il Pisapia caccia i dirigenti che hanno messo quelli prima<br />

di lui, in particolare la Moratti. Quelli bravi lo definiscono<br />

spo<strong>il</strong>s system.<br />

Ebbene, ho letto su questo grande giornale fiancheggiatore<br />

che <strong>il</strong> Pisapia licenzia «per sistemare persone<br />

che recepiscano meglio le istanze della società<br />

civ<strong>il</strong>e». Gli altri occupano le cadreghe, questi voglio recepire.<br />

E allora, da m<strong>il</strong>anese acquisito, un singulto m’è<br />

cresciuto spontaneo. Ma andì a dà via i ciapp.<br />

| | 27 luglio 2011 | 65


GLI ULTIMI<br />

SARANNO I PRIMI<br />

NEL SANTUARIO SOPRA LIVORNO<br />

Come Barabba a Montenero<br />

66 | 27 luglio 2011 | |<br />

di Marina Corradi<br />

Quattordici luglio. Sulle colline Sopra livorno, in faccia a un mare immenso, c’è<br />

<strong>il</strong> santuario della Madonna di Montenero. È un edificio antico, grande, squadrato<br />

su una corte rettangolare che quando è vuota, come questo pomeriggio,<br />

ricorda una metafisica di De Chirico. Attorno, le colline verdi di una macchia<br />

mediterranea intatta; come onde di bosco scuro affacciate sul blu del Tirreno.<br />

Solitario e severo, Montenero incute a chi sale dalle spiagge una meravigliata<br />

soggezione; tacciono i visitatori vocianti, abbronzati, nell’affacciarsi nella chiesa<br />

buia, dove <strong>il</strong> sole trionfale di luglio scompare e si viene lambiti da un alito d’aria<br />

improvvisamente umida e fresca. I bambini, liberati dalle mani delle madri, sull’orlo<br />

di questa pozza di buio esitano, intimoriti tornano fra le gambe dei grandi. La<br />

Madonna è laggiù, bruna, <strong>il</strong> Bambino fra le braccia, sull’altare.<br />

Alle pareti della sacrestia sta appesa una schiera interminab<strong>il</strong>e di ex voto; arrivano<br />

al soffitto, tanti sono. “Per grazia ricevuta”, centinaia di disegni ingenui e<br />

stupefatti: <strong>il</strong> bambino è caduto dal terzo<br />

piano, <strong>il</strong> trattore si è rovesciato, l’automob<strong>il</strong>e<br />

è un rottame attorcigliato, ma<br />

la morte non l’ha avuta vinta, quel giorno,<br />

e la vita, salva, è continuata. (Pare di<br />

vederla, la morte, in agguato sopra la locomotiva<br />

a vapore bluastra, ferrigna, feroce<br />

che piomba su un’auto, al passaggio<br />

a livello. Pare di vederla, nella camera bianca dove <strong>il</strong> bambino giace immob<strong>il</strong>e<br />

a letto, e tutti, fuorché la madre e <strong>il</strong> padre, se ne sono andati. Ma davvero ha dovuto<br />

ritirarsi sconfitta, la morte, nei giorni raccontati in questi ex voto; e gli uomini,<br />

sbalorditi e grati, sono saliti quassù, a ringraziare).<br />

Molti disegni sono ottocenteschi. Le tele coperte da una patina scura di tempo testimoniano<br />

di inaudite grazie ricevute da uomini che sono ormai morti da tanti, tantissimi<br />

anni. È per questo, o per <strong>il</strong> buio delle sale, che <strong>il</strong> visitatore può essere colto da<br />

uno spleen di ombrosa malinconia? Come se tutte quelle grazie fossero state poi annientate<br />

dal tempo e dalla morte; che alla fine, perseveranti, vincono sempre. O forse<br />

questo dubbio, questa incrinatura è solo una tua vecchia, cronica ferita?<br />

La grazia che vorresti tu è che l’ombra che avverti ogni giorno fosse sciolta, nella<br />

certezza che tutto, di ciò che ci è promesso, è vero; ma vero oggi, adesso, e concreto,<br />

come una mano che tocca la tua; come lo sguardo assorto su di<br />

te di questa Madonna. «Ho desiderato di credere», dice <strong>il</strong> Barabba di<br />

Pär Lagerkvist, sconfitto, dopo avere a lungo, con passione e inquietudine,<br />

spiato Cristo sul Golgota. (Ho desiderato di credere, ma non<br />

ci sono riuscito). E tu, che hai un pezzo di Barabba<br />

addosso, scendi da Montenero s<strong>il</strong>enziosa. La grazia<br />

vera sarebbe una fede semplice e certa. Tu invece<br />

sei sempre come divisa tra un dubbio che rode,<br />

e una domanda mai sazia. Domandi, bussi,<br />

aspetti, ma la porta non si apre. E allora, ti dici<br />

testarda, resterò davanti alla porta, aspetterò,<br />

ostinata. Mendicante, con la mano tesa.<br />

(Altro, di più vero, non sai fare).<br />

Le tele coperte da una patina scura di tempo<br />

testimoniano di inaudite grazie ricevute da<br />

uomini che sono morti da tanti anni. È per<br />

questo, o per <strong>il</strong> buio delle sale, che <strong>il</strong> visitatore<br />

è colto da uno spleen di ombrosa malinconia?<br />

DIARIO

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