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<strong>Gianni</strong> <strong>Savron</strong> <strong>Le</strong> <strong>Fobie</strong><br />
I due sistemi permettono di essere sensibili agli stimoli che minacciano il<br />
b e n e s s e re dell’organismo e la loro coordinazione in automatico stimola e attiva<br />
una serie di risposte fisiologiche, cognitive, emotive e comportamentali<br />
atte ad interro m p e re l’attività in corso e a fro n t e g g i a re la potenziale minaccia.<br />
L’ansia tratto riflette la reattività del primo sistema allo stimolo avversivo,<br />
poichè anche uno stimolo negativo lieve viene categorizzato ad elevata<br />
minaccia; i soggetti inclini all’ansia avrebbero una bassa soglia nella valutazione<br />
del pericolo rispetto ai soggetti con tratti ansiosi bassi ma soglia elevata<br />
(Williams et al. 1988; Mogg & Bradley, 1999).<br />
La percezione di minaccia soggettiva allo stimolo dipende dalle sue caratteristiche<br />
(realtà, immagine, parola, simbolo, ecc.), dalle differenze individuali<br />
nella percezione dell’ansia e dal fatto che ciascuno è orientato allo stimolo<br />
che giudica essere minaccioso.<br />
Comunque, la relazione fra l’intensità dello stimolo minaccioso e la tendenza<br />
attenzionale non sembra lineare, poichè quando lo stimolo non risulta<br />
pericoloso, l’attenzione è orientata nel compito in corso oppure oltre esso,<br />
suggerendo in tale modo la presenza di una funzione protettiva indiretta e<br />
finalizzata a preservare uno stato positivo dell’umore; ciò sarebbe suffragrato<br />
da studi che riportano come soggetti non ansiosi manifestano un evitamento<br />
attivo alle parole di minaccia ed a fotografie di espressioni fisiche o<br />
scene minacciose (Mogg & Bradley, 1999).<br />
Quando la percezione soggettiva di minaccia aumenta, a causa l’intensità<br />
dello stimolo o per tendenze caratteriali, l’attenzione viene posta sullo stimolo<br />
rilevante; tuttavia, l’orientamento preattentivo allo stimolo minaccioso<br />
non rappresenta di per sé stesso una tendenza all’ansia poiché è presente<br />
anche in soggetti a basso grado d’ansia quando lo stimolo esterno ha un elevato<br />
significato di minaccia (Mogg & Bradley, 1999).<br />
Gli autori fanno osservare come questi aspetti abbiano delle implicazioni<br />
cliniche poiché il trattamento anti-ansia dovrebbe orientarsi alla rivalutazione<br />
del “significato” dello stimolo e del rispettivo contesto piuttosto che sulle<br />
modalità preattentive-attentive, sebbene quest’ultime risultino importanti<br />
nel mantenimento dei disturbi d’ansia, dato che, in soggetti inclini all’ansia<br />
anche stimoli minacciosi lievi possono rafforzare la percezione di una visione<br />
del mondo pericolosa, incrementando ulteriormente l’ansia.<br />
D’altro canto, se i soggetti inclini all’ansia automaticamente orientano la<br />
loro attenzione a stimoli ambientali di scarsa minaccia, ma questi non vengono<br />
rielaborati in maniera da ottenere una valutazione oggettiva di non<br />
minaccia, possono sensibilizzare il soggetto interferendo con l’habituation<br />
(abitudine allo stato d’ansia e minore attivazione psicofisiologica dopo ripetute<br />
esposizioni allo stimolo) e mantenere così uno stato d’ansia.<br />
Öhman (1999) ed altri autori hanno evidenziato la differenza fra percepire<br />
e notare.<br />
28 Caleidoscopio