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<strong>Gianni</strong> <strong>Savron</strong> <strong>Le</strong> <strong>Fobie</strong><br />
Se accetta non sorgono problemi, ma se egli dubita della capacità del<br />
medico o non crede che la scienza medica possegga conoscenze adeguate, e<br />
sia in grado di identificare e/o risolvere il suo problema, si determina la percezione<br />
di insicurezza e si conferma nel soggetto il “concetto” di dubbio che<br />
ripetendosi viene rinforzato: dall’idea stessa, dalla mancanza di riscontro<br />
diagnostico/terapico, dall’ipotesi che esista la possibilità di errore e infine<br />
dalle esperienze precedenti (dirette o indirette).<br />
Tutto ciò non farà altro che incre m e n t a re l’insicurezza, attivare l’ansia ed<br />
a z i o n a re meccanismi automatici di percezione selettiva e amplificazione delle<br />
sensazioni conseguenti alla focalizzazione dell’attenzione (Kellner, 1987).<br />
In sostanza, come già indicato in precedenza, salterebbe una “difesa” psicologica,<br />
una resistenza in senso fisico, costituita dal “concetto” in cui il soggetto<br />
crede. Se il fastidio/dolore o la minaccia perdura può saltare un’altra<br />
difesa e portare ad un’altra espressione del disturbo (ipocondria); saltando<br />
un’ulteriore difesa si instaura un’alterazione più estesa, approfondita e radicata<br />
(depressione) e così via, fino a giungere ai casi estremi.<br />
In sintesi: come la persistenza di una sensazione o un dolore fisico inspiegabile<br />
porta a preoccupazioni ipocondriache, così il pensiero costante di una<br />
“possibile” malattia porta ad una convinzione ipocondriaca (Kellner, 1986;<br />
<strong>Savron</strong>, 1998a).<br />
Questo disegno sequenziale può applicarsi anche alle fobie e all’ansia, e<br />
le differenze tra i vari disturbi riguarano non tanto il meccanismo, quanto<br />
l’oggetto a cui viene attribuita la causa e l’intensità con la quale il soggetto<br />
crede alla propria idea.<br />
I differenti disturbi (es: disturbo di somatizzazione, disturbo di conversione,<br />
ipocondria, dismorfofobia, nosofobia, ecc.), si differenziano per area di<br />
appartenenza e continuum di intensità.<br />
La mente non è un sitema isolato a compartimenti stagni, ma un insieme<br />
di fasi ordinate di funzioni, che collaborano per un organico ed efficiente funzionamento<br />
della macchina-cervello; mano a mano che saltano le varie difese<br />
concettuali e di integrazione del “sistema globale”, si assiste ad una progressiva<br />
disorganizzazione dei sottosistemi, dalla più semplice alla più complessa,<br />
che si esprime in alterazioni delle funzioni con le rispettive manifestazioni<br />
cliniche (disturbo o malattia).<br />
I disturbi mentali, in senso lato, non sono altro che espressioni alterate di<br />
normali funzioni mentali non integrate; è indubbio ed ovvio che siano implicati<br />
dei substrati organici (neurologici, biochimici, neurotrasmettitoriali,<br />
ormonali, immunologici), dato che essi rappresentano le parti dell’apparato<br />
meccanico predisposte alla trasduzione dei messaggi e all’espressione dell’organismo;<br />
se non vi fossero non avremmo nemmeno il disturbo.<br />
È ragionevole supporre che nella Mente esistano una successione di difese<br />
cognitive (resistenze in senso fisico) che saltando o una volta smantellate<br />
conducono alle manifestazioni cliniche, nella successione di sicurezza-insi-<br />
40 Caleidoscopio