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Le Fobie - dott. Gianni Savron

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<strong>Gianni</strong> <strong>Savron</strong> <strong>Le</strong> <strong>Fobie</strong><br />

mente, l’associazione di antidepresivi all’esposizione sebbene efficace a<br />

breve termine nel ridurre l’evitamento, non apporta benefici duraturi al follow-up<br />

(Barlow, 2002).<br />

Gli studi degli anni ‘90 indicavano una maggiore efficacia nell’utilizzo<br />

combinato farmaco-psicoterapia per le fobie complesse come il panico e l’agorafobia;<br />

studi successivi invece, hanno evidenziato che il beneficio scompariva<br />

al follow-up e che l’esposizione è fondalmentalmente equivalente<br />

all’utilizzo del solo ansiolitico.<br />

Una critica, purtroppo ancora diffusa, portata verso la terapia cognitivacomportamantale<br />

concerne l’affermazione che essa determina un beneficio<br />

temporaneo, poiché non affronta il conflitto o il problema alla base, ma sostituzione<br />

semplicemente il sintomo.<br />

La superficialità di tale critica è suffragata non solo non dall’evidenza<br />

scientifica (letteratura mondiale e studi follow-up) che ne ha più volte confermato<br />

l’efficacia ma anche dagli stessi soggetti che si sottopongono al trattamento,<br />

che durante questo, infatti, comprendono cosa abbia realmente<br />

determinato l’insorgenza del disturbo.<br />

Una nota a parte concerne il recente sviluppo della Eye Movement<br />

Desensitization and Reprocessing (EMDR) in cui il soggetto viene invitato ad<br />

immaginare le scene temute mentre il terapeuta lo stimola visivamente, ad<br />

esempio, mediante il movimento un dito che attraversa il campo visivo.<br />

Tale metodica è stata applicata nelle fobie del sangue, iniezioni, spazi<br />

chiusi, ragni, e parrebbe limitata alla sensazione soggettiva di paura e non<br />

all’evitamento o alle sensazioni fisiologiche di ansia; il suo effetto consegue<br />

all’esposizione immaginativa implicita della metodica e non al movimento<br />

oculare o alle stimolazioni sensoriali in sè, e la sua efficace sarebbe inferiore<br />

all’esposizione in vivo (Barlow, 2002).<br />

L’esposizione immaginativa invece consiste nel costruire, mediante le<br />

informazioni raccolte in precedenza dal soggetto, una gerarchia di scene da<br />

immaginare nel modo più realistico possibile e strettamente attinenti sia al<br />

nucleo delle paure sperimentate dal soggetto, che agli aspetti rilevanti dei<br />

sintomi fisiologici, cognitivi e comportamentali.<br />

Anche in questo caso l’esposizione deve durare un tempo sufficiente<br />

all’instaurarsi dell’habituation (riduzione o scomparsa dell’attivazione emozionale<br />

a seguito della ripetizione dell’esposizione dello stimolo), in genere<br />

90 minuti, e anche se ciò non è sempre possibile è importante terminare la<br />

seduta con almeno una riduzione significativa dell’ansia, valutata precedentemente<br />

dal soggetto con un parametro di unità soggettiva di distress (USD).<br />

Nel corso della seduta può anche emergere del nuovo materiale che viene<br />

inserito nelle seduta in in corso o nelle successive; oppure suggerendo compiti<br />

da eseguire a casa, e tale decisione consegue la gravità del caso o le capacità<br />

dal soggetto.<br />

Caleidoscopio<br />

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