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<strong>Gianni</strong> <strong>Savron</strong> <strong>Le</strong> <strong>Fobie</strong><br />
Klein (1980) distingue due tipi di ansia, quella anticipatoria ed il panico,<br />
e sostiene che nel paziente agorafobico il timore di un attacco di panico e la<br />
paura che ne deriva conduce all’evitamento delle situazioni, mentre il panico<br />
ripetuto induce l’ansia anticipatoria nel timore dell’insorgenza del successivo<br />
attacco di panico.<br />
Secondo l’autore i due aspetti avrebbero basi fisiologiche differenti essendo<br />
il primo, analogamente alla depressione una risposta di tipo evolutivo,<br />
presente anche negli animali e stimolato primariamente dalla separazione;<br />
mentre il secondo, esprimerebbe la risposta fisiologica appresa di fronte a stimoli<br />
minacciosi.<br />
Per cui il panico risponderebbe primariamente agli antidepressivi mentre<br />
l’ansia anticipatoria alle benzodiazepine.<br />
Per Hayward & Wardle (1997), accanto all’azione neurofisiologica diretta<br />
in<strong>dott</strong>a dal farmaco vi sarebbe un meccanismo psicologico indiretto, determinato<br />
dal cambiamento stesso, che riducendo l’ansia anticipatoria, renderebbe<br />
il soggetto meno sensibile alle stimolazioni minacciose, facilitandogli<br />
in tale modo l’esposizione fobica e un nuovo comportamento.<br />
Tuttavia l’ipotesi che attribuisce il cambiamento al farmaco e non al soggetto,<br />
implica la percezione di una minore auto-efficacia e capacità curativa,<br />
che indurrebbe un ritorno della sintomatologia alla sua sospensione<br />
(Davison & Valins (1969).<br />
Basoglu et al (1994) in uno studio controllato (esposizione-placebo, esposizione-alprazolam,<br />
alprazolam-rilassamento, placebo-rilassamento) hanno<br />
posto in evidenza che i soggetti con panico e agorafobia che attribuivano al<br />
farmaco la ragione del loro miglioramento, presentavano maggiori sintomi<br />
alla sospensione del farmaco e maggiori ricadute al follow-up rispetto ai soggetti<br />
che attribuivano a sé la capacità di controllo; l’attribuzione risulta pertanto<br />
intimamente connessa alle proprie opinioni, preoccupazioni, convinzioni<br />
e aspettative.<br />
Un ulteriore elemento di valutazione, posto in rilievo da un nostro studio,<br />
concerne lo sviluppo della sensibilizzazione, secondaria all’utilizzo di benzodiazepine<br />
poiché il loro uso cronico, nei soggetti con panico, riduce i sintomi<br />
ansiosi ma in tale modo indurrebbe anche una ri<strong>dott</strong>a capacità di tollerare<br />
l’ansia ((Fava et al., 1994, <strong>Savron</strong>, 1999).<br />
E’ stato anche ipotizzato che la riduzione dell’ansia durante l’esposizione<br />
possa essere controproducente, poiché necessaria al trattamento, in quanto<br />
l’intervento si basa sull’abilità del soggetto a tollerare i sintomi ansiosi<br />
(Hayward &Wardle, 1997).<br />
Non vi sono comunque dubbi sull’efficacia in fase acuta di farmaci ansiolitici,<br />
antidepressivi triciclici (imipramina, clorimipramina) e serotoninergici<br />
o IMAO, rispetto al placebo ma non a lungo termine.<br />
Il trattamento farmacologico risulta efficace ma in elevate percentuali di<br />
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