I Siciliani 4 Editoriale In nome del popolo ingiustizia è fatta Rashomon all'italiana Mettiamoci dinrtanzi i fatti accaduti e cerchiamo di esaminarli nel modo più sereno al fine di trame un significato politico. Possiamo tentare un paragone teatrale, alla guisa di Rasciomon, cioè sulla scena esistono e si muovono, ognuno con una sua verità, tre distinti gruppi di personaggi: la Procura di Roma al centro della quale sta la figura pallida e gelida del procuratore Gallucci; il Consiglio superiore della magistratura, tutti con capelli bianchi ed abito scuro, in mezzo ai quali spicca ferrigna la sagoma del presidente della Repubblica; e infine, terzo gruppo, una moltitudine in una grande ombra. Il popolo italiano. Primo personaggio: la procura di Roma! Da mesi è nell'occhio della tempesta politica, le sue decisioni suscitano perplessità, dubbi, scoramenti, ribellioni . Taluni l'accusano di esercitare giustizia secondo parametri morali e giuridici che non appartengono alla nazione. Insomma come se, all'interno della struttura giuridica dello Stato italiano, con un codice di norme valide per tutti gli italiani, ci fosse poi la Procura romana, non si capisce se con una sua singolare maniera di interpretare il codice o addirittura con un suo codice particolare. Badate queste sono illazioni, dunque in influenti ai fini del nostro discorso, dunque scordatevele. Restiamo ai fatti. Nei mesi scorsi la Procura di Roma conclude le indagini giudiziarie sui personaggi (funzionari, magistrati, politici) coinvolti nello scandalo della P-2 affermando clamorosamente che non è addebitabile loro alcun reato, e che l'appartenenza alla loggia segreta non costituisce alcuna violazione delle leggi dello Stato. Insomma tutti quei grandi notabili, iscrivendosi alla P2, con puro spirito associativo, erano stati gabbati da Gelli che li aveva coinvolti in una macchinazione della quale essi non sospettavano nemmeno l'esistenza. Un' assoluzione che liberava da qualsiasi malafede morale, ma decretava per gli inquisiti una patente di imbecillità. E fu subito scandalo. Alcuni componenti del Consiglio superiore .della magistratura avanzarono immediata proposta di una inchiesta disciplinare sull'operato del procuratore capo Gallucci il quale, non solo nei mesi precedenti aveva rifiutato una diretta collaborazione con la commissione parlamentare che stava indagando su protagonisti e responsabilità della congiura piduista, ma con un solo tratto di penna, aveva ridotto a dimensioni miserevoli quello stesso scandalo che aveva coinvolto i vertici dello Stato e fatto tremare la nazione. Il procuratore Gallucci non fa una grinza: spiega gelidamente che, imbecilli o meno, quel centinaio di signori iscritti alla P2 non avevano violato alcuna norma del codice penale, nè rubato, o assassinato, rapinato, truffato, nè mai ordito colpi di Stato contro la Repubblica, e che dunque essi andavano giustamente prosciolti. Ciò detto il procuratore tuttavia non attende che la richiesta di alcuni membri del CSM si traduca in Una pesante inchiesta sul suo conto. Sa perfettamente che dentro quell'assemblea non ha molti amici e, con una mirabile scelta di tempo (pugilisticamente sarebbe un magistrale colpo d'incontro) precede i suoi avversari. Sottopone a inquisizione i suoi imminenti inquisitori. Il movente è inusitato ma giuridicamente perfetto: accertare se tutte le spese di rappresentanza messe in bilancio dal Consiglio superiore della magistratura fino al 31 dicembre, siano giustificate da reali necessità e sopratutto autorizzate dalla legge. Pranzi, cene, viaggi, cocktail, probabilmente anche liquori, caffè, sigari: non c'è spesa della quale il procuratore Gallucci non chieda conto, ragione e sopratutto giuridica soddisfazione. Parte della grande stampa, i vertici di taluni partiti, e naturalmente i componenti del Consiglio superiore della magistratura (sono inquisiti ben venti su ventidue) insorge accusando il procuratore romano di volere intimidire i suoi eventuali giudici e comunque, avvalendosi dei poteri concessigli dallo Stato, di volerli usare per interesse personale al fine di esercitare una vendetta. E Gal-