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renobromuro3@tin.it il baricentro 1 A T T U A L I T A' LA ... - Poiein

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enobromuro3@tin.<strong>it</strong><br />

n° 0054 anno VI - del 20 - 26 ottobre 2008<br />

settimanale di scienze umane<br />

presidente Reno Bromuro<br />

Repertorio n° 3426 – Raccolta n° 1270 del 29/10/1984 (non prof<strong>it</strong>)<br />

A T T U A L I T A’<br />

<strong>LA</strong> FORMICHINA storia di guerra e di pace<br />

con Giada Balestrini e Antonello Cassinotti<br />

25 SABATO - ore 19 - Teatro Comunale - Sala Ferrero - Via Savona 1<br />

ALESSANDRIA<br />

all’interno della Stagione 2008_09 del Teatro Ragazzi, appuntamenti della rassegna<br />

Sabato a Teatro delleAli associazione culturale - tel/fax: 039.638.93.64 -<br />

info@delleali.<strong>it</strong> www.delleali.<strong>it</strong><br />

NOTIZIE EDARC<br />

Nei giorni 10 - 11 - 12 ottobre si è svolto <strong>il</strong> PISA BOOK FESTIVAL<br />

“La Fiera dell'Ed<strong>it</strong>oria Indipendente”<br />

la EDARC EDIZIONI è stata allo Stand B020 – molte persone hanno ammirato e<br />

commentato pos<strong>it</strong>ivamente le opere esposte.<br />

sabato 11 ottobre (ore 11) nel Caffé Letterario Eleonora Molesti, autrice di<br />

"Sembra strano, ma ti amo") ha incontrato i suoi lettori.<br />

Allle ore 15,00 nella Sala Pinocchio sono stati Maja Meter, autrice di "Buc<strong>il</strong>i e Bac<strong>il</strong>i"<br />

e Luigi Cavenago, disegnatore, autore delle splendide <strong>il</strong>lustrazioni, hanno incontrato<br />

i bambini con m<strong>il</strong>le palloncini colorati.<br />

Alle ore 16/17) nella Sala Blu si è svolto l’incontro con<br />

GLI AUTORI DEL<strong>LA</strong> EDARC EDIZIONI<br />

All’incontro, presieduto da Valerio De Lorenzo (direttore<br />

ed<strong>it</strong>oriale EDARC), hanno partecipato Carlo Alberto<br />

Andreani, Esmeralda Batacchi Focardi, Lorenzo Burgio,<br />

Domenico Delle Curti, Fabrizio Griffa, Adriano Meis,<br />

Lorenzo Reggiani, Katrin Roh e si è parlato dei libri: "The<br />

Man in Red" di Carlo Alberto Andreani, "M<strong>il</strong>es Templi" di<br />

Esmeralda Batacchi Focardi, "La caduta dell'angelo" di<br />

Lorenzo Burgio, "Buongiorno e grazie" di Domenico<br />

Delle Curti, "E volò per 7 v<strong>it</strong>e" di Fabrizio Griffa, "I<br />

respiri del s<strong>il</strong>enzio" di Adriano Meis, "Pensiamoci su" di<br />

Lorenzo Reggiani, "Marvin e i dieci partigiani" di Katrin<br />

Roh, ma non si è discusso del romanzo “Le ali dell’anima”<br />

di Reno Bromuro, perché assente.<br />

Poi <strong>il</strong> Direttore Ed<strong>it</strong>oriale della Edarc ha approf<strong>it</strong>tato per<br />

parlare delle prossime usc<strong>it</strong>e della casa ed<strong>it</strong>rice e di “Come<br />

ordinare <strong>il</strong> libro”: Semplicemente inviando una ma<strong>il</strong> a<br />

edarc@edarc.<strong>it</strong> o per tel 055 - 630853 o per fax 055 – 633033<br />

* * * * *<br />

Partecipa alla VI edizione del concorso letterario nazionale<br />

IL RACCONTO NEL CASSETTO<br />

In palio 10.000 euro da dividere tra i primi 3 vinc<strong>it</strong>ori per ognuna<br />

delle due categorie in gara (Racconti e Fiabe) e, i più, la<br />

soddisfazione, per loro e per i vinc<strong>it</strong>ori della fase online del concorso,<br />

<strong>il</strong> <strong>baricentro</strong> 1


enobromuro3@tin.<strong>it</strong><br />

di veder pubblicata e distribu<strong>it</strong>a in tutta Italia la loro opera dalla casa ed<strong>it</strong>rice Edizioni<br />

Cento Autori.<br />

Hai tempo fino al 31 gennaio 2009. Leggi <strong>il</strong> regolamento completo su<br />

www.assoali.<strong>it</strong> e inviaci <strong>il</strong> tuo “racconto nel cassetto”.<br />

* * * * *<br />

IL CENTRO STUDI VIGNO<strong>LA</strong><br />

in occasione della 40ª Festa dei C<strong>il</strong>iegi in Fiore (apr<strong>il</strong>e<br />

2009) nell’amb<strong>it</strong>o di “POESIA FESTIVAL ‘08” organizza <strong>il</strong><br />

4° CONCORSO INTERNAZIONALE DI POESIA “CITTA’<br />

DI VIGNO<strong>LA</strong>” alla memoria di Luigi Bozzoli EDIZIONE<br />

2008Con <strong>il</strong> Patrocinio di: Comune di Vignola - Unione<br />

Terre di Castelli - Fondazione di Vignola - Cassa di<br />

Risparmio di Vignola<br />

In collaborazione con: Libreria dei Contrari di Vignola<br />

CONOSCIAMO L’ITALIA<br />

L’Italia è conosciuta in tutto <strong>il</strong> mondo per i grandi tesori<br />

d’arte che sono custod<strong>it</strong>i nei musei delle grandi c<strong>it</strong>tà, ma l’Italia<br />

non è solo questo.<br />

Ogni comune, anche <strong>il</strong> più piccolo, possiede un proprio tesoro, un<br />

vanto che tutta la comun<strong>it</strong>à conserva e tutela gelosamente. Dal<br />

nord a sud della penisola molteplici sono le perle non portate alla<br />

luce del richiamo turistico.<br />

Ricordiamo i meravigliosi ed indimenticab<strong>il</strong>i castelli del Piemonte<br />

e della Val d’Aosta, arroccati su rupi scoscese a dominio di<br />

sterminate vallate. Le cime alpine da dove si possono ammirare<br />

panorami mozzafiato, con la natura che regna incontrastata in<br />

luoghi dove la forza distruttrice dell’uomo non è ancora arrivata.<br />

Nelle campagne m<strong>il</strong>anesi si possono vis<strong>it</strong>are le numerose V<strong>il</strong>le di<br />

delizie, residenze estive di numerose famiglie nob<strong>il</strong>i, che, durante <strong>il</strong> XVIII secolo fecero<br />

costruire questi casini per fuggire alla calura del capoluogo lombardo: al loro interno<br />

custodiscono preziose opere d’arte incorniciate dai variopinti giardini.<br />

In provincia di Siena, si trova la Valle d’Orcia, una valle che ha mantenuto intatto <strong>il</strong><br />

fascino di un tempo, con le dolci colline coltivate e<br />

interrotte solamente dai piccoli borghi medievali,<br />

anch’essi intatti nella loro struttura antica: un<br />

viaggio in questa terra equivale alla riscoperta della<br />

v<strong>it</strong>a autentica, fatta di sapori ed odori di una volta.<br />

Nel Lazio possiamo ammirare le vestigia delle<br />

antiche civ<strong>il</strong>tà, dalle necropoli etrusche alle civ<strong>it</strong>as<br />

romane, con i resti di imponenti santuari o di intere<br />

c<strong>it</strong>tà. La Calabria è caratterizzata dalla presenza di<br />

minoranze linguistiche, ognuna con usi e costumi<br />

propri. Una di esse è l’Arbëreshë, minoranza di<br />

origine albanese che si stanziò sui monti della S<strong>il</strong>a molti secoli fa. Ancor oggi si parla<br />

l’arbëreshë, che è un misto tra albanese e dialetto calabro.<br />

Altre minoranze linguistiche calabresi sono Grecani e gli Occ<strong>it</strong>ani discendenti dai<br />

Trubadours, gli antichi cantori provenzali. Da non dimenticare un viaggio alla<br />

scoperta delle due isole, la Sic<strong>il</strong>ia, terra ricca di influenze arabe e la Sardegna, isola<br />

misteriosa ed allo stesso tempo affascinante, con paesaggi naturali non ancora<br />

intaccati dalla mano dell’uomo.<br />

In Umbria c’è: <strong>LA</strong> "FORESTA FOSSILE" CON ALBERI DEL QUARTO PERIODO<br />

GEOLOGICO DELL'ERA TERZIARIA CHE INTERESSANO IL TURISTA NEL<strong>LA</strong><br />

TERRA UMBRA<br />

2<br />

0054 FATTI E POESIA


enobromuro3@tin.<strong>it</strong><br />

Avigliano Umbro, un paesino di 2233 ab<strong>it</strong>anti, é un<br />

giovanissimo comune dell'Umbria s<strong>it</strong>uato in provincia di Temi.<br />

E' stato eretto a comune autonomo solo nel 1975, prima era una<br />

frazione del comune di Montecastr<strong>il</strong>li, s<strong>it</strong>uato nell'area collinare<br />

tra la Valle Tiberina e quella Umbra; conserva ancora, quasi<br />

intatta una Roccaforte medievale cinta da mura di cui<br />

rimangono due archi.<br />

Una zona che da anni é sotto l’attenzione di molti studiosi<br />

perché qui esiste una foresta foss<strong>il</strong>e, che ricerche recenti (1991)<br />

avanzano l'idea che la foresta possa risalire ai tempi pliocenici e<br />

cioé "al quarto periodo geologico dell'era terziaria"; periodo caratterizzato da grandi<br />

movimenti della crosta terrestre ed intensa attiv<strong>it</strong>à vulcanica.<br />

Per intenderci, é <strong>il</strong> periodo in cui si dice che abbia fatto la sua comparsa, nella fauna <strong>il</strong><br />

genere Equus, e le prime scimmie antropomorfe.<br />

Testimonianza di questo periodo, si trova appunto nel<br />

terr<strong>it</strong>orio del comune di Avigliano Umbro ed é la<br />

"Forestafoss<strong>il</strong>e di Dunarobba".<br />

Una cinquantina di grandi tronchi di alberi che hanno<br />

sub<strong>it</strong>o un pro-cesso di foss<strong>il</strong>izzazione per mummificazione,<br />

che ha consent<strong>it</strong>o di mantenere inalterata la<br />

loro natu-ra legnosa. Sembra che sia stata l'arg<strong>il</strong>la con la<br />

sua impermeab<strong>il</strong><strong>it</strong>à a non farne intaccare la conservazione,<br />

ev<strong>it</strong>andone la mineralizzazione e la decomposizione.<br />

Ciò che lascia esterrefatti e ammirati, nello stesso<br />

tempo, é la posizione che ancora mantengono i tronchi,<br />

cioé eretti, anche se inclini nati tutti nella stessa direzione. La "Forestafoss<strong>il</strong>e" stupisce<br />

<strong>il</strong> vis<strong>it</strong>atore per la geometrica ed equidistante posizione in cui sembrano trovarsi i<br />

reperti; ma in ver<strong>it</strong>à é una tendenza verso una distribuzione uniforme che, secondo i<br />

modelli classici della distribuzione ecologica, molto avanzata. Peccato però che appena<br />

rinvenuti, prima che se ne appropriasse lo studioso, sono stati alterati dagli agenti<br />

atmosferici e biologici, nonché da collezionisti vandalici, erano alti più di dieci metri,<br />

con una circonferenza di circa due metri. Il legno foss<strong>il</strong>e, conserva ancora gli anelli<br />

annuali fortemente schiacciati, per la compressione degli strati della copertura<br />

arg<strong>il</strong>losa, di cui mostrano ancora la varietà delle vene, o dobbiamo definirle "onde",<br />

come asserisce Francesco Stelluti di Fabriano, accademico<br />

dei Lincei e allievo di Federico Cesi, che nel 1635 studiò<br />

"questo legno foss<strong>il</strong>e o sotterraneo" che si trovava fra <strong>il</strong><br />

castello di Colle secco e Rosaro.<br />

Studi recenti, condotti da Biondi e Bruciapaglia,<br />

dell'Univers<strong>it</strong>à degli Studi di Ancona, sulle caratteristiche<br />

anatomiche del legno che cost<strong>it</strong>uisce i grandi tronchi ha<br />

permesso di accertare, sulla base della presenza di<br />

punteggiature taxodioidi nei campi di incrocio e di parenchima<br />

del legno abbondante e con pareti trasversali lisce, che i<br />

reperti vanno tutti sicuramente attribu<strong>it</strong>i a specie della famiglia<br />

delle Taxodiaceae, genere di piante che raggruppa tre specie<br />

che si trovano maggiormente negli Stati Un<strong>it</strong>i e nel Messico,<br />

che presentano adattamenti ai luoghi palustri avendo le radici<br />

mun<strong>it</strong>e di pneumatofori, cioé rami particolari che, assorbendo<br />

ossigeno atmosferico, riescono a sopperire al fabbisogno di ossigeno delle radici<br />

sommerse. Alberi che si presentano alti circa 50 metri, con foglie verde chiaro, coni<br />

piccoli e globosi e possono vivere fino a 1000 anni.<br />

<strong>il</strong> <strong>baricentro</strong> 3


enobromuro3@tin.<strong>it</strong><br />

Campioni di piante della famiglia delle<br />

Taxodioxylon gypsaceum sono state rinvenute in<br />

molti giacimenti terziari dell'Europa,tra cui<br />

Belgio, Germania, Danimarca, Slesia e<br />

Polonia, Ungheria, Austria, Francia, Irlanda,<br />

Russia e Svezia. Mentre in Italia questa di<br />

Dunarobba é la seconda zona in cui sono stati<br />

rinvenuti reperti foss<strong>il</strong>i dell'era terziaria, la prima<br />

fu effettuata, sempre da Eduardo Biondi nel<br />

1982, su un campione proveniente dal monte<br />

Castellaro a Nord di Pesaro.<br />

Vis<strong>it</strong>are la "Foresta foss<strong>il</strong>e" di Dunarobba é come fare un salto di oltre 5000 anni,<br />

capire la v<strong>it</strong>a, non solo la nostra, e difenderla dall'avanzamento indiscriminato del<br />

cemento. E se penso all'Amazzonia... (15.000 ettari di bosco vengono disboscati ogni<br />

giorno. Pensaci Uomo!)<br />

Per vis<strong>it</strong>are la foresta foss<strong>il</strong>e<br />

Pur non essendo l’area liberamente aperta al pubblico, è possib<strong>il</strong>e effettuare delle vis<strong>it</strong>e<br />

guidate da apr<strong>il</strong>e a luglio in gruppo la domenica e nei festivi (da luglio a settembre<br />

anche di sabato). Orario: 9.30-11.30 / 14.30-16.30.<br />

Info: Centro di Paleontologia Vegetale della Foresta Foss<strong>il</strong>e di Dunarobba.<br />

Tel. - Fax 0744.940348 - Comune di Avigliano Umbro – tel. - fax 0744.933521<br />

* * * * *<br />

LETTERATURA PARLIAMONE<br />

Houellebecq: «Che stupido, quel Prévert»<br />

In un brano tratto da "La ricerca della felic<strong>it</strong>à"(di Houellebecq<br />

– Edizione Bompiani), Houellebecq asserisce che “Jacques<br />

Prévert è un coglione” a tutti voi senz’altro si è alzata una<br />

mano come per dare uno schiaffo e ripetere a voce alta “coglione<br />

sei tu!” Lo sono stato come molti di voi, per molto tempo, cioè<br />

fino a quando non ho letto la cr<strong>it</strong>ica di Houellebecq; allora mi<br />

sono fermato un attimo a pensare quanto asser<strong>it</strong>o nel saggio<br />

risponde a ver<strong>it</strong>à.<br />

Mettendo Prévert nel contesto dei tanti poeti che popolano <strong>il</strong> web<br />

mi sono reso conto che molto di quanto affermato risponde a<br />

ver<strong>it</strong>à. Prima di passare alle parole di Houellebecq pensate a molte delle poesie che<br />

fanno parte di “Paroles”, l’opera più celebre del famoso poeta tanto decantato e<br />

portato nei cieli dove dormono sonni tranqu<strong>il</strong>li i veri grandi Poeti della storia da Dante<br />

a Montale e Gatto e Pasolini, Ungaretti e Quasimodo e vi accorgerete quanto la<br />

sua poesia sia populista e scontata. Un esempio: «I ragazzi che si amano»<br />

“I ragazzi che si amano si baciano in piedi<br />

Contro le porte della notte<br />

E i passanti che passano li segnano a d<strong>it</strong>o<br />

Ma i ragazzi che si amano<br />

Non ci sono per nessuno<br />

Ed è la loro ombra soltanto<br />

Che trema nella notte<br />

Stimolando la rabbia dei passanti…”<br />

Quanta ovvietà! Certo che i ragazzi si baciano in piedi nel cuore<br />

della notte perché sono baci rubati, baci senza abbandono per la<br />

preoccupazione di rincasare.<br />

Oppure: «Questo Amore»<br />

«Questo amore<br />

4<br />

0054 FATTI E POESIA


enobromuro3@tin.<strong>it</strong><br />

Bello come <strong>il</strong> giorno<br />

Cattivo come <strong>il</strong> tempo<br />

Quando <strong>il</strong> tempo e cattivo<br />

Questo amore così vero<br />

Questo amore così bello<br />

Così felice<br />

Così gioioso<br />

Così irrisorio<br />

Tremante di paura come un bambino quando e buio<br />

Così sicuro dì sé…»<br />

E’ ovvietà trasformata in poesia aulica. E’ ovvio che quanto si ama si vive in un’altra<br />

dimensione e, perciò «Questo amore è così vero/questo amore è bello, felice, gioioso».<br />

Houellebecq afferma naturalmente che “Jacques Prévert è qualcuno di cui si<br />

imparano le poesie a scuola. Ne risulta che amava i fiori, gli uccelli, i quartieri della<br />

vecchia Parigi ecc. Gli pareva che l’amore sbocciasse in un’atmosfera di libertà; più<br />

generalmente, era piuttosto per la libertà. Portava un berretto e fumava delle<br />

Gauloises; lo si confonde talvolta con Jean Gabin; del resto è stato lui a scrivere la<br />

sceneggiatura di Porto delle nebbie, di Mentre<br />

Parigi dorme ecc. Ha scr<strong>it</strong>to anche la sceneggiatura<br />

di Amanti perduti, considerato <strong>il</strong> suo capolavoro.<br />

Molte buone ragioni per detestare Jacques Prévert,<br />

soprattutto se si leggono le sceneggiature mai girate<br />

che Antonin Artaud scriveva alla stessa epoca. È<br />

desolante constatare che <strong>il</strong> ripugnante realismo<br />

poetico, di cui Prévert fu l’artefice principale, continua<br />

a fare danni e che si pensa di fare un complimento a<br />

Léos Carax accostandolo a lui (nello stesso modo, Rohmer<br />

sarebbe probab<strong>il</strong>mente un nuovo Gu<strong>it</strong>ry ecc.”<br />

E dalla poesia e la sceneggiatura per <strong>il</strong> cinema passa al confronto<br />

f<strong>il</strong>osofico che “nel dopoguerra, circa alla stessa epoca di Jean-<br />

Paul Sartre, Jacques Prévert ha riscosso un successo enorme;<br />

si è colp<strong>it</strong>i dall’ottimismo di quella generazione. Oggi <strong>il</strong> pensatore<br />

più influente sarebbe piuttosto Cioran. All’epoca si ascoltavano<br />

Vian, Brassens... Innamorati che si sbaciucchiano sulle panchine,<br />

baby boom, costruzione massiccia di case popolari per alloggiare<br />

tutta quella gente. Molto ottimismo, molta fiducia nel futuro e un<br />

po’ di stupid<strong>it</strong>à. Certamente siamo diventati molto più intelligenti.<br />

Con gli intellettuali, Prévert ha avuto meno fortuna. È sfugg<strong>it</strong>o<br />

dunque essenzialmente alle tesi di dottorato. Oggi, tuttavia, entra nella Pléiade, <strong>il</strong> che<br />

cost<strong>it</strong>uisce una seconda morte. La sua opera è lì, completa e fissa. È un’eccellente<br />

occasione di interrogarsi: perché la poesia di Jacques Prévert è così mediocre che si<br />

prova talvolta una sorta di vergogna a leggerla? La spiegazione classica (perché la sua<br />

scr<strong>it</strong>tura «manca di rigore») è completamente sbagliata; attraverso i suoi giochi di<br />

parole, <strong>il</strong> suo r<strong>it</strong>mo leggero e limpido, Prévert esprime in realtà perfettamente la sua<br />

concezione del mondo”.<br />

Sono d’accordo, se Prévert ha scr<strong>it</strong>to, significa che aveva qualcosa da dire; e questo<br />

torna a suo onore. Purtroppo, ciò che ha da detto è di una stupid<strong>it</strong>à senza lim<strong>it</strong>i,<br />

talvolta nauseante. Ci sono belle ragazze nude, borghesi che sanguinano come porci<br />

quando li sgozzano. Storia vecchia; a questo punto preferisco Baudelaire.<br />

L’intelligenza non aiuta affatto a scrivere belle poesie; allora avrebbe potuto ev<strong>it</strong>are di<br />

scriverne di brutte. Se Jacques Prévert è un cattivo poeta è soprattutto perché la sua<br />

visione del mondo è piatta, superficiale e falsa.<br />

<strong>il</strong> <strong>baricentro</strong> 5


enobromuro3@tin.<strong>it</strong><br />

“Era già falsa ai suoi tempi; oggi la sua null<strong>it</strong>à appare lampante, al punto che l’intera<br />

opera sembra lo sv<strong>il</strong>uppo di un gigantesco luogo comune. Sul piano f<strong>il</strong>osofico e pol<strong>it</strong>ico,<br />

Jacques Prévert è innanz<strong>it</strong>utto un libertario; cioè, fondamentalmente, un imbec<strong>il</strong>le”.<br />

Che Prévert sia un coglione è stato dimostrato da Michel<br />

Houellebecq ma di più lo sono i cr<strong>it</strong>ici che lo hanno portato alle<br />

stelle, ignorando, e non una volta sola, poeti che non si<br />

difendevano come lui ha avuto modo di fare e più di una volta:<br />

“un verso salva una lirica, una lirica salva una raccolta” era<br />

molto intelligente e sapeva come prendere la cr<strong>it</strong>ica,<br />

specialmente quella contraria che asseriva quanto la sua poesia<br />

non fosse tale, contro coloro che la difendevano affermando che<br />

è poesia “non senso”, se è tale perché ai cr<strong>it</strong>ici non prezzolati lo<br />

stesso Prévert continuava a dire che la sua poesia “non senso”<br />

la si doveva valutare con la tematica da lui sugger<strong>it</strong>a: “un verso<br />

salva una lirica, una lirica salva una raccolta”. Però c’è<br />

“Barbara” che è diversa per impostazione di contenuto e di<br />

forma, una forma non vissuta dalle altre poesie che abbiamo<br />

esaltato: “Questo amore”, “I ragazzi che si amano”, “Che<br />

giorni siamo noi”.<br />

Anna Intartaglia spiega, “perché Prévert e tutto e più di tutto. Perché Prévert è<br />

"Barbara"; è guerra e pace, odio e amore e sono Prévert anche i bambini che<br />

giocano a scuola con l'uccello ma soprattutto è “Barbara”:<br />

“Ricordati Barbara<br />

Pioveva senza sosta quel giorno su Brest<br />

E tu camminavi sorridente<br />

Serena rap<strong>it</strong>a grondante<br />

Sotto la pioggia”<br />

Ricordati, Barbara! E noi lo ammiriamo per questo in quanto<br />

può asserire a voce alta e<br />

senza tema di essere tacciato per coglione, poiché è questa la poesia che salva la<br />

raccolta “Paroles” e forse anche l’Autore.<br />

(Da Michel Houellebecq © Flammarion 1998)<br />

IL LIBRO<br />

CANTI ORFICI OVVERO <strong>LA</strong> SOLITUDINE E <strong>LA</strong> GRANDEZZA DI<br />

DINO CAMPANA<br />

Sono a contatto con i giovani, molto più spesso che<br />

non con i miei coetanei e mi trovo ad essere sempre<br />

più scontento, perché tra quelli appena maturati, e<br />

tra i maturandi esiste una totale ignoranza di uno dei<br />

più significativi Poeti del secolo: Dino Campana.<br />

Qualche anno fa non mi meravigliavo, visto che anche<br />

Sapegno ne fa solo cenno, con una decina di righe di<br />

biografia, senza parlare della sua opera e se lo fa lo<br />

paragona a Rimbaud.<br />

Solo dal 1968 si è cominciato a parlare di questa<br />

nuova figura di Poeta, chiamato in causa dal Falqui in<br />

«Novecento Letterario» in un saggio dal t<strong>it</strong>olo<br />

«Campaniana», inziando così una ricerca da parte<br />

dei cr<strong>it</strong>ici, durata fino a tutto <strong>il</strong> 1970.<br />

Avendo parlato del carteggio d’amore tra lui e Sib<strong>il</strong>la<br />

Aleramo, del loro amore turbinoso come un ghibli,<br />

violento come un tornado, appassionato come <strong>il</strong> canto<br />

del mare in una notte di luna piena (sì, perché in<br />

6<br />

0054 FATTI E POESIA


enobromuro3@tin.<strong>it</strong><br />

quelle notti le onde del mare non cantano, ma suonano sinfonie indimenticab<strong>il</strong>i).<br />

Parlando di questo amore non trascrissi la poesia, forse più bella che Dino abbia scr<strong>it</strong>to<br />

per Sib<strong>il</strong>la.<br />

«Vi amai per la c<strong>it</strong>tà dove per sole<br />

strade si posa <strong>il</strong> passo <strong>il</strong>languid<strong>it</strong>o<br />

dove una pace tenera che piove<br />

a sera <strong>il</strong> cuore non sazio e non pent<strong>it</strong>o<br />

volge a un’ambigua primavera in viole<br />

lontane sopra <strong>il</strong> cielo impallid<strong>it</strong>o».<br />

Dicevo che i giovani non conoscono bene e, alcuni affatto, <strong>il</strong> Poeta Dino<br />

Campana, forse perché i cr<strong>it</strong>ici ne hanno parlato poco, perché si sono sent<strong>it</strong>i infastid<strong>it</strong>i<br />

dall'impiego indiscriminato che Dino faceva di certa terminologia “all’acqua di rosa”, a<br />

volte anche sgrammaticata, e quindi non riuscivano ad avere <strong>il</strong> coraggio per definire la<br />

sua poesia, perché saltava agli occhi e penetrava nel cuore la linfa sanguigna che da<br />

quei versi zamp<strong>il</strong>lava. E’ per questo che la poesia è scarna, scabra, secca, bruciata,<br />

pietrosa, come molti la definiscono, a volte languida e delirante come <strong>il</strong> bambino che<br />

non avverte più l’odore della presenza della mamma. C’è una richiesta a bocca<br />

spalancata, una voce tonante come la tromba di Gerico, che grida a squarciagola,<br />

affetto, amore, compagnia.<br />

«Non so se tra rocce <strong>il</strong> tuo pallido<br />

Viso m'apparve, o sorriso<br />

Di lontananze ignote<br />

Fosti, la china eburnea<br />

Fronte fulgente o giovine…»<br />

«E ancora ti chiamo ti chiamo Chimera».<br />

Uno spoglio rapidissimo, col passare del tempo, ci rivela <strong>il</strong> r<strong>it</strong>orno<br />

di certi termini o addir<strong>it</strong>tura di certe espressioni, di certe<br />

immagini, che sembrano impresse sulla tela, come se “la nostra anima fosse non più<br />

spir<strong>it</strong>o”, ma materia solida e indistruttib<strong>il</strong>e, perché i versi rimangono impressi con<br />

caratteri di fuoco, scr<strong>it</strong>ti con un laser.<br />

Leggendo la sua opera ci accorgiamo che le parole diventano più asciutte, <strong>il</strong> Poeta ci<br />

parla e <strong>il</strong> suo dire diviene disegno essenziale, perfino avaro in qualche lirica. Si avverte<br />

che ci troviamo dinanzi all'urto tragico di un uomo intero, che mendica amore, ma<br />

questo non arriva e a lui non rimane, per <strong>il</strong> momento, che chiamarlo Chimera. Qui è<br />

tutta la tragica tensione di un Uomo che va in giro a mendicare un sentimento che<br />

dovrebbe essere di tutti.<br />

Ecco perché <strong>il</strong> «Giardino autunnale» è<br />

«Tenero e grandioso<br />

Sorge ed anela in alto al mio balcone:<br />

(…)<br />

In aroma d'alloro acre languente,<br />

Tra le statue immortali nel tramonto<br />

Ella m'appar, presente».<br />

«Ella m’appar, presente», chiama oltre che l’amore un giudizio cr<strong>it</strong>ico che non arriva e,<br />

per questo prega la fanfara straziante che sale dal fiume, nel s<strong>il</strong>enzio della sera, di<br />

sbandierare <strong>il</strong> suo problema, mentre riaccende la speranza.<br />

«Per l'amor dei poeti<br />

Principessa dei sogni segreti<br />

Nell'ali dei vivi pensieri ripeti ripeti<br />

Principessa i tuoi canti».<br />

E Dino Campana, l'elegiaco, <strong>il</strong> descr<strong>it</strong>tore, l'interprete delle proprie sensazioni e della<br />

propria pena, diventa lo storico del suo dolore. Il suo è un lavoro attento e tormentato,<br />

insistendo forse anche troppo sul fatto, che spesso l'equ<strong>il</strong>ibrio poetico si regga soltanto<br />

<strong>il</strong> <strong>baricentro</strong> 7


enobromuro3@tin.<strong>it</strong><br />

sulla perizia del verseggiatore, che ab<strong>it</strong>ualmente attenua le discordanze e nasconde le<br />

lacune dei passaggi più rischiosi, aggiungendo l'ab<strong>il</strong><strong>it</strong>à del poeta mai compiaciuta e<br />

amata come Narciso la sua immagine:<br />

«Sempre una piaga rossa languente».<br />

Non bisogna dimenticare che in questa lirica «invetriata» Dino<br />

intenta richiamare l'attenzione dei lettori, sia pure in maniera<br />

lievemente sfocata, e come le figure metriche tradizionali possano<br />

essere adoperate da lui, senz'ombra di profanazione.<br />

Con una certa ingenu<strong>it</strong>à ha avvert<strong>it</strong>o l'importanza del problema<br />

metrico nello studio della lirica, e per questo ne tiene conto solo<br />

come osservatore. Non vuole assoluta-mente sottostare alle rigide<br />

regole della poetica, non ne ha la buona volontà né vuole dedicarsi<br />

con prof<strong>it</strong>to allo studio della metrica. Studio mai inut<strong>il</strong>e e<br />

vuotamente retorico; Lui tocca rapidamente l'essenza dello spir<strong>it</strong>o umano. Infatti, a<br />

prima vista, sembra che abbia voluto purificare <strong>il</strong> suo vocabolario e l'istinto melodico<br />

dell’Io creativo, bandendo <strong>il</strong> Sé razionale dal suo poetare. Sente che le sue poesie non<br />

danno l'impressione del nudo, ma piuttosto del riemp<strong>it</strong>ivo. I versi non sono solamente<br />

essen-ziali, ma mostrano, con misteriose allusioni, le immagini, <strong>il</strong> dolore, l’anima<br />

sanguinante che bagna la terra dove cammina.<br />

«Non c'è di dolcezza che possa uguagliare la Morte<br />

Più Più Più<br />

Intendi chi ancora ti culla:<br />

Intendi la dolce fanciulla<br />

Che dice all'orecchio: Più Più<br />

Ed ecco si leva e scompare<br />

II vento: ecco torna dal mare<br />

Ed ecco sentiamo ansimare<br />

II cuore che ci amò di più!»<br />

In principio, avendo piene le orecchie delle voci e gli echi che si<br />

rincorrevano nella vallata, o della melodia che sussurrava <strong>il</strong> vento tra gli alberi oppure<br />

delle variegate melodie degli uccelli, faceva nascere questa poesia che rappresenta la<br />

sentimentale reazione, per dare luogo e sfogo al cuore che canta un r<strong>it</strong>mo sincopato.<br />

La poesia di Dino Campana non può ridursi a formula metrica: non vi predomina<br />

l’endecas<strong>il</strong>labo, non ha <strong>il</strong> suo regno <strong>il</strong> settenario, né <strong>il</strong> novenario; eppure <strong>il</strong> verso<br />

sembra stranamente allungato o accorciato in un misterioso procedimento s<strong>il</strong>labico,<br />

che realizza un tono di armonia im<strong>it</strong>ativa, senza che resti la preoccupazione formale<br />

assorb<strong>it</strong>a dalla forza sintetica e dalla sintassi che va a spasso come un cagnolino senza<br />

guinzaglio.<br />

«Lasciando <strong>il</strong> cuore mio di porta in porta:<br />

Con Lei che non e nata eppure è morta<br />

E mi ha lasciato <strong>il</strong> cuore senz'amore:<br />

Eppure <strong>il</strong> cuore porta nel dolore:<br />

Lasciando <strong>il</strong> cuore mio di porta in porta».<br />

Obbedendo a un nostro preciso intento cr<strong>it</strong>ico: voler spiegare <strong>il</strong> più semplicemente<br />

possib<strong>il</strong>e <strong>il</strong> canto di Dino Campana affinché i giovani ed anche (perché no?) i meno<br />

giovani conoscano a fondo l’animo di questo grande della letteratura <strong>it</strong>aliana, volutamente<br />

dimenticato, anche se voci sconosciute fanno del loro meglio, senza trovare un<br />

interesse specifico da parte di qualche ed<strong>it</strong>ore importante o di qualche quotidiano che<br />

ne divulghi <strong>il</strong> pensiero. Il nostro intento, dicevo, è quello di dare a Cesare quello che<br />

è di Cesare, senza paroloni altisonanti o lacrime di alambicco; sentiamo, o meglio<br />

abbiamo assunto <strong>il</strong> dovere di puntualizzare la natura del canto di Dino Campana,<br />

dicendo le cose come le abbiamo sent<strong>it</strong>e pulsare nell’anima.<br />

«E cammina e via cammina,<br />

8<br />

0054 FATTI E POESIA


enobromuro3@tin.<strong>it</strong><br />

Già le case son più rade.<br />

Trovo l'erba: mi ci stendo<br />

A conciarmi come un cane:<br />

Da lontano un ubriaco<br />

Canta amore alle persiane».<br />

Di puro bisogno di cantare si può discorrere, crediamo,<br />

solo a propos<strong>it</strong>o di una determinata poesia, che è la<br />

poesia dell'altra generazione, o razza, cui appartengono<br />

Mallarmé, Valéry, Ungaretti, e non Leopardi e<br />

Baudelaire. Nel bisogno di cantare di Leopardi o di<br />

Baudelaire, della cui razza Dino Campana è <strong>il</strong> più recente esempio, <strong>il</strong> bisogno vero e<br />

proprio è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o di altri bisogni, altre sofferenze provengono dalla negazione del<br />

poeta ad accettare un rigore che non sente gli appartenga. I sui versi a volte aspri, a<br />

volte sordi e velati, dove ci si urta in vari echi, non sono mai somiglianti a quei poeti<br />

più stanchi e opachi della sua e della nostra generazione.<br />

Noi pensiamo che già <strong>il</strong> nominare e nominare le cose, sia un vero delirio di nominare<br />

quell'impressione di gem<strong>it</strong>o, che non nasce tanto dai luoghi singolari quanto dall’intera<br />

raccolta, corrispondono a una certezza di avere la conoscenza del mondo: a volte <strong>il</strong><br />

delirio della pazzia le fa intuire e conoscere, e, conoscendo ramificare nello spir<strong>it</strong>o e<br />

ripeterle poi ai propri sim<strong>il</strong>i.<br />

Il giardino della v<strong>it</strong>a non è un orto, ma un reliquiario, <strong>il</strong> mondo è tutto sparso di cose<br />

alle quali è connessa una memoria, un ricordo: <strong>il</strong> poeta che passa sembra un rievocatore<br />

di cose morte. Infatti, pur facendo salva la modern<strong>it</strong>à di questo poeta sfortunato,<br />

vedremo per molti caratteri come la sua poesia sia classica in quanto a purezza e<br />

soprattutto ad equ<strong>il</strong>ibrio di elementi cost<strong>it</strong>utivi.<br />

Reno Bromuro<br />

<strong>LA</strong> POESIA DEL<strong>LA</strong> SETTIMANA<br />

NEL GIORNO CHE SEI NATA<br />

di Francesco Papapicco<br />

Francesco Papapicco è nato a B<strong>it</strong>onto in<br />

provincia di Bari nel 1970, Laureato in Economia<br />

all’Univers<strong>it</strong>à di Lecce, primo di due fratelli, viene<br />

da una famiglia della piccola borghesia. Si dedica<br />

con passione alla composizione di poesie ad uso<br />

amatoria-le ed ultimamente anche alla scr<strong>it</strong>tura di<br />

testi musicali. Attento consumatore di musica<br />

d’autore (Battiato, Fossati) e di letteratura<br />

moderna Cunningham, De Carlo, vorrebbe<br />

realizzarsi professionalmente nel campo artistico.<br />

Compare nell’Antologia «Navigando nelle Parole»<br />

– ed<strong>it</strong>a IL FILO, Roma 2002 – «Canti oltre la<br />

rete» - Edizione Nonsoloparole, 2003. E’ risultato<br />

vinc<strong>it</strong>ore del primo premio nella II Edizione del<br />

Concorso «Accademia Salentina delle Lettere –<br />

2002» con l’opera «Rubammo more rosse e<br />

blu». Si è classificato 3° ex aequo alla XI Edizione<br />

del «Premio C<strong>it</strong>tà di B<strong>it</strong>etto – 2003» con la raccolta «Dio e dintorni». Ad altri<br />

premi vinti si è aggiunto <strong>il</strong> primo premio nella Sezione Giovani Autori di Testi Musicali<br />

al Premio Lunezia 2003.<br />

Ebbi <strong>il</strong> primo contatto con Francesco Papapicco qualche anno fa, quando da una<br />

ma<strong>il</strong>ing-list tutte le sere dava la buonanotte agli iscr<strong>it</strong>ti; questo desiderio di affratellamento<br />

mi colpì e cominciai a cercare le sue poesie, mi piace <strong>il</strong> suo st<strong>il</strong>e, tra i tanti<br />

giovani che scrivono versi in internet egli si fa notare per la semplic<strong>it</strong>à di espressione,<br />

<strong>il</strong> <strong>baricentro</strong> 9


enobromuro3@tin.<strong>it</strong><br />

per la sincer<strong>it</strong>à dei sentimenti, per la concretezza delle immagini, che le metafore<br />

accavallate, come per soddisfare la carenza e la necess<strong>it</strong>à di affetto, scint<strong>il</strong>lano come<br />

fuochi d’artificio.<br />

Questa poesia mi piace molto per la sua semplic<strong>it</strong>à e ingenu<strong>it</strong>à. E’ una specie di dialogo<br />

che si svolge tra <strong>il</strong> poeta e l’«io creativo» che interroga la ragione, lodandone la<br />

bellezza e dolendosi che spesso ella è considerata perduta e non può dare risalto<br />

all’opera d’arte, e non combatte con <strong>il</strong> «sé razionale» se non quando esaminata<br />

l’opera, colloquia con lei lodandola, solo allora l’opera comincia ad acquistare <strong>il</strong> valore<br />

della semplice esistenza e decide di preferirla; se la coccola per qualche giorno come<br />

fosse un’innamorata, destinata a lasciarlo e prima o poi sarà lasciato perché è <strong>il</strong><br />

destino di ogni opera che urge a farsi conoscere per dire agli altri lo splendore<br />

dell’animo di chi l’ha creata, e accetta ogni espressione dai lettori sia di plauso che di<br />

demer<strong>it</strong>o. R<strong>il</strong>eggendola, adesso, ne ho ricevuto un'impressione ancora migliore.<br />

Ugualmente belle e vivacissime sono le poesie che alcuni di noi abbiamo letto in questa<br />

o in quell’altra ma<strong>il</strong>ing-list. Tutte colloquiano vivacizzando <strong>il</strong> dialoghetto tra <strong>il</strong> Poeta e <strong>il</strong><br />

suo Io. La vivac<strong>it</strong>à della descrizione è tale per cui anche noi proviamo un momento di<br />

vero piacere. La stessa vivac<strong>it</strong>à troviamo nelle altre in cui compare l’amore per la sua<br />

terra, che è una delle più argute e piacevoli composizioni del Papapicco.<br />

Considerando queste opere, io credo di poter dire che la loro caratteristica dominante è<br />

la vivac<strong>it</strong>à e la naturalezza del racconto. Francesco Papapicco si presenta come uno<br />

st<strong>il</strong>ista ricco e immaginoso, più popolare, più alla mano sia nello scegliere gli argomenti<br />

da raccontare sia nella forma che usa: <strong>il</strong> puro e semplice linguaggio del popolo. Devo<br />

dire che la lettura delle poesie di Papapicco è stata per me, sulle prime, sub<strong>it</strong>o<br />

accattivante e attraente nella lettura.<br />

Questo autore è più vicino a noi, più immediato, che tanti altri poeti che popolano <strong>il</strong><br />

pianeta Internet. Ha davanti ai suoi occhi <strong>il</strong> grande molteplice quasi infin<strong>it</strong>o mondo su<br />

cui ha posato lo sguardo <strong>il</strong> suo spir<strong>it</strong>o anelante, <strong>il</strong> mondo dei popolani che sono poeti<br />

perché amano leggerla. Ma Francesco lo ha saputo cogliere con molta sicurezza e<br />

dipingere con una certa vivac<strong>it</strong>à.<br />

NEL GIORNO IN CUI SEI NATA<br />

di Francesco Papapicco<br />

Una terrazza sotto <strong>il</strong> sole,<br />

ranuncoli violacei a mazzi<br />

come croste di viva p<strong>it</strong>tura<br />

sul parapetto mozzafiato,<br />

un’altalena di buonumore<br />

e cuscini ampi per dormire,<br />

<strong>il</strong> caffè traboccante d’onde<br />

di prodigal<strong>it</strong>à nel bianco latte,<br />

un pudore che non ha misura<br />

e che fascia severamente le pieghe,<br />

pieghe sulla pelle e sul cuore<br />

che un mob<strong>il</strong>e antico sospira,<br />

una terrazza sotto <strong>il</strong> sole<br />

per noi anche quando d<strong>il</strong>uvia, sei tu<br />

madre, nel giorno in cui sei nata,<br />

giorno che unisce le nostre carni<br />

perché vivo è <strong>il</strong> passo sulla terra<br />

e vegeto l’arrenderci all’abbraccio.<br />

Noi, i tuoi commensali, i tuoi figli.<br />

10<br />

0054 FATTI E POESIA

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