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Gli anziani avevano continuato a guardare il Danese con estrema diffidenza, almeno finché un giovane [...] in<br />
osteria aveva all’improvviso gettato il berretto in terra gridando: «Perdiana, ma è semplicissimo! Sapete dove il Danese<br />
ha preso i denari? Secondo me li ha vinti al gioco!». I presenti si guardarono in faccia. Sì, questa era una spiegazione possibile,<br />
e tutto sommato erano contenti di aver trovato per lui una soluzione che lo scagionava. 59<br />
Se gli anziani si acquietano, non così il lettore di classici ottocenteschi, né l’appassionato di<br />
storie di navigazioni maledette; costoro penseranno piuttosto: altro che circostanza attenuante! è la<br />
prova decisiva. La natura diabolica del gioco non richiede l’esercizio di nessun particolare acume interpretativo,<br />
dal momento che la saggezza popolare la considera un’ovvietà – si pensi alla metafora<br />
lessicalizzata, quasi proverbiale, che allude al ‘demone del gioco’ – e visto soprattutto che sono numerosissimi<br />
i testi otto- e novecenteschi a ricamarvi sopra, dalla letteratura romantica per arrivare fino al<br />
fantastico di un Tommaso Landolfi. Ma ciò che risulta maggiormente interessante, dal nostro punto di<br />
vista, è constatare come l’Olandese sia, nel folclore e in letteratura, un giocatore accanito: alcune versioni<br />
della leggenda ce lo presentano mentre siede sul ponte del Vascello Fantasma, giocando a dadi<br />
con il Diavolo in persona!<br />
E a proposito di vascello: nel Trono di legno compare anche quello; non trasporta la ciurma di<br />
marinai morti agli ordini del capitano maledetto come in Heine, Wagner o Marryat, bensì la madre del<br />
protagonista, da lui mai conosciuta. Nella sezione Il battello, e in pagine fra le più suggestive del romanzo<br />
<strong>sgorlon</strong>iano, viene infatti riferito il seguente sogno di Giuliano:<br />
Avevo sognato un mare di un verde intenso, dalle onde crestate di spuma, ma lente e silenziose, che parevano<br />
adatte soltanto a far dondolare una nave, non certo a metterla in pericolo. [...] A occidente vedevo un oggetto scuro,<br />
non più grande di un grillo, che veniva avanti lentamente, oscillando. [...] Solo dopo molto tempo vedevo che si trattava<br />
di un battello, più piccolo di una nave ma molto più grande di una barca. Aveva grandi oblò in cima, una carena dipinta<br />
di viola, e veniva avanti silenzioso, scivolando sulle onde, come fosse spinto dal vento. Non aveva vele e quindi doveva<br />
possedere un motore, il cui rumore era totalmente assorbito dal mare. Vedevo la barra del timone, a poppa, ma nessuno<br />
che la reggeva. Nessuno si affacciava agli oblò. In un primo tempo pensavo che il battello fosse vuoto, ma poi mi accorgevo<br />
che non era possibile perché dall’interno veniva un canto in sordina, appena percettibile a causa della lontananza:<br />
O che bel castello, marco ’ndiro ’ndiro ’ndello,<br />
o che bel castello, marco ’ndiro ’ndiro ’nda...<br />
La voce era quella di mia madre. Arrivato a qualche centinaio di metri dal mio scoglio il battello si fermava, cessava<br />
del tutto anche il leggero ronzio del motore, e si sentiva solo il canto di mia madre. Aspettavo che lei comparisse,<br />
salisse sul ponte o almeno sporgesse la testa da uno degli oblò. Invece niente. Dovevo accontentarmi di sapere che lei<br />
era su quel battello, ma non avrei mai visto il suo viso. Finito il canto, la nave passava oltre, scivolando sulle onde come<br />
prima, finché diventava di nuovo un punto nero, e spariva all’orizzonte. 60<br />
Su un mare funereo, che può richiamare le pagine finali di Moby-Dick or, The Whale (1851) 61 ,<br />
va lentamente alla deriva la nave dei morti; sull’imbarcazione sta, invisibile agli sguardi, la Regina del<br />
mondo di là: una Proserpina che il protagonista sente dolorosamente vicina e al tempo stesso inattingibile.<br />
La scena è perfettamente onirica: il silenzio è quello della morte, ma anche di certi sogni ovattati<br />
nei quali non riecheggia alcun rumore.<br />
59 Ivi, p. 54.<br />
60 Ivi, pp. 58-59.<br />
61 Cfr. H. Melville, Moby-Dick or, The Whale, a cura di T. Quirk, introduzione di A. Delbanco, New York, Penguin, 2003, pp. 623-<br />
625.<br />
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