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Torino Barocca - Liceo Classico C.Cavour

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IL MUSEO DI ARTI DECORATIVE<br />

“PIETRO ACCORSI”<br />

presenta il Progetto<br />

Un Museo per i ragazzi<br />

<strong>Torino</strong> <strong>Barocca</strong> e le arti decorative<br />

Itinerario storico-artistico in collaborazione con<br />

Licei “C. <strong>Cavour</strong>” e “Faà di Bruno” di <strong>Torino</strong><br />

A cura di<br />

Laura Ferretti e Paola Mastrangelo<br />

(Sezione Didattica Museo Accorsi)


OBIETTIVI<br />

• Conoscere la storia, l’arte e l’architettura di <strong>Torino</strong>, antica capitale sabauda protagonista in<br />

Europa al pari delle più potenti corti straniere del Settecento.<br />

• Confrontare l’arte piemontese con la produzione artistica della raffinata corte francese, della<br />

frivola società veneziana e del lontano Oriente, continui modelli di riferimento nel XVIII secolo.<br />

• Avvicinare i ragazzi alle arti decorative, scoperte non solo come oggetti dall’alto valore artistico,<br />

ma soprattutto come testimonianze del gusto, del modo di vivere e delle conoscenze tecniche<br />

della società settecentesca.<br />

• Analizzare il carattere tipico di ogni stile, le forme e le decorazioni: dall’evoluzione delle<br />

tecniche di costruzione, ai materiali più usati, riconoscendo così il valore artistico di oggetti<br />

unici, testimonianza dell'eccellenza raggiunta nel campo delle arti decorative.<br />

• Scoprire, mediante l’utilizzo del mezzo fotografico, i motivi decorativi e le architetture di<br />

importanti palazzi barocchi torinesi, confrontandoli con forme e materiali di mobili, porcellane e<br />

argenti coevi, presenti nella ricca Collezione del Museo Accorsi.


CALENDARIO INCONTRI<br />

I: <strong>Torino</strong> <strong>Barocca</strong><br />

Museo Accorsi, sala conferenze: introduzione storico artistica mediante l’uso di diapositive<br />

II: Fasto e rigore: le arti decorative alla corte sabauda<br />

Museo Accorsi: introduzione storico artistica mediante diapositive e visita a tema al Museo.<br />

III: Lusso e sfarzo alla corte francese e la frivolezza veneziana<br />

Museo Accorsi: introduzione storico artistica mediante diapositive e visita a tema al Museo.<br />

IV: La moda delle “cineserie”: aspetti storici ed artistici<br />

Museo Accorsi: introduzione storico artistica mediante diapositive e visita a tema al Museo<br />

V: Incontro di sintesi e raccolta materiale<br />

VI: Incontro presso la Fondazione Italiana della Fotografia<br />

VII: Passeggiata per <strong>Torino</strong>: ricerca fotografica<br />

VIII: Passeggiata per le sale del Museo Accorsi: ricerca fotografica<br />

IX: Presentazione finale del percorso e confronto fotografico<br />

Museo Accorsi


I incontro: <strong>Torino</strong> <strong>Barocca</strong><br />

Museo Accorsi, sala conferenze: introduzione storico artistica mediante l’uso di diapositive<br />

Ampia introduzione sulla storia, l’architettura e i principali artisti che con le loro opere contribuirono<br />

all’abbellimento dell’antica capitale sabauda.<br />

Dai grandiosi ampliamenti secenteschi di Carlo e Amedeo di Castellamonte, fino alle meraviglie di Juvarra,<br />

collegandosi agli splendori di Palazzo Reale e delle varie residenze che costituiscono la “Corona di Delizie”.<br />

Giovanni Borra, Veduta di Piazza Castello, 1749


Corona di Delizie<br />

Insieme di residenze (Agliè, La Mandria, La Venaria Reale, Rivoli,<br />

Moncalieri, Stupinigi, Racconigi) poste “a corona” delle città di <strong>Torino</strong>,<br />

destinate ai momenti di svago della corte.


II: Fasto e rigore: le arti decorative alla corte sabauda<br />

Museo Accorsi: introduzione storico artistica mediante diapositive e visita a tema al Museo.<br />

I mutamenti stilistici e le tecniche costruttive nel campo dei mobili e delle principali arti decorative<br />

fra Barocco e Neoclassicismo: dall’analisi del carattere generale di ogni stile, alle forme e<br />

decorazioni più tipiche, dall’evoluzione delle tecniche di costruzione, ai materiali più usati per gli<br />

elementi di arredo.<br />

Particolare attenzione è riservata alla figura di Pietro Piffetti, il più grande ebanista italiano del<br />

Settecento.<br />

Pietro Piffetti, Doppio corpo, Metà XVIII sec., Palazzina di Caccia di Stupinigi


III incontro: Lusso e sfarzo tra la corte francese e la frivolezza veneziana<br />

Museo Accorsi, sala conferenze: introduzione storico artistica mediante l’uso di diapositive<br />

Per un confronto con altri importanti centri artistici, si analizzano dal punto di vista stilistico e tecnico le<br />

opere d’arte francesi e veneziane, testimonianza dell'eccellenza raggiunta nel campo delle arti decorative<br />

nel Settecento.<br />

Dalla corte di Versailles alla magia di Venezia, capitali europee del gioco e del divertimento, si scoprono<br />

banchetti, sale da gioco, balli in maschera, vissuti dai nobili dell’epoca, “attori” e insieme “spettatori” di un<br />

grande “palcoscenico” quale fu il Settecento.<br />

Le Notre, Anfiteatro romano, Parco di Versailles<br />

Canaletto, Il molo con<br />

la libreria e la Chiesa della Salute sullo sfondo, 1735


IV: La moda delle “cineserie”: aspetti storici ed artistici.<br />

Museo Accorsi: introduzione storico artistica mediante diapositive e visita a tema al Museo<br />

Oggetti originali cinesi e opere di imitazione occidentale (porcellane, stoffe, lacche, pannelli dipinti)<br />

rispecchiano anche in Piemonte il gusto per le cineserie che si sviluppa con Luigi XIV diffondendosi in<br />

tutta Europa nel corso del Settecento.<br />

C. Werlin, Cineserie, Palazzina di Caccia di Stupinigi, Sala da gioco, 1765


V: Incontro di sintesi e raccolta materiale<br />

Museo Accorsi<br />

In base alle lezioni svolte e al materiale didattico (testi consegnati ad inizio corso, dispense,<br />

bibliografia, appunti dei ragazzi relativi alle lezioni) sono stati creati quattro gruppi di approfondimento<br />

al fine di impostare il cd room finale.<br />

1.GRUPPO <strong>Torino</strong> <strong>Barocca</strong><br />

(Riccardo Beltramo Stefania Bonino, Chiara Cavallaro, Giorgia Cervini, Gabriele<br />

Mascarini)<br />

2. GRUPPO Stili e Tecniche dei mobili<br />

(Edoardo Angeli, Elisa D’Adamo, Raffaella Ferrara, Teresa Principato, Sara Pugliesi,<br />

Stefania Valle)<br />

3.GRUPPO Pietro Piffetti, ebanista di corte<br />

(Federica Gennari, Stefania Giannino, Elisabetta Serra)<br />

4. GRUPPO Arte e società in Francia e a Venezia;<br />

moda delle cineserie in Europa<br />

(Paolo Chiambretto, Edoardo Ciofi, Andrea Deserto, Chiara Marocco, Emanuele Vottero<br />

Fin)


<strong>Torino</strong> <strong>Barocca</strong><br />

L’arte barocca si manifesta come civiltà dell’immagine capace di persuadere attraverso il linguaggio visivo.<br />

Temi fondamentali della poetica barocca sono l’illusoria rappresentazione dello spazio infinito, la natura<br />

intesa come riflesso della grandezza divina e l’arte utilizzata come strumento di propaganda. In questo<br />

senso, anche a <strong>Torino</strong> i Savoia utilizzarono l’arte barocca per "modernizzare" lo stato Sabaudo e per<br />

veicolare valori istituzionali e ideologie politiche anche attraverso importanti ampliamenti. Per questo<br />

motivo, ad esempio, le eleganti facciate barocche dei palazzi torinesi sono uniformate tra loro e mai<br />

superiori in bellezza al Palazzo Reale, che doveva essere subito riconoscibile come sede del potere. Ma l’arte<br />

barocca è anche, e soprattutto, creatività: ed ecco nascondersi dietro le austere facciate torinesi, decine di<br />

meravigliosi cortili interni, stucchi ed elaborate decorazioni all’interno delle chiese.<br />

Cortile di Palazzo Cisterna


I SAVOIA: DA DUCATO A REGNO<br />

La nuova linfa immessa nel tronco esausto della dinastia Savoia sembra spesso provenire dal sangue delle spose regali. Per<br />

prima Margherita di Valois, sposando Emanuele Filiberto, mette al mondo un unico figlio, Carlo Emanuele I che, per quanto<br />

gracile, dà prova di forza e di sconfinata ambizione, regnando burrascosamente per una cinquantina di anni. Alla sua morte, nel<br />

1630, sale al trono Vittorio Emanuele I, ormai quarantatreenne e segnato dalla velleitaria personalità paterna, di cui eredita<br />

anche il senso di smacco per l’attribuzione – per giunta da parte di un papa piemontese – del titolo di Granduca ad un mercante<br />

arricchito come Cosimo dei Medici e non alla corte di <strong>Torino</strong>. Sarà per questo che, con l’appoggio di fior di genealogisti<br />

compiacenti, arriverà addirittura ad avanzare pretese sul regno di Cipro e soprattutto, quindi, sul titolo regale attraverso<br />

fragili appigli come un antico matrimonio con Carlotta di Lusignano; l’unico risultato, comunque, è la rottura dei rapporti con la<br />

Repubblica di Venezia, che vantava sull’isola titoli legali ben più validi.<br />

Quando Vittorio Emanuele I muore, nel 1638, il primogenito Carlo Emanuele II ha quattro anni ed è debole e<br />

malaticcio; la reggenza rimane a lungo nelle mani della madre Cristina di Borbone, la prima “madama reale” che,<br />

autoritaria e sagace, si destreggia fra guerre civili, attacchi francesi, minacce spagnole.<br />

Neppure quando il figlio raggiunge la maggiore età gli cede il posto, anzi è lei a commissionare agli incisori<br />

fiamminghi il primo progetto del “Theatrum Sabaudiae”che poi il figlio trasformerà in una strabordante opera<br />

di propaganda, enfatizzando e amplificando realtà modeste o inesistenti. Carlo Emanuele II si mostra peraltro<br />

incostante e mondano, ma anche solerte e pragmatico nell’amministrazione, teso ad aumentare il lustro della<br />

città di <strong>Torino</strong> nella perenne aspirazione al titolo regio.<br />

Lo Stato su cui fa affidamento è però allo stremo, quando sposa in seconde nozze una lontana cugina, Maria<br />

Giovanna Battista di Savoia-Nemours che diventerà la seconda “madama reale”.<br />

A lei affida, in punto di morte, il governo dello Stato nelle veci del giovane e infermo<br />

Vittorio Amedeo II, definito da lui stesso ”un piccolo cadavere”. Questo però stupirà<br />

tutti quando, appena raggiunta la maggiore età, nel 1680 esautorerà la madre di ogni<br />

potere politico, avocando a sé la pienezza dell’investitura. E sarà durante il suo lungo<br />

regno che i Savoia otterranno, dopo aver sbaragliato i Francesi e in conseguenza del<br />

trattato di Utrecht, l’agognato titolo di re.


Gli ampliamenti di <strong>Torino</strong><br />

Sotto il segno del barocco, <strong>Torino</strong> diventa una capitale europea a tutti gli effetti.<br />

Per poter avere un’idea complessiva della <strong>Torino</strong> <strong>Barocca</strong> è necessario ripercorrere le varie tappe che hanno<br />

contribuito al cambiamento radicale di una città fino a quel momento rimasta chiusa tra le mura romane. Gli<br />

ampliamenti che resero possibile tale cambiamento furono essenzialmente tre.<br />

Stucchi Stanislao, su disegno di Marco Nicolosino, Pianta di <strong>Torino</strong> a cinque diverse epoche ampliata, 1829


I AMPLIAMENTO (1620-1630)<br />

Il primo grande ampliamento fu ideato nel 1584 grazie ai disegni di Ascanio Vitozzi che fu incaricato da<br />

Carlo Emanuele I di progettare un ampliamento verso Sud-Est. Nell’area nuova fu adottata una trama a<br />

scacchiera su modello della città romana e secondo il gusto francese venne conferito alla città carattere<br />

omogeneo grazie alla successione di facciate uniformi.<br />

Vitozzi progettò P.zza Castello (1615) e parte della Via Nuova (l’odierna Via Roma).<br />

Carlo di Castellamonte proseguì l’opera di Vitozzi e realizzò l’attuale Piazza San Carlo.<br />

Bolckman Pietro Maurizio, Piazza Castello a <strong>Torino</strong>


II AMPLIAMENTO (1660-1670)<br />

Nella seconda metà del ‘600 con Carlo Emanuele II, Amedeo di Castellamonte costruì il nuovo palazzo Reale<br />

e progettò l’ampliamento verso Est con al centro Piazza Carlina. Fu realizzata anche Via Po (1673) che taglia<br />

trasversalmente l’impianto romano a “Castrum.”<br />

Carlo Emanuele II invitò a <strong>Torino</strong> il celebre architetto Guarino Guarini che realizzò tra il 1666 e il 1681 la<br />

Cappella della Santa Sindone (1667)<br />

T. Borgonio, Pianta di <strong>Torino</strong>, 1671


la Chiesa di San Lorenzo (1667),<br />

Palazzo Carignano (1679).


III AMPLIAMENTO (1710-1720)<br />

L’ampliamento verso ovest, voluto da Vittorio Amedeo II, fu realizzato da Filippo Juvarra che progettò la<br />

zona dei Quartieri Militari, la contrada di Piazza Susina (odierna Piazza Savoia).<br />

Protagonista dell’abbellimento decorativo della città di <strong>Torino</strong> fu l’importante urbanista, scenografo e<br />

architetto di corte Filippo Juvarra. Tra le sue più grandi realizzazioni emergono: la facciata di Palazzo<br />

Madama, la Basilica di Superga, la Palazzina di Caccia di Stupinigi, la reggia di Venaria.<br />

Interno Palazzo Madama


LO STILE ROCOCÒ (1730 - 1770)<br />

Stili del mobile in Piemonte<br />

E’ destinato ad ambienti piccoli e intimi; è ridotto nelle dimensioni; assume una nuova importanza nel decoro<br />

delle stanze; si differenzia e moltiplica in varietà di tipi che si confanno ai servizi più diversi: tavolini per il<br />

giorno e per la notte, il lavoro di cucito, poltrone, poltroncine e sofà nelle più strane fogge riempiono camere<br />

e salotti. Trionfano le linee curve e asimmetriche nei profili e nelle sagome e gli ornamenti (fiori,<br />

conchiglie…) divengono sinuosi, animati da volute e riccioli. E’ il trionfo del rococò in cui pompa e maestà<br />

cedono il posto a grazia, eleganza e fantasia.<br />

I divani hanno ampi braccioli; i cassettoni presentano una certa ondulazione del fronte ed il piano sagomato;<br />

le gambe possono terminare a ricciolo o zoccolo caprino.<br />

Doppio corpo piemontese, metà XVIII<br />

sec., Fondazione Accorsi


LO STILE NEOCLASSICO (1770-1815)<br />

Il mobile, ispirandosi all’arte classica (greco-romana), abbandona la sinuosità ed eredita il piacere per le<br />

simmetrie: le strutture si fanno squadrate e le gambe si raddrizzano in forma di colonne scanalate o di<br />

tronco di piramide.<br />

I motivi ornamentali tipici sono: foglie di palma e d’acanto, ghirlande, rosette, pilastri, capitelli, zampe di<br />

leone, chimere.<br />

Doppio corpo piemontese, 1770-80, <strong>Torino</strong>,<br />

Fondazione Accorsi


Evoluzione delle forme nelle gambe dei mobili dal Rococò al Neoclassico.<br />

1. Luigi XIV<br />

2. Luigi XV<br />

3. Luigi XV<br />

4. Luigi XV<br />

5. Luigi XV<br />

6. Stile transizione<br />

7. Luigi XVI<br />

8. Luigi XVI<br />

Tratto da “Guida all’Antiquariato”, De Vecchi Editore, Milano 1980


INTARSIO<br />

Tecniche di decorazione del legno<br />

L’intarsio consiste nell’accostare e inserire, in una superficie lignea precedentemente scavata, piccoli<br />

tasselli di legno, tartaruga, madreperla, avorio e metallo, di forma, misura e colori adatti a riprodurre un<br />

certo disegno, o cartone, utilizzato come modello.<br />

Queste tessere possono essere accostate mediante il semplice incastro, nel caso dell’intarsio a secco,<br />

oppure ricorrendo a un mastice per fissarle. Si distingue l’intarsio alla “certosina” che consiste<br />

nell’accostare tessere poligonali per formare motivi geometrici, e l’intarsio “pittorico” in cui legni di diversi<br />

colori formano motivi naturalistici, architettonici o complesse scene figurate basate sui disegni dei più<br />

celebri artisti del tempo.<br />

Per creare effetti più suggestivi gli ebanisti dell’epoca usavano tinteggiare i legni con procedimenti di<br />

bollitura creando sfumature più raffinate, ma alcuni raggiunsero risultati altrettanto validi continuando ad<br />

usare materiali colorati naturalmente.<br />

Pietro Piffetti, Pavimento,<br />

<strong>Torino</strong>, Palazzo Reale, 1750 ca.


MOBILE<br />

Doppiocorpo piemontese alto 3,5 m, intarsiato con legni pregiati, avorio e tartaruga, datato e firmato Pietro Piffetti, <strong>Torino</strong><br />

1738. Fondazione Accorsi, <strong>Torino</strong>.<br />

La parte inferiore a cassettone è divisa dalla libreria superiore da una scrivania a ribaltina e da un vano con<br />

specchio. Il corpo superiore è retto da mensole a voluta. La fronte a due ante ospita un pannello ovale<br />

d’avorio che rappresenta una scena di matrimonio, come motivo augurale dedicato ai nobili committenti.<br />

Decori in legno dorato e scolpito ornano la parte bassa della scansia con teste d’ariete e quella alta con<br />

bustini femminili.<br />

Ha una linea elegante e mossa tipicamente Rococò; la lastronatura è sottile, in palissandro e bosso; sugli<br />

angoli ha applicazioni di tartaruga e altri elementi decorativi in legno dorato; anche l’interno è molto curato,<br />

(lavorazione a spina di pesce).<br />

Sotto il medaglione posto sulla ribalta una placchetta reca la scritta “PETRUS PIFFETTI INVE, FECIT ET<br />

SCULPSIT TAURINI 1738” e al di sopra di essa un’altra incisione esplica il motto “PERPETUUM NODIS”. Il<br />

termine “sculpsit” qui adoperato da Piffetti non va riferito ad un’attività di scalpello ma di incisione. Piffetti<br />

volle dunque ribadire la paternità non solo dell’ebanisteria del mobile, ma anche l’autografia delle incisioni<br />

sull’avorio.


DORATURA sul legno o metallo<br />

Il mobile dopo esser stato montato e rifinito dal falegname passava nelle mani dello sculpter, l’intagliatore,<br />

dell’ebenistes, intarsiatore, e, molto spesso nel ‘700, in quelle del peintre-doreur, che si occupava della<br />

eventuale doratura di alcune parti. Questa poteva essere applicata in due modi, a olio e ad acqua. Esisteva<br />

poi la doratura a tempera, la più diffusa poiché permetteva di dare maggior rilievo ai lavori d’intaglio. L’oro<br />

era sempre applicato in foglietti, ma esistevano vari procedimenti di preparazione del legno, con cere e<br />

vernici diverse.<br />

Particolare la doratura a mercurio, nel caso dell’applicazione su bronzo, che consisteva nel mescolare l’oro<br />

con l’altro metallo, spennellare l’amalgama sull’oggetto e riscaldarlo così da far evaporare il mercurio mentre<br />

l’oro aderiva alla superficie e veniva lucidato con pietra d’agata. Questo metodo, dannoso per la salute, venne<br />

soppiantato dalla placcatura elettrolitica nell’800 che non raggiunse mai, però, il livello delle finiture<br />

precedenti.<br />

Vaso in legno intagliato e dorato,<br />

<strong>Torino</strong>, Fondazione Accorsi, XVIII sec.


Pietro Piffetti<br />

Biografia (<strong>Torino</strong> 1707- 1777)<br />

Pietro Piffetti, il più grande ebanista del Settecento, nato a <strong>Torino</strong> nel 1701 si reca nel 1731 a Roma dove il<br />

fratello più giovane Francesco esercitava l’attività di minusiere.<br />

Intorno agli anni Venti, l’artista compie a <strong>Torino</strong> l’apprendistato e la prova d’esame, presso l’Università dei<br />

Minutieri, Ebanisti e Maestri da Carrozze.<br />

Nel 1731, con una patente regia, il re Carlo Emanuele III lo nomina ebanista di corte. L’ incarico affidatogli<br />

consisteva nella produzione di nuovi arredi per il Palazzo Reale e per le Residenze di piacere, in particolare<br />

per la Palazzina di Caccia di Stupinigi. Nel medesimo tempo l’ebanista eseguiva una varietà di altri lavori: da<br />

manutenzioni ordinarie alla creazione di mobili di rappresentanza, dai tavolini da gioco a preziosi piedistalli<br />

intarsiati in avorio. L’artista muore a <strong>Torino</strong> nel 1777.<br />

La maestria del Piffetti, è riconosciuta a livello europeo per l’estrema abilità tecnica nell’arte dell’intarsio e<br />

per la fantasia delle forme che distingue le sue creazioni.


OPERE DI PIETRO PIFFETTI PRESENTI AL MUSEO ACCORSI


Gli stili del Settecento francese<br />

Durante il diciottesimo secolo la ricchezza e il lusso alla corte di Francia divengono la traduzione tangibile<br />

del potere della Corona attraverso le opere chiamate a soddisfare le richieste e i capricci dei re.<br />

Il parco di Versailles


LO STILE LUIGI XIV (FRANCIA, 1650-1730)<br />

Nome dato allo stile Barocco, sviluppatosi in Francia durante il regno di Luigi XIV (1643-1715).<br />

Lo stile è massiccio, leggermente addolcito dalla presenza di linee curve.<br />

I mobili sono arricchiti da decori in bronzo dorato presenti su spigoli o giunture con funzione decorativa ma<br />

anche di protezione.<br />

Rigaud, Luigi XIV, Parigi, Louvre


LO STILE LUIGI XV (1730-1770)<br />

Lo stile successivo a Luigi XIV, prende il nome dal monarca Luigi XV (1643-1715) e si diffonde in Francia tra<br />

il 1730 e 1760.<br />

La linea del mobile è slanciata e asimmetrica; i piedi sono protetti da applicazioni decorative in bronzo; la<br />

traversa tra i cassetti scompare e grazie a ciò gli ebanisti possono creare una superficie decorata<br />

ininterrottamente su cui realizzare preziosi motivi ad intarsio.


LO STILE LUIGI XVI (FRANCIA 1770-1815)<br />

Prende il nome dal monarca Luigi XVI (1774-1793) ed è uno stile dalle forme eleganti e misurate ispirate<br />

ai modelli dell’antichità classica.<br />

Le gambe dei mobili perdono la caratteristica curvatura a “esse rovesciata” per essere sostituita dalla<br />

lineare forma di colonna.<br />

I cassetti sono profilati da cornici in bronzo dorato.<br />

Ha grande sviluppo la tipologia del sécretaire.<br />

Duplessis, Luigi XVI


La Società<br />

Il Settecento a Venezia<br />

Il Settecento è un secolo spettacolare e frivolo: la città di Venezia, con la sua magica atmosfera, diviene la capitale europea<br />

del gioco, del divertimento e dell’ “arte di apparire”.<br />

Grandi pittori quali Francesco Guardi, Antonio Cataletto, Giovan Battista Tiepolo, Pietro Longhi, sono<br />

cronisti d’eccezione della società veneziana dell’epoca.<br />

Francesco. Guardi, La festa della Sensa, 1740


Il costume di dame e cavalieri si arricchisce e si complica.<br />

Le signore portano ampie, seriche gonne, fruscianti sopra cerchi di acciaio, dette crinoline, strettissimi corpetti e<br />

parrucche a riccioli pesanti; gli uomini indossano mantellette leggere, spadini (più adatti ad ornarli in tempo di pace che a<br />

difenderli in caso di aggressione o in guerra) e scarpe di lacca infiocchettate sopra calze di seta bianca.<br />

P. Longhi, La partita a carte, 1770 ca.<br />

Fra mollezze e amori la vita veneziana si andava addormentando in una specie di dolce sopore. La vita,<br />

specie della nobiltà si fa futile e festaiola: a Venezia ( unica città in cui il carnevale si protrae per sei<br />

mesi) si passa da un divertimento a un teatro, dal gioco d’azzardo ai banchetti e, quando scenderà<br />

nuovamente lo straniero senza badare all'inviolabilità ormai storica e sacra della Repubblica, nessuno saprà<br />

più difenderla!


Doppiocorpo, metà XVIII sec.,<br />

<strong>Torino</strong>, Fondazione Accorsi<br />

Il mobile rococò veneziano<br />

Il mobile veneziano è molto fantasioso ed elegante nelle linee e nel decoro, grazie all’uso della laccatura a<br />

tinte vivaci più che alla preziosità delle materie prime; la bellezza delle forme è affidata all’abilità dei<br />

marangoni, degli intagliatori e dei laccatori. L’imperativo è creare movimento sulla superficie lignea , quindi i<br />

mobili sono caratterizzati da profonde bombature e da asimmetrie molto marcate. L’intarsio propone temi<br />

vegetali, conchiglie e riccioli. L’intaglio è profondo e scolpito nel massello.<br />

Credenzina, metà XVIII sec, <strong>Torino</strong>,<br />

Fondazione Accorsi


VI: Incontro presso la Fondazione Italiana della Fotografia<br />

Introduzione alla fotografia e osservazione guidata di materiali d’archivio relativi alla città di <strong>Torino</strong><br />

Dopo un incontro introduttivo sulla nascita e sulla storia della fotografia…<br />

…è stato possibile visionare delle fotografie di Palazzi torinesi datate all’inizio del<br />

Novecento


VII: Passeggiata per <strong>Torino</strong>: ricerca fotografica


Una passeggiata nel centro storico di <strong>Torino</strong>, per ripercorrere le trasformazioni architettoniche della<br />

città e riconoscere, mediante l’utilizzo del mezzo fotografico, gli stessi elementi decorativi presenti nella<br />

Collezione del Museo Accorsi.<br />

Itinerario:<br />

1. Palazzo Madama<br />

2. Chiesa di San Lorenzo<br />

3. Palazzo Carignano<br />

4. Palazzo Graneri<br />

5. Palazzo Cisterna<br />

6. Palazzo Trucchi di Revaldigi<br />

7. Palazzo Lascaris


Con l’aiuto del fotografo professionista Forchino sono state analizzate con “occhio critico” le foto realizzate dai ragazzi nel<br />

precedente incontro.<br />

Al Museo, sono stati ricercati nella Collezione alcuni elementi decorativi già incontrati durante la precedente passeggiata per<br />

<strong>Torino</strong>.

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