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d21 - diario 21

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Un nuovo equlibrio per il Mediterraneo<br />

Il milione che ci deve unire, non dividere<br />

Antonio Suraci<br />

Un milione di persone, oggi<br />

in piazza in Egitto, divi‐<br />

dono e uniscono le sponde<br />

del Mediterraneo. Ci divide la<br />

paura di comprendere il fenomeno<br />

della rivolta che ha caratterizzato<br />

intere giornate in Tunisia, Algeria,<br />

Giordania, Yemen ed Egitto. Con<br />

titubante attenzione l´Occidente si<br />

è accostato alla rivolta temendo un<br />

effetto domino a danno dei propri<br />

interessi, pur sapendo che nulla<br />

poteva paragonare tale rivolta ad<br />

una rivoluzione islamica. L´Occi‐<br />

dente frena, non capendo che il<br />

senso delle contestazioni riguar‐<br />

dano non tanto l´economia, lo svi‐<br />

luppo e il lavoro, certamente non<br />

secondari, quanto la dignità di es‐<br />

sere uomini liberi anche all´interno<br />

di un sistema che trae origine da<br />

valori religiosi, pur laicizzati, in<br />

questa parte del Mediterraneo. La<br />

paura di avere tante cellule di al<br />

Quaeda pronte ad aggredirci ha<br />

fatto muovere le diplomazie occi‐<br />

dentali con il solito consueto atten‐<br />

dismo. Gli interessi di un<br />

continente hanno ancora prevari‐<br />

cato i sentimenti di libertà e demo‐<br />

crazia. Eppure quel milione di<br />

uomini, oggi, ci unisce in una ri‐<br />

chiesta assai più corposa che pre‐<br />

tende risposte certe, molto più<br />

concrete di quanto abbiano fatto le<br />

Cancellerie europee nel fronteg‐<br />

giare una crisi economica globale,<br />

non saputa anticipare e control‐<br />

lare. Unisce le due sponde del Me‐<br />

diterraneo il bisogno di una<br />

politica più aperta, più partecipa‐<br />

tiva e meno basata sui consolidati<br />

rapporti di una globalizzazione<br />

che rende meno liberi e più<br />

schiavi. La crisi del sud Mediterra‐<br />

neo è databile tanti anni or sono,<br />

solo la convenienza di non sbloc‐<br />

care situazioni apparentemente<br />

stabili ha portato l´Europa a ri‐<br />

chiudersi in se stessa e a governare<br />

i processi di fuga da queste terre<br />

penalizzando quanti richiedevano<br />

ospitalità. La chiusura delle fron‐<br />

tiere è stato un altro elemento di<br />

lievitazione, in questi ultimi tre<br />

anni, del malcontento poi sfociato<br />

nella rivolta. Ci unisce la gioventù,<br />

uomini diplomati o laureati, che<br />

vogliono avere la possibilità di<br />

confrontarsi apertamente con i<br />

loro coetanei europei, i quali, sep‐<br />

pur assai più protetti, non di meno<br />

vivono le stesse pulsioni dei loro<br />

amici algerini, tunisini o egiziani.<br />

Ci unisce la nascita, sempre sotto‐<br />

valutata, di una classe media che<br />

in queste terre è andata a disarti‐<br />

colare un sistema affacciandosi<br />

sulla scena economica nazionale,<br />

chiedendo una maggiore conside‐<br />

razione e una maggiore libertà per<br />

rappresentare il proprio trasver‐<br />

sale potere sociale. Quella nuova<br />

classe media che avanza non solo<br />

in queste terre, ma nella stessa<br />

Africa dove lo sviluppo economico<br />

ha fatto crescere una nuova classe<br />

di consumatori che richiede più<br />

stabilità di lavoro e di sviluppo. In<br />

Cina e in tutto il continente asiatico<br />

masse di cittadini chiedono le<br />

stesse cose.<br />

Necessitano risposte adeguate e<br />

non solo vertici in cui riscrivere re‐<br />

gole valide per gestire l´esistente.<br />

Risposte che coinvolgano gli inte‐<br />

ressi diffusi e sappiano riportarli a<br />

sintesi per superare definitiva‐<br />

mente quelle lotte etniche frutto di<br />

un neo‐colonialismo globalizzato,<br />

dannoso per gli stessi interessi di<br />

pace e di sviluppo dell´Occidente.<br />

Ci unisce, infine, l´esempio. L´Eu‐<br />

ropa dei popoli, ancora assai im‐<br />

matura sul piano politico, offre un<br />

esempio di convivenza civile,<br />

dopo secoli di orrendi massacri, e<br />

questa convivenza civile la si deve<br />

non tanto a pochi illuminati legi‐

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