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SOCIETAS DELINQUERE NON POTEST? SULLA SANZIONE TRIBUTARIA AMMINISTRATIVA E SULLA<br />

PERSONA GIURIDICA PER UNA RIFORMA SISTEMATICA<br />

SOMMARIO: 1. Sanzione amministrativa tributaria e persona giuridica nella legislazione attuale. -<br />

2. Universitas delinquere potest o societas delinquere non potest? La storia al servizio di una<br />

possibile riforma. - 3. La metafora universitas delinquere potest, la finzione della persona giuridica<br />

e il principio societas delinquere non potest: l’origine dell’ambiguità e gli interessi economici<br />

concretamente garantiti da quella finzione e da quel principio. - 4. Il fondamento punitivo in<br />

materia tributaria. Il contrasto d'interesse all'evasione. - 5. Idee sistematiche di riforma: la<br />

responsabilità dell'organo e l'autonoma responsabilità della persona giuridica. Misure punitive<br />

concorrenti e doppia scala punitiva. - 6. La responsabilità sussidiaria dei soci e il superamento<br />

della personalità giuridica. - 7. Societas et socii delinquere possunt. Conclusioni.<br />

1. Sanzione amministrativa tributaria e persona giuridica nella legislazione attuale. - Con questa<br />

relazione intendo verificare la possibilità di concepire, in materia di sanzioni tributarie non penali,<br />

un sistema alternativo all'attuale 1<br />

.<br />

Poiché è buon consiglio fare un passo alla volta, qui intendo avviarne pochi: il primo vuole<br />

verificare la possibilità di mettere in discussione, rivisitandole criticamente e radicalmente, alcune<br />

categorie fondamentali dell’ordinamento, ad iniziare da quelle della personalità della pena e della<br />

personalità giuridica collettiva; il secondo intende appurare la compatibilità con la nostra materia di<br />

un sistema sagomato su un doppio modulo sanzionatorio riferito sia alla persona giuridica, sia al<br />

suo organo; con il terzo ed ultimo passo, mi azzarderò a superare lo schermo della persona giuridica<br />

per verificare la eseguibilità della sanzione, almeno in via sussidiaria, nei confronti del soggetto<br />

che, in carne ed ossa, l’ha usata come «guscio protettivo» dell'evasione, svuotandola, però, di<br />

contenuto patrimoniale o estinguendola prima del provvedimento di irrogazione, oppure<br />

collocandola in stati esteri non collaborativi.<br />

Seguendo questa traccia, inizio con alcune considerazioni sul diritto attuale. Tra persona<br />

giuridica e sanzione amministrativa tributaria intercede un rapporto confuso. Per la legislazione<br />

vigente, la persona giuridica è il solo soggetto responsabile al pagamento della sanzione pecuniaria<br />

conseguente ad una violazione di natura tributaria, come prevede l’art. 7 del d.l. 30 settembre 2003,<br />

n. 269, convertito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 2<br />

.<br />

In forza dell’art. 2 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, si deve ritenere, peraltro, che la<br />

violazione, assunta come fattispecie, debba essere tuttora ricondotta alla persona fisica che ne è<br />

autrice e che a questa si debba continuare a riferire anche la norma sulla determinazione della<br />

1<br />

Non intendo affrontare argomenti di dettaglio, pure fondamentali per la tenuta complessiva del sistema. Su di essi mi<br />

propongo di tornare in un successivo e più articolato contributo.<br />

2<br />

Su questa legge v. l’articolata e convincente ricostruzione di F. Gallo, L’impresa e la responsabilità per le sanzioni<br />

amministrative tributarie, in Rass. trib., 2005, 11 ss. e quelle, altrettanto convincenti, di G. Marongiu, Le sanzioni<br />

amministrative tributarie, in Riv. dir. trib., 2004, I, 374 ss.; di I. Manzoni, Illecito amministrativo tributario, in Enc.<br />

dir., Annali, I, Milano, 2007, 717 ss., specie 728 ss. e di L. Murciano, La nuova responsabilità amministrativa<br />

tributaria delle società e degli enti dotati di personalità giuridica, in Riv. dir. trib., 2004, 657 ss.


sanzione tra un minimo e un massimo edittale, così come le disposizioni sulle cause di non<br />

punibilità, sull’elemento soggettivo o sul concorso di persone 3<br />

. Per la legge del 2003, infatti, solo la<br />

sanzione, ovvero e più correttamente l’obbligazione per sanzione pecuniaria «relativa al rapporto<br />

fiscale» è a carico esclusivo della società o ente con personalità giuridica. Obbligazione, pertanto,<br />

strutturalmente dipendente dalla fattispecie materialmente realizzata dall'organo o da altro soggetto<br />

che, nell'ambito dell'organizzazione, avrebbe dovuto attuare gli obblighi tributari relativi alla<br />

funzione; e strutturalmente dipendete dall’obbligazione nata, seppure solo figurativamente, in capo<br />

al suo autore.<br />

Leggendo così l’art. 7, la responsabilità dell’ente potrebbe essere intesa come una speciale<br />

obbligazione di stampo civilistico, ovvero e più propriamente una speciale forma di espromissione,<br />

che, tolta alla disponibilità negoziale delle parti, il legislatore avrebbe preordinato in tutti i suoi<br />

elementi e quoad effectum.<br />

Tuttavia, anche volendo sostenere la natura punitiva della misura riferita alla persona<br />

giuridica 4<br />

o guardare alla sua responsabilità come relativa non soltanto all'obbligazione per<br />

sanzione ma anche alla fattispecie sanzionata, è indubbio che al sistema risultante dall'art. 7 si<br />

contrappone quello riservato agli imprenditori individuali e agli institori, alle società di persone e<br />

agli enti non personificati, ai quali si continua ad applicare, senz’altro e per intero, la disciplina del<br />

decreto legislativo n. 472.<br />

Ebbene, ancor prima di accennare ai risvolti costituzionali e affrontare i molti nodi di teoria<br />

generale, occorre prendere atto, con senso di concretezza, che la legge del 2003 ha creato un<br />

meccanismo perverso e paradossale: escludendo dalla pena la persona fisica agente ed individuando<br />

il responsabile al pagamento nella sola persona giuridica, ha finito, in alcune circostanze, per<br />

rendere «conveniente» l'evasione anche sul terreno sanzionatorio, per dare ad essa una<br />

«convenienza aggiuntiva».<br />

3<br />

Sui capisaldi della legge del 1997, cfr. A. Giovannini, Sui principi del nuovo sistema sanzionatorio non penale in<br />

materia tributaria, in Dir. prat. trib., 1997, 1196 ss.; L. Del Federico, Introduzione alla riforma delle sanzioni<br />

amministrative tributarie: i principi sostanziali del d.lgs. n. 472/1997, in Riv. Dir. trib., 1999, I, 107 ss., nonché, in<br />

particolare sul principio di personalità, ampiamente e per tutti, F. Batistoni Ferrara, Principio di personalità, elemento<br />

soggettivo e responsabilità del contribuente, in Dir. prat. trib., 1999, I, 1509 ss., L. Del Federico, Il principio di<br />

personalità, in La riforma delle sanzioni amministrative tributarie, a cura di G. Tabet, Torino, 2000, 11 ss.; M.<br />

Miccinesi, La responsabilità degli amministratori e del personale dipendente, ivi, 37 ss.; R. Cordeiro Guerra, Concorso<br />

di persone ed autore mediato nella nuova disciplina delle sanzioni amministrative tributarie, in Rass. trib., 2000, 395<br />

ss. Per una analisi complessiva di questa normazione, cfr. AA.VV., Commentario alle disposizioni generali sulle<br />

sanzioni amministrative in materia tributaria, a cura di F. Moschetti e L. Tosi, Padova, 2000.<br />

4 Non mi sfugge, certo, che il confine tra responsabilità civilistica e responsabilità di natura punitiva, pur marcato dal<br />

nostro codice civile, ha iniziato, negli ultimi decenni, a sgretolarsi per l’affermarsi, anche nel pensiero della nostra<br />

dottrina e della giurisprudenza, di tesi proprie ai paesi di common law sul così detto risarcimento punitivo o punitive<br />

damages e sulla funzione (anche) sanzionatoria della responsabilità civile (cfr. G. Ponzanelli, Danni punitivi: no grazie<br />

in Foro it., 2007, I, 1460 ss.; F.D. Busnelli, Deterrenza, responsabilità civile, fatto illecito, danni punitivi in Eur. e dir.<br />

priv., 2009, 918 ss.). Si tratta, però, di un aspetto che qui si pone sullo sfondo del ragionamento, sebbene possa, almeno<br />

indirettamente o inconsapevolmente, iniziare ad incidere anche sulle scelte del legislatore in materia tributaria, il quale<br />

– come mi pare si possa dire per l’intervento del 2003 – sembra trascurare o superare consapevolmente, sempre più<br />

spesso, le partizioni tradizionali tra categorie giuridiche.<br />

2


Se al momento dell’esecuzione della sanzione la persona giuridica è estinta, oppure è ridotta<br />

ad un "guscio vuoto" perché fraudolentemente privata del suo contenuto, oppure è residente in stati<br />

che impediscono l'esecuzione o che non forniscono collaborazione amministrativa, nessuno, nei<br />

fatti, sopporterà la pena: soci, investitori o amministratori, in questo modo, al profitto dell’evasione<br />

sommeranno l’impunità, sia diretta, atteso che l’obbligazione al pagamento è imputata soltanto<br />

all’ente, sia indiretta o mediata, poiché, di fatto, la persona giuridica non potrà essere efficacemente<br />

perseguita, né, in suo luogo, altri potranno essere perseguiti, sebbene compartecipi ai benefici<br />

dell’evasione.<br />

In chiave sistematica, poi, la disciplina denuncia un contrasto patente col principio<br />

d’uguaglianza: arduo trovare motivi in grado di giustificare, in punto di ragionevolezza, la<br />

doppiezza di regime tra enti dotati di personalità ed enti che ne sono privi. Certo, ai primi è<br />

possibile guardare alla stregua di persone e ai secondi, più riduttivamente, di soggetti giuridici, ma,<br />

al di là di questa (inconsistente) distinzione, la doppiezza di cui si parla non è ugualmente<br />

giustificabile in ragione della tipologia di ente cui si riferisce la disciplina. Casomai, la diversità di<br />

regole potrebbe trovare ragionevole motivo nei diversi titoli giuridici legittimanti la pena o nella<br />

diversa tipologia di violazione. La legislazione attuale, però, non consente di rintracciare queste<br />

difformità e, dunque, neppure quella doppiezza pare possa trovare adeguata giustificazione alla luce<br />

dell’art. 3 della Costituzione.<br />

2. Universitas delinquere potest o societas delinquere non potest? La storia al servizio di una<br />

possibile riforma. - Dalla normazione in esame risale qualcosa di ancor più radicale e profondo.<br />

Essa testimonia, a mio parere, una vera e propria ambiguità concettuale, che, se sotto traccia già<br />

sembrava correre in alcune disposizioni della legge del 1997 5<br />

, ora risulta come scolpita sul marmo:<br />

collegare l’obbligazione per sanzione alla persona giuridica e al contempo non recidere, per la<br />

costruzione del titolo dell'obbligazione, il legame tra fattispecie della violazione e suo autore, e<br />

5 Ho in mente, in particolare, la disciplina dell’art. 5, nella parte in cui limita l’esecuzione della sanzione nei confronti<br />

dell’autore materiale della violazione ad un importo non superiore ad euro 51.645,69 (cento milioni di lire) e riferisce la<br />

restante parte del debito alla persona giuridica, e la disciplina dell’art. 11 sulla responsabilità solidale dell’ente al<br />

pagamento della sanzione riferita all’autore materiale e la normazione sull'accollo prevista dalla stessa disposizione; e,<br />

ancora alla disposizione, dettata dall'ultimo comma dello stesso articolo, sulla morte della persona fisica autrice della<br />

violazione prima dell'irrogazione della sanzione, evento al quale consegue ugualmente la responsabilità al pagamento<br />

dell'ente. Cfr. I. Manzoni, Illecito amministrativo tributario, cit., 729; F. Gallo, L’impresa e la responsabilità, cit.; G.<br />

Falsitta, Confusione concettuale e incoerenza sistematica nella recente riforma delle sanzioni tributarie non penali, in<br />

Riv. dir. trib., 1998, I, 475 ss.; M.C. Pierro, Il responsabile per la sanzione amministrativa tributaria: art. 11 d.lgs. n.<br />

472/1997, in Riv. dir. fin. sc. fin., 1999, I, 262 ss.; A. Giovannini, Principio di specialità, illecito tributario e<br />

responsabilità dell’ente, in Riv. dir. trib., 2000, 859 ss. Le complicazioni applicative ed ancor prima l’incoerenza di<br />

queste norme – incoerenza, peraltro, sopravvenuta alla prima bozza di decreto legislativo licenziata dalla commissione<br />

ministeriale incaricata della redazione del testo per il giungere di necessità politiche che suggerirono all'esecutivo<br />

l'adozione del testo oggi in vigore – sono i motivi, in fondo, di maggiore critica che Coppa e Sammartino, Proposta di<br />

legge in tema di principi sulle sanzioni non penali in materia tributaria, in Rass. trib., 1994, 1948 ss., prospettarono,<br />

prima delle leggi di riforma, con riguardo ad un ipotetico sistema sanzionatorio amministrativo incentrato sul principio<br />

personalistico di matrice penalistica.<br />

3


mantenere in vita due diversi regimi sanzionatori a seconda del tipo di soggetto nel cui interesse<br />

essa è compiuta, rivela uno squilibrio che non è soltanto sistematico, ma che è, anzitutto,<br />

ideologico.<br />

E’ probabile che le radici più profonde di questa ambiguità si intreccino con scelte valoriali,<br />

che, come tali, si collocano «oltre il diritto» 6 . Penso che la determinazione del legislatore di<br />

conservare vivo un sistema normativo doppiamente bicefalo sia, in realtà e per l'appunto, la cartina<br />

di tornasole della duplicità valoriale che accompagna questo tema e che, ad oggi, ha impedito una<br />

scelta di campo netta 7<br />

.<br />

Il contenuto sostanziale di questa doppiezza è dato da contestuali e contrapposte pulsioni:<br />

punire, da un lato, il soggetto collettivo che ha tratto vantaggio dalla violazione e, dall’altro, la<br />

persona fisica che ha in concreto realizzato l’evento, colui che ne è l’attore in carne ed ossa ed ha di<br />

fatto agito in funzione di quel vantaggio.<br />

Il territorio «oltre il diritto» dal quale germina questo dualismo, invece, coincide con il<br />

dibattito che contrappunta, ormai da due secoli, i mutamenti ordinamentali dei paesi di civil law, ad<br />

iniziare dal nostro.<br />

Origine e contenuto della questione si possono compendiare in questi lapidari termini, in<br />

due latinetti che, meglio di complicati girigogoli di parole, riescono a raffigurare sinteticamente il<br />

dilemma e ad andare dritti al suo cuore. Questo l'interrogativo: societas delinquere non potest o<br />

universitas delinquere potest?<br />

La scelta tra questi modelli, nonostante la previsione dell'art. 27, 1° co., della Costituzione,<br />

che sembrerebbe tagliare corto, riferendo la responsabilità penale alla sola persona fisica, rimane il<br />

problema più profondo che continua ad occupare gli studi in seno al diritto penale e a quello<br />

amministrativo, compreso il diritto tributario, ancora segnati, questi ultimi settori, da una<br />

concomitante impronta: quella, appunto, penalistica del castigo e l’impronta civilistica del danno.<br />

3. La metafora universitas delinquere potest, la finzione della persona giuridica e il principio<br />

societas delinquere non potest: l’origine dell’ambiguità e gli interessi economici concretamente<br />

garantiti da quella finzione e da quel principio. - Nel tentativo di mettere sul tavolo della<br />

discussione qualche idea di possibile riforma del sistema, penso che occorra richiamare alcuni<br />

6<br />

A bella posta uso questa espressione, nel significato che essa ritrae dai lavori raccolti in Oltre il diritto, a cura di M.<br />

Costanza, Padova, 1994; ma anche nel significato di dualismo giuridico che, muovendo dall’origine lockiana e<br />

giungendo alle più recenti elaborazioni critiche sul monismo kelseniano, ha tratteggiato N. Irti, La società civile,<br />

Milano, 1992.<br />

7 Scelta netta, per la verità, non ancora compiuta, fino in fondo, neppure in altri settori dell'ordinamento. Mi riferisco<br />

non tanto all'art. 197 del codice penale, che dispone la responsabilità della persona giuridica soltanto sussidiaria rispetto<br />

a quella del reo, quanto all'art. 6 della legge n. 689 del 1981, sui principi delle sanzioni amministrative in generale, che<br />

riferisce all'ente una responsabilità solidale con l'autore della violazione al pagamento della sanzione, e all'art. 6 del<br />

d.lgs. n. 231 del 2001, sulla responsabilità amministrativa dell'ente per reati compiuti dai suoi amministratori o<br />

dipendenti, che riecheggia gli artt. 2050 e 2054 del codice civile sulla cause di esclusione della responsabilità per<br />

danno; normazioni che, come vedremo anche successivamente, introducono meccanismi, pure tra di loro<br />

profondamente diversi, ma che ugualmente riflettono una doppiezza valoriale e riproducono un sorta di cordone<br />

ombelicale, mai reciso con precisione chirurgica, tra responsabilità dell'ente e diritto civile.<br />

4


istituti giuridici fondamentali dell'ordinamento. E la storia può costituire un viatico di grande<br />

ausilio per superare equivoci concettuali e falsi miti, i quali, se non adeguatamente sorvegliati,<br />

potrebbero ottundere il nostro ragionamento, offuscare la valutazione della realtà e la ricerca di<br />

soluzioni adeguate.<br />

«Universitas delinquere potest». Come riferisce Francesco Ferrara sr. nel suo “La<br />

responsabilità delle persone giuridiche” del 1914, a partire dal medioevo e fino all’inizio<br />

dell’ottocento la responsabilità delle universitates era fuori discussione: «universitas delinquere<br />

potest et ex delicto etiam puniri criminaliter» 8<br />

.<br />

Si trattava, però, di una responsabilità assai diversa da quella che oggi intendiamo riferire<br />

alle persone giuridiche e il motivo è che quando il principio fu elaborato - nel basso Medioevo - la<br />

persona giuridica non esisteva, ma esisteva, in suo luogo e per l’appunto, l’universitas, la quale era<br />

bensì distinta, a specifici fini, dagli universi, ma non era ancora riproduttiva della soggettività<br />

9<br />

propria della persona .<br />

L'universitas costituiva, a mo' di metafora, la somma delle individualità, una sorta di<br />

compendio, un'unità a bella posta ideata, ma, non godendo di considerazione giuridica identica o<br />

similare a quella della persona, non «schermava», sempre e comunque, i singoli individui, non<br />

impediva, cioè, che la sanzione ricadesse su di loro.<br />

Anzi, molto spesso erano proprio gli individui, alla fine, a sopportarla, e l'aneddottica al<br />

riguardo è molto ampia, come riferiscono gli storici del diritto 10<br />

. Il singolo, tuttavia, quando<br />

sopportava la pena, non la subiva uti singuli, ma, per l'appunto, uti universi. E questo accadimento<br />

veniva considerato sufficiente per dare corpo sostanziale - attraverso il mondo del diritto,<br />

ovviamente - alla regola universitas delinquere potest.<br />

L’equiparazione tra universitas e persona o, per meglio dire, la sostituzione dell’universitas -<br />

quale unificazione del molteplice - con la persona - quale personificazione dell’insieme - avvenne<br />

molto più tardi, sia come ipostatizzazione di un procedimento logico, sia come ipostatizzazione di<br />

11<br />

un procedimento giuridico . Il codice civile italiano del 1865 lo testimonia, dato che, all’art. 2,<br />

considerava “come persone” - così introducendo fattispecie equiparate - lo Stato, le province, i<br />

comuni e “gli altri corpi sociali legalmente riconosciuti”.<br />

Il principio della responsabilità delle universitates, infatti, conservò le sue connotazioni,<br />

senza rilevanti variazioni concettuali e applicative, fino al giusnaturalismo e allo storicismo, a<br />

8 F. Ferrara sn., La responsabilità delle persone giuridiche, in Riv. dir. comm., 1914, I, 513 ss. Riferimenti ulteriori al<br />

problema, specialmente per come posto da Bartolo da Sassoferrato, in D. Quaglioni, «Universi consentire non<br />

possunt». La punibilità dei corpi nella dottrina di diritto comune, in AA.VV., Suppliche e «gravamina». Politica,<br />

amministrazione, giustizia in Europa (secc. XIV - XVIII), a cura di C. Nubola e A. Würgler, Bologna, 2002, 409, ss.,<br />

nonché in G. De Simone, Persone giuridiche e responsabilità da reato, Pisa, 2012, 40 ss.<br />

9 Cfr. A. Falzea, La responsabilità penale delle persone giuridiche, in Ricerche di teoria generale del diritto e di<br />

dogmatica giuridica, III, Scritti d’occasione, Milano, 2010, ma già 1981, 69 ss., specie, 79.<br />

10 Cfr. L. Pettorello - F. Mantovani, Responsabilità per fatto altrui ai confini tra diritto civile e diritto penale, Milano,<br />

1962, 35 ss.; G. Catalano, Persona giuridica. Diritto intermedio, in Noviss. Dig. it., XII, Torino, 1965, 1032 ss.; D.<br />

Quaglioni, «Universi consentire non possunt», loc cit.<br />

11 Cfr. A. Falzea, op. ult. cit. 80 ss.<br />

5


cavaliere tra il XVIII e il XIX secolo. Per una sorta di apparente antitesi concettuale, però, proprio<br />

quando, all'inizio dell'ottocento s’iniziò a ragionare in termini più definiti di persona giuridica e a<br />

riempirla di contenuti, si cominciò anche a dubitare della possibilità di continuare a punire le<br />

universitates 12<br />

.<br />

Se da un lato, cioè, il cammino della ipostatizzazione della soggettività collettiva fu<br />

intrapreso con vigore e senza tentennamenti, dall'altro, anche per l’affacciarsi delle teorie sulla<br />

13<br />

signoria della volontà riconducibili alla pandettistica tedesca , si giunse a capovolgere il prisma<br />

punitivo: apparve, agli occhi della dottrina e poi del diritto scritto, non più plausibile ed anzi una<br />

contraddizione da espungere con vigore, assoggettare a pena entità che non avessero né coscienza e<br />

volontà dell’azione, né sentimento delle conseguenze: societas delinquere non potest fece, così, il<br />

suo ingresso trionfale nel mondo del diritto, e dal mondo delle scomuniche, dove originariamente<br />

pare essere stato pensato, entrò nell’armamentario giuridico a tutto tondo 14<br />

.<br />

In buona sostanza, mentre dalla metafora dell’universitas si passò, con Friedrich Carl von<br />

Savigny e la pandettistica, alla finzione della persona giuridica, fino a giungere, successivamente,<br />

con Otto von Gierke, a riconoscerle piena capacità giuridica e capacità all'azione, secondo una<br />

15<br />

concezione «realistica» della personalità collettiva , sul versante della responsabilità la strada<br />

percorsa, almeno a prima vista, si divaricò: al mito della persona giuridica sul palcoscenico della<br />

soggettività - per usare le parole di Galgano 16<br />

- si contrappose l'imperativo della responsabilità<br />

esclusiva della persona fisica sul palcoscenico della giustizia sanzionatoria. L'incomunicabilità tra<br />

soci e società e più esattamente «l'incomunicabilità ai socii delle situazioni giuridiche relative alla<br />

societas, e viceversa» doveva essere totale e la teorica pandettistica e gli studi sulla colpevolezza<br />

della dottrina penale tedesca soccorsero a questa esigenza.<br />

Si trattava, però e come ho anticipato, di una divaricazione solo apparente. Le sue radici più<br />

antiche, in realtà, affondano non tanto o non soltanto in una concettualizzazione evolutiva della<br />

pena in prospettiva individualistica, quanto nel campo dell'economia: lo stesso dal quale iniziò a<br />

12<br />

G. De Simone, Persone giuridiche e responsabilità da reato, cit., 48 ss.<br />

13<br />

Sul ruolo determinante di questa corrente del pensiero ottocentesco, cfr. R. Orestano, “Persona” e persone<br />

giuridiche” nell’età moderna, in Azioni, diritti soggettivi, persone giuridiche, Bologna, 1978, 209. D’altra parte, l’idea<br />

individualistica della responsabilità ebbe riflessi determinanti pure in diritto civile. Cfr. ampiamente G.P. Chironi, La<br />

colpa nel diritto civile odierno, (Torino, 1925), ristampa a cura di P. Perlingeri, Napoli, 2012, già 5 e 9 ss.<br />

14 L’origine sembra riconducibile a Sinibaldo dei Fieschi, poi eletto al soglio pontificio col nome di Innocenzo IV (1243<br />

– 1254) sebbene il 180° papa della chiesa cattolica non abbia mai dato applicazione al principio, anzi, approvando la<br />

tortura come metodo inquisitorio, acconsentì ed applicò le scomuniche ad intere città e comunità anche religiose,<br />

proprio secondo la regola universitas delinquere potest e, dunque, ribaltando la pena sui singoli. Cfr. G. Chiodi,<br />

Delinquere ut universi, Scienza giuridica e responsabilità penale delle universitates tra XII e XIII secolo, in Studi di<br />

storia del diritto, III, Milano, 2001, 383 ss.<br />

15<br />

Lo ricorda ampiamente F. Galgano, Delle persone giuridiche, in Comm. cod, civ., Scialoja – Branca, Bologna -<br />

Roma, 1978, sub artt. 11-35.<br />

16<br />

F. Galgano, Le insidie del linguaggio giuridico, Saggio sulle metafore del diritto, Bologna, 2010, 28 ss.<br />

6


prender forma, proprio, la figura dell'ente collettivo inteso come persona e in particolare l’ente<br />

societario nella specie della società per azioni 17<br />

.<br />

Non penso di tradire l'opinione di chi prima e meglio di me ha studiato questo spaccato della<br />

18<br />

storia del diritto se affermo che la più autentica aspirazione della teoria sulla persona giuridica e<br />

della teoria sull’espunzione dell’ente dalla sfera punitiva, siano largamente riconducibili, almeno<br />

inizialmente, proprio ad esigenze gemelle, anzi alla stessa esigenza dell'economia capitalistica<br />

guardata da una doppia prospettiva: rendere il socio, per un verso, irresponsabile dei debiti dell’ente<br />

e, per un altro, irresponsabile delle conseguenze delittuose produttive di un vantaggio per l'ente<br />

stesso, conseguenze che, se fossero state imputate alla società, si sarebbero trasferite, in via<br />

mediata, su di lui. E infatti, sul socio capitalista si sarebbero potuti generare, indirettamente, due<br />

effetti economicamente pregiudizievoli, prodotti, il primo, dalla sanzione principale, giocoforza<br />

coincidente con una misura pecuniaria, e dalle sanzioni accessorie, che avrebbero potuto<br />

comportare la sospensione o la cessazione dell'attività o impedimenti futuri al suo svolgimento; il<br />

secondo, dalla misura di sicurezza della confisca, riferibile al risultato economico del reato, ovvero<br />

al suo prezzo, prodotto o profitto 19<br />

.<br />

Un doppio abito di scena, allora, fu cucito su quelle necessità, così da evitare le<br />

conseguenze or ora indicate: l'abito della limitazione dalla responsabilità civile, impunturato sia col<br />

filo dell’autonomia patrimoniale delle società, sia con quello della loro totale alterità soggettiva<br />

20<br />

rispetto ai singoli ; e l'abito della limitazione dalla responsabilità sanzionatoria, tessuto sia con lo<br />

spago dell’impermeabilità alle pene della persona giuridica, sia con quello del mantenimento in<br />

capo all'ente e quindi, indirettamente, ai soci, dei benefici economici prodotti dal reato.<br />

Questo intrecciarsi di limitazioni - che nell'art. 27, 1° co., della nostra attuale Costituzione<br />

trova parziale legittimazione, almeno con riguardo al diritto penale - continua tutt’oggi, sebbene la<br />

compattezza della sua trama cominci a sfilacciarsi. E non soltanto dal punto di vista teorico, dato<br />

17<br />

Tra il seicento e il settecento, in un contesto di economia mercantile ancora embrionale, accanto alle accomandite,<br />

già sorte nel cinquecento, si iniziarono a progettare forme societarie dalle compagini assai più ampie e complesse: le<br />

compagnie coloniali o le compagnie delle indie, con tratti similari, quanto alla responsabilità dei compagni, a quelli<br />

che, nelle codificazioni ottocentesche, contraddistingueranno lo statuto normativo delle società commerciali con<br />

personalità giuridica. Si trattava, tuttavia, di fenomeni, per così dire, eccezionali, a tal punto che ciascuna compagnia si<br />

formava per atto di concessione del sovrano, concessione alla quale si accompagnava una speciale limitazione della<br />

responsabilità degli investitori. Cfr. F. Galgano, Lex mercatoria, Bologna, 1976, 76 ss.<br />

18<br />

Mi riferisco, in particolare, a Ferrara sn., Galgano e Falzea, nelle rispettive opere citate fin qui; ma anche<br />

all’importante e complesso lavoro di De Simone, Persone giuridiche, cit., che non esita a definire il principio come<br />

caratterizzato da «relatività storica, condizionata da necessità politica … dal carattere non ontologico», relatività<br />

collegata, proprio, alle esigenze contingenti di classi sociali ed economiche (p. 38 e ss.).<br />

19<br />

La relazione tra il «desiderio di immunità» degli investitori in ambito civile, che si traduce nel beneficio della<br />

responsabilità limitata per le obbligazioni da contratto e per le obbligazioni da fatto illecito, e il desiderio di immunità<br />

per i reati, che si raggiunge «con un latinetto costruito a bella posta», ossia societas delinquere non potest, è<br />

evidenziata chiaramente da F. Galgano, Le insidie del linguaggio giuridico, cit., 37.<br />

20<br />

Questo passaggio è spiegato magistralmente da F. Galgano, Il diritto privato fra codice e Costituzione, Bologna,<br />

1983, 99 ss.<br />

7


che il positivismo kelseniano già da tempo aveva elevato critiche profonde a quelle concezioni 21 ,<br />

ma anche dal punto di vista più propriamente empirico 22<br />

.<br />

Per un verso, infatti, in tempi recenti, ha iniziato ad imporsi, alla stregua di principio<br />

generale, il divieto d’abuso della personalità giuridica, divieto rivolto a rimuovere i vantaggi, se<br />

indebiti e conseguiti a danno dei terzi o dei creditori, che lo schermo della persona giuridica accorda<br />

23<br />

si soci proprio in punto di responsabilità patrimoniale . Per altro verso, col d.lgs. 8 giugno 2001, n.<br />

231, si è accolta la regola della responsabilità amministrativa dell’ente per i reati, diversi da quelli<br />

in materia fiscale, compiuti dai suoi rappresentanti o dipendenti quando esso ente ne abbia tratto<br />

beneficio o il reato sia stato compiuto nel suo interesse, e quando lo stesso non riesca a dimostrare<br />

di aver adottato sistemi organizzativi e di controllo idonei ad impedire, nella normalità dei casi, la<br />

commissione del reato 24<br />

.<br />

21<br />

H. Kelsen, La dottrina pura del diritto, a cura di M. G. Losano, Torino, ed. 1990, 201 ss. Per la letteratura domestica,<br />

in termini duramente critici, poi, T. Ascarelli, Problemi giuridici, I, Milano, 1959, 233 ss., e F. D’Alessandro, Persone<br />

giuridiche e analisi del linguaggio, Padova, 1989, 17 sss., ma già in Studi in memoria di T. Ascarelli, Milano, 1963.<br />

22<br />

Molti studiosi lo avevano, per così dire, preannunciato. Cfr. F.C. Palazzo, Associazioni illecite ed illeciti delle<br />

associazioni, in Riv. it. dir. proc. pen., 1976, 418 ss.; G. Pecorella, Societas delinquere potest, in Riv. giur. lav., 1977,<br />

IV, 357 ss. La questione, d'altra parte, venne riportata all'attenzione degli studiosi dalla raccomandazione n.r. (88) 18<br />

del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa,<br />

, tradotta a cura di Militello, in Riv. trim. dir. pen. ex. 1991,<br />

653 ss.; ma in termini ancor più netti dall'art. 3 del secondo protocollo di attuazione della Convenzione dell'Unione<br />

Europea per la tutela degli interessi finanziari approvata il 26 luglio 1995, e poi dal regolamento (Ce, Euratom) n.<br />

2988/95 del 18 dicembre 1995 e, da ultimo, dall’art. 6 della proposta di direttiva del Parlamento e del Consiglio<br />

europeo, 2012/0193 dell’11 luglio 2012, in eu.europa.eu. Di qui un fiorire di illuminanti studi, tra i quali quelli di F.<br />

Stella Criminalità di impresa: nuovi modelli di intervento in Riv. it. dir. proc. pen., 1995; G. Flora, L’attualità del<br />

principio «Societas delinquere non potest», in Riv. trim. dir. pen. ec., 1995, 11 ss.; M. Romano, Societas delinquere<br />

non potest (nel ricordo di Franco Bricola), in Riv. it. dir. proc. pen., 1995, 1031 ss.; C.E. Paliero, Problemi e<br />

prospettive della responsabilità penale dell’ente nell’ordinamento italiano, in Riv. trim. dir. pen. ec., 1996, 1173 ss. Per<br />

un raffronto con altri ordinamenti, cfr. K. Tiedemann, La responsabilità penale delle persone giuridiche nel diritto<br />

comparato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1995, 615 ss.<br />

23<br />

Sui benefici che la personalità giuridica delle entità collettive produce a favore delle persone fisiche che rivestono la<br />

qualità di soci o investitori, cfr. R. Serick, Forma e realtà della persona giuridica, trad. it. a cura di M. Vitale, Milano,<br />

1966, 200 ss. Sulle manifestazioni giurisprudenziali più recenti, volte a superare la personalità giuridica in ragione,<br />

proprio, di quei vantaggi «indebiti» e in consegua di un abuso del diritto consistenze in un abuso della strumentazione<br />

giuridica, cfr. F. Galgano, Le società e lo schermo della personalità giuridica, in Giur. com., 1983, 5 ss. e Id., La<br />

repressione dell'abuso della personalità giuridica, in Le società - I gruppi di società, Torino, 232, ss.; e prima P.<br />

Verrucoli, Il superamento, cit., ma anche, in qualche modo, W. Bigiavi, L'imprenditore occulto, Padova, 1957, passim,<br />

ma specie 33 ss.. Di recente, l’intera vicenda è stata ripercorsa da C. Angelici, La società per azioni. Principi e<br />

problemi, I, in Tratt. dir. civ. e comm., Cicu-Messineo, Milano, 2012, 166 ss.<br />

24<br />

Il primo comma dell’art. 27 della Costituzione, per il quale “la responsabilità penale è personale”, ha convinto il<br />

nostro legislatore a prevedere a carico delle società e degli enti con personalità giuridica una responsabilità non già di<br />

tipo penale, bensì di natura amministrativa. Si tratta, però, di una soluzione concettualmente posticcia, come ha<br />

denunciato la migliore dottrina e come emerge, anche secondo me, da una lettura attenta della normativa del 2001. Cfr.,<br />

su questa importante legge, tra i tanti, L. Conti, Abbandonato il principio societas delinquere non potest?, in L. Conti, Il<br />

diritto penale dell’impresa – Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, dir. da F. Galgano,<br />

8


Lo stesso decreto legislativo n. 231, poi, ha apportato un'ulteriore, profonda modifica,<br />

disciplinando, finalmente, la confisca per equivalente in capo all'ente del prezzo o del profitto<br />

conseguiti per il tramite del reato. Si tratta, come detto, di novità di grande rilievo e che, pure<br />

anch'essa non applicabile alle violazioni in materia tributaria, segna una duplice svolta: ideologica,<br />

in prima battuta, ed empirica, in seconda, specie se raffrontata con una trascorsa ricostruzione della<br />

Corte costituzionale che tendeva ad escludere la confisca quando alla responsabilità non si<br />

accompagnava la possibilità di valutare «l’elemento psicologico della condotta del soggetto» i cui<br />

beni avrebbero potuto costituire oggetto della misura di sicurezza patrimoniale 25<br />

.<br />

4. Il fondamento punitivo in materia tributaria. Il contrasto d'interesse all'evasione. - Lo<br />

sfondo proiettato da queste considerazioni, se consente, anzitutto, di ragionare con maggiore<br />

”libertà” ideologica sui modelli normativi fino ad oggi posti a scheletro del sistema, compreso<br />

quello tributario, consente anche di riprendere alcuni elementi che lo animano per verificare la<br />

possibilità di conformare ad essi una ipotetica riforma. Ancor prima e nell'immediatezza, però,<br />

quello scenario pone un interrogativo ineludibile, che compendio in questi semplici termini: quale<br />

fondamento attribuire all'intervento punitivo non penale in materia tributaria, così da superare<br />

l'attuale assetto normativo?<br />

È mia convinzione che esso, oggi, non vada più ricercato soltanto nella retribuzione della<br />

colpevolezza, ispirata al modello pandettistico della signoria della volontà individuale e al principio<br />

personalistico, e neppure nella concezione civilistica, anch'essa di antica origine, dell'obbligazione<br />

dipendente dell'ente per il pagamento della sanzione 26<br />

.<br />

Piuttosto, ritengo che quel fondamento sia da individuare nella tutela diretta ed esclusiva del<br />

27<br />

bene pubblico offeso coincidente con le risorse finanziarie proprie della collettività , viste, tali<br />

risorse, come bene giuridico in senso proprio, da proteggere come tale alla luce degli artt. 2, 53 e 81<br />

della Costituzione 28<br />

.<br />

XXV, Padova, 2001, 861 ss.; G. De Vero, Struttura e natura giuridica dell’illecito di ente collettivo dipendente da<br />

reato, in Riv. it. dir. proc. pen., 2001, 1126 ss.; E. Musco, Le imprese a scuola di responsabilità tra pene pecuniarie e<br />

misure interdittive, in Diritto e Giustizia, 2001, 8 ss., e Id., I nuovi reati societari, Milano, 2002, 38 ss. Più<br />

recentemente, per un'analisi approfondita e sistematicamente orientata della legge, cfr. G. De Simone, Persone<br />

giuridiche e responsabilità da reato, cit., 324 ss.<br />

25<br />

E’ la posizione che assunse la Corte Costituzionale con la sent. n. 259 del 1976, in Giur. cost., 1977, I, 421 ss., cin<br />

nota di G. Vassalli, Confisca doganale e cose appartenenti a persone estranee al reato, con la quale dichiarò<br />

illegittimo, per contrasto con gli artt. 42 e 27 Cost., l'art. 116, primo comma, della legge 25 settembre 1940, n. 1424<br />

(legge doganale) e dell'art. 301 del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 (testo unico delle disposizioni legislative in materia<br />

doganale), che disponevano la confisca dei beni sottratti illegittimamente al proprietario e dipoi oggetto di violazione<br />

delle norme doganali.<br />

Poi, che le singole norme la raffigurino come un'obbligazione esclusiva o come un'obbligazione solidale poco importa<br />

nella costruzione della sua dipendenza strutturale.<br />

27<br />

Ovvero con aspetti procedimentali o strumentali collegati a questo bene. Sul punto, ampiamente e per tutti, L. Del<br />

Federico, Le sanzioni amministrative nel diritto tributario cit., 126 ss., dove ampi riferimenti alla dottrina che,<br />

numerosa, si è occupata di questo tema.<br />

28<br />

Mi riferisco al concetto di bene giuridico elaborato, per il diritto sanzionatorio ed in specie per quello penale,<br />

nell'ambito della teoria costituzionale di bene, da F. Bricola, Teoria generale del reato, in Noviss. dig. it., XIV, Torino,<br />

1973, 7 ss., specie 22 ss.<br />

9


Il sistema attuale, del resto, come ho sottolineato fin dall’inizio, genera un effetto perverso e<br />

paradossale, poiché, preservando da pena chi ha in concreto commesso quella violazione, finisce<br />

per renderla ancor più appetibile sia per i soci e gli investitori, sia per gli amministratori, tutti<br />

schermati da società dipoi ridotte in cenere o formalmente residenti in paesi a fiscalità privilegiata<br />

e, dunque, da entità di fatto non perseguibili.<br />

Ora, a me sembra che, per giungere ad un impianto realmente protettivo delle risorse<br />

finanziarie pubbliche, occorra introdurre misure che determinino un vero e proprio corto circuito tra<br />

gli interessi o le aspettative in gioco.<br />

In questa prospettiva, è possibile che una tutela adeguata si possa ottenere introducendo una<br />

radicale contrapposizione tra interesse alla violazione che potrebbe sorgere in capo alla persona<br />

giuridica, ossia ai suoi soci o investitori, e interesse a rispettare le regole di azione e dunque ad<br />

osservare l'imperativo giuridico posto a presidio del dovere contributivo, che, de iure condendo,<br />

dovrebbe sorgere in capo all'organo. Contrapposizione che si potrebbe concretizzare radicando la<br />

responsabilità di queste due figure su fatti e titoli giuridici distinti e introducendo una doppia scala<br />

di pene, composta da misure tra di loro diverse, riferibili separatamente, ma contestualmente, a quei<br />

soggetti ed immaginando, in specifiche ipotesi, il coinvolgimento, sul piano della responsabilità<br />

sussidiaria, dei soci che abbiano tratto vantaggio dalla violazione.<br />

5. Idee sistematiche di riforma: la responsabilità dell'organo e l'autonoma responsabilità<br />

della persona giuridica. Misure punitive concorrenti e doppia scala punitiva. - La via per<br />

un’ipotetica riforma, secondo il mio modo di vedere, sta nelle considerazioni che precedono. Provo,<br />

allora, a svilupparle, passo dopo passo, nel loro progredire logico, per dare ad esse - mi auguro di<br />

riuscirci - un fondamento metodologico e una giustificazione teorica adeguata.<br />

Le risorse finanziarie pubbliche, come bene giuridico di rilievo costituzionale, sono protette<br />

da un imperativo giuridico concernente l'obbligo contributivo, imperativo a petto del quale si<br />

pongono, figurativamente, due destinatari e che, per questo motivo, può essere visto da una duplice<br />

angolatura: dalla parte della persona giuridica in qualità di soggetto passivo del rapporto d'imposta,<br />

la quale, poiché legittimata all’imputazione dell’effetto giuridico corrispondente all’obbligazione<br />

tributaria, ne diviene destinataria «principale»; e dal punto di vista dell'organo, il quale, dovendo<br />

dar concretezza a tale rapporto, si configura come destinatario «complementare» di quello stesso<br />

imperativo, e come centro di riferimento delle norme comportamentali, d'organizzazione e di<br />

funzione, ossia e sinteticamente, delle norme d'azione 29<br />

.<br />

Nella fisiologia dei rapporti esterni, persona giuridica e organo possono essere considerati<br />

un unicum, sovrapponendosi l'un l'altro: il soggetto che appare al mondo coincide con la persona<br />

giuridica, alla quale vengono riferiti gli effetti e le fattispecie realizzate dall'organo. Questo è ciò<br />

che normalmente accade, sia che si accolga la teoria c.d. organica, sia che si sposi la tesi, peraltro<br />

29 «Principale» e «complementare» sono locuzioni che a bella posta riprendo da A. Falzea, La responsabilità penale<br />

delle persone giuridiche, cit., 92, sebbene l’autore non le riferisca ai destinatari del comando ma agli imperativi<br />

giuridici.<br />

10


ecessiva, c.d. realistica della capacità delle persone giuridiche. Ed è ciò che normalmente accade,<br />

anzitutto, perché così vuole il diritto positivo 30<br />

.<br />

Tra ente e organo, dunque, vi è coincidenza e, nonostante che fattispecie e manifestazione<br />

della volontà siano materialmente riferibili solo all'organo, nessuno «slittamento» si determina tra<br />

le due figure: le norme giuridiche di azione riducono ad unità il dualismo soggettivo tra organo ed<br />

ente, perché è su queste norme che il diritto innesta il meccanismo d'imputazione all'ente stesso<br />

31<br />

della fattispecie e dei suoi effetti .<br />

Fin qui, in termini essenziali, quel che accade nella fisiologia dei rapporti e nella dinamica<br />

della realtà giuridica.<br />

Quando nella trama delle relazioni si inserisce un comportamento illecito o una violazione,<br />

invece, lo "slittamento" tra persona giuridica e organo riprende parzialmente forma e gli elementi<br />

materiali dell'azione, che, se conformi al diritto, avrebbero potuto essere sepolti dall'imputazione<br />

giuridica, sopravvivono nella loro concretezza 32<br />

.<br />

Il diritto civile lo testimonia con chiarezza. Se l'illecito attiene a tale settore, quello<br />

slittamento si traduce, per l'appunto, in uno sdoppiamento soggettivo rilevante, massimamente, per i<br />

rapporti interni: la «fusione» tra società ed organo si scioglie e ognuno di essi si veste di panni<br />

soggettivi propri sul terreno della responsabilità risarcitoria (artt. 2392, 2393, 2393 bis, 2394, 2394<br />

bis e 2395 cod. civ.).<br />

Ebbene, questa sorta di divaricazione, già presente, appunto, nel diritto vigente, potrebbe, de<br />

iure condendo, prendere corpo per l'ordinamento esterno anche a petto di una violazione tributaria<br />

punita in via amministrativa.<br />

Si tratta di capire, allora, che tipo di legame l'imperativo giuridico crei tra destinatario<br />

«principale» e destinatario «complementare», che legame interceda, nel nostro caso, tra stasi<br />

dell’imputazione e dinamica dell’azione, e come questo legame si potrebbe riflettere su una ipotetica<br />

normazione di riforma.<br />

Mi pare fuori discussione che, rispetto a quell'imperativo, la persona giuridica non manifesti<br />

alcuna capacità di intendere il suo significato e non manifesti nessuna attitudine a comportarsi<br />

secondo le sue prescrizioni: è l’organo, per forza di cose, che adotta, «per la persona giuridica»<br />

stessa, comportamenti conformativi o non conformativi. 33<br />

.<br />

30 In altre parole, nell'ordinamento esterno quel che viene in considerazione non è l'attività dell'organo in quanto tale,<br />

ma è la posizione che l'ente assume rispetto alla fattispecie dall’organo stesso realizzata e agli effetti che discendono: la<br />

produzione e la riferibilità psicologica di questa fattispecie al titolare della funzione non rilevano come tali, venendo,<br />

per così dire, annullate dalle norme di imputazione e di organizzazione. Cfr., anche per riferimenti bibliografici alla<br />

dottrina civilistica, A. Giovannini, Soggettività tributaria e fattispecie impositiva, Padova, 1996, 139 ss. e note.<br />

31<br />

Siano considerati sufficienti i rinvii ad A. Falzea, Il soggetto nel sistema dei fenomeni giuridici, Milano, 1939, 168<br />

ss., e Id., Capacità (teoria generale), VI, Milano, 1960, 8 ss.; e ad U. Natoli, La rappresentanza, Milano, 1977, 31 ss., e<br />

Id., Rappresentanza (diritto privato), in Enc. dir., XXXVIII, Milano, 1987, 463 ss., specie 471.<br />

32<br />

In questo ragionamento riprendo la teoria di M.S. Giannini sugli organi, sugli uffici e sulle funzioni, che l'autore<br />

inizialmente propose nelle Lezioni di diritto amministrativo, Milano, ed. 1950, 124 ss., e che ampliò, con<br />

un'impostazione di teoria generale a tutto tondo, nella voce Organi (teoria generale), in Enc. dir., XXXI, Milano, 1981,<br />

37 ss.<br />

33<br />

Cfr. A. Falzea, La responsabilità, cit.<br />

11


Comportamenti, però, che il destinatario «complementare» non mette in pratica per sé<br />

stesso, ma in funzione, normalmente, della produzione di una conseguenza che si riversa sull'ente o<br />

per la soddisfazione di un interesse che lo stesso ente manifesta o al quale è riportabile.<br />

La persona giuridica, pertanto, può essere considerata destinataria «principale» non perché<br />

in grado di adeguarsi al comando, ma perché, se l'organo si conforma, è essa ad apparire, per<br />

l'ordinamento esterno, come la sola figura d'imputazione dell'azione e degli effetti conseguenti;<br />

mentre, se l'organo non si conforma, essa rimane bensì figura d'attribuzione, ma solo delle<br />

conseguenze che discendono dall'azione, le quali, dal punto di vista economico, normalmente<br />

coincidono con l'imposta evasa e, dal punto di vista giuridico, trovano corrispondenza in una serie<br />

ulteriori di conseguenze, tra le quali l’obbligazione per l’imposta o la maggiore imposta dovuta.<br />

Ecco perché l’organo potrebbe, de iure condendo, essere qualificato come figura separata<br />

dalla società anche per il nostro settore, come soggetto, cioè, che, non avendo agito nel rispetto<br />

delle norme di azione, può divenire destinatario di un'autonoma misura punitiva. Misura che<br />

troverebbe il suo titolo, appunto, nell'azione materiale e nella componente volitiva, siccome<br />

contrarie alle regole.<br />

Creare un contrasto tra ente e organo nell’interesse a consumare l’evasione è ilpasso<br />

ulteriore e decisivo per consolidare, fortificandola dalle sue fondamenta, l’efficacia preventiva o<br />

dissuasiva della pena. Efficacia che dovrebbe essere assicurata con pene distinte da quelle previste a<br />

carico della persona giuridica, sebbene ad esse parallele, determinate in considerazione<br />

dell’intensità dell’elemento soggettivo, della gravità del fatto e di altri elementi atti a porre in scala<br />

crescente la reazione punitiva nei confronti del titolare della funzione.<br />

Per dar corpo effettivo al contrasto mi sembrerebbe inadeguato, però, punire l'organo con lo<br />

strumento della sanzione pecuniaria. E ciò perché di essa se ne potrebbe «liberare» in forza di patti<br />

negoziali: l’ente o terzi potrebbero accollarsi l’obbligazione relativa ed estinguere, in questo modo,<br />

il debito «per conto» del titolare della funzione oppure potrebbero fornire a questi la provvista di<br />

denaro per effettuare il pagamento 34<br />

.<br />

Se questo trasferimento fosse possibile, l'efficacia deterrente della pena - ma anche quella<br />

retributiva - sarebbe ampiamente frustrata, come risulterebbe vanificato il contrasto d’interessi che,<br />

invece, dovrebbe ergersi a barriera dissuasiva dei comportamenti illeciti.<br />

È probabile che per conseguire questa finalità si dimostrino più adeguate, allora, misure<br />

limitative delle funzioni dell’organo e, più esattamente, del suo titolare Ho in mente, in specie, la<br />

sanzione dell’interdizione dalla carica di amministratore o da altre cariche private e pubbliche,<br />

l’interdizione dalla partecipazione a gare o dal conseguire licenze, autorizzazioni o simili, così come<br />

la sanzione della sospensione o interdizione dall’esercizio in proprio di un’attività d’impresa o di<br />

lavoro autonomo 35<br />

.<br />

34 Che a un siffatto accordo si possa non assegnare efficacia liberatoria verso l’amministrazione è poca cosa: significa<br />

soltanto che il trasgressore non può opporre il trasferimento convenzionale del debito al creditore, ma non impedisce<br />

alla società o ad un terzo di adempiere ed estinguere il debito, come detto, «per conto» del trasgressore stesso o di<br />

fornire a questi la provvista di denaro per effettuare il pagamento.<br />

35<br />

Rispetto alla persona fisica titolare di reddito d’impresa o di lavoro autonomo, queste sanzioni, già oggi previste<br />

come accessorie dall’art. 21 del d.lgs. n. 472 del 1997, dovrebbero essere applicate obbligatoriamente all’esito<br />

12


Che dire rispetto alla persona giuridica? Guardare al vantaggio economico dell’evasione (o<br />

al diverso interesse soddisfatto dalla violazione) come all’elemento che da solo già permette di<br />

connotare la sua posizione come antigiuridica offre fondamento alla risposta punitiva nei suoi<br />

confronti. La strada, d'altra parte, la indica, proprio in questa direzione, anche l'art. 10 del d.lgs. n.<br />

231 del 2001, sulla responsabilità amministrativa da reato degli enti con o senza personalità<br />

giuridica.<br />

E questa previsione indica pure la tipologia di sanzione riferibile all'ente. Anche nel nostro<br />

settore, invero, mi parrebbe opportuno introdurre una sanzione amministrativa pecuniaria applicata<br />

per quote variabili, tenuto conto, per la determinazione del numero di esse e del loro ammontare,<br />

della gravità del fatto, dell'attività svolta dall'ente per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto<br />

stesso e dell'opera da esso svolta per prevenire la commissione di ulteriori illeciti.<br />

L'adozione dello strumento delle quote (o di altro similare) costituirebbe una novità di<br />

grande rilievo giacché consentirebbe di sganciare, finalmente, la commisurazione della sanzione<br />

dall'entità del tributo o del maggior tributo accertato, il quale verrebbe in considerazione solo per la<br />

valutazione della gravità del fatto e non più come base edittale della sanzione; e contribuirebbe ad<br />

eliminare, in questo modo, la «contaminazione» o la commistione tra pena e misura ripristinatoria,<br />

che da sempre caratterizza le misure «afflittive» proprie al nostro settore 36<br />

.<br />

6. La responsabilità sussidiaria dei soci e il superamento della personalità giuridica. -<br />

Avere riferito all'ente una autonoma responsabilità, costruita su un titolo giuridico separato e<br />

diverso da quello che potrebbe radicare la responsabilità, anch'essa autonoma, del suo organo, non<br />

consente ancora di dare per dimostrata la possibilità di superare lo schermo che la personalità<br />

collettiva eleva a protezione dei singoli. Il vero nervo scoperto del sistema e il vero ostacolo ad un<br />

reale ed efficace contrasto all’illegalità fiscale, invece e come ho posto in risalto fin dall'inizio, è<br />

costituito proprio dalla protezione che la personalità giuridica assicura a chi, nascondendosi dietro a<br />

scatole vuote o rese tali nel tempo o ad anonime catene societarie, magari collocate in paesi non<br />

collaborativi, trasgredisce l’imperativo del concorso alle spese pubbliche 37<br />

.<br />

La complessità del tema consiglia di muoversi per gradi.<br />

Il vantaggio di cui si parla, guardato in chiave economica, coincide col tributo evaso.<br />

Se riportato al rapporto giuridico tributario, invece, è configurabile come credito o maggior<br />

credito d'imposta corrispondente alla ricchezza non dichiarata.<br />

dell’accertamento definitivo della violazione. In questo modo, nessuna disparità di trattamento si verrebbe a creare tra<br />

persona giuridica e suo organo, da una parte, e persona fisica, dall’altra.<br />

36<br />

Questo tipo di sanzione, per motivi che mi paiono evidenti, dovrebbe essere replicata per le violazioni riconducibili<br />

alle persone fisiche e alle società o enti privi di personalità giuridica. Non mi soffermo, neppure di passata, invece,<br />

poiché scopo di questo lavoro non è quello di stendere un articolato normativo, ma quello di avviare un ragionamento<br />

di sistema, sulle sanzioni accessorie, casomai da affiancare alla sanzione principale.<br />

37 Legato a questo tema vi è, in qualche modo, anche quello concernente la distinzione tra sanzione e tributo, che, però,<br />

qui rileva marginalmente. Cfr., sul punto, L. Del Federico, Le sanzioni amministrative nel diritto tributario cit., 147 ss.<br />

13


Dal punto di vista punitivo, però, quel vantaggio può essere qualificato anche in altro modo:<br />

come profitto della violazione, nel significato che l'art. 240 del codice penale, sulla confisca,<br />

riserva, per l'appunto, al profitto 38<br />

.<br />

Quale la conseguenza di questa qualificazione?<br />

La qualificazione del vantaggio societario come profitto della trasgressione, dunque,<br />

consentirebbe di fare di questo elemento un veicolo di puro diritto, un vero e proprio “cavallo di<br />

Troia” costruito col legname della realtà giuridica per espugnare la città, apparentemente<br />

invincibile, della persona giuridica, anch’essa creatura del diritto, ma funzionale, come si è visto, ad<br />

interessi esattamente opposti, poiché di matrice prevalentemente egoistica, a quelli che, col suo<br />

superamento, s’intendono privilegiare e proteggere 39<br />

.<br />

L'obbligazione sussidiaria, tuttavia, si dovrebbe radicare, oltre che sulla veste giuridica di<br />

socio (o su altra comprovata qualificazione relazionale), su una fattispecie complessa, composta, da<br />

un lato, dal titolo costitutivo della responsabilità dell'ente, coincidente col profitto della violazione<br />

in origine ad esso imputato, e, dall’altro, dal possesso individuale della ricchezza sottesa o<br />

40<br />

coincidente con quel profitto, riferibile al socio (anche) sulla base di criteri probatori di normalità .<br />

La sua responsabilità, pertanto, si identificherebbe con una forma di obbligazione civile di<br />

41<br />

garanzia . Obbligazione, però, che, in ragione delle peculiarità della nostra materia e delle sue<br />

38<br />

Sia considerato sufficiente, per questa nozione, il rinvio a P. Nuvolone, Misure di prevenzione e misure di sicurezza,<br />

in Enc. dir., Milano, 1976, 634 ss.; F. Mantovani, Le misure di sicurezza, in Giur. sit. dir. pen., Codice penale, parte<br />

generale, III, diretta di F. Bricola e V. Zagrebelsky, Torino, 1996, 706 ss.; A. Alessandri, Confisca nel diritto penale, in<br />

Digesto, Disc. pen., III, Torino, 2002, 43 ss.<br />

39<br />

Superamento che, nella prospettiva qui sviluppata, non esige il doppio elemento probatorio che in diritto civile,<br />

invece, mi pare ne caratterizzi il procedimento: la prova della “«concreta riconoscibilità di un bisogno di protezione dei<br />

creditori ulteriore rispetto a quello consueto», e la prova dell’esistenza di comportamenti dell'agente «che possono<br />

essere valutati in termini di abuso», ovvero di mancato «rispetto del vincolo di destinazione del patrimonio sociale»<br />

(cfr. C. Angelici, La società per azioni, Principi e problemi, cit., 171 ss.).<br />

40<br />

Per le imposte sui redditi il conseguimento si dovrebbe ritenere avvenuto secondo le regole ordinarie di<br />

individuazione del «possesso» stabilite dal DPR 22 dicembre 1986, n. 917, sebbene, in punto probatorio,<br />

l'impossessamento della ricchezza evasa potrebbe essere dimostrato anche con criteri di «normalità». Per l'imposta sul<br />

valore aggiunto, invece, la questione è diversa, atteso che la ricchezza che i soci possono acquisire non può che<br />

coincidere con l'imposta evasa loro trasferita con fondi «neri». Per un verso, infatti, l'Iva, nella generalità dei casi e<br />

nella fisiologia dei rapporti, non genera né un costo, né un ricavo per il soggetto passivo di diritto; per altro verso, la<br />

materia imponibile corrispondente al coacervo delle operazioni può bensì divenire oggetto di apprendimento da parte<br />

del socio, ma, in questa dimensione, essa può venire in considerazione solo alla stregua di reddito «in nero». Ecco<br />

perché, per descrivere la fattispecie complessa legittimante la responsabilità sussidiaria del singolo, ho parlato, nel<br />

testo, di ricchezza da lui percepita coincidente col profitto dell'evasione riferito all'ente, ossia con l'imposta evasa: l'ho<br />

fatto proprio per dare risalto allo specifico meccanismo che caratterizza l'imposta sul valore aggiunto e per distinguerlo<br />

da quello che connota le imposte sui redditi.<br />

41<br />

Si rovescerebbe, riferendolo al socio, il tradizionale rapporto di dipendenza che storicamente caratterizza la<br />

responsabilità solidale o sussidiaria dell’ente, nei termini già disciplinati dal vecchio art. 12 della legge n. 4 del 1929 e<br />

oggi previsti dall’art. 11 del d.lgs. n. 472 del 1997, ed anche dall’art. 6 della legge n. 689 del 1981, dall'art. 329 del testo<br />

unico delle leggi doganali e, finalmente, dall’art. 197 del codice penale. La configurazione qui suggerita, d’altra parte,<br />

prende spunto proprio dall'art.197, traducendosi in una sua lettura rovesciata. Nei termini di obbligazione civilistica si<br />

esprime senza tentennamenti la Corte costituzionale fin dalla sent. 3 maggio 1966, n. 40, in cortecostituzionale.it. In<br />

14


esigenze operative, si dovrebbe fondare, secondo me, su una fattispecie connotata da un ulteriore<br />

elemento distintivo, così da limitare, proprio per soddisfare quelle esigenze, la platea dei soggetti<br />

responsabili in seconda battuta, elemento individuabile nell'acquisizione della ricchezza evasa.<br />

Questa ricchezza - che potrebbe coincidere, puramente e semplicemente, con la minore imposta<br />

assolta dall'ente, come si può dire per l’I.V.A., oppure col presupposto materiale del tributo evaso,<br />

ossia col reddito, come si può dire per le imposte corrispondenti - entrerebbe, trascinata dal titolo<br />

fondante la responsabilità originaria dell’ente, tra gli elementi costitutivi della fattispecie sottesa<br />

all'obbligazione sussidiaria, la cui imputazione soggettiva potrebbe avvenire sulla base di un criterio<br />

probatorio ispirato a criteri di normalità e ragionevolezza (sulla base del criterio, insomma, dell’id<br />

quod plerumque accidit).<br />

Che dire, però, quando la persona giuridica è estinta? L’ipotesi richiede un chiarimento,<br />

poiché, mentre nel caso di società insolvibile, come si è appena visto, l'obbligazione del singolo<br />

può essere annoverata tra quelle civili di garanzia, l’estinzione dell’ente sembra cambiare<br />

radicalmente lo scenario di riferimento. E infatti, se l’ente si dovesse estinguere ad irrogazione della<br />

sanzione già avvenuta, la responsabilità del socio potrebbe essere messa in discussione in forza del<br />

principio dell’intrasmissibilità della pena agli eredi; se l’estinzione dovesse avvenire prima<br />

dell’irrogazione, invece, si potrebbe argomentare che la responsabilità sanzionatoria della persona<br />

giuridica neppure può sorgere e, dunque, neanche può nascere quella del socio.<br />

Questo modo di ragionare, pur suggestivo, non è corretto. In primo luogo, se la<br />

responsabilità del socio è ricostruita sulla falsariga dell'obbligazione di garanzia, la morte (rectius:<br />

l’estinzione) del debitore principale non estingue l'obbligazione del garante: l’obbligazione per<br />

garanzia, in diritto civile, vive fino a quando vive l’obbligazione alla quale accede,<br />

indipendentemente dalle vicende che possono interessare il soggetto cui questa si riferisce 42<br />

.<br />

Proprio questa, del resto, è la logica che anima, seppure in prospettiva rovesciata, l’ultimo<br />

comma dell’art. 11 del d.lgs. n. 472 del 1997: se la persona fisica autrice della violazione muore<br />

dopo l’irrogazione della sanzione, l’ente rimane obbligato al suo pagamento. Il che dimostra come<br />

anche questa norma abbia accolto e consacrato, appunto, la regola civilistica sulle obbligazioni di<br />

43<br />

garanzia .<br />

In secondo luogo, l’estinzione della persona giuridica, quand'anche avvenuta prima<br />

dell’irrogazione della sanzione, non travolge il titolo sul quale si fonderebbe la sua responsabilità.<br />

La centralità di questo profilo suggerisce una meditazione accurata. Nell’ipotesi di studio qui<br />

formulata, la pena ricade sull’ente alla stregua di beneficiario iniziale degli effetti della violazione.<br />

E’ il vantaggio collegato all’evasione, come si è detto, a divenire oggetto costitutivo del titolo<br />

dottrina, v. G. De Simone, Persone giuridiche e responsabilità da reato, cit., 248 ss., al quale rinvio anche per<br />

l’individuazione di ipotesi di responsabilità dell’ente ulteriori a quelle qui richiamate.<br />

42<br />

Cfr. A. Giusti, La fideiussione e il mandato di credito, in Trattato dir. civ. e comm., fondato da Cicu e Messineo,<br />

XVIII, t. 3, Milano, 1998, 251 ss.<br />

43<br />

Sulla responsabilità dell'ente, nelle diverse ipotesi previste dall'art. 11 della legge sui princìpi, come obbligazione di<br />

natura civilistica, cfr. A. Giovannini, Principio di specialità, illecito tributario e responsabilità dell’ente, già cit., 859<br />

ss.<br />

15


giuridico dell’obbligazione sanzionatoria e la persona giuridica, in questo contesto, rappresenta uno<br />

schermo semplificatorio dei rapporti, un centro di sintesi della responsabilità.<br />

Se in questo quadro s’inserisce l’estinzione, ritengo che alla scomparsa della figura di<br />

riferimento delle conseguenze giuridiche non si accompagni anche «l’annullamento» del titolo che<br />

ne giustificherebbe quella imputazione. Quel titolo, infatti, coincidendo col vantaggio della<br />

violazione, ovvero col suo profitto, preesiste all'estinzione e pertanto ad essa sopravvive.<br />

Questo meccanismo, per la verità, è già contemplato nell'ordinamento, in particolare e di<br />

nuovo, nell’ultimo comma dell’art. 11 del d.lgs. n. 472, ma anche nell’art. 31 del d.lgs. n. 231 del<br />

2001. Si tratta di previsioni finora analizzate – spero di non cadere in errore – da prospettive diverse<br />

da quelle del titolo giuridico, ma che, a mio parere, trovano in questo la loro matrice comune. Se<br />

l’ultimo comma dell’art. 11 della legge sulle sanzioni tributarie addossa all’ente la responsabilità al<br />

pagamento anche quando l’autore della violazione sia morto prima dell’irrogazione della sanzione 44 ,<br />

l’art. 31 della legge sulla responsabilità amministrativa da reato consente al giudice di applicare la<br />

sanzione agli enti risultanti dalla fusione o dalla scissione anche se l’estinzione di quello fuso o di<br />

quello scisso sia avvenuta prima della conclusione del giudizio 45<br />

.<br />

Ebbene, se il ragionamento è corretto, l'estinzione dell'ente non rappresenterebbe ostacolo<br />

all'imputazione al socio dell'obbligazione «sussidiaria» secondo lo schema della fattispecie<br />

complessa della quale si è già detto. Gli elementi costitutivi di questa fattispecie, infatti, si possono<br />

costruire in termini identici vuoi che l'ente sia insolvibile, vuoi che esso sia estinto, poiché alla sua<br />

«morte» non si accompagna mai la «morte» del titolo costitutivo della responsabilità.<br />

7. Societas et socii delinquere possunt. Conclusioni. - A chiusura di questo intervento, provo a<br />

raccogliere le idee fin qui espresse e a formulare sinteticamente una conclusione teorica generale,<br />

rinviando per ulteriori e piumapprofonditemriflessione ad un prossimo scritto.<br />

Mi pare di poter osservare che il ripudio dell’antropomorfismo gierkiano, che in Kelsen trovò il<br />

massimo esponente, potrebbe, qui e nei modi che ho cercato di esporre, riprendere parzialmente<br />

fiato.<br />

Certo, non potrebbe ritrovare forma, se non in termini vagamente avvicinabili, il<br />

meccanismo di «ribaltamento» della sanzione sui singoli per secoli incorporato nella regola<br />

universitas delinquere potest, ma di certo potrebbero trovare spazio la responsabilità propria della<br />

società (societas delinquere potest) e, col superamento della sua personalità, la responsabilità,<br />

seppur sussidiaria, di chi, in carne ed ossa, ha violato il patto di solidarietà iscritto nell’art. 2 e<br />

nell’art. 53 della Costituzione, nascondendosi, per trarne profitto, dietro scatole vuote ammantate di<br />

personalità.<br />

44 Questa norma, in effetti, è, una «voce fuori dal coro» rispetto all’impianto complessivo disegnato dal d.lgs. n. 472,<br />

sebbene risponda ad una chiara esigenza di tutela dell’ordinamento: evitare che la violazione venga fatta commettere da<br />

chi è prossimo alla morte.<br />

45 Non mi sfugge, certo, che in quest’ultima ipotesi all’ente originario si sostituiscono nuove figure collettive, ma non si<br />

può negare che queste subentrano, comunque, a un soggetto estinto, al quale, al momento della sua «morte», non è<br />

ancora stata irrogata la pena.<br />

16


Scimmiottando le ben più feconde intuizioni di Galgano 46<br />

, credo, allora, che il succo del<br />

ragionamento si possa riassumere in questi semplici e definitivi termini: dal mito della persona<br />

giuridica alla realtà degli individui, dal mito societas delinquere non potest alla regola societas et<br />

socii delinquere possunt. Una sorta di viaggio di ritorno, insomma, su un percorso aggiornato e<br />

rivisto, con nuovi bisogni della realtà sociale ed economica da soddisfare, con ulteriori e diversi<br />

scenari offerti dagli istituti del moderno diritto positivo anche di rango costituzionale e di matrice<br />

comunitaria, ma pur sempre l'avvio di un lento e senz'altro faticoso cammino che dall'antico vuol<br />

riprendere e rivitalizzare l'individualità delle persone fisiche che, alla fin fine, gratta gratta, tutto<br />

ideano, realizzano e nascondono.<br />

46 F. Galgano, Le insidie del linguaggio giuridico, cit., 38.<br />

17<br />

Alessandro Giovannini<br />

Ordinario di diritto tributario nell’<strong>Università</strong> degli studi di Siena

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