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1. L'eredità kantiana Arthur Schopenhauer condivideva ... - Appunti

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opera secondo il principium rationis sufficientis cognoscendi 5 . La terza classe è costituita dalle<br />

intuizioni pure di spazio e tempo, che sono regolate dalle leggi dello spazio e della successione e<br />

che sono le condizioni per l’esistenza delle figure geometriche e degli oggetti matematici<br />

(principium rationis sufficientis essendi) 6 . Infine la quarta classe è costituita da un solo oggetto, il<br />

soggetto del volere, che diviene oggetto in quanto le diverse volizioni sono collegate ai motivi<br />

(principium rationis sufficientis agendi) 7 .<br />

Le riflessioni sulla gnoseologia <strong>kantiana</strong> poterono venire ulteriormente sviluppate nell’inverno<br />

1813-14, quando <strong>Schopenhauer</strong>, trasferitosi a Weimar, conobbe Goethe e fu da questi invitato a<br />

continuare con lui le ricerche sulla teoria dei colori. Ci furono molti incontri fra il giovane<br />

<strong>Schopenhauer</strong> e Goethe, allora all’apice della fama, e - secondo quanto ci informa lo stesso<br />

<strong>Schopenhauer</strong> - i loro discorsi non si limitarono alla teoria dei colori. <strong>Schopenhauer</strong> deve aver<br />

parlato a Goethe della direzione in cui si stava muovendo la sua riflessione filosofica, di quel<br />

sistema che, come si legge in un appunto scritto a Berlino un anno prima, gli “stava crescendo fra le<br />

mani” quasi senza che lo volesse 8 . È probabile che <strong>Schopenhauer</strong> abbia ricavato dai contatti con<br />

Goethe lo stimolo a continuare ad occuparsi delle scienze naturali, coltivate con tanta passione dal<br />

poeta. La stessa concezione della metafisica che <strong>Schopenhauer</strong> svilupperà nel Mondo come volontà<br />

e rappresentazione riprende alcuni temi caratteristici del Goethe scienziato. Anche <strong>Schopenhauer</strong>,<br />

come Goethe, cercherà di ritrovare l’elemento originario comune ai vari esseri viventi, l’unità nella<br />

molteplicità dei fenomeni della natura. Non a caso <strong>Schopenhauer</strong> indicherà in Goethe il nume<br />

tutelare del nuovo sistema., ponendo una frase del poeta come esergo del suo capolavoro.<br />

Per quanto riguarda il tema più specifico della teoria dei colori. la collaborazione con Goethe si<br />

concluse invece con una frattura pressoché insanabile. Nel 1815 <strong>Schopenhauer</strong> decideva di prendere<br />

pubblicamente posizione a favore di Goethe in un saggio, La vista e i colori, il cui manoscritto si<br />

premurava di inviare subito a Goethe, sperando di riceverne il plauso e insieme una pubblica<br />

approvazione. <strong>Schopenhauer</strong> presentava il suo lavoro come il necessario complemento teorico agli<br />

studi di Goethe, considerati un insieme di osservazioni acutissime ma non ancora una vera e propria<br />

teoria. Egli individuava nella funzione intellettiva e nella specifica struttura dell’occhio gli elementi<br />

decisivi per spiegare la visione in generale e la percezione dei colori in particolare, delineando una<br />

prospettiva in senso lato <strong>kantiana</strong>, che si muoveva nella direzione che di lì a pochi anni sarebbe<br />

stata seguita da Johannes Müller 9 . Goethe, poco propenso a far suo il fenomenismo kantiano e<br />

ovviamente ancor meno propenso a condividere una valutazione così riduttiva della sua opera, di<br />

fatto interruppe la sua collaborazione con <strong>Schopenhauer</strong> che, deluso, nel 1816 pubblicò<br />

autonomamente il saggio.<br />

Intanto già dalla primavera del 1814 <strong>Schopenhauer</strong> aveva lasciato Weimar per ritirarsi in solitudine<br />

a Dresda, attratto dalla ben fornita biblioteca e soprattutto dalle ricchissime raccolte d’arte, che<br />

frequenterà assiduamente. Egli intendeva dar forma definitiva al sistema, la cui dottrina centrale -<br />

l’idea che l’essenza del mondo e dell’uomo sia costituita da una volontà irrazionale e insaziabile e<br />

che essa sia causa di sofferenza fino a che non venga negata - era già stata delineata negli appunti e<br />

nelle annotazioni degli anni precedenti 10 . Da Weimar <strong>Schopenhauer</strong> recava con sé l’indicazione di<br />

un nuovo e interessante ambito di studio: il pensiero indiano. L’orientalista Friedrich Majer gli<br />

aveva infatti fatto conoscere le Upanisad in una traduzione latina che lasciava invero parecchio a<br />

desiderare. Queste letture confermarono <strong>Schopenhauer</strong> nella giustezza delle tesi che stava<br />

elaborando e gli dischiusero un mondo che non avrebbe più abbandonato. Da allora in poi<br />

<strong>Schopenhauer</strong> infatti si tenne sempre aggiornato sugli studi di indologia che venivano via via<br />

pubblicati, citandoli e recensendoli nelle sue opere. <strong>Schopenhauer</strong> comunque non guardò mai al<br />

mondo orientale come a qualcosa di radicalmente alternativo all’Occidente: ne apprezzò molti<br />

aspetti (sostanzialmente quelli in cui esso concordava con il suo pensiero), ma non mancò di

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