DETERMINAZIONE DI MICROINQUINANTI ... - ARPA Sicilia
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PROGETTO FORMATIVO E <strong>DI</strong> ORIENTAMENTO<br />
R E L A Z I O N E D E L T I R O C I N I O<br />
SVOLTO PRESSO L’ENTE <strong>ARPA</strong> SICILIA<br />
<strong>DETERMINAZIONE</strong> <strong>DI</strong> <strong>MICROINQUINANTI</strong><br />
ORGANICI IN MATRICI AMBIENTALI<br />
Messina data _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _<br />
T I R O C I N A N T E : A s j a P e t t i g n a n o f i r m a _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _<br />
T U T O R A Z I E N D A L E : P a o l a C a t a l f a m o f i r m a _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _<br />
TUTOR UNIVERSITARIO: S i g l i n d a P e r a t h o n e r f i r m a _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
1. INTRODUZIONE<br />
Lo scopo di questa relazione è quello di descrivere e documentare l’attività di tirocinio,<br />
finalizzata al conseguimento della laurea di primo livello in Chimica Industriale, svolta<br />
presso l’ente <strong>ARPA</strong> (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente) <strong>Sicilia</strong>.<br />
L’attività è stata condotta nel periodo di Settembre - Ottobre 2010, presso la sede di<br />
Messina, sotto la supervisione della Dr.ssa Paola Catalfamo (tutor aziendale) e della<br />
Prof.ssa Siglinda Perathoner (Tutor universitario).<br />
Questo stage aveva come scopo quello di acquisire competenze, teoriche e pratiche,<br />
nel campo della determinazione di inquinanti organici in matrici ambientali. La scelta<br />
di approfondire le metodologie analitiche utilizzate nel campo del monitoraggio<br />
ambientale, è stata dettata dalla forte attualità che il tema riveste, sia a livello<br />
nazionale che internazionale.<br />
Il processo di formazione della legislazione italiana, in materia di tutela dell’ambiente,<br />
ha avuto inizio intorno alla metà del secolo scorso. In un primo momento, è stato<br />
preso in considerazione l’aspetto sanitario ed ecologico, concentrandosi soprattutto<br />
sull’inquinamento atmosferico e delle risorse idriche: con la legge n. 615/66<br />
(provvedimenti contro l’inquinamento atmosferico) si cercò, infatti, di regolamentare<br />
l’emissione in atmosfera di inquinanti da impianti industriali e da mezzi di trasporto<br />
mentre, nella 319/76 (alias Legge Merli), troviamo un primo tentativo di regolare gli<br />
scarichi di impianti, industriali e civili, e razionalizzare l’uso delle risorse idriche. Per il<br />
suolo, invece, un’importante regolamentazione giunge nel 1989 con la legge 183,<br />
"Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo".<br />
Attraverso la legge 349/86 viene istituito il Ministero dell’Ambiente, con l’intento di<br />
concentrare tutte le attività ambientali, prima frammentate tra i vari ministeri<br />
(agricoltura, marina mercantile, trasporti, industria, sanità, beni culturali, interni<br />
ecc.), in un unico organismo.<br />
Dagli anni ’90 ad ora, la produzione normativa ambientale si è fatta più corposa<br />
L’evoluzione mette in evidenza un graduale passaggio da azioni ambientali di tipo<br />
correttivo a logiche di tipo preventivo che prevengano gli effetti negativi dell’uomo<br />
sull’ambiente e promuovano attività che migliorino la qualità dell’ambiente.<br />
Nel rispetto di questa ideologia, l’<strong>ARPA</strong> si occupa, a livello regionale, del controllo e del<br />
monitoraggio della qualità dell’ambiente nella totalità delle sue matrici, in modo da<br />
acquisire, elaborare e quindi restituire all’esterno informazioni di interesse pubblico o<br />
privato.<br />
Le misure ricavate vengono utilizzate per valutare l’entità di eventuali inquinanti<br />
mediante una comparazione con degli appropriati valori di riferimento, estrapolati da<br />
studi specifici ed accurati.
Nella mia attività lavorativa, ho avuto l’opportunità di sviluppare una preparazione,<br />
pratica e teorica, nell’ambito della determinazione di inquinanti organici, seguendo<br />
tutte le fasi di campionamento, analisi ed elaborazione dati.<br />
L’eterogeneità delle matrici analizzate, provenienti da siti pubblici o privati, mi ha<br />
permesso di seguire e apprendere varie metodologie di analisi, utilizzando strumenti e<br />
procedure di lavoro appropriati, nel rispetto della normativa vigente.<br />
2. DESCRIZIONE GENERALE DEL LAVORO SVOLTO<br />
2.1. Tipo di inquinanti rilevati<br />
Col termine “inquinante”, ci riferiamo ad una sostanza che, come afferma l’Agenzia<br />
Europea per l’Ambiente, “immessa direttamente o indirettamente nell’ambiente, può<br />
avere effetti nocivi sulla salute umana o sull’ambiente nel suo complesso”.<br />
Le principali forme di inquinamento sono:<br />
• Inquinamento atmosferico<br />
• Inquinamento idrico<br />
• Inquinamento del suolo<br />
Per ogni matrice, la qualificazione e quantificazione di inquinanti specifici, è un<br />
parametro fondamentale per la definizione della sua “qualità”, ovvero della sua<br />
capacità di svolgere una determinata funzione.<br />
Gli standard di qualità ambientale sono dei limiti di concentrazione, il che vuol dire che<br />
la quantità delle sostanze interessate non deve superare determinate soglie. Sono<br />
previsti due tipi di standard:<br />
• il valore o la concentrazione media della sostanza interessata calcolata in un<br />
determinato arco di tempo. Tale standard mira a garantire la qualità a lungo<br />
termine dell'ambiente;<br />
• la concentrazione massima ammissibile della sostanza, misurata in maniera<br />
puntuale. Questo secondo standard mira a limitare i picchi di inquinamento di<br />
breve termine.<br />
Nella mia esperienza, in perfetta coerenza con l’argomento prefissato, ho avuto la<br />
possibilità di concentrare la mia attenzione sulla rilevazione di inquinanti organici,<br />
quali:
• Idrocarburi Pesanti<br />
Con il termine “idrocarburi” si intende la classe di composti caratterizzati da una<br />
struttura, più o meno complessa, costituita da atomi di carbonio e di idrogeno.<br />
Nel nostro caso ci riferiamo, principalmente, a quegli idrocarburi con numero di atomi<br />
di carbonio maggiori di 12, includendo idrocarburi alifatici, aliciclici e aromatici<br />
(alchilsostituiti o meno).<br />
Data la numerosità di queste sostanze, è ovvio aspettarsi che abbiano proprietà<br />
diverse. Una descrizione sommaria di alcune caratteristiche può essere fatta<br />
suddividendoli in base al numero equivalente di atomi di carbonio (Cn) e<br />
sull’appartenenza alle due famiglie, alifatici e aromatici.<br />
L’origine naturale è legata a processi di trasformazione di sostanza organica<br />
soprattutto in condizioni anaerobiche. Spesso, a causa di naturali eventi geologici,<br />
possono migrare dai loro giacimenti alla superficie, dove sono utilizzati dai<br />
microrganismi che nel tempo hanno evoluto le vie metaboliche che ne permettono la<br />
degradazione.<br />
Tuttavia, le enormi quantità di idrocarburi introdotte nell’ecosistema dall’attività<br />
umana eccedono la capacità autodepurativa dell’ambiente e la contaminazione da<br />
idrocarburi è sempre più spesso causa di disastri ambientali. Sono quindi le enormi<br />
quantità di contaminanti petroliferi, che ogni giorno sono rilasciate nell’ambiente, a<br />
causare l’inquinamento da idrocarburi.<br />
Gli idrocarburi del petrolio sono diffusi nel nostro ambiente sia come greggio che come<br />
derivati dei processi di raffinazione (carburanti e prodotti chimici). Il rilascio<br />
incontrollato degli idrocarburi ha effetti negativi sui nostri suoli e sulle risorse idriche.<br />
La contaminazione può derivare dalla fuoriuscita di serbatoi sotterranei di stoccaggio,<br />
dalle raffinerie petrolifere e dall’immagazzinamento effettuato in modo non corretto,<br />
dagli oleodotti rotti, da fuoriuscite di impianti chimici, stazioni di rifornimento e dai<br />
processi di trasporto.<br />
• Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA)<br />
Gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) sono dei contaminanti organici presenti<br />
diffusamente nell’ambiente che si formano per combustione incompleta di materiali<br />
organici, in particolare il legno ed i combustibili fossili, come il carbone e il petrolio. Le<br />
molecole degli IPA sono costituite da tre o più anelli benzenici. Alcune di queste<br />
molecole sono costituite solo da idrogeno e carbonio, altre contengono anche atomi di<br />
altra natura come l’azoto e lo zolfo. Appartengono alla famiglia degli IPA alcune<br />
centinaia di composti molto eterogenei tra loro. Il componente più studiato è il<br />
benzo(a)pirene (BaP), un composto a cinque anelli, diffuso nell’ambiente a<br />
concentrazioni significative e dotato della più elevata tossicità, tanto da venire<br />
utilizzato per rappresentare l’inquinamento ambientale dell’intero gruppo degli IPA.
Figura 1<br />
L’inquinamento atmosferico da IPA è legato al traffico veicolare, al riscaldamento<br />
domestico, alle centrali termoelettriche e alle emissioni industriali, in particolare<br />
nell’industria petrolchimica e agli inceneritori. Sono contenuti nella fuliggine, nel<br />
catrame e nella pece. In numerose attività lavorative esiste un’importante<br />
esposizione, come nell’industria metallurgica (ferro e acciaio, ma anche alluminio),<br />
nella produzione e messa in opera degli asfalti, nella produzione di carbone e di gas e<br />
in altre ancora. Sorgenti naturali sono i vulcani e gli incendi boschivi.<br />
La contaminazione da parte degli IPA può essere rilevante anche su campioni di suoli<br />
o acque, in ambiente urbano, in prossimità delle industrie, ma anche in ambienti<br />
rurali.<br />
• Composti Organici Volatili (VOC)<br />
Sono ritenuti volatili tutti i composti organici che alla temperatura di 20°C (293,15 K)<br />
abbiano una pressione di vapore uguale o superiore a 0.01 kPa. Sono VOC anche i<br />
composti che alla temperatura di utilizzo abbiano una volatilità corrispondente alla<br />
definizione di cui sopra. Comprendono un gran numero di sostanze eterogenee come<br />
idrocarburi alifatici (dal n-esano, al nesadecano e i metilesani), i terpeni, gli<br />
idrocarburi aromatici, (benzene e derivati, toluene, o-xilene, stirene), gli idrocarburi<br />
clorinati (cloroformio, diclorometano, clorobenzeni), gli alcoli (etanolo, propanolo,<br />
butanolo e derivati), gli esteri, i chetoni, e le aldeidi (formaldeide). Questi, possono<br />
essere determinati come miscela totale a causa delle ridotte concentrazioni delle<br />
singole innumerevoli specie presenti.<br />
Su scala globale, le emissioni naturali ed antropogeniche dei VOC sono dello stesso<br />
ordine di grandezza. Questo è giustificabile con l’elevato numero di processi di<br />
decomposizione biologica (putrefazione, fermentazione, …) della materia organica<br />
dalle biomasse, quantità più modeste sono invece attribuibili ad attività geotermiche,<br />
dai giacimenti fossili, di gas naturale, e di petrolio e nei processi di combustione.<br />
Per quanto riguarda l’introduzione di composti organici da parte dell’uomo si può<br />
affermare che la fonte maggiore è sicuramente quella dovuta al traffico auto veicolare.
Altre importantissime fonti di emissione dei VOC sono gli impianti industriali ed<br />
artigianali che producono o impiegano vernici, lacche, colle o detergenti, trattano<br />
superfici utilizzando solventi organici, sgrassano, producono esplosivi e gomme<br />
sintetiche.<br />
3. FASE APPLICATIVA<br />
3.1. Campionamento<br />
Il campionamento può definirsi come l’operazione di prelievo della parte di una<br />
sostanza di dimensione tale che la proprietà misurata nel campione rappresenti, entro<br />
un limite accettabile noto, la stessa proprietà nella massa di origine<br />
Le fasi che riguardano il campionamento sono:<br />
• Pianificazione<br />
• Campionamento<br />
• Conservazione del campione<br />
• Trasporto<br />
• Immagazzinamento<br />
3.1.1. Suolo<br />
Con il termine suolo si definisce lo strato superiore della crosta terrestre formato da<br />
particelle minerali, materia organica, acqua, aria e organismi viventi.<br />
L'indagine ambientale sul suolo e sottosuolo è mirata alla conoscenza diretta del loro<br />
stato qualitativo tramite l'analisi chimica di campioni appositamente raccolti. Il<br />
raggiungimento di tale scopo avviene attraverso una serie di passaggi che possono<br />
essere riassunti, in estrema sintesi, come segue:<br />
• acquisizione della migliore conoscenza possibile del sito indagato tramite la<br />
raccolta di tutte le informazioni disponibili sulle attività presenti e passate in<br />
esso svolte, sul tipo e quantità delle sostanze chimiche che tali attività hanno<br />
coinvolto e di tutti gli studi riguardanti la geologia e l'idrogeologia dell'area<br />
indagata<br />
• sintesi dei dati raccolti per la migliore comprensione del possibile stato di<br />
contaminazione e per la pianificazione della attività di verifica in campo<br />
• studio dei risultati ottenuti e conseguenti decisioni.<br />
Qualora tali informazioni non siano disponibili o sufficienti a pianificare un<br />
campionamento specifico per un determinato sito, si usa distribuire i punti di<br />
campionamento in modo tale da coprire tutta l'area di studio, focalizzando in un
secondo momento l'attenzione laddove i risultati evidenziano la presenza di aree<br />
contaminate. La distribuzione preliminare dei punti può avvenire seguendo diversi<br />
criteri:<br />
• sistematico o a griglia, in cui i punti ricadono sui vertici o all'interno delle celle<br />
di un reticolo immaginario a maglia quadrata o triangolare, risultando quindi<br />
equi spaziati<br />
• casuale, in cui i punti sono disposti liberamente nell'area da investigare<br />
• sistematico-casuale, in cui all'interno di una maglia quadrata o triangolare le<br />
singole celle contengono ciascuna un punto ma in posizione variabile da cella a<br />
cella<br />
• stratificato, in cui i punti vengono distribuiti casualmente all'interno di sub-aree<br />
individuate col criterio della maggiore omogeneità rispetto ad un parametro<br />
prescelto (ad esempio, stessa litologia o stesso grado di umidità o stessa<br />
profondità o stessa sorgente inquinante, ecc.).<br />
Il prelievo di più campioni lungo la stessa verticale consente di definire verticalmente<br />
l'estensione della contaminazione e di verificare quanto questa si sia avvicinata ad una<br />
eventuale falda acquifera superficiale. Va infatti tenuto conto della profondità a cui<br />
l'acqua è eventualmente presente nel sottosuolo. A questo riguardo, si usa<br />
comunemente suddividere concettualmente il sottosuolo in zone sovrapposte:<br />
• suolo superficiale (top soil)<br />
• zona insatura<br />
• frangia capillare<br />
• zona satura<br />
I nostri metodi di scavo possono essere di tipo manuale o meccanizzato.<br />
Generalmente, per strati superficiali si ricorre a scavi manuali con spatole, palette<br />
metalliche o con il possibile ausilio di una trivella o carotatore manuale. Quando si ha<br />
la necessità di prelevare campioni in profondità, invece, si ricorre alla perforazione con<br />
strumenti a rotazione (una metodologia importante è il carotaggio continuo) o a<br />
percussione (come nel metodo direct push).<br />
La scelta del metodo dipenderà dalle caratteristiche idro-geologiche del sito, dalla<br />
natura dei campioni, dal costo e dalla disponibilità delle attrezzature necessarie. Le<br />
tecniche devono, comunque, garantire che non vi siano contaminazioni dei campioni<br />
durante l’estrazione e che il campione estratto sia sufficientemente rappresentativo.
Figura 2 Figura 3<br />
Da quanto detto, appare chiaro che l'efficacia di un campionamento dipende<br />
strettamente dalla quantità di campioni prelevati: maggiore il numero dei campioni,<br />
maggiore la sua rappresentatività.<br />
I campioni di terreno possono essere puntuali o compositi:<br />
• i campioni puntuali provengono da singoli prelievi, ogni aliquota di terreno,<br />
cioè, rappresenta un campione<br />
• i campioni compositi sono costituiti da due o più aliquote di terreno provenienti<br />
da punti diversi che vengono miscelate a formare un unico campione.<br />
Affinché un campione, specialmente se composito, non presenti esso stesso una<br />
distribuzione non uniforme delle sue caratteristiche è necessario omogeneizzarlo.<br />
L'omogeneizzazione si realizza tramite rimescolamento, avendo cura di evitare che il<br />
campione entri in contatto con materiali contaminati.<br />
L'omogeneizzazione si rende indispensabile quando da un determinato quantitativo di<br />
terreno si devono ricavare più campioni (duplicati di controllo, campioni per analisi in<br />
contraddittorio, campioni di riserva).<br />
3.1.2 Acque superficiali<br />
Le acque superficiali scorrono in superficie e comprendono: fiumi, laghi, stagni, paludi<br />
e le acque dilavanti o non regimentate che scorrono disordinatamente.<br />
Il campionamento delle acque superficiali ai fini ambientali può riguardare:<br />
• la caratterizzazione della qualità del corpo idrico. I prelievi e le analisi sono<br />
protratte anche per un lungo periodo di tempo (minimo 1 anno) e interessano<br />
l'intero corpo idrico. L'obiettivo è di ottenere un quadro complessivo dello stato<br />
qualitativo dell'acqua e delle variazioni stagionali cui è soggetto<br />
• il monitoraggio dello stato qualitativo. Il campionamento, protratto nel tempo
con cadenza da valutare nel singolo caso, interessa uno o più punti specifici<br />
del corpo idrico, specie in corrispondenza delle prese di utilizzo delle acque<br />
• problemi specifici; tra questi citiamo: valutazione dei carichi inquinanti anche in<br />
funzione delle variazioni stagionali di portata, valutazione dell'efficacia di lungo<br />
periodo degli interventi di risanamento effettuati, verifica del comportamento<br />
dei corpi idrici e più in generale del bacino in possibili situazioni anomale di<br />
contaminazione.<br />
Per il prelievo di campioni di acqua di superficie è sufficiente immergere il<br />
contenitore appena al di sotto della superficie dell'acqua.<br />
A seconda delle condizioni in cui si effettua il prelievo, si può ricorrere all'ausilio di<br />
un "braccio" di adeguata lunghezza o di corde, o la bottiglia per il campionamento<br />
può essere direttamente immersa nel corpo idrico. Prima di effettuare<br />
campionamento è buona norma "avvinare", cioè sciacquare 2-3 volte con l'acqua da<br />
analizzare il contenitore con cui si opera il prelievo.<br />
Per il prelievo di campioni d’acqua in profondità i dispositivi di prelievo (es.<br />
bottiglia di Dussart) vengono immersi fino alla quota desiderata, quindi è fatto<br />
scattare il meccanismo di apertura con conseguente riempimento del contenitore.<br />
In alternativa possono essere utilizzati dei tubi aperti con due sistemi di chiusura<br />
a tenuta azionati dalla superficie attraverso un peso che attiva le molle di<br />
chiusura.<br />
In alternativa, è possibile prelevare il campione attraverso pompe sommerse,<br />
pompe ad aspirazione o pompe peristaltiche.<br />
3.1.3 Acque sotterranee<br />
Le acque sotterranee sono le acque che si trovano al di sotto della superficie del<br />
terreno, nella zona di saturazione e in diretto contatto con il suolo e il sottosuolo. Il<br />
suolo, in presenza di una falda acquifera, può essere suddiviso in tre zone:<br />
• la zona insatura (o zona di aerazione)<br />
• frangia capillare<br />
• la zona satura<br />
La zona insatura si trova immediatamente sotto la superficie, in essa gli spazi vuoti<br />
nel terreno non sono completamente pieni d’acqua e questa appare come umidità.<br />
Nella zona satura abbiamo la vera e propria falda acquifera, in cui tutti i pori sono<br />
saturi d’acqua e la pressione dell’acqua supera la pressione atmosferica.<br />
In una prima fase, è necessario operare uno studio idrogeologico della zona in<br />
questione, indispensabile alla comprensione degli eventuali flussi associati alla falda.<br />
Questo ci darà un’indicazione preliminare sulla tipologia e l’ubicazione dei prelievi da<br />
effettuare.
Uno strumento importantissimo per il monitoraggio delle falde acquifere, sono i<br />
piezometri.<br />
Un piezometro è costituito da un tubo, fessurato circolarmente lungo la superficie a<br />
contatto con la falda da monitorare, che viene inserito e cementato in un foro di<br />
diametro adeguato, praticato nel suolo. L’acqua della falda attraversa la parte<br />
fessurata e riempie il tubo, tenendo, in tal modo, la massa liquida separata dal<br />
terreno, permettendo di misurare la profondità della falda, misurare alcuni parametri<br />
chimico-fisici dell'acqua di falda, di prelevare campioni di tale acqua, di immettere in<br />
falda sostanze traccianti o reagenti.<br />
Questi, possono essere temporanei o permanenti a seconda che il monitoraggio sia<br />
periodico o occasionale.<br />
Figura 4<br />
Obiettivo del campionamento è quello di rendere disponibile per le analisi chimiche<br />
un'aliquota dell'acqua appartenente all'acquifero di cui si vuole conoscere lo stato<br />
chimico-fisico in un dato momento. Tale aliquota deve, ovviamente, essere<br />
rappresentativa del sistema acquifero di provenienza o, almeno, di una sua porzione<br />
prossima al punto di prelievo.<br />
Per evitare che il piezometro ci dia un campione non rappresentativo, ogni operazione<br />
di campionamento deve essere preceduta da un corretto spurgo. L'operazione viene<br />
di regola svolta con pompe a bassa portata (qualche litro al minuto) che permettano<br />
di rimuovere l'acqua dal piezometro senza smuovere particelle di terreno, che finendo<br />
nel campione lo renderebbero torbido. Al termine dello spurgo può avere inizio il<br />
campionamento , che sarà anch'esso del tipo a basso flusso.<br />
I sistemi di campionamento e di spurgo possono essere classificati in:<br />
• Campionatori puntuali (grab samplers), costituiti da un recipiente cilindrico che<br />
viene calato nel piezometro, consentendo l'ingresso dell'acqua dal basso in fase<br />
di immersione e garantendo la tenuta durante la fase di risalita.
• Pompe a pressione positiva (positive displacement pumps), quei sistemi di<br />
pompaggio sommersi che agiscono con una pressione positiva sulla tubazione di<br />
mandata e quindi sul fluido.<br />
• Pompe aspiranti (suction lift pumps), identificano i sistemi di pompaggio esterni<br />
al punto di campionamento, che agiscono con una pressione negativa sulla<br />
tubazione di aspirazione. Il limite di questi sistemi deriva dalla limitata capacità<br />
di sollevamento (
caratteristico (assorbimento IR, fluorescenza UV, chemiluminescenza, assorbimento<br />
UV…).<br />
Un analizzatore è tipicamente costituito da un sistema di aspirazione dell’aria (una<br />
pompa) che ne preleva una parte immettendola in una piccola camera, detta “cella di<br />
misura” e che contiene i dispositivi per la misura.<br />
Il monitoraggio del PM10, degli IPA e dei metalli viene, invece, effettuato tramite<br />
analisi in laboratorio di appositi filtri.<br />
I campionatori, sono costituiti da una pompa che aspira l’aria attraverso una testa di<br />
prelievo, costruita con una geometria tale da selezionare polveri con un diametro<br />
inferiore ai 10µm, con un’efficienza del 50%.<br />
La componente selezionata, viene fatta passare attraverso una membrana filtrante di<br />
opportuna porosità, costituita da diversi materiali (quarzo, fibra di vetro, teflon…) a<br />
seconda dell’analisi da effettuare.<br />
Il campionatore è equipaggiato anche di un contatore volumetrico in grado di<br />
registrare il volume d’aria aspirata e di sensori di temperatura e pressione necessari<br />
per avere un quadro completo delle condizioni ambientali.<br />
I filtri, vengono inizialmente condizionati, pesati ed esposti al flusso d’aria per un<br />
determinato periodo di tempo. Dopo l’esposizione, vengono nuovamente condizionati<br />
e pesati in laboratorio così da ricavare, per differenza dal peso iniziale, la quantità di<br />
particolato raccolto. Infine, verranno inviati alla determinazione analitica.<br />
3.2 Analisi della frazione idrocarburica C10-C40 in campioni di<br />
suolo ed acque<br />
3.2.1 Pretrattamento di campioni di suolo<br />
I campioni di suolo, una volta giunti in laboratorio, devono essere sottoposti ad una<br />
serie di trattamenti preliminari prima di essere inviati alle successive fasi di analisi.<br />
Il campione, per prima cosa, viene essiccato per esposizione all’aria.<br />
La determinazione di inquinanti in campioni solidi, generalmente, viene effettuata solo<br />
sulla frazione di particelle con diametro inferiore ai 2 mm, rendendo necessario una<br />
setacciatura preliminare. E’ necessario, prima di procedere al setaccio, rimuovere dal<br />
campione corpi estranei come frammenti di legno, foglie, pietre …<br />
Alle particelle con dimensioni superiori a 2 mm si dà il nome di "scheletro", mentre la<br />
frazione formata da particelle con diametro inferiore a 2 mm è denominata<br />
"passante". Il campione, essiccato e pesato, viene posto in un setaccio, avente una<br />
maglia del diametro di 2mm, e sottoposto a setacciatura meccanica a secco.<br />
Le due frazioni vengono pesate e, se il peso dello scheletro non supera quello del<br />
passante più del 50%, l’analisi viene effettuata sulla frazione
analitico verrà riferito alla totalità dei materiali secchi, comprensiva anche dello<br />
scheletro solido.<br />
Qualora il terreno indagato presenti una presenza di scheletro superiore al 50%, le<br />
analisi dovranno essere effettuate anche su questa frazione.<br />
Un’aliquota della frazione con diametro inferiore ai 2 mm, viene pesata e sottoposta<br />
ad essiccazione in stufa a 105°C, fino a peso costante, per almeno 24 ore. In seguito<br />
a questo trattamento, tramite una semplice differenza, è possibile determinare<br />
l’umidità nel campione (in g/Kg).<br />
3.2.2 Estrazione da campioni di suolo<br />
Apparecchiature<br />
• Bagno ad ultrasuoni<br />
• Evaporatore<br />
• Bilancia analitica<br />
Reattivi<br />
• Esano (o un altro solvente di<br />
estrazione)<br />
• Florisil<br />
Materiali<br />
• Cilindro graduato da 50 ml<br />
• Beuta<br />
• Pallone da 100 ml<br />
• Provettone con 1ml di volume<br />
residuo<br />
Si pesano 5 g di campione in una beuta, lavata accuratamente con DCM ed esano, in<br />
cui si aggiungono 20 ml di esano. Il solvente, è stato scelto in modo da garantire un<br />
recupero ottimale e ben riproducibile degli analiti d’interesse.<br />
Il metodo EPA 3550b, prevede un’estrazione con solvente utilizzando un estrattore ad<br />
ultrasuoni, che assicura un intimo contatto tra solvente e campione. Questo<br />
apparecchio consiste in una bacinella d’acqua collegata ad un generatore di ultrasuoni<br />
a frequenza 50kHz, in cui il campione viene posto per 15 min.
Figura 6<br />
Le onde sonore, prodotte nel liquido della bacinella, causano l’alternanza di aree di<br />
compressione (ad alta pressione) e di rarefazione (a bassa pressione).<br />
Nella fase di depressione, si ha la formazione e la crescita di bolle di dimensioni<br />
microscopiche (fenomeno detto “cavitazione”) mentre, nella fase ad alta pressione,<br />
provocano una compressione delle bolle che collassano provocando un’energia d’urto<br />
che favorisce processi di solubilizzazione, disaggregazione...<br />
Dopo il trattamento ad ultrasuoni, il campione viene lasciato sedimentare per poi<br />
procedere con la separazione dell’estratto. L’estratto viene posto in un pallone,<br />
precedentemente lavato con DCM ed esano, mentre il campione, dopo l’aggiunta di<br />
altri 20 ml di solvente, viene sottoposto a due ulteriori trattamenti estrattivi.<br />
Una volta terminata la fase di estrazione, si sottopone l’estratto a purificazione con<br />
florisil (circa 2 g), un silicato di magnesio anidro utilizzato per separare gli analiti di<br />
nostro interesse da composti polari. Per garantire la sua attività, il florisil viene<br />
purificato settimanalmente, attivato in stufa a 105°C e conservato in essiccatore.<br />
Il florisil viene posto direttamente nel pallone e lasciato agire per 30 min,<br />
sottoponendolo a frequenti agitazioni. Dopo 30 min, l’estratto purificato viene<br />
separato dal florisil e sottoposto ad evaporazione del solvente per concentrarlo ad un<br />
volume di 1 ml, da inviare all’analisi cromatografica.<br />
3.2.3 Estrazione da campioni di acque<br />
Apparecchiature<br />
• Agitatore magnetico<br />
• Evaporatore<br />
Reattivi<br />
• Esano (o un altro solvente di<br />
estrazione)<br />
• Florisil<br />
Materiali<br />
• Cilindro graduato da 50 ml<br />
• Cilindro graduato da 1 L<br />
• Bottiglia da 1L in vetro chiaro<br />
• Pallone da 100 ml<br />
• Provettone con 1ml di volume<br />
residuo
• Solfato di sodio anidro (Na2SO4)<br />
Utilizzando un cilindro graduato da 1L, si prelevano 950 ml di campione da inviare ad<br />
estrazione. Se il vetro è sufficientemente chiaro, l’estrazione può essere effettuata<br />
nella stessa bottiglia utilizzata per il campionamento, altrimenti sarà necessario<br />
utilizzare un contenitore più idoneo.<br />
Si aggiungono al campione 50 ml di solvente di estrazione, nel nostro caso esano, un<br />
nottolino magnetico e si pone la bottiglia sull’agitatore magnetico per 30 min, facendo<br />
in modo che il vortice arrivi fino al fondo.<br />
Pur trattandosi di due liquidi immiscibili, l’agitazione garantisce l’adeguato contatto<br />
campione/solvente, favorendo il passaggio di eventuali composti organici nel solvente<br />
di estrazione.<br />
Una volta terminata la fase di agitazione, si attende che le due fasi siano<br />
perfettamente separate e si procede a trasferire la fase organica in un pallone, avendo<br />
cura di evitare il trasferimento di acqua.<br />
Al nostro estratto, viene aggiunto del solfato di sodio anidro (circa 2 g) che funge da<br />
disidratante, in modo da evitare che eventuali molecole d’acqua vengano iniettate al<br />
cromatografo. Oltre al solfato, è necessario aggiungere anche il florisil (circa 2 g) e<br />
lasciare agire 30 min per purificare la soluzione da eventuali composti polari.<br />
L’estratto, una volta purificato, viene sottoposto ad evaporazione per concentrarlo ad<br />
1 ml da inviare all’analisi cromatografica.<br />
3.2.4 Determinazione di idrocarburi mediante GC-FID<br />
Il metodo utilizzato è l’EPA 8015D che prevede la determinazione quantitativa del<br />
contenuto di idrocarburi (da C10 a C40), in campioni solidi e liquidi, tramite gas<br />
cromatografia con rilevatore a ionizzazione di fiamma.<br />
Il campione, estratto, purificato e concentrato (1ml) viene posto in una vial e iniettato<br />
in un gas cromatografo, equipaggiato con una colonna capillare non polare e un<br />
rivelatore FID. Per l’analisi, è stata ricavata una retta di taratura utilizzando una<br />
miscela di riferimento, composta da due diversi tipi di olio minerale:<br />
• Il tipo “A” dovrebbe essere scelto in modo da mostrare picchi distinti nella parte<br />
sinistra del cromatogramma, nel nostro caso è stato utilizzato del diesel senza<br />
additivi.<br />
• Il tipo “B”, invece, dovrebbe mostrare un intervallo di ebollizione maggiore del<br />
primo e dare dei segnali non separati nella parte destra del cromatogramma,<br />
nel nostro caso è stato utilizzato un lubrificante senza additivi (mineral).
Dalla miscela di taratura, si ricavano almeno 5 diverse soluzioni tramite una serie di<br />
diluizioni con solvente di estrazione. Nel nostro caso abbiamo iniettato in doppio le<br />
seguenti concentrazioni ottenendo la retta di taratura:<br />
• 0 (bianco)<br />
• 7,73 µg/ml<br />
• 15,47 µg/ml<br />
• 38,67 µg/ml<br />
• 77,35 µg/ml<br />
Figura 7<br />
Due µl di soluzione, prelevati dall’autocampionatore, vengono iniettati nel<br />
cromatografo in modalità splitless, ad un flusso costante e ad una temperatura di<br />
250°C . Le singole sostanze, interagiranno con il materiale della colonna, in maniera<br />
più o meno forte, e verranno trasportate dal gas carrier (nel nostro caso H2 a 1,7<br />
ml/min) a velocità differenti a seconda dell’intensità dell’interazione.<br />
La colonna, posta in una camera termostatica, è collegata ad un sistema elettronico di<br />
controllo che ci consente di programmare un ciclo di riscaldamento. Nel nostro caso, la<br />
temperatura seguirà il seguente andamento:<br />
• 70°C per 2 minuti<br />
• Aumento di 70°C/min fino a 320°C<br />
• 320°C per 6 minuti
Il rivelatore si basa sulle capacità di ionizzazione delle sostanze uscenti dalla colonna<br />
da parte di una micro fiamma (350°C), alimentata da H2 e aria purissima come<br />
comburente. Tra il microbruciatore e un conduttore cilindrico, posto al di sopra della<br />
fiamma, è applicata una tensione tale da ionizzare qualsiasi componente organico in<br />
uscita, dando origine ad una corrente proporzionale alla sua quantità. Nel nostro caso,<br />
si utilizza anche un gas di makeup, N2, allo scopo di dare una migliore definizione ai<br />
picchi.<br />
Il cromatogramma ottenuto, viene integrato automaticamente tra la fine del picco del<br />
n-decano (C10H22) e l’inizio di quello del n-tetracontano (C40H82), assicurandosi di<br />
controllare visivamente la correttezza dell’integrazione.<br />
Figura 8<br />
La presenza di picchi tra il picco del solvente e il picco del n-decano, indica che il<br />
campione conteneva idrocarburi volatili, che non possono essere quantificati con<br />
questo metodo.<br />
Confrontando l’area ottenuta per integrazione con la retta di taratura, si va a ricavare<br />
il contenuto di idrocarburi in µg/ml:<br />
<br />
<br />
<br />
• dove A è l’area del picco, espressa in unità di misura dipendenti dallo strumento<br />
• b è l’intercetta con l’asse y espressa in unità di misura dipendenti dallo<br />
strumento<br />
• a è la pendenza della retta, espressa in ml/µg.<br />
Moltiplicando questo valore per il fattore di diluizione e dividendolo per il peso (o il<br />
volume, nel caso si tratti di un liquido) del campione, si otterrà il risultato come<br />
espresso dalla normativa:
• mg/Kg per i suoli • µg/L per le acque<br />
3.3 Analisi IPA in campioni di suolo, acqua e filtri per particolato<br />
Dal momento che gli IPA sono fotosensibili, durante tutti gli step dell’analisi (a<br />
prescindere dalla matrice), bisogna evitare che ci sia un’esposizione diretta alla<br />
radiazione solare e lavorare con la minor luce artificiale possibile.<br />
Reattivi<br />
3.3.1. Estrazione da campioni di suoli<br />
• Soluzione 5% DCM in Esano<br />
• Miscela standard di estrazione<br />
• Miscela standard di siringa<br />
Materiali<br />
• Cella di estrazione da 11ml<br />
• Vial 40 ml<br />
Apparecchiature<br />
• Bilancia analitica<br />
• Estrattore con solvente (ASE 200)<br />
• Evaporatore<br />
Seguendo le direttive del metodo EPA 3545, il campione viene sottoposto ad<br />
un’estrazione accelerata con solvente. Lo strumento risulta più vantaggioso di un<br />
Soxhlet, in quanto si ha un consumo inferiore di solvente e si accelerano i tempi del<br />
tradizionale processo di estrazione. Si lavora ad alte temperature, dunque per<br />
mantenere il solvente allo stato liquido, alla cella di estrazione viene anche applicata<br />
una forte pressione.<br />
La cella di estrazione viene assemblata (come mostrato in figura 9) e il fondo viene<br />
ricoperto con qualche cm di terra di diatomee, su cui si posizionano 0,5 g di campione<br />
e 100 µl di standard di estrazione. Il corpo della cella viene riempito fino all’orlo con<br />
altra terra di diatomee e si procede ad assemblare anche la parte superiore.
Figura 9<br />
Lo standard di estrazione (di concentrazione 0,2 µg/ml) comprende una miscela di 7<br />
composti deuterati di altrettanti nativi, in particolare:<br />
• acenaphthene-d10<br />
• phenanthrene-d10<br />
• fluoranthene-d10<br />
• benz[a]anthracene-d12<br />
• benzo[a]pyrene-d12<br />
• dibenzo[a,h]anthracene-d14<br />
• dibenzo[a,i]pyrene-d14<br />
Dopo aver posto la cella di estrazione nel carrello, si da lo start allo strumento che<br />
provvederà a sottoporla alle varie fasi di estrazione. Nell’ASE, la cella viene riempirla<br />
di solvente (una soluzione 95% esano + 5% DCM) fino all’orlo, portata a 100°C e<br />
1500 psi e mantenuta in queste condizioni per circa 5 min (estrazione statica). Questa<br />
operazione viene ripetuta per 3 cicli consecutivi e, alla fine di ogni ciclo, il solvente<br />
viene scaricato nella vial di raccolta, posta nel carrello sottostante.<br />
All’estrazione statica segue una fase di lavaggio, in cui altro solvente viene pompato<br />
nella cella e scaricato in continuo.<br />
Il solvente rimasto nella cella, viene purgato con un flusso di N2 puro (sfruttato anche<br />
nelle fasi precedenti per mantenere la pressione desiderata) e inviato alla vial.<br />
La vial con l’estratto, viene sottoposta ad evaporazione per ridurre il suo volume a<br />
circa 2 ml da purificare con GPC. All’uscita dal GPC, si concentrerà la soluzione a 100<br />
µl, si aggiungeranno 50µl di standard di siringa e si invierà la miscela al cromatografo.<br />
Lo standard di siringa è composto da una miscela di 3 analiti (di concentrazione 0,2<br />
µg/ml):<br />
• acenaphthylene-d8<br />
• chrysene-d12<br />
• indeno[1,2,3-cd]pyrene-d12<br />
3.3.2 Purificazione con gel permeation dell’estratto<br />
Come da metodologia EPA 3640A, l’estratto viene purificato tramite Gel Permeation<br />
Cromatography, una procedura che utilizza solventi organici e gel idrofobi per
separare molecole di diverse dimensioni, utilizzando un sistema a porosità controllata.<br />
L’esclusione molecolare, e quindi la separazione, è determinata dal fatto che le<br />
molecole di dimensioni maggiori dei pori del gel non entrano nella sua struttura e<br />
vengono eluite più rapidamente. Le molecole di dimensioni inferiori ai pori del gel,<br />
invece, vi penetrano molto facilmente venendo ritardate. La frazione del campione<br />
contenente gli IPA viene, dunque, raccolta in una vial mentre macromolecole quali<br />
lipidi, polimeri, copolimeri, proteine, resine e altri composti ad alto peso molecolare<br />
vengono scartati. Utilizzando una miscela standard, si è potuto individuare, con un<br />
detector UV, l’intervallo di tempo in cui vengono eluiti gli IPA (da 17 a 28,3 min) e lo<br />
strumento è stato programmato per raccogliere solo la frazione compresa in questo<br />
intervallo.<br />
La colonna, impaccata col gel di silice, viene lavata con un getto di solvente fino a che<br />
non sarà perfettamente imbibita, dunque si procederà all’iniezione del campione.<br />
Il flusso in uscita, viene analizzato dal detector UV (con lunghezza d’onda fissata a<br />
254 nm) ed inviato ad una vial di raccolta. Il rivelatore UV, è di fondamentale<br />
importanza in quanto, analizzando le bande ottenute, può evidenziare l’uscita degli<br />
analiti target.<br />
Apparecchiature<br />
3.3.3 Estrazione da campioni di acque<br />
• Agitatore magnetico<br />
• Evaporatore<br />
Reattivi<br />
• Alcool isopropilico<br />
• Diclorometano<br />
• Na2SO4 anidro<br />
• Miscela standard di estrazione<br />
• Miscela standard di siringa<br />
Materiali<br />
• Imbuti a gambo corto x2<br />
• Imbuto separatore<br />
• Provettone con 1ml di volume<br />
residuo<br />
• Cilindro graduato da 1L<br />
• Cilindro graduato da 50 ml x2<br />
L’estrazione e l’analisi cromatografica dei campioni acquosi vengono effettuate<br />
seguendo le direttive del metodo APAT-IRSA 5080 29/03<br />
A 500 ml di campione, vengono aggiunti 50 ml di alcool isopropilico, allo scopo di<br />
aumentare la miscibilità di acqua e DCM in modo da garantire un’estrazione più<br />
completa. La soluzione (in bottiglia opaca o, comunque, ricoperta da carta stagnola),<br />
viene lasciata ad agitare su un agitatore magnetico per circa due minuti. Al termine
dell’agitazione, si aggiungono lo standard di siringa (50 µl) e 50 ml di DCM lasciando<br />
ad agitare per ulteriori 20 min.<br />
Nel frattempo, si prepara l’imbuto separatore in cui effettuare l’estrazione liquidoliquido.<br />
La soluzione, passata nell’imbuto separatore, verrà lasciata riposare fino a che<br />
le fasi non saranno nettamente separate, dopodiché si aprirà il flusso facendo<br />
attenzione di bloccarlo prima che si raggiunga l’interfaccia tra le fasi. Il liquido in<br />
uscita viene filtrato in un imbuto contenente carta da filtro, cotone sgrassato e Na2SO4<br />
anidro e raccolto in un provettone.<br />
Terminata la prima estrazione, il contenuto dell’imbuto separatore viene travasato in<br />
bottiglia, sottoposto nuovamente all’agitazione con DCM e ad altri due trattamenti<br />
estrattivi.<br />
Nelle acque, di solito, si evita la purificazione quindi l’estratto viene concentrato a 100<br />
µl, prima in un evaporatore e poi in corrente di N2, addizionato con lo standard di<br />
siringa (50 µl) e inviato all’analisi cromatografica.<br />
Apparecchiature<br />
3.3.4 Estrazione da filtri dell’aria<br />
• Bagno ad ultrasuoni<br />
• Evaporatore<br />
Reattivi<br />
• Esano<br />
• Diclorometano<br />
• Miscela standard di estrazione<br />
• Miscela standard di siringa<br />
Materiali<br />
• Imbuto a gambo corto<br />
• Becker da 500 ml<br />
• Provettone con 1ml di volume<br />
residuo<br />
• Cilindro graduato da 50 ml x2<br />
I campioni da inviare all’analisi, sono prelevati giornalmente da centraline fisse o<br />
mobili, e inviate all’analisi alla fine di ogni mese. L’analisi viene svolta su 10 filtri,<br />
esaminati come un unico campione.<br />
I filtri vengono posti in un becker con 50 µl di standard di estrazione, 50 ml di solventi<br />
(25 ml di esano e 25 ml di DCM) e inviati all’estrazione con ultrasuoni per 15 min.<br />
All’uscita dal bagno ad ultrasuoni, si attende che eventuali residui sedimentino e si<br />
filtra l’estratto con l’ausilio di un imbuto contenente carta da filtro e cotone sgrassato.<br />
Il filtro e il cotone tratterranno eventuali residui di particolato o cellulosa e l’estratto<br />
verrà raccolto in un provettone collocato sotto l’imbuto.
L’estrazione viene ripetuta altre due volte e l’estratto finale viene concentrato a 100<br />
µl, in un evaporatore e in corrente di N2. A questi 100 µl se ne aggiungono 50 di<br />
standard di siringa e si invia la miscela al cromatografo.<br />
3.3.5 Determinazione di IPA mediante GC-MS<br />
La determinazione degli IPA avviene seguendo le direttive del metodo EPA 8270C, per<br />
suoli e particolato atmosferico, e APAT-IRSA 5080 29/03, per le acque. Entrambi i<br />
metodi prevedono l’utilizzo di un gas cromatografo con rivelatore a spettrometria di<br />
massa. I singoli inquinanti vengono identificati dal cromatogramma, in base al loro<br />
tempo di ritenzione, e quantificati a partire dall’area dei picchi.<br />
La miscela campione/standard viene prelevata dall’autocampionatore (1µl), iniettata<br />
mediante iniezione splitless e sottoposta a un programma di temperature preimpostato:<br />
• 80°C per un min<br />
• Aumento di 30°C/min fino a 170°C<br />
• 5°C/min fino 280°C<br />
• 9°C/min fino 320°C<br />
• 5 min a 320°C<br />
Il gas carrier utilizzato è l’elio, il cui flusso viene mantenuto a 1,5 ml/min per 25<br />
minuti per poi aumentare fino a 2,5 ml/min. L’aumento è spiegabile con la necessità di<br />
eluire anche i composti più pesanti, che necessiteranno di un flusso maggiore.<br />
Come rivelatore, si utilizza uno spettrometro di massa con ionizzazione per<br />
bombardamento di elettroni (EI) da parte di una sorgente ad elevata energia (circa 70<br />
eV) e temperatura.<br />
In questo metodo, un fascio di elettroni emessi da un filamento metallico, va ad<br />
impattare una molecola provocandone la frammentazione in ioni molecolari<br />
caratteristici.<br />
Il cromatogramma può essere ricavato in Total ion, se tutti gli ioni presenti nello<br />
spettro si massa vengono sfruttati, o in singol ion monitoring (SIM), se la scansione<br />
interessa non l’intero intervallo di masse considerato ma soltanto alcuni gli ioni<br />
caratteristici dell’analita da determinare.<br />
Per i nostri scopi, si sfrutta un cromatogramma in SIM integrando manualmente i<br />
picchi dei singoli ioni target. Gli analiti, vengono identificati in base ai tempi di<br />
ritenzione rispetto ad una soluzione di riferimento e la quantificazione viene effettuata<br />
sulla base del confronto con le aree dei picchi dati dallo standard.<br />
La calibrazione, è stata ricavata da 3 iniezioni di una miscela di riferimento contenente<br />
gli analiti target, gli standard di estrazione e gli standard di siringa in concentrazioni<br />
note. Per ogni iniezione, sono state tabulate le aree e le concentrazioni (67 pg/µl) di
ogni analita nella soluzione finale e, da questi, sono stati calcolati i singoli fattori di<br />
risposta relativi (RRF), sia dei nativi che degli standard di estrazione, utilizzando le<br />
seguenti equazioni:<br />
Dove:<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
• A è l’area del picco dell’analita in questione e C la sua concentrazione<br />
• ASE è l’area del picco dello standard di estrazione e CSE la sua concentrazione<br />
• ASS è l’area del picco dello standard di siringa e CSS la sua concentrazione<br />
Per la determinazione degli RRF e della concentrazione di ogni analita, si utilizzano i<br />
valori (di area del picco e concentrazione) relativi allo standard con tempo di<br />
ritenzione più vicino.<br />
Per ogni componente della soluzione, si calcola un RRF medio, dato dalla media degli<br />
RRF delle 3 iniezioni.<br />
Una volta tabulati tutti questi valori in un foglio di lavoro, potranno essere utilizzati<br />
per l’analisi quantitativa dei campioni. Dopo le fasi di estrazione e purificazione, 100µl<br />
di estratto, a cui sono stati aggiunti 50µl di standard di siringa, vengono analizzati al<br />
cromatografo e si procede ad integrare manualmente i singoli picchi, sia degli analiti<br />
che degli standard.<br />
L’area dei picchi viene tabulata in un foglio di lavoro e le concentrazioni (in pg/50µl)<br />
vengono così ricavate:<br />
Dove:<br />
• C concentrazione dell’analita<br />
• A area del picco<br />
<br />
<br />
<br />
• Ci concentrazione iniziale delle soluzioni standard (200 pg/µl)<br />
• ASE area del picco dello standard di estrazione con il tempo di ritenzione più<br />
prossimo a quello dell’analita<br />
• RRFm è il fattore di risposta relativo medio dell’analita in questione<br />
Moltiplicando la concentrazione per il volume di contaminazione (50µl) e dividendo per<br />
il peso o il volume del campione si ricava la concentrazione in:<br />
• µg/L per le acque • mg/Kg per i suoli
Nel caso di IPA nel particolato atmosferico, invece, è necessario moltiplicare la<br />
concentrazione ottenuta (in pg/50µl) per il volume di contaminazione e dividerla per i<br />
Nm 3 di aria rilevati dal campionatore, ottenendo un valore in ng/Nm 3 .<br />
Per ogni standard di estrazione, allo scopo di verificare eventuali perdite di campione,<br />
si ricava il recupero con la seguente formula:<br />
<br />
Dove:<br />
• ASE e CSE sono rispettivamente area e concentrazione nella soluzione finale (67<br />
pg/µl) dello standard di estrazione per cui si vuole determinare il recupero<br />
• ASI e CSI sono rispettivamente area e concentrazione, nella soluzione finale, dello<br />
standard di siringa<br />
• RRFm è il fattore di risposta medio relativo dello standard di estrazione in<br />
questione<br />
Questo equivale a dire che il recupero corrisponde al rapporto tra la concentrazione di<br />
standard quantificata dallo strumento e la concentrazione al momento dell’iniezione.<br />
<br />
<br />
<br />
Il recupero viene espresso in percentuale (in genere il risultato per essere attendibile<br />
dovrebbe portare ad un recupero medio superiore al 50%) e ci consente di valutare<br />
eventuali perdite durante l’estrazione o la purificazione.<br />
3.4 Analisi VOC in campioni di suolo ed acqua<br />
I campioni prelevati per l’analisi dei VOC, devono essere posti in vials piene fino<br />
all’orlo (quanto più possibile prive di vuoti) e sigillate ermeticamente, in modo da<br />
evitare che ci sia una perdita di analiti dal momento del campionamento a quello<br />
dell’analisi. I campioni non subiscono alcun pretrattamento e le analisi devono essere<br />
effettuate entro 48 ore.<br />
3.4.1. Estrazione da campioni di suoli e acque<br />
Apparecchiature<br />
• Estrattore purge and trap con<br />
autocampionatore<br />
L’estrazione, seguendo le direttive del metodo EPA 5035 (per i suoli) e EPA 5030 (per<br />
le acque), viene effettuata con un sistema purge-and-trap.
Nel caso di solidi, si pesano 2 g di campione che, posti in una vial, vengono collocati<br />
negli alloggiamenti dell’auto campionatore. Lo strumento aggiunge, automaticamente<br />
10 ml di acqua e 1 µl di standard interno e inizia la fase di purging con elio.<br />
Nel caso di liquidi, invece, la vial usata per il campionamento (piena fino al’orlo) viene<br />
collocata direttamente negli alloggiamenti dell’auto campionatore. Lo strumento<br />
aggiunge 1 µl di standard interno, preleva 25 ml di soluzione e inizia a far gorgogliare<br />
un flusso di elio.<br />
Affinché un determinato composto possa essere utilizzato come standard interno deve<br />
rispondere a precisi requisiti:<br />
• non essere presente nei campioni reali in esame;<br />
• essere stabile ed inerte nei confronti dei composti da determinare;<br />
• avere un tempo di ritenzione compreso nell’intervallo dei tempi di ritenzione dei<br />
composti da determinare;<br />
• essere risolto gascromatograficamente rispetto alle sostanze da determinare.<br />
Nel nostro caso, come standard interno si è utilizzata una miscela di:<br />
• Fluorobenzene<br />
• P-Bromofluorobenzene<br />
• 1,2 diclorobenzene-D4<br />
Ad una concentrazione di 2µg/l, per l’analisi di campioni acquosi, e 0,02 mg/Kg, per<br />
l’analisi di campioni solidi.<br />
Dopo il prelievo ha, quindi, inizio la fase di purging con elio dei composti volatili<br />
presenti nel campione. Questa fase dura circa una decina di minuti, si svolge a bassa<br />
temperatura (circa 40°C) e consiste nel passaggio del flusso di inerte contenente gli<br />
analiti, dall’autocampionatore a un apposito materiale adsorbente (trapping). Nella<br />
fase di desorbimento, la temperatura della trappola viene aumentata (190°C) in modo<br />
da far rilasciare gli analiti che, tramite un flusso di elio (1,2 ml/min a 23,91 psi),<br />
vengono trasportati alla colonna cromatografica. Il flusso del gas viene regolato a<br />
seconda della colonna che scegliamo di utilizzare. A questa fase segue il “baking”, in<br />
cui la temperatura viene ulteriormente aumentata (220°C) per rimuovere possibili<br />
contaminanti ed eliminare residui di campione. La trappola viene, infine, raffreddata<br />
ed è pronta al purging di un nuovo campione.<br />
3.4.2. Determinazione VOC mediante GC-MS<br />
I composti organici volatili, sia in campioni acquosi che solidi, vengono analizzati<br />
seguendo la metodologia EPA 8260, tramite gascromatografia con rilevatore a<br />
spettrometria di massa.<br />
Questo metodo, si presta bene alla rilevazione di composti con punto di ebollizione al<br />
di sotto dei 200°C, soprattutto:<br />
• BTEX<br />
• Alifatici clorurati non cancerogeni<br />
• Alifatici clorurati cancerogeni<br />
• Alifatici alogenati cancerogeni
• Clorobenzeni<br />
Figura 10<br />
La colonna, viene sottoposta ad un progressivo aumento di temperatura con il<br />
seguente andamento:<br />
• 35°C per 3 minuti<br />
• Aumento di 6°C/min fino a 90°C<br />
• 90°C per 4 minuti<br />
• Aumento di 6°C/min fino 200°C<br />
• 200°C per 10 minuti<br />
All’uscita della colonna il flusso viene inviato ad un rivelatore, uno spettrometro di<br />
massa, che ci permette di effettuare un’analisi sia qualitativa che quantitativa. I<br />
composti vengono identificati, qualitativamente, in base al loro tempo di ritenzione e<br />
in base al confronto degli spettri di massa con spettri noti raccolti in appositi<br />
database. L’analisi quantitativa viene, invece, effettuata confrontando la risposta del<br />
campione con delle rette di taratura.<br />
Le rette di taratura, sono state ricavate analizzando diverse concentrazioni di una<br />
miscela standard di 60 analiti, tra cui i nostri analiti target e i composti scelti come<br />
standard interno.<br />
Nel nostro caso, sono state iniettate in doppio le seguenti concentrazioni:
Per i suoli<br />
• 0 (bianco)<br />
• 0,027 mg/Kg<br />
• 0,05 mg/Kg<br />
• 0,07 mg/Kg<br />
Per le acque<br />
• 0 (bianco)<br />
• 0,01 µg/L<br />
• 0,04 µg/L<br />
• 0,2 µg/L<br />
Lo strumento tabula la risposta degli ioni caratteristici rispetto alla concentrazione,<br />
ottenendo una retta di taratura per ogni analita.<br />
Da questa miscela, tramite analisi in Total Ion, sono stati ricavati i tempi di ritenzione<br />
dei singoli analiti, che verranno utilizzati per l’analisi qualitativa.<br />
Al momento dell’analisi di un campione, i singoli VOC vengono identificati in base ai<br />
tempi di ritenzione e ai frammenti caratteristici risultanti nello spettro di massa.<br />
Una volta identificato un analita, lo strumento procede automaticamente<br />
all’integrazione del picco e ne confronta la risposta con la relativa retta di taratura. Da<br />
questo confronto si ottiene la concentrazione, in µg/L o mg/Kg, a seconda che si tratti<br />
di un campione solido o liquido. Se necessario, si procede a verificare manualmente la<br />
correttezza dell’identificazione e dell’integrazione.