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Nuove ricerche sulla storia dei Monasteri. - Convento di Campello ...

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IL MONASTERO CAMPELLINO DI SAN PIETRO<br />

18<br />

UNA STORIA TUTTA DA SCRIVERE<br />

Nuova luce sul <strong>Convento</strong> <strong>di</strong> <strong>Campello</strong> sul Clitunno, gli antichi protagonisti e le fortunose<br />

vicende. Agnesuccia, l’intraprendente. La vita interna del Monastero unificato. Porta aperta a<br />

ulteriori <strong>ricerche</strong>*.<br />

quasi un quarto <strong>di</strong><br />

secolo dall’inatteso rinveni-<br />

E`passato<br />

mento <strong>di</strong> un plico <strong>di</strong> pergamene<br />

destinate a riscrivere, se non<br />

semplicemente a scrivere, la <strong>storia</strong><br />

delle origini del <strong>Convento</strong> barnabitico<br />

<strong>di</strong> <strong>Campello</strong> sul Clitunno. Si<br />

trattava allora – siamo alla fine degli<br />

Anni Ottanta – <strong>di</strong> 63 documenti<br />

che coprivano circa tre secoli, dal<br />

1326 al 1615, e che vennero decifrati<br />

e trascritti dal padre Giuseppe<br />

Cagni, il quale ne offrì un’accattivante<br />

descrizione in un numero<br />

dell’“Eco <strong>dei</strong> Barnabiti” del 1990.<br />

Si imponeva però fin d’allora, e il<br />

padre lo aveva intuito chiaramente,<br />

la necessità <strong>di</strong> ampliare le <strong>ricerche</strong><br />

in modo da ricostruire il contesto<br />

entro cui collocare i dati, alle volte<br />

criptici, forniti dai suddetti documenti.<br />

Ed è quanto sta prendendo<br />

corpo…<br />

gli inventari del monastero<br />

Una prima acquisizione è stata<br />

fornita dagli Inventari settecenteschi<br />

dell’Archivio del Monastero<br />

campellino, trasferiti e conservati<br />

nell’Archivio <strong>di</strong>ocesano <strong>di</strong> Spoleto.<br />

In base a essi – e questo è un primo<br />

dato che ne <strong>di</strong>mostra l’importanza<br />

– le pergamene da 63 risultano<br />

ora 88 (anche se le restanti sono<br />

introvabili) e coprono gli anni dal<br />

1228 al 1618, quin<strong>di</strong> quasi quattro<br />

secoli. Una seconda acquisizione,<br />

* Mentre ci auguriamo che la documentazione<br />

cui abbiamo fatto riferimento<br />

possa essere offerta nella sua interezza e<br />

con opportune messe a punto storico-critiche,<br />

è doveroso esprimere il debito <strong>di</strong><br />

riconoscenza a chi in vario modo vi ha<br />

contribuito: Benedetto Zeppadoro, padre<br />

Angelo Mascaretti, padre Mauro Regazzoni,<br />

monsignor Mario Sensi, dottor Mirko<br />

Stocchi, suor Carla Oliva Pallotto delle<br />

Convittrici del Bambin Gesù.<br />

Eco <strong>dei</strong> Barnabiti 4/2012<br />

<strong>Campello</strong> Alto: in primo piano, il <strong>Convento</strong> <strong>dei</strong> ss. Giovanni Battista e Pietro<br />

non meno determinante, ha potuto<br />

stabilire lo stretto rapporto tra il<br />

suddetto Monastero e il Capitolo<br />

della Basilica <strong>di</strong> San Pietro in Vaticano<br />

da cui <strong>di</strong>pendeva e <strong>dei</strong> cui<br />

privilegi godeva.<br />

Giusto il primo pezzo, erroneamente<br />

datato 10 luglio, ma in realtà<br />

del 22 giugno 1228, che apre la serie<br />

della ricostruita documentazione<br />

originaria del nostro <strong>Convento</strong>,<br />

parla <strong>di</strong> privilegi concessi dal papa<br />

Innocenzo III (1198-1216) e confermati<br />

da Gregorio IX (1227-1241): si<br />

tratta <strong>di</strong> esenzioni e <strong>di</strong> indulgenze<br />

<strong>di</strong> cui godeva la Basilica e le istituzioni<br />

annesse. Che questo documento<br />

sia stato conservato dalle nostre<br />

Monache attesta la loro <strong>di</strong>pendenza<br />

dal Capitolo vaticano, una<br />

<strong>di</strong>pendenza su cui torneremo e che<br />

richiama delle circostanze su cui<br />

gioverà soffermarci. (Di un altro<br />

ritratto dello storico Paolo <strong>Campello</strong><br />

della Spina


privilegio, dovuto a Bonifacio VIII<br />

[1294-1303] e risalente all’anno<br />

undecimo del suo pontificato, si<br />

parla pure nella documentazione<br />

dell’Archivio spoletino).<br />

Il primo documento che nomina<br />

espressamente <strong>Campello</strong> (e che era<br />

il primo dell’iniziale raccolta delle<br />

pergamene stu<strong>di</strong>ate da padre Cagni),<br />

sembra non avere a che fare<br />

con il nostro <strong>Convento</strong>. Si tratta della<br />

licenza concessa dal Capitolo<br />

della Basilica <strong>di</strong> San Pietro in Vaticano<br />

<strong>di</strong> erigere “un monastero, o<br />

eremo, o oratorio con il nome <strong>di</strong><br />

Santa Croce in una proprietà<br />

posta in <strong>Campello</strong>”. Vedremo<br />

fra poco perché questo<br />

documento riguarda la nostra<br />

<strong>storia</strong>. Non deve in ogni<br />

caso sfuggirci il fatto che<br />

l’istanza presentata al Vaticano<br />

fu dovuta a Gentile da Foligno,<br />

frate agostiniano, e ad<br />

altri cinque “fratres”, a cominciare<br />

da un certo fra Pace<br />

<strong>di</strong> Morichitto <strong>di</strong> <strong>Campello</strong>.<br />

Ora, dentro questi scarni<br />

cenni si cela un dato <strong>di</strong> non<br />

poco rilievo nella ricostruzione<br />

degli eventi relativi<br />

alle vicende che stiamo narrando.<br />

Sappiamo che fra Gentile<br />

da Foligno – da non<br />

confondere con l’omonimo<br />

me<strong>di</strong>co e filosofo – era un<br />

eremitano <strong>di</strong> sant’Agostino<br />

vissuto a partire dagli ultimi<br />

decenni del sec. XIII, e morto<br />

verosimilmente a metà del<br />

secolo successivo. All’inizio<br />

del 1300 lo troviamo a Foligno,<br />

città non lontana da<br />

<strong>Campello</strong>, dove si erano stabiliti<br />

stretti rapporti tra eremitani<br />

agostiniani, “poveri<br />

eremiti” <strong>di</strong> matrice francescana<br />

e “spirituali”, inse<strong>di</strong>ati nel<br />

convento <strong>di</strong> San Francesco (vi si venera<br />

la beata Angela!) nel quale si<br />

formò tra gli altri Paoluccio Trinci<br />

(1309-1391) tra i pionieri, con la<br />

beata Angelina da Montegiove, delle<br />

osservanze francescane nell’Italia<br />

centrale. Detto en passant ma non<br />

senza che la notizia rivesta notevole<br />

significato, Gentile fu amico <strong>di</strong> Angelo<br />

Clareno da Cingoli (?-1337), il<br />

francescano “ribelle” che tradusse<br />

<strong>di</strong> greco in latino la Scala del Para<strong>di</strong>so<br />

<strong>di</strong> Giovanni Climaco, testo base<br />

della formazione monastica; ope-<br />

ra che il Gentile tradusse a sua volta<br />

nel nostro volgare. Ad Angelo Clareno<br />

troviamo poi associato Simone<br />

Fidati da Cascia (1280/95-1348),<br />

agostiniano schierato con gli spirituali<br />

francescani, il quale operò non<br />

meno del Gentile nella Valle Spoletina<br />

durante la prima decade del<br />

1300.<br />

la prima fondazione:<br />

il monastero <strong>di</strong> san Pietro<br />

Quest’insieme <strong>di</strong> dati che, con lente<br />

<strong>di</strong> ingran<strong>di</strong>mento possiamo “leg-<br />

beata Angelina da Montegiove<br />

gere” nella pergamena, si rivela prezioso<br />

se passiamo alla fondazione<br />

del Monastero campellino <strong>di</strong> San<br />

Pietro <strong>di</strong> cui ci parla un documento<br />

assente nella primitiva raccolta <strong>di</strong><br />

pergamene stu<strong>di</strong>ata da padre Cagni.<br />

Si tratta <strong>di</strong> un breve concesso come<br />

al solito dal Capitolo vaticano a fra<br />

Pace <strong>di</strong> Morichitto il 7 gennaio 1330,<br />

<strong>di</strong> «e<strong>di</strong>ficare una chiesa, oratorio o<br />

eremo sotto il nome <strong>di</strong> San Pietro».<br />

Siamo per così <strong>di</strong>re alla posa della<br />

prima pietra della nuova fondazione.<br />

Che il breve sia concesso a fra Pace<br />

<strong>di</strong> Morichitto in<strong>di</strong>ca con tutta proba-<br />

IL MONASTERO CAMPELLINO DI SAN PIETRO<br />

bilità che il nascente Monastero si<br />

poneva in continuità con quello <strong>di</strong><br />

Santa Croce <strong>di</strong> quattro anni prima, se<br />

non ne costituiva ad<strong>di</strong>rittura una rie<strong>di</strong>zione,<br />

questa volta però femminile<br />

sotto la regola <strong>di</strong> san Benedetto (tra<br />

parentesi, del Monastero <strong>di</strong> Santa<br />

Croce non vi è più traccia nella documentazione<br />

successiva). Ciò consentiva<br />

alle “bizzocche” – non si<br />

trattava infatti <strong>di</strong> vere e proprie monache,<br />

che sarebbero dovute <strong>di</strong>pendere<br />

da uno degli Or<strong>di</strong>ni maschili<br />

costituiti e sottostare alla clausura –<br />

<strong>di</strong> condurre vita cenobitica, aperta<br />

come si <strong>di</strong>rebbe oggi al territorio.<br />

Dobbiamo quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>re,<br />

concludendo, che la nuova<br />

istituzione sorgeva in quel clima<br />

<strong>di</strong> risveglio spirituale – si<br />

propugnava l’osservanza dell’originaria<br />

<strong>di</strong>sciplina religiosa<br />

– che vedeva coinvolti, insieme<br />

ad agostiniani, francescani<br />

e “spirituali” non pochi<br />

laici e laiche, e che si riproponeva<br />

nell’alveo della tra<strong>di</strong>zione<br />

benedettina. Un’ere<strong>di</strong>tà<br />

che non può non costituire<br />

anche per noi un pressante invito<br />

a tradursi in realtà.<br />

donna Agnese<br />

<strong>di</strong> Lorenzo Nicole<br />

(† 1450/52) e il monastero<br />

<strong>di</strong> san Giovanni Battista<br />

Se la documentazione <strong>di</strong><br />

cui <strong>di</strong>sponiamo altro non ci<br />

fornisce circa il Monastero <strong>di</strong><br />

San Pietro, è però ricca <strong>di</strong> dati<br />

<strong>sulla</strong> successiva fondazione<br />

del Monastero <strong>di</strong> San Giovanni<br />

Battista. Ne fu protagonista<br />

una donna intraprendente,<br />

che si avvalse della<br />

facoltosa protezione paterna<br />

non meno che dell’appoggio delle<br />

gerarchie ecclesiastiche.<br />

Agnese o Agnesuccia Laurentii (<strong>di</strong><br />

Lorenzo), visse per almeno quin<strong>di</strong>ci<br />

anni all’interno della piccola comunità<br />

delle “bizzocche” benedettine<br />

del Monastero <strong>di</strong> San Pietro, sito<br />

come si è detto fuori dalle mura del<br />

Castello <strong>di</strong> <strong>Campello</strong> Alto.<br />

Un documento attesta che il padre,<br />

Lorenzo Nicole (<strong>di</strong> Cola), il 2 gennaio<br />

1385 effettuò una prima donazione<br />

<strong>dei</strong> propri beni al suddetto<br />

Monastero nella persona della figlia.<br />

Successivamente, il 13 maggio 1398,<br />

Eco <strong>dei</strong> Barnabiti 4/2012 19


IL MONASTERO CAMPELLINO DI SAN PIETRO<br />

Simone Fidati da Cascia, agostiniano<br />

schierato con gli spirituali francescani<br />

Lorenzo designò Agnesuccia come<br />

erede <strong>di</strong> tutto il suo patrimonio. Ciò<br />

le permise <strong>di</strong> fondare presso la casa<br />

paterna, a<strong>di</strong>acente allo stesso Monastero<br />

<strong>di</strong> San Pietro, un cenobio<br />

– “unum oratorium” – <strong>di</strong> “bizzocche”,<br />

vale a <strong>di</strong>re un cosiddetto “monastero<br />

<strong>di</strong> famiglia”, che consentiva a delle<br />

donne <strong>di</strong> condurre vita comune sotto<br />

la regola benedettina, senza vincoli<br />

claustrali, <strong>di</strong>pendendo <strong>di</strong>rettamente<br />

dal Capitolo <strong>di</strong> San Pietro in Vaticano.<br />

Bonifacio IX il 26 aprile 1400<br />

concesse ad Agnesuccia, con un gesto<br />

<strong>di</strong> notevole con<strong>di</strong>scendenza, <strong>di</strong><br />

ritirarsi con tre monache <strong>di</strong> sua scelta<br />

nella nuova sede, <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>venne<br />

prima badessa il 28 agosto dello stesso<br />

anno. Questo comportò l’abbandono<br />

del primo Monastero, abbandono<br />

dovuto o allo spirito <strong>di</strong> in<strong>di</strong>pendenza<br />

<strong>di</strong> Agnesuccia (oltretutto<br />

economicamente protetta!) o a qualche<br />

interna ostilità, forse riconducibile<br />

all’assistenza del padre durante<br />

la sua malattia. Tanto è vero che nel-<br />

20<br />

Eco <strong>dei</strong> Barnabiti 4/2012<br />

la concessione papale si parla <strong>di</strong> servire<br />

Dio nella nuova fondazione «eo<br />

devotius quo quietius; tanto più devotamente<br />

quanto più serenamente».<br />

Si sa inoltre che tra i due cenobi<br />

esplose una controversia, sia perché<br />

Agnesuccia venne considerata “fuggitiva”,<br />

sia a motivo <strong>dei</strong> beni da lei o<br />

suo tramite acquisiti, che erano riven<strong>di</strong>cati<br />

dalle due parti in conflitto;<br />

conflitto che venne equamente risolto<br />

con la me<strong>di</strong>azione vaticana: al<br />

primo Monastero furono assicurate le<br />

proprietà lasciate da Lorenzo alla figlia;<br />

al secondo la proprietà degli<br />

e<strong>di</strong>fici dove si stava erigendo il secondo<br />

Monastero, nonché un contiguo<br />

appezzamento su cui costruire il<br />

chiostro.<br />

Il 5 aprile del 1401 il vescovo <strong>di</strong><br />

Spoleto, anch’egli con notevole con<strong>di</strong>scendenza,<br />

autorizzò la costruzione<br />

dell’oratorio e del coro, nonché<br />

del relativo Monastero con il titolo <strong>di</strong><br />

San Giovanni Battista, concedendo<br />

speciale indulgenza a coloro che lo<br />

avessero visitato e sostenuto economicamente.<br />

L’oratorio, come è dato<br />

anche oggi <strong>di</strong> rilevare, inglobò a<br />

quanto sembra un e<strong>di</strong>ficio preesistente<br />

eretto dal Capitàneo (si tratta<br />

<strong>dei</strong> <strong>di</strong>scendenti <strong>dei</strong> Longobar<strong>di</strong>, vale<br />

a <strong>di</strong>re <strong>dei</strong> governanti del Castello),<br />

come luogo <strong>di</strong> culto <strong>di</strong> una Confraternita<br />

e in definitiva della citta<strong>di</strong>nanza.<br />

Lo si ricava dalla scritta leggibile<br />

ai pie<strong>di</strong> dell’affresco raffigurante<br />

il Crocifisso con Santi, attribuito al<br />

Maestro <strong>di</strong> Fossa (1342). Del coro<br />

monastico, poi, sono tuttora ben visibili<br />

le due grate.<br />

l’unificazione<br />

<strong>dei</strong> due monasteri<br />

Tutta la fortuna religiosa ed economica<br />

del monastero <strong>di</strong> San Giovanni<br />

Battista fece perno <strong>sulla</strong> badessa<br />

Agnesuccia <strong>di</strong> Lorenzo, donna <strong>di</strong> singolare<br />

intelligenza e intraprendenza.<br />

In cinquant’anni <strong>di</strong> governo, acquisì<br />

a beneficio del Monastero una trentina<br />

<strong>di</strong> appezzamenti <strong>di</strong> terreno, non<br />

in montagna, ma nella fertile pianura<br />

sottostante. Morì vecchissima, quasi<br />

novantenne, tra il 1450 e il 1452. Il<br />

nuovo istituto registrò grande fioritura.<br />

Nel 1422 le monache erano 7;<br />

nel 1585 salirono a 14 (a quell’epoca<br />

“San Pietro” ne annoverava 10).<br />

In questo stesso anno i due <strong>Monasteri</strong><br />

furono oggetto <strong>di</strong> una visita canoni-<br />

stampa che rappresenta lo scenario<br />

naturale in cui vivevano le “bizzocche”<br />

ca compiuta a nome del Capitolo <strong>di</strong><br />

San Pietro. Il resoconto, come appren<strong>di</strong>amo<br />

da un documento dell’archivio<br />

capitolare vaticano, è, a <strong>di</strong>r poco, lusinghiero.<br />

Si parla, quanto al primo <strong>dei</strong><br />

due istituti, delle «sore… tutte <strong>di</strong> buona<br />

et santa vita. Viveno monasticamente,<br />

senza intendersi [senza aver<br />

gruppo <strong>di</strong> “bizzocche”. Particolare<br />

dell’affresco della Madonna della<br />

Misericor<strong>di</strong>a, dello Spagna, prima del<br />

restauro, conservato nella cappella<br />

interna del <strong>Convento</strong>


u<strong>di</strong>to] de dette sore nulla mala fama…<br />

Veramente ritrovo che sonno (sic) povere<br />

et poverissime». Nonostante le<br />

precarie con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita, a quanto<br />

sembra le monache non trascurarono<br />

il loro stabile, se tuttora si possono ammirare<br />

nell’antica cappella affreschi attribuiti<br />

a maestri locali del XV secolo;<br />

come pure fu dovuta alla loro iniziativa<br />

affidare allo Spagna o a sua scuola<br />

la raffigurazione della Madonna della<br />

Misericor<strong>di</strong>a (inizio XVI secolo), donde<br />

si ricava, tra l’altro, qual era la foggia<br />

delle “bizzocche” e la presenza <strong>di</strong> postulanti<br />

o <strong>di</strong> oblate che fossero.<br />

Quanto al secondo istituto, quello<br />

<strong>di</strong> Agnesuccia, si parla <strong>di</strong> monache<br />

«<strong>di</strong> buona et exemplare vita… menano<br />

vita da sante religiose», aggiungendo<br />

che la loro chiesa «è in buona<br />

forma [e] vi fanno <strong>di</strong> continuo celebrar<br />

messa» da un cappellano che<br />

aveva <strong>di</strong>mora in un piccolo appartamento<br />

tuttora identificabile.<br />

Da lì a non molto tempo dopo, la<br />

<strong>storia</strong> <strong>dei</strong> due <strong>Monasteri</strong> avrebbe scritto<br />

una nuova pagina. Infatti, con l’avvento<br />

del Concilio <strong>di</strong> Trento (1545-<br />

1563) le monache (con precisione le<br />

“bizzocche”) dovettero adottare la<br />

clausura e confluire, secondo la delibera<br />

emanata il 18 luglio 1604 dal vescovo<br />

<strong>di</strong> Spoleto, car<strong>di</strong>nale Alfonso<br />

Visconti (resse la <strong>di</strong>ocesi<br />

dal 1601 al 1608), in un<br />

unico Monastero che venne<br />

denominato <strong>dei</strong> Santi<br />

Giovanni Battista e Pietro,<br />

sotto la Regola benedettina.<br />

(Farà piacere a noi<br />

barnabiti ricordare che il<br />

Visconti era nipote dell’antico<br />

confratello e poi<br />

vescovo sant’Alessandro<br />

Sauli e che nel 1604 stabilì<br />

in Spoleto una nostra<br />

comunità, affidandole<br />

il Santuario <strong>di</strong> Santa Maria<br />

<strong>di</strong> Loreto, come tuttora<br />

ricorda una lapide ben<br />

leggibile a sinistra dell’ingresso).<br />

A motivare l’intervento<br />

dell’Or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong>ocesano<br />

fu certamente il fatto che<br />

i due monasteri obbe<strong>di</strong>vano<br />

alla stessa regola;<br />

per <strong>di</strong> più quello <strong>di</strong> San<br />

Pietro versava in con<strong>di</strong>-<br />

zioni economiche assai<br />

precarie a fronte del fiorente<br />

Monastero <strong>di</strong> San<br />

Giovanni Battista: l’unione avrebbe<br />

risolto non pochi problemi. Forse<br />

non sarebbe <strong>di</strong>spiaciuta alla stessa<br />

Agnesuccia!<br />

L’unificazione <strong>dei</strong> due precedenti<br />

e<strong>di</strong>fici fu facilitata anche dal fatto<br />

che si trovavano l’uno in continuità<br />

con l’altro (lo si evince dal lungo<br />

corridoio che attraversa tutto lo stabile),<br />

così che tra i due si poté costruire<br />

la chiesa e il coro, come risultano<br />

attualmente. Il numero complessivo<br />

delle monache <strong>dei</strong> due<br />

<strong>Monasteri</strong> nel 1607 fu <strong>di</strong> 26.<br />

Va però detto che, se quello del<br />

Visconti andò a buon porto, non fu il<br />

primo tentativo <strong>di</strong> unificare i due<br />

<strong>Monasteri</strong>. Infatti già nel 1571, poco<br />

meno <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci anni dalla fine del Tridentino,<br />

il vescovo <strong>di</strong> Spoleto Pietro<br />

de Lunel avrebbe voluto realizzare<br />

questo progetto, atteso anche il fatto<br />

che il Monastero <strong>di</strong> San Pietro era<br />

«piccolo e angusto», al punto da dover<br />

inglobare una dépendence a<strong>di</strong>acente,<br />

fino allora riservata all’accoglienza<br />

<strong>di</strong> ospiti.<br />

una preziosa<br />

testimonianza<br />

L’impatto che l’antica istituzione registrò<br />

nel con tado venne riconosciuto<br />

IL MONASTERO CAMPELLINO DI SAN PIETRO<br />

incipit dell’atto <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta a Lorenzo<br />

Nicole, padre <strong>di</strong> Agnesuccia, <strong>di</strong> due<br />

terreni siti in <strong>Campello</strong> basso, in data<br />

26 maggio 1393<br />

rescritto del 5 aprile 1401, con cui Lorenzo “Dei gratia episcopus spoletanus” concede ad<br />

“Annesutiae Laurentii” <strong>di</strong> erigere il monastero <strong>di</strong> s. Pietro<br />

Eco <strong>dei</strong> Barnabiti 4/2012 21


IL MONASTERO CAMPELLINO DI SAN PIETRO<br />

Crocifisso del <strong>Convento</strong>. Particolare<br />

del grande affresco (1342) attribuito<br />

al Maestro <strong>di</strong> Fossa<br />

22<br />

Eco <strong>dei</strong> Barnabiti 4/2012<br />

da Paolo <strong>Campello</strong> della Spina nelle<br />

Memorie storiche e biografiche relative<br />

al Castello <strong>di</strong> <strong>Campello</strong> (Roma, 1889).<br />

L’autore scrive dopo che la Rivoluzione<br />

francese e i suoi postumi avevano<br />

messo fine al Monastero, relegando “a<br />

estinzione” le monache nel convento<br />

spoletino <strong>di</strong> Via Monterone (1810), dove<br />

confluirono le nostre pergamene, attualmente<br />

conservate nell’Archivio delle<br />

Suore Convittrici del Bambin Gesù<br />

in San Severino Marche.<br />

Dopo aver ricordato che nel 1700 la<br />

chiesa del <strong>Convento</strong> venne «ampliata…<br />

nel modo che attualmente si trova»,<br />

afferma <strong>di</strong> aver «u<strong>di</strong>to dai superstiti<br />

– scrive infatti dopo che il Monastero<br />

fu soppresso – narrare gran<strong>di</strong><br />

benefici che ne ritraeva il Castello». E<br />

aggiungeva, sconsolato: «Ben se ne conosce<br />

la fine, dovuta alla persecuzione<br />

francese, della quale quei vecchi erano<br />

stati testimoni. Narravano essi quali e<br />

quanti fossero stati i vantaggi morali e<br />

materiali ridondanti alla popolazione<br />

da quel centro religioso; a cui ricorreva<br />

nelle avversità, a cui venivano frequentemente<br />

personaggi ecclesiastici e laici,<br />

in cui si collocavano le giovinette<br />

campelline chiamate alla vita del chiostro,<br />

dalle quali riverberava poi alle<br />

proprie famiglie una religiosità e un<br />

corredo d’insegnamenti a ben vivere,<br />

buoni a preservare il paese dalle colpe<br />

del secolo. Quel centro <strong>di</strong> pie donne,<br />

consacrate al servizio <strong>di</strong> Dio, giu<strong>di</strong>cate<br />

inutili e dannose dagli assidui delle<br />

loggie [massoniche] e <strong>dei</strong> lupanari, serviva<br />

anche temporalmente a mantenere<br />

più alto il prestigio del paese a fronte<br />

<strong>di</strong> altri; in pro va <strong>di</strong> che possono appunto<br />

citarsi <strong>Campello</strong> e Castel Rital<strong>di</strong>,<br />

i quali finché ebbero il Monastero<br />

mantennero una prosperità superiore<br />

ai castelli consimili, e quando il primo<br />

più non l’ebbe e il secondo lo ebbe,<br />

ma derubate d’ogni loro avere le monache,<br />

ridotte a poche sofferenti la fame,<br />

decaddero sin sotto al comune livello.<br />

Anzi a quello <strong>di</strong> cui m’industrio<br />

RIPORTIAMO, IN LIBERA TRADUZIONE DAL LATINO, IL TESTO DELLA SECONDA PERGAMENA RAFFIGURATA NELLA PAGINA 21<br />

Licenza accordata ad Agnesuccia dal vescovo <strong>di</strong> Spoleto in or<strong>di</strong>ne all’erezione del Monastero <strong>di</strong> San Giovanni Battista, in <strong>Campello</strong><br />

Alto, il 5 aprile 1401<br />

Lorenzo, per grazia <strong>di</strong> Dio vescovo <strong>di</strong> Spoleto, alla da noi amata in Cristo Agnesuccia <strong>di</strong> Lorenzo, monaca del Monastero <strong>di</strong> San Pietro<br />

<strong>di</strong> “Adualis” presso <strong>Campello</strong>, dell’Or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> san Benedetto, nella <strong>di</strong>ocesi spoletina, eterna salute nel Signore.<br />

La richiesta che ci hai presentato testé da parte tua – quantunque tu abbia fatto ed emesso regolare professione nel suddetto Monastero<br />

<strong>di</strong> San Pietro e quivi abbia <strong>di</strong>morato per un certo lasso <strong>di</strong> tempo – riguardava, in considerazione della salute della tua anima e per servire<br />

il Signore con tanta più devozione e tranquillità, la facoltà <strong>di</strong> erigere nelle case paterne site presso il Castello <strong>di</strong> <strong>Campello</strong>, nella <strong>di</strong>ocesi<br />

spoletina, un oratorio con altare, campanile, campana, cimitero e altre necessarie strutture, a onore <strong>di</strong> Dio e sotto il nome <strong>di</strong> San<br />

Giovanni Battista. E infatti, in conformità e secondo il tenore delle lettere a te <strong>di</strong> recente concesse dal santissimo padre in Cristo e nostro<br />

signore Bonifacio per <strong>di</strong>vina provvidenza papa IX, ottenesti licenza <strong>di</strong> costruire, cosa che iniziasti a fare, il suddetto Monastero e, con<br />

l’aiuto del Signore, non hai omesso né inten<strong>di</strong> omettere <strong>di</strong> portare a compimento con ogni solerzia e continuità il lavoro intrapreso.<br />

Nella tua richiesta ci hai umilmente supplicato che quanto ti accingi a realizzare e che si trova sotto la giuris<strong>di</strong>zione della Basilica del<br />

Principe degli apostoli, venga confermato secondo le leggi canoniche vigenti: si tratta della consacrazione del suddetto oratorio e del relativo<br />

cimitero, dell’erezione del campanile e della campana, nonché <strong>dei</strong> <strong>di</strong>vini uffici che vi saranno celebrati e delle altre ore canoniche che<br />

verranno recitate e <strong>dei</strong> sacramenti che verranno amministrati, cui si aggiunga la facoltà <strong>di</strong> deputare un sacerdote idoneo che vi celebri gli uffici<br />

<strong>di</strong>vini; cose tutte cui abbiamo provveduto per grazia speciale e secondo il <strong>di</strong>ritto vigente, in conformità alle suddette lettere pontificie.<br />

Benevolmente <strong>di</strong>sposti ad accogliere le tue giuste suppliche, avendo già ricevuto affidabile testimonianza circa la convenienza del<br />

luogo e della tua continenza, onestà e condotta, <strong>di</strong>amo piena licenza, secondo quanto è detto nel presente documento, <strong>di</strong> provvedere<br />

alla costruzione del suddetto oratorio con altare, campanile, campana, nonché il cimitero e altre necessarie strutture a onore <strong>di</strong> Dio e<br />

sotto il nome <strong>di</strong> San Giovanni Battista, e <strong>di</strong> scegliere un sacerdote cattolico per celebrare i <strong>di</strong>vini uffici e amministrare i sacramenti della<br />

Chiesa tutte le volte che a te e a quanti ti succederanno in seguito parrà opportuno e gra<strong>di</strong>to, senza pregiu<strong>di</strong>zio del <strong>di</strong>ritto altrui.<br />

E affinché possiate essere tumulate nel cimitero <strong>di</strong> detto oratorio debitamente consacrato, tu e quante ti succederanno e le altre monache<br />

che in futuro serviranno il Signore, come pure i corpi degli altri fedeli cristiani, con la nostra autorità e in nostra vece conce<strong>di</strong>amo<br />

facoltà a qualsivoglia vescovo cattolico, che fosse richiesto da te o da chi ti succedesse, <strong>di</strong> compiere detta consacrazione secondo<br />

il rito consueto della santa Chiesa romana.<br />

Volendo concederti il dono <strong>di</strong> una grazia ancor più fruttuosa, così che il suddetto oratorio possa registrare un incremento della dovuta<br />

devozione, e la sincerità della fede risplenda ancor più chiaramente, in virtù della nostra autorità, a tutti coloro che sinceramente<br />

pentiti e confessati, parteciperanno alla preghiera <strong>di</strong>urna e notturna, e che genuflessi reciteranno cinque volte il Padre nostro a onore <strong>di</strong><br />

Dio onnipotente e reciteranno tre volte l’Avemaria in onore della gloriosa Vergine sua madre e del beato Giovanni Battista, quando<br />

sentiranno suonare la campana dell’oratorio a loro lode, e a chi sia maschio o femmina <strong>di</strong> qualsivoglia con<strong>di</strong>zione darà personalmente<br />

una mano o un contributo in aiuto alla costruzione e alla fabbrica, conce<strong>di</strong>amo quaranta giorni per ogni ora in cui avranno dato la loro<br />

opera o il loro contributo e li assolviamo misericor<strong>di</strong>osamente nel Signore dalle penitenze loro ingiunte.<br />

Segue a pag. 35


<strong>di</strong> riferire la <strong>storia</strong>, fu il segnale del <strong>di</strong>sfacimento,<br />

perché può <strong>di</strong>rsi rimanesse<br />

con la loro scomparsa un deserto rudere»<br />

(p. 248). Proprio quel «semi<strong>di</strong>ruto<br />

fabbricato» <strong>di</strong> cui parla l’atto notarile<br />

con il quale i Barnabiti acquisirono il<br />

<strong>Convento</strong> nel 1935. Una rara fotografia<br />

lo documenta.<br />

la vita interna del monastero<br />

A questo punto il lettore si chiederà:<br />

ben oltre il quadro storico che ricostruisce<br />

le vicende relative al Monastero <strong>dei</strong><br />

Santi Giovanni Battista e Pietro, quale<br />

vita vi conducevano le monache? quale<br />

ne era la <strong>di</strong>sciplina religiosa? quale<br />

rapporto le legava all’ambiente circostante?<br />

come e <strong>di</strong> che vivevano? Una<br />

risposta adeguata sarebbe stata possibile<br />

se, oltre all’elenco, il superstite loro<br />

Archivio ci avesse conservato il relativo<br />

materiale. Ma, ahimé! allo stato attuale<br />

delle <strong>ricerche</strong> questo ci è interdetto.<br />

Tenteremo in ogni modo <strong>di</strong> farcene<br />

un’idea attraverso gli ari<strong>di</strong> elenchi forniti<br />

dall’Inventario custo<strong>di</strong>to nell’Archivio<br />

<strong>di</strong>ocesano <strong>di</strong> Spoleto.<br />

Anzitutto vi troveremmo il breve<br />

emesso dal Capitolo vaticano concernente<br />

l’approvazione delle regole<br />

<strong>dei</strong> frati <strong>di</strong> Santa Croce <strong>di</strong> <strong>Campello</strong><br />

sotto la regola <strong>di</strong> sant’Agostino. La<br />

“scoperta” risulterebbe <strong>di</strong> straor<strong>di</strong>nario<br />

interesse, visto che l’erigendo cenobio<br />

nasceva all’interno <strong>di</strong> quel ritorno<br />

all’osservanza che come si è<br />

detto agitava le coscienze <strong>di</strong> agostiniani,<br />

francescani e “spirituali”.<br />

Per quanto poi concerne i due <strong>Monasteri</strong><br />

benedettini unificati, l’Inventario,<br />

oltre a registrare privilegi canonici,<br />

posse<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> stabili, mobili, arre<strong>di</strong>,<br />

legati per la celebrazione <strong>di</strong> messe,<br />

versamenti <strong>di</strong> decime per lo più simboliche<br />

alle autorità vaticane, transazioni<br />

<strong>di</strong> liti, acquisizioni patrimoniali e<br />

beni ere<strong>di</strong>tari, libri <strong>di</strong> ricevute detti<br />

“bastardelli”, testamenti, ren<strong>di</strong>te fon<strong>di</strong>arie,<br />

donazioni <strong>di</strong> benefattori, lavori<br />

<strong>di</strong> manutenzione e relativi operai, registri<br />

<strong>di</strong> entrate e uscite…, oltre a tutto<br />

ciò elenca una serie <strong>di</strong> documenti illustranti<br />

la vita interna delle monache.<br />

Custo<strong>di</strong>va infatti documenti concernenti<br />

la «regola o modo <strong>di</strong> prendere le<br />

donne nella Regola <strong>di</strong> san Benedetto e<br />

<strong>di</strong> vestigli l’abito religioso»; «il modo<br />

d’eleggere la badessa»; «lo stato» del<br />

Monastero; l’arredo <strong>di</strong> quante entravano<br />

come monache, le loro doti, la data<br />

della professione e della morte; co-<br />

me pure copia della Regola <strong>di</strong> san Benedetto<br />

in volgare e la Regola propria<br />

del Monastero stesso.<br />

Ma ciò che ci strugge dal desiderio<br />

purtroppo destinato a rimanere inappagato,<br />

è quel «Libro delle risoluzioni<br />

capitolari» che ci avrebbe permesso<br />

<strong>di</strong> varcare la rigorosa clausura e <strong>di</strong><br />

registrare sul vivo l’esperienza del<br />

Monastero e le <strong>di</strong>namiche interne relative<br />

alla vita comune e alla vita <strong>di</strong><br />

preghiera! Per non <strong>di</strong>re <strong>di</strong> quella<br />

«memoria d’essere stati uniti li due<br />

<strong>Monasteri</strong> <strong>di</strong> San Pietro e <strong>di</strong> San Giovanni<br />

Battista dall’eminentissimo si-<br />

IL MONASTERO CAMPELLINO DI SAN PIETRO<br />

foto storica dell’estate del 1938. Al centro, d. Benedetto Fabrizi, alla sua<br />

sinistra il p. Generale Fer<strong>di</strong>nando Napoli e alla sua destra il p. Maestro<br />

Agostino Mazzucchelli<br />

gnor car<strong>di</strong>nale Visconti vescovo <strong>di</strong><br />

Spoleto (il dì 18 luglio 1604) e della<br />

<strong>di</strong>spensazione d’alcuni obblighi della<br />

Regola <strong>di</strong> già non osservati»...<br />

Attraverso quest’ultimo documento<br />

avremmo potuto ricostruire una vicenda<br />

che senza dubbio registrò momenti<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio tra le monache, ma<br />

che tutto ci fa pensare sia andata a<br />

buon fine. Avremmo saputo con e<strong>di</strong>ficazione<br />

come ne vennero a capo e<br />

quali “sconti” fecero alle loro Regole<br />

per vivere insieme e in pace!<br />

Antonio Gentili<br />

il «semi<strong>di</strong>ruto fabbricato» del <strong>Convento</strong>, all’atto dell’acquisto nel 1935. In alto,<br />

a destra, il Castello<br />

Eco <strong>dei</strong> Barnabiti 4/2012 35

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