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foto Mauro Topini - Campo de'fiori

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foto Mauro Topini


2

Campo de’ fiori


di Sandro Anselmi

I giovani sono tutto il futuro. In essi vi

sono tutte le attese, le aspettative e le speranze

del mondo. Essi sono belli, sono allegri

e la loro vivacità, l’irrequietezza nascono

dalla voglia di conoscere, di abbracciare

totalmente la vita. Fondamentali per lo

sviluppo formativo dei giovani, sono le

famiglie e la scuola che, insieme, tracciano

la strada maestra da percorrere. Quando

penso agli anni della scuola, specialmente

quelli delle elementari e delle medie inferiori,

sento ancora un debito di riconoscenza

nei confronti dei miei insegnanti che, al

di là dello stipendio, spesso inadeguato al

loro impegno, hanno formato, con lodevole

passione, una buona parte del mio

carattere. I riscontri di quanto imparato si

avevano nel rispetto verso gli altri, nella

gratitudine per un gesto, anche inatteso,

nella schiettezza e nella correttezza nei

rapporti. La Chiesa, poi, con la sua dottrina

dogmatica, sopravvaleva su tutto e, con

le temute penitenze, anche su peccati preventivamente

confessati, aiutava a non

fuoriuscire da quella strada maestra.

Campo de’ fiori 3

Giovani bulli,

piccole canaglie

Oggi queste fondamentali istituzioni hanno

perso la loro importanza e male assolvono

il loro impegno. Troppi altri interessi, troppa

bagarre le hanno distratte dalla loro

funzione.

Ecco allora aumentare in misura esponenziale

atti di violenza che hanno come protagonisti

giovani e giovanissimi. Violenza

espressa in famiglia, nelle strade e nelle

scuole. Le scuole, che dovrebbero essere il

luogo dove si impara la cultura ed ancor

più l’educazione, sono teatro di innumerevoli,

gravi, episodi di bullismo.

Questo è comunque sempre esistito (basti

pensare ai ragazzi difficili del libro Cuore di

E.De Amicis), ma era a danno dei “secchioni”,

dei preferiti dagli insegnanti. Oggi,

purtroppo, sono presi di mira i più deboli:

le ragazze, gli immigrati e i disabili.

Che squallida scelta!

L’uso poi dei mezzi di comunicazione

(videotelefonino, internet) con i quali pubblicizzare

la bravata e soddisfare il loro

narcisismo, dimostrano il bisogno che

hanno di essere considerati, di richiamare

attenzione. Le loro carenze derivano pertanto

dall’assenza della famiglia che si

preoccupa solo di creare, far crescere e

mantenere dei “principini”, senza però dare

loro attenzione, amore, punti di riferimento.

Il bullo è perciò fondamentalmente un insicuro,

un debole, che proprio per la sua

vigliaccheria non agisce mai da solo, ma si

aggrega ad altri suoi “simili”.

All’interno del gruppetto, che ha, a questo

punto, le caratteristiche di una baby-gang,

emerge la figura di un capo al quale viene

prestata obbedienza assoluta.

La vittima, che è sempre una sola, viene

derisa, beffeggiata, picchiata e minacciata

di cose ancor più gravi, se solo prova a

confidarsi con i genitori o con gli insegnanti.

Nella classe, allora, si crea un clima di

omertà che, conseguentemente, isola il

ragazzo.

A questo punto proprio l’occhio vigile di un

genitore, o di un insegnante più solerte,

dovrà captare segnali di disagio e di soffe-

renza, ed incominciare ad aprire un dialogo

offrendogli la massima comprensione:

non ha nessuna colpa nei fatti, se non

quella di essere troppo educato e, magari,

anche un po’ timido e remissivo.

Bisogna allora esortarlo a non sfuggire il

problema, ma ad affrontarlo in maniera

ferma e decisa, usando, quando è possibile,

l’indifferenza, che è pur sempre l’arma

migliore.


Chi


Campo de’ fiori 5

è Tatiana? atiana?

di Sandro Alessi

Incontro per la prima volta Gabriele Cirilli

nell’estate del 2001 in uno scenario fantastico

come quello del castello di Santa

Severa (Rm) reduce dal grande successo

ottenuto dal suo personaggio su Zelig

(Italia 1) ed interprete di uno show in tour

estivo in tutta Italia. Oggi, inverno 2007, ci

incontriamo in un nuovo teatro romano, il

Teatro Italia, in occasione della tappa

romana di “Donna Gabriella e i suoi figli”,

uno spettacolo nuovo e divertentissimo,

ma la nostra prima domanda ci riporta

subito indietro nel tempo ad un grido di

battaglia che imperversava tutta l’Italia:

“Chi è Tatiana?”

“Quello fu un tormentone creato ad hoc

per la televisione che però poi ha superato

ogni nostra aspettativa e non verrà mai

rinnegato perché è uno dei personaggi che

mi ha dato più soddisfazione a livello di

televisione, teatro ed addirittura di libri”….

Ma parliamo di questo spettacolo che

ti vede nuovamente one man show…

“In questo spettacolo c’è una sorpresa

finale che non posso rivelare e ci tengo a

dire che è un recital a cui tengo molto,

anche perché capita spesso che gli spettatori

mi cerchino alla fine della serata per

farmi capire che non ero più solo “quello

dei tre minuti…” ma un artista completo. E

questa è proprio una bella cosa soprattutto

quando a dirtelo è uno spettatore vero

con il cuore in mano…Insomma troverete

una contaminazione di stili, c’è da ridere,

da pensare, da piangere e, soprattutto, da

cantare, perché sul palco insieme a me c’è

una orchestra vera – i Flexus – e pertanto

è uno spettacolo godibilissimo. Donna

Gabriella, la protagonista, l’ho immaginata

come la creatività di un artista ed i figli

sono tutto quello che un artista ha prodotto

nel tempo: i personaggi, le gag e le

situazioni… Potremmo dire che esiste

quindi una specie di metafora: la tipica

madre italiana che si stanca di dare ai propri

figli e che, ad un certo punto, pensa:

più di questo cosa posso dare alla mia

famiglia? Lo stesso estro, la stessa fantasia

di un artista che dice: e mo’ che mi

invento?”

Un anno passato ricco di successi ed

uno nuovo iniziato ancora meglio

“Si, sto preparando una trasmissione di

comici che dovrei presentare con la

Stefanenko, per Rai due, che andrà in

onda a Febbraio in tre puntate e si chiamerà

“ bravo,grazie !” e poi ci sarà una fiction

di cui non posso parlare perchè è un

progetto molto grande a cui tengo molto,

e quindi sono molto soddisfatto: magari

sempre cosi!”

Gabriele, un cuore abruzzese ormai

trapiantato nella Capitale

“Sono nato ufficialmente a Sulmona,

geneticamente insomma, mentre Roma

mi ha dato i natali artistici: ho iniziato con

il laboratorio teatrale di Gigi Proietti, l’ho

seguito al Sistina con “A me gli occhi please”

e quindi non posso considerare Roma

solo una città artistica da visitare. Roma è

molto di più e la sento come la mia città,

anche se, negli ultimi tempi, l’ho trovata

molto cambiata, ma è sempre una città

europea e la capitale e da molti spaccati di

questa città ho attinto per creare i miei

personaggi, molti scovati anche dietro gli

angoletti nascosti della città eterna. E poi

finalmente sono tornato qui in questo

nuovo spazio teatrale dove sto riscoprendo

vecchie emozioni.”

Sono passati diversi anni e tanti successi

ma lui è rimasto quello di sempre, quello

che avevamo conosciuto in quella calda

serata del 2001: un artista completo ma

sempre ricco di umanità.

Complimenti Gabriele!


6

Sembra assai

strano dover

constatare piacevolmente

come, pur nel

dinamismo

moderno che

rende la vita

estremamente

convulsa, ci

siano delle per-

di Alfonso Tozzi sone che si dedicano

a collezionare,

e con impegno, le cose più strane e

impensabili riuscendo a realizzare talvolta

raccolte molto interessanti.

Un recente sondaggio sul collezionismo

ha dimostrato infatti che il settanta per

cento di coloro che si recano in visita nei

musei, nelle pinacoteche, alle mostre, conserva

il biglietto, spesso realizzato con

buon gusto grafico, come souvenir e di

questi, buona metà finisce

con l’essere collezionato

e raggiungere, col

tempo, quotazioni di tutto

rispetto, come il biglietto

venduto nel 1881 in occasione

della inaugurazione

del Museo Nazionale di

Atene, che tocca ora i trecento

euro.

Approfondendo “l’indagine”

si è scoperto che tanti

ricercano e conservano

biglietti ferroviari, tranviari,

biglietti di ingresso nei

cinema, teatri, discoteche

e che intorno a questo pulsare di ricerca vi

è tutto un mondo che ruota freneticamente

fra scambi ed acquisti con valutazioni

spesso sorprendenti, come per il biglietto

rilasciato al Louvre nel 1900 per l’esposizione

dei reperti ritrovati durante gli scavi

di Sarzes e quello relativo alla Mostra dei

Bronzi Gotici e Rinascimentali, provenienti

dalla raccolta Timbal, entrambi quotati

intorno ai quattrocento euro, mentre i

biglietti dei Musei Vaticani del 1908 per la

mostra delle Tavole Trecentesche, e quello

per la mostra organizzata dalla Galleria

dell’Accademia di Venezia, raggiungono

ora i duecento euro.

Anche i biglietti di viaggio: treni, tram,

aerei, navi ecc. sono oggetto di raccolta e

molto ricercati. Ma assolutamente introva-

Campo de’ fiori

Cartofilia: un collez

Infiniti biglietti multicolori vivacizzano gli sc

bili, sono i “biglietti” che venivano rilasciati

sulle diligenze che, agli inizi del secolo

scorso, collegavano alcune città italiane,

così come ricercatissimi sono i rari esemplari

che, sembra, sopravvivano nei biglietti

relativi alla più antica linea ferroviaria

italiana: la Napoli-Portici, realizzata per

conto del Regno delle due Sicilie, ed inaugurata

il 4 Ottobre del 1939.

In questo ambito si collocano anche i

biglietti relativi ad altri mezzi di trasporto

pubblico: funicolari, metropolitane, autobus,

navi da crociera e di linea, traghetti e

via dicendo.

Un settore a sé, lo occupa il biglietto di

visita (BI.DI.VI.) salito alla ribalta della

società italiana solo verso il 1730: si tratta,

come è noto, di un piccolo cartoncino

che reca stampato, in caratteri eleganti, il

nome di una persona, i suoi titoli accademici

o nobiliari, nonché la professione e

l’indirizzo.

La moda, importata dalla Francia, si diffuse

nel nostro paese molto rapidamente,

così come l’uso di raccogliere e conservare

i BI.DI.VI. è quasi immediato, istintivo:

il cartoncino si presenta come una piccola

opera d’arte, abbastanza attraente e quindi

“degno” di essere conservato.

In Italia non sono moltissimi i collezionisti

di BI.DI.VI. ma il loro numero è in costante

aumento, mentre il valore commerciale

è affidato esclusivamente alle contrattazioni

fra collezionisti, alle offerte degli antiquari

e all’esito delle aste, dove non è raro

il caso di sentire richiedere o offrire in vendita,

per un particolare BI.DI.VI.

dell’Ottocento, cifre vicine ai mille euro.

Montare una collezione è abbastanza facile,

come è facile procurarsi i primi esem-

plari richiedendoli ad amici, conoscenti,

parenti, frugando fra le scartoffie dei genitori,

dei nonni: in quest’ultimo caso non è

infrequente imbattersi in cartoncini di inizio

secolo di un certo pregio collezionistico.

Fra i collezionisti cartofili si segnalano:

Stefano Benelli di Firenze il quale limita la

sua raccolta al 1945 e solo ai biglietti ferroviari

in Italia e Svizzera; Nino Valentini di

Gambettola (FO), interessato solo ai

biglietti di tram ed autobus; Giuseppe

Montanino di Napoli, che ricerca e conserva

solo i biglietti di ingresso allo stadio

partenopeo per le partite del Napoli e della

Nazionale Italiana; Giacobini Enzo di

Ciliverghe (BS), solo BI.DI.VI; Giorgio

Quinci di Cantavenna (AL), solo discoteche;

Adriano Giglioni di Milano, che si

dedica, in maniera particolare, allo studio

e alla raccolta di biglietti tranviari della

Lombardia, con riferimento specifico alla

città di Milano; e, il più

grande di tutti, Francesco

Ogliari di Malnate (VA),

autore della monumentale

“Storia dei trasporti italiani”

in 35 volumi.

Mi piace chiudere queste

note con un episodio

accadutomi anni or sono:

un collega d’ufficio mi

pregò di ricevere un suo

amico per delle delucidazioni

su alcune pratiche; a

cose fatte, nel salutarmi,

questo signore mi lasciò

sulla scrivania il suo

BI.DI.VI. e andò via.

Lessi.

Il nome era preceduto da “V.D. Dott. Ing.

……”.

Incuriosito da quelle due lettere “V.D.”,

chiesi al collega delucidazioni.

Questi, candidamente, mi spiegò che quelle

due lettere rappresentavano il desiderio,

non realizzato, del suo amico, cioè “VOLE-

VA DIVENTARE Dott. Ing. ……”!!


Campo de’ fiori

ionismo stimolante

ambi e gli acquisti fra gli addetti al settore

7


8

Un giorno in Tribunale Gabriele D’Annunzio

fu invitato a declinare le proprie generalità,

ma quando gli fu richiesta la data di

nascita, rispose:

“…alle signore ed ai poeti non si chiedono

mai gli anni…”.

Trilussa, che per i suoi comportamenti non

si poteva di certo paragonare a

D’Annunzio, per taluni aspetti era infatti la

semplicità personificata, aveva però alcune

sue debolezze come quella di non

riuscire a soffrire chi ostentava una cravatta

o un fazzoletto più belli dei suoi e, per

quanto attiene l’età, ebbene, anch’egli

rifuggiva dal confessare la sua.

Carlo Alberto Salustri nasce a Roma il 26

ottobre 1871, anche se dichiarava di esser

nato nel 1873; il padre Vincenzo, di professione

cameriere, è nativo di Albano; la

madre Carlotta Poldi, di Bologna, esercita

il mestiere di sarta. Il Poeta è quindi di origini

modestissime, ma suo padrino di battesimo,

assieme a tale Pietro Ambrosoni,

cameriere, ed allo zio paterno, Pasquale

Salustri, cuoco, c’è anche un patrizio

romano, tale Marchese Ermenegildo De’

Cinque Quintili, che nel 1874, morto il

padre Vincenzo, accoglie Carlotta Poldi e

il bambino di pochi anni nel proprio palazzo.

Carlo Alberto cresce nel Palazzo De’

Cinque in Via della Colonna Antonina, strada

che sbocca in Piazza Montecitorio, con

ingresso secondario da Piazza di Pietra ed

è dal quinto piano di quel palazzo che fin

da piccolo ha la possibilità di rimirare alcuni

degli splendidi avanzi di Roma antica ed

è proprio in quel luogo che, con ogni probabilità,

il giovanissimo Trilussa compone

uno dei suoi primi sonetti:

“…a immaginasse Roma anticamente / pè

quanto faccia un omo se confonde / ched’era

Roma? Un bosco de colonne / una

città de marmo arrilucente…”

In quello stesso palazzo Carlotta continua

ad esercitare il mestiere di sarta, anche

perché tutto il peso della famiglia grava

sulle sue spalle; Carlo Alberto studia presso

i Fratelli delle Scuole Cristiane, ma di

certo non brilla negli studi e, lungi dall’essere

un intellettuale, fonte della sua ispirazione

sono le strade di Roma piuttosto che

i libri.

Scrivendo di Giuseppe Gioachino Belli,

accennavo che, per parlare di Roma, non

si può di certo prescindere dalla sua poesia,

egli è un porto al quale bisogna necessariamente

attraccare.

Ebbene, non si può prescindere neanche

Campo de’ fiori

Roma che se n’è andata: luoghi

Trilussa, un poeta chansonnier

dalla poesia di Trilussa con la differenza

che circa ottanta anni prima il Belli era

stato ispirato dal netto contrasto fra le

classi sociali più agiate e quelle più basse,

nonchè dalla lotta per l’essenziale che

queste ultime dovevano sostenere quotidianamente.

La Roma di fine secolo, viceversa, aveva

una ben diversa struttura sociale; la piccola

borghesia era cresciuta fino a diventare

la classe più rappresentata, conseguentemente,

le poesie di Trilussa sono popolate

dai tipici personaggi di un mondo piccolo

borghese, egli trae ispirazione dalla casalinga,

dalla servetta, dal commesso di

negozio o, anche da: “la folla”

Non soffià più, risparmia la fatica, / disse

una canna al vento, / tanto lo sai che nun

me spezzi mica… / io, disse il vento, sfido

/ l’alberi secolari e li sconquasso: / ma de

te me ne rido! Me contento / che te pieghi

e t’inchini quanno passo.

Altra caratteristica di Trilussa è quella di

aver inserito nelle sue poesie gli animali

rendendoli protagonisti, così leoni, scimmie,

gatti, somari, maiali e altri ancora,

danno continuamente vita a divertenti

situazioni mettendo in ridicolo i molti vizi e

i moltissimi difetti dell’uomo.

Dopo la pubblicazione dei sonetti del Belli,

verso la fine del XIX secolo, diversi poeti

romani cominciarono a scrivere in dialetto

ed a questa moda non poteva di certo

sfuggire Carlo Alberto Salustri che, assunto

lo pseudonimo di Trilussa, il 30 ottobre

1887, su uno dei primi numeri di

Rugantino, un giornaletto in vernacolo

fondato e diretto dal poeta folkrorista

Giggi Zanazzo, gli viene pubblicato il primo

sonetto che ottenne subito il consenso dei

lettori.

Ha inizio così la sua collaborazione con

diversi giornali romani come il

Messaggero, il Don Chisciotte, il Capitan

Fracassa, il Travaso delle idee; chi scrive

ricorda perfettamente alcuni numeri di

quest’ultimo il cui titolo completo era:

“Travaso delle idee - organo ufficiale delle

persone intelligenti.”

La sua fama cresce e, tra gli anni 1920 -

1930, raggiunge il culmine, tuttavia non

frequentò mai i Circoli letterari ai quali continuava

a preferire le Osterie; ciò malgrado,

con decreto dell’1 dicembre 1950,

comunicatogli con una calda lettera del

Presidente Luigi Einaudi, viene nominato

Senatore a vita per alti meriti in campo letterario

ed artistico; nell’apprendere la notizia

il Poeta ironicamente disse alla vecchia

governante:“…siamo ricchi…”, ben sapendo

che quel titolo altro non era che una

carica onorifica.

Tre settimane dopo, il 21 dicembre, muore

in quella casa ubicata nella Roma della sua

infanzia, in Via Maria Adelaide, dove si è

stabilito subito dopo la perdita della

madre, avendo qui costituito il suo “buen

retiro” e dove, con quello che ricava dai

proventi dei contratti editoriali, conduce la

propria modesta vita da scapolo che tiene

soprattutto alla propria libertà.

Come detto, la struttura sociale cambia

profondamente ai tempi di Trilussa per cui

egli trae continua ispirazione dalle vecchie

atmosfere romane nella consapevolezza

che, un po’ per volta, anche queste lo

avrebbero abbandonato; più direttamente

approda alla poesia dalla cronaca cittadina,

dagli spettacoli, dai teatri, dai caffè

concerto e dalle altre novità e curiosità

quotidiane.

Ancora, l’incontro con la pungente attualità

del giornale è per lui un espediente per

scoprire se stesso che gli rivela la sua

vocazione di Poeta chansonnier e, come

succede ad altri chansonniers, diviene ben

presto il più inventivo e felice favolista del

suo tempo.

La lingua usata è di certo differente da

quella del Belli, molto più limitata nei tratti

dialettali e assai più vicina all’italiano,

cosa del tutto naturale essendo questa la

più parlata in quegli anni per l’innalzamento

culturale medio della popolazione alla

fine del XIX secolo, con il risultato che le


Campo de’ fiori 9

, figure, personaggi

sue poesie sono meno caustiche e meno

pungenti rispetto i sonetti dell’illustre predecessore,

anche se lo spirito umoristico

che le sostiene è sempre lo stesso; tra i

suoi meriti artistici va ricordata una molto

proficua collaborazione con Ettore Petrolini

per il quale scrisse alcuni testi brillanti.

Secondo il punto di vista dei custodi della

tradizione del dialetto romano, i c.d. puristi,

Trilussa non è davvero un Poeta trasteverino

per quanto abbia abitato in

Trastevere tra il 1895 e ilo 1912; la sua

ispirazione e la sua lingua bisogna cercarle

nei Rioni più centrali come Trevi,

Colonna, Campo Marzio cioè nel clima

della nuova Capitale d’Italia.

In Trastevere è, casomai, da ricercare l’amore,

trasteverina è, infatti, la bella fanciulla

dai capelli e occhi neri che fu il grande

amore della sua vita e che, negli anni

precedenti la prima guerra mondiale, egli

aiuta a diventare una stella del cinema.

A ben vedere la sua poesia si adatta perfettamente

ai giorni nostri, tant’è che

prendendo spunto da un sonetto dal titolo:

“In Pretura”

Alzatevi, accusata, vi chiamate? / Pia

Tonzi. Maritata? Sissignora. / Con prole?

No…con uno che lavora…/ D’anni?

Ventotto, Che mestiere fate?

Esco la sera verso una cert’ora…/ Già,

comprendo benissimo, abbordate…/ Oh,

dico, sor pretore, rispettate / l’onorabbilità

d’una signora!

“Ma le guardie vi presero al momento /

che facevate i segni ad un signore, / scandalizzando

tutto il casamento…

Loro potranno divve quer che vonno / ma

io, su le questioni de l’onore, / fo come li

Ministri: nun rispondo!

Marcello Gardani, nell’agosto 1996, a tutti

coloro che amano il sonetto satirico romanesco,

regala questa gemma:

“…se poi a qualcuno venisse in mente una

possibile intenzione critica nei confronti

del nostro amato Presidente Oscar Luigi

Scalfaro che, accusato di aver rubato 100

milioni di lire al mese per quattro anni,

invece di negare, pronunciò uno stentoreo

“Io non ci sto”, al che gli accusatori vennero

per sempre confusi e umiliati da una

tale sfolgorante verità ed i magistrati ritennero

di non poter procedere; se a qualcuno,

dicevo, venisse in mente questa intenzione,

pensi che Trilussa lo scrisse quasi

un secolo fa. E’ evidente che non aveva

quindi nessuna

intenzione critica

nei confronti

della giusta reticenza

del nostro

Presidente.

Pertanto nessuna

Procura

Italiana dovrebbe

sentirsi impegnata

a dissotterrare

i resti del

Poeta per far

loro subire la

punizione dovuta

a chi si macchi

del crimine di

vilipendio del

Capo dello

Stato, a cui invece

auguriamo

cordialmente di

poter orgogliosamente

non

starci ancora per

molti anni a

venire…”

Trilussa, sempre

dotato di polsini

e colletti enormi,

(ricordi i colletti

di quel grande

giornalista sportivo

che rispondeva

al nome di

Sandro Ciotti?),

ha nei modi una

sicurezza di sè

ed una prestanza

da veri signore

e bisognerebbe aver conosciuto il

Marchese Ermenegildo De’ Cinque Quintili

per poter dire se quei modi gli vennero

dalla consuetudine col padrino.

Al suo Poeta chansonnier, Roma ha dedicato

una piazza che si apre sulla sponda

destra del Tevere proprio di fronte Ponte

Sisto, dove è posizionata una bellissima

fontana commissionata da Papa Paolo V,

Camillo Borghese, 1605 – 1621 fontana

che, originariamente, si trovava dalla parte

opposta del fiume, sullo sfondo di Via

Giulia, addossata all’edificio c.d. dei

Centopreti, ossia l’Ospizio dei Mendicanti,

come rilevabile da un acquerello di Roesler

Franz e che venne trasferita nell’attuale

sito nel 1898.

A lato della fontana è situato il monumen-

di Riccardo Consoli

to commemorativo del Poeta che dà il

nome alla piazza la cui caratteristica, come

già detto, è la favoletta lineare, una poesia

ironica, semplice e moderata; accanto alla

sua immagine una poesia probabilmente

scelta perché, più delle altre, rispecchia il

moralismo, l’arguzia aperta e cordiale che,

però, nasconde un’ombra di disprezzo

verso le vicende umane di questo grande

personaggio:

“All’ombra”

Mentre me leggo er solito giornale / spaparacchiato

all’ombra d’un pajaro, / vedo

un porco e je dico: addio majale! / vedo

un ciuccio e je dico: addio somaro! /

forse ste bestie nun me capiranno, / ma

provo armeno la soddisfazione / de potè

di le cose come stanno / senza paura de

finì in prigione.


10

“CHUM, un musicista di Valle …… con

tanti problemi a monte”, così avevo,

sinteticamente, annotato tra i miei appunti,

riassumendo le “storie ” raccolte qua

e là in paese sul conto del personaggio/musicista

che andavo ad incontrare in

una fredda e piovosa serata dello scorso

10 agosto, la Notte di San Lorenzo, in quel

di Moena, nota cittadina ad alta propensione

turistica della Val di Fassa in

Trentino. Il potente scroscio di un impetuoso

torrente di montagna obeso nel suo

alveo, si univa al ritmo di una pioggia battente,

non di meno “sovrappeso” nelle sue

gocce: insieme quella sera avrebbero

“accompagnato” l’imponente CHUM

durante la chiacchierata, dai toni ora

divertenti, ora malinconici, con il sottoscritto.

CIAK ….si si (!) CHUM !

Carlo: Ciao CHUM, chiariamo innanzitutto

ai lettori la nascita dello pseudonimo che

ti contraddistingue nella vita ed artisticamente.

Chum: all’anagrafe risulto come Lucio

Ciocchetti (un cognome popolare nella

Valle), classe 1955, nativo di Cavalese ma

di famiglia originaria di Moena/Someda,

residente a Moena. L’origine del sopranno-

Campo de’ fiori

me “CHUM” deriva da mio padre …. provengo

da un famiglia di suonatori diciamo

così “dopolavoristi”, che si divertivano e

facevano divertire la gente, esibendosi nel

loro tempo libero nello spazio di un bar,

nelle trattorie, nelle fiere …

Mio padre, netturbino, suonava la chitarra,

il violino, componeva da autodidatta …

era, a detta di tutti, davvero un “Segovia”

per abilità tecnica e dalla spiccata sensibilità

d’animo … nel segno di questa tradizione

familiare, mi hanno ribattezzato

“CHUM” che vuol intendere, nel nostro

vocabolario di Valle, “compagno di battaglia,

di avventure e disavventure” … un

compagnone con cui far baldoria o consolarsi,

insomma!

Carlo:quindi seguivi tuo padre e hai precocemente

iniziato a suonare…

Chum: Si, ho preso da papà, scomparso

da diversi anni, agli albori della sua 3^età,

l’amore per la musica e la caratteristica di

girovagare per bar e taverne della Valle;

ho iniziato a suonare a 8 anni “stuzzicando”

una vecchia chitarra classica e piano

piano, come quando inizi ad andare sugli

sci ( …tanto per rimanere nei costumi della

Valle ! ) sono cresciuto: insomma, una formazione

anche per me da autodidatta e

stradaiola.

Carlo: arrivano gli anni ’70 e …..

Chum: Beh, tra la fine dei ’60 e il primo

lustro del ’70 suonavo e cantavo dapprima

con un gruppo, i “Black Men”; a seguito

dello scioglimento di questa band si formano

gli “ESTRO” che suonano ancora

oggi e dai quali ho avuto collaborazione

per il mio 2^ cd “Noi ci siamo” … riprendevamo

la musica in voga nel periodo:

Beatles, Rolling Stones, Led Zeppelin,

Santana, Creedence ClearWater Revival

ma anche, in considerazione della nostra

provenienza, melodie della musica folk tradizionale

del Trentino Alto Adige.

Carlo: … ad un certo punto sò che la tua

vita si complica …… (qui il mio interlocutore

tira un sospirone e si vela di tristezza)

Chum: si , nei primissimi anni ’70 mi

arruolo per il servizio di leva nella Polizia e

per doti atletiche entro nel gruppo sportivo

come atleta nella disciplina del “salto

con gli sci dal trampolino”, fornivo anche

di Carlo Cattani

CHUM fermate il mondo, voglio salire !!

(2° parte)

buone prestazioni. Erano i primi “anni di

piombo” e ben presto fui spostato dalla

Valle al servizio di pubblica sicurezza in

strada, in Città come Milano, Mantova,

Brescia … davvero uno shock solo questo

trasferimento. Le

cose si complicano

quando vengo

coinvolto, nel corso

di una rapina, in un

conflitto a fuoco…

per fartela breve

subisco un processo

e sono avviato

ad un periodo di

reclusione di circa

due anni presso

una nota struttura

m i l i t a r e .

Sicuramente una

esperienza che

lascerà il segno… la

vita scorre e a

metà degli anni ‘80

chiudo l’esperienza

con il gruppo

ESTRO a causa di

motivi di salute:

problemi psichici

mi portano a girare

diversi ospedali psichiatrici

…o meglio

ospedali giudiziari

(ndr: eufemismo

per ingentilire il

termine di manico- Come è bello scivolare, sci

mio criminale…): è

il periodo dal 1986

al 1990 … esco ma di lì a poco … rientro

per aver danneggiato un bar del mio

Paese a colpi di catena … mi hanno rinchiuso

un’altra volta e ho fatto altri due

anni “controllati”; in “ospedale” ho conosciuto

un tipo che, fuori, cantava e suonava

la chitarra insieme a Maurizio quello di

“Cinque minuti e poi” del ’68 ( ndr:

Maurizio Arcieri già attivo dai primi anni

’60, successivamente assurto alla notorietà

con il gruppo beat dei New Dada, dal

1976 co-leader con la moglie Cristina

Moser del pregevole gruppo elettropop dei

KRISMA …ricordate l’ hit single del 1980

“Many Kisses”?) … il tipo era, dunque,


all’ospedale con me, “lui” internato per

gravi fatti di sangue …con dieci anni da

scontare … poi c’era un altro anche per lui

tra ospedale e galera aveva “speso male”

un altro decennio; insieme ad un altro

internato che suonava il basso, abbiamo

messo su un gruppo “del sabato e domenica”

per la gioia dei…….. matti e degli

infermieri! Io scrissi sulla pelle della cassa

della batteria: “I FUORI DI TESTA” … i

fatti si svolgevano all’ospedale giudiziario

di Castiglion Delle Stiviere in provincia di

Mantova (ndr.:in questo luogo ci sono

passati il Caretta, sterminatore della propria

famiglia ,il serial killer Bilancia, che

imperversava in Liguria e dintorni

etc…tanto per intenderci…insomma un

ambientino poco raccomandabile); per

quel “pubblico” eseguivo musica anni ’60

come suonavo in “libertà” ma non rappresentavo

mie canzoni… quelle le ho

cominciate a scrivere seriamente dopo che

sono venuto definitivamente fuori dall’ospedale

intorno al ’94; sono finito sulla

strada dopo un

periodo “protetto”

e l’impatto è stato

duro: ritrovare

amici, conoscenti,

tutti diffidenti …la

gente aveva timore

di rivolgermi la

parola per via del

mio trascorso e

saliva in me la sensazione

di emarginazione

…… l’umore

scendeva …… ti

voglio dire che

sono stato anche

titolare di un’impresa

di “taglialegna”

con alcuni

cari amici, tutti

morti in circostanze

diverse … l’azienda

fallì per la

cattiveria e le invidie

… eravamo una

bella squadra di

“taglialegna”; ma

la chitarra, quel

pezzo di legno che

da bambino mi

sciare, sulla neve naturale

aveva invaghito,

dapprima con i

suoi suoni di “presentazione”

disarticolati e poi di “esperienza”

via via più armoniosi, mi ha “teso le

corde”: ho cominciato a “mettermi in

piazza”…. dicevo a me stesso < già che ho

suonato “dentro”, gliele suono anche

fuori>…. pian piano mi han cominciato a

richiamare qua e là per la Valle, insieme ad

altri musicisti locali, ed è iniziato il mio percorso

musicale pubblico ……ho vinto la

depressione! Prima era lo sport, poi

veniva la musica …. mio padre mi aveva

indirizzato verso questi ambiti in giovinezza

…..saltavo dal trampolino, facevo le

Marcialonghe di fondo …ho ribaltato questo

ordine: prima la musica !

Campo de’ fiori

Carlo: Veniamo alle canzoni……ma prima

4 birre e tre caffè (intorno a noi c’è un po’

di gente e il corrispondente del Gazzettino

di Venezia mi aiuta a tradurre e ad interpretare

alcuni intercalari di CHUM)

Chum: Beh, queste considerano personaggi

locali e trattano di problemi che ci

sono nelle nostre zone, raccontando le

cose …. con la mia ironia; colgo il piacere

di ascoltarmi da parte del pubblico, i “miei

fans” (una risata “cartavetrosa” si eleva),

che mi segue in occasione delle esibizioni

qua e là per la Valle (di Fassa) e Valli limitrofe;

sai, svolgo circa una quarantina di

concerti nel corso dell’anno … anche all’aperto

per particolari manifestazioni nel

periodo turistico invernale …(a tal proposito

vi riporto la divertente testimonianza di

Michele Lauton, bassista degli Atrio, che

gentilmente, mi ha fornito un po’ di

“polpa” per questo articolo : Michele

)

Chum : i testi li butto giù quando mi viene

l’ispirazione, ….se io mi metto a pensare

ci

posso stare giornate intere ma se mi viene

l’ispirazione … in cinque minuti escono le

parole e da qualsiasi parte mi trovo, scrivo…

pure sul tovagliolo di un bar o “su di

un fazzoletto del naso …anche sporco …chi

se ne frega....tanto è roba mia ! ” Quindi,

prima compongo il testo e, mentalmente,

mi faccio l’idea dell’atmosfera del pezzo

che mi viene già musicale … trovo i primi

accordi e poi ci faccio il ritornello.

Carlo: la tua formazione musicale: che

cosa ascoltavi, come ascoltavi, quali occasioni

per sentire la musica qui nella Valle

….

Chum : ai tempi della mia giovinezza c’era

ancora la rivalità “Beatles-Rolling Stones”;

ma scambiavamo anche dischi e cassette

fatte in casa, incrociando ascolti di Doors a

11

Led Zeppelin, Pink Floyd a Santana e

Creedence Clearwater Revival, De Andrè

…… tutta “na roba così”.

Carlo: Hai ricordi di qualche concerto a

cui hai assistito negli anni ’70 o di seguito?

Chum: No, non sono mai andato ad un

concerto, purtroppo! Sarei voluto andare

a vedere Roger Waters (ndr.:ex PinK

Floyd) l’anno scorso…… ma non avevo

soldi.

Carlo: Dimmi della tua famiglia

Chum: Vivo con mia madre di oltre 70

anni, papà è mancato a 60 anni; la famiglia

è più numerosa ma non ho un buon

rapporto con i miei fratelli; mia madre, alla

sua età, mi accorgo che ancora trepida

quando vado a fare un concerto ma non

mi chiede come è andata ….glielo dicono

gli altri e i suoi occhi li vedo soddisfatti ! Mi

ha sempre sostenuto e confortato nei miei

trascorsi burrascosi ... è sempre nel mio

cuore! Sai, la mia famiglia ha origini nobili

(risata più che mai “rasposa”): discende

dai marchesi di Someda (ndr:un villaggio

che sovrasta la più famosa cittadina di

Moena) ma non è rimasto più nulla di

quella “ricchezza da nobili” da molto

tempo ormai …la mia unica rendita proviene

da una pensione d’invalidità!

Carlo: Torniamo alla musica: raccontami

qualche episodio legato alla realizzazione

dei tuoi cd.

Chum: Vediamo un po’ … (bella grattata

al capoccione arruffato e risistemazione

del cappellino blu delle “Fiamme Oro”),

dunque, nei primi anni ’90 …dopo l’ospedale,

mi sono ritrovato con il gruppo

“LUPEZ” composto da ragazzi di Moena

….ci incontravamo in una casetta adibita a

sala prove in località “Forno”, sotto Moena

…. un tipo, che faceva il geometra per una

ditta di di Varese,

portò un cd che avrebbe fatto da “master”

e un computer ... noi avevamo già un

mixer…. “tutte robe de battaja, non ti creder”

e registrammo in presa diretta, così

come veniva, nel tempo di un ora e mezza

… le registrazioni, così fatte, erano di qualità

sufficiente …

continua a pagina 12.........


12

...continua da pag. 11

… …. In quella

casetta eravamo in sei a suonare e tirammo

giù 12 pezzi tra originali e covers (p.e.

di Pino Daniele con una versione di

“Quanno chiove”, Giorgio Gaber è evocato

con una semi ripresa de “Il Riccardo” in

“La Balila e ainz zwai drai”, i Pink Floyd con

una versione del celeberrimo “Another

brick in the wall”). Da quel nastro ne

abbiamo fatte altre copie … i miei amici mi

dicono … con questo ragionamento

uno di noi ha fatto 200 copie ma nel

trasportarli da casa sua, Tesaro, a Moena,

ha incontrato la “Finanza” che ha sequestrato

tutto (gustosa risata di Chum

…pausa e rollata di cartina per la nascita

di una nuova sigaretta) … allora sono

andato in caserma dalla Guardia di

Finanza per spiegare che i cd erano miei,

l’autore ero io, che li regalavo e che ne

avrei offerti pure a loro … e loro morale:

i cd li ho venduti a tutti i “Finanzieri e

compagnia bella”… sono stati GRANDI

(Chum ride a tal punto da farsi uscire le

lacrime … se le asciuga con quel che capita

a tiro …) e… con il ricavato mi ci son

comprato una buona parte della mia strumentazione!

Con la Finanza, la Polizia, i

Carabinieri, ho un ottimo rapporto, mi

voglion bene … pensa che l’inno in

“Gardena” dei Carabinieri è la mia canzone

“L’Aquila” … all’adunata l’inno di Mameli

lo alternano con la mia “L’aquila”… Nel frattempo cambiava il

Sindaco qui nel villaggio: il precedente era

un tipo duro …con me; adesso mi conoscono

tutti e vengono a sentirmi in tanti

dalla Valle quando si sparge la voce che

suono …..ti dico che c’è un bell’evento

ogni anno a partire dal 1993: un festival di

tre giorni, una “mini Woodstock” alla fine

di luglio che si tiene a ZIANO di Fiemme

(Val di Fiemme), il “SUAN ROCK ” (ndr:

Campo de’ fiori

www.suanrock.com):

sono dieci anni

che vado a

questo “raduno

musicale ” che

dà spazio, prioritariamente,

alle bands e

agli artisti delle

Valli di Fassa e

di Fiemme;

pensa che un

anno il 93 o il

94, ero ancora

“ospite” dell’ospedale

di

Castiglion Delle

Stiviere per via

della “recidiva

psichica”: il mio

“amico psichiatra”,

più “fuori

di me” (risata), mi ha dato una licenza di

15 giorni per andare a casa e suonare al

“SUAN ROCK” (ancora un’altra fragorosa

risata ) …ho mancato solo un edizione e

alle ultime due ho aperto la rassegna.

Carlo: Parlami del disco realizzato con gli

Atrio.

Chum : Diversi anni fa ho conosciuto i

ragazzi degli Atrio, che son di Ziano e

Predazzo; tempo dopo, ho chiesto loro se,

per cortesia, mi aiutavano per la realizzazione

di un cd; avevo il materiale per

12/13 canzoni, già con testi e musiche,

iniziato a comporre quando ero internato

a Castiglion Delle Stiviere….lì mi concedevano

l’uso della chitarra ma nelle ore notturne

me la toglievano, per sicurezza, e la

riponevano nell’armadio

… pensa che arrivava e mi

diceva e io una volta gli

dedico “C’era un ragazzo che come me

amava i Beatles e i Rolling Stones”, del

1966 interpretata da Gianni Morandi ……

non l’avessi mai fatto: da quel giorno in

poi, ogni volta era la stessa …. canzone

per il rilascio dello strumento e in più mi

sorbivo il dottor che faceva finta di suonare

come fanno i ragazzini davanti allo

specchio …e io pensavo tra me

Torniamo a

bomba … ho registrato

con gli

ATRIO a Bolzano:

siamo entrati in studio

dopo mesi di

prove e i pezzi li

conoscevamo a perfezione,

un giorno e

mezzo è stato il

tempo necessario

per incidere e completare

13 brani

…era nel 2002 ed è

uscito “TE NOSA

VAL” … un buon risultato!

Carlo: Starei ad ascoltare “il CHUM”

ancora per molto, lì con i suoi ragionamenti

ora sensati ora a ruota libera, i “salti

temporali” e la sua disponibilità …… lui

stesso mi chiede di spostarci in un altro

luogo per raccontarmi ancora un’altra storia

e farmi sentire qualcosa al piano… (mi

inviterà perfino ad un incontro per il giorno

dopo da un suo amico “de Roma” per

gustare un dolce/specialità del luogo

variegato ai frutti di bosco): accetto, anche

se ormai siamo oltre la mezzanotte, ho

sonno, qualche birra in corpo e fuori la

pioggia, i fulmini e i tuoni sono appena

all’inizio della partitura della tumultuosa

“sinfonia metereologica” in programma

per quella notte …… ma ….. vado avanti!

La scena si sposta nell’ovattata e damascata

hall dell’Albergo De Ville, dove la

gentile proprietaria ci accoglie ed accoglie

con particolare affetto CHUM: in un angolo,

nascosto da una serie di piante ornamentali,

si “annida” un pianoforte … ad un

certo punto CHUM si accomoda allo strumento

e mi inizia a raccontare una strana

storia: un presunto plagio operato ai suoi

danni niente popo di meno che dai PinK

Floyd/Roger Waters … le sue dita picchiettano

la tastiera accennando una melodia

lenta che, mi spiega, essere molto molto

simile a ……“The final cut” dal disco omonimo

dei Pink Floyd ….< secondo me>

dice,< mi hanno copiato (!?) …qualcuno

passando da ste’ parti negli anni 70 deve

aver registrato il mio pezzo mentre lo suonavo

da qualche parte e che avevo composto

nel ’68: faceva pressappoco come

“The final cut” > ….e altri racconti si inseguono,

come la storia di un presunto

incontro con Syd Barrett (ex Pink Floyd) in

un novembre del 1992 nell’ospedale giudiziario

di Castiglion Delle Stiviere … poche

lapidarie parole e giù

di seguito ad ipotizzare “strani complotti

operati dal music business ” ……vero o

falso, le (come ha spesso ripetuto nel

corso dell’incontro)……CHUM continua a

“scivolare sci - sciare sulla neve naturale”

… le tue Valli ti abbracciano !


Le stori st rie e di

Max Max

Nasce questa rubrica per raccontare gli

inizi delle carriere artistiche dei cantanti di

successo nel panorama della musica leggera

italiana.

La ricerca delle notizie non è stata facile

ma, affascinato dall’argomento e animato

da un’indomita passione, spero di essere

riuscito a mettere insieme quanto basta

per soddisfare la mia e la vostra curiosità.

Le pubblicazioni che via via si susseguiranno

non avranno un ordine cronologico o

alfabetico, ma solo quello obbligato dal

reperimento delle notizie necessarie.

Inizio questo lavoro con la storia di uno dei

cantautori che più ho amato ed amo: il

grandissimo Lucio Battisti.

Nasce a Poggio Bustone (Rieti) e fin da

bambino incomincia ad imparare a suonare

la chitarra, sua grande passione.

Suo padre Alfiero è contrario a questo

“perditempo” e, in un eccesso d’ira, gliela

rompe in testa.

Eppure in casa si era sempre respirata aria

di musica perché fin dai nonni paterni e

materni, l’appartenenza alla banda del

paese era stato un impegno costante.

Per accontentare il padre prende il diploma

di perito industriale e gli promette di

cercare un lavoro, ma ad una condizione:

se non l’avesse trovato, avrebbe tentato la

carriera artistica.

Non ci crederete, ma quel lavoro non lo

troverà mai!

Lucio benché non conosca la musica, incomincia

subito a suonare la chitarra con

diversi gruppi musicali in tutti i locali di

Roma.

Campo de’ fiori 13

LUCIO BATTISTI

Origini artistiche dei nostri cantautori e cantanti più famosi

Suona con i Campioni, quando il

loro leader era Roby Matano che

aveva sostituito Tony Dallara.

Nasce un buon sodalizio fra Lucio

e Roby e scrivono insieme le loro

prime canzoni: “Se non sai cos’è

un bacio”, “Vogliamo il surf” e

“Torno stasera”.

Ancora minorenne, ha già un

carattere deciso e volitivo e, così,

incomincia a dar corso alla sua

vasta produzione artistica.

E’ già iscritto alla SIAE e deposita,

a suo nome, anche i brani scritti

con Matano, come “Se rimani con

me”.

Questo brano viene inciso dai Dik

Dik che da questo momento

diventeranno suoi grandi amici,

specialmente Pietruccio.

Nella sua casa di Milano infatti,

l’amico Lucio soggiornerà tante

volte.

Nello stesso periodo il Clan di Celentano

sceglie per i Ribelli e Milena Cantù (la

ragazza del Clan) rispettivamente “Per una

lira” e “Che importa a me”.

Battisti incomincia a comporre, allora,

copiosi successi che affida all’interpretazione

dei maggiori gruppi musicali del

momento, come il brano “Le ombre della

sera” per i Profeti e “Dolce di giorno” per

i Dik Dik. Collabora

continuamente con

la Ricordi.

Vorrebbero fargli

interpretare alcune

sue canzoni per gratificarlo

dei successi

ottenuti quale compositore,

ma quella

voce stridula, particolare,

proprio non

convince nessuno e

nessuno ha il coraggio

di rischiare.

Determinante è allora

l’incontro con

Mogol (Giulio

Repetti) che gode lì

di una stima incondizionata.

Quest’ ultimo,

con un intuito

formidabile, dopo

aver sentito Battisti

suonare la chitarra e

cantare per insegnare

agli interpreti le

sue canzoni in sala di incisione, impone

letteralmente alla casa discografica che gli

faccia incidere un 45 giri, pena le sue

dimissioni.

Nasce così il primo disco cantato da Lucio

Battisti.

E’ il 23 Luglio 1966 e viene stampato “Per

una lira” e “Dolce di giorno”.

continua sul prossimo numero ......


14

CIVITONICI ILLUSTRI

di Enea Cisbani

Campo de’ fiori

Giuseppe Bertolini Berg

Luigi Montanarini, maestro indiscusso

della pittura italiana del Novecento, così

descrive l’opera di Giuseppe Bertolini Berg:

“….Conosco da molto tempo Giuseppe

Bertolini ed apprezzo da sempre la sua

scultura perché nasce non da vuota ansia

di successo, bensì da amore genuino per

la ricerca e la qualità.

La scultura di Bertolini è un mondo dove

quotidiano e mistero si inseguono e accavallano

in modo complesso e problematico

affinchè noi tutti possiamo intendere l’arte

come apertura su mondi a venire e non

come realtà scontata o miseramente consolatoria.

Un’opera in particolare mi attrae, quella

che amo chiamare la Culla, il lavoro che

meglio di altri, forse, definisce la personalità

di artista di Giuseppe. L’oggetto non

conosce pesantezza. Forse l’autore vuole

togliere all’uomo che viene al mondo una

fatica eccellente che già la vita gli riserva.

La Culla, dunque, è diafana, sostanziata,

tende alla rarefazione e raggiunge perfettamente

il suo culmine lì dove si esalta in

un filo che svela la natura di un quid che

non intende occupare spazio e chiede solo

di essere accettato per amore di un dialogo

sommesso e sincero….”.

Pericle Fazzini, scultore italiano di assoluta

levatura artistica, così ricorda

Bertolini, suo allievo prediletto: “…..Per

me è uno dei pochi giovani che fa la sua

ricerca con uno sguardo personale, ma

sempre tenendo presente il senso poetico

alle sue forme plastiche.

La sua scultura si muove tra la metamorfosi

e il simbolo che riesce ad esprimere il

senso della tristezza del mondo o la bellezza

che sia, del sesso che coinvolge

uomo e donna nell’universo totale della

nostra esistenza.

Non posso dire che Bertolini abbia concluso

il suo cammino, però posso affermare

con sicurezza che ha tutte le possibilità di

continuare per la propria strada o personalità

che sia, per il lungo cammino del linguaggio

nel mondo della scultura, perché

ha tanta fantasia e sa che cos’è il senso

della forma terrena…..”.

Olle Granath, importante critico d’arte

Pittore e Scultore

svedese, in una sua recensione dell’opera

di Bertolini:

“…. La sua pittura ha qualcosa di pesantemente

scultoreo che riporta alla mente

quelle sculture ed oggetti che egli creò

vent’anni fa, le cui composizioni realizzate

con materiali anticonformistici, avevano

qualche vaga riminiscenza di arte povera.

Ciò che risaltava nelle opere di Bertolini

erano i suoi legami coi comportamenti

umani che trovavano sfogo in dense spiegazioni

psicologiche.

Nel passare alla pittura portò con se le

proprie caratteristiche scultoree, come la

luce emergente dalle cavità degli immensi

spazi blu tramite i quali riesce improvvisamente

ad esprimere il fascino che nutre

per la luce dell’inverno svedese…..”.

GIUSEPPE BERTOLINI nasce a Civita

Castellana nel 1942.

In una recente intervista, apparsa sulle

pagine di una nota rivista d’arte svedese,

così ricorda:

“…Provengo da Civita Castellana, la città

della ceramica e sin da bambino ho lavorato

l’argilla facendo vasi, sculturette, ma

poi quando andavo nei musei la mia sensibilità

era sempre più attratta dalla pittura….”.

Si diploma in maestro d’Arte della

Ceramica, presso l’Istituto Statale d’Arte di

Civita Castellana.

Nel 1960, si trasferisce a Roma, dove si

iscrive ai corsi di scultura presso

l’Accademia di Belle Arti in via Ripetta.

Fondamentale nel percorso artistico dell’autore

la conoscenza e l’amicizia con lo

scultore Pericle Fazzini, autore del celebre

“Cristo Risorto” nella sala Nervi in

Vaticano, che lo prende a lavorare con sé

nel suo studio di via Margutta e ponendolo

al centro di una fitta rete di relazioni

artistiche ed umane con i più grandi autori

dell’arte italiana del Novecento come

Turcato, Cagli, Montanarini e celebre letterati

come Giuseppe Ungaretti.

Nel 1965, si aggiudica il primo premio di

Scultura per Giovani Artisti alla Rassegna

di Roma e del Lazio, presso il Palazzo delle

Esposizioni in via Nazionale.

Nel 1970 vince l’ambito Pensionato

Nazionale di Scultura “Catel” e nel contempo

ottiene la Cattedra di Scultura presso

il Liceo Artistico di Frosinone.

Gli anni ’70 sono fondamentali per la sua

maturazione artistica: quadri, mostre,

sculture scenografiche per balletti e rappresentazioni

teatrali.

Non ultima una intensa collaborazione con

l’Architetto Giuseppe Samonà, che lo

chiama come consulente in alcuni suoi

progetti architettonici o come relatore privilegiato

agli incontri internazionali di

architettura e arte di Roma.

Agli inizi degli anni ’80, Giuseppe Bertolini

conosce il Maestro Luigi Montanarini,

che lo introduce alla pittura, dopo anni di

intenso lavoro come scultore.

Lasciato l’insegnamento, nel 2003

Giuseppe Bertolini si trasferisce per motivi

familiari a Stoccolma, in Svezia, dove tuttora

risiede e lavora, tenendo numerose

esposizioni personali e collettive: nel 2002

e 2005 la mostra “Artisti Italiani in Svezia”

presso l’Istituto Italiano di Cultura.

Nel 2004 e nel 2005, importanti rassegne

delle sue opere vengono allestite presso

famose gallerie d’arte di Stoccolma e di

Helsinkj.

Nella Capitale Svedese, l’autore ha trovato

l’ambiente sociale e culturale adatto per

sviluppare la sua opera artistica e poetica,

senza però dimenticare le sue origini e la

sua provenienza.


Prometeo - olio su tela

Campo de’ fiori 15

Paesaggio Svedese - olio su tela


16

di Cristina Evangelisti

Campo de’ fiori

Scopri l’Arte

Speranza Conti

nasce a Civita

Castellana il 9 Aprile

del 1934.

Fin da bambina

nutre una grande

passione per l’arte

della pittura tanto

che, all’età di 13

anni, inizia a lavorare

per il Vaticano che

le affida il compito di dipingere le benedizioni

papali.

All’età di 30 anni, durante un viaggio a Firenze,

nel quale accompagna il marito che vi si reca

per lavoro, visita alcune mostre e proprio lì

decide di mettere in atto la propria passione.

Una volta a casa, inizia a dipingere dei fiori su

un pezzo di compensato e, visto che la cosa le

riesce bene, dopo vari tentativi, passa alla tela.

I fiori sono la sua grande passione e questi,

pian piano, prendono forma sulle sue tele con

una morbidezza di colori, una delicatezza nelle

forme che li rende quasi palpabili.

Quell’insieme di fiori, dei quali sembra di sentirne

l’odore, quelle delicate composizioni, ci

danno l’idea di quanto intimamente delicato

possa essere l’animo di Speranza.

Sempre schiva ai complimenti che le rivolgiamo

quando vediamo i suoi quadri, con invidiabile

pacatezza, ci dice che tutto ciò che ha

dipinto lo ha fatto senza alcun insegnamento.

I suoi dipinti escono dal cuore, e il suo è un

vero e proprio dono di natura. Non conosce le

tecniche della pittura e, soprattutto, non disegna

i suoi quadri prima di dipingerli. Ciò che

vediamo esce come per magia dai suoi pennelli

e, quando sbaglia, ci dice che non fa altro che

prendere una lametta da barba e, graffiando

delicatamente sulla tela, toglie il colore per

correggere la sua pittura.

E’ con grande piacere che ospitiamo sulle pagine

della nostra rivista, alcuni dei quadri di questa

dolce signora.


Campo de’ fiori 17

Speranza Conti


Campo de’ fiori 19

L’eclettico Antonino Palladino

di Ermelinda Benedetti

Il signor

Antonino

Palladino

ha sempre

sentito di

avere dentro

di sé

uno spirito

artistico.

Antonino Palladino Benché,

infatti, si

fosse dedicato a tutt’altro nella

vita, sapeva di avere le qualità

giuste per poterla intraprendere,

e, soprattutto, sapeva di

poterle sfruttare quando avrebbe

voluto. Ma, del resto, si può

definire “nipote d’arte”, in quanto

suo nonno era appartenuto

alla Scuola di Posillipo, gruppo

di pittori napoletani, attivi tra gli

anni Venti e Trenta

dell’Ottocento, che praticavano

quasi esclusivamente la pittura

di paesaggio, dipingendo all’aria

aperta.

Nasce il 3 giugno 1927, in un

paesino della Calabria e, come

tutte le famiglie dell’epoca,

anche la sua è una famiglia

numerosa, della quale lui è l’ottavo

di dieci figli. Suo padre è

un commerciante di vini e nel

1936, seguito dalla sua prole, si

trasferisce a Roma. Crescendo, poi, ognuno

intraprende la sua strada. Due delle sue

sorelle seguono proprio la pittura, lui, invece,

inizia a lavorare per la Croce Rossa,

curando le pubbliche relazioni, lavoro che

gli permette di viaggiare per gran parte

dell’Italia, insieme a sua moglie.

Successivamente, abbandona la Croce

Rossa e diventa prima venditore di distributori

automatici e poi un rappresentante di

biancheria. Non aveva certo avuto la possibilità

di fare studi approfonditi, ma viaggiare,

parlare e confrontarsi con la gente sono

stati la sua scuola, una scuola di vita.

Durante questi anni di lavoro, quando non

può praticare direttamente, si interessa lo

stesso di arte ed in particolar modo di pittura,

la sua vera passione, benché si è presentato

a noi come poeta, dote che ha scoperto

solo in questi ultimi due anni, così,

quasi per caso.

Diventa una sorta di mecenate: organizza

mostre, compra e vende quadri, mette sotto

la sua protezione due bravi pittori, che poi,

però, continuano da soli in questa direzione.

Quando si ritira definitivamente, nella sua

casa, sulla piazza di Collevecchio, dove

abita già da trent’anni, può finalmente mettere

a frutto il suo estro, tenuto dentro per

tanti anni, riuscendo, così, a dipingere paesaggi

e scorci molto realistici, nonostante

Civita Castellana - Via San Giacomo

di Antonino Palladino

non sia mai andato a scuola di pittura.

In questi quindici anni di attività pittorica ha

realizzato numerosi dipinti, ma, probabilmente,

non tanti quanti avrebbe voluto,

demotivato dal fatto di non essere compreso

e apprezzato da chi gli è vicino e dal

timore che rimangano lì, tra le mura della

sua casa, senza che qualcuno possa goderne.

Lo stesso discorso vale anche per la poesia,

sebbene abbia iniziato da molto meno

tempo. Scrive solitamente su commissione

o quando sente di essere particolarmente

ispirato, ma compone rigorosamente in

modo estemporaneo, rapido, “dalla sera

alla mattina”, come dice lui stesso, poiché la

notte è il momento in cui riesce a trovare la

giusta concentrazione.

Ammiro molto il suo modo di pensare, di

saper accettare gli avvenimenti della vita, di

essere libero di scegliere, quando è possibile,

e di lasciare gli altri liberi di scegliere,

senza permettersi di giudicare: “quando mi

sveglio la mattina, sono il Re di questo

mondo e non ho crucci con nessuno!”.

Soffre per l’indifferenza che le persone

nutrono nei suoi confronti e in un suo breve

componimento, intitolato proprio Al miscredente

e a chi non ti pensa per niente, dice

così: “O stolto nato, quando ti veggo, di te

vorrei fare una stella.

Ma tu, che non ascolti e te ne vai, giammai

brillar potrai.”

Donna

Mimosa

Da quando fu Eva, tu donna ti chiamasti.

Ti è stata imposta, la più grande missione

sulla terra.

Tu nasci per generar figli, onde

popolarla.

Tu, diventi mamma, e gli uomini sono

tutti figli tuoi.

Ti è congenito il più grande sacrificio

d’amore.

Con l’amore e con l’affetto tu ti prodighi

con la tua pazienza innata a lui.

Tu, prima accarezzi i suoi riccioli, lo accudisci,

lo insegni e prepari alla vita.

Mai, per tutta la vita, pensi di tradirlo.

Mai, tu lo maltratti.

Mai, tu lo ingiuri.

Mai, e poi mai, tu lo condanni.

Tu, non dirai mai a nessuno:

mio figlio ha colpa, per lui sei sempre

pronta ad ogni sacrificio.

Tu donna puoi essere di ogni continente,

tu puoi essere bruna,

bionda, rossa, nera o castana.

Tu donna sei l’unica adorabile creatura

che la natura poteva donarci.

La tua sensibilità, la tua ardente passione

attrae l’uomo, che tu,

ancora una volta accarezzi, accudisci ed

ami con sincerità.

Sei tu donna, che con apprensione,

sei sempre pronta ed attenta ad ogni suo

intendimento.

Ma lui, con aria quasi sempre distratta si

accorge poco,

a volte, molto poco, della tua apprensione

e del piacere di starle più vicino.

Ma quando, quando si soffermerà a contemplarti

ed a capirti?

Lui che sono vuole, lui che non riconosce

mai i tuoi sacrifici di sempre.

Quando, finalmente si accorgerà?

Quando, per te donna, il suo cuore sarà

pieno di sentimenti d’amore e umani?

Quando, il suo cuore batte forte solo nel

vederti?

Quando, finalmente si accorge di te, e ti

chiama con passione e con tutto il suo

amore?

Allora donna, solo allora, questo è il più

grande giorno della tua vita.

Ormai gioiosa, tu ti cingi la testa con una

rosa, e dopo, l’emblema che ti fa più

gioire,

è, che lui sul tuo petto, posa un fascio di

flagrante mimosa.


20

Campo de’ fiori

il diario dei

Giras li

questa pagina è dei ragazzi speciali

Le poesie di Luana

Luana Bongarzone

di Civita Castellana

STELLE

Si vedono le stelle illuminate

dal cielo di notte, di giorno

che illumina il sole.

Fiore Rosso

Fiore rosso

Passione

Amore, Dolcezza

Amore, Cuore

è nato

un bel tramonto.

CINGUETTII

Cinguettii degli uccelli

comunicano l’inni di canti

canzoni gloriose, che rimbombano

in cielo.

UCCELLINO

L’uccellino ... annuncia

i loro inni d’amore

i loro canti infiniti


di

M.Cristina Caponi

Olè, Italia, 2006. Genere: commedia;

regia: Carlo Vanzina; interpreti:

Massimo Boldi, Vincenzo Salemme,

Enzo Salvi, Natalia Estrada,

Francesca Lodo, Daryl Hannah,

Brigitta Boccoli, Armando De Razza,

Niccolò Contrino; sceneggiatura: Carlo

Vanzina, Enrico Vanzina; costumi:

Patrizia Chericoni; fotografia: Claudio

Zamarion; montaggio: Raimondo

Crociani; musiche: Andrea Guerra; scenografia:

Rita Rabassini; produzione:

Medusa Film, International Video 80;

durata: 1h e 44’.

Olè, Natale a New York, Commediasexi…Li

chiamano cinepanettoni, poiché ogni anno

compaiono, ormai immancabilmente, nelle

sale cinematografiche nel periodo delle

feste. Questa cospicua categoria di film

sembra l’unica (purtroppo!) a richiamare

orde di pubblico pagante. E mentre le

poche pellicole dei nostri autori italiani e

dei nostri registi emergenti rasentano il

fiasco economico, tali commedie scollacciate

e puerili divengono, nel giro di un

week end, campioni d’incasso al box office.

Quest’ anno, per molti spettatori deve

essere stata particolarmente dura la scelta,

avendo a disposizione non uno, bensì

tre cinepanettoni. Un Natale veramente

ghiotto. Ma dopo venti anni di longevità

del genere, il pubblico italico ancora non si

oppone ad un’esternazione così esplicita

della volgarità e della cafonaggine? Ormai

si è giunti, si spera, alla fine di tale farse in

cui le gag sono sempre le stesse e si riesce

a strappare una risata, solo facendo allusioni

sessuali. E vorrebbero spacciare questi

film per i degni epigoni di un genere

quale quello della commedia italiana, un

genere che ha raggiunto le sue vette grazie

a Totò, Sordi, Tognazzi, Manfredi e

tanti altri nomi illustri? Ma ci facciano il

piacere!

Dopo questa filippica, circoscriviamo il

nostro discorso ad Olè, l’ultima fatica (si fa

per dire) dei Vanzina Brothers. Rotto il

Campo de’ fiori

Olé

Olé

ventennale sodalizio artistico con De Sica,

Massimo Boldi tenta di intraprendere una

nuova carriera artistica, proprio a partire

da questa pellicola. E per rappresentare

tutte le sfaccettature dell’italiano medio, al

comico milanese vengono affiancati un

partenopeo doc (Vincenzo Salemme) e la

classica macchietta del romano coatto (er

Cipolla, al secolo Enzo Salvi). Ma certo non

poteva mancare un cast femminile all’altezza,

ed ecco che lo schermo si satura di

bellone da capogiro: Natalia Estrada,

Francesca Lodo, Brigitta Boccoli e l’americana

Daryl Hannah, fuor d’acqua come la

sua sirena a Manatthan.

La trama è particolarmente adatta per il

target adolescenziale, a cui il film si rivolge.

Archimede Formigoni, professore di

matematica, e Salvatore Rondinella, insegnante

di lettere napoletano, si ritrovano

in pieno agosto ad accompagnare una

scalmanata folla di studenti liceali, nella

penisola iberica (la gita scolastica ad agosto?mah!).

Fra i due docenti non scorre

buon sangue, a causa di una vecchia fiamma

condivisa, e sono quindi sempre pronti

ad imbeccarsi fra di loro. In seguito ad

una sciarada di rocamboleschi avvenimenti,

equivoci e fughe, i due riusciranno sia a

cementare la loro amicizia sia a portare

sull’altare le donne della loro vita.

Alcune sequenze del film citano alcuni

classici, come ad esempio l’epilogo del

Laureato di Mike Nichols o Il Figaro di

Gioacchino Rossini e un sorriso ci scappa.

Ma quasi due ore di film sono lunghe da

passare…Giunti al più classico dei the end,

il pubblico abbandona la sala abbastanza

scettico, chiedendosi se n’è valsa veramente

la pena di acquistare il biglietto.

21


22

Campo de’ fiori

Castel Sant’ Elia

di Ermelinda Benedetti

foto Mauro Topini

STORIA Il

paese di Castel

Sant’Elia ha

delle coordinate

geografiche che

permettono una

sua facile individuazione.

Esso

è collocato,

infatti, a metà

strada tra

Viterbo e Roma,

dove si incrociano

la Cassia e la

Flaminia, in quella che è conosciuta con il

nome di Valle Suppentonia. Esso occupa

gran parte dell’antica regione Falisca, tra il

fosso Rio Vicano e il fosso della Ferriera, o

Mola Vecchia, per una superficie di 23,99

kmq, attualmente occupata da 1.418 abitanti.

Come tutta la zona circostante, anche

Santuario Santa Maria

ad Rupes

questa fu abitata, prima che dai Falisci,

provenienti dalla vicinissima Civita

Castellana, antica Falerii, dagli Etruschi,

che si insediarono con i loro caratteristici

Pagus, cioè villaggi con piccole grotte abitative,

collegati da percorrimenti lungo le

vallate, nitidamente individuabili in tre

Basilica Sant’Elia

diversi siti: Pizzo Jella, Castel d’Ischi o

Castellaccio e Pizzo Sant’Anna. Questi primitivi

centri urbani, abbandonati in età

romana perché tagliati fuori dalle più

importanti vie di comunicazione dell’epoca,

furono invece ripresi nel periodo

medievale ed uno di essi, Pizzo Sant’Anna,

costituisce, tutt’oggi, il nucleo più antico

del paese, che si è notevolmente ampliato,

sia verso Civita Castellana, sia verso Nepi.

Ma, in realtà, Castel Sant’Elia, come noi lo

vediamo oggi, deve il suo nome ad una

basilica romanica situata nelle immediate

vicinanze e intitolata proprio a tale santo e

la sua origine è da collocare tra il 590 e il

604 d.C., con il Pontefice San Gregorio

Magno, che ne fece un avamposto difensivo

per le invasioni barbariche ed é ricordato,

in particolare, perché si incontrò con

Teodolinda, regina dei Longobardi, in una

chiesa rupestre di questo luogo, la Grotta

di San Leonardo. Il paese fu, per lungo

tempo, sotto le dipendenze dei Pontefici,

fino a che non divenne feudo e fu governato

dalle diverse famiglie che si contendevano

il potere della zona, a partire dai

Colonna, per passare agli Orsini, per finire

poi con la più importante, quella dei

Farnese, che promosse lo sviluppo del

feudo, creando un efficiente apparato giuridico

e amministrativo. Apportò miglioramenti

anche per quanto riguarda l’assetto

urbano, costruendo il nuovo castello, con

le mura e i torrioni, nel 1540. La famiglia

Farnese, però, nel 1663, fu costretta a

vendere il feudo al Papa allora in carica,

Innocenzo X, per cancellare i forti debiti

contratti proprio con lo Stato Pontificio.

Nel frattempo la popolazione era notevolmente

aumentata e sopraggiunse la

necessità di costruire anche fuori delle

mura, mentre il marchese Lez-zani aveva

preso in mano il governo del paese.

Le guide di C

A partire dalla

fine dell’800,

l’economia

cambia radicalmente

e

Castel Sant’

Elia da agricolo

diventa industrializzato,

soprattutto grazie

alla lavorazione

del tufo,

materiale naturale

di cui questo territorio

è molto ricco, destinato all’edilizia e allo

stesso periodo è da far risalire la costruzione

della torre d’ingresso con i due stemmi

farnesi, a richiamare quella nobile famiglia

che tanto bene aveva fatto al paese,

eretta ad opera dell’ingegner Gherardi su

ordine del Municipio.

ITINERARIO TURISTICO Castel

Sant’Elia è conosciuto come il luogo delle

quindici chiese, la maggior parte delle

quali dedicate alla Madonna. Tra esse spicca

il Santuario della Madonna ad

Rupes, fortemente voluto da un eremita,

Fra Rodio, che con grande fede e tenacia

scavò centocinquanta scalini nel tufo, che

avrebbero condotto alla futura “Grotta

della Madonna”. Attualmente è costituito

dalla Chiesa di San Giuseppe e dalla

Cappella di Maria SS. ad Rupes, dove è

possibile ammirare la tela che raffigura la

miracolosa immagine della Madonna assisa

in trono con le mani giunte, che tiene sulle

ginocchia il piccolo Figlio dormiente. Il

Santuario fu gestito, inizialmente, dai Padri

Francescani Irlandesi, poi da quelli di

Sassonia e, oggi, da una comunità di Padri

Polacchi. È divenuto il più importante

luogo di Pellegrinaggio di tutta la provincia

di Viterbo e, tra le numerose visite di

importanti personalità, annovera quella del

Santo Padre Giovanni Paolo II, nel 1988.

Accanto alla Grotta della Madonna sono

conservati paramenti e oggetti liturgici

antichi, risalenti al XII-XIII secolo, e unici

nel loro genere, provenienti, probabilmente,

dalla vicina Basilica di Sant’Elia,

dell’VIII secolo, costruita su un preesistente

monastero benedettino. La tradizione

vuole che la basilica sorga nel punto in cui

l’imperatore Nerone fece innalzare un tempio

a Diana Cacciatrice e che già nel perio


Campo de’ fiori 23

ampo de ’ fiori

do etrusco qui sorgesse

un Delubro

dedicato a Plico

Marzio. Ai

“Dialoghi di

Gregorio

Magno”

sono da far

risalire le

prime notizie

relative

alla chiesa,

la cui storia

si può

ricostruire

tramite

varie bolle

papali, fino

a quella del

1540 con la

Santa Maria

quale Papa Paolo

ad Rupes

III dona la Basilica al

nipote Pier Luigi Farnese, dando in cambio

ai Canonoci di San Pietro in Sassia, proprietari

precedenti per volere del Papa

Alessandro IV, la tenuta di Santa Marinella.

Proprio con i Farnese furono riparati i

numerosi danni provocati dal tempo,

prima dell’abbandono, a causa dell’apertura

della nuova chiesa parrocchiale di

Sant’Antonio Abate e al passaggio della

Basilica alla Camera Apostolica, durato

fino alla seconda metà del XIX secolo. A

seguito della caduta del campanile, nel

1855, infatti, la popolazione stessa, fortemente

dispiaciuta per lo stato in cui versava

un così importante ed antico luogo

sacro, incaricò l’Accademia Cristiana di

Archeologia di provvedere ai lavori di

restauro e ristrutturazione necessari, protrattisi

per quasi tutto il ‘900, fino a farle

raggiungere lo splendido stato attuale.

Tra le altre chiese, la chiesetta di San

Michele Arcangelo, edificata, con tutta

probabilità, tra l’VIII e il IX secolo, dai

monaci Benedettini, inglobata dal

Santuario; la chiesetta della Madonna

dell’Immagine, costruita fra il XIII e il

XIV secolo, interamente affrescata, presenta

oggi solo qualche dipinto meglio

conservato, come una Madonna in trono

che sorregge il Bambino sulle ginocchia, la

figura del Padre eterno, il Salvatore e i SS.

Pietro e Paolo, risalenti ai due secoli successivi

alla sua edificazione; la chiesa

parrocchiale di Sant’Antonio Abate,

eretta nel 1700 sulle fondamenta di una

precedente chiesa del XVI secolo, che conserva,

al suo interno, la reliquia della

Santa Croce, l’urna contenente i resti dei

SS. Anastasio e Nonnoso, oltre che a un

fonte battesimale del XVI secolo, il trittico

del S. Salvatore del XV secolo, tre pulpiti

di legno e affreschi del

Settecento.

TRADIZIONI E FESTE Festa

di Sant’Antonio Abate

Festeggiamenti in onore

del Santo protettore

degli armenti, con

solenne processione e

tradizionale benedizione

degli animali, il 17 gennaio.

Infiorata del Corpus

Domini Un tappeto variopinto

di fiori sarà percorso

dal Corpo di Cristo, portato

processionalmente per le vie del

paese, seguendo il tragitto tracciato dai

fiori.

Festa di Sant’Anastasio e San

Nonnoso Festeggiamenti in onore dei

Santi Patroni del paese.

Festa della Madonna ad Rupes Grandi

festeggiamenti religiosi in onore della

Madonna cui è dedicato il Santuario e che

è la Protettrice della Diocesi di Civita

Castellana, alla quale appartiene Castel

Sant’Elia.

Festa del borgo Stupenda rievocazione

storica dell’incontro tra la Regina

dei Longobardi Teodolinda e il Papa

Gregorio Magno, contornata da un bellissimo

corteo in costumi d’epoca e sfilata

di cavalieri in abiti originali che si scontreranno

nel Palio dei Longobardi.

Scorcio del centro storico

SAPORI TIPICI

Castel Sant’Elia non ha conservato una

particolare tradizione culinaria, ma si rifà

ai piatti poveri della zona, di un tempo,

come l’acquacotta, per citarne uno, o ai

tipici dolcetti con le nocciole, tozzetti e

cazzotti, del viterbese.

CURIOSITA’: Ma lo sapevate che a

Castel Sant’Elia…

Il numero degli abitanti è di 1.418, distribuiti

in 946 nuclei familiari.

Ci sono due convivenze: presso il

Santuario, gestito da Padri Polacchi alle

porte del paese, e presso le suore locali.

Caratteristico percorso

per la grotta del

Santuario

Santa Maria ad Rupes


01100 Viterbo

P.zza Verdi, 2/A - Tel./Fax 0761.347651

e-mail: colb-viterbo@lisi-bartolomei.com

Centro Commerciale Tuscia - Tangenziale Ovest

Tel. 0761.390013

e-mail: colb-tuscia@lisi-bartolomei.com

01030 Vallerano (VT)

Via Don Minzoni, 58 - Tel./Fax 0761.751551

e-mail: colb-valle@lisi-bartolomei.com

01033 Civita Castellana (VT)

Via Giovanni XXIII, 28-28A - Tel./Fax 0761.517951

e-mail: colb-civita@lisi-bartolomei.com

00169 Roma

Centro Commerciale Casilino - Via Casilina, 1011

Tel. 06.23260306, Fax 06.23279988

e-mail: colb-roma@lisi-bartolomei.com

Centro Commerciale Torresina - Via A. Barbato, 31

Tel. 06.61663133

63037 Porto D’Ascoli (AP)

Centro Commerciale Portogrande - Via Pasubio,

144 - Tel./Fax 0735.753665

e-mail: colb-portogrande@lisi-bartolomei.com


di Giovanni Francola

Campo de’ fiori 25

Il petrolio

e le sue dinamiche future

Ringrazio di cuore il direttore Sandro

Anselmi, e tutta la redazione di Campo de’

fiori, per avermi dato l’opportunità di parlare

di tematiche ambientali.

Prima desidero fare una sintesi di presentazione:

Il mio nome è Giovanni Francola, vivo a

Fabrica di Roma dove, da alcuni anni, ho

formato un gruppo di ricerca con lo scopo

di dare un contributo al problema

“Mobilità” e per mettere a punto dei sistemi

energetici innovativi, al fine di rendere

l’ambiente più sano e, soprattutto, più

accettabile per le generazioni che verranno.

Per fare questo occorre non solo dedizione

alla ricerca e un duro lavoro di squadra,

ma è necessario avere come priorità il

valore dell’ambiente come “bene comune”,

punto fondamentale da cui partire.

Così nel 2006 l’idea prende forma, inizia la

storia del Sunny il primo scooter solare.

Giovanni Francola e “Sunny”

lo scooter a pannelli solari

Fino al 1800 le principali fonti energetiche

erano costituite dalle biomasse e dalla

forza muscolare animale ed umana, mentre,

con l’inizio della rivoluzione industriale,

l’energia di origine fossile prese sempre

più piede, affermandosi in vari settori lavorativi.

Il carbon fossile ha segnato una

vera innovazione nelle macchine a vapore,

mentre, nel secolo appena trascorso, l’estrazione

del petrolio segnava il grande

cambiamento al punto di superare l’importanza

del carbone, grazie alle sue facilità di

estrazione, trasportabilità e per l’elevata

qualità energetica, fornendo così fino ai

giorni nostri il 35% dei consumi mondiali,

contro il 23% del carbone.

Per dare solo un dato significativo: in questa

bella Italia si consumano circa 1,8

milioni di barili al giorno (un solo barile

contiene 159 litri).

Ora però c’è un punto da affrontare: fino

a quando questa energia è in grado di soddisfare

il fabbisogno mondiale? Non più di

40 anni…

Se torniamo indietro nel tempo, circa 40

anni fa, sulle strade si vedevano ancora

circolare carretti trainati da animali, erano

dei veri mezzi di trasporto e in alcune

parti d’Italia, ad esempio in Sicilia, possedere

un carretto era simbolo di orgoglio,

sia per il ricco massaro che per il semplice

carrettiere.

Avveniva spesso che un marito, pur di

avere un carretto, era disposto ad impegnare

tutto l’oro portato in dote dalla

moglie. Anche Guy de Manpassant definì il

carretto “le rebus qui marche” (ossia un

affascinante mistero che cammina).

Ora, a distanza di anni, non è cambiato poi

molto, invece di impegnarsi l’oro, ci si

impegna una parte del proprio salario per

acquistare una autovettura e, una volta

acquistata, sarà lei a chiederci ogni giorno

dell’oro, un oro particolare “l’oro nero”.

Così l’ambiente si riempie di polveri sottili

e di veleni, ma poco importa di fronte alle

nostre necessità quotidiane, si preferisce

sostenere l’enormi spese sanitarie per

cause collegabili al 70% all’inquinamento

veicolare, l’importante è che noi viaggiamo

comodi all’interno di essi…

Secondo me dovremmo ben presto rivedere

le nostre abitudini e dare più ascolto ai

nostri buoni propositi racchiusi in noi,

l’ambiente, in fondo, non ha bisogno di

alterazioni, di moltiplicazioni, di sottrazioni

o di negazioni, ma di semplici gesti d’amore.

Info pubb.

0761.513117

info@campodefiori.biz


Dott.ssa

Sandra Falzone

Si chiama “Discalculia

Evolutiva”.

E’ classificata fra i

cosiddetti “Disturbi

Specifici di Apprendimento”:

dislessia,

disgrafia, disortografia.

I disturbi dell’apprendimentocolpiscono

il 4% della

popolazione scola-

stica.

Un bambino con Discalculia è in difficoltà

nel calcolo scritto e orale e, spesso, questo

disturbo può associarsi anche ad una

Dislessia e/o Disortografia.

Il bambino discalculico è un bambino con

intelligenza nella norma e quindi può non

aver problemi di logica.

Le difficoltà di apprendimento non sono

da attribuire a errori di insegnanti o genitori,

o a difficoltà emotivo-relazionali.

E’ un vero e proprio disturbo che ha base

organica ed è più diffuso tra i maschi (rapporto

3 a 1).

Quali possono essere le difficoltà di

un bambino con discalculia?

Il conteggio: numerare in avanti e all’indietro

con riferimento alle quantità; passaggio

dalla decina precedente a

quella successiva e viceversa.

Processi lessicali: imparare

il nome dei numeri, leggerli

e scriverli correttamente

nel 10 ed oltre; denominare

i simboli < > + - : x

Processi semantici e

sintattici: la stima delle

quantità; l’uguaglianza fra

quantità; il concetto di 0; il

Campo de’ fiori

valore posizionale delle cifre (111 i numeri

nel codice arabico sono uguali ma il loro

valore è diverso); comprendere le diverse

operazioni e applicarle ai

vari contesti “problema”.

Il calcolo a mente: elaborare

strategie che in

modo “economico” aiutino il

calcolo; intuizione dei processi

di calcolo; imparare le

tabelline.

Calcolo scritto: imparare le

regole procedurali nelle varie operazioni

(incolonnare, partire dalle unità l’uso

del riporto e del prestito) e tenerle in

memoria.

QUALE INTERVENTO TERAPEUTICO?

I modelli di intervento su un bambino con

difficoltà nel calcolo, dipendono da vari

fattori. La valutazione neuropsicologica

delle diverse competenze relative a numeri

e calcoli, permette di pianificare le proposte

di lavoro più rispondenti alle abilità

di base del bambino. Due sono i tipi di

intervento: un primo training ha soprattutto

carattere preventivo, l’altro è destinato

a bambini o ragazzi per i quali si interviene

sul sistema del numero e del calcolo.

CENTRO DI CONSULENZA

Neuropsichiatrica, Psicologica, Logopedica,

Psicopedagogica

Via Tasso 6/A - Civita Castellana (VT)

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Quando i bambini odiano la matematica forse i

“conti non tornano”

GLI OSTACOLI MAGGIORI?

La demotivazione.

Questi bambini hanno percorsi

scolastici difficili e

hanno perso la fiducia

nella possibilità di imparare.

Non diagnosticati,

hanno sviluppato l’idea

di non essere “bravi” o

intelligenti e, spesso, evitano

anche, in contesti

extrascolastici, di confrontarsi

con il mondo

dei numeri, del calcolo e

delle operazioni (leggere

l’orologio, contare i soldi e

sapere operare con il resto,

ecc.).

27


28

Che le stagioni siano

cambiate ormai da

qualche anno, è

cosa evidente. Gli

scienziati cercano di

spiegarci il perché,

tirando in ballo l’effetto

serra, gli uragani,

il buco dell’ozono,

ed altri degradi

ecologici, accu-

di Alessandro Soli sando l’umanità che

mentre cavalca l’inarrestabile

progresso, distrugge le bellezze

del nostro pianeta.

Prendo spunto da questo inverno così

“anomalo”, per ricordare le sensazioni che

insieme alle passate generazioni abbiamo

vissuto, quando d’inverno “faceva freddo,

quello vero”.

Chi non ricorda quei giorni di tramontana:

qui a Civita Castellana, in modo particolare,

tirava quasi come una “piccola bora”, e

riusciva ad ostacolare i tuoi passi, spingendoti

in modo irregolare, mentre ti stringevi

nel tuo “montgomery” che purtroppo

ti riparava fino al ginocchio. Il ghiaccio,

che lastricava il percorso che ti accompagnava

giovane studente, verso la stazione

della Roma Nord, dove salivi sul treno coi

vagoni luccicanti per la brina.

Poi, durante il viaggio sbirciando attraverso

il finestrino “grattato,” vedevi i campi

bianchi, frutto della gelata notturna, allora

ti rannicchiavi sempre più, protestando

con il capotreno, perché il riscaldamento

non funzionava mai.

Poi, pian piano il treno si affollava di studenti

e lavoratori che si recavano verso il

capoluogo, allora si sentiva a “pelle” proprio

il calore umano, quello sprigionato dal

parlare, che riempiva l’aria di nuvole tipo

“fumetti” con le parole dentro.

Campo de’ fiori

Come eravamo

Quando faceva freddo... quello vero

Un’altra immagine del freddo

l’avevamo quando, giunti a

Viterbo ci imbattevamo nelle

sue monumentali fontane,

quali quella di Piazza delle Erbe

o Piazza della Rocca, con gli

spettacolari “ghiaccioli” formatisi

alla base delle cannelle.

Che bello!

Chissà, se riusciremo ancora

ad assistere a scene di questo

tipo, vista la premessa che ho

fatto all’inizio.

Discorso a parte riguarda la

neve; noi a Civita Castellana

siamo penalizzati, rispetto ai

nostri conterranei dei Cimini,

dove l’altitudine fa la differenza,

e i pochi fiocchi che cadono

qui si dissolvono subito.

Ma ci sono state (sottolineo ci

sono state) circostanze eccezionali,

quando la neve è rimasta

per più di un mese: l’indimenticabile

nevicata del 1956! E chi la

dimentica, avevo nove anni, ne sono passati

ben cinquantuno, eppure credetemi,

ne ricordo addirittura il sapore, perché l’avevamo

raccolta in una bacinella e dopo

averla condita con liquori dolci (tipo

Alchermes), la gustavamo felici col cucchiaio

(allora non c’erano le cosiddette

piogge acide, e la neve era candida e

pura).

Ricordo le megascivolate fatte con slitte di

fortuna, per lo più tavole legate, così

diverse dagli slittini in plastica e materiali

moderni, ma le sensazioni erano ieri come

oggi uniche. Con gli amici del quartiere

“Catamello”, qui a Civita Castellana, avevamo

a disposizione tre discese, quella

larga e ripida che partiva dal punto dove

sarebbe sorta la pesa pubblica per arriva-

re a Via della Repubblica, una che degradava

appunto da Via della Repubblica fino

all’inizio del ponte Clementino, dopo aver

superato le rotaie del passaggio a livello

della Ferrovia Roma - Viterbo, e quella più

ripida e stretta di Via Falisca, che si immetteva

direttamente in Via della Repubblica.

Un momento, stavo dimenticando la discesa

dei Villini (l’attuale Via Don Morosini),

che anch’essa scende verso il ponte

Clementino, ma sinceramente non mi ci

sono mai avventurato, non me ne vogliano

i coetanei che abitavano lì e che, sicuramente,

avranno lanciato i loro bolidi tra

quei pini che la rendevano tortuosa e pericolosa.

Una cosa è certa: ogni tempo vuole le sue

stagioni, e ogni stagione vuole il suo

tempo, la vita non può stravolgere la natura,

la natura non può stravolgere la vita.


Programma di approfondimenti di studio

Gennaio 2007

Lezione di Passo a Due Moderno

classi intermedio - avanzato

Lezione di Passo a Due Classico mezze punte

Lezione di Passo a Due Classico punte

Classe principianti

Inizia il corso di FLAMENCO

Il Flamenco è l’affascinante ballo spagnolo in cui si fondono bellezza, eleganza, ritmo, energia,

attrazione, sensualità, grazia, fierezza e soprattutto passione.

E’ come un fuoco in cui arde forza e vitalità.

Ha origini nel folclore Andaluso, unitosi al folclore degli zingari spagnoli e, nel tempo, ha arricchito i

suoi fondamentali elementi con altri stili musicali provenienti da diverse culture:

araba, indiana, ebrea.


Campo de’ fiori 31

Le Majorettes di Corchiano

di Ermelinda Benedetti

Dopo un breve ma intenso periodo di

prove, che vengono, originariamente, fatte

in Via Borgo Umberto, dove si trovano oggi

le scuole medie, il presidente decide che é

il momento della prima uscita in pubblico,

per le vie del paese, in occasione della

festa della Madonna delle Grazie, il 15 settembre

1984. “Partimmo dal bivio di Via

Civita Castellana, marciando al tempo dei

tamburi, suonati da cinque delle nostre

ragazzine, perché i “tamburini” maschi

furono introdotti successivamente, – mi

racconta Peppino – e arrivammo in Piazza

del Comune, dove ci attendeva la banda

musicale. Da lì ci avviammo tutti insieme a

percorrere le vie del paese. È stata sicuramente

l’esperienza più emozionante, da

“pelle di gallina”. Avevo realizzato un

sogno al quale nessuno aveva dato fidu-

(seconda parte)

cia”. Una volta superata la prova generale,

iniziano ad arrivare i primi inviti dai paesi

limitrofi. La prima uscita fuori porta é quella

di Capena, durante la Sagra del vino, poi

subito il Carnevale di Nepi e di

Ronciglione.

Ma la prima grande memorabile uscita

ufficiale é a Roma, in occasione di un

grande raduno di gruppi folcloristici del

Lazio, dove ricevono il primo vero riconoscimento,

come gruppo più numeroso,

contando più di centodieci elementi, tra

majorettes e componenti della banda. In

poco tempo si diffonde la fama del gruppo

e nel febbraio dell’ ’86 vengono chiamate

per esibirsi tra i meravigliosi carri allegorici

del Carnevale di Viareggio, uno tra i più

importanti e suggestivi di tutta Italia, del

quale saranno ospiti per qualche altro

anno successivo. Tra le numerosissime

uscite collezionate, più o meno importanti,

sono da ricordare i viaggi di Bari, Nola e

Lecce, dove sono accompagnate da bande

musicali locali, e a Piazza San Pietro, a

Roma, nel giorno dell’Epifania, in omaggio

al Santo Padre Giovanni Paolo II. Siamo

già ai primi anni ’90, il gruppo è ormai

diventato forte e compatto, si è anche

innalzata l’età delle ragazze, che si esibiscono

non più solo con le bacchette ma

anche con i pon pon.

Dopo tanto impegno, Peppino il fondatore,

maestro, presidente, deve lasciare la direzione

della compagnia per problemi famigliari,

nominando come suo successore

Roberta Silveri, l’attuale capo gruppo. Ma

di lei e di come il gruppo è arrivato ad

oggi, vi parlerò sul prossimo numero.


L’appuntamento con la solidarietà è divenuto

una tradizione anche qui a Civita

Castellana. Infatti nell’ambito della

Settimana Telethon, le iniziative e gli avvenimenti

si sono susseguiti con ritmo incalzante

e frenetico.

La B.N.L. gruppo BNP Paris Bas, agenzia di

Civita Castellana, in collaborazione con la

Compagnia Teatrale Parrocchiale “La

Bottega delle Chiacchiere” e la Scuola

Media Statale Dante Alighieri di Civita

Castellana (unitamente alle sedi di Faleria

e Corchiano) hanno realizzato e portato in

scena due spettacoli teatrali e un concerto.

Ma procediamo con stretto ordine cronologico.

Lunedì 11 Dicembre u.s., al

cine teatro Florida, la Bottega delle

Chiacchiere ha riproposto un ottimo

“Rugantino”, la commedia che ha dato

lustro al binomio Garinei-Giovannini, con

le indimenticabili musiche di Armando

Trovajoli e nel corso degli anni è stata rappresentata

in tutto il mondo. Un lavoro

accurato che ha messo in evidenza la regia

di Meri Formichetti e Domenica Massari, le

coreografie di Eleonora Formichetti, i

costumi disegnati da Letizia Zallocco, le

scenografie di Mauro Angeletti, Amalia

Cesarini e Marcello Silveri, le acconciature

e trucco di Palma Bassanelli.

Tralasciamo volutamente la trama arcinota

del Rugantino, magistralmente interpretato

da Stefano Crescenzi, e senza nulla

togliere agli altri interpreti, qui non menzionati,

citiamo la fresca Rosetta, alias

Paola Finucci, il corpulento Mastro Titta

Leonardo Bochicchio, il sorprendente

Gnecco, interpretato dall’imprevedibile

Don Luigi Romano. Parte integrante e preziosa

di questo musical il coro, che ha

accompagnato con

maestria gli attori sul

palco. Infine il corpo

di ballo, che si è esibito

in figure e saltarelli

tipici della Roma ottocentesca.

Un “bravò”,

con l’accento sulla “o”,

alla francese, a questi

ragazzi della

Parrocchia San Luigi

ai Sassacci di Civita

Castellana, per l’impegno

profuso e la

disponibilità al proget-

Campo de’ fiori

a Civita Castellana

Impegno e Solidarietà

to Telethon.

Giovedì 14 Dicembre u.s. entrano in

scena i ragazzi della Dante Alighieri classi

III° A, III° B, III° C, che nel nuovissimo

Teatro Tenda di Fabrica di Roma, portano

in scena un’altra pietra miliare del musical

italiano: quell’ “Aggiungi un posto a tavola”

che negli anni ’70 dimostrò al mondo

che gli italiani sanno fare ben altro che

“pizza e maccaroni”. Le musiche sono

ancora di Armando Trovajoli, la regia, direzione

artistica e sceneggiatura, rivisitata e

corretta, è opera della Prof.ssa Mariella

Baldoffei, le scenografie (originale quella

dell’ingresso sull’arca, quando gli alunni

entrano portando sulla testa le sagome in

polistirolo dei vari animali) sono state

ideate dalle Prof.sse Maria Grazia Salerno,

Alessandra Gostoli, Fausta Natale, gli

effetti sonori del Prof. Totonelli, le coreografie

di Ester Carabelli, il tutto mixato con

il server del Gruppo GIAD di Carbognano.

Certamente la costanza dei docenti e l’impegno

di tutti gli alunni sono alla base

della riuscita di questo musical. Fa effetto

vedere che una Scuola Media, come la

“Dante Alighieri”, da sempre all’avanguardia

nell’applicazione dei programmi didattici

dettati dal Ministero della Pubblica

Istruzione, riesca ogni anno a produrre

delle “perle”. Queste perle sono ormai

divenute “collana”, grazie a pubblicazioni

di gruppo che spaziano dalla poesia dialettale

a piccoli trattati di architettura, o,

come in questa circostanza, a rappresentazioni

teatrali.

Sempre nell’ambito Telethon 2006,

venerdì 16 Dicembre u.s., ancora al

Pala Tenda di Fabrica di Roma, ben 180

alunni della Media Dante Alighieri di Civita

La Compagnia Teatrale “La Bottega delle Chiacchiere”

di Alessandro Soli

33

Castellana Faleria e Corchiano, hanno dato

vita al Concerto di Natale, eseguendo

brani di vari autori alle “diamoniche” (piccole

tastiere). Il Dr. Orlando Pierini, preside

della Dante Alighieri, ha ribadito che la

scuola ha aderito al programma Telethon

con due obiettivi: educare e sensibilizzare

alla solidarietà attraverso azioni concrete e

coinvolgenti, raccogliere più fondi possibili

per la ricerca scientifica. Ebbene, oggi si

può dire che questi obiettivi sono stati raggiunti,

perché abbiamo visto sul palco

tanti ragazzi uniti e impegnati nel dare il

meglio di sé, aiutandosi l’un l’altro e nel

“salvadanaio” Telethon sono affluiti ben

2.227 euro.

Bravissimi tutti … “AD MAIORA”.

Il Preside della scuola media Dante Alighieri

Orlando Pierini


La redazione di Campo de’

fiori formula, al collaboratore

Enea Cisbani e alla sua

famiglia, i più fervidi auguri

per la nascita del piccolo

Marco

Buon compleanno a Valentina

Bacchiocchi di Corchiano che il

7 gennaio ha compuito 23

anni. Tanti auguri da Maria

Cristina e Massimo

Tanti Auguri a Simone

Micheli per il suo primo

anno, con tanto affetto e

amore da mamma Cristiana,

papà Giulio, i nonni e gli zii.

La redazione di Campo de’

Tantissimi auguri a

Marcello Clementi che

il 27 Gennaio ha compiuto

i suoi 4 anni. Da

mamma Sonia, papà

Giuseppe e i suoi nonni.

Tanti auguri alle dottoresse

Laura Brizi di Tarquinia

e Chiara Cecchini di Roma,

che si sono laureate a

D.A.M.S. rispettivamente

il 4 e 5 dicembre 2006.

Tanti auguri da Cristina,

Massimo e Vera.

Tanti Auguri a Asia e Mario Cima che

il 23 e il 27 Gennaio hanno compiuto

5 e 1 anno.

Auguri da mamma Marina, papà

Roberto e nonna Ombretta.

Ha spento la seconda

candelina il piccolo

Edoardo Vettori di

Ronciglione.

Auguri dal papà Maurizio,

dalla mamma Caterina,

dai nonni paterni Stefano

e Edda, da quelli materni

Mario e Franca, dagli zii

Carmine e Monica, dalla

cuginetta Elettra

e dai parenti tutti.


fiori si associa agli auguri

e degli amici

Emanuele, Cristina e Noemi

Tanti auguri a

Daniela di Fabrica

di Roma che ha

compiuto gli anni

il 26 Gennaio

da tutta la sua

famiglia.

Tanti auguri di

buon compleanno

a Daniela

Proietti che il

26 gennaio ha

festeggiato gli

anni. Gli auguri

più sentiti da

parte della

sorella Gloria

Tantissimi auguri per

il suo compleanno

alla piccola Valeria

Carrisi, dai nonni

Edoardo e Silvia,

Mario e Franca, dagli

zii Valentina, Gianluca

e Alessio, da mamma

Tania,

papà Fabio

e dal cuginetto

Lorenzo.

Tanti auguri a Donato e Annita per il loro 26° anniversario

di nozze, festeggiato il 27 Dicembre.

Con affetto i figli Angelica e Davide.

Tanti auguri

alla piccola

Valentina

Cencelli

che il

2 Febbraio

ha compiuto

due anni;

da mamma

Katia, da papà

Massimo, dai

nonni, gli zii,

parenti e

amici tutti.

Tanti auguri di

buon compleanno

ad Orazio

Monaco che il 1

gennaio ha

festeggiato il

suo compleanno.

un caloroso

abbraccio da

Massimo e

Cristina

Tantissimi

auguri di

Buon

Compleanno a

Stefano

Febo, che il

13 Gennaio ha

compiuto gli

anni, dal suo

amore

Angelica, dai

suoceri

Donato e

Annita e dal

cognato

Davide.


La redazione di Campo de’ fiori si associa agli auguri

Tanti Auguri a

Mattia Pilera

che ha compiuto

3 anni il 4

Gennaio. Auguri da

mamma Katia,

papà Maurizio,

dai nonni Arnaldo,

Maria Rita, Carla,

Sergio, dagli zii

Loretta, Tomas e

Romina e dal

bisnonno Elettro.

Sincere

congratulazioni

a Marco Pegoraro

e Martina Rizzo

per l’ottimo

risultato

raggiunto

al campionato

italiano

di danza.

Un ringraziamento

speciale

ai maestri Elena

e Valter Sugoni.

I genitori.

Tanti auguri

a Maria

Francesca Iengo

e Lorenzo

Sansonetti,

che il 23 e 29

Gennaio

hanno compiuto

gli anni. Auguri

dai genitori,

i nonni, Eleonora

e Francesco.

Tantissimi

auguri a Ilaria

Magnanti che

il 13 Gennaio

ha compiuto

18 anni!!!

Dalle tue amiche:

Claudia,

Martina,

Arianna e

Maila

Tanti auguri

a Beatrice per i suoi

18 anni da mamma

Stefania, papà

Alberto, Gabriele,

parenti, amici

e da Mauro.

Tanti auguri di Buon

Compleanno a Marco

Oliverio che ha

compiuto 27 anni il 30

Gennaio, da mamma,

papà, il fratello, la

cognata, la nonna e il

nipotino Cristian

Tanti auguri di buon

compleanno

a Enrico Gastaldo

che il 16 gennaio ha

compiuto 23 anni

da Cristina e Massimo.

Tanti auguri di Buon Compleanno a Luigi Oliverio che ha compiuto 55 anni il 15 Gennaio e alla

suocera Vincenza Giorgi che ha compiuto 72 anni il 26 Gennaio, da Maria Antonia, Marco,

Luca, Daniela e Cristian


38

NAATTII

Civita Castellana

05 Dicembre - Matteo Marini

06 Dicembre - Sophia Mignogna

08 Dicembre - Leonardo Santini

09 Dicembre - Giulia Vaccarotti

11 Dicembre - Anna Lisa Belloni

11 Dicembre - Jasmine Jeridi

12 Dicembre - Ludovico Orlando

17 Dicembre - Alo Hawladar

20 Dicembre - Elias Pazielli

22 Dicembre - Andrea Franco

25 Dicembre - Filippo Plaja

23 Dicembre - Siria Capanna

27 Dicembre - Bemnet Di Crescenzio

31 Dicembre - Ludovica Colantoni

31 Dicembre - Beatrice Fantera

02 Gennaio - Lejla Saracevik

09 Gennaio - Diego Marra

20 Gennaio - Marco Cisbani

23 Gennaio - Alessandro Racioppa

Campo de’ fiori

MATRIMONI

Civita Castellana

08 Dicembre

Di Niccola Serena / Rossini Lorenzo

18 Dicembre

Buleandra Mihala / Buleandra Valentin

OPINIONI

DECEDUTI

Civita Castellana

06 Dicembre - Daniele Biondi

13 Dicembre - Irna Bongarzone

18 Dicembre - Rina De Luca

19 Dicembre - Dismo Cesarini

20 Dicembre - Anna Marinelli

22 Dicembre - Valeria Catinari

22 Dicembre - Adalgisa Rosa Troiani

26 Dicembre - Giovanni Spinilli

29 Dicembre - Annunziata Mazzafoglia

02 Gennaio - Ernesto Raponi

13 Gennaio - Alvaro Zenoni

13 Gennaio - Luisa Angelozzi

18 Gennaio - Alberto Di Clemente

18 Gennaio - Maria Ricci

Il sondaggio di opinioni pubblicato sul precedente numero di Campo de’ fiori ha evidenziato

la volontà dei più nel denunciare i mass media, e maggiormente la TV, quale causa

della escalation della violenza, specialmente fra i giovani.

OGGI VI CHIEDIAMO

Siete d’accordo che i sacerdoti contraggano matrimonio?

esprimete la vostra opinione inviando un SMS al numero 329.1971400

o una e-mail all’indirizzo info@campodefiori.biz

le vostre migliori risposte saranno premiate con un simpatico omaggio

Indovina L’Artista

Di lato è riportato il

particolare del famoso

quadro “Ballo al Moulin

de la Gelette”. Sai dire chi

l’ha dipinto? I primi tre

che indovineranno e si

recheranno presso la

redazione, riceveranno un

simpatico omaggio offerto

dal Centro Parati Selli.


di Enea Cisbani

Campo de’ fiori

Duilio Cambellotti e Civita Castellana

Silvio Canevari, Sante Ciani, Rosato Rosati,

Guido Calori, Luigi Montanarini, Renato

Guttuso, Assen Pejkov, Giulio Francesconi:

dal 1906 al 1954 questi celebrati Artisti

Italiani arrivano a Civita Castellana con il

loro inestimabile bagaglio artistico e culturale,

chiamati dai proprietari delle manifatture

ceramiche del tempo, come Casimiro

Marcantoni o Alessandro Sbordoni, per

assurgere al ruolo di designer o di direttori

artistici, lasciando la loro impronta e

firma in varie opere in ceramica, tuttora

esposte nel Museo della Ceramica in Via

Roma a Civita Castellana.

Civita Castellana, agli inizi del ‘900 è, dunque,

un centro culturale di notevole eccellenza

con un vasto e multiforme repertorio

di forme e soluzioni artistiche e centro prediletto

dagli artisti del tempo, perché attraverso

la ceramica d’arte possono sperimentare

le forme e le soluzioni formali più

ardite.

Le ragioni di questo grande sviluppo produttivo

ed artistico sono molteplici: presenza

di una committenza e proprietà

“Illuminata”, Vincenti – Sbordoni –

Marcantoni, professionisti e dirigenti politici

di grande valore come il notaio Ulderico

Midossi e l’avvocato Bruno Flamini o come

l’ingegnere Ugo Favalli, una scuola d’arte

che formava e preparava i decoratori e i

modellisti e, non ultimo, la presenza di un

tessuto lavorativo formato da operai, semplici

e specializzati, che garantiscono il

funzionamento dell’apparato produttivo, in

contesti come le fabbriche del tempo dove

il lavoro si svolgeva in condizioni ambientali

e tecniche, certamente non agevoli e

dove non esistevano le più elementari

norme di sicurezza.

Il 26 Settembre 1926, ANGELO FLAMINI

e ROSA MAGGIORI, illustri concittadini e

stimati maestri presso la Regia Scuola

Elementare “Tommaso Tittoni” posta nell’attuale

Via Gramsci, chiamano a Civita

Castellana il più importante autore ed artista

del “Liberty” Italiano: DUILIO CAM-

BELLOTTI, in quegli anni al culmine della

sua fama ed importanza artistica.

Duilio Cambellotti, eccelso grafico e disegnatore,

realizza, per volere della famiglia

Flamini, il Frontespizio di una rara pubblicazione,

prodotta in pochi esemplari,

per ricordare la prematura morte, nella

Prima Guerra Mondiale, del loro figlio l’avvocato

Bruno Flamini.

Nella prefazione si legge: “….Altro speciale

ringraziamento dobbiamo al valente

artista Prof. DUILIO CAMBELLOTTI, per il

suggestivo frontespizio; al Prof. ENEA

ANTONELLI e al Prof. ROBERTO ROSATI, il

primo per i fregi e il secondo per il disegno

dei luoghi ove il nostro Bruno combattè e

Il Frontespizio

della

pubblicazione

realizzata per

volere della

Famiglia

Flamini

cadde…..”.

La presenza di Cambellotti è un fatto epocale

per Civita Castellana e di grande

importanza culturale per un artista allora

impegnato in grandi esposizioni di pittura

e in altri progetti decorativi.

Il Frontespizio riprodotto in queste pagine,

rappresenta un guerriero che, cessata la

battaglia, si sveste delle sue armi, lo scudo

circolare – la lorica – l’elmo e, in una posa

plastica dall’intenso modellato, sembra

quasi appoggiarsi ad un cippo marmoreo

recante una iscrizione composta da numeri

romani.

Non vi è pathos o tragedia nell’intera

scena: quasi un senso di voluta calma e

pace domina l’intera raffigurazione.

Notevoli e profonde le analogie formali e

figurative con il guerriero che Silvio

Canevari riproduce mirabilmente nel suo

Monumento ai Caduti in Via Gramsci.

DUILIO CAMBELLOTTI, nasce a Roma nel

1876.

Allievo di ALESSANDRO MORANI, importante

artista del Liberty Italiano, si forma

presso la scuola d’Arte del Museo Artistico

Industriale di Roma.

Nel 1896, opera come grafico e disegnatore

presso le più importanti tipografie della

Capitale, dove emerge per le sue innegabili

doto rappresentative come la chiarezza

39

del segno e dei colori.

Nel 1900 collabora con importanti riviste,

nelle quali operano artisti come Dudovich

e Balla, importanti esponenti della corrente

futurista.

Nel 1905, collabora come scenografo e

costumista con il Teatro Stabile di Roma,

con il Teatro di Siracusa e con l’Opera di

Roma.

Nel 1912 riscuote l’ampio consenso della

critica specializzata in occasione della

prima Mostra della Vetrata.

Nel 1921 progetta e realizza il Monumento

ai Caduti, a Terracina.

Dal 1923 al 1927, partecipa alle più importanti

mostre internazionali di Arte

Decorativa di Milano, Roma e Parigi.

Nel 1960 muore a Roma.

Architetto, grafico, designer: Duilio

Cambellotti fu un genio multiforme, grafico

di notevole importanza e, in estrema

sintesi, un audace sperimentatore artistico.

La realizzazione del Frontespizio per il libro

edito a Civita Castellana nel 1926 è, forse,

un episodio marginale se rapportato al

vasto repertorio e curriculum dell’autore,

ma per la storia artistica di Civita

Castellana segna l’indelebile passaggio di

un grande autore celebrato nelle pubblicazioni

d’arte specializzate.


40

Campo de’ fiori

Cari amici

la storia di Noel si arricchisce sempre più di nuove avventure.

Conservate gli inserti e... buona lettura

dai vostri Cecilia e Federico

soggetto e testo Sandro Anselmi

continua sul prossimo numero...


Campo de’ fiori 41

Coppa Italia

resta il sogno

Gli ingredienti per realizzare quel sogno inseguito per sette anni (finale persa

1-0 al Tre Fontane contro il Ferentino), c’erano tutti.

Dal magnifico impianto dello stadio Flaminio di Roma, alla meravigliosa cornice

di pubblico, dalla splendida giornata di sole, alla consapevolezza di avere

un organico, sulla carta, superiore a quello dell’altra finalista.

Purtroppo il sogno è restato tale, con un risveglio amaro per la Flaminia Calcio

di Civita Castellana sconfitta per 1-0 dal Formia nella finale regionale della

Coppa Italia di Eccellenza il 3 Gennaio u.s..

Non ci resta che ammirare le foto di questo avvenimento, con Cesarini capitano

della squadra civitonica, che mestamente riceve la coppa assegnata alla

seconda classificata.

Certo l’occasione era ghiotta, speriamo che il sogno continui.

Al.So.

(foto Mauro Topini)


42

IL KARATE e i BAMBINI

Il Karate-Do offre al bambino l’opportunità

di raggiungere un armonico equilibrio tra

corpo e mente. In esso infatti ritroviamo

tutte le componenti psicomotorie essenziali.

Il bambino che pratica Karate percepisce

gli aspetti esteriori attraverso il

gioco, per cui il Karate diventa lo strumento

per fargli acquisire una perfetta padronanza

del corpo, sviluppando la percezione

di se stesso, le capacità coordinative,

ma soprattutto favorendo il rapporto con

gli altri e lo sviluppo della capacità di

socializzazione. La lezione per bambini, si

svolgerà in un clima in cui tutte le opportunità

di apprendimento sono inserite in

un contesto di gioco e di divertimento; il

bambino in tal modo non è forzato ad

acquisire comportamenti che non siano

quelli propri della sua età, per cui l’apprendimento

è gioioso e solo in minima

parte indirizzato ad un fine strettamente

specifico. Il Karate è dimostrato da tempo

che allena le doti di autocontrollo, di

volontà e di correttezza. E’ una disciplina

che valorizza i principi morali e fisici, affina

l’educazione, l’irrobustimento del corpo

e sviluppa le capacità di concentrazione e

Campo de’ fiori

volontà. Ai bambini viene insegnata, la

corretta postura del tronco, che previene e

cura processi di deformazione della colonna

vertebrale; non vengono forzate le articolazioni

e, nonostante l’acquisizione di

un’ottima elasticità, non vi è mai prevalenza

di alcuni gruppi muscolari su altri (premessa

indispensabile per una crescita fisica

corretta). Dal momento che le capacità

di coordinazione e la rapidità si sviluppano

fortemente in questo primo periodo

di vita, risulta di fondamentale importanza

favorirne lo sviluppo con programmi adeguati.

Ciò acquista un significato educativo

primario poiché è stato dimostrato che un

bambino ben coordinato ha un rapporto

con l’ambiente molto più sereno ed equilibrato

ed una sicurezza e fiducia in se stesso

che l’accompagneranno per tutta la

vita.

KARATE ADULTI AMATORI

Il Karate è un percorso di vita che accompagna

il praticante nel corso degli anni fornendo

continui stimoli, fisici e spirituali,

che permettono il progredire della crescita

corpo e mente in un connubio armonico.

Per cui non vi sono vincoli né di età né di

sesso che possano impedirne la pratica e

l’apprendimento dei principi. Il corso amatori

in particolare è studiato per favorire la

pratica e l’apprendimento di persone adulte

che desiderano beneficiare dei miglioramenti

fisici e mentali che una costante

pratica del Karate permette di raggiungere.

Il Maestro Mercuri ed i suoi collaboratori hanno

ideato numerosi corsi di KARATE adatti alle

diverse esigenze, perché il KARATE è un’ arte

che permette una crescita fisica e spirituale che

può durare tutta la vita. I corsi attivati presso

l'Okinawa sporting club sono: bambini dai 5 ai 7

anni; ragazzi; agonisti; adulti amatori. Per tutti

gli over trenta anni che vogliono intraprendere

la pratica del KARATE le prime due lezioni sono

gratuite.

I ragazzi del turno di cardio kick boxig, che

sta riscuotendo molto successo

Info pubb.

0761.513117

info@campodefiori.biz


10

Campo de’ fiori 43

Borse di studio di danza

Sabato 13 Gennaio si è tenuto il corso di

danza diretto dagli insegnanti della Scuola

Blu Life e sponsorizzato dalla ditta Erica

Ceramiche. Il provino per l’assegnazione

delle borse di studio è iniziato alle 14,30 e,

le partecipanti, hanno dato prova, dopo il

riscaldamento collettivo, delle loro capacità

tecniche, attitudinali ed artistiche, eseguendo

brevi coreografie sia di danza classica,

che moderna, diagonali, esercizi accademici

ed ideazioni coreografiche libere.

Alle 17,30 la prova è terminata e la commissione

ha espresso il suo parere, assegnando

due premi per il livello intermedio a

Giulia De Stefano di Rignano Flaminio e a

Sabrina Campari di Ronciglione, e due per

il livello avanzato a Paola Martellini e a

Francesca Lelli di Gallese. Il premio permetterà

a queste ragazze di perfezionarsi,

del tutto gratuitamente, nelle diverse discipline

della danza accademica per tutto l’anno

2007.

Chi si è riconosciuto?

6

17

15

foto Ludovica Cenci

In questa foto pubblicata sul n. 32

di Campo de’ fiori

sono stati riconosciuti:

1- Francesco Cassandra

2- Maurizio Bianchini

3- Renato Surano

4- Sergio Tabacchini

5- Sergio Cofferati

6- Renato Di Giovanale

7- Enrico Adelli

8- Giovanni Bartone

9- Pietro Soldini

10- Michele Cammarano

11- Sandro Ceccarelli

12- Gino Guidi

13- Franco Angeletti

14- Sergio Piano

15- Amerigo Capitoni

16- Quinto Passini

17- Elvio Mechelli


44

Poesia e Prosa

tra fantasia e realtà

“Cavalcando l’Ippogrifo”

No! Non è “ La Storia Infinita” anche se

può sembrare; ma questa è un’antologia

nata “poetando”:

Quando Ariosto abbiam studiato

l’ippogrifo ci ha affascinato.

Sulle ali del cavallo fantasioso

abbiam intrapreso un viaggio assai

“curioso”;

addirittura sulla luna siamo andati

e tanti “senni” umani abbiam trovati.

Così “Cavalcando l’Ippogrifo”...

... si è realizzata un’opera che i ragazzi

dell’Istituto d’Arte di Civita Castellana

(classi 2^b-3^c-4^c e 4^b, a.s. 2005/06),

guidati e coordinati dalla loro insegnante

prof.ssa Sabbatini Maria Loretana, hanno

voluto, come già precedentemente fatto

per la raccolta di poesie “Scrittori per

caso”, presentare pubblicamente il 15

dicembre 2006 nella sala “Alberto Trocchi”

presso la Curia vescovile di Civita

Castellana. Ha introdotto l’argomento l’insegnante,

che ha illustrato l’iter del progetto

e l’organizzazione dei lavori.

Un elogio particolare è stato rivolto ad

alcuni ragazzi (Valentina Mozzicarelli,

Vincenzini Giulia, Riganelli

Debora, Patrizi

Federica, Sciarrini

Davide, Fidaleo

Paolo, Fusaro Gioele)

per l’impegno ed

il sacrificio dimostrato,

tornando a scuola

anche di pomeriggio.

Alcune poesie, riflessioni,

storie e rime in

dialetto civitonico

sono state magistralmenteinterpretate

e recitate dal

sig. Alfredo Romano,

responsabile della

biblioteca comunale,

deliziando, commovendo

e divertendo

….tutti i presenti.

Il Dirigente Scolastico

prof. Franco

Chiriconi, nel ringraziare

i presenti ed in

particolare i ragazzi

Campo de’ fiori

ed i genitori, ha espresso soddisfazione

per l’iniziativa del libro e per tutte le altre

varie attività artistiche che si svolgono

all’I.S.A..

Non sono poi mancati gli elogi da parte di

S.E. Mons. Divo ZADI, nei confronti del

lavoro degli alunni e della loro insegnante.

Durante l’intervento S.E. ha messo in risalto

l’importanza della famiglia come guida

morale e materiale, esempio di coerenza e

d’amore, soprattutto in una società in cui

tanti valori stanno perdendo consistenza.

A conclusione della cerimonia è stata

donata a tutti

gli studenti

che hanno

partecipato

con i loro elaborati,

una

medaglia

ricordo.

I volumi, messi

a disposizione

del pubblico

ad offerta

libera, hanno

consentito

la partecipazione

alla maratonaTelethon,devol-

vendo l’incasso in beneficenza.

Anche i ragazzi dell’I.S.A. hanno voluto

dimostrare sensibilità e fiducia nei confronti

della ricerca scientifica, donando

volontariamente e responsabilmente “il

frutto del loro lavoro”.

I libri, fino ad esaurimento delle scorte,

possono essere ritirati e/o consultati presso

la biblioteca comunale.

Paolo Fidaleo


Campo de’ fiori

I primi 5 lettori che avranno dato la risposta esatta,

riceveranno un simpatico omaggio ed i loro nomi verranno

pubblicati sul prossimo numero.

Potete rispondere direttamente in redazione

via e-mail all’indirizzo: info@campodefiori.biz

con un sms al numero: 329.1971400

47


48

RESISTENZA

di

Gianni Bracci

Non che fosse il suo

sport preferito, ma

“correre” era l’unica

attività fisica che potesse

permettersi per

ragioni di tempo e di

età.

Il sig. G si riteneva

troppo “anziano” per

tornare a giocare a pallone,

mentre gli impe-

gni lavorativi non gli consentivano di dedicarsi

ad altro. Mettersi scarpette e tuta per

fare il giro dell’isolato

in “footing” rappresentava

per lui un semplice

ed immediato esercizio

fisico.

Fu così che, conoscendo

questa sua abitudine,

quando a scuola

promossero l’iniziativa

benefica de “La

Grande Maratona di

Capodanno”, i suoi

bambini non se lo

fecero ripetere due

volte iscrivendolo

immediatamente tra i

concorrenti. Tornarono

a casa entusiasti

e orgogliosi di poter

vedere il loro papà tra

gli atleti in gara anche

se G, a dire il vero, ne

avrebbe fatto volentieri

a meno. Quella sera, a cena, attaccò,

serio, la sua arringa difensiva: “Ragazzi,

cercate di capirmi, non sono assolutamente

allenato per un evento simile. Ho pure

una certa età e queste sono imprese che

si intraprendono in gioventù…. Insomma,

facciamo finta che abbiamo scherzato,

suvvia !”.

Il ragionamento lì per lì poteva sembrare

pure condivisibile, ma crollò sotto lo sguardo

torvo della signora D che fulminò il

marito: “Non fare il sempliciotto, lo dici

sempre anche tu: quello che non si sa si

impara! Ti alleni e vai a correre come

fanno tanti altri pappemolle come te !”

Come al solito la signora D aveva ragione:

non poteva deludere i bambini, e poi alla

maratona di beneficenza partecipava

mezza città: l’importante era partecipare,

non vincere.

G cercò di allenarsi come poteva, anche se

il peso degli anni e della pancetta si facevano

sentire inesorabilmente, finché arrivò

il gran giorno. La gara partiva da un grande

piazzale, nel quale era riunita una folla

immensa; giovani e vecchi, maschi e femmine,

atleti di ogni razza e di ogni età

erano pronti a partecipare alla Grande

Campo de’ fiori

Maratona di Capodanno. G si sentiva parte

di una grande avventura… e il fatto di

poterla condividere con tante altre persone

lo emozionava ancora di più anche se

non poteva dimenticare che lo attendeva

uno sforzo sovraumano: quarantadue chilometri

a piedi, fiatone, vesciche ai piedi,

freddo e crampi….. Chi cavolo glielo faceva

fare?

E poi… ce l’avrebbe fatta… chissà?

Quaranta chilometri gli sembravano tanti

anche in macchina, figuriamoci a piedi, ma

doveva provarci, soprattutto per non delu-

dere i suoi bambini, che lo accompagnarono

sul luogo di partenza pieni di aspettative.

Promise a sé stesso che non importava

quanto ci avrebbe messo, ma sarebbe

arrivato alla fine del percorso, ad ogni

costo.

Poco prima dell’inizio un vecchietto dal fisico

scheletrico, incredibilmente arzillo per

la sua età, gli si avvicinò:

“Ehilà, giovanotto! Bella giornata per correre,

eh?” esclamò mentre saltellava per

scaldarsi, agile come un grillo.

Era un veterano delle corse a piedi, gli

strizzò l’occhio con uno sguardo complice:

“Hai fifa, eh? Confessa! E’ la tua prima

maratona? Coraggio, andrà tutto bene! Io

ho partecipato a ventiquattro, dico ven-tiquat-tro,

maratone !”

G non aveva voglia di parlare, inebetito dal

freddo e dal pensiero dell’immane sforzo

che lo attendeva. Mentre si massaggiava

le parti scoperte del corpo con una specie

di olio canforato, quello strano signore gli

sussurrò all’orecchio, a bassissima voce

come quando si confida un informazione di

vitale importanza: “Figliolo, ti rivelo un

segreto per arrivare fino in fondo alla

maratona: non devi arrenderti. Devi anda-

re sempre avanti. Sempre. Un passo dopo

l’altro…. Senza mai perdere la fiducia in te

stesso ! Ricorda le mie parole quando sentirai

il cuore in gola: un passo dopo l’altro!”

“Come nella vita !” affermò G.

“Già… come nella vita!” rispose lui accennando

un sorriso sornione .

L’altoparlante annunciò l’imminente partenza,

il vecchietto si congedò facendo

risuonare quelle parole: “Un passo dopo

l’altro, figliolo ! Ricorda!”

La gara cominciò. G si sentiva smarrito,

perso, confuso in mezzo a quella fiumana

tumultuosa di

gente che si muoveva

nel freddo. Si

limitò a seguirne la

scia come un automa,

cercando di

concentrarsi sullo

sforzo da compiere

mentre, ai lati

della strada, ali di

persone urlanti

acclamavano gli

intrepidi partecipanti

alla Grande

Maratona. Lungo il

percorso, la scia

dei concorrenti

cominciò a snellirsi,

e i più giovani

staccarono il grosso

del gruppo, nel

quale riusciva,

comunque, a mantenersi

G anche se la fatica cominciava a

farsi sentire.

Il freddo umido sembrava ghermire i

muscoli del corpo e le ossa: si muoveva

sempre più stancamente. G conosceva

bene quella sensazione di spossatezza alla

quale sapeva di non dover cedere: nò, non

poteva fermarsi, anche se sentiva il cuore

scoppiare, doveva tener duro! In quei

momenti non bisognava pensare ai chilometri

percorsi o da percorrere, bisognava

solo preoccuparsi di continuare a correre:> pensò.

E così continuò la sfida contro sé stesso e

vincendo la fatica arrivò al traguardo,

accolto dall’abbraccio caloroso di moglie e

figli. Stremato ma felice, indossò la tuta e

si godette la premiazione, perché, incredibile

a dirsi, era addirittura arrivato tra i

primi nella sua categoria, al di là di ogni

più rosea previsione.

Anche il vecchietto andò a congratularsi

con lui: “Sei stato grande! Te lo avevo

detto: un passo dopo l’altro…. senza arrendersi

mai !”

“Come nella vita !” ribattè G.

“Già…. Come nella vita!”


Campo de’ fiori

L’angolo ... cin cin di Letizia Chilelli

Nel corso del nostro viaggio nel vocabolario

del vino, arriviamo a parlare della

“DESCRIZIONE OLFATTIVA” che si avvale

dei seguenti aggettivi:

-Aromatico

-Vinoso

-Floreale

-Fruttato

-Franco

-Fragrante

-Erbaceo

-Speziato

-Etereo

-Ampio

AROMATICO

È il profumo specifico del vitigno, e lo si

riscontra nelle uve aromatiche: Moscati,

Malvasie e poche altre.

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“DESCRIZIONE OLFATTIVA”

VINOSO

È il profumo del vino molto giovane, che

ci ricorda la vinificazione. Richiama il tipico

profumo che si avverte nelle cantine al

momento della svinatura, lo si riscontra

particolarmente nei vini rossi.

FLOREALE

Si riscontra nei vini bianchi che emanano

sentori di fiori in questo caso bianchi o

nei vini rossi meno giovani che ci regalano

sentori di fiori rossi appassiti.

FRUTTATO

Questo profumo ci ricorda i più svariati

tipi di frutta e nel vino li ritroviamo in

rapporto alla sua evoluzione e alla sua

tipologia: ad esempio in alcune bottiglie

si riscontrano sentori di frutta a polpa

bianca o rossa, la frutta

molto matura e quella

esotica o sentore di confettura

di frutta o frutta

secca.

FRANCO

È un profumo pulito, netto

che non lascia dubbi sulla

tipologia del vino che

abbiamo in esame.

FRAGRANTE

Questo profumo ci ricorda

la freschezza delle essenze

floreali e fruttate.

ERBACEO

Questo profumo ci ricorda

sensazioni di erba tagliata

e di essenze vegetali

verdi.

È tipico di vini come:

Cabernet Franc,

Sauvignon blanc,

Lagrein…

SPEZIATO

Questo profumo ci evoca

sentori di spezie, come

pepe, cannella, noce

moscata, tipici dell’affinamento in botte.

49

ETEREO

Ci riconduce al bouquet del vino, derivante

da diversi periodi di invecchiamento.

AMPIO

È il profumo che abbraccia varie sensazioni

che appartengono ai profumi primari,

secondari e terziari.

Prendiamo ora in considerazione l’esame

gustativo, iniziamo parlando in modo specifico

della quantità degli zuccheri contenuta

nella bottiglia. Per questa descrizione

useremo i seguenti aggettivi:

-Secco

-Abboccato

-Amabile

-Dolce

-Stucchevole

SECCO

Si usa questo aggettivo quando nella

nostra bottiglia non si percepisce la sensazione

di dolcezza.

ABBOCCATO

Si dice di un vino in cui si percepisce una

leggerissima sensazione di dolcezza.

AMABILE

In questo caso la sensazione dolce non è

predominante anche se chiaramente si

percepisce.

DOLCE

Si usa questo aggettivo quando la sensazione

dolce predomina.

STUCCHEVOLE

In questo caso la predominanza dolce è

forte ma non è ben supportata da altri

elementi, infatti in questo caso ci troviamo

davanti ad una componente negativa

del nostro vino.

(Bibliografia “Tecnica della degustazione”A.I.S

edizione 2001).

Continua sul prossimo numero.


50

Campo de’ fiori

Civita Castellana 1959, I elementare. Foto del Signor Mauro Chiodi

Sono stati riconosciuti: 1- Mauro Cerri, 2- Arsenio Magnanti, 3- Vasco Menichelli,

4- Mauro Pupi, 5- Alberto Gioacchini, 6- Mauro Chiodi, 7- Mario Piatesi.

Bersaglieri a Fabrica di Roma nel 1924, foto della Signora Verena Baldassi

Album d

Se vi riconoscete in queste foto, venite in redazione e riceverete un simpatico omaggio. Se desiderate vedere


ei ricordi

Campo de’ fiori 51

Fabrica di Roma 11 Giugno 1946

incontro delle quinte elementari di Fabrica di Roma e Orte.

Insegnanti Anna Camuri e Mario Pucci.

Foto della Signora Verena Baldassi

pubblicate le vostre foto, portatele presso la redazione di Campo de’ fiori, esse vi verranno subito restituite.

Civita

Castellana

inizi del

1900

famiglia

Argelli -

Mezzanotte

Giulia


52

Campo de’ fiori

Farmacie Civita Castellana aperte nei giorni festivi di Febbraio 2007

4 Febbraio: Municipale Via Ferretti

11 Febbraio: Municipale Via Santa Felicissima

18 Febbraio: Filizzola Corso Bruno Buozzi

25 Febbraio: Municipale Via Ferretti

Farmacie Corchiano e Fabrica aperte nei giorni festivi

4 Febbraio: Farmacia Minelli di Corchiano

25 Febbraio: Farmacia Liberati di Fabrica di Roma

Benzinai Civita Castellana aperti nei giorni festivi di Febbraio 2007

4 Febbraio: Tamoil Via Flaminia - IP Circonvallazione - Erg Via Nepesina

- Q8 Via Terni

11 Febbraio: Api Via Flaminia (Borghetto) - Enerpetroli S.S. 311 Nepesina

- Total Via Terni

18 Febbraio: Schell Via Flaminia - Agip Via Belvedere Falerii Veteres

25 Febbraio: Esso Via Flaminia - Api Via Corchiano


Campo de’ fiori 53

Una “Fabrica” di ricordi

Storie e immagini di Fabrica di Roma

di Sandro Anselmi

Ruggero e la statua etrusca

tessera di appartenenza all’ordine ecclesiastico

Non conoscevo Ruggero se non di fama,

ma quella mattina, all’appuntamento con i

miei amici, arrivò per primo.

Avevamo deciso, da qualche tempo, di

fare una gita alla necropoli di Falerii Novi

e, non vi sarebbe stata guida migliore di

lui.

Quando il gruppo finalmente si costituì,

partimmo utilizzando tutti i mezzi a disposizione,

dalle biciclette, alla vespa, oltre la

mia vecchia Fiat 600 Abarth, che prese a

bordo l’esperto ospite.

Durante il breve viaggio, simpatizzammo

subito e, di lui, mi colpì la pacatezza, l’educazione,

la modestia.

Capii che era un uomo di grande cultura e

con un gusto spiccato per l’arte in genere

e si proponeva con un modo di parlare

chiaro ed intelligente.

Arrivati davanti alla Porta di Giove,

lasciammo i

mezzi e ci avviammo

a piedi

verso un

camminamento

terrazzato,

che correva

davanti alle

aperture di

tombe a camera,

scavate

su una parete

a strapiombo

sul fosso sottostante.

Procedevamo

in fila indiana

e, Ruggero,

avanti, spiegava

la storia

e le leggende

di quei luoghi.

Io chiudevo la

fila camminando

guardingo su un tappeto di cocci e di

minuti blocchi di tufo, risultanze di antiche

devastazioni vandaliche.

Quasi alla fine del lungo tratturo, il mio

occhio si posò su un pezzetto di marmo

che, malcelato, biancheggiava appena nell’informe

ciottolato.

D’istinto mi fermai, ma Ruggero, eccellente

e vigile guida, mentre raccontava della

Valle dei Principi, della Tomba della

Regina, del Salto di Adamo… si girò

improvvisamente e mi chiese cosa avessi

scoperto. Io, pieno di emozione, lo invitai

a controllare e, con l’ansia di chi scopre un

tesoro, ci mettemmo entrambi a scavare

con le mani per dissotterrare l’oggetto.

Quasi subito ci accorgemmo che si trattava

di una enorme statua di marmo, sdraiata

sotto appena cinquanta centimetri di

detriti!

Ruggero scultore

Era mancante della testa ed il panneggio,

ancora ben conservato, faceva presumere

che si trattasse di una scultura rappresentante

un togato: perciò un patrizio o un

soldato. Tra lo stupore di tutti, Ruggero

ricoprì immediatamente il reperto, perché

disse che se lo avessero scoperto i “tombaroli”,

lo avrebbero trafugato in un attimo.

Così, noi vedemmo per l’ultima volta

la “nostra statua”. E sì, perché, ritornati

dopo qualche tempo a controllare il nostro

tesoro dormiente, avemmo l’amara sorpresa

che s’era “svegliato e se n’era andato”…….

Qualcuno disse che era stato portato nel

museo archeologico del Forte Sangallo di

Civita Castellana ed io, ancora oggi, mi

illudo di riconoscerlo fra le tante statue

che lì sono esposte. Ma la loro espressione

enigmatica sfida la chiarezza dei miei

ricordi, forse troppo lontani, e così mi confondo

fra reale ed immaginario, per qualcosa

che resta comunque una bella avventura

di gioventù.

Note biografiche

Ruggero Cencelli nasce a Fabrica di Roma il

29.09.1914 e, dopo una carriera ecclesiastica interrotta

(da cui Ruggeretto ‘o smonacato), dedica tutta

la vita alla filosofia, alla poesia ed alla scultura.


54

Campo de’ fiori

Album d

10 Marzo 1975 IV elementare di Civita Castellana - nati nel 1966 hanno festeggiato 40 anni nel 2006

sono presenti: 1- Marisa Orizio, 2- Emanuela Tronti, 3- Daniela Piunti, 4- Cecilia Carpenti, 5- Anna Rita Albertini

6- Maria Letizia Cima, 7- Vittoria Scopetti, 8- la maestra Caterina Delle Chiaie, 9- Roberta Riganelli,

10- Elisabetta Neri, 11- Valentina Chilini, 12- Mauro Zezza, 13- Roberto Costantini, 14- Rita Mariani, 15- Antonio Lucidi,

16- Carla Biccheri, 17- Stefano Corsi, 18- Marco Tontoni, 19- Mauro Federici, 20- Nello Profili,

21- Davide Lanzi, 22- Gian Paolo Di Marco, 23- Roberto De Angelis (venuto a mancare all’età di 21 anni e che tutti i suoi compagni

ricordano con tanto affetto), 24- Fabrizio Palamides, 25- Marco Frausilli

INDOVINELLO

Lavo i bimbi e le bambine

corro sempre senza fine

e a finirla vo’ nel mare:

chi sa ben indovinare?

Avete risolto l’indovinello ??

Il primo che indovinerà e ne darà comunicazione

in redazione, riceverà un simpatico omaggio

offerto dalla

GIOIELLERIA SPERANDIO

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ei ricordi

Campo de’ fiori

Civita Castellana anno scolastico 1982-83 foto del Signor Francesco Barboni

licate le vostre foto, portatele presso la redazione di Campo de’ fiori, esse vi verranno immediatamente restituite.

55


56

Campo de’ fiori

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L’evoluzione grafica

della bandiera americana

che ha portato

all’attuale versione è

di Arnaldo Ricci

complessa ed è strettamente

legata a fatti

storici ben precisi. Tutti sappiamo che la

maggior parte dei territori che attualmente

costituiscono gli USA erano nient’altro

che colonie dellIimpero Britannico; sappiamo

anche che, per svariati motivi, che non

sono oggetto di questo articolo, 13 di queste

colonie si ribellarono alla madre patria,

dando il via a quella che fu chiamata la

rivoluzione americana, capeggiata da

George Washington, che dichiarò l’indipendenza

dalla madrepatria il 04.07.1776.

Si era appena all’inizio di una guerra lunga

e sanguinosa che si concluse solo nel 1783

con la rinuncia della Gran Bretagna al proprio

dominio. Ebbene, per il primo anno di

guerra, gli americani ribelli adottarono

come bandiera quella con tredici strisce

orizzontali rosse e bianche ( 13 perché le

colonie ribelli erano 13) ed un riquadro in

alto a sinistra raffigurante la bandiera

della Gran Bretagna (fig. 1). A mio avviso,

questa versione di bandiera rifletteva forse

lo stato d’animo di questi coloni che nel

profondo del loro cuore non pensavano di

potersi distaccare definitivamente dalla

madre patria inglese. A circa un anno dalla

proclamazione dell’indipendenza, ed esattamente

il 14.06.1977, il congresso da

poco costituito, adottò come bandiera

della Confederazione degli Stati Americani

( a quel tempo non avevano ancora adottato

la denominazione USA ) quella che

vedete in fig.2, con tredici strisce e tredici

stelle. Prima di prendere questa decisione,

Campo de’ fiori

La rubrica dei perchè

Perchè la bandiera USA è così ?

vi furono numerose proposte da parte di

vari esponenti politici; una di queste proposte

venne addirittura immortalata in un

quadro raffigurante G. Washington mentre

esamina un campione.

Come detto precedentemente, venne però

scelta quella di fig. 2 , essa venne poi

appellata ovviamente in inglese “stars and

stripes flag”. Negli anni successivi, come

tutti sappiamo, si verificarono grandi

mutamenti politici e territoriali che portarono

passo dopo passo a nuove annessioni

territoriali di quella realtà definita poi

USA. Non posso descrivere tutti questi

eventi ma citerò i più salienti; per esempio

la guerra contro il Messico, vinta dagli USA

e che portò all’annessione della California

e del Texas. Non sempre però gli eventi

furono bellici; la Louisiana infatti venne

acquistata pagando fior di dollari alla

Francia. Ogni volta che un nuovo territorio,

definito successivamente Stato, veniva

annesso agli USA, si aggiungeva una stella

sul lato superiore sinistro della bandiera;

le strisce invece rimasero sempre 13,

anche nella bandiera attuale. Questo per

continuare ad indicare che gli stati fondatori

erano 13.

Secondo questo concetto, si è arrivati alla

bandiera attuale con 50 stelle, adottata

ufficialmente il giorno 11. 04 .1960 con

l’ingresso negli USA dello stato delle

Hawaii (fig.3).

Debbo segnalare una particolarità: a partire

dal 04.07.1818 si decise che ogni volta

che veniva ad aggiungersi un nuovo stato,

per aggiornare ufficialmente il numero

delle stelle sulla bandiera, si doveva

comunque aspettare la data del quattro

luglio successivo.

Soprannomi fabrichesi

Bomma

Stridò

Terremoto

Schioppo

Spanò

Spallona

Catanò

Biferò

Gesù Maria

Totore

Gommele

Micio

Micetto

Miciotto

Bruscaceci

Preciso

Metifame

Favarino

(fig.2)

prima bandiera

ufficiale degli

USA

57

(fig.1)

bandiera utilizzata

durante la prima

fase della

rivoluzione

(fig.3)

bandiera attuale

USA

Proverbio

Corchianese

Chi và per

sceglitura

sceglie gioia

e conciatura

BANDIERE DAL MONDO

Sapresti dirci a quale nazione appartiene questa

bandiera? Il primo che indovinerà e ne

darà comunicazione in redazione, riceverà un

simpatico omaggio offerto dalla gioielleria

PONTE VECCHIO


58

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Campo de’ fiori

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Campo de’ fiori 63

Campo de’ fiori

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