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Estratto da “A DIOGNETO” – Ed. Paoline A cura di Enrico Norelli I - L ...

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<strong>Estratto</strong> <strong>da</strong> <strong>“A</strong> <strong>DIOGNETO”</strong> <strong>–</strong> <strong>Ed</strong>. <strong>Paoline</strong><br />

A <strong>cura</strong> <strong>di</strong> <strong>Enrico</strong> <strong>Norelli</strong><br />

I - L'A DIOGNETO<br />

E LA SUA TRADIZIONE MANOSCRITTA<br />

Verso il 1436, un giovane chierico latino, Tommaso d'Arezzo, che si trovava a Costantinopoli per stu<strong>di</strong>are il greco, recuperò<br />

per caso <strong>da</strong>l banco <strong>di</strong> un pescivendolo <strong>di</strong> quella città un manoscritto greco, destinato a fornire carta per imballare il pesce. Il<br />

co<strong>di</strong>ce <strong>da</strong> lui acquistato passò in seguito a Giovanni Stojkovic <strong>di</strong> Ragusa, legato del concilio <strong>di</strong> Basilea a Costantinopoli, il<br />

quale lo portò a Basilea. Pervenne poi all'umanista Giovanni Reuchlin; quin<strong>di</strong>, nel 1560 o nel 1580, all'abbazia <strong>di</strong> Marmoutier<br />

in Alsazia; <strong>di</strong> là, tra il 1793 e il 1795, alla Biblioteca municipale <strong>di</strong> Strasburgo. Il 24 agosto 1870, nel corso della guerra francoprussiana,<br />

il cannoneggiamento prussiano provocò l'incen<strong>di</strong>o della biblioteca, nel quale perì anche il nostro manoscritto.<br />

Questo co<strong>di</strong>ce <strong>da</strong>lla storia avventurosa è la testimonianza unica che ha fatto conoscere al mondo moderno lo scritto A<br />

Diogneto, un antico testo cristiano mai menzionato <strong>da</strong> nessuno degli autori antichi e me<strong>di</strong>evali, che pure ci hanno trasmesso il<br />

ricordo <strong>di</strong> tante opere oggi perdute.<br />

Esso si apre con le domande relative ai cristiani, poste <strong>da</strong>l pagano Diogneto: qual è il Dio dei cristiani, quale la religione che<br />

permette loro <strong>di</strong> <strong>di</strong>sprezzare a tal punto il mondo e la morte? E in che cosa si <strong>di</strong>fferenzia <strong>da</strong> quelle dei greci e dei giudei? E<br />

perché questa religione, se è la vera, è apparsa nel mondo così tar<strong>di</strong>? L'autore risponde criticando sommariamente e duramente<br />

il politeismo e il giu<strong>da</strong>ismo: quanto ai cristiani, egli <strong>di</strong>chiara, la loro religione non può essere insegnata <strong>da</strong> un uomo. Illustra<br />

quin<strong>di</strong> la loro con<strong>di</strong>zione nel mondo in una serie <strong>di</strong> paradossi, e la paragona a quella dell'anima nel corpo: i cristiani sono<br />

rinchiusi nel mondo, ma non appartengono ad esso; ne sono o<strong>di</strong>ati, ma l'amano e sono loro che lo tengono insieme. Qual è la<br />

ra<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> tutto ciò? La loro religione non è frutto d'invenzione umana, ma è la rivelazione dell'amore <strong>di</strong>vino, che nell'invio del<br />

Figlio ha riscattato gli uomini <strong>da</strong>ll'abisso in cui la loro incapacità <strong>di</strong> compiere il bene li aveva gettati. Dio non ha preteso che<br />

fossero loro a uscirne, ma il suo stesso apparente ritardo nell'intervenire ha permesso loro <strong>di</strong> sperimentare più a fondo la sua<br />

bontà; e il suo amore rende possibile l'amore praticato <strong>da</strong>i cristiani in questo mondo, con lo sguardo fisso alla loro citta<strong>di</strong>nanza<br />

celeste. Tale imitazione <strong>di</strong> Dio è proposta allo stesso Diogneto. L'ultima parte dello scritto contiene invece sviluppi sulla<br />

rivelazione dei misteri <strong>di</strong>vini, trasmessa <strong>da</strong>l Logos agli apostoli e <strong>da</strong> questi alla chiesa che li amministra e li svela:<br />

un'interpretazione allegorica dei due alberi del para<strong>di</strong>so terrestre serve a definire il corretto rapporto tra scienza e pratica <strong>di</strong><br />

vita.<br />

Scritto in un greco <strong>di</strong> alta qualità, brillante nell'argomentazione che sfrutta sapientemente i mezzi della retorica, questo scritto<br />

non ha cessato <strong>di</strong> attirare giu<strong>di</strong>zi entusiasti: « un gioiello dell'antichità cristiana, al quale praticamente nessuno scritto dell'età<br />

postapostolica può stare alla pari per spirito e composizione », lo definiva Semisch nel 1855; e uno dei massimi specialisti<br />

della lingua letteraria greca, <strong>Ed</strong>uard Norden, lo annoverava nel 1909 tra « quanto <strong>di</strong> più sfolgorante i cristiani hanno scritto in<br />

greco » . Non mancano peraltro le reazioni, come quella <strong>di</strong> Geffcken (1907), per cui «l'autore della lettera scrive rapi<strong>da</strong>mente a<br />

un amico le sue opinioni sul cristianesimo, nessuna delle quali è un'idea, anzi neppure una pensée: sod<strong>di</strong>sfacendo l'esigenza del<br />

momento, egli raccoglie in forma aggraziata ogni genere <strong>di</strong> luoghi comuni ». Ma sono soprattutto gli enunciati sulla funzione<br />

dei cristiani nel mondo che hanno affascinato i lettori: « particelle d'oro puro che, <strong>da</strong> sole, giustificherebbero il lavoro<br />

minuzioso speso nello stu<strong>di</strong>o del nostro testo », scrive uno dei commentatori più autorevoli, H. A. Marrou. E il concilio<br />

Vaticano II ha riscoperto quest'opera proponendone alcune espressioni nei suoi documenti, soprattutto per descrivere la<br />

con<strong>di</strong>zione dei cristiani (vedere Lumen Gentium 38, Dei Verbum 4, Ad Gentes 15). Misterioso nella sua origine e nel suo destino attraverso<br />

l'antichità cristiana, l'A Diogneto resta dunque enigmatico in questa sua capacità <strong>di</strong> affascinare e <strong>di</strong> generare riserve. E’ forse<br />

qui ciò che spinge gli stu<strong>di</strong>osi a tornare spesso su quest'opera comunque grande, per cercare <strong>di</strong> strapparle il suo segreto.<br />

Se non possiamo più leggerla <strong>di</strong>rettamente, siamo tuttavia abbastanza sicuri del testo. In effetti, nel se<strong>di</strong>cesimo secolo ne<br />

furono fatte tre copie. Una <strong>di</strong> esse, eseguita probabilmente nel 1579 <strong>da</strong> Bernard Haus, per conto <strong>di</strong> Martin Crusius, fu ritrovata<br />

tre secolo dopo <strong>da</strong> C. I. Neumann e si trova ancora oggi nella Biblioteca universitaria <strong>di</strong> Tübingen. La secon<strong>da</strong> fu eseguita nel<br />

1586 <strong>da</strong> Henri Estienne per l'e<strong>di</strong>tio princeps dell'opera, che apparve nel 1592: fitta <strong>di</strong> note <strong>di</strong> lettura e <strong>di</strong> proposte <strong>di</strong> correzioni,<br />

essa si trova oggi a Lei<strong>da</strong>. La terza, opera <strong>di</strong> J. J. Beurer tra il 1586 e il 1592, si è perduta: ma l'autore l'aveva comunicata, con<br />

le proprie annotazioni, a H. Estienne e a F. Sylburg, il quale ultimo pubblicò una propria e<strong>di</strong>zione nel 1593. I due stu<strong>di</strong>osi<br />

segnalarono nelle loro e<strong>di</strong>zioni una parte delle note <strong>di</strong> Beurer, delle quali siamo quin<strong>di</strong> informati. Ma ciò che è soprattutto<br />

importante sono le due collazioni del manoscritto realizzate <strong>da</strong> <strong>Ed</strong>uard Cunitz ed <strong>Ed</strong>uard Reuss, rispettivamente nel 1842 e nel<br />

1861, per la prima e la terza e<strong>di</strong>zione delle opere <strong>di</strong> S. Giustino Martire pubblicate <strong>da</strong> Johann Carl Theodor von Otto<br />

rispettivamente nel 1843 e nel 1879 (quest'ultima nel quadro <strong>di</strong> un'e<strong>di</strong>zione complessiva degli apologisti cristiani del II secolo).<br />

In particolare, la collazione <strong>di</strong> Reuss fu molto minuziosa e Otto, la cui ultima e<strong>di</strong>zione apparve dopo la <strong>di</strong>struzione del<br />

manoscritto, la citò abbon<strong>da</strong>ntemente. <strong>di</strong> modo che l'e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Otto è oggi ciò che informa meglio sul manoscritto perduto<br />

Quest'ultimo era un in-folio piccolo cartaceo <strong>di</strong> 260 pagine, scritto probabilmente nel XIV secolo e contenente una miscellanea<br />

<strong>di</strong> 22 scritti <strong>di</strong>versi, dei quali un in<strong>di</strong>ce re<strong>da</strong>tto o ricopiato <strong>da</strong> Haus nel manoscritto <strong>di</strong> Tübingen ci ha trasmesso i titoli. I primi<br />

cinque erano attribuiti a Giustino; nell'or<strong>di</strong>ne: Sulla monarchia <strong>di</strong>vina; Esortazione ai Greci; Esposizione della fede ortodossa;<br />

Ai Greci; A Diogneto. Se i primi quattro erano altrimenti noti, il quinto, come si è detto, era del tutto sconosciuto. Essi erano<br />

seguiti <strong>da</strong> versi della Sibilla Eritrea (certo degli estratti degli Oracoli Sibillini, raccolta <strong>di</strong> versi greci <strong>di</strong> origine giu<strong>da</strong>ica e<br />

cristiana, che si presentano come composti <strong>da</strong>lle Sibille, profetesse del mondo classico, e che sono ben noti <strong>da</strong> altri<br />

manoscritti), e <strong>da</strong> Oracoli degli dèi greci, copiati <strong>da</strong> Haus dopo l'A Diogneto, estratti <strong>da</strong> un'opera più ampia intitolata Teosofia<br />

e composta tra il 474 e il 501. Seguivano i due trattati dell'apologista cristiano del II secolo Atenagora <strong>di</strong> Atene, Supplica per i<br />

cristiani e Sulla resurrezione, che ci sono conservati per altra via. Poi, una serie <strong>di</strong> altri scritti <strong>di</strong> ogni età e provenienza, fino<br />

almeno al XII secolo. Nell'introduzione alla sua in<strong>di</strong>spensabile e<strong>di</strong>zione dell'A Diogneto, H. I. Marrou ha potuto mostrare che


doveva trattarsi <strong>di</strong> una raccolta apologetica, destinata a <strong>di</strong>fendere l'ortodossia contro gli eretici, come pure contro i pagani, gli<br />

ebrei e l'islam.<br />

Una glossa marginale del manoscritto segnala, in occasione <strong>di</strong> una lacuna dell'A Diogneto, che lo scriba stava copiando <strong>da</strong> un<br />

esemplare « molto antico ». Anche in questo caso Marrou ha potuto stabilire, con un grado molto alto <strong>di</strong> verosimiglianza, che<br />

tutto il gruppo dei cinque scritti pseudogiustinei fu copiato a partire <strong>da</strong> una raccolta apologetica contro i pagani, composta nel<br />

VI o VII secolo. Essa doveva essere in cattivo stato <strong>di</strong> conservazione quando fu ricopiata nel XIV secolo come mostra la<br />

segnalazione <strong>di</strong> lacune <strong>da</strong> parte del copista del manoscritto. Quest'ultimo non solo non riusciva talora a leggere bene il suo<br />

modello, ma era a sua volta abbastanza tras<strong>cura</strong>to, come testimoniano parecchi errori; infine, le descrizioni trasmesse <strong>da</strong> Otto<br />

ci attestano che nel XIX secolo quand'era conservato a Strasburgo, il manoscritto era abbon<strong>da</strong>ntemente rosicchiato <strong>da</strong>i topi, e<br />

che l'inchiostro era stinto e talora quasi illeggibile, soprattutto alla fine delle linee e nel margine superiore. Tutti questi motivi<br />

concorrono a spiegare le <strong>di</strong>fficoltà relative alla costituzione del testo dell'A Diogneto, nonché le numerose congetture, invero<br />

non sempre necessarie, proposte attraverso la lunga storia delle e<strong>di</strong>zioni e degli stu<strong>di</strong>. Dopo un numero considerevole <strong>di</strong><br />

e<strong>di</strong>zioni, restano dei passi che devono essere in ogni caso corretti, e dove gli emen<strong>da</strong>menti proposti <strong>di</strong>vergono: essi saranno<br />

segnalati nelle note.<br />

"Beata solitudo"?<br />

Monachesimo cristiano e città postmoderna<br />

<strong>di</strong> Mons. Pierangelo Sequeri<br />

<strong>Estratto</strong> <strong>da</strong> "Un monastero alle porte della città" - <strong>Ed</strong>. Vita e Pensiero<br />

E' veramente possibile anche oggi, per il credente comune, vivere nel mondo senza essere del mondo? La trasformazione del<br />

monachesimo cristiano e la sua <strong>di</strong>akonía nei confronti della chiesa citta<strong>di</strong>na hanno precisamente nel fuoco <strong>di</strong> questa doman<strong>da</strong> il<br />

loro punto d'incontro.<br />

.............................omissis .........................<br />

E' già successo, dopo tutto. Fra la "Lettera a Diogneto" e "La Regola <strong>di</strong> Benedetto" non si osservano <strong>di</strong>fferenze tanto<br />

gran<strong>di</strong>, che non lascino apparire somiglianze ancora maggiori.<br />

4. La concentrazione monastica intorno all'essenziale della fede comune: la Parola che fa fiorire il deserto intorno alle<br />

cattedrali.<br />

La forma monastica sfi<strong>da</strong> l'impossibilità dell'essenziale. E mette il suo azzardo in ciò che è più comune.<br />

La qualità della vita monastica <strong>di</strong>pende infatti <strong>da</strong>lla forza e <strong>da</strong>lla imme<strong>di</strong>atezza con la quale essa in<strong>di</strong>rizza l'intensità dello<br />

sguardo e la felicità del cuore intorno allo splendore della verità cristiana elementare sulla quale essa si concentra. Della stessa<br />

Parola <strong>di</strong> Dio che anche noi desideriamo ascoltare e che cerchiamo <strong>di</strong> intendere; quella che ci tiene in vita e senza la quale<br />

compren<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> non poter vivere la nostra relazione con il Signore. Della stessa eucaristia senza la quale non c'è vita cristiana<br />

per nessuno. Della stessa sapienza spirituale della vita che segna la qualità elementare della conversione della fede. Senza <strong>di</strong><br />

essa, la fede - anche quella che sposta le montagne, fa miracoli in soccorso dei poveri, e getta la propria vita in fiamme - non<br />

<strong>di</strong>venta per nessuno l'affetto assoluto del cuore. Ossia l'agape <strong>di</strong> Dio, che ci salva.<br />

L'interesse intramontabile della forma monastica, insieme con la sua singolarità cristiana, sta proprio nel fatto che essa rende<br />

speciale l'essenziale, massimo il minimo, eccezionale ciò che è più comune.<br />

Elementare l'esistenza, elementare la spiritualità. Le due cose insieme restituiscono al simbolo della via monastica la sua verità<br />

cristiana. In questo esercizio <strong>di</strong> ostinata riconduzione della fede e della vita all'elementare, perciò all'essenziale, la forma<br />

monastica ottiene a sua volta la restituzione della verità cristiana al ra<strong>di</strong>cale legame fra l'unum necessarium e la forma comune<br />

della fede. Scioglie ogni volta l'alibi della sua impraticabilità nella normalità del mondo e della chiesa. Perchè è nella normalità<br />

<strong>di</strong> questo mondo e <strong>di</strong> questa chiesa che essa si apre - a forza - la via per la restituzione alla coscienza dell'impossibile umano,<br />

possibile a Dio, che abita la fede in quanto tale. <strong>Ed</strong> esalta al tempo stesso la felicità della fede più semplice, che riconosce lo<br />

splendore dello Spirito e della forza che abitano i doni elementari della fede: la rivelazione <strong>di</strong> Gesù Cristo e il sacramento,<br />

l'agape dell'abbà-Dio e la fraternità.<br />

Il più comune è la "prossimità" soli<strong>da</strong>le con il cristianesimo elementare: vivere del proprio lavoro, coltivare la fraternità,<br />

tenersi in vita con la Parola <strong>di</strong> Dio e il sacramento della presenza/assenza - dell'attesa - del Signore fra i suoi. La prossimità si<br />

realizza per altro a "<strong>di</strong>stanza" <strong>da</strong>i vincoli me<strong>di</strong>ante i quali le potenze mon<strong>da</strong>ne lo tengono per certi aspetti in ostaggio. La<br />

spregiu<strong>di</strong>cata sottrazione del monachesimo al legami mon<strong>da</strong>ni (e non tanto l'esibizione <strong>di</strong> uno stato <strong>di</strong> maggiore costrizione,<br />

che spesso appare come il simbolo più eccitante) è in vista del vigore <strong>di</strong> una speranza che deve essere rigorosamente comune ai<br />

credenti. Nulla e nessuno possono separarci <strong>da</strong>ll'amore <strong>di</strong> Cristo e <strong>da</strong>lla compiuta destinazione degli affetti degni <strong>di</strong> Lui.


Perciò le due cose vanno insieme. L'evidenza della prossimità in<strong>di</strong>rizza persuasivamente il senso cristiano della <strong>di</strong>stanza. La<br />

qualità cristiana - agnostica - della <strong>di</strong>stanza, illumina il significato evangelico, non utilitaristico, della prossimità. Il<br />

monachesimo deve essere abitato <strong>da</strong> una tale qualità dell'esperienza dell'uomo e della vita, <strong>da</strong> rendere persuasivi i tratti<br />

essenziali della sapienza teologale che essa <strong>di</strong>spiega. Nella con<strong>di</strong>zione attuale, questa reciproca evidenza è in molti mo<strong>di</strong><br />

os<strong>cura</strong>ta.<br />

L'opportunità storica/teologale del monachesimo la vedrei oggi proprio nella possibilità <strong>di</strong> scavare, nelle viscere della città<br />

moderna, la fitta rete <strong>di</strong> un vivace scambio simbolico fra il cristianesimo monastico (polarizzato <strong>da</strong>lla vocazione celibataria) e<br />

quello domestico (polarizzato <strong>da</strong>l legame coniugale).<br />

E' evidente che la correlazione funziona se l'alleanza <strong>di</strong>alettica sta in saldo rapporto con una forma domestica dell'esistenza che<br />

mostri <strong>di</strong> avere integrato la novità cristiana: appresa, come sequela del Signore, nell'ascolto della parola e nella assimilazione<br />

<strong>di</strong> agape. Parliamo infatti del sacramento cristiano del legame dell'uomo e della donna, determinato <strong>da</strong>lla qualità personale del<br />

coinvolgimento sessuale, <strong>da</strong>lla <strong>cura</strong> responsabile della generazione, <strong>da</strong>lla stabilità etica della sua figura sociale. Parliamo<br />

dunque pur sempre, anche in riferiemnto al principio domestico della chiesa, <strong>di</strong> un azzardo cristiano/ecclesiale della fede<br />

evangelica, che scommette, in virtù della fede e in forza della bene<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Dio, sulla consegna della relazione nuziale alla<br />

via della sequela testimoniale e della vocazione al <strong>di</strong>scepolato. In tal caso infatti, nella reciproca frequentazione della ecclesia<br />

fidei, le due figure hanno l'opportunità <strong>di</strong> realizzare l'unità del simbolo ecclesiale cristiano. L'una viene efficacemente<br />

richiamate alla necessità <strong>di</strong> non rinchiudersi nell'ari<strong>da</strong> applicazione alla "<strong>cura</strong> <strong>di</strong> sé" (sia pure in chiave spirituale); l'altra viene<br />

<strong>di</strong>stolta <strong>da</strong>l pericolo <strong>di</strong> rasseganrsi ad una relazione teologale che integra semplicemente la "<strong>cura</strong> del mondo".<br />

Battere insieme il puritanesimo gnostico e l'accomo<strong>da</strong>mento mon<strong>da</strong>no della vita cristiana è prospettiva dura e affascinante.<br />

Eppure, l'alleanza del principio monastico e del principio domestico, con le relative inclusioni simboliche della memoria<br />

dell'uno nell'altro (il monachesimo fraterno, aperto all'ospitalità; la chiesa domestica permeabile all'iniziazione contemplativa e<br />

all'esercizio del <strong>di</strong>stacco) sarebbero un segno forte per la chiesa della città. Ma anche per la città moderna tout-court.<br />

E' già successo, dopo tutto. Fra la Lettera a Diogneto e La Regola <strong>di</strong> Benedetto non si osservano <strong>di</strong>fferenze tanto gran<strong>di</strong>, che<br />

non lascino apparire somiglianze ancora maggiori.


A DIOGNETO<br />

o LETTERA A DIOGNETO<br />

Esor<strong>di</strong>o<br />

I. 1 . Vedo, ottimo Diogneto, che tu ti accingi ad apprendere la religione dei cristiani e con molta saggezza e <strong>cura</strong> cerchi <strong>di</strong><br />

sapere <strong>di</strong> loro. A quale Dio essi credono e come lo venerano, perché tutti <strong>di</strong>sdegnano il mondo e <strong>di</strong>sprezzano la morte, non<br />

considerano quelli che i greci ritengono dèi, non osservano la superstizione degli ebrei, quale amore si portano tra loro, e<br />

perché questa nuova stirpe e maniera <strong>di</strong> vivere siano comparsi al mondo ora e non prima. 2 . Comprendo questo tuo desiderio e<br />

chiedo a Dio, che ci fa parlare e ascoltare, che sia concesso a me <strong>di</strong> parlarti perché tu ascoltando <strong>di</strong>venga migliore, e a te <strong>di</strong><br />

ascoltare perché chi ti parla non abbia a pentirsi.<br />

L'idolatria<br />

II. 1 . Purìficati <strong>da</strong> ogni pregiu<strong>di</strong>zio che ha ingombrato la tua mente e spògliati dell'abitu<strong>di</strong>ne ingannatrice e fatti come un uomo<br />

nuovo <strong>da</strong> principio, per essere <strong>di</strong>scepolo <strong>di</strong> una dottrina anche nuova come tu stesso hai ammesso. Non solo con gli occhi, ma<br />

anche con la mente considera <strong>di</strong> quale sostanza e <strong>di</strong> quale forma siano quelli che voi chiamate e ritenete dèi. 2 . Non (sono essi)<br />

pietra come quella che si calpesta, bronzo non migliore degli utensili fusi per l'uso, legno già marcio, argento che ha bisogno <strong>di</strong><br />

un uomo che lo guar<strong>di</strong> perché non venga rubato, ferro consunto <strong>da</strong>lla ruggine, argilla non più scelta <strong>di</strong> quella preparata a vile<br />

servizio? 3 . Non (sono) tutti questi (idoli) <strong>di</strong> materia corruttibile? Non sono fatti con il ferro e con il fuoco? Non li foggiò lo<br />

scalpellino, il fabbro, l'argentiere o il vasaio? Prima che con le loro arti li foggiassero, ciascuno <strong>di</strong> questi (idoli) non era<br />

trasformabile, e non lo può (essere) anche ora? E quelli che ora sono gli utensili della stessa materia non potrebbero forse<br />

<strong>di</strong>ventare simili ad essi se trovassero gli stessi artigiani? 4 . E per l'opposto, questi <strong>da</strong> voi adorati non potrebbero <strong>di</strong>ventare, ad<br />

opera degli uomini, suppellettili uguali alle altre? Non sono cose sorde, cieche, inanimate, insensibili, immobili? Non tutte<br />

corruttibili? Non tutte <strong>di</strong>struttibili? 5 . Queste cose chiamate dèi, a queste servite, a queste supplicate, infine ad esse vi<br />

assimilate. 6 . Perciò o<strong>di</strong>ate i cristiani perché non le credono dèi. 7 . Ma voi che li pensate e li immaginate tali non li <strong>di</strong>sprezzate<br />

più <strong>di</strong> loro? Non li deridete e li oltraggiate più voi che venerate quelli <strong>di</strong> pietra e <strong>di</strong> creta senza custo<strong>di</strong>, mentre chiudete a<br />

chiave <strong>di</strong> notte quelli <strong>di</strong> argento e <strong>di</strong> oro, e <strong>di</strong> giorno mettete le guar<strong>di</strong>e perché non vengano rubati? 8 . Con gli onori che credete<br />

<strong>di</strong> rendere loro, se hanno sensibilità, siete piuttosto a punirli. Se non hanno i sensi siete voi a svergognarli con sacrificio <strong>di</strong><br />

sangue e <strong>di</strong> grassi fumanti. 9 . Provi qualcuno <strong>di</strong> voi queste cose, permetta che gli vengano fatte. Ma l'uomo <strong>di</strong> propria volontà<br />

non sopporterebbe tale supplizio perché ha sensibilità e intelligenza; ma la pietra lo tollera perché non sente. 10 . Molte altre<br />

cose potrei <strong>di</strong>rti perché i cristiani non servono questi dèi. Se a qualcuno ciò non sembra sufficiente, credo inutile parlare anche<br />

<strong>di</strong> più.<br />

Il culto giu<strong>da</strong>ico<br />

III. 1 . Inoltre, credo che tu piuttosto desideri sapere perché essi non adorano Dio secondo gli ebrei. 2 . Gli ebrei hanno ragione<br />

quando rigettano l'idolatria, <strong>di</strong> cui abbiamo parlato, e venerano un solo Dio e lo ritengono padrone <strong>di</strong> tutte le cose. Ma<br />

sbagliano se gli tributano un culto simile a quello dei pagani. 3 . Come i greci, sacrificando a cose insensibili e sorde <strong>di</strong>mostrano<br />

stoltezza, così essi, pensando <strong>di</strong> offrire a Dio come ne avesse bisogno, compiono qualche cosa che è simile alla follia, non un<br />

atto <strong>di</strong> culto. 4 . «Chi ha fatto il cielo e la terra e tutto ciò che è in essi», e provvede tutti noi delle cose che occorrono, non ha<br />

bisogno <strong>di</strong> quei beni. Egli stesso li fornisce a coloro che credono <strong>di</strong> offrirli a lui. 5 . Quelli che con sangue, grasso e olocausti<br />

credono <strong>di</strong> fargli sacrifici e con questi atti venerarlo, non mi pare che <strong>di</strong>fferiscano <strong>da</strong> coloro che tributano riverenza ad oggetti<br />

sor<strong>di</strong> che non possono partecipare al culto. Immaginarsi poi <strong>di</strong> fare le offerte a chi non ha bisogno <strong>di</strong> nulla!<br />

Il ritualismo giu<strong>da</strong>ico<br />

IV. 1 . Non penso che tu abbia bisogno <strong>di</strong> sapere <strong>da</strong> me intorno ai loro scrupoli per certi cibi, alla superstizione per il sabato, al<br />

vanto per la circoncisione, e alla osservanza del <strong>di</strong>giuno e del novilunio: tutte cose ri<strong>di</strong>cole, non meritevoli <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso alcuno.<br />

2 . Non è ingiusto accettare alcuna delle cose create <strong>da</strong> Dio ad uso degli uomini, come bellamente create e ricusarne altre come<br />

inutili e superflue? 3 . Non è empietà mentire intorno a Dio come <strong>di</strong> chi impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> fare il bene <strong>di</strong> sabato? 4 . Non è degno <strong>di</strong><br />

scherno vantarsi della mutilazione del corpo, come si fosse particolarmente amati <strong>da</strong> Dio? 5 . Chi non crederebbe prova <strong>di</strong> follia<br />

e non <strong>di</strong> devozione inseguire le stelle e la luna per calcolare i mesi e gli anni, per <strong>di</strong>stinguere le <strong>di</strong>sposizioni <strong>di</strong>vine e <strong>di</strong>videre i<br />

cambiamenti delle stagioni secondo i desideri, alcuni per le feste, altri per il dolore? 6 . Penso che ora tu abbia abbastanza capito<br />

perché i cristiani a ragione si astengono <strong>da</strong>lla vanità, <strong>da</strong>ll'impostura, <strong>da</strong>l formalismo e <strong>da</strong>lla vanteria dei giudei. Non credere <strong>di</strong><br />

poter imparare <strong>da</strong>ll'uomo il mistero della loro particolare religione.<br />

Il mistero cristiano<br />

V. 1 . I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono <strong>da</strong> <strong>di</strong>stinguere <strong>da</strong>gli altri uomini. 2 . Infatti, non abitano città<br />

proprie, né usano un gergo che si <strong>di</strong>fferenzia, né conducono un genere <strong>di</strong> vita speciale. 3 . La loro dottrina non è nella scoperta<br />

del pensiero <strong>di</strong> uomini multiformi, né essi aderiscono ad una corrente filosofica umana, come fanno gli altri. 4 . Vivendo in città<br />

greche e barbare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano<br />

un metodo <strong>di</strong> vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale. 5 . Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a<br />

tutto come citta<strong>di</strong>ni e <strong>da</strong> tutto sono <strong>di</strong>staccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera. 6 . Si<br />

sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati. 7 . Mettono in comune la mensa, ma non il letto. 8 . Sono nella<br />

carne, ma non vivono secondo la carne. 9 . Dimorano nella terra, ma hanno la loro citta<strong>di</strong>nanza nel cielo. 10 . Obbe<strong>di</strong>scono alle


leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi. 11 . Amano tutti, e <strong>da</strong> tutti vengono perseguitati. 12 . Non sono conosciuti, e<br />

vengono con<strong>da</strong>nnati. Sono uccisi, e riprendono a vivere. 13 . Sono poveri, e fanno ricchi molti; mancano <strong>di</strong> tutto, e <strong>di</strong> tutto<br />

abbon<strong>da</strong>no. 14 . Sono <strong>di</strong>sprezzati, e nei <strong>di</strong>sprezzi hanno gloria. Sono oltraggiati e proclamati giusti. 15 . Sono ingiuriati e<br />

bene<strong>di</strong>cono; sono maltrattati ed onorano. 16 . Facendo del bene vengono puniti come malfattori; con<strong>da</strong>nnati gioiscono come se<br />

ricevessero la vita. 17 . Dai giudei sono combattuti come stranieri, e <strong>da</strong>i greci perseguitati, e coloro che li o<strong>di</strong>ano non saprebbero<br />

<strong>di</strong>re il motivo dell'o<strong>di</strong>o.<br />

L'anima del mondo<br />

VI. 1 . A <strong>di</strong>rla in breve, come è l'anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani. 2 . L'anima è <strong>di</strong>ffusa in tutte le parti del corpo<br />

e i cristiani nelle città della terra. 3 . L'anima abita nel corpo, ma non è del corpo; i cristiani abitano nel mondo, ma non sono del<br />

mondo. L'anima invisibile è racchiusa in un corpo visibile; i cristiani si vedono nel mondo, ma la loro religione è invisibile. 5 .<br />

La carne o<strong>di</strong>a l'anima e la combatte pur non avendo ricevuto ingiuria, perché impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> prendersi dei piaceri; il mondo che<br />

pur non ha avuto ingiustizia <strong>da</strong>i cristiani li o<strong>di</strong>a perché si oppongono ai piaceri. 6 . L'anima ama la carne che la o<strong>di</strong>a e le<br />

membra; anche i cristiani amano coloro che li o<strong>di</strong>ano. 7 . L'anima è racchiusa nel corpo, ma essa sostiene il corpo; anche i<br />

cristiani sono nel mondo come in una prigione, ma essi sostengono il mondo. 8 . L'anima immortale abita in una <strong>di</strong>mora<br />

mortale; anche i cristiani vivono come stranieri tra le cose che si corrompono, aspettando l'incorruttibilità nei cieli. 9 .<br />

Maltrattata nei cibi e nelle bevande l'anima si raffina; anche i cristiani maltrattati, ogni giorno più si moltiplicano. 10 . Dio li ha<br />

messi in un posto tale che ad essi non è lecito abbandonare.<br />

Dio e il Verbo<br />

VII. 1 . Infatti, come ebbi a <strong>di</strong>re, non è una scoperta terrena <strong>da</strong> loro traman<strong>da</strong>ta, né stimano <strong>di</strong> custo<strong>di</strong>re con tanta <strong>cura</strong> un<br />

pensiero terreno né credono all'economia dei misteri umani. 2 . Ma quello che è veramente signore e creatore <strong>di</strong> tutto e Dio<br />

invisibile, egli stesso fece scendere <strong>da</strong>l cielo, tra gli uomini, la verità, la parola santa e incomprensibile e l'ha riposta nei loro<br />

cuori. Non già man<strong>da</strong>ndo, come qualcuno potrebbe pensare, qualche suo servo o angelo o principe o uno <strong>di</strong> coloro che sono<br />

preposti alle cose terrene o abitano nei cieli, ma man<strong>da</strong>ndo lo stesso artefice e fattore <strong>di</strong> tutte le cose, per cui creò i cieli e<br />

chiuse il mare nelle sue sponde e per cui tutti gli elementi fedelmente custo<strong>di</strong>scono i misteri. Da lui il sole ebbe <strong>da</strong> osservare la<br />

misura del suo corso quoti<strong>di</strong>ano, a lui obbe<strong>di</strong>scono la luna che splende nella notte e le stelle che seguono il giro della luna; <strong>da</strong><br />

lui tutto fu or<strong>di</strong>nato, delimitato e <strong>di</strong>sposto, i cieli e le cose nei cieli, la terra e le cose nella terra, il mare e le cose nel mare, il<br />

fuoco, l'aria, l'abisso, quello che sta in alto, quello che sta nel profondo, quello che sta nel mezzo; lui Dio mandò ad essi. 3 .<br />

Forse, come qualcuno potrebbe pensare, lo inviò per la tirannide, il timore e la prostrazione? 4 . No certo. Ma nella mitezza e<br />

nella bontà come un re man<strong>da</strong> suo figlio, lo inviò come Dio e come uomo per gli uomini; lo mandò come chi salva, per<br />

persuadere, non per far violenza. A Dio non si ad<strong>di</strong>ce la violenza. 5 . Lo mandò per chiamare non per perseguitare; lo mandò<br />

per amore non per giu<strong>di</strong>care. 6 . Lo manderà a giu<strong>di</strong>care, e chi potrà sostenere la sua presenza? 7 . Non ve<strong>di</strong> (i cristiani) che<br />

gettati alle fiere perché rinneghino il Signore, non si lasciano vincere? 8 . Non ve<strong>di</strong>, quanto più sono puniti, tanto più crescono<br />

gli altri? 9 . Questo non pare opera dell'uomo, ma è potenza <strong>di</strong> Dio, prova della sua presenza.<br />

L'incarnazione<br />

VIII. 1 . Chi fra tutti gli uomini sapeva perfettamente che cosa è Dio, prima che egli venisse? 2 . Vorrai accettare i <strong>di</strong>scorsi vuoti<br />

e sciocchi dei filosofi degni <strong>di</strong> fede? Alcuni affermavano che Dio è il fuoco, ove andranno essi chiamandolo Dio, altri <strong>di</strong>cevano<br />

che è l'acqua, altri che è uno degli elementi <strong>da</strong> Dio creati. 3 . Certo, se qualche loro affermazione è <strong>da</strong> accettare si potrebbe<br />

anche asserire che ciascuna <strong>di</strong> tutte le creature ugualmente manifesta Dio. 4 . Ma tutte queste cose sono ciarle e favole <strong>da</strong><br />

ciarlatani. 5 . Nessun uomo lo vide e lo conobbe, ma egli stesso si rivelò a noi. 6 . Si rivelò me<strong>di</strong>ante la fede, con la quale solo è<br />

concesso vedere Dio. 7 . Dio, signore e creatore dell'universo, che ha fatto tutte le cose e le ha stabilite in or<strong>di</strong>ne, non solo si<br />

mostrò amico degli uomini, ma anche magnanimo. 8 . Tale fu sempre, è e sarà: eccellente, buono, mite e veritiero, il solo buono.<br />

9 . Avendo pensato un piano grande e ineffabile lo comunicò solo al Figlio. 10 . Finché lo teneva nel mistero e custo<strong>di</strong>va il suo<br />

saggio volere, pareva che non si <strong>cura</strong>sse e non pensasse a noi. 11 . Dopo che per mezzo del suo Figlio <strong>di</strong>letto rivelò e manifestò<br />

ciò che aveva stabilito sin <strong>da</strong>ll'inizio, ci concesse insieme ogni cosa, cioè <strong>di</strong> partecipare ai suoi benefici, <strong>di</strong> vederli e <strong>di</strong><br />

comprenderli. Chi <strong>di</strong> noi se lo sarebbe aspettato?<br />

L'economia <strong>di</strong>vina<br />

IX. 1 . (Dio) dunque avendo <strong>da</strong> sé tutto <strong>di</strong>sposto con il Figlio, permise che noi fino all'ultimo, trascinati <strong>da</strong>i piaceri e <strong>da</strong>lle brame<br />

come volevamo, fossimo travolti <strong>da</strong>i piaceri e <strong>da</strong>lle passioni. Non si compiaceva affatto dei nostri peccati, ma ci sopportava e<br />

non approvava quel tempo <strong>di</strong> ingiustizia. Invece, preparava il tempo della giustizia perché noi fossimo convinti che in quel<br />

periodo, per le nostre opere, eravamo indegni della vita, e ora solo per bontà <strong>di</strong> Dio ne siamo degni, e <strong>di</strong>mostrassimo, per<br />

quanto fosse in noi, che era impossibile entrare nel regno <strong>di</strong> Dio e che solo per sua potenza ne <strong>di</strong>ventiamo capaci. 2 . Dopo che<br />

la nostra ingiustizia giunse al colmo e fu <strong>di</strong>mostrato chiaramente che come suo gua<strong>da</strong>gno spettava il castigo e la morte, venne<br />

il tempo che Dio aveva stabilito per manifestare la sua bontà e la sua potenza. O immensa bontà e amore <strong>di</strong> Dio. Non ci o<strong>di</strong>ò,<br />

non ci respinse e non si ven<strong>di</strong>cò, ma fu magnanimo e ci sopportò e con misericor<strong>di</strong>a si addossò i nostri peccati e mandò suo<br />

Figlio per il nostro riscatto; il santo per gli empi, l'innocente per i malvagi, il giusto per gli ingiusti, l'incorruttibile per i<br />

corrotti, l'immortale per i mortali. 3 . Quale altra cosa poteva coprire i nostri peccati se non la sua giustizia? 4 . In chi avremmo<br />

potuto essere giustificati noi, ingiusti ed empi, se non nel solo Figlio <strong>di</strong> Dio? 5 . Dolce sostituzione, opera inscrutabile, benefici<br />

insospettati! L'ingiustizia <strong>di</strong> molti viene riparata <strong>da</strong> un solo giusto e la giustizia <strong>di</strong> uno solo rende giusti molti. 6 . Egli, che<br />

prima ci convinse dell'impotenza della nostra natura per avere la vita, ora ci mostra il salvatore capace <strong>di</strong> salvare anche<br />

l'impossibile. Con queste due cose ha voluto che ci fi<strong>di</strong>amo della sua bontà e lo consideriamo nostro sostentatore, padre,<br />

maestro, consigliere, me<strong>di</strong>co, mente, luce, onore, gloria, forza, vita, senza preoccuparsi del vestito e del cibo.


La carità<br />

X. 1 . Se anche tu desideri questa fede, per prima otterrai la conoscenza del Padre. 2 . Dio, infatti, ha amato gli uomini. Per loro<br />

creò il mondo, a loro sottomise tutte le cose che sono sulla terra, a loro <strong>di</strong>ede la parola e la ragione, solo a loro concesse <strong>di</strong><br />

guar<strong>da</strong>rlo, lo plasmò secondo la sua immagine, per loro mandò suo figlio unigenito, loro annunziò il Regno nel cielo e lo <strong>da</strong>rà a<br />

quelli che l'hanno amato. 3 . Una volta conosciutolo, hai idea <strong>di</strong> qual gioia sarai colmato? Come non amerai colui che tanto ti ha<br />

amato? 4 . Ad amarlo <strong>di</strong>venterai imitatore della sua bontà, e non ti meravigliare se un uomo può <strong>di</strong>ventare imitatore <strong>di</strong> Dio: lo<br />

può volendolo lui (l'uomo). 5 . Non si è felici nell'opprimere il prossimo, nel voler ottenere più dei deboli, arricchirsi e<br />

tiranneggiare gli inferiori. In questo nessuno può imitare Dio, sono cose lontane <strong>da</strong>lla Sua grandezza! 6 . Ma chi prende su <strong>di</strong> sé<br />

il peso del prossimo e in ciò che è superiore cerca <strong>di</strong> beneficare l'inferiore; chi, <strong>da</strong>ndo ai bisognosi ciò che ha ricevuto <strong>da</strong> Dio, è<br />

come un Dio per i beneficati, egli è imitatore <strong>di</strong> Dio. 7 . Allora stando sulla terra contemplerai perché Dio regna nei cieli, allora<br />

incomincerai a parlare dei misteri <strong>di</strong> Dio, allora amerai e ammirerai quelli che sono puniti per non voler rinnegare Dio.<br />

Con<strong>da</strong>nnerai l'inganno e l'errore del mondo quando conoscerai veramente la vita nel cielo, quando <strong>di</strong>sprezzerai quella che qui<br />

pare morte e temerai la morte vera, riservata ai <strong>da</strong>nnati al fuoco eterno che tormenta sino alla fine coloro che gli saranno<br />

consegnati. 8 . Se conoscerai quel fuoco ammirerai e chiamerai beati quelli che sopportarono per la giustizia il fuoco<br />

temporaneo.<br />

Il loro maestro<br />

XI. 1 . Non <strong>di</strong>co stranezze né cerco il falso, ma, <strong>di</strong>venuto <strong>di</strong>scepolo degli apostoli, <strong>di</strong>vento maestro delle genti e trasmetto in<br />

maniera degna le cose traman<strong>da</strong>te a quelli che si son fatti <strong>di</strong>scepoli della verità. 2 . Chi infatti, rettamente istruito e fattosi amico<br />

del Verbo, non cerca <strong>di</strong> imparare saggiamente le cose che <strong>da</strong>l Verbo furono chiaramente mostrate ai <strong>di</strong>scepoli? Non apparve ad<br />

essi il Verbo, manifestandosi e parlando liberamente, quando <strong>da</strong>gli increduli non fu compreso, ma gui<strong>da</strong>ndo i <strong>di</strong>scepoli che, <strong>da</strong><br />

lui ritenuti fedeli, conobbero i misteri del Padre? 3 . Egli mandò il Verbo come sua grazia, perché si manifestasse al mondo.<br />

Disprezzato <strong>da</strong>l popolo, annunziato <strong>da</strong>gli apostoli, fu creduto <strong>da</strong>i pagani. 4 . Egli fin <strong>da</strong>l principio apparve nuovo ed era antico, e<br />

ognora <strong>di</strong>viene nuovo nei cuori dei fedeli. 5 . Egli eterno, in eterno viene considerato figlio. Per mezzo suo la Chiesa si<br />

arricchisce e la grazia <strong>di</strong>ffondendosi nei fedeli si moltiplica. Essa ispira saggezza, svela i misteri, preannuncia i tempi, si<br />

rallegra per i fedeli, si dona a quelli che la cercano, senza infrangere i giuramenti della fede né oltrepassare i limiti dei padri. 6 .<br />

Si celebra poi il timore della legge, si riconosce la grazia dei profeti, si conserva la fede dei Vangeli, si conserva la tra<strong>di</strong>zione<br />

degli apostoli e la grazia della Chiesa esulta. 7 . Non contristando tale grazia, saprai ciò che il Verbo <strong>di</strong>ce per mezzo <strong>di</strong> quelli<br />

che vuole, quando vuole. 8 . Per amore delle cose rivelateci vi facciamo partecipi <strong>di</strong> tutto quanto; per la volontà del Verbo che<br />

lo or<strong>di</strong>na, fummo spinti a parlare con zelo.<br />

La vera scienza<br />

XII. 1 . Attendendo e ascoltando con <strong>cura</strong>, conoscerete quali cose Dio prepara a quelli che lo amano rettamente. Diventano un<br />

para<strong>di</strong>so <strong>di</strong> delizie e producono in se stessi, ornati <strong>di</strong> frutti vari, un albero fruttuoso e rigoglioso. 2 . In questo luogo, infatti, fu<br />

piantato l'albero della scienza e l'albero della vita; non l'albero della scienza, ma la <strong>di</strong>subbi<strong>di</strong>enza uccide. 3 . Non è oscuro ciò<br />

che fu scritto: che Dio <strong>da</strong> principio piantò in mezzo al para<strong>di</strong>so l'albero della scienza e l'albero della vita, in<strong>di</strong>cando la vita con<br />

la scienza. Quelli che <strong>da</strong> principio non la usarono con chiarezza, per l'inganno del serpente furono denu<strong>da</strong>ti. 4 . Non si ha vita<br />

senza scienza, né scienza si<strong>cura</strong> senza vita vera, perciò i due alberi furono piantati vicino. 5 . L'apostolo, comprendendo questa<br />

forza e biasimando la scienza che si esercita sulla vita senza la norma della verità, <strong>di</strong>ce: «La scienza gonfia, la carità, invece,<br />

e<strong>di</strong>fica». 6 . Chi crede <strong>di</strong> sapere qualche cosa, senza la vera scienza testimoniata <strong>da</strong>lla vita, non sa: viene ingannato <strong>da</strong>l serpente,<br />

non avendo amato la vita. Lui, invece, con timore conosce e cerca la vita, pianta nella speranza aspettando il frutto. 7 . La<br />

scienza sia il tuo cuore e la vita la parola vera recepita. 8 . Portandone l'albero e cogliendone il frutto abbonderai sempre delle<br />

cose che si desiderano <strong>da</strong>vanti a Dio, che il serpente non tocca e l'inganno non avvince; Eva non è corrotta ma è riconosciuta<br />

vergine. Si ad<strong>di</strong>ta la salvezza, gli apostoli sono compresi, la Pasqua del Signore si avvicina, si compiono i tempi e si<br />

<strong>di</strong>spongono in or<strong>di</strong>ne, e il Verbo che ammaestra i santi si rallegra. Per lui il Padre è glorificato; a lui la gloria nei secoli. Amen.

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