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Competenze storia e filosofia - parte 1 - Nuovo sito del Liceo Costa

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Parte 1<br />

Per ragionare sulle competenze in generale<br />

a cura di Maria Cristina Mirabello e Franco Bertini<br />

Per iniziare<br />

Prima di ragionare su, dobbiamo chiarire correttamente che cosa intendiamo per competenza, o<br />

meglio, riferendoci agli scritti scientifici, all’elaborazione in ambito europeo (UE) nonché alla<br />

normativa vigente (Italia e connessioni inevitabili con la UE), dobbiamo cercare di individuare il<br />

tratto caratterizzante le competenze nel dibattito attuale nonché, e non solo per gusto filologico, la<br />

differenza eventuale con quanto su tale complesso di questioni si diceva in passato.<br />

1) <strong>Competenze</strong>: costellazione di definizioni<br />

Ecco una costellazione di definizioni che può aiutarci ad entrare nel problema :<br />

1. La competenza è data dall’insieme <strong>del</strong>le conoscenze, abilità e atteggiamenti che consentono<br />

a un individuo di ottenere risultati utili al proprio adattamento negli ambienti per lui/lei<br />

significativi. Boscolo (1998)<br />

2. La competenza è un insieme riconosciuto e provato, <strong>del</strong>le rappresentazioni, conoscenze,<br />

capacità e comportamenti mobilizzati e combinati in maniera pertinente in un contesto dato.<br />

Rappresentazioni, conoscenze, capacità e comportamenti possono essere riassunti col<br />

termine risorse, portandoci ad affermare che la competenza è una qualità specifica <strong>del</strong><br />

soggetto: quella di saper combinare diverse risorse, per gestire o affrontare in maniera<br />

efficace <strong>del</strong>le situazioni, in un contesto dato. Guy Le Boterf (1990)<br />

3. Il cuore <strong>del</strong>la competenza sta nel saper problematizzare ossia nel saper riconoscere, porre<br />

e risolvere un insieme di problemi simili, ap<strong>parte</strong>nenti alla stessa “famiglia” o ambito<br />

problematico. Fabre (2004)<br />

4. L’approccio per competenze è forse solo l’ultimo mutamento di un’antichissima utopia: fare<br />

<strong>del</strong>la scuola un luogo in cui ognuno apprenda liberamente e intelligentemente cose utili per<br />

la vita. Di che cosa avranno bisogno i giovani? Di saperi. Senza dubbio. Ma di saperi<br />

viventi, da mobilitare nella vita lavorativa ed al di fuori <strong>del</strong> lavoro, suscettibili di essere<br />

trasferiti, trasposti, adatti alle circostanze, condivisi, integrati, l’idea <strong>del</strong>la competenza non<br />

afferma se non la preoccupazione di fare dei saperi scolastici strumenti per pensare e per<br />

agire, al lavoro e al di fuori di esso. Scatta l’autentica competenza dove si traduce in modo<br />

operativo il generico “ saper essere”. Perrenoud (2003)<br />

5. Mobilizzare non è soltanto “utilizzare” o “applicare”, ma anche adattare, differenziare,<br />

coordinare, in breve condurre un insieme di operazioni mentali complesse chiave,<br />

connettendole alle situazioni, trasformano le conoscenze piuttosto che limitarsi a spostarle,<br />

trasferirle. Perrenoud (1999)<br />

ed infine ancora Guy Le Bortef


6.“ La competenza non risiede nelle risorse (conoscenze, capacità) da mobilitare ma nella<br />

mobilizzazione stessa di queste risorse. … La competenza consiste nel mobilitare saperi che si sono<br />

saputi selezionare, integrare e combinare” (in un contesto e per un obiettivo specifico) (Guy Le<br />

Bortef in FOR, Roma, n° 81, 2009)<br />

2)Che cosa implica per chi lo è, l’essere competente<br />

Proprio <strong>parte</strong>ndo dall’ultima definizione di Guy Le Bortef, Stefania Stefanini 1 , da cui sono state<br />

tratte anche tutte le definizioni precedenti, dice: “La capacità di padroneggiare le conoscenze e<br />

saperle applicare in ambiti diversi implica operazioni come la mobilitazione (riorganizzazione <strong>del</strong><br />

sapere), l’organizzazione (costruzione di reti concettuali e schemi d’azione), la contestualizzazione<br />

(collocare in situazione) che si acquisiscono non con la semplice acquisizione di conoscenze ma<br />

attraverso la pratica, intesa non solo come azione ma anche come riflessione sull’azione stessa. Le<br />

risorse mobilitate non sono esclusivamente cognitive ma anche emotive; realizzare attività richiede<br />

un coinvolgimento personale che permette di sperimentare aspetti <strong>del</strong> Sé che nella lezione frontale<br />

non vengono richiesti. Realizzare attività vuol dire sentirsi attivi (l’agency di Bruner ) e<br />

responsabili perché le azioni intraprese sono atti intenzionali e non “meccanici”.<br />

3)Non si dà luogo a competenze senza un cambiamento <strong>del</strong> curricolo e <strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lo progettuale<br />

di riferimento<br />

Se l’apprendimento per competenze è questo, ed investe il conoscere, l’essere, il volere e<br />

complessivamente il potere (poter pensare in largo, poter fare, ecc.), allora occorre modificare<br />

anche i curricoli, o meglio, i modi in cui essi vengono strutturati e attuati. 2 Sempre Stefanini a tale<br />

propo<strong>sito</strong> osserva: “ Per raggiungere un apprendimento così concepito occorre pensare curricoli<br />

organizzati intorno a contenuti-chiave, campi concettuali e nodi procedurali (considerati essenziali<br />

sul piano fondazionale, epistemologico) e proporre situazioni-problema, che possano mettere in<br />

moto conoscenze e procedure apprese. Tale impostazione necessita <strong>del</strong>l'identificazione da <strong>parte</strong> dei<br />

dipartimenti disciplinari <strong>del</strong>le strutture sostanziali (concetti, idee fondamentali, quadri di valore) e<br />

<strong>del</strong>le strutture sintattiche (procedure metodologiche, prove, criteri, mo<strong>del</strong>li di indagine, strumenti<br />

utilizzati, ecc) <strong>del</strong>la disciplina, sulle quali scegliere argomenti e attività da progettare nei consigli di<br />

classe, per quanto è possibile, in forma integrata”.<br />

1 Tutte le citazioni di Stefania Stefanini sono tratte da un lungo articolo pubblicato dalla rivista on line “Passaggi- Le<br />

Scienze Umane e sociali in classe-Rete di scuole”- 24 marzo 2011<br />

2 A propo<strong>sito</strong> dei mo<strong>del</strong>li progettuali Mario Castoldi in Programmare per competenze-Percorsi e Strumenti, Carocci,<br />

2011, si sofferma da p.129 a p.138 su alcuni mo<strong>del</strong>li esemplificativi “in uso” e sulla sfida che le competenze hanno<br />

introdotto. Sulla parola “in uso” ci sarebbe però molto da discutere: significa che il tipo di programmazione cui si<br />

riferisce Castoldi è praticata in modo coerente o semplicemente che essa viene ad essere una sorta di comodo cappello<br />

da far calzare a ciò che si fa in un anno scolastico? La questione non è da poco. Comunque sia, Castoldi individua la<br />

programmazione per obiettivi, la programmazione per concetti, la programmazione per sfondo integratore da cui<br />

differenzia quella per competenze. Se però ripercorriamo il filo di queste programmazioni ci possiamo anche rendere<br />

conto di come molti aspetti di esse, se bene attuati, non siano contrastanti necessariamente con la programmazione per<br />

competenze. Il discorso meriterebbe un approfondimento, per evitare le secche <strong>del</strong> passatismo e <strong>del</strong> nuovismo, ma non è<br />

questa la sede per farlo.


Castoldi , a tale propo<strong>sito</strong>, 3 “adotta” la mappa di Kerr per individuare i punti fondamentali <strong>del</strong>la<br />

programmazione per obiettivi, per concetti e per sfondo integratore, di cui fornisce mo<strong>del</strong>lizzazioni<br />

e si serve <strong>del</strong>la stessa mappa per focalizzare la programmazione per competenze che così <strong>del</strong>inea<br />

TRAGUARDI<br />

Rivisitazione dei traguardi formativi in<br />

termini di competenze<br />

CONTENUTI<br />

Identificazione degli incroci tra competenze<br />

chiave e saperi disciplinari(dichiarative e<br />

procedurali)<br />

VALUTAZIONE<br />

Prospettiva plurale di apprezzamento <strong>del</strong>la<br />

competenza <strong>del</strong> soggetto centrata sulla<br />

costruzione di compiti di apprendimento<br />

autentici<br />

PROCESSI<br />

Ristrutturazione <strong>del</strong> processo formativo in<br />

relazione alle sfide poste dall’insegnamento<br />

come “ponte” tra esperienza e riflessione<br />

Rispetto al quadrante dei contenuti sempre Castoldi osserva “ [Esso] mette in risalto il nodo <strong>del</strong><br />

rapporto tra competenze e discipline di insegnamento, ovvero <strong>del</strong>la relazione che si viene ad<br />

instaurare tra lo sviluppo di una determinata competenza, ad esempio la capacità di risolvere<br />

problemi, e gli specifici linguaggi con cui rappresentare la realtà veicolati dai saperi disciplinari… “<br />

soffermandosi a <strong>del</strong>ineare un problema non da poco riguardo il rapporto fra singola disciplina e<br />

competenza “Pur trattandosi di un nodo aperto e controverso, possiamo ribadire che, se la<br />

competenza si esprime nella capacità <strong>del</strong> soggetto di agire sulla realtà che lo circonda, allora non<br />

può essere riconducibile ad una singola disciplina, in quanto specifico linguaggio con cui<br />

rappresentare e intervenire sull’esperienza reale; d’altro canto la competenza non può che avvalersi<br />

di strumenti culturali per esercitarsi, e, quindi, non si può considerare in astratto, bensì implica<br />

l’impiego dei saperi disciplinari come risorse per l’azione. Un modo proficuo di affrontare il nodo<br />

tra competenze e discipline di insegnamento in chiave progettuale consiste, pertanto,<br />

nell’incrociarsi dei due piani, riconoscendo lo specifico contributo che ciascuna disciplina di<br />

insegnamento può fornire allo sviluppo di una competenza… una matrice che incroci la competenza<br />

e le dimensioni in essa implicate con i saperi propri di ciascuna disciplina di insegnamento.” 4<br />

4) Quali sono gli effetti di una didattica per competenze sulla valutazione?<br />

Come si ripercuote quanto detto sopra sulla valutazione? Grant Wiggins (Tratto da: M. Comoglio<br />

(2002). La valutazione autentica. Orientamenti Pedagogici, 49(1), 93) dice in modo molto efficace<br />

“Si tratta di accertare non ciò che lo studente sa, ma ciò che sa fare con ciò che sa.<br />

3 Castoldi,M., Programmare per competenze-Percorsi e Strumenti, Carocci, 2011, p.134-135, p.137<br />

4 Castoldi, M., Progr. per comp.”, cit., 137-138


La difficoltà fondamentale nel valutare e certificare una competenza nasce dal fatto che non si tratta<br />

di misurare il possesso e il controllo di nozioni ma di accertare i modi con cui lo studente sceglie,<br />

adatta, utilizza, trasferisce le proprie conoscenze. Sempre Stefanini osserva: “Se la dimensione è<br />

descrittiva (dei modi <strong>del</strong>l’essere competenti) e non quantitativa (<strong>del</strong>l’avere competenze) occorre<br />

separare il concetto di misurazione da quello di valutazione, separare il cosa si apprende dal come si<br />

apprende. Separare significa attribuire un valore il più possibile oggettivo, ammesso che lo sia, al<br />

cosa si apprende (prodotto cognitivo disciplinare) e un valore negoziale , come scambio di<br />

informazioni rispetto alla attività svolta (Ajello, A.,M., La competenza, il Mulino, 2003), al come si<br />

apprende (processo cognitivo-emotivo-personale). Michele Pellerey (Le competenze individuali e il<br />

portfolio, Roma, Nuova Italia, 2004) propone il principio di triangolazione, tipico <strong>del</strong>le<br />

metodologie qualitative: “per comprendere lo sviluppo <strong>del</strong>le competenze occorre osservare da più<br />

punti di vista e integrare le prospettive oggettive con quelle soggettive <strong>del</strong>lo studente e<br />

intersoggettive <strong>del</strong>la “comunità di pratiche”. 5<br />

A queste tre dimensioni 6 <strong>del</strong>l’osservazione dovranno corrispondere diversi strumenti di<br />

valutazione, ad esempio: il diario di bordo sul piano soggettivo, confronto dialogico, note e<br />

commenti valutativi da <strong>parte</strong> dei gruppi-lavoro, sul piano intersoggettivo e prove più o meno<br />

strutturate per la rilevazione <strong>del</strong>la dimensione cognitiva-operativa”.<br />

5) L’ attuale grave situazione scolastica (strozzatura <strong>del</strong>le risorse umane e materiali) può<br />

essere conciliata con una didattica per competenze?<br />

La ristrutturazione <strong>del</strong> curricolo, il connesso impegno valutativo (e la distensione dei tempi di esso),<br />

il doversi rapportare in modo articolato a tutti ed a ciascheduno, sembrano però cozzare duramente<br />

contro la realtà di classi sovraffollate, spazi temporali risicati di programmazione, spazi fisici non<br />

funzionali. Di fronte a ciò Stefanini aggiunge in modo molto concreto e realistico che “La<br />

letteratura <strong>del</strong>l’apprendimento per competenze suggerisce molteplici situazioni didattiche per lo<br />

sviluppo <strong>del</strong>le competenze, affascinanti e valide sul piano scientifico ma spesso lontane dalla loro<br />

praticabilità specialmente di questi tempi con le classi da trenta ragazzi e la riduzione <strong>del</strong> tempo<br />

scuola. Occorre selezionare attività semplici, talvolta ”antiche,”che coinvolgono, nel migliore dei<br />

casi, tutto il consiglio di classe, ma anche solo alcuni docenti: processi di elaborazione (selezionare,<br />

archiviare, comparare, utilizzare analogie, contrapposizioni…) attività di argomentazione,<br />

decostruzione-costruzione guidate, role playng (mettersi nei panni di) compiti di realtà (cogliere<br />

5 Ancora Pellerey “In una competenza sufficientemente complessa si possono distinguere tre dimensioni<br />

fondamentali: la prima di natura cognitiva e riguarda la comprensione e l’organizzazione dei concetti che<br />

sono direttamente coinvolti; la seconda è di natura operativa e concerne le abilità che la caratterizzano; la<br />

terza è di natura affettiva e coinvolge convinzioni, atteggiamenti, motivazioni ed emozioni, che permettono<br />

di darle senso e valore personale”. Pellerey (2000)<br />

6 Per una più ampia esemplificazione di queste tre dimensioni cfr. più avanti la citazioni da Castoldi alle note<br />

7-8-9


esperienze e situazioni dalla realtà), studio dei casi, attività comunicative, uscite sul territorio,<br />

stage.”<br />

6)Conoscenze e competenze sono oppositive?<br />

Tutti i maggiori autori sembrano però essere d’accordo su un punto fondamentale, punto già<br />

riconosciuto poco più di dieci anni fa in un documento ministeriale<br />

”Le competenze si costruiscono sulla base di conoscenze. I contenuti sono difatti il supporto<br />

indispensabile per il raggiungimento di una competenza; ne sono – per così dire – gli apparati<br />

serventi. Le competenze si esplicano cioè come utilizzazione e padroneggiamento <strong>del</strong>le<br />

conoscenze”. (documento "saperi e competenze" gennaio 2000 - Gruppo di lavoro <strong>del</strong> Ministero<br />

“Coordinamento Autonomia”) e chiarito ultimamente da Anna Maria Ajello”… l’aspetto<br />

importante da sottolineare è che quando parliamo di un apprendimento che fa diventare<br />

competente, noi ci riferiamo a qualcosa che si apprende fino in fondo, di cui si prende possesso,<br />

che si padroneggia. Non si tratta di memorizzare soltanto un’informazione che può esser subito<br />

dimenticata, che si assume magari per dovere o per benevolenza nei confronti <strong>del</strong>l’insegnante,<br />

informazione che si può verificare con un test oggettivo; parliamo invece di un apprendimento<br />

acqui<strong>sito</strong> in profondità… Non è quindi apprendere per competenze, ma apprendere diventando<br />

competenti. (A.M. Ajello, in M. Spinosi, “Sviluppo <strong>del</strong>le competenze per una scuola di qualità”,<br />

Napoli, Tecnodid, 2010).<br />

Dunque, il così detto prodotto (contenuti/conoscenze) e il così detto processo (competenze) sono<br />

inscindibili: questo a scanso di equivoci, onde evitare inutili risalite sugli specchi. Il che non<br />

significa che a una certa quantità di conoscenze debba corrispondere per forza una competenza: il<br />

nodo sta infatti proprio in come si apprende e in come si verifica.<br />

E’ evidente che il compito non facile tocchi fondamentalmente ai docenti e alla scuola, tuttavia è<br />

bene anche dire come esso possa essere agevolato o appesantito dal clima <strong>del</strong>la società in cui<br />

viviamo, dalle attese e dalle immagini relative alla scuola stessa. Insomma, se la società si muove<br />

all’insegna <strong>del</strong>la rapidità ed efficacia come indizio di raggiunto successo, una didattica <strong>del</strong>le<br />

competenze, di per sé necessitante di tempi lunghi e distesi, ha poco senso.<br />

7) Ancora sugli strumenti di valutazione, ovvero elogio <strong>del</strong>la lentezza<br />

Basti solo pensare agli strumenti di valutazione articolati e molteplici che essa deve adoperare o, se<br />

non altro, avere ben presenti, onde selezionare da essi quelli più adatti. Mario Castoldi , che dedica<br />

ad essi molte pagine, elenca i seguenti possibili strumenti chiedendo ai docenti di chiedersi quali<br />

adoperino nella loro pratica professionale e quali pregi o limiti essi presentino: Piano Soggettivo 7<br />

7 Per spiegare il piano soggettivo Castoldi dice “Si tratta di dispositivi finalizzati a raccogliere e<br />

documentare il punto di vista <strong>del</strong> soggetto sulla propria esperienza di apprendimento e sui risultati<br />

raggiunti, anche come opportunità per rielaborare il proprio percorso apprenditivo e per accrescere<br />

la propria consapevolezza su di esso e su di sé” Castoldi, M., Valutare-Le competenze Carocci, 2009, pp.72,


(Diari di bordo. Autobiografie, Strategie autovalutative, Resoconti verbali/ Piano intersoggettivo 8<br />

(Osservazioni in itinere, Commenti di docenti e genitori, Valutazioni incrociate, Analisi <strong>del</strong><br />

comportamento “sul campo”)/ Piano Oggettivo 9 (Compiti di prestazione, Prove di verifica,<br />

selezione dei lavori, Documentazione dei processi).<br />

8)La competenza fra ieri e oggi con un ulteriore approfondimento sulla programmazione<br />

Quasi alla fine di questa Parte 1, sembra necessario chiarire che la competenza non è, come talvolta<br />

sembra di percepire nelle facili volgarizzazioni, la possibilità di applicare quello che si è imparato in<br />

modo semplicemente pratico né, d’altra <strong>parte</strong>, una sorta di continente che, in quanto “difficile” può<br />

avere solo un approccio tipo quello <strong>del</strong>la teologia negativa, ( non è…non è, ecc.) ma corrisponde<br />

piuttosto a quella che, circa dieci-dodici anni fa veniva definita come “padronanza”, una<br />

padronanza da intendersi però più in largo, e perciò da situare non tanto sulle discipline singole ma<br />

su assi di riferimento, con l’ in più, non da poco, dato dalla sottolineatura di tutti gli aspetti <strong>del</strong>la<br />

metacognizione entrati prepotentemente in campo in questi anni, <strong>del</strong>la costruzione e<br />

sperimentazione <strong>del</strong> Sé.<br />

Proviamo allora, tentando un bilancio fra ieri e oggi, a individuare conoscenza, abilità, capacità,<br />

competenza per come erano definite ieri e per come ci rapportiamo ad esse oggi, onde evitare di<br />

buttar via bambino ed acqua sporca.<br />

Un Glossario per docenti “aggiornati” in uso negli anni ’80-’90 <strong>del</strong> Novecento (autori Barella-<br />

Brogonzoli, edito da Tramontana) riportava:<br />

Abilità: capacità di dedicarsi a una attività con destrezza, intelligenza e padronanza. E’ centrata sul<br />

compito e perciò osservabile. Si riferisce all’applicazione e quindi è più specifica rispetto alle<br />

“capacità”<br />

Capacità: attitudine, acquisita o sviluppata, che permette a un individuo di riuscire nell’esercizio<br />

di un’attività fisica, intellettuale o professionale (v.anche Abilità) (N.d.R: le capacità vengono poi<br />

8 Per spiegare il piano intersoggettivo Castoldi dice”Ci si può riferire a modalità di osservazione e<br />

valutazione <strong>del</strong>le prestazioni <strong>del</strong> soggetto da <strong>parte</strong> degli altri soggetti implicati nel processo formativo: gli<br />

insegnanti, in primis, gli altri allievi, i genitori, altre figure che interagiscono con il soggetto in formazione e<br />

hanno l’opportunità di osservarlo in azione. Castoldi, M., Valutare-Le competenze Carocci, 2009, pp.73,.<br />

9 Riguardo la dimensione oggettiva sempre Castoldi osserva “ Ci si può riferire a strumenti di analisi <strong>del</strong>le<br />

prestazioni <strong>del</strong>l’individuo in rapporto allo svolgimento di compiti operativi: prove di verifica, più o meno<br />

strutturate, compiti di realtà richiesti al soggetto, realizzazione di manufatti o prodotti assunti come<br />

espressione di competenza, selezione di lavori svolti nell’arco di un determinato processo formativo… Si<br />

tratta di dispositivi orientati a documentare l’esperienza di apprendimento, sia nelle sue dimensioni<br />

processuali, attente a come il soggetto ha sviluppato la sua competenza, sia nelle sue dimensioni<br />

prestazionali, attente a che cosa il soggetto ha appreso e al grado di padronanza raggiunto nell’affrontare<br />

determinati compiti. Qualsiasi stimolo o materiale che aiuti a rispondere alla domanda ‘ di quali evidenze<br />

osservabili dispongo per documentare la competenza <strong>del</strong> soggetto in formazione?’ si colloca nella<br />

prospettiva empirica che caratterizza questo terzo punto di osservazione. Castoldi, M., Valutare-Le<br />

competenze Carocci, 2009, pp.74


così declinate dal glossario citato: di ascolto, di astrazione, di comunicazione, di concentrazione, di<br />

fare ricerca, di fissare appunti, di memorizzare, di relazionarsi, di risolvere problemi.)<br />

Competenza: capacità riconosciuta di saper agire in un determinato settore, conseguente<br />

all’assimilazione di conoscenze pertinenti e all’esperienza<br />

Se ripensiamo alle definizioni di competenza fornite nel primo paragrafo di questo lavoro,<br />

scegliendone una o due particolarmente sintetiche e tali da relazionare fra loro termini che, tipo<br />

cassetta degli attrezzi, ci troviamo continuamente ad adoperare e che abbiamo citato dal Glossario,<br />

sarebbe forse utile citare ( vengono grassettati i termini prescelti)<br />

“ La competenza non risiede nelle risorse (conoscenze, capacità) da mobilitare ma nella<br />

mobilizzazione stessa di queste risorse. … La competenza consiste nel mobilitare saperi che si sono<br />

saputi selezionare, integrare e combinare” (in un contesto e per un obiettivo specifico) (Guy Le<br />

Bortef in FOR, Roma, n° 81, 2009)<br />

ma anche<br />

“L’approccio per competenze è forse solo l’ultimo mutamento di un’antichissima utopia: fare <strong>del</strong>la<br />

scuola un luogo in cui ognuno apprenda liberamente e intelligentemente cose utili per la vita. Di<br />

che cosa avranno bisogno i giovani? Di saperi. Senza dubbio. Ma di saperi viventi, da mobilitare<br />

nella vita lavorativa ed al di fuori <strong>del</strong> lavoro, suscettibili di essere trasferiti, trasposti, adatti alle<br />

circostanze, condivisi, integrati, l’idea <strong>del</strong>la competenza non afferma se non la preoccupazione di<br />

fare dei saperi scolastici strumenti per pensare e per agire, al lavoro e al di fuori di esso. Scatta<br />

l’autentica competenza dove si traduce in modo operativo il generico “ saper essere”. (Perrenoud,<br />

2003).<br />

Ebbene, a ben ragionare, sembra che ci sia una continuità (la competenza come sintesi di<br />

conoscenze e abilità, colta ad una dimensione di “operosità” ed una differenza data dalla estensione<br />

dei campi di riferimento e dall’armonizzazione di essi, tanto da investire molto (troppo ?)<br />

ambiziosamente l’essere ( con le inevitabili conseguenze d ciò, a livello di investimento psicologico<br />

(comprese le difficoltà di individuazione e certificazione).<br />

E la programmazione?<br />

Castoldi ravvisa i principali tipi di programmazione in quella per obiettivi, per concetti e per<br />

sfondo integratore (cfr. paragarafo 3) . Sottace però quella per compiti di realtà, la più vicina alla<br />

programmazione per competenze, che era già ben presente 10 alla fine degli anni Novanta<br />

La programmazione per compiti di realtà prevede<br />

1) verificare che il compito abbia precisi vincoli di realtà, che abbia una minima complessità<br />

operazionale e che implichi un’assunzione di responsabilità da <strong>parte</strong> di chi lo deve svolgere<br />

10 Quando diciamo ben presente, intendiamo ciò in riferimento agli addetti ai lavori, a docenti che si aggiornavano ed<br />

autoaggiornavano. Il problema è che poi, per circa dieci anni, nella scuola non si è parlato più molto di tali questioni,<br />

annoiati dal così detto “didattichese”, peraltro solo occasionalmente messo in pratica dalla generalità dei docenti.


2) analizzare quali competenze e abilità si possono sviluppare con la realizzazione <strong>del</strong> compito<br />

(individuazione degli obiettivi)<br />

3) curare gli aspetti organizzativi e fare l’esame <strong>del</strong>le risorse necessarie, valutando la loro<br />

reperibilità nel contesto in cui si opera<br />

4) fare l’ipotesi di un piano di realizzazione<br />

5) individuare strumenti per la verifica <strong>del</strong> raggiungimento degli obiettivi<br />

La frequenza <strong>del</strong>la parola obiettivi in quest’ultimo tipo di programmazione non deve trarre in<br />

inganno: infatti nessuna programmazione per competenze può trascurare gli obiettivi ma, se mai,<br />

deve tradurli concretamente ( lo stesso Castoldi lo dice in più di un passo).<br />

9) Dimensione teoretica e pratica <strong>del</strong>la competenza, ovvero il nesso fra i due livelli con la<br />

risposta alla domanda : ma che cos’è teoretico? Ma che cos’è pratico?<br />

Ed in finale di questa Parte 1 occorre affrontare il problema di che cosa si intenda per “dimensione<br />

pratica”, anche perché la problematica <strong>del</strong>le competenze è stata finora “frequentata” in Italia<br />

soprattutto da discipline tecniche o comunque volte alla professionalizzazione, con l’eccezione <strong>del</strong>la<br />

didattica <strong>del</strong>le Lingue Straniere, che però l’ha affrontata soprattutto nella <strong>parte</strong> “linguistica” più che<br />

letteraria.<br />

A nostro parere, o la didattica per competenze viene affrontata di petto dai Licei o essi rischiano di<br />

sparire se non si attrezzano adeguatamente: il che significa sicuramente innovare la didattica ma<br />

anche far vedere come talune parole modaiole possano essere disinformanti.<br />

Occorre infatti rivendicare rispetto alle competenze, e con forza, una dimensione generalista, tipica<br />

dei Licei, come condizione per pensare e per agire, dimostrando che il pensiero, anche fine a se<br />

stesso, è la condicio sine qua non vivere sapendo selezionare ciò che è utile per agire in modo<br />

responsabile. E quando parliamo di pensiero, non intendiamo quello <strong>del</strong>l’uomo che sta da solo,<br />

privo di relazioni con il mondo, ma un pensiero non asservito direttamente al fare: in grado di porsi<br />

il problema <strong>del</strong> perché-come-che cosa fare, analizzando, sintetizzando, decostruendo/costruendo,<br />

ipotizzando mo<strong>del</strong>li e contro-mo<strong>del</strong>li, pensandosi nell’oggi e nel futuro senza recidere le radici con<br />

il passato.<br />

Il nesso teoria/pratica non deve spaventare o, peggio, essere ricacciato indietro con snobismo.<br />

Dipende dagli assunti di valore che stanno alla base <strong>del</strong> nostro operare come docenti. Lucia<br />

Marchetti 11 in una discussione <strong>del</strong>la Redazione <strong>del</strong>la rivista Sensate Esperienze pubblicata nel<br />

maggio 1998, centrata sui bisogni cui dovrebbe corrispondere la trasmissione culturale, citando la<br />

Teoria <strong>del</strong>la modernità di Taylor, osservava che “tre sono gli elementi con cui ognuno di noi deve<br />

11 Lucia Marchetti è stata docente di Storia e Filosofia al <strong>Liceo</strong> Classico «Ludovico Ariosto» di Ferrara,<br />

diventando dal 1978 docente di scienze sociali. Nel 2000 ha fatto <strong>parte</strong> <strong>del</strong> Gruppo di lavoro nazionale sul<br />

<strong>Liceo</strong> <strong>del</strong>le Scienze Sociali, nel 2004 ha contribuito alla fondazione <strong>del</strong>la rete di scuole Passaggi. Le Scienze<br />

sociali in classe. Continua ad occuparsi attualmente di formazione dei docenti e di innovazione didattica.


fare i conti, uno è l’individualità, il secondo è la burocratizzazione, quella che Weber chiama<br />

‘gabbia di acciaio’ cioè il vivere in una società fortemente organizzata e strutturata, il terzo è il tema<br />

<strong>del</strong>la politica….” E, sempre Marchetti, aggiungeva, “A me pare che lo sfondo dei nostri selettori 12<br />

sia determinato dal bisogno di libertà. In fondo perché vogliamo una scuola diversa? perché<br />

pensiamo che sia possibile, per le nuove generazioni, ampliare il potere di agire nel mondo e di<br />

agire con se stessi: quanti dei nostri studenti sono battuti dall’incapacità di dominare le proprie<br />

emozioni, i rapporti con i genitori…A me pare che questa scuola, ma la scuola in generale non<br />

produca cittadini liberi, liberi in tutti i sensi, nel senso <strong>del</strong>l’agire con se stessi, con gli altri, con la<br />

burocrazia, nella politica, ma anche nella libertà di godere dei piaceri estetici, <strong>del</strong> sapere… Vorrei<br />

aggiungere, citando da Bruner, ma anche da Gardner, che la libertà è anche saper dominare i saperi:<br />

non è più sufficiente che lo/la studente/ssa sappia Manzoni o Ariosto se non possiede gli elementi<br />

che organizzano questo sapere. Quindi è importante che gli studenti siano portati a ragionare sui<br />

saperi da un punto di vista teorico. La cornice teorica dà un senso ai contenuti…”<br />

Proprio da quella discussione scaturì un tentativo di mappa su che cosa si potesse intendere per<br />

cultura generale, mappa che è utile forse fornire prima di passare alla seconda <strong>parte</strong> <strong>del</strong> lavoro e<br />

cioè alla “questione competenze” per Storia e Filosofia<br />

12 Selettori che ci consentono di “ritagliare” dai saperi i nodi fondamentali per vivere ed agire oggi (cfr. come Perrenoud<br />

definisce competenza sia nel par.1 che nel paragrafo 9)

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