Il nostro bisogno di multiculturalismo - Luzappy.eu
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Chichibìo 21/22<br />
rivista<br />
Numero 21/22 anno V, gennaio-aprile 2003<br />
2 Competenze, problematiche, bisogni 6<br />
<strong>Il</strong> punto della situazione<br />
Enrico Carini<br />
5 Passo doppio<br />
7<br />
Libri per comprendere la cronaca<br />
Cinzia Spingola<br />
Tra piccola<br />
e grande storia<br />
Come si fa a parlare dei mali<br />
della scuola italiana quando<br />
incombono, ben più terrorizzanti,<br />
i mali del mondo? Per chi crede<br />
che insegnare Italiano non sia solo<br />
– come molti vorrebbero – trasmettere<br />
competenze parcellizzate misurabili<br />
e n<strong>eu</strong>tre, questa è una contrad<strong>di</strong>zione<br />
paralizzante. Parlare <strong>di</strong> Moratti<br />
quando spirano i venti <strong>di</strong> guerra <strong>di</strong><br />
Bush jr. sembra espressione <strong>di</strong> provincialismo<br />
culturale, dell’incapacità <strong>di</strong><br />
guardare oltre lo steccato del proprio<br />
me<strong>di</strong>ocre orticello: una trista miscela<br />
<strong>di</strong> ottusità e ingenerosità.<br />
Eppure bisogna inventarsi un modo<br />
per trovare, anche nella attuale tempesta<br />
planetaria, uno spazio e un tempo<br />
<strong>di</strong> riflessione da de<strong>di</strong>care alle vicende<br />
che stanno determinando il <strong>nostro</strong><br />
presente e ri<strong>di</strong>segnando il <strong>nostro</strong> futuro,<br />
non più solo <strong>di</strong> insegnanti ma<br />
<strong>di</strong> citta<strong>di</strong>ni. Chichibìo non ha gli<br />
strumenti per mo<strong>di</strong>ficare <strong>di</strong> un grado<br />
la rotta dei potenti della terra; sul<br />
terreno della grande storia e sui suoi<br />
scacchieri internazionali è inerme;<br />
può solo unire la sua voce a tante<br />
altre, <strong>di</strong> denuncia e <strong>di</strong> protesta. Può,<br />
come Brecht in Primavera 1938, tentare<br />
<strong>di</strong> salvare con una tela <strong>di</strong> sacco<br />
il «magro albicocco» minacciato dalla<br />
bufera <strong>di</strong> neve. Una tela <strong>di</strong> sacco che<br />
non salvò quell’albicocco dal gelo e che<br />
non proteggerà i nostri albicocchi; ma<br />
per rispetto <strong>di</strong> quello in cui cre<strong>di</strong>amo e<br />
<strong>di</strong> noi stessi bisogna provarci.<br />
È sul terreno della piccola storia<br />
della scuola italiana che si può giocare<br />
invece un ruolo più propositivo.<br />
Chichibìo può contribuire alla <strong>di</strong>ffusione<br />
<strong>di</strong> una figura <strong>di</strong> insegnante <strong>di</strong><br />
Italiano che non sia né retore né chimico<br />
della parola né tuttologo né ilare<br />
intrattenitore, ma me<strong>di</strong>atore culturale,<br />
interprete nel senso etimologico della<br />
parola: c’è un pretium – un prezzo,<br />
un valore – da attribuire in una<br />
<strong>di</strong>mensione sociale e <strong>di</strong>alogica inter,<br />
tra, molte persone. E attribuire valore<br />
sarà attribuire senso, a un testo innanzitutto,<br />
alla vita poi. E la ricerca<br />
e l’attribuzione <strong>di</strong> senso può salvarci<br />
dal nichilismo, dalla colonizzazione,<br />
dalla rinuncia e dalla sconfitta.<br />
È a partire da questo che si giustifica<br />
l’esistenza stessa del <strong>nostro</strong> giorna-<br />
Ricordo <strong>di</strong> Valeria Nicodemi<br />
le. Se saremo capaci <strong>di</strong> inverare alla<br />
luce <strong>di</strong> questa prospettiva la nostra<br />
funzione prima che il <strong>nostro</strong> ruolo <strong>di</strong><br />
insegnanti, forse potremo resistere agli<br />
attacchi furibon<strong>di</strong> e concentrici che in<br />
questo momento si scatenano contro<br />
la scuola pubblica: la devoluzione; la<br />
libertà <strong>di</strong> insegnamento minacciata<br />
dall’annuncio <strong>di</strong> un nuovo index<br />
librorum prohibitorum; l’ipotesi <strong>di</strong><br />
un co<strong>di</strong>ce deontologico che – dall’alto<br />
<strong>di</strong> una commissione presieduta da<br />
un car<strong>di</strong>nale – plani sulla scuola,<br />
soffocandola; il panaziendalismo che<br />
assume un unico punto <strong>di</strong> riferimento,<br />
il dato economico, e obbedendo a<br />
questa bussola impazzita orienta i destini<br />
della scuola e del paese verso un<br />
collasso <strong>di</strong> civiltà; la volontà esibita<br />
<strong>di</strong> destrutturare la scuola pubblica,<br />
immiserendola, a tutto vantaggio della<br />
scuola privata: <strong>di</strong> prestigio per le<br />
élites che saranno classe <strong>di</strong>rigente,<br />
dequalificata ma pur sempre abilitata<br />
al rilascio <strong>di</strong> <strong>di</strong>plomi con corso legale<br />
per tutti gli altri.<br />
Sta forse qui il nesso tra piccola e<br />
grande storia. Resistere e presi<strong>di</strong>are<br />
quella che è <strong>di</strong>ventata ormai una trincea<br />
acquista un valore etico e politico<br />
certo locale – valido qui e ora, per noi<br />
– ma anche universale. Se è vero che<br />
quella <strong>di</strong> Croce, combattere il fascismo<br />
spiegando bene un sonetto <strong>di</strong> Petrarca,<br />
era una nobile illusione, è altrettanto<br />
vero che una scuola che non sia autoreferenziale,<br />
affannosamente alla<br />
rincorsa del successo sul mercato, reificata,<br />
può garantire a tutti uno spazio<br />
prezioso <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogicità e criticità, cioè<br />
<strong>di</strong> civiltà; può gettare ponti tra le culture<br />
riconoscendo la <strong>di</strong>versità senza<br />
scagliare anatemi.<br />
È proprio qui il varco: la sfida della<br />
multiculturalità. In un mondo globalizzato<br />
e, insieme, asfitticamente locale<br />
una risposta può venire dall’interazione<br />
e dall’integrazione fra le culture,<br />
unico antidoto agli egoismi complici<br />
e simmetrici del globalismo e del localismo.<br />
Per questo Chichibìo ha scelto<br />
<strong>di</strong> puntare sulla multiculturalità, <strong>di</strong><br />
farne oggetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>battito, ragione <strong>di</strong><br />
sopravvivenza, speranza <strong>di</strong> mutamento.<br />
E con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> pace. •<br />
Franco Marchese<br />
<strong>Il</strong> giorno 2 <strong>di</strong>cembre 2002, all’età <strong>di</strong> cinquant’anni, Valeria Nicodemi ci ha lasciato. La<br />
redazione e i collaboratori <strong>di</strong> Chichibio piangono la per<strong>di</strong>ta della sua intelligenza e<br />
della sua generosità. In una società segnata dalla competizione e dall’avarizia, Valeria<br />
ha saputo testimoniare un’idea <strong>di</strong> sapere e un modello <strong>di</strong> coscienza fondati sulla<br />
collaborazione e sullo scambio. Animatrice insostituibile del CIDI Versilia, riusciva a<br />
trasformare gli innumerevoli incontri organizzati negli ultimi <strong>di</strong>eci anni in occasioni<br />
sempre intense e ricche, abbellite dalla sua personalità autentica e appassionata:<br />
ciascuno dei partecipanti ne veniva trascinato come da una forza buona e umana.<br />
Gli amici che la hanno frequentata e che hanno lavorato con lei sono ora più poveri<br />
e più soli; ma conservano la memoria del suo gesto limpido.<br />
Chichibìo<br />
Didattica dell’antico:<br />
stu<strong>di</strong>o della lingua o solo “civiltà”?<br />
Perché non possiamo rinunciare ai testi originali<br />
Massimo Bruno<br />
Per una “modularità sostenibile”<br />
<strong>Il</strong> Progetto Latino <strong>di</strong> un Liceo <strong>di</strong> La Spezia<br />
Marisa Bernar<strong>di</strong>ni - Roberto Centi<br />
oggi nella scuola<br />
<strong>di</strong> forme <strong>di</strong> <strong>di</strong>dattica nuo-<br />
L’esigenza<br />
ve che sappiano accogliere<br />
la prospettiva interculturale (o,<br />
come è forse più corretto, multiculturale)<br />
viene sostenuta con vari<br />
argomenti; e fra tutti primeggia il<br />
riferimento alla nuova composizione<br />
della nostra società e delle<br />
nostre aule scolastiche, appunto<br />
sempre più segnate dalla <strong>di</strong>mensione<br />
multietnica e multiculturale.<br />
È un argomento fondato e serio.<br />
Tuttavia è anche un argomento<br />
pericoloso ed equivoco, solo che<br />
si intenda limitarne il significato<br />
a ragioni <strong>di</strong> accoglienza e <strong>di</strong> integrazione,<br />
fossero pure le meglio<br />
intenzionate; solo cioè che si ritenga<br />
il <strong>nostro</strong> impegno in questa<br />
<strong>di</strong>rezione de<strong>di</strong>cato ai nuovi soggetti<br />
immigrati e ai loro bisogni,<br />
veri o presunti, anziché proteso<br />
a colmare un <strong>nostro</strong> <strong>bisogno</strong> urgente.<br />
Dobbiamo ammettere invece<br />
che la prospettiva multiculturale è<br />
innanzitutto una nostra esigenza,<br />
un’esigenza, anzi, consustanziale<br />
alla con<strong>di</strong>zione della cultura, soprattutto<br />
moderna. Abbiamo noi<br />
<strong>bisogno</strong> <strong>di</strong> scoprire e conoscere<br />
altre culture, abbiamo noi <strong>bisogno</strong><br />
<strong>di</strong> ascoltare altre voci; come avevamo,<br />
e continuiamo ad avere, <strong>bisogno</strong><br />
<strong>di</strong> conoscere e <strong>di</strong> ascoltare i<br />
greci e i latini. Certo, i cinesi, gli<br />
in<strong>di</strong>ani, gli africani o i sudamericani<br />
non stanno nel <strong>nostro</strong> albero<br />
genealogico, come invece le civiltà<br />
classiche. Ma possiamo davvero<br />
sottoscrivere l’opinione comune<br />
secondo la quale il fascino degli<br />
autori latini, e magari dei greci,<br />
ci verrebbe dalla loro posizione<br />
<strong>di</strong> antenati della nostra cultura e<br />
della nostra civiltà? Secondo questa<br />
opinione leggeremmo Virgilio<br />
e Catullo, leggeremmo Omero e<br />
Saffo alla ricerca del <strong>nostro</strong> passato.<br />
In quel passato rivedremmo<br />
noi stessi, la nostra mentalità, le<br />
nostre emozioni. La scrittura letteraria,<br />
e per certi aspetti la poesia<br />
in modo particolare, avrebbe dunque<br />
il merito <strong>di</strong> metterci a contatto<br />
con forme <strong>di</strong> umanità al tempo<br />
stesso tanto lontane e tanto familiari.<br />
Certo, come non ammettere<br />
che il racconto della battaglia <strong>di</strong><br />
Salamina ci risulta meno prossimo<br />
<strong>di</strong> un frammento <strong>di</strong> Saffo, e che<br />
l’organizzazione sociale della Roma<br />
augustea ci appare più <strong>di</strong>stante<br />
della gelosia <strong>di</strong> Catullo? L’immensa<br />
lontananza <strong>di</strong> quella forma<br />
del mondo è illuminata e redenta,<br />
8<br />
10<br />
nella scrittura letteraria, dalla luce<br />
<strong>di</strong> una soggiacente fraternità. Così<br />
che infine non è la familiarità<br />
sola né la sola <strong>di</strong>versità <strong>di</strong>stante a<br />
conquistarci, ma l’intreccio delle<br />
due esperienze. Abbiamo infatti<br />
<strong>bisogno</strong>, per crescere, <strong>di</strong> protenderci<br />
verso ciò che sta lontano<br />
da noi e non ci appartiene: solo<br />
questa esperienza può salvarci dal<br />
provincialismo della coscienza e<br />
definire la nostra identità senza<br />
farne una cosa infantile e asfittica;<br />
ma d’altra parte abbiamo <strong>bisogno</strong><br />
<strong>di</strong> riconoscere nell’altro una por-<br />
bimestrale <strong>di</strong>retta da<br />
Anna Baglione, Romano Luperini,<br />
Franco Marchese, Cinzia Spingola<br />
Autor. Trib. Civ. <strong>di</strong> Palermo n.10/99 del 26/4/1999<br />
Euro 3,00<br />
Manuali <strong>di</strong> letteratura<br />
Riflessioni e qualche proposta<br />
Marilia Martinelli<br />
Professionalità<br />
Antonio La Penna<br />
Progettualità<br />
Franco Marchese<br />
<strong>Il</strong> <strong>nostro</strong> <strong>bisogno</strong><br />
<strong>di</strong> <strong>multiculturalismo</strong><br />
Lontananza e familiarità<br />
Pietro Catal<strong>di</strong><br />
« abbiamo<br />
<strong>bisogno</strong> <strong>di</strong> scoprire<br />
e conoscere<br />
altre culture »<br />
zione <strong>di</strong> umanità con<strong>di</strong>visibile, <strong>di</strong><br />
riconoscere il generalmente umano<br />
anche in esperienze storiche e<br />
culturali <strong>di</strong>stanti e <strong>di</strong>verse.<br />
Ragionare solamente in termini<br />
genealogici vuol <strong>di</strong>re privilegiare<br />
una logica antiquaria e libresca,<br />
non, come si crede, storica: la storia<br />
non è fatta <strong>di</strong> parentele più <strong>di</strong><br />
quanto sia fatta <strong>di</strong> giustapposizioni<br />
impreve<strong>di</strong>bili e brusche, <strong>di</strong> cortocircuiti<br />
provvidenziali o catastrofici.<br />
Ragionando solo in termini<br />
genealogici, si finisce come quelle<br />
persone che frequentano solo parenti,<br />
fino a non poter capire più<br />
chi non abbia gli stessi usi, i tic, le<br />
manie: l’identità che sembra tanto<br />
rafforzarsi al dunque invece si <strong>di</strong>ssolve,<br />
non potendo reggere l’urto<br />
<strong>di</strong> nessuna <strong>di</strong>versità senza implodere.<br />
Come la genetica, anche la<br />
cultura gra<strong>di</strong>sce matrimoni misti;<br />
aborrisce l’incesto.<br />
Noi oggi balbettiamo nel <strong>di</strong>alogo<br />
con i classici, e talvolta temiamo<br />
che la loro voce non sia più<br />
bastante (dell’utilità non vorremmo<br />
invece dubitare): americanizzati<br />
nell’omologazione mon<strong>di</strong>ale,<br />
abbiamo troppo poco da offrire,<br />
ABBoNAMENto ANNUo<br />
Italia Euro 10,00<br />
Estero Euro 20,00<br />
CCP 16271900 intestato a G. B. Palumbo &<br />
C. E<strong>di</strong>tore S.p.A. Perio<strong>di</strong>ci - Palermo<br />
G. B. Palumbo E<strong>di</strong>tore<br />
nell’incontro con gli antichi, perché<br />
la loro voce non affiochisca.<br />
Anche per questo abbiamo<br />
<strong>bisogno</strong> <strong>di</strong> voci vive e forti che<br />
ci <strong>di</strong>cano chi veramente siamo,<br />
cioè chi vorremmo essere: che<br />
ci in<strong>di</strong>chino un’identità capace<br />
<strong>di</strong> tutelare la nostra storia specifica<br />
e, insieme, il genericamente<br />
umano. In queste con<strong>di</strong>zioni, chi<br />
teme l’esautorazione della nostra<br />
specificità culturale a opera dei<br />
nuovi barbari non si è accorto<br />
che la nostra specificità è ormai<br />
un margine rispetto al flusso che<br />
scorre da New York a Pechino e<br />
ci ha travolto.<br />
Abbiamo <strong>bisogno</strong> <strong>di</strong> culture<br />
<strong>di</strong>verse dalla nostra tanto quanto<br />
abbiamo <strong>bisogno</strong> della nostra.<br />
La sfida del <strong>multiculturalismo</strong><br />
è <strong>di</strong> riven<strong>di</strong>care questa e quelle.<br />
Cioè, anche, <strong>di</strong> avere chiara<br />
la <strong>di</strong>stinzione tra quanto deve<br />
affratellarci agli altri uomini (il<br />
genericamente umano) e quanto<br />
deve <strong>di</strong>stinguercene (la <strong>di</strong>stanza,<br />
cioè la <strong>di</strong>versità, delle esperienze).<br />
Oggi questa <strong>di</strong>stinzione è<br />
mistificata, se il particolarismo<br />
localistico punta proprio sulla<br />
inconciliabilità antropologica <strong>di</strong><br />
privilegi e <strong>di</strong> esclusione; mentre<br />
la globalizzazione annulla e devasta<br />
la <strong>di</strong>versità delle culture.<br />
Ecco, infine: non potremo avviare<br />
l’incontro multiculturale<br />
illudendoci <strong>di</strong> gestire le nostre<br />
scoperte dal punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> una<br />
cultura più solida e forte. L’incontro<br />
potrà attuarsi solamente<br />
nella coscienza della nostra stessa<br />
fragilità e del pericolo per noi;<br />
ricordando cioè, accanto a quanto<br />
è <strong>nostro</strong> dovere offrire, tutto ciò<br />
<strong>di</strong> cui noi stessi, e con urgenza,<br />
abbiamo <strong>bisogno</strong>. •<br />
<strong>Il</strong> cocomero <strong>di</strong> Ronchey<br />
Conversazione con Alberto Papuzzi<br />
su giornalismo e scuola<br />
A cura <strong>di</strong> Stefano Borgarelli<br />
• A PAGinA 3
2<br />
Chichibìo<br />
Numero 21/22 – anno V, gennaio-aprile 2003<br />
Rie<strong>di</strong>zione elettronica a cura <strong>di</strong> Palumbo multime<strong>di</strong>a<br />
Competenze, problematiche, bisogni<br />
<strong>Il</strong> punto della situazione<br />
Enrico Carini<br />
Partirei dall’osser vazione<br />
piuttosto banale che le competenze<br />
<strong>di</strong> un insegnante <strong>di</strong><br />
lettere attengono alla letteratura…<br />
e c’è da chiedersi <strong>di</strong> quale<br />
utilità possono essere tali competenze<br />
oggi, nell’ambito <strong>di</strong> una<br />
istituzione come la scuola che<br />
costa allo Stato investimenti cospicui,<br />
seppur inferiori a quelli<br />
profusi da altri paesi <strong>eu</strong>ropei.<br />
Guidare dei ragazzi all’acquisizione<br />
<strong>di</strong> strumenti che consentano<br />
<strong>di</strong> analizzare nei loro<br />
rapporti reciproci le varie componenti<br />
<strong>di</strong> un sistema complesso<br />
quale è un testo letterario e <strong>di</strong><br />
inserirlo in un contesto storico<br />
e culturale determinato, significa<br />
promuovere in loro un’esperienza<br />
formativa che travalica<br />
i confini specifici della singola<br />
<strong>di</strong>sciplina; più volte Luperini<br />
ha avuto modo <strong>di</strong> sottolineare<br />
come più <strong>di</strong>scipline vengano<br />
coinvolte in tale pratica, d’altro<br />
canto essa stessa, con il suo rigore<br />
<strong>di</strong> metodo, abitua ad operare<br />
criticamente e scientificamente,<br />
rivelandosi momento imprescin<strong>di</strong>bile,<br />
quando ciò che siamo<br />
soliti chiamare “scuola” voglia<br />
essere una forma privilegiata<br />
<strong>di</strong> educazione e non semplice<br />
addestramento, poiché l’inglese,<br />
l’informatica e quant’altro,<br />
nella loro indubbia utilità, se ricondotti<br />
a fini imme<strong>di</strong>atamente<br />
pratici, hanno valore limitato;<br />
paradossalmente proprio lo stu<strong>di</strong>o<br />
<strong>di</strong>sinteressato, cioè mirante<br />
alla costruzione <strong>di</strong> un soggetto<br />
armonico e capace <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>care<br />
e <strong>di</strong> scegliere, è quello che sulla<br />
<strong>di</strong>stanza abilita al “saper cambiare”<br />
i propri mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> pensare<br />
ed agire in relazione ai tempi,<br />
alle circostanze, alle esigenze<br />
mutevoli che <strong>di</strong> volta in volta<br />
insorgono.<br />
Ovviamente il continuo evolversi<br />
delle conoscenze umane<br />
impone sempre nuove definizioni<br />
della mappa dei saperi e,<br />
per ciò che ci riguarda, della<br />
funzione che in essa può svolgere<br />
la letteratura. Non è cosa<br />
facile, come sanno coloro che<br />
si sono cimentati nell’impresa,<br />
a causa dei <strong>di</strong>versi punti <strong>di</strong> vista<br />
e degli interessi contrastanti: la<br />
<strong>di</strong>atriba tra cultura umanistica<br />
e cultura scientifica continua,<br />
sia pure con varia intensità; la<br />
“querelle” tra linguisti e letterati<br />
mi sembra ancora ben lungi dall’essere<br />
risolta; sul piano pratico<br />
un intervento “amministrativo”<br />
come la riforma dell’esame <strong>di</strong><br />
Stato ha <strong>di</strong> fatto ri<strong>di</strong>mensionato<br />
lo stu<strong>di</strong>o della letteratura nelle<br />
me<strong>di</strong>e superiori.<br />
Se consideriamo gli or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong><br />
problemi con i quali oggi debbono<br />
fare i conti coloro che insegnano<br />
essi mi sembrano <strong>di</strong> tre<br />
tipi, tra loro strettamente correlati:<br />
rispetto al passato abbiamo<br />
nuovi studenti; ci muoviamo in<br />
un contesto nuovo; abbiamo a<br />
<strong>di</strong>sposizioni nuovi strumenti.<br />
Gli studenti sono “nuovi” non<br />
solo per noi vecchi docenti, ma<br />
anche per i colleghi più giovani,<br />
a causa del rapido mutamento<br />
dei modelli, che complica ulteriormente<br />
il già problematico<br />
rapporto tra generazioni: valori<br />
come famiglia, amicizia, amore,<br />
lavoro, religione, politica, conoscenza…<br />
mutano, sono intesi in<br />
modo <strong>di</strong>verso e, talora, scompaiono<br />
sostituiti da altro, che ieri<br />
valore non era: per quanti tra i<br />
ragazzi che frequentano le nostre<br />
scuole, ad esempio, lo Stato<br />
costituisce oggi un valore? Quoti<strong>di</strong>anamente<br />
ci lamentiamo che<br />
i giovani manchino <strong>di</strong> memoria<br />
storica, ma chi e come gliela tra-<br />
smette? E quanto la memoria<br />
storica ha spazio nello stesso universo<br />
della società adulta, pressata<br />
dai ritmi frenetici dell’oggi,<br />
spinta ad un oblio <strong>di</strong> comodo<br />
e confusa da interessati revisionismi?<br />
I nostri studenti usano<br />
linguaggi <strong>di</strong>versi dai nostri, anch’essi<br />
in continuo mutamento;<br />
persino quella che per noi è comune<br />
lingua <strong>di</strong> comunicazione<br />
risulta spesso per loro linguaggio<br />
specialistico che necessita <strong>di</strong> continue<br />
spiegazioni.<br />
Mutato è il contesto mon<strong>di</strong>ale;<br />
l’abbattimento del muro <strong>di</strong> Berlino<br />
aveva in molti fatto sorgere<br />
la speranza <strong>di</strong> una società più<br />
giusta e più libera, più culturalmente<br />
aperta e solidale; le cose<br />
sono andate <strong>di</strong>versamente: ci siamo<br />
trovati <strong>di</strong> fronte all’insorgere<br />
<strong>di</strong> particolarismi ed egoismi, <strong>di</strong><br />
integralismi palesi o mascherati,<br />
al proliferare <strong>di</strong> guerre, e ci troviamo<br />
oggi ad essere più barbari<br />
<strong>di</strong> ieri, sotto qualsiasi latitu<strong>di</strong>ne,<br />
con buona<br />
pace <strong>di</strong> chi, per<br />
insipienza o per<br />
calcolo, ama <strong>di</strong>videre<br />
l’umanità<br />
in buoni e cattivi,<br />
in regno del<br />
bene e regno<br />
del male. La<br />
globalizzazione<br />
ha reso più<br />
piccolo questo<br />
pianeta litigioso<br />
e, mentre tarda a mostrare i<br />
vantaggi che pur potrebbe arrecare,<br />
<strong>di</strong>spensa non pochi danni.<br />
Ci avviamo verso una società<br />
multietnica e multiculturale, ma<br />
tale movimento troppo <strong>di</strong> frequente<br />
sembra orientato non<br />
nella <strong>di</strong>rezione da noi auspicata<br />
e auspicabile, <strong>di</strong> arricchimento<br />
e <strong>di</strong> <strong>di</strong>alettica integrazione tra<br />
culture, ma piuttosto in quella<br />
delle contrapposizioni e delle<br />
<strong>di</strong>scriminazioni, cementate da<br />
una funzionale rimozione del<br />
passato quando non anche da<br />
una solida e ostentata ignoranza<br />
Rispetto al passato abbiamo a<br />
<strong>di</strong>sposizione nuovi e stimolanti<br />
strumenti. L’uso degli au<strong>di</strong>ovisivi<br />
ci consente pratiche un tempo<br />
impensabili e può costituire un<br />
prezioso aggancio con i giovani,<br />
particolarmente sensibili ai<br />
messaggi iconici, ma è anche<br />
vero che la cultura dell’immagine<br />
può convertirsi in cultura<br />
dell’apparenza, specie sotto la<br />
spinta dei modelli veicolati dai<br />
mass me<strong>di</strong>a. L’informatica ha<br />
aperto affascinanti prospettive,<br />
l’universo intero ci sembra a<br />
portata <strong>di</strong> clic e le nuove tecniche<br />
sollecitano la creatività <strong>di</strong><br />
studenti e insegnanti. Ma i problemi<br />
non mancano; si ritiene<br />
che tutto si possa trovare nella<br />
rete; in effetti ci si trova quanto<br />
c’è stato messo, e chi ci mette<br />
qualcosa lo fa ovviamente secondo<br />
la sua cultura e i suoi interessi,<br />
che possono essere più o<br />
meno nobili; si è <strong>di</strong> fronte ad un<br />
oceano, ma è assai <strong>di</strong>fficile, se<br />
non impossibile, <strong>di</strong>stinguere in<br />
quest’immensità il vero dal falso,<br />
l’atten<strong>di</strong>bile dall’inatten<strong>di</strong>bile.<br />
Tra i quoti<strong>di</strong>ani esiti controproducenti<br />
non voglio soffermarmi<br />
sulla pratica piuttosto <strong>di</strong>ffusa tra<br />
i ragazzi <strong>di</strong> svolgere “ricerche”<br />
(le famose e famigerate “ricerche”!)<br />
scaricando materiale da<br />
Internet ed esibendolo, stampato<br />
con accattivanti caratteri<br />
e illustrazioni fascinose, senza<br />
averlo neanche letto; penso invece<br />
all’uso dell’ipertesto, che<br />
consente gli accessi più svariati e<br />
i percorsi più personali e soggettivi:<br />
per chi ne è solo fruitore, e<br />
« la cultura<br />
dell’immagine<br />
può convertirsi<br />
in cultura<br />
dell’apparenza »<br />
non entra almeno un po’ nella<br />
logica della progettazione, c’è<br />
il rischio <strong>di</strong> smarrirsi; nel caso<br />
specifico dell’approccio ad un<br />
testo letterario è necessario aver<br />
già chiara in qualche modo la<br />
struttura dell’opera nel suo or<strong>di</strong>ne<br />
materiale e le intenzioni<br />
dell’autore, che potranno ben<br />
essere demistificate dalla nostra<br />
lettura, ma che sono comunque<br />
elemento imprescin<strong>di</strong>bile per la<br />
comprensione; in sostanza chi<br />
già in qualche modo conosce<br />
l’opera e l’autore può trarre<br />
vantaggio, e spesso non poco, da<br />
approcci trasversali e talora precedentemente<br />
inusitati, chi non<br />
ha già questa conoscenza corre<br />
il rischio <strong>di</strong> perdere il messaggio<br />
nel momento stesso in cui pretende<br />
<strong>di</strong> analizzarlo.<br />
Di fronte a questi problemi<br />
come formare gli insegnanti?<br />
Come porli in grado <strong>di</strong> affrontare<br />
gli scenari <strong>di</strong>versi che, <strong>di</strong><br />
volta in volta, compaiono loro<br />
<strong>di</strong>nanzi?<br />
P e r s o n a l -<br />
mente, da varia<br />
posizione, ho<br />
sperimentato il<br />
susseguirsi dei<br />
vari meto<strong>di</strong> per<br />
l’arco <strong>di</strong> oltre<br />
un trentennio:<br />
ho affrontato<br />
l’esame <strong>di</strong> abilitazione<br />
e il concorso<br />
a cattedra<br />
per accedere all’insegnamento;<br />
sono stato docente <strong>di</strong> corso abilitante<br />
negli anni Settanta e tutor<br />
d’aula nell’ultimo corso <strong>di</strong> formazione<br />
per docenti neoassunti;<br />
ho seguito corsi <strong>di</strong> aggiornamento,<br />
vi ho insegnato, li ho organizzati,<br />
li ho <strong>di</strong>retti. Un tempo<br />
nella nostra formazione erano<br />
preminenti in modo quasi esclusivo<br />
gli aspetti <strong>di</strong>sciplinari, e le<br />
nostre conoscenze <strong>di</strong> <strong>di</strong>dattica<br />
erano pressoché nulle; entrando<br />
in classe per la prima volta il<br />
<strong>nostro</strong> modello finiva per essere<br />
quello costituito dai buoni insegnanti<br />
che avevamo avuto al<br />
liceo (se ne avevamo avuti!), ci<br />
sentivamo come Daniele nella<br />
fossa dei leoni, e ci facevamo<br />
le ossa sulla pelle degli studenti,<br />
a darci una mano in genere<br />
era l’entusiasmo, il che non<br />
è poco. Nei decenni successivi<br />
l’interesse per la <strong>di</strong>dattica è andato<br />
progressivamente aumentando,<br />
sono maturate importanti<br />
esperienze, sono state create<br />
istituzioni ad hoc; le offerte in<br />
tal senso si sono moltiplicate, e<br />
se consideriamo gli ultimi anni<br />
le iniziative proposte dai vari<br />
enti e oggetto <strong>di</strong> finanziamenti<br />
finalizzati vertono principalmente<br />
sulla <strong>di</strong>dattica e assai meno<br />
sugli aspetti più specificamente<br />
<strong>di</strong>sciplinari. <strong>Il</strong> pendolo nelle sue<br />
oscillazioni mi sembra andato<br />
dal poco o nulla <strong>di</strong> <strong>di</strong>dattica al<br />
troppo <strong>di</strong> <strong>di</strong>dattica. Talora si ha<br />
l’impressione che lo spessore<br />
figurale della Comme<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Dante<br />
o la struttura <strong>di</strong> un romanzo<br />
<strong>di</strong> Calvino abbiano un rilievo<br />
del tutto marginale nell’ambito<br />
dell’insegnamento e possano<br />
essere agevolmente sostituiti<br />
dalla teoria e dalla pratica del<br />
tresette, gioco per altro nobile e<br />
denso <strong>di</strong> memoria storica! D’altro<br />
canto <strong>di</strong> recente un illustre<br />
personaggio ha invitato a smetterla<br />
col solito Manzoni, poiché<br />
sul mercato internazionale tira<br />
assai poco... Molti <strong>di</strong> noi da tempo<br />
si lamentano del trionfo del<br />
“<strong>di</strong>dattichese”, del proliferare<br />
cioè <strong>di</strong> termini e schemi sempre<br />
più astratti e lontani dalla<br />
pratica dell’insegnamento, che<br />
ingabbiano il <strong>nostro</strong> lavoro; in<br />
un periodo <strong>di</strong> crescente ed asfissiante<br />
burocratizzazione come<br />
quello attuale, siamo sommersi<br />
da prospetti, relazioni, modelli<br />
e quant’altro: paradossalmente<br />
non si è mai consumata nella<br />
scuola tanta carta come da quando<br />
vi ha fatto ingresso l’informatica…<br />
per piacere, salviamo<br />
l’Amazzonia!<br />
Scherzi a parte (ma non scherzavo<br />
poi tanto!), a mio avviso il<br />
pendolo dovrebbe essere riequilibrato.<br />
L’impegno nella formazione<br />
<strong>di</strong>dattica deve essere sostanziato<br />
da una vera e propria<br />
riappropriazione della <strong>di</strong>mensione<br />
specifica delle nostre <strong>di</strong>scipline<br />
in una <strong>di</strong>mensione non<br />
settaria ma aperta e inter<strong>di</strong>sciplinare.<br />
La collaborazione condotta<br />
avanti in questi anni nel Lazio<br />
tra insegnanti, IRR SAE (ora<br />
IRRE) ed Università mi sembra<br />
preziosa e degna d’essere continuata<br />
e potenziata; essa ha avuto<br />
il merito <strong>di</strong> evidenziare ed affrontare,<br />
in vario modo e a vari<br />
livelli, alcuni no<strong>di</strong> problematici<br />
che rispondono ai bisogni della<br />
scuola che cambia: dalla <strong>di</strong>dattica<br />
della letteratura e della storia<br />
letteraria ai linguaggi giovanili,<br />
alla scrittura intesa anche nei<br />
suoi rapporti con la lettura e come<br />
scrittura creativa. <strong>Il</strong> rapporto<br />
con l’Università, inoltre, mettendo<br />
a contatto gli insegnanti con<br />
nuovi in<strong>di</strong>rizzi <strong>di</strong> ricerca e nuove<br />
meto<strong>di</strong>che, contribuisce non solo<br />
a meglio qualificarli scientificamente<br />
ma anche a suscitare in<br />
loro quell’entusiasmo che è in<strong>di</strong>spensabile<br />
nell’insegnamento,<br />
se insegnare è, come è, rapporto<br />
tra persone e non si può certo<br />
coinvolgere gli altri su qualcosa<br />
che non sia da noi sempre <strong>di</strong><br />
nuovo rivissuta e reinterpretata.<br />
Tra i nuovi bisogni che premono<br />
con urgenza vorrei infine<br />
ricordare la necessità <strong>di</strong> aprirci<br />
consapevolmente e fattivamente<br />
ad una <strong>di</strong>mensione interculturale,<br />
per rispondere ad istanze<br />
che ci si impongono, prima che<br />
come insegnanti, come citta<strong>di</strong>ni<br />
e come uomini; il problema<br />
dell’insegnamento dell’Italiano<br />
a studenti <strong>di</strong> altra madre lingua<br />
<strong>di</strong>viene ogni giorno più pressante,<br />
ma la soluzione sembra<br />
tutt’altro che prossima, anche<br />
perché non si tratta solo <strong>di</strong> far<br />
apprendere meccanicamente<br />
una lingua a chi non la sa, ma <strong>di</strong><br />
svolgere una operazione <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione<br />
culturale, per la quale<br />
le competenze <strong>di</strong> un insegnante<br />
<strong>di</strong> lettere possono essere preziose,<br />
ma non certo sufficienti;<br />
appare quin<strong>di</strong> necessaria la creazione<br />
d’una figura professionale<br />
specificamente formata; anche<br />
in quest’ambito però, per sperare<br />
in risultati significativi, e non<br />
affidarsi per l’ennesima volta al<br />
volontarismo, è necessario elaborare<br />
piani organici <strong>di</strong> intervento<br />
e <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> finanziamenti<br />
adeguati e certi. In proposito<br />
desta quanto meno perplessità il<br />
fatto che esista una Commissione<br />
Ministeriale per l’educazione<br />
interculturale, ma che essa non<br />
sia stata più convocata dall’inse<strong>di</strong>amento<br />
del nuovo governo. •<br />
Quello che precede è, con qualche taglio,<br />
il testo della relazione <strong>di</strong> Enrico<br />
Carini all’incontro <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> “Apostoli<br />
o avvelenatori? Identità e professionalità<br />
dell’insegnante <strong>di</strong> lettere”<br />
organizzato dall’ADI-SD in collaborazione<br />
con l’IRRE del Lazio e tenutosi<br />
a Roma presso l’Università “La<br />
Sapienza” il 4 e 5 ottobre 2002.<br />
Hanno collaborato<br />
a questo numero <strong>di</strong> Chichibìo:<br />
Marisa Bernar<strong>di</strong>ni, che insegna Italiano e<br />
Latino in un Liceo scientifico <strong>di</strong> La Spezia<br />
Stefano Borgarelli, che insegna Italiano e<br />
Storia in un I.T.I. a San Donà <strong>di</strong> Piave (VE)<br />
Massimo Bruno, che insegna Latino e<br />
Greco nel Liceo classico <strong>di</strong> Trapani<br />
Enrico Carini, che insegna Italiano e Latino<br />
in un Liceo scientifico <strong>di</strong> Roma<br />
Pietro Catal<strong>di</strong>, che insegna Letteratura<br />
italiana contemporanea all’Università per<br />
stranieri <strong>di</strong> Siena<br />
Roberto Centi, che insegna Italiano e<br />
Latino in un Liceo scientifico <strong>di</strong> La Spezia<br />
ed è supervisore del Tirocinio presso la<br />
SSIS dell’Università <strong>di</strong> Genova<br />
Silvia Ferraresso, che insegna Italiano e<br />
Storia in un I.T.I. a San Donà <strong>di</strong> Piave (VE)<br />
Elena Fumi, che insegna Italiano in un Liceo<br />
socio-psico-pedagogico <strong>di</strong> Pisa<br />
Franca Olivo Fusco, che insegna poesia<br />
italiana e straniera all’Università della<br />
LiberEtà <strong>di</strong> Trieste<br />
Gli specializzan<strong>di</strong> SSIS <strong>di</strong> Torino<br />
Gli insegnanti dell’ITIS «A. Volterra» <strong>di</strong> San<br />
Donà <strong>di</strong> Piave (VE)<br />
Sergio Guarente, che insegna Storia e<br />
Filosofia nel Liceo classico <strong>di</strong> To<strong>di</strong> ed è<br />
supervisore per il tirocinio presso la SSIS<br />
dell’Università <strong>di</strong> Perugia<br />
Maria Luisa Jori, che insegna Italiano<br />
e Storia in un triennio linguistico ed è<br />
supervisore <strong>di</strong> tirocinio alla SSIS <strong>di</strong> Torino<br />
Antonio La Penna, che a lungo ha<br />
insegnato Letteratura latina all’Università<br />
<strong>di</strong> Firenze<br />
Franco Marchese, che insegna Italiano e<br />
Latino in un Liceo scientifico a Palermo<br />
Marilia Martinelli, che insegna Italiano e<br />
Latino in un Liceo scientifico a Napoli<br />
Stefano Nuzzoli, che insegna Italiano e<br />
Latino nel Liceo scientifico <strong>di</strong> Trescore<br />
Balneario (BG)<br />
Daniela Roversi, che insegna Lingua e<br />
Letteratura tedesca in un Liceo linguistico<br />
<strong>di</strong> Bergamo<br />
Cinzia Spingola, che insegna Italiano e<br />
Storia in un I.T.I. a Mestre<br />
Luciano Zappella, che insegna Italiano e<br />
Latino in un Liceo linguistico <strong>di</strong> Bergamo<br />
Emanuele Zinato, che insegna in un I.T.I. a<br />
Cittadella (PD)<br />
Al maestro e amico<br />
Giuseppe Petronio,<br />
scomparso il 14 gennaio 2003,<br />
Chichibìo de<strong>di</strong>cherà alcuni<br />
interventi nel prossimo numero.<br />
Chichibìo<br />
rivista bimestrale<br />
Autor. Trib. Civ. <strong>di</strong> Palermo n.10/99 del 26/4/1999<br />
<strong>di</strong>rettori<br />
Anna Baglione<br />
Romano Luperini<br />
Franco Marchese<br />
Cinzia Spingola<br />
<strong>di</strong>rettore responsabile<br />
Anna Grazia D’Oria<br />
redazioni<br />
piemonte Maria Luisa Jori isa.jori@tin.it (Torino),<br />
Carla Sclaran<strong>di</strong>s sclaran<strong>di</strong>s@tiscalinet.it (Pinerolo)<br />
liguria Sara Cecchini cecchinis@virgilio.it<br />
lombar<strong>di</strong>a Barbara Peroni barbaraperoni@libero.<br />
it (Milano), Luigi Cepparrone luigicepparrone@libero.<br />
it (Bergamo)<br />
veneto Emanuele Zinato emanuele.zinato@tin.it<br />
emilia romagna Marisa Carlà<br />
toscana Li<strong>di</strong>a Marchiani li<strong>di</strong>amarchiani@tin.it<br />
umbria Lina D’Andrea carmdan@tin.it<br />
lazio Gabriella Margadonna etae@iol.it<br />
campania Marilia Martinelli clau<strong>di</strong>o.marilia@tin.it<br />
puglia A. Maria Bufo annambu@libero.it<br />
sicilia Paola Fertitta paolafertitta@virgilio.it<br />
Le lettere a Chichibìo (max 3.000 battute)<br />
e gli eventuali contributi (max 6.000 battute)<br />
– in assenza <strong>di</strong> redazioni regionali <strong>di</strong><br />
riferimento – possono essere inviati a franco.<br />
marchese@libero.it e a plans@libero.it<br />
progetto grafico Vincenzo Marineo<br />
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CCP 16271900 intestato a G. B. Palumbo &<br />
C. E<strong>di</strong>tore S.p.A. Perio<strong>di</strong>ci - Palermo<br />
Chichibìo<br />
Numero 21/22 – anno V, gennaio-aprile 2003<br />
Rie<strong>di</strong>zione elettronica a cura <strong>di</strong> Palumbo multime<strong>di</strong>a<br />
<strong>Il</strong> cocomero <strong>di</strong> Ronchey<br />
Conversazione con Alberto Papuzzi su giornalismo e scuola<br />
a cura <strong>di</strong> Stefano Borgarelli<br />
La scrittura scolastica del tema come<br />
esercizio retorico deriva da una<br />
rispettabile tra<strong>di</strong>zione. Dalle scuole<br />
alessandrine a quelle gesuitiche, questa<br />
tra<strong>di</strong>zione s’è prolungata fino<br />
a noi. Ra<strong>di</strong>ci così robuste non può<br />
vantarle invece la scrittura dell’articolo.<br />
Accanto al saggio breve tuttavia,<br />
la prova scritta dell’esame <strong>di</strong><br />
Stato prevede appunto la variante<br />
dell’articolo <strong>di</strong> giornale, da scrivere<br />
basandosi sul dossier fornito dal<br />
ministero. Gli insegnanti che non<br />
abbiano cambiato pigramente – e<br />
meccanicamente – solo il cappello al<br />
vecchio tema, hanno perciò dovuto<br />
misurarsi con problemi <strong>di</strong>dattici<br />
ine<strong>di</strong>ti. Al fondo, però, è cruciale la<br />
questione se la domanda <strong>di</strong> capacità<br />
stratificate <strong>di</strong> scrittura che viene<br />
dalla società, debba (e possa) trovare<br />
risposta nella scuola anche attraverso<br />
l’insegnamento delle grammatiche<br />
del giornalismo. Praticando<br />
l’analisi testuale, ma anche facendo<br />
esercitare gli studenti nella redazione<br />
<strong>di</strong> “pezzi” giornalistici veri e propri.<br />
A questo proposito, tommaso Raso<br />
– fondatore, assieme ad altri docenti,<br />
del “Servizio d’Italiano Scritto”<br />
presso l’Università <strong>di</strong> Venezia – in<br />
una conversazione sulla scrittura<br />
apparsa nel giugno scorso sulle pagine<br />
<strong>di</strong> Chichibìo, è stato categorico:<br />
« [...] la scuola non può insegnare<br />
a <strong>di</strong>ventare giornalisti. Né gli insegnanti<br />
sono in grado <strong>di</strong> preparare<br />
a questo mondo, né è giusto chiedere<br />
che lo facciano». Lei che ne pensa?<br />
Tommaso Raso ha ragione<br />
da vendere. La scuola non può<br />
(non deve) insegnare a <strong>di</strong>ventare<br />
giornalisti, come non insegna<br />
a <strong>di</strong>ventare avvocati o me<strong>di</strong>ci o<br />
ingegneri (e nemmeno insegnanti!).<br />
Tuttavia la scuola può<br />
contribuire alla conoscenza del<br />
giornalismo e soprattutto alla<br />
lettura consapevole dei giornali,<br />
innanzi tutto come testi, tenendo<br />
conto che i giornali si avvalgono<br />
al giorno d’oggi <strong>di</strong> quattro supporti:<br />
carta, ra<strong>di</strong>o, televisione,<br />
web, e che i testi giornalistici<br />
comprendono anche la fotografia<br />
e la grafica. Per quanto riguarda<br />
il quadro teorico, ritengo<br />
più che sufficiente la lettura della<br />
sezione VII, I giornali, meno<br />
<strong>di</strong> 50 pagine, nel noto saggio<br />
L’opinione pubblica <strong>di</strong> Walter Lippmann<br />
(Donzelli, Roma 2000).<br />
Per ciò che concerne la pratica<br />
giornalistica, è opportuno considerare<br />
la fondamentale <strong>di</strong>cotomia<br />
tra notizia e opinione, con<br />
modelli testuali strutturalmente<br />
<strong>di</strong>versi per la cronaca (reporting)<br />
e per il commento (view). Nel<br />
momento <strong>di</strong> passare a un’esercitazione<br />
giornalistica, può essere<br />
utile avvalersi <strong>di</strong> due regole. Una<br />
è stata esplicitata e definita: la<br />
cosiddetta regola delle cinque W,<br />
secondo la quale ogni notizia deve<br />
contenere le risposte a cinque<br />
interrogativi che in inglese iniziano<br />
con la lettera W (chi, cosa,<br />
quando, dove, perché). L’altra è<br />
una <strong>di</strong> quelle regole non dette:<br />
nella scrittura giornalistica, le<br />
idee si spiegano attraverso i fatti<br />
e i fatti si raccontano attraverso<br />
le persone.<br />
D’accordo, la scuola non dovrà insegnare<br />
a <strong>di</strong>ventare giornalisti, però<br />
il problema posto dall’esame <strong>di</strong><br />
Stato rimane… Dell’articolo fatto<br />
scrivere in classe salverei, del resto,<br />
la sollecitazione a porsi la questione<br />
del destinatario per cui si progetta<br />
un testo, ma anche la necessità <strong>di</strong><br />
rifarsi a vari modelli comunicativi<br />
me<strong>di</strong>atici. La regola delle cinque W<br />
troneggia in tutte le salse, ormai, nel<br />
capitolo sulla scrittura giornalistica<br />
dei manuali tappa-buco, sfornati<br />
assieme alla riforma. L’altra regola<br />
<strong>di</strong> cui lei parla, invece, quella non<br />
detta, si dovrebbe farla enucleare<br />
agli studenti con una lettura guidata<br />
degli articoli. tutti vali<strong>di</strong>, sotto<br />
questo profilo, i modelli testuali che<br />
si trovano sulle pagine dei giornali<br />
italiani?<br />
<strong>Il</strong> punto <strong>di</strong>scriminante è che<br />
un articolo giornalistico è più o<br />
meno buono in base alle informazioni<br />
che dà, non per come<br />
è scritto. La bella scrittura conta<br />
assai poco nel giornalismo. <strong>Il</strong><br />
cuore del giornalismo resta il<br />
reporting. <strong>Il</strong> giornalista è uno che<br />
raccoglie informazioni – in una<br />
seconda fase ci sono modelli per<br />
dare forma testuale alle notizie.<br />
Mi sembra che la prova d’esame,<br />
com’è stata concepita, rischi<br />
<strong>di</strong> banalizzare la specificità del<br />
giornalismo, perché gli studenti<br />
possono essere portati a pensare<br />
che si tratti <strong>di</strong> scrivere un testo<br />
capace <strong>di</strong> sorprendere il lettore,<br />
per sensazionalismo o per<br />
eccentricità. In questo senso la<br />
regola delle cinque W resta valida,<br />
si tratta <strong>di</strong> imparare che cosa<br />
significa: le cinque W rappresentano<br />
e forzano l’ancoraggio del<br />
testo giornalistico alla fattualità<br />
dell’evento su cui s’informa. La<br />
stessa regola secondo la quale<br />
le idee si raccontano attraverso<br />
fatti e i fatti si raccontano attraverso<br />
personaggi si richiama a<br />
questo <strong>bisogno</strong> <strong>di</strong> concretezza: il<br />
giornalismo è in grado <strong>di</strong> cogliere<br />
la realtà se questa si presenta<br />
sotto forma <strong>di</strong> atto manifesto o<br />
<strong>di</strong> dato quantificabile. Sarebbe<br />
utile una conoscenza minima dei<br />
valori notizia. È chiaro che poi<br />
sono <strong>di</strong>sponibili forme <strong>di</strong>verse<br />
<strong>di</strong> elaborazione dei testi, in ogni<br />
caso riconducibili a dei modelli.<br />
Per quanto riguarda il confronto<br />
con giornali effettivamente<br />
in circolazione, vorrei suggerire<br />
la lettura dell’International Herald<br />
tribune, per due ragioni:<br />
è un prodotto del giornalismo<br />
americano, che resta il migliore<br />
del mondo (almeno per l’élite<br />
delle gran<strong>di</strong> testate); per la sua<br />
funzione tende a proporre testi<br />
costruiti su modelli-base, quin<strong>di</strong><br />
<strong>di</strong> efficace valore <strong>di</strong>dattico.<br />
L’accento che lei pone sul reporting<br />
mi pare sposti l’attenzione dal commento<br />
alla cronaca, ma la strada<br />
più praticabile nella <strong>di</strong>dattica sembra<br />
piuttosto quella del commento.<br />
oltretutto, insegnare a raccogliere<br />
<strong>di</strong>rettamente le informazioni, e poi a<br />
capire cosa faccia notizia tra quelle<br />
raccolte – ammesso che ci si possa<br />
« la bella scrittura<br />
conta assai poco<br />
nel giornalismo »<br />
riuscire – sembra un’attività improbabile,<br />
tra i corridoi d’una scuola…<br />
Invece, la necessità <strong>di</strong> spremere il<br />
dossier all’esame per un “articolo”,<br />
spinge a far cercare dei modelli tra<br />
gli e<strong>di</strong>toriali e le rubriche. Delimitiamo<br />
allora il campo in modo più<br />
netto: quali ferri del suo mestiere potrebbero<br />
entrare anche nella cassetta<br />
degli attrezzi dell’insegnante, e poi<br />
in quella dello studente, facendo in<br />
modo che i due mestieri non rischino<br />
una banalizzazione che, a ben vedere,<br />
sarebbe reciproca?<br />
« cosa sarebbe<br />
la conoscenza<br />
della realtà,<br />
del mondo,<br />
senza i giornali?»<br />
L’aspetto ri<strong>di</strong>colo della prova<br />
d’esame è che impegna gli studenti<br />
su un terreno che nella<br />
professione è riservato ai giornalisti<br />
esperti e affermati – <strong>di</strong><br />
norma un giornalista arriva a<br />
scrivere gli e<strong>di</strong>toriali dopo un<br />
certo tirocinio con il lavoro <strong>di</strong><br />
cronaca. Anche quando non si<br />
avvale <strong>di</strong> una specifica preparazione<br />
teorica, ha però alle spalle<br />
un appren<strong>di</strong>stato empirico. <strong>Il</strong> rischio<br />
per gli studenti è che si risolva<br />
la prova in chiave <strong>di</strong> <strong>di</strong>vulgazione,<br />
mentre la <strong>di</strong>vulgazione<br />
è il contrario del giornalismo.<br />
La soluzione sarebbe impegnare<br />
gli studenti sul terreno del reporting,<br />
fornendo nel dossier note<br />
<strong>di</strong> agenzia e altri dati relativi a<br />
un evento; ma ciò accade con<br />
l’esame <strong>di</strong> Stato per i giornalisti<br />
professionisti: avremmo il<br />
paradosso <strong>di</strong> una prova della<br />
maturità con gli stessi caratteri<br />
<strong>di</strong> un esame <strong>di</strong> Stato. Questo è il<br />
risultato del modernismo comodo<br />
della burocrazia ministeriale.<br />
In ogni caso, visto che l’esame<br />
c’è e che bisogna pur prepararlo,<br />
un compromesso <strong>di</strong>gnitoso<br />
può essere stu<strong>di</strong>are i rapporti tra<br />
cronaca e commento. In realtà<br />
il commento non è svincolato<br />
dall’esigenza <strong>di</strong> aderire ai fatti<br />
– semplicemente ammette l’esercizio<br />
<strong>di</strong> opinioni, esplicitamente<br />
<strong>di</strong>chiarate. Mi spiego con un<br />
aneddoto: quando Alberto Ronchey,<br />
allora corrispondente da<br />
Mosca, scrisse il suo primo e<strong>di</strong>toriale<br />
per «La Stampa», sulla crisi<br />
economica che strozzava l’Urss,<br />
gli venne bocciato, perché troppo<br />
dotto e professorale. L’allora<br />
<strong>di</strong>rettore, Giulio de Benedetti,<br />
lo invitò ad andare al mercato e<br />
raccontare la crisi fra la gente.<br />
Ne uscì un fondo partendo dal<br />
caso <strong>di</strong> una vecchina che voleva<br />
comprare un cocomero; dall’episo<strong>di</strong>o<br />
personale si risaliva al<br />
fenomeno più generale.<br />
Lei <strong>di</strong>ce che sia pure con l’intelligenza<br />
dentro la scrittura, ma senza<br />
il cuore del reporting, perfino un<br />
commento sarà “impossibile”, nel<br />
senso delle famose Interviste <strong>di</strong> Eco,<br />
<strong>di</strong> Calvino, appunto impossibili<br />
– che però ci fanno riflettere criticamente,<br />
<strong>di</strong>vertendoci, molto più <strong>di</strong><br />
certe interviste possibili compiacenti!<br />
Lasciando da parte i velleitarismi<br />
ministeriali che lei stigmatizza, resta<br />
che la scuola italiana, da Rodari<br />
alla Zamponi, a tanti altri, ha già<br />
in<strong>di</strong>cato strade alternative sia al<br />
tema, sia alle scritture strettamente<br />
funzionali (appunti ecc.), senza<br />
per questo voler creare narratori,<br />
enigmisti o poeti <strong>di</strong> mestiere. Ciò che<br />
conta <strong>di</strong> più, insomma, mi pare sia<br />
l’appren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> una logica, <strong>di</strong><br />
un processo. oltre a quello sulle cose<br />
da non fare per i colleghi, è proprio<br />
impensabile un capitolo ipotetico nel<br />
suo bel Manuale del giornalista<br />
– e<strong>di</strong>to da Donzelli – sulle cose da<br />
fare, per insegnanti e studenti non<br />
giornalisti?<br />
È quasi inevitabile che gli insegnanti<br />
preferiscano le interviste<br />
impossibili a quelle reali, o<br />
almeno <strong>di</strong>chiarino questa preferenza.<br />
Provi a domandarsi che<br />
cosa accadrebbe se l’informazione<br />
fosse fatta <strong>di</strong> interviste impossibili.<br />
C’è un certo snobismo<br />
dei professori, in questo atteggiamento:<br />
trovandosi fra i pie<strong>di</strong><br />
questo ingombro, tendono<br />
a padroneggiarlo con i propri<br />
strumenti, con la propria tra<strong>di</strong>zione,<br />
piuttosto che cercare<br />
veramente <strong>di</strong> comprenderne almeno<br />
le basi. Le ho citato Lippmann,<br />
proviamo a leggerlo. Se,<br />
alla fine, lei mi contrappone,<br />
con garbata ironia, le interviste<br />
impossibili – che personalmente<br />
ho sempre trovato un genere<br />
piuttosto scadente – il <strong>nostro</strong><br />
rischia <strong>di</strong> essere un <strong>di</strong>alogo fra<br />
sor<strong>di</strong>. Come <strong>di</strong>rlo? <strong>Il</strong> giornalismo<br />
non è letteratura. Quanto<br />
al capitolo che mi invita a scrivere,<br />
non lo scriverò, perché<br />
non sono un insegnante, non<br />
possiedo i suoi strumenti. Però<br />
le offro un punto d’ingresso<br />
nell’universo del giornalismo,<br />
per i suoi studenti: provate a<br />
chiedervi cosa sarebbe la vostra<br />
conoscenza della realtà, del<br />
mondo, senza i giornali. Lei<br />
contrappone le interviste impossibili<br />
che farebbero riflettere<br />
criticamente <strong>di</strong>vertendo<br />
– e vabbè, passi! – alle interviste<br />
compiacenti. Ma cosa intende<br />
per inter vista compiacente?<br />
L’intervista <strong>di</strong> Pansa a Berlinguer,<br />
segretario dei comunisti<br />
italiani, che negli anni Settanta<br />
produsse un mezzo sconquasso<br />
nella sinistra, venne rivista<br />
dall’intervistato quasi riga per<br />
riga: ciò significa che fosse compiacente?<br />
Provate a chiedervi:<br />
quali sono le fonti della nostra<br />
conoscenza <strong>di</strong> ciò che accade<br />
nel mondo? Quando <strong>di</strong>scutete,<br />
come <strong>di</strong>scuterete, <strong>di</strong> Bush e<br />
Saddam, della guerra e della pace,<br />
del Papa e <strong>di</strong> Berlusconi, dei<br />
no global e del calcio, da dove<br />
prendete le informazioni che vi<br />
permettono <strong>di</strong> elaborare delle<br />
idee e formulare dei giu<strong>di</strong>zi? <strong>Il</strong><br />
punto è che <strong>di</strong> fronte al problema<br />
delle interviste – per restare<br />
in tema –, invece <strong>di</strong> porsi degli<br />
interrogativi sulla tecnica <strong>di</strong><br />
questo genere, che è in assoluto<br />
il più tecnico <strong>di</strong> tutti gli strumenti<br />
giornalistici, si liquida<br />
la cosa con un giu<strong>di</strong>zio esterno<br />
(interviste compiacenti) e ci si<br />
rifugia nel comodo escamotage<br />
letterario delle interviste impossibili<br />
– perché lì l’insegnante <strong>di</strong><br />
lettere si sente a suo agio, certo<br />
della sua attrezzatura. Ma se<br />
vuole occuparsi <strong>di</strong> giornalismo,<br />
l’insegnante dovrebbe stu<strong>di</strong>arlo.<br />
O no? •<br />
Alberto Papuzzi (Bolzano, 1942) è<br />
caporedattore della sezione “Cultura<br />
e Spettacoli” del quoti<strong>di</strong>ano «La<br />
Stampa». Ha insegnato teoria e<br />
tecniche del linguaggio giornalistico<br />
all’Università <strong>di</strong> torino. Fra i suoi<br />
libri: <strong>Il</strong> provocatore, Einau<strong>di</strong>,<br />
torino 1976, Portami su quello<br />
che canta, Einau<strong>di</strong>, torino 1977,<br />
Professione giornalista, Donzelli,<br />
Roma 1998. Ha curato l’Autobiografia<br />
<strong>di</strong> Norberto Bobbio (Laterza,<br />
Bari 1997).<br />
3
Documento<br />
degli<br />
specializzan<strong>di</strong><br />
SSiS <strong>di</strong> Torino<br />
Chichibìo<br />
Numero 21/22 – anno V, gennaio-aprile 2003<br />
Rie<strong>di</strong>zione elettronica a cura <strong>di</strong> Palumbo multime<strong>di</strong>a<br />
«Era una notte buia e tempestosa»<br />
Creatività e ragione nella scrittura<br />
Silvia Ferraresso<br />
L’<br />
attenzione sull’appren<strong>di</strong>mento<br />
della scrittura si è<br />
potenziata negli ultimi anni,<br />
nella consapevolezza <strong>di</strong> compiti<br />
ed abilità mentali <strong>di</strong>versi a<br />
cui fa riferimento. Aumentano<br />
ultimamente le pubblicazioni<br />
sulla scrittura creativa e si attivano<br />
corsi, spesso gestiti da<br />
scrittori professionisti, linguisti<br />
o insegnanti, che ottengono vasto<br />
consenso. Nelle scuole elementari<br />
nazionali la scrittura<br />
creativa è abbastanza frequente,<br />
con risultati lodevoli e testimonianze<br />
prestigiose, i bambini<br />
danno spazio alla loro creatività,<br />
giocano con le parole, si<br />
affidano al loro istinto lu<strong>di</strong>co.<br />
Alle superiori questa pratica<br />
può esprimere al meglio potenzialità<br />
<strong>di</strong>dattiche e pedagogiche<br />
se abbinata ad una lettura<br />
letteraria esperta e consapevole,<br />
che <strong>di</strong>a cre<strong>di</strong>to alle parole<br />
dello scrittore e che comporti<br />
<strong>di</strong>sponibilità ed accettazione<br />
della finzione, nel rifiuto delle<br />
moderne pratiche <strong>di</strong> speed rea<strong>di</strong>ng<br />
(lettura veloce). Occorre<br />
consapevolezza narratologica,<br />
capacità <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduazione dei<br />
segni del testo, comprensione<br />
della funzione fabulatrice. La<br />
narrazione letteraria nei suoi<br />
elementi costitutivi viene utilizzata<br />
come modello, facendo<br />
entrare in gioco la libertà<br />
<strong>di</strong> pensiero. Lettura e scrittura<br />
<strong>di</strong>ventano elementi <strong>di</strong> un processo<br />
unico d’assimilazione e<br />
<strong>di</strong> scambio d’idee. Pratiche <strong>di</strong><br />
scrittura creativa si traducono<br />
in utile strumento per acquisire<br />
competenze letterarie e linguistiche,<br />
in quanto temi e forma<br />
<strong>di</strong>vengono oggetto <strong>di</strong> scrittura.<br />
È proficuo proporre obiettivi<br />
ben definiti, graduali su cui<br />
avviare frequenti esercitazioni.<br />
Una vasta serie d’esercizi costituisce<br />
l’altro elemento car<strong>di</strong>ne<br />
per l’appren<strong>di</strong>mento della scrittura<br />
creativa, occorre scrivere<br />
parecchio, anche stilando testi<br />
brevi, dando consuetu<strong>di</strong>ne all’operazione<br />
<strong>di</strong> revisione e <strong>di</strong><br />
emulazione.<br />
Dando centralità all’esercitazione<br />
collettiva in classe, gli studenti<br />
esprimono il meglio <strong>di</strong> lo-<br />
ro in un contesto socializzante;<br />
il lavoro comunitario, il mettere<br />
insieme proposte e soluzioni<br />
rende evidente il significato comunicativo<br />
della scrittura, che<br />
si esprime in un incisivo contesto<br />
sociale: l’ambiente-scuola.<br />
Rendere note le <strong>di</strong>fficoltà e le<br />
contromisure contribuisce all’appropriazione<br />
<strong>di</strong> un’efficace<br />
consapevolezza del processo<br />
<strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento. <strong>Il</strong> carattere<br />
frequentemente lu<strong>di</strong>co <strong>di</strong> questa<br />
modalità espressiva non ne<br />
esaurisce le potenzialità, ma costituisce<br />
<strong>di</strong> certo un incentivo<br />
alla motivazione.<br />
Presento come esempio un<br />
testo (che ha le vantaggiose caratteristiche<br />
della brevità, utili<br />
in questa sede) <strong>di</strong> un ragazzo<br />
<strong>di</strong> prima superiore dell’ITIS «V.<br />
Volterra» <strong>di</strong> San Donà <strong>di</strong> Piave.<br />
In classe ho favorito il meccanismo<br />
della scoperta, nella volontà<br />
d’evitare <strong>di</strong> trasmettere<br />
conoscenze già pronte ed ho<br />
fatto in<strong>di</strong>viduare agli studenti le<br />
particolarità espressive del “flusso<br />
<strong>di</strong> coscienza”. Essi hanno notato<br />
la mancanza dei segni d’interpunzione,<br />
l’importanza dei<br />
connettivi, lo scar<strong>di</strong>namento<br />
della struttura logico-sintattica,<br />
la frequente presenza <strong>di</strong> ampie<br />
<strong>di</strong>gressioni, la presentazione del<br />
pensiero nella sua durata. Nelle<br />
esercitazioni ho in<strong>di</strong>cato dei<br />
criteri che vincolassero l’atto<br />
Negli ultimi mesi si è molto<br />
parlato su Chichibìo dell’esperienza<br />
formativa<br />
delle SSIS. Oggi il destino professionale<br />
degli specializzati e<br />
specializzan<strong>di</strong> è quanto mai incerto:<br />
assorbiti a tempo pieno in<br />
un percorso formativo <strong>di</strong> grande<br />
impegno, ci troviamo a doverci<br />
destreggiare in una giungla legislativa<br />
in continua evoluzione,<br />
nonché assolutamente priva <strong>di</strong><br />
punti <strong>di</strong> riferimento. Per questo<br />
siamo rimasti silenti, fino a quando<br />
l’approvazione del <strong>di</strong>segno <strong>di</strong><br />
legge n. 1306 presentato al Senato<br />
il 13 novembre scorso, non ci<br />
ha posti seriamente in allarme:<br />
l’articolo 5 infatti sottintende la<br />
cancellazione delle SSIS. Come<br />
se non bastasse le immissioni in<br />
ruolo sono sostanzialmente bloccate<br />
ormai da tempo, con la conseguente<br />
impossibilità <strong>di</strong> trovare<br />
una soluzione seria e sensata al<br />
precariato.<br />
La SSIS <strong>di</strong> Torino sta portando<br />
avanti in queste settimane una serie<br />
<strong>di</strong> iniziative volte a sensibilizzare<br />
gli organi politici, sindacali<br />
e giornalistici in merito ai danni<br />
strutturali che rischia <strong>di</strong> subire<br />
il sistema scolastico italiano: la<br />
creativo a livello contestuale e<br />
cognitivo: in questo caso bisognava<br />
pensarsi in una situazione<br />
favorevole alla riflessione e<br />
scegliere degli elementi, anche<br />
ricorrenti, che permettessero<br />
<strong>di</strong>vagazioni.<br />
Questo è il risultato:<br />
Mi sembra <strong>di</strong> essere qui con lei<br />
benché sia passato molto tempo il<br />
profumo che mi ha regalato anche se<br />
ormai finito continuo a tenerlo qui<br />
« la creatività<br />
non si esplica<br />
svincolata<br />
dalla sorveglianza<br />
della ragione »<br />
sul mobiletto ma lei mi penserà ancora<br />
quanti momenti belli trascorsi insieme<br />
ma ormai è tutto finito perfino<br />
in <strong>di</strong>scoteca non smetto un attimo <strong>di</strong><br />
guardarla quando balla sul cubo è<br />
così bella poi stasera esco e mi metto<br />
una delle tante magliette che mi ha<br />
regalato benché se mi vedesse non<br />
farebbe niente per salutarmi inoltre<br />
quel profumo è stato il suo primo<br />
regalo quanto vorrei solo per un’ora<br />
appena riaverla ancora solo per me<br />
ma so che non sarà mai possibile.<br />
manifestazione nazionale svoltasi<br />
a Roma il 15 novembre scorso è<br />
stata il primo passo per ottenere<br />
visibilità e riven<strong>di</strong>care un equo<br />
riconoscimento del <strong>nostro</strong> percorso<br />
formativo. Nelle settimane<br />
seguenti sono state poste le basi<br />
per un <strong>di</strong>alogo aperto e sereno<br />
con le istituzioni: in questa <strong>di</strong>rezione<br />
vanno le lettere pubblicate<br />
su varie testate giornalistiche e<br />
gli incontri con alcuni esponenti<br />
del Parlamento e del governo.<br />
Date le polemiche sollevatesi<br />
da più parti nei mesi scorsi, vorremmo,<br />
in quanto <strong>di</strong>rettamente<br />
coinvolti nella vicenda, puntualizzare<br />
che il percorso <strong>di</strong> queste<br />
scuole prevede:<br />
1. esame <strong>di</strong> ammissione basato<br />
sui programmi del concorso<br />
or<strong>di</strong>nario;<br />
2. due anni <strong>di</strong> frequenza obbligatoria<br />
per un totale <strong>di</strong> 1200<br />
ore;<br />
3. valutazioni in itinere ed esame<br />
annuale per ciascun corso<br />
previsto dall’or<strong>di</strong>namento <strong>di</strong><br />
ogni classe <strong>di</strong> concorso;<br />
4. ogni corso prevede un doppio<br />
canale <strong>di</strong> valutazione: il primo<br />
sul piano strettamente <strong>di</strong>sciplinare<br />
a cura del docente uni-<br />
<strong>Il</strong> testo testimonia l’acquisizione<br />
degli aspetti formali più<br />
significativi. Una scrittura <strong>di</strong><br />
questo tipo è una realizzazione<br />
originale. La presenza <strong>di</strong> un attivo,<br />
partecipe processo <strong>di</strong> pensiero<br />
dà spazio alle esperienze<br />
personali e agli elementi emotivi<br />
e analogici. L’atto creativo si<br />
esplica nell’istituzione <strong>di</strong> collegamenti<br />
ine<strong>di</strong>ti tra le situazioni<br />
e nell’accettazione <strong>di</strong> una visione<br />
più fluida delle cose; si mo<strong>di</strong>ficano<br />
consapevolmente i dati<br />
dell’esperienza e, nel rifiuto del<br />
conformismo, si danno forma a<br />
nuove corrispondenze.<br />
Nel lavoro seguente, <strong>di</strong> cui<br />
propongo solo uno spezzone,<br />
ho fatto adottare dalla scolaresca<br />
la metodologia che Calvino<br />
nel capitolo Visibilità contenuto<br />
in Lezioni americane propone come<br />
propria: ovvero raccontare<br />
verbalmente partendo dall’osservazione<br />
<strong>di</strong> quadri celebri o<br />
<strong>di</strong> figure che ispirino emozioni.<br />
Un ragazzo che ha scelto il quadro<br />
L’urlo <strong>di</strong> Munch ha scientemente<br />
applicato la strategia<br />
narrativa del narratore e del<br />
punto <strong>di</strong> vista interno per dare<br />
espressione ad una sequenza<br />
riflessiva dal ritmo incalzante:<br />
Sarò forse stato creato per rappresentare<br />
la sofferenza? <strong>Il</strong> blu<br />
dell’acqua, il verde dell’erba ed il<br />
rosso sanguigno del cielo durante<br />
il tramonto al mio occhio simboleg-<br />
versitario incaricato, il secondo<br />
sul piano <strong>di</strong>dattico a cura <strong>di</strong> un<br />
docente <strong>di</strong> ruolo nella scuola statale<br />
che collabora con la SSIS;<br />
5. laboratori obbligatori <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>mento;<br />
6. tesi finale per ciascuna classe<br />
<strong>di</strong> abilitazione;<br />
7. esame finale abilitante all’insegnamento<br />
con valore concorsuale;<br />
8. 300 ore <strong>di</strong> tirocinio da effettuarsi<br />
nel corso dei due anni<br />
presso scuole statali;<br />
9. materie <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o in ambito<br />
<strong>di</strong>dattico, psico-pedagogico, sociologico<br />
e docimologico.<br />
L’impegno intellettuale, le<br />
ore <strong>di</strong> frequenza, lo stu<strong>di</strong>o e la<br />
spesa richiesti dalla Scuola <strong>di</strong><br />
Specializzazione sono ingenti<br />
e gravosi. Per affrontarli sono<br />
necessari notevoli sacrifici: per<br />
questo riteniamo che il punteggio<br />
riconosciuto all’abilitazione<br />
rilasciata dalla SSIS sia solo in<br />
parte rispondente all’impegno<br />
profuso e alla preparazione ricevuta.<br />
Onde fugare i dubbi relativi<br />
al punteggio previsto vogliamo<br />
puntualizzare che:<br />
a) i 30 punti dell’abilitazione<br />
SSIS sono la risultante <strong>di</strong>: 12<br />
giano la purezza della natura che,<br />
consapevole della sua forza, decide<br />
il corso degli eventi e non li subisce,<br />
come invece sto facendo io. E, cosa<br />
più importante, non si dà mai per<br />
vinta… Mi sento talmente solo ed<br />
incompreso, che in questo momento<br />
potrei commettere qualche pazzia.<br />
Molte volte da questo maestoso e<br />
quasi surreale ponte mi sarei voluto<br />
gettare, ma la paura <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare<br />
la mia vita me lo impe<strong>di</strong>sce, dandomi<br />
<strong>di</strong> nuovo una ragione <strong>di</strong> sopravvivenza…<br />
A volte vorrei gridare a<br />
tutto ed a tutti la <strong>di</strong>sperazione che<br />
porto nell’anima, e che mi opprime<br />
portandomi quasi alla pazzia. Penso<br />
proprio che prima o poi lo farò,<br />
sì, lo farò. Forse anche subito…<br />
Attraverso <strong>di</strong>verse tecniche <strong>di</strong><br />
scrittura gli alunni apprendono<br />
che una stessa vicenda può<br />
essere espressa in mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi<br />
e che ad una scelta stilistica corrisponde<br />
un affinamento del<br />
pensiero e del ragionamento, la<br />
narrazione creativa è <strong>di</strong> conseguenza<br />
un’operazione completa<br />
e critica. <strong>Il</strong> ricorso all’emulazione<br />
ed all’allenamento specifico<br />
con scopi definiti rende l’appren<strong>di</strong>mento<br />
consapevole ed<br />
attivo. Gli alunni acquisiscono<br />
un vantaggioso schema d’appren<strong>di</strong>mento,<br />
anche teorico,<br />
secondo il quale bisogna mettere<br />
a fuoco gli scopi, misurarsi<br />
concretamente con le <strong>di</strong>fficoltà,<br />
attuare delle scelte che in fase<br />
successiva possono essere perfezionate.<br />
Una produzione nuova, ine<strong>di</strong>ta,<br />
ha <strong>bisogno</strong> <strong>di</strong> dati <strong>di</strong> partenza<br />
su cui lavorare e <strong>di</strong> una<br />
serie <strong>di</strong> vincoli testuali, cognitivi,<br />
situazionali che in<strong>di</strong>rizzino<br />
la creatività. L’impegno costruttivo<br />
deve essere valutato dal docente,<br />
la creatività non si esplica<br />
svincolata dalla sorveglianza<br />
della ragione, ma appartiene<br />
ad in<strong>di</strong>vidui che cuciono insieme<br />
dati formali e narratologici,<br />
elaborazione del pensiero e ricezione<br />
attiva, favorendo abilità<br />
con le caratteristiche della persistenza<br />
e della completezza. •<br />
punti per il primo anno +12<br />
punti per il secondo anno (pari<br />
al punteggio <strong>di</strong> due anni <strong>di</strong><br />
servizio nelle scuole) + 6 punti<br />
relativi all’abilitazione;<br />
b) essi sono stati sanciti dal<br />
Decreto Interministeriale n. 268<br />
del /06/2001, e la loro legittimità<br />
riba<strong>di</strong>ta dalla sentenza del<br />
TAR del Lazio del 20/05/2002<br />
secondo il principio della compensazione<br />
«in sostituzione della<br />
borsa <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o o <strong>di</strong> retribuzione,<br />
nonché dell’esonero dall’espletamento<br />
dell’attività <strong>di</strong> istituto».<br />
In considerazione dei fatti citati,<br />
chie<strong>di</strong>amo a tutti gli organi <strong>di</strong><br />
stampa, a tutti i rappresentanti<br />
delle parti politiche e sociali,<br />
alle scuole e ai nostri colleghi<br />
insegnanti <strong>di</strong>:<br />
a) battersi per una migliore<br />
qualità del sistema scolastico, che<br />
rischia seriamente <strong>di</strong> essere compromessa<br />
dalla “logica dei tagli”<br />
messa in opera dal governo;<br />
b) rilanciare e sostenere con<br />
forza l’esperienza formativa delle<br />
SSIS.<br />
Gli specializzan<strong>di</strong> SSIS<br />
<strong>di</strong> Torino<br />
Chichibìo<br />
Numero 21/22 – anno V, gennaio-aprile 2003<br />
Rie<strong>di</strong>zione elettronica a cura <strong>di</strong> Palumbo multime<strong>di</strong>a<br />
Dal senso comune al sapere<br />
Letture e conoscenza<br />
Maria Luisa Jori<br />
Alle classi terminali della<br />
scuola superiore gli studenti,<br />
e soprattutto le<br />
studentesse, non sempre arrivano<br />
così <strong>di</strong>giuni/e <strong>di</strong> letture<br />
narrative quanto si legge nelle<br />
statistiche sulla <strong>di</strong>ffusione della<br />
lettura in Italia. Intanto bisogna<br />
ammettere che, anche se<br />
si proclama che la scuola non<br />
funziona, non <strong>di</strong> rado, qualora si<br />
tratti pure <strong>di</strong> giovani poco o per<br />
niente amanti del libro, allievi e<br />
allieve giungono all’ultimo anno<br />
dell’istruzione secondaria con<br />
almeno una minima dotazione<br />
<strong>di</strong> letture eseguite per obbligo<br />
durante il curriculum scolastico.<br />
Ma ci sono anche i casi in cui,<br />
soprattutto da parte delle ragazze,<br />
accanto allo stu<strong>di</strong>o scolastico<br />
sono state frequentate privatamente<br />
letture scelte e condotte<br />
per il piacere della narrazione.<br />
C’è <strong>di</strong> tutto in questo genere<br />
<strong>di</strong> fruizione libera, basata sulle<br />
esigenze in<strong>di</strong>viduali ed adolescenziali<br />
<strong>di</strong> intrattenimento: dai<br />
romanzi rosa a quelli polizieschi,<br />
narrazioni ps<strong>eu</strong>dopsicologiche,<br />
paraletteratura <strong>di</strong> tutti i generi<br />
insomma, in mezzo alla quale<br />
capita però <strong>di</strong> incontrare qualche<br />
opera contemporanea più<br />
vicina alla qualità letteraria, come<br />
per esempio la produzione<br />
<strong>di</strong> scrittori giovani, emergenti e<br />
pubblicizzati tramite i me<strong>di</strong>a, come<br />
Culicchia o Baricco o Brizzi<br />
oppure Ammanniti. Ma studenti<br />
e studentesse pur dotati/e del<br />
gusto della lettura <strong>di</strong>fficilmente<br />
sono in grado <strong>di</strong> parlare dei loro<br />
libri pre<strong>di</strong>letti, che hanno usato<br />
per immedesimarsi in situazioni<br />
e forme <strong>di</strong> vita possibili e per<br />
trovare conferme alle proprie<br />
emozioni nel loro affacciarsi all’esistenza.<br />
Anche se l’avventura<br />
dell’immaginazione è sempre<br />
proficua per la formazione e<br />
umanamente arricchente (esercita<br />
la riflessione sull’esperienza<br />
e allena le facoltà creative), se<br />
rimane a questo livello <strong>di</strong> ingenuità<br />
la lettura non promuove<br />
la crescita della conoscenza, cioè<br />
non favorisce l’elevazione del<br />
senso comune in sapere.<br />
Insegnare la cultura del Novecento<br />
dal punto <strong>di</strong> vista letterario<br />
fino alla nostra contemporaneità<br />
non può non<br />
comportare la<br />
formazione <strong>di</strong> capacitàinterpretative<br />
– in testi prodotti<br />
da scrittori<br />
del <strong>nostro</strong> tempo<br />
– delle concezioni<br />
del mondo,<br />
tra le quali si<br />
svolge la nostra<br />
vita. Prima <strong>di</strong><br />
tutto quin<strong>di</strong> non<br />
possiamo lasciare<br />
uscire dalla scuola<br />
secondaria i<br />
giovani senza<br />
averli avvicinati<br />
almeno a qualche<br />
accessibile<br />
opera contemporanea,<br />
letta con<br />
riflessione e interpretata<br />
con la<br />
guida <strong>di</strong> un lettore<br />
esperto qual<br />
è l’insegnante.<br />
Ma ancora più<br />
importante forse<br />
è recuperare le<br />
letture <strong>di</strong> chi ha<br />
fruito liberamente<br />
delle narrazioni<br />
romanzesche<br />
per il puro gusto<br />
adolescenziale <strong>di</strong><br />
vivere con l’immaginazione<br />
in<br />
mon<strong>di</strong> possibili. Sarebbe un grave<br />
errore per un docente <strong>di</strong> letteratura<br />
trascurare il patrimonio<br />
<strong>di</strong> esperienze <strong>di</strong> lettura dei propri<br />
allievi e delle proprie allieve,<br />
limitando l’insegnamento del<br />
Novecento ai testi <strong>di</strong> un rispettabile,<br />
ma rigidamente preconfezionato,<br />
programma scolastico.<br />
L’insegnante <strong>di</strong> Italiano deve invece<br />
cercare <strong>di</strong> conoscere quali<br />
libri ogni studente della propria<br />
classe ha letto per proprio conto,<br />
riconoscerli come risorse valide<br />
nel tortuoso processo <strong>di</strong> formazione<br />
culturale dell’in<strong>di</strong>viduo, e<br />
in<strong>di</strong>viduare tra questi i più significativi,<br />
anche se minori, rispetto<br />
al canone letterario, e/o rappre-<br />
« bisogna<br />
orientare i ragazzi<br />
tra le molteplici<br />
letture che<br />
<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>natamente<br />
offre loro<br />
la carta stampata »<br />
sentativi della vita e della cultura<br />
attuale. Oggi infatti più che mai<br />
bisogna orientare i ragazzi e le<br />
ragazze tra le molteplici letture<br />
che <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>natamente offre<br />
loro il facile accesso al mondo<br />
della carta stampata. Non deve<br />
essere <strong>di</strong>sprezzata l’esplorazione<br />
anche onnivora, ma è necessario<br />
offrire occasioni e strumenti<br />
per far scoprire la <strong>di</strong>fferenza tra<br />
quanto è valido per approfon<strong>di</strong>re<br />
le conoscenze e quanto invece<br />
costituisce soltanto un piacevole<br />
strumento <strong>di</strong> consumo, un passatempo<br />
o una semplice – ma<br />
rassicurante – conferma dei propri<br />
fantasmi. Se solo sulle letture<br />
del primo tipo l’insegnante può<br />
contare per introdurre i <strong>di</strong>scenti,<br />
attraverso analisi e riflessioni<br />
guidate, all’interpretazione della<br />
cultura contemporanea, la fruizione<br />
della narrativa più commerciale<br />
costituisce comunque<br />
un utile termine <strong>di</strong> confronto<br />
per far riconoscere la qualità artistica,<br />
originale, innovativa, significativamente<br />
espressiva della<br />
comunicazione letteraria.<br />
Una classificazione dei romanzi<br />
del Novecento secondo<br />
gli stili e i soggetti trattati, a<br />
cui conduce lo stu<strong>di</strong>o critico<br />
della letteratura del Novecento,<br />
esercita l’attenzione dei giovani<br />
a in<strong>di</strong>viduare il rapporto tra<br />
tra<strong>di</strong>zione e innovazione anche<br />
nei testi narrativi, ai quali in<br />
passato si sono avvicinati magari<br />
casualmente o, più spesso, in<br />
conformistica ottemperanza alle<br />
scelte circolanti nel gruppo dei<br />
pari. Prima <strong>di</strong> tutto il compito<br />
dell’insegnante consiste però<br />
nel far richiamare alla memoria<br />
il contenuto e il linguaggio dei<br />
libri pre<strong>di</strong>letti, che <strong>di</strong> solito hanno<br />
lasciato nei ragazzi e nelle ragazze<br />
soltanto una traccia emozionale<br />
e nessuna conoscenza<br />
oggettiva. Dunque gli studenti<br />
e le studentesse devono essere<br />
messi/e <strong>di</strong> fronte alla necessità<br />
<strong>di</strong> parlare dei libri letti, in modo<br />
da dover da una parte riscontrare<br />
in tali testi aspetti rivelatori<br />
della cultura e della mentalità<br />
contemporanea, e dall’altra<br />
in<strong>di</strong>viduare elementi stilistici<br />
e narrativi che permettano la<br />
descrizione delle singole opere.<br />
Quando infatti ingenui/e lettori<br />
e lettrici sono indotti/e a offrire<br />
informazioni sulle proprie letture<br />
si verifica necessariamente<br />
un cambiamento <strong>di</strong> prospettiva<br />
nei confronti <strong>di</strong> queste ultime:<br />
dall’incanto emozionale della<br />
fruizione edonistica essi/e allora<br />
passano alla considerazione<br />
oggettiva della forma e del<br />
contenuto della comunicazione<br />
narrativa.<br />
Finché la lettura (anche quella<br />
<strong>di</strong> opere <strong>di</strong> valore letterario) viene<br />
ricordata e definita soltanto<br />
per le sensazioni che ha saputo<br />
suscitare nel suo fruitore, essa si<br />
limita alla trasmissione, o meglio<br />
alla riconferma, in questo, del<br />
senso comune. Per tradursi in<br />
conoscenze e concorrere alla costruzione<br />
del sapere del lettore<br />
l’opera <strong>di</strong> narrativa deve poter<br />
essere da lui rievocata e descritta<br />
nella sua piena consistenza e<br />
qualità comunicativa, secondo<br />
criteri anche <strong>di</strong><br />
confronto con<br />
testi contemporanei<br />
e precedenti<br />
dello stesso<br />
o <strong>di</strong> analogo genere.<br />
La scuola<br />
che rinuncia a<br />
sfruttare come<br />
risorse per la formazioneculturale<br />
degli studenti<br />
le loro letture<br />
edonistiche, cioè<br />
a recuperarle alla<br />
conoscenza e<br />
capitalizzarle come<br />
sapere, limita<br />
quin<strong>di</strong> l’efficacia<br />
dell’educazione<br />
letteraria e fa sì<br />
che proprio quei<br />
giovani che tendono<br />
a <strong>di</strong>ventare<br />
adulti più seriamenteimpegnati<br />
si allontanino<br />
dalla lettura, come<br />
da un gioco<br />
che deve essere<br />
a b b a n d o n a t o<br />
con il superamento<br />
dell’età<br />
adolescenziale. •<br />
Passo doppio<br />
Libri per comprendere la cronaca<br />
Cinzia Spingola<br />
clandestini asfissiati<br />
nel tir». Così titolavano<br />
«Cinque<br />
il 1° settembre scorso le<br />
prime pagine dei giornali italiani.<br />
Clandestini prima che uomini; cur<strong>di</strong><br />
per puro accidente <strong>di</strong> cronaca,<br />
venuti a morire in Italia e per<br />
giunta a ridosso dell’11 settembre,<br />
un anno dopo. Già pronte<br />
le lacrime e le <strong>di</strong>rette satellitari<br />
da New York, poco spazio<br />
per altre pietà, nessuno per<br />
l’approfon<strong>di</strong>mento. In<strong>di</strong>fferenza<br />
incombente: una<br />
<strong>di</strong>sgrazia da sventurati come<br />
altre, senza colpevoli.<br />
Clandestini: ci si libera da<br />
ogni colpa addossandola<br />
interamente alle vittime. Cos’altro<br />
c’è da <strong>di</strong>re, cosa da capire?<br />
Uomini sotto il sole <strong>di</strong> Ghassan Kanafani,<br />
scritto nel 1963 ma ripubblicato<br />
<strong>di</strong> recente da Sellerio (Palermo<br />
2001, pp. 115, € 5,16), in<br />
poco meno <strong>di</strong> cento pagine narra<br />
la vicenda <strong>di</strong> un’altra fuga clandestina<br />
<strong>di</strong> tre profughi palestinesi<br />
verso il ricco Kuwait. Sul piano tematico,<br />
nonostante le <strong>di</strong>fferenze,<br />
il racconto richiama <strong>Il</strong> lungo viaggio<br />
<strong>di</strong> Leonardo<br />
Sciascia, un testo<br />
a n t o l o g i z z a t o<br />
in passato per<br />
le scuole me<strong>di</strong>e<br />
da riproporre<br />
oggi utilmente<br />
agli studenti più<br />
gran<strong>di</strong>. In questo<br />
gli emigranti<br />
siciliani, dopo<br />
un<strong>di</strong>ci notti <strong>di</strong><br />
viaggio per un mare dal “respiro<br />
<strong>di</strong> belva”, vengono sbarcati non<br />
in America, secondo gli accor<strong>di</strong>,<br />
ma nella Sicilia dalla cui in<strong>di</strong>genza<br />
volevano fuggire; in quello <strong>di</strong><br />
Kanafani invece il tragitto infernale<br />
ha un epilogo tragico come<br />
nella realtà dei nostri giorni. I tre<br />
uomini infatti – <strong>di</strong>visi tra pena per<br />
l’abbandono della loro terra e<br />
speranza per la nuova destinazione<br />
– moriranno asfissiati dentro<br />
un’autocisterna rovente, sotto il<br />
sole del deserto iracheno. Scrive<br />
Vincenzo Consolo nell’introduzione<br />
al bel racconto: «cos’è la letteratura,<br />
[…] imme<strong>di</strong>atamente o<br />
me<strong>di</strong>atamente, se non politica?» e<br />
subito – quasi a prevenire le obiezioni<br />
<strong>di</strong> qualcuno – aggiunge che<br />
naturalmente il linguaggio letterario,<br />
in modo <strong>di</strong>verso da altri, «fa sì<br />
che il fatto narrato sia quello storico,<br />
sia quello politico, ma insieme<br />
sia altro […] nel senso della generale<br />
ed eterna con<strong>di</strong>zione umana»<br />
(pp. 11-12). La “mala storia” e la<br />
cattiva politica si ricostruiscono<br />
attraverso i frequenti flashback che<br />
aprono sul passato dei clandestini<br />
finestre private e <strong>di</strong>sperate, comuni<br />
tuttavia a tanti loro simili<br />
(cur<strong>di</strong>, albanesi, pakistani, ecc.)<br />
senza riparo <strong>di</strong> fronte alla belva<br />
che si rivela per loro il mondo. Un<br />
libro prezioso, dunque, che da un<br />
lato, attraverso la speciale lente<br />
letteraria e il necessario rinvio<br />
alla storia <strong>di</strong> lungo periodo, rende<br />
più comprensibile la cronaca;<br />
dall’altro getta un ponte cre<strong>di</strong>bile<br />
nella scuola verso la letteratura interculturale,<br />
in questo caso quella<br />
araba, capace <strong>di</strong> cogliere in profon<strong>di</strong>tà<br />
alcune delle più scottanti<br />
contrad<strong>di</strong>zioni del mondo attuale.<br />
<strong>Il</strong> testo non indugia mai in descrizioni<br />
morbose o d’effetto e anzi le<br />
sequenze più drammatiche sono<br />
inchiodate alla scarna essenzialità<br />
dello stile; ogni in<strong>di</strong>fferenza<br />
« cos’è<br />
la letteratura,<br />
imme<strong>di</strong>atamente<br />
o me<strong>di</strong>atamente,<br />
se non politica? »<br />
tuttavia si spezza<br />
anche nel lettore (e<br />
nel citta<strong>di</strong>no) meno avvertito<br />
<strong>di</strong> fronte al pensiero martellante<br />
che nel capitolo conclusivo balena<br />
nella testa del camionista che per<br />
15 <strong>di</strong>nari ha traghettato i tre uomini<br />
verso la morte oltre frontiera<br />
e che ora «fissa le tenebre con le<br />
pupille sgrana-<br />
te»: «Perché non<br />
hanno battuto<br />
sulle pareti della<br />
cisterna?» (p.<br />
101).<br />
Perché? Palestina.<br />
Una nazione<br />
occupata, del<br />
maltese Joe Sacco<br />
(Mondadori,<br />
Milano 2002, pp.<br />
1 1, € 17,00) è un altro libro utile<br />
per capire che «c’è in tutta questa<br />
storia qualcosa <strong>di</strong> più forte che lo<br />
schifo». Di fronte ai quoti<strong>di</strong>ani<br />
orrori israelo-palestinesi, la sua<br />
lettura può aiutare a scuotere la<br />
rassegnata (e spesso in<strong>di</strong>spettita)<br />
noncuranza <strong>di</strong> tanti studenti (e<br />
non solo) cui in realtà sfuggono<br />
il senso e le ragioni <strong>di</strong> quella politica.<br />
Si tratta <strong>di</strong> un reportage a<br />
fumetti, dunque realistico e <strong>di</strong>rei<br />
quasi inospitale come la terra in<br />
cui è ambientato, prodotto dopo<br />
un soggiorno del suo autore nei<br />
Territori Occupati, tra il 1991 e il<br />
1992. A <strong>di</strong>spetto del suo genere,<br />
il libro – che testimonia fin nelle<br />
piccole cose la trage<strong>di</strong>a <strong>di</strong> un popolo<br />
– evita la leggerezza sia narrativa<br />
sia grafica, tenendosi alla<br />
larga da ogni epilogo consolatorio<br />
attualmente improbabile. Più<br />
<strong>di</strong> tutto colpiscono i <strong>di</strong>segni degli<br />
ulivi palestinesi <strong>di</strong>strutti, senza<br />
riparo dalla vendetta come le vite<br />
senza speranza dei più giovani.<br />
Nella prefazione, Edward W. Said<br />
considera le parole e i <strong>di</strong>segni<br />
poco accattivanti del fumetto <strong>di</strong><br />
Sacco un antidoto contro la <strong>di</strong>sinformazione<br />
me<strong>di</strong>atica e scrive: «<strong>Il</strong><br />
personaggio Joe è lì per immedesimarsi<br />
in loro, non solo perché<br />
Gaza è un posto così significativo<br />
nei suoi spazi espropriati, sovraffollati<br />
e al tempo stesso sra<strong>di</strong>cati,<br />
ma anche per affermare che bisogna<br />
darne conto in termini <strong>di</strong><br />
umanità». Ed è questo forse uno<br />
dei suoi meriti maggiori.<br />
Spiegare attraverso materiali <strong>di</strong>sciplinari<br />
(o a questi riconducibili)<br />
che anche nella cronaca c’è molto<br />
da capire è <strong>di</strong> certo un compito<br />
gravoso della scuola <strong>di</strong> massa, oggi<br />
del tutto inelu<strong>di</strong>bile per l’insegnamento<br />
della letteratura che resta<br />
una delle rare vie per ovviare alla<br />
frettolosa (e cinica) vaghezza dell’informazione.<br />
•<br />
5
6<br />
Chichibìo<br />
Numero 21/22 – anno V, gennaio-aprile 2003<br />
Rie<strong>di</strong>zione elettronica a cura <strong>di</strong> Palumbo multime<strong>di</strong>a<br />
Didattica dell’antico:<br />
stu<strong>di</strong>o della lingua o solo “civiltà”?<br />
Perché non possiamo rinunciare ai testi originali<br />
Massimo Bruno<br />
Prospettata anche in ambienti<br />
ministeriali (con “ministeriali”<br />
intendo riferirmi agli<br />
elementi <strong>di</strong> continuità <strong>di</strong> una<br />
linea Berlinguer-De Mauro-Moratti,<br />
che, lo <strong>di</strong>co con <strong>di</strong>spiacere,<br />
non sono né pochi né trascurabili)<br />
come una soluzione efficace e<br />
praticabile della crisi degli stu<strong>di</strong><br />
classici e come un loro necessario<br />
adeguamento a nuove e non<br />
ben precisate esigenze, la proposta<br />
<strong>di</strong> eliminare – o, almeno, <strong>di</strong><br />
ridurre fortemente – lo stu<strong>di</strong>o<br />
delle lingue antiche e, <strong>di</strong> conseguenza,<br />
la lettura dei testi in lingua<br />
originale, va nella <strong>di</strong>rezione<br />
<strong>di</strong> una sostanziale vanificazione<br />
della <strong>di</strong>dattica <strong>di</strong> queste <strong>di</strong>scipline,<br />
<strong>di</strong> una loro riduzione a mera<br />
e inutile parvenza, senz’altro più<br />
dannosa <strong>di</strong> una loro sostituzione<br />
con altre <strong>di</strong>scipline (per esempio<br />
lingue straniere) che potrebbero<br />
svolgere un ruolo altrettanto<br />
importante, anche se – mi pare<br />
fuor <strong>di</strong> dubbio – non equivalente.<br />
Di fatto l’eliminazione dello<br />
stu<strong>di</strong>o linguistico dal curricolo<br />
del Latino e del Greco è epistemologicamente<br />
insostenibile e<br />
quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>datticamente rovinosa.<br />
Nessuna utilizzazione <strong>di</strong>dattica,<br />
nessun criterio <strong>di</strong> utilità può travisare<br />
lo statuto epistemologico<br />
<strong>di</strong> una <strong>di</strong>sciplina, può cioè tra<strong>di</strong>re<br />
e snaturare la scienza e la<br />
ricerca che <strong>di</strong> quella <strong>di</strong>sciplina<br />
costituiscono il presupposto e<br />
il fondamento irrinunciabile; e<br />
questo vale, ovviamente, anche<br />
per le scienze umane. Anche nel<br />
<strong>nostro</strong> caso questa scienza esiste,<br />
con la sua storia, il suo linguaggio,<br />
i suoi meto<strong>di</strong>, ed è la filologia<br />
classica, che, al <strong>di</strong> là del significato<br />
tecnico più ristretto <strong>di</strong><br />
textkritik, si configura ormai da<br />
tempo (Wilamowitz e Pasquali<br />
sono i protagonisti del pieno<br />
compimento <strong>di</strong> tale mutamento<br />
<strong>di</strong> prospettiva) come storia della<br />
cultura e delle civiltà classiche<br />
attraverso le testimonianze scritte<br />
(in particolare, ma non solo,<br />
quelle letterarie), ed ha dunque<br />
nel documento scritto, cioè nei<br />
testi e nella lingua, il principale<br />
e imprescin<strong>di</strong>bile canale d’accesso<br />
al suo oggetto.<br />
Compreso dunque in un ambito<br />
<strong>di</strong>sciplinare che non può<br />
non essere quello linguisticoletterario,<br />
lo stu<strong>di</strong>o del Latino<br />
e del Greco ha svolto e può (deve?)<br />
continuare a svolgere – non<br />
certo in posizione dominante<br />
né tanto meno esclusiva, ma insieme<br />
all’Italiano e alle Lingue<br />
Straniere – un ruolo fondamentale<br />
e insostituibile per la formazione<br />
<strong>di</strong> persone che non solo<br />
abbiano piena consapevolezza<br />
delle matrici storiche della cultura<br />
italiana ed <strong>eu</strong>ropea, ma che<br />
<strong>di</strong>spongano anche degli strumenti<br />
linguistici e concettuali<br />
per muoversi agilmente nei vari<br />
campi del sapere, e in particolare<br />
proprio in quello dei saperi<br />
scientifici, i cui linguaggi sono<br />
ricchi <strong>di</strong> termini <strong>di</strong> derivazione<br />
greca o latina.<br />
Inoltre, in considerazione del<br />
fatto che – per usare una terminologia<br />
oggi <strong>di</strong> moda – la prima<br />
e imprescin<strong>di</strong>bile competenza<br />
“trasversale” è l’uso corretto ed<br />
efficace della lingua madre, allora<br />
lo stu<strong>di</strong>o dell’Italiano, se sostenuto,<br />
arricchito e potenziato<br />
da quello del Latino e del Greco,<br />
avrà una valenza formativa, ma<br />
anche, se si vuole, una “spen<strong>di</strong>bilità”<br />
pratica <strong>di</strong> profilo superiore.<br />
La conoscenza delle lingue<br />
classiche non ha quin<strong>di</strong> solo un<br />
valore strumentale, in quanto<br />
permette <strong>di</strong> accedere in lingua<br />
originale ai testi che sono alle ra<strong>di</strong>ci<br />
del <strong>nostro</strong> mondo culturale<br />
(sul piano non solo linguistico<br />
e letterario, ma anche su quello<br />
concettuale e valoriale): essa dà<br />
anche un contributo notevole, e<br />
non facilmente sostituibile con<br />
altri mezzi, ad un possesso della<br />
lingua italiana che si realizzi in<br />
« l’insegnamento<br />
del Latino e del Greco<br />
non è soltanto<br />
una nobile tra<strong>di</strong>zione<br />
da conservare »<br />
termini <strong>di</strong> padronanza lessicale,<br />
correttezza ed efficacia espressiva,<br />
competenza nei vari linguaggi<br />
specialistici, e come strumento<br />
non solo <strong>di</strong> comprensione della<br />
realtà, ma anche <strong>di</strong> intervento in<br />
essa a vari livelli.<br />
Inoltre una formazione pr<strong>eu</strong>niversitaria<br />
che comprenda lo<br />
stu<strong>di</strong>o della lingua latina e greca<br />
è fortemente raccomandabile<br />
per tutti i futuri studenti dei corsi<br />
<strong>di</strong> laurea in Lettere, Storia,<br />
Filosofia, ma anche delle Facoltà<br />
<strong>di</strong> Giurisprudenza, Scienze Politiche<br />
e, non ultima, Scienze della<br />
Formazione.<br />
Dunque l’insegnamento del<br />
Latino e del Greco non solo non<br />
è un fasti<strong>di</strong>oso residuo da cancellare,<br />
ma neppure soltanto una<br />
nobile tra<strong>di</strong>zione da <strong>di</strong>fendere e<br />
conservare; e non avrebbe senso<br />
mantenere un in<strong>di</strong>rizzo classico<br />
unicamente come luogo in cui<br />
imbalsamare e custo<strong>di</strong>re un patrimonio<br />
preziosissimo sì ma ormai<br />
inerte, da riservare ai “futuri<br />
antichisti”.<br />
È molto significativo e, con i<br />
tempi che corrono, davvero consolante<br />
il fatto che gli argomenti<br />
più convincenti – molto più utili<br />
<strong>di</strong> appassionate quanto inconcludenti<br />
<strong>di</strong>fese – a sostegno della valenza<br />
formativa del Latino e del<br />
Greco sono venuti spesso non da<br />
antichisti o cultori a qualunque<br />
titolo delle <strong>di</strong>scipline classiche,<br />
ma da scienziati, i quali peraltro<br />
si sono soffermati non tanto sul<br />
valore formativo generale <strong>di</strong> questi<br />
stu<strong>di</strong> né sulla loro funzione<br />
<strong>di</strong> veicolo <strong>di</strong> conoscenza delle<br />
civiltà antiche, ma proprio sulla<br />
loro utilità nello sviluppo <strong>di</strong> capacità<br />
scientifiche attraverso lo<br />
stu<strong>di</strong>o linguistico e, in particolare,<br />
attraverso la prassi traduttiva.<br />
È stato sottolineato come l’esercizio<br />
<strong>di</strong> traduzione dalle lingue<br />
classiche, contrassegnate da una<br />
elevata complessità morfo-sintattica<br />
e semantica, anche in con-<br />
seguenza della <strong>di</strong>stanza storicoculturale<br />
che ci separa da esse,<br />
implichi un lavoro intellettuale<br />
impegnativo e complesso, non<br />
eseguibile meccanicamente, ma<br />
che richiede ed attiva una serie<br />
<strong>di</strong> operazioni mentali che sono<br />
tipiche della ricerca scientifica:<br />
induzione, deduzione, analisi,<br />
sintesi, comparazione, formulazione<br />
e verifica <strong>di</strong> ipotesi <strong>di</strong><br />
soluzione, utilizzazione positiva<br />
dell’errore, passaggio da un problema<br />
ad altri più complessi, ecc.<br />
<strong>Il</strong> genetista Luca Cavalli Sforza è<br />
giunto ad affermare («la Repubblica»<br />
del 27.11.1993) che, tra<br />
tutte le esperienze scolastiche, la<br />
traduzione dalle lingue classiche<br />
è «l’attività più vicina alla ricerca<br />
scientifica, cioè alla comprensione<br />
<strong>di</strong> ciò che è sconosciuto».<br />
È chiaro che questa perdurante<br />
e anzi rinnovata centralità degli<br />
stu<strong>di</strong> classici deve comunque<br />
prendere atto dell’improponibilità<br />
oggi <strong>di</strong> un Liceo Classico<br />
come scuola del Latino e del<br />
Greco, né in senso esclusivo, ma<br />
neppure in senso gerarchico:<br />
questo sì retaggio del passato che<br />
va eliminato, deformazione ideologica<br />
della classicità da cancellare.<br />
Lo stu<strong>di</strong>o delle lingue e della<br />
civiltà classica, proprio per la sua<br />
natura e il suo statuto scientifico,<br />
deve essere inserito nel quadro<br />
<strong>di</strong> una sintesi dei saperi che sappia<br />
coniugare la comprensione<br />
della realtà contemporanea, in<br />
tutti i suoi aspetti, con la memoria<br />
storica, le scienze linguisticoletterarie<br />
con le altre dell’ambito<br />
umanistico e con quelle fisiche,<br />
matematiche e naturali, senza<br />
trascurare la familiarizzazione<br />
con l’informatica e le nuove tecnologie,<br />
ormai strumento in<strong>di</strong>spensabile<br />
e veicolo <strong>di</strong>ffuso <strong>di</strong><br />
conoscenza in tutti i settori del<br />
sapere e della vita sociale.<br />
Dunque una scuola che possa<br />
garantire una formazione elastica,<br />
flessibile (ma in un senso che<br />
ha ben poco a che fare con la<br />
flessibilità <strong>di</strong> impronta aziendalistica<br />
e neoliberista), capace cioè<br />
<strong>di</strong> adattarsi ad esigenze sempre<br />
nuove e a situazioni in continua<br />
trasformazione, deve essere in<br />
grado <strong>di</strong> fornire conoscenze, capacità<br />
e competenze utilizzabili<br />
negli ambiti più <strong>di</strong>versi, ben al <strong>di</strong><br />
là <strong>di</strong> quelli <strong>di</strong> provenienza.<br />
Ebbene, proprio gli stu<strong>di</strong> classici<br />
possono dare oggi un contributo<br />
decisivo ad una educazione<br />
che si configuri in termini non<br />
solo <strong>di</strong> un sapere <strong>di</strong> alto profilo<br />
(formazione culturale) e <strong>di</strong> un<br />
sapere essere persone e citta<strong>di</strong>ni<br />
(formazione umana e civile), ma<br />
anche <strong>di</strong> un saper fare che, acquisito<br />
attraverso i contenuti più<br />
elevati della nostra tra<strong>di</strong>zione<br />
culturale, sia valido oltre essi e<br />
permetta consapevoli scelte esistenziali<br />
e professionali. •<br />
Noi, gli antichi e gli altri<br />
La lettura dei classici<br />
in una <strong>di</strong>mensione interculturale<br />
Stefano Nuzzoli<br />
<strong>Il</strong> confronto-scontro tra le culture<br />
non è un problema nuovo<br />
per l’Occidente, che molte volte<br />
nella sua storia si è confrontato<br />
col <strong>di</strong>verso. Ancora oggi Roma<br />
costituisce l’esempio migliore della<br />
volontà <strong>di</strong> integrazione globale<br />
che la società occidentale ha<br />
sempre cercato. Nel riflettere su<br />
questo argomento non dobbiamo<br />
<strong>di</strong>menticare,<br />
però, che la testimonianza<br />
che<br />
ci rimane dello<br />
scontro e della<br />
successiva integrazione<br />
è quella<br />
dei vincitori.<br />
L’espansionismo<br />
e poi l’imperialismoromano<br />
non sono nati<br />
da un preciso<br />
<strong>di</strong>segno politico,<br />
ma sono stati la<br />
conseguenza <strong>di</strong> una lenta e progressiva<br />
maturazione <strong>di</strong> un’idea<br />
<strong>di</strong> superiorità e del desiderio dei<br />
popoli conquistati <strong>di</strong> identificarsi<br />
con la cultura romana.<br />
Questa concezione, che trovava<br />
convinta adesione tra i Romani,<br />
come ci suggerisce Virgilio nell’Eneide<br />
(«Ricordati, Romano…»,<br />
VI, 851-853), otteneva consensi<br />
anche in culture <strong>di</strong>verse, come<br />
prova la testimonianza <strong>di</strong> Polibio,<br />
il quale nelle sue Storie riconosce<br />
tale “ineluttabilità”.<br />
Ma la <strong>di</strong>sponibilità a riconoscere<br />
la supremazia romana è in realtà<br />
più problematica <strong>di</strong> quanto può<br />
sembrare, e infatti c’era una certa<br />
pluralità <strong>di</strong> pensiero, sia pure negli<br />
spazi ridotti <strong>di</strong> chi non detiene<br />
il potere politico. D’altra parte lo<br />
stesso «sterminare i superbi» <strong>di</strong><br />
Virgilio – esempio <strong>di</strong> identificazione<br />
nella politica imperiale <strong>di</strong><br />
Augusto – non era certo riferito ai<br />
violenti o ai cattivi dell’epoca, ma<br />
all’eliminazione dei <strong>di</strong>ssidenti. Per<br />
quanto riguarda Polibio, invece, il<br />
suo appoggio alla politica estera<br />
romana era dovuta anche alla posizione<br />
privilegiata che egli occupava<br />
in quanto membro del circolo<br />
<strong>di</strong> Scipione l’Emiliano, <strong>di</strong> cui era<br />
stato educatore. Un posto non<br />
secondario merita anche Tacito,<br />
che nell’Agricola mette in bocca al<br />
britannico Càlgaco il proverbiale<br />
«(I Romani) hanno fatto il deserto<br />
e lo chiamano pace».<br />
Ma quali meccanismi culturali<br />
contribuirono alla formazione <strong>di</strong><br />
tale idea <strong>di</strong> superiorità? Certamente<br />
i Romani non conobbero il moderno<br />
pregiu<strong>di</strong>zio razziale in senso<br />
stretto, cioè <strong>di</strong> tipo biologico. Per<br />
loro lo schiavo era solo barbaro o<br />
greco, italico o africano o asiatico,<br />
e veniva impiegato nelle sue mansioni<br />
non in base al colore della<br />
« può la lettura<br />
dei classici educare<br />
il citta<strong>di</strong>no moderno<br />
alla tolleranza<br />
e all’integrazione<br />
in una società<br />
multiculturale? »<br />
pelle, ma per le sue qualità fisiche<br />
e per le sue attitu<strong>di</strong>ni culturali.<br />
Tutta la civiltà letteraria latina,<br />
e dobbiamo pensare anche la società,<br />
è stata influenzata da una<br />
doppia linea ideologica: la prima<br />
fu quella conservatrice <strong>di</strong> Catone<br />
il Censore, strenuo <strong>di</strong>fensore dei<br />
mores maiorum e baluardo contro<br />
l’invasione delle filosofie orientali;<br />
la seconda<br />
fu quella del cosiddetto<br />
Circolo<br />
degli Scipioni,<br />
propugnatrice <strong>di</strong><br />
una politica più<br />
aperta alle infiltrazioniculturali,<br />
che poi prese<br />
il sopravvento.<br />
La prova più oggettivadell’affermarsi<br />
<strong>di</strong> questa<br />
seconda linea sta<br />
nell’origine geografica<br />
dei principali esponenti<br />
della letteratura latina. Quando gli<br />
interessi <strong>di</strong> Roma, dopo aver conquistato<br />
l’Italia centrale, andavano<br />
verso sud, incontriamo scrittori e<br />
poeti dell’area magno-greca (Livio<br />
Andronico ed Ennio, ma anche<br />
Gneo Nevio ed altri), e spingendoci<br />
ancora più a sud, al <strong>di</strong> là del<br />
mare, fino a Cartagine, Terenzio;<br />
quando gli interessi <strong>di</strong> Roma si<br />
<strong>di</strong>rigevano a nord, si aggiungono<br />
quelli provenienti dall’area Cisalpina<br />
(i poetae novi), poi ancora,<br />
superate le Alpi, Fedro, Seneca,<br />
Lucano e via elencando.<br />
Di contro ad un’immagine dei<br />
Romani così <strong>di</strong>sposti all’integrazione<br />
dello straniero, anche in<br />
questo caso non dobbiamo tralasciare<br />
l’esistenza a Roma <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>cati<br />
e popolari pregiu<strong>di</strong>zi verso altre<br />
popolazioni e particolarmente nei<br />
confronti degli Ebrei, come ci riporta<br />
in<strong>di</strong>rettamente Tacito nella<br />
sua “archeologia giudaica” (Historiae,<br />
V, 2-5).<br />
Ma c’è inevitabilmente da osservare<br />
che la fortuna dell’Impero<br />
non consistette in realtà solo nelle<br />
conquiste militari dell’esercito, o<br />
almeno questo fu solo il punto <strong>di</strong><br />
partenza, ma fu frutto soprattutto<br />
del processo <strong>di</strong> assimilazione ed<br />
integrazione che i popoli sconfitti<br />
accettarono, anzi in alcuni<br />
casi pare richiesero. Greci d’Italia,<br />
Cartaginesi, Galli abbandonarono<br />
presto la loro coscienza <strong>di</strong> popolo<br />
per aderire alla “civiltà” del conquistatore,<br />
per accaparrarsene,<br />
in un primo momento, favori e<br />
benevolenza, poi per cosciente<br />
adesione allo stile <strong>di</strong> vita.<br />
L’esempio della creazione <strong>di</strong><br />
antiche forme <strong>di</strong> impero costruite<br />
anche sulla base del consenso<br />
sociale e culturale, come quello<br />
romano, può aiutarci a comprendere<br />
la natura della nuova riorganizzazione<br />
mon<strong>di</strong>ale, che chiamiamo<br />
globalizzazione.<br />
Cosa possiamo e dobbiamo<br />
chiedere alla cultura classica? Può<br />
la lettura dei classici educare il<br />
moderno citta<strong>di</strong>no alla tolleranza<br />
e all’integrazione in una società<br />
multiculturale? Martha C.<br />
Nussbaum (Coltivare l’umanità. I<br />
classici, il <strong>multiculturalismo</strong>, l’educazione<br />
contemporanea, Carocci, Roma<br />
1999, pp. 23 e ss.) crede in una<br />
cultura che «libera la mente dalle<br />
catene dell’abitu<strong>di</strong>ne e della tra<strong>di</strong>zione,<br />
formando persone in grado<br />
<strong>di</strong> operare con sensibilità e prontezza<br />
come citta<strong>di</strong>ni del mondo».<br />
Alla base <strong>di</strong> questa educazione c’è<br />
per lei solo la lettura dei classici,<br />
per mezzo dei quali possiamo comprendere<br />
la struttura del mondo<br />
contemporaneo. <strong>Il</strong> confronto col<br />
<strong>di</strong>verso da noi aiuterebbe a superare<br />
i localismi e i particolarismi e<br />
a sentirci appartenenti ad un unico<br />
mondo nel senso culturalmente<br />
più vasto del termine.<br />
Aggiungiamo, però, che tutto<br />
questo deve avvenire anche me<strong>di</strong>ante<br />
una lettura delle pagine<br />
degli scrittori antichi <strong>di</strong>retta e non<br />
solo me<strong>di</strong>ata da commenti e traduzioni,<br />
lettura inoltre non separata<br />
dal contesto storico in cui i<br />
classici sono stati prodotti. Dice<br />
Seneca: «(Noi Romani)… ci siamo<br />
aperti alla relazione con tutto<br />
il mondo ed abbiamo affermato<br />
<strong>di</strong> avere il mondo come patria,<br />
perché fosse possibile offrire alla<br />
virtù un campo più vasto». Però<br />
per ben intendere il pensiero <strong>di</strong><br />
Seneca, ricor<strong>di</strong>amo che il cosmopolitismo<br />
era strumento dell’Impero<br />
romano per <strong>di</strong>ffondere la<br />
“virtù” del vincitore, che permetteva<br />
<strong>di</strong> accettare la cultura degli<br />
altri solo quando questa serviva a<br />
consolidare il potere. Voglio <strong>di</strong>re<br />
che una conoscenza attraverso<br />
una altrui traduzione, o ad<strong>di</strong>rittura<br />
per scelta <strong>di</strong> brani antologici,<br />
porta ad una conoscenza frammentaria<br />
ed artefatta del messaggio<br />
storico. Come non possiamo<br />
capire la bontà <strong>di</strong> un film unicamente<br />
dal suo trailer, così, anche<br />
con i limiti <strong>di</strong> una conoscenza<br />
linguistica non tecnica, dobbiamo<br />
avere la possibilità <strong>di</strong> emettere un<br />
giu<strong>di</strong>zio autonomo sul messaggio<br />
antico, per misurarlo sulla contemporaneità.<br />
Lo scopo ultimo<br />
non è dunque quello <strong>di</strong> tradurre<br />
(trasportare) un testo da un contesto<br />
culturale passato a quello<br />
in corso, o <strong>di</strong> conoscere come le<br />
cose funzionavano nell’antichità,<br />
ma <strong>di</strong> “sfruttare” quel testo e quel<br />
messaggio per in<strong>di</strong>viduare i meccanismi<br />
storici e sociali che hanno<br />
portato alla sua produzione, quei<br />
meccanismi (e non unicamente il<br />
messaggio storico) potranno poi<br />
essere trasposti e misurati sulla<br />
società contemporanea. <strong>Il</strong> testo<br />
classico da solo non ci spiega il<br />
mondo né antico né moderno,<br />
anzi in alcuni casi forse ce lo può<br />
fare rifiutare, ma ci costringe ad<br />
un confronto <strong>di</strong>alettico con esso;<br />
ci fornisce una forse unica strada<br />
privilegiata per andare incontro<br />
a tutto ciò che ci appare <strong>di</strong>verso,<br />
per aiutarci a comprenderlo. Come<br />
sostiene Luciano Canfora, la<br />
strada da percorrere è quella della<br />
conoscenza per <strong>di</strong>fferentiam.<br />
Per essere oggi un buon citta<strong>di</strong>no<br />
è necessario saper elaborare<br />
delle tecniche <strong>di</strong> ragionamento<br />
molto più complesse <strong>di</strong> quelle <strong>di</strong><br />
una volta, necessarie a <strong>di</strong>fendere<br />
la democrazia e la propria libertà,<br />
oggi attaccate non più da nemici<br />
espliciti e <strong>di</strong>chiarati, ma celati e<br />
ben vestiti, che approfittano <strong>di</strong><br />
una <strong>di</strong>ffusa ignoranza, derivante<br />
non da una mancanza <strong>di</strong> conoscenze<br />
in senso assoluto, ma dal<br />
mancato uso delle capacità riflessive<br />
<strong>di</strong> chi si lascia trascinare in<br />
atteggiamenti e decisioni spesso<br />
istintivi e passionali. Un’educazione<br />
umanistica significa dunque<br />
sottoporre al giu<strong>di</strong>zio della ragione<br />
critica e storica le proprie<br />
certezze e alla fine imparare a<br />
ragionare con la propria testa. •<br />
La sfida dell’insegnamento del<br />
Latino non è battaglia <strong>di</strong> retroguar<strong>di</strong>a<br />
per conservatori;<br />
l’incontro con la cultura classica<br />
si può ritenere fondamentale per<br />
l’identità linguistico-culturale delle<br />
nuove generazioni. Sta a noi<br />
docenti valorizzare e rinnovare<br />
i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>dattici <strong>di</strong> tale incontro,<br />
al <strong>di</strong> là della sterile <strong>di</strong>fesa dei nostri<br />
spazi orari e delle ricorrenti<br />
lamentazioni sul <strong>di</strong>sinteresse e<br />
sull’ignoranza delle nuove generazioni.<br />
Noi docenti <strong>di</strong> Lettere del Liceo<br />
scientifico «A. Pacinotti» della<br />
Spezia abbiamo deciso <strong>di</strong> non<br />
ignorare le <strong>di</strong>fficoltà della motivazione<br />
e del coinvolgimento<br />
nello stu<strong>di</strong>o del Latino <strong>di</strong> ragazzi<br />
per i quali il “classico” non è<br />
scelta vocazionale e che spesso<br />
quin<strong>di</strong> subiscono un percorso <strong>di</strong><br />
cui non riescono più a cogliere<br />
il senso; d’altra parte ci siamo a<br />
nostra volta rifiutati <strong>di</strong> subire rassegnati<br />
la progressiva marginalizzazione<br />
della <strong>di</strong>sciplina e della<br />
sua incidenza nella formazione<br />
liceale. Abbiamo inserito perciò<br />
un complessivo rinnovamento<br />
dei contenuti e dei meto<strong>di</strong> dell’insegnamento<br />
curricolare del<br />
Latino nella ristrutturazione dell’organizzazione<br />
scolastica, nella<br />
convinzione che i due aspetti si<br />
potenzino vicendevolmente: è<br />
nato così il Progetto Latino 2000.<br />
Da tali premesse derivano <strong>di</strong>rettamente<br />
le finalità e gli obiettivi<br />
su cui abbiamo lavorato, sia<br />
sul versante educativo (accesso<br />
<strong>di</strong>retto e approfon<strong>di</strong>to ad uno<br />
dei segmenti più antichi della<br />
cultura occidentale e quin<strong>di</strong> ad<br />
un patrimonio <strong>di</strong> civiltà nel quale<br />
si fonda la consapevolezza della<br />
propria identità; recupero storico,<br />
comprensione critica e capacità<br />
<strong>di</strong> relativizzare le ra<strong>di</strong>ci e gli<br />
archetipi <strong>di</strong> tale identità), sia sul<br />
versante <strong>di</strong>dattico (dalla capacità<br />
<strong>di</strong> confrontare il passato con il<br />
presente per le classi prime alla<br />
capacità <strong>di</strong> contestualizzare nel<br />
sistema letterario e culturale e<br />
storico per le classi terze).<br />
Sono stati quin<strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduati<br />
per ogni fascia-classe <strong>di</strong>versi argomenti,<br />
<strong>di</strong>versi nuclei aggreganti<br />
– in pratica moduli – ma con caratteristiche<br />
tali che dei moduli<br />
in senso stretto, come si precisa<br />
oltre, evitano alcuni fattori <strong>di</strong><br />
grave rischio per la formazione.<br />
I moduli, tanti quante le sezioni<br />
del Liceo, devono mettere a frutto<br />
le migliori competenze reali<br />
degli insegnanti – che non è vero<br />
sappiano tutti le stesse cose e facciano<br />
tutti con piacere le stesse<br />
cose – e contemporaneamente<br />
offrono agli allievi opzioni varie e<br />
capaci <strong>di</strong> rispondere ad interessi<br />
<strong>di</strong>versi: gli insegnanti lavorano<br />
cioè con gli stessi obiettivi, ma<br />
l’allievo sceglie l’approccio a lui<br />
più congeniale, percorre la strada<br />
a partire dall’argomento che<br />
lo sollecita <strong>di</strong> più. Nelle mutate<br />
con<strong>di</strong>zioni socio-culturali in cui ci<br />
troviamo, alla filologia, alla linguistica<br />
e all’indagine storico-letteraria<br />
della tra<strong>di</strong>zione <strong>di</strong>dattica del<br />
Latino, possono infatti, e devono,<br />
affiancarsi “altri” mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> guardare<br />
il classico, più coinvolgenti<br />
forse per gli allievi e comunque<br />
capaci <strong>di</strong> articolare in profon<strong>di</strong>tà<br />
la <strong>di</strong>sciplina. Tutto questo <strong>di</strong>venta<br />
per i ragazzi più evidente anche<br />
solo me<strong>di</strong>ante il nuovo modo <strong>di</strong><br />
raggruppare contenuti e testi tra<strong>di</strong>zionalmente<br />
<strong>di</strong>stribuiti nella<br />
<strong>di</strong>acronia dei manuali <strong>di</strong> storia<br />
letteraria o nelle ripartizioni dettate<br />
da programmi e libri <strong>di</strong> testo<br />
su <strong>di</strong> essi modellati.<br />
Naturalmente lo svolgimento <strong>di</strong><br />
tali moduli è inserito in una revi-<br />
Chichibìo<br />
Numero 21/22 – anno V, gennaio-aprile 2003<br />
Rie<strong>di</strong>zione elettronica a cura <strong>di</strong> Palumbo multime<strong>di</strong>a<br />
Per una “modularità sostenibile”<br />
<strong>Il</strong> Progetto Latino <strong>di</strong> un Liceo <strong>di</strong> La Spezia<br />
Marisa Bernar<strong>di</strong>ni - Roberto Centi<br />
sione complessiva del programma<br />
<strong>di</strong> or<strong>di</strong>namento, ri<strong>di</strong>stribuito in<br />
una sorta <strong>di</strong> “canone” d’Istituto<br />
per nuclei essenziali e no<strong>di</strong> significativi,<br />
affinché tutti gli allievi<br />
svolgano un minimo irrinunciabile<br />
(soprattutto in termini <strong>di</strong> contenuti,<br />
ma anche <strong>di</strong> competenze)<br />
nel proprio gruppo classe con il<br />
proprio insegnante; <strong>di</strong>venta necessario<br />
anche adottare nuove<br />
metodologie per ottimizzare lo<br />
sfruttamento del <strong>di</strong>minuito tempo-scuola<br />
nel gruppo-classe. È importante<br />
notare<br />
che l’introduzione<br />
<strong>di</strong> questa attività<br />
modulare<br />
è stata bilanciata<br />
da uno speculare<br />
rinforzo<br />
della <strong>di</strong>acronia<br />
nel programma<br />
curricolare <strong>di</strong><br />
storia letteraria,<br />
sia con l’eliminazione<br />
<strong>di</strong> tutte<br />
le sfasature tra<br />
“letture <strong>di</strong> autori” e stu<strong>di</strong>o manualistico<br />
nei vari anni <strong>di</strong> corso,<br />
sia con un’attenzione particolare<br />
all’uso, anche per le riflessioni<br />
linguistiche e le prove <strong>di</strong> traduzione,<br />
<strong>di</strong> testi riconducibili alla storia<br />
letteraria via via affrontata.<br />
Vengono svolti nel corso dell’anno<br />
scolastico due moduli,<br />
uno per quadrimestre: il primo<br />
nel periodo novembre-<strong>di</strong>cembre,<br />
il secondo nel periodo marzoaprile;<br />
i moduli si articolano in<br />
sette lezioni, una alla settimana,<br />
<strong>di</strong> due ore ciascuna, per un totale<br />
<strong>di</strong> 1 ore, <strong>di</strong> cui le ultime 2<br />
<strong>di</strong> verifica sommativa. Gli allievi,<br />
senza alcun vincolo <strong>di</strong> livelli<br />
<strong>di</strong> ren<strong>di</strong>mento o <strong>di</strong> esigenze <strong>di</strong><br />
approfon<strong>di</strong>mento segnalati dagli<br />
insegnanti <strong>di</strong> classe, scelgono<br />
il modulo cui partecipare, sulla<br />
base dei propri interessi, previa<br />
informazione me<strong>di</strong>ante dépliant<br />
sui contenuti e sulle articolazioni<br />
<strong>di</strong> tutti i moduli programmati per<br />
la loro fascia-classe, e a quello si<br />
iscrivono: lasciati liberi <strong>di</strong> selezionare<br />
le preferenze in termini <strong>di</strong><br />
argomento (“come in un supermercato”,<br />
è stato anche detto in<br />
tono critico), essi vengono coinvolti<br />
più facilmente nell’appren<strong>di</strong>mento<br />
e nelle letture. Si creano<br />
in tal modo nuovi gruppi-classe<br />
(classi aperte), che si aggregano<br />
una volta alla settimana per tutto<br />
il periodo <strong>di</strong> svolgimento del<br />
modulo, usufruendo <strong>di</strong> una delle<br />
forme <strong>di</strong> flessibilità regolate dall’autonomia<br />
delle istituzioni scolastiche.<br />
L’autovalutazione conclusiva<br />
ha permesso <strong>di</strong> verificare<br />
che ai ragazzi è piaciuto cambiare<br />
compagni e provare nuovi insegnanti:<br />
hanno giu<strong>di</strong>cato l’esperienza<br />
“interessante”, “positiva” e<br />
ad<strong>di</strong>rittura “<strong>di</strong>vertente”.<br />
« la cultura classica<br />
è fondamentale<br />
per l’identità<br />
linguistico-culturale<br />
delle nuove<br />
generazioni »<br />
Sono necessari per lo svolgimento<br />
<strong>di</strong> moduli <strong>di</strong> tal genere:<br />
– l’adozione <strong>di</strong> libri <strong>di</strong> testo<br />
uguali in tutte le sezioni, a cui si<br />
aggiunge per ogni modulo il materiale<br />
pre<strong>di</strong>sposto dall’insegnante<br />
(<strong>di</strong>spense, fotocopie, testi integrali<br />
complementari); riscuotono<br />
naturalmente notevole successo<br />
presso gli allievi l’uso <strong>di</strong> materiale<br />
multime<strong>di</strong>ale e lo svolgimento <strong>di</strong><br />
visite guidate, in questo caso veramente<br />
significativi perché collegati<br />
in profon<strong>di</strong>tà alle esigenze<br />
dei contenuti<br />
affrontati;<br />
– la creazione<br />
<strong>di</strong> adeguata<br />
strumentazione<br />
burocratica: registri,<br />
moduli <strong>di</strong><br />
iscrizione, avvisi<br />
alle famiglie;<br />
– un orario<br />
scolastico che<br />
preveda il vincolo<br />
della sovrapposizione<br />
<strong>di</strong> due<br />
ore <strong>di</strong> Latino almeno un giorno<br />
alla settimana in tutte le classi<br />
coinvolte;<br />
– un attento lavoro <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento<br />
nel Dipartimento, soprattutto,<br />
da una parte, per in<strong>di</strong>viduare<br />
i livelli <strong>di</strong> partenza degli allievi<br />
del modulo, che provengono da<br />
classi <strong>di</strong>verse e quin<strong>di</strong> da storie<br />
<strong>di</strong>verse, dall’altra parte, per gestire<br />
la verifica sommativa finale<br />
del modulo, la cui valutazione<br />
viene recepita fra quelle assegnate<br />
dall’insegnante <strong>di</strong> classe per la<br />
me<strong>di</strong>a conclusiva quadrimestrale<br />
dei “suoi” allievi (il che potrebbe<br />
creare qualche <strong>di</strong>fficoltà in caso<br />
<strong>di</strong> palese <strong>di</strong>fformità). In tutti i<br />
moduli allora sono previste omogenee<br />
tipologie <strong>di</strong> verifica, preparate<br />
e corrette collegialmente<br />
dal Dipartimento e in particolare<br />
dalla responsabile collaborazione<br />
<strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong> lavoro costituito<br />
dall’insegnante del modulo e dagli<br />
insegnanti i cui allievi abbiano<br />
scelto <strong>di</strong> partecipare a quel modulo:<br />
questo impegno migliora<br />
in modo sensibile la capacità <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>scutere e <strong>di</strong> confrontarsi tra<br />
colleghi dello stesso Istituto.<br />
Questo progetto, come si vede,<br />
nasce proprio dall’esigenza <strong>di</strong><br />
accogliere alcuni spunti significativi<br />
insiti nell’insegnamento per<br />
moduli senza per questo accettare<br />
tout court l’impostazione <strong>di</strong><br />
una totalizzante <strong>di</strong>dattica modulare,<br />
che può presentare notevoli<br />
ombre e rischi, sia per quanto<br />
riguarda l’effettiva ricaduta in termini<br />
<strong>di</strong> preparazione <strong>di</strong>sciplinare<br />
sia per il più generale problema<br />
della formazione dello studente e<br />
del citta<strong>di</strong>no.<br />
Si potrebbe <strong>di</strong>re che il tentativo<br />
operato è quello <strong>di</strong> una<br />
“modularità sostenibile”, che<br />
non spezza l’asse cronologico<br />
della programmazione tra<strong>di</strong>zionale,<br />
ritenuto irrinunciabile<br />
nell’ambito delle <strong>di</strong>scipline<br />
storiche quale è il Latino, ma<br />
sperimenta le potenzialità dell’approfon<strong>di</strong>mento<br />
tematico <strong>di</strong><br />
livello specialistico inserendolo<br />
armonicamente in un quadro<br />
che salvaguarda la tra<strong>di</strong>zione<br />
della nostra scuola. In questo<br />
senso quin<strong>di</strong>, più che <strong>di</strong> moduli,<br />
si dovrebbe parlare <strong>di</strong> percorsi<br />
tematici <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>mento a<br />
classi parallele aperte. È evidente,<br />
pertanto, che nel momento<br />
in cui si parla <strong>di</strong> rischi insiti<br />
nella <strong>di</strong>dattica modulare, si fa<br />
riferimento ai moduli propriamente<br />
detti, visto che negli ultimi<br />
anni in Italia, a livello sia <strong>di</strong><br />
amministrazione centrale e periferica,<br />
sia <strong>di</strong> singole realtà, sia <strong>di</strong><br />
e<strong>di</strong>toria scolastica, sembra sussistere<br />
notevole confusione sul<br />
termine, tanto che in qualche<br />
caso sono definiti moduli persino<br />
quelli che un tempo erano i<br />
capitoli <strong>di</strong> un libro <strong>di</strong> testo.<br />
La storia dell’insegnamento<br />
per moduli intesi in senso stretto<br />
non sembra portare elementi a<br />
sostegno della sua applicabilità in<br />
una realtà liceale, visto che esso<br />
nasce durante la seconda guerra<br />
mon<strong>di</strong>ale per fare acquisire a<br />
lavoratori specializzati ulteriori<br />
abilità e competenze precise in<br />
tempi ristretti e che sempre, da<br />
allora in poi, anche nell’ambito<br />
della formazione tecnica e professionale,<br />
esso è stato applicato<br />
per generare specializzazione su<br />
competenze e conoscenze già acquisite,<br />
non per incar<strong>di</strong>nare nei<br />
<strong>di</strong>scenti un sapere <strong>di</strong> base.<br />
È rispetto a tale modularità che<br />
si segnalano o si riba<strong>di</strong>scono – in<br />
conclusione – alcuni rischi da cui<br />
paiono esenti i percorsi tematici<br />
a classi parallele aperte realizzati<br />
dal <strong>nostro</strong> Progetto:<br />
1. essi si incar<strong>di</strong>nano su un programma<br />
organico, sistematico e<br />
progressivo, cioè sviluppato secondo<br />
un solido impianto cronologico<br />
(senza che questo significhi<br />
trattare tutti gli autori e tutti i<br />
testi, perché si operano tagli);<br />
2. nell’arco dell’anno scolastico<br />
sottraggono allo svolgimento del<br />
“programma” (il termine viene<br />
provocatoriamente mantenuto<br />
perché non se ne coglie alcuna<br />
connotazione negativa ) uno spazio<br />
temporale sostenibile;<br />
3. danno un saggio dei possibili<br />
traguar<strong>di</strong> <strong>di</strong>dattici e formativi <strong>di</strong><br />
una ricerca, svolta anche a livello<br />
raffinato e specialistico, senza tagliare<br />
tutto il curricolo annuale in<br />
base alle scelte dell’insegnante, il<br />
quale, applicando una modularità<br />
stricto sensu, preconfeziona ai suoi<br />
studenti sei-sette-otto moduli, con<br />
un atto <strong>di</strong> libertà (tanto sban<strong>di</strong>erato)<br />
che è suo, ma non sempre è<br />
avvertito come tale da loro;<br />
4. non considerano la cultura<br />
come parcellizzabile e spen<strong>di</strong>bile<br />
a segmenti, ma come un insieme<br />
organico in cui “tutto si tiene”;<br />
5. consentono inferenze inter<strong>di</strong>sciplinari<br />
e aprono a una metodologia<br />
che permette <strong>di</strong> creare<br />
ulteriori percorsi senza che l’insegnante<br />
determini a priori tutto;<br />
6. sono riducibili o espan<strong>di</strong>bili,<br />
nei loro contenuti, a seconda delle<br />
reazioni dei gruppi classe, laddove<br />
i moduli, per la presenza <strong>di</strong><br />
continui monitoraggi strutturati,<br />
sembrano essere più rigi<strong>di</strong>;<br />
7. non comportano ra<strong>di</strong>cali<br />
e significativi tagli <strong>di</strong> contenuti<br />
(anche in questo caso è voluto<br />
l’uso <strong>di</strong> un termine ormai ostracizzato<br />
nella scuola) e non partono<br />
dall’assioma che l’acquisizione<br />
<strong>di</strong> competenze, il cui raggiungimento<br />
forse è più significativo<br />
nell’ambito delle <strong>di</strong>scipline tecniche<br />
e scientifiche rispetto a<br />
quelle storiche, sia preferibile<br />
rispetto all’acquisizione <strong>di</strong> un<br />
continuum cronologico organico<br />
<strong>di</strong> conoscenze. •<br />
7
8<br />
I giovani e la poesia<br />
Un incontro in un liceo triestino<br />
Franca olivo Fusco<br />
I<br />
giovani e la poesia: due mon<strong>di</strong><br />
che amo, anche se il primo mi<br />
è meno noto. La giovinezza<br />
è un’età che ormai non mi appartiene<br />
e proprio per questo<br />
ho una gran voglia <strong>di</strong> conoscere<br />
i giovani <strong>di</strong> oggi, le loro idee, il<br />
loro mondo interiore.<br />
Ciò che scrivo sul rapporto<br />
che i giovani hanno con la poesia<br />
è frutto <strong>di</strong> una mia <strong>di</strong>retta<br />
esperienza presso il liceo classico<br />
«Dante Alighieri» <strong>di</strong> Trieste. Lo<br />
scorso maggio sono stata invitata<br />
dalla Preside a declamare, in un<br />
incontro aperto al pubblico, le<br />
poesie che alcuni studenti avevano<br />
tirato fuori dal cassetto.<br />
Pochissimi autori avevano firmato<br />
le composizioni, altri avevano<br />
preferito l’anonimato, rinunciando<br />
così a salire sulla pedana per<br />
ricevere l’applauso. Un atteggiamento<br />
questo molto coerente<br />
perché il giovane scrive per se<br />
stesso. Molti poeti adulti <strong>di</strong>cono<br />
altrettanto ma io credo che questa<br />
affermazione sia sincera al<br />
cento per cento solo se proviene<br />
dai ragazzi.<br />
Ho accettato l’incarico con<br />
grande entusiasmo perché mi<br />
rendeva estremamente felice poter<br />
conoscere ciò che i giovani<br />
scrivono, naturalmente alcuni,<br />
perché non tutti amano la poesia.<br />
Ecco il punto fondamentale:<br />
la poesia è imposta, è un obbligo.<br />
<strong>Il</strong> tempo a <strong>di</strong>sposizione<br />
degli insegnanti è sempre poco.<br />
<strong>Il</strong> Novecento viene maltrattato rispetto<br />
ai secoli precedenti. Ecco<br />
allora che i ragazzi non hanno<br />
un visione completa e attuale<br />
della poesia. Per non parlare poi<br />
della letteratura straniera. Sui<br />
banchi <strong>di</strong> scuola si legge soltanto<br />
qualche poesia <strong>di</strong> autori francesi,<br />
inglesi o tedeschi dell’Ottocento;<br />
ma il resto è ignorato. Chi conosce<br />
i versi <strong>di</strong> Neruda, <strong>di</strong> Prevert,<br />
<strong>di</strong> Nazim Hikmet? Soltanto pochi<br />
fortunati che, frequentando<br />
le librerie e avvicinandosi ai miseri<br />
scaffali de<strong>di</strong>cati alla poesia,<br />
hanno potuto trovare un loro<br />
libro.<br />
Ma come scrivono oggi i ragazzi?<br />
Da quanto ho avuto modo <strong>di</strong><br />
leggere, in maniera molto libera<br />
ed autonoma. Naturalmente<br />
non in rima. Spesso sono prose<br />
poetiche. Un dato è certo: non<br />
copiano gli autori stu<strong>di</strong>ati a scuola,<br />
anche perché sarebbe <strong>di</strong>fficile<br />
e sciocco (mentre sono gli adulti<br />
che ancora scrivono «e navigar<br />
mi è dolce in questo mare»!).<br />
Ritornando alla mia esperienza,<br />
sono rimasta molto sorpresa<br />
dalla <strong>di</strong>versità dei contenuti e<br />
dello stile. Ho letto poesie molto<br />
mature. Solo alcune, scritte<br />
da una ragazza che si era firmata,<br />
erano fresche, fanciullesche.<br />
Parlavano <strong>di</strong> animali, anzi ognuna<br />
era de<strong>di</strong>cata a una bestiola.<br />
Arrivata al riccio, ho avuto una<br />
illuminazione: anche Montale,<br />
nella poesia A pianterreno, parla<br />
<strong>di</strong> un porcospino… Perché allora<br />
non abbinare alle poesie dei<br />
ragazzi una poesia <strong>di</strong> un autore<br />
famoso? Quasi una specie <strong>di</strong><br />
buon augurio. E devo <strong>di</strong>re che<br />
l’abbinamento per alcuni non è<br />
stato facile.<br />
Quali tematiche affrontano<br />
oggi i ragazzi nei loro versi? Soprattutto<br />
la vita, l’amore, la morte.<br />
Sì, mi sono meravigliata, la<br />
morte è molto presente e rappresentata<br />
con parole crude, più<br />
forti che in Pavese. Una ragazza<br />
se<strong>di</strong>cenne ha scritto: «L’unica<br />
cosa che posso toccare ormai/ è<br />
la terra fredda e insolita./ Tutto<br />
il resto è perso, perso. / […] <strong>Il</strong><br />
buio mi culla come una madre<br />
culla suo figlio pensando a quel-<br />
lo che <strong>di</strong>venterà:/ fiera del suo<br />
sguardo da impren<strong>di</strong>tore…». Ho<br />
chiesto a questa ragazza se avesse<br />
avuto qualche lutto in famiglia,<br />
mi ha risposto negativamente.<br />
La poesia rappresentava un suo<br />
brutto sogno, la paura della morte.<br />
Tremen<strong>di</strong> anche i versi che<br />
seguono, <strong>di</strong> un’altra ragazza, nei<br />
quali si evoca la morte dell’amato:<br />
«E ricor<strong>di</strong> quel giorno,/ ti<br />
portai vicino a me,/ <strong>di</strong>ssi una cosa,/<br />
forse troppo tar<strong>di</strong>,/ la fine<br />
nei tuoi occhi,/ ormai spenti,/<br />
incantesimo spezzato, questione<br />
<strong>di</strong> destini,/ arrivò la strega/ […]<br />
« la vita<br />
è come le mie tasche:<br />
ci trovo sempre<br />
qualcosa <strong>di</strong> nuovo »<br />
interruppe la magia/ e mentre<br />
precipitavi,/ io <strong>di</strong>ssi <strong>di</strong> amarti,/<br />
forse troppo tar<strong>di</strong>,/ questione<br />
<strong>di</strong> destini». Fortunatamente era<br />
tutto inventato, mi ha confessato<br />
la ragazza. Talvolta il poeta è un<br />
fingitore (parola <strong>di</strong> Pessoa).<br />
Restando in tema <strong>di</strong> dolore,<br />
ecco come una giovane autrice<br />
descrive la vita <strong>di</strong> una lacrima:<br />
«La vita <strong>di</strong> una lacrima è quasi<br />
impercettibile,/ è come un battito<br />
d’ali,/ come un brivido in un<br />
momento <strong>di</strong> felicità./ È come<br />
un colpo <strong>di</strong> pistola». Alla ragazza<br />
ho abbinato Paul McCartney,<br />
celeberrimo cantante, sconosciuto<br />
ai giovani come poeta.<br />
Dalla sua poesia Giacca nera: «Le<br />
lacrime non sono lacrime./ Sono<br />
palline/ <strong>di</strong> ilarità/ immerse<br />
nel sale».<br />
Se è vero, come <strong>di</strong>ce Alda Merini,<br />
che le più belle poesie nascono<br />
dalla sofferenza, i giovani<br />
non vogliono essere da meno e<br />
rappresentano nei loro versi le<br />
pene dell’animo, esattamente<br />
come fanno gli adulti. Scrive un<br />
anonimo: «Strano destino quello<br />
del mio amore per te./ Mi consuma<br />
in silenzio, crudelmente<br />
mi ritrae vincolando il mio cammino./<br />
[…] Come un ladro, si<br />
impossessa della mia vita, del<br />
mio sangue, delle mie /azioni,<br />
del mio letto, dei miei occhi […]<br />
Muore nel dolore, rinasce in me<br />
sempre presente./ Non mi lascia<br />
mai».<br />
Ma per fortuna l’amore non<br />
dà solo sofferenza. L’amore dà<br />
risposte a tutto: «Una volta ero<br />
sola, parlavo solo con me e…<br />
Una volta spesso mi domandavo<br />
da dove potesse iniziare la vita,<br />
quella vera./ Una volta mi facevo<br />
tante domande/ e mi stancavano,<br />
m’indebolivano, perché ero<br />
sola... sola… sola./ Adesso, qui,<br />
con te, […] rispondo! …».<br />
L’amore è gioia: «Se potessi<br />
fermare il tempo, sarebbe adesso,/<br />
in un momento privo <strong>di</strong><br />
parole,/ solo quelle dei miei<br />
occhi/ finalmente specchio <strong>di</strong><br />
gioia». Una gioia vissuta in mezzo<br />
alle bellezze del creato: «<strong>Il</strong><br />
mare oggi è mio, blu, immenso.<br />
Dirigo un’orchestra, faccio delle<br />
onde le mie note e del mare il<br />
riassunto <strong>di</strong> tutti gli strumenti».<br />
Molto belli ed originali questi<br />
versi. Ma non c’è solo il mare;<br />
c’è anche il cielo, «amico e compagno<br />
sincero dell’uomo solo,/<br />
nemico del superbo».<br />
Manca invece la luna nei versi<br />
che ho letto, ignorata dai<br />
ragazzi forse per non doversi<br />
confrontare con Leopar<strong>di</strong>! A<br />
proposito, il pessimismo leopar<strong>di</strong>ano<br />
ha contagiato un unico<br />
ragazzo, ma non del tutto:<br />
Chichibìo<br />
Numero 21/22 – anno V, gennaio-aprile 2003<br />
Rie<strong>di</strong>zione elettronica a cura <strong>di</strong> Palumbo multime<strong>di</strong>a<br />
«Innanzi si staglia un fosco paesaggio/<br />
per chi affrontar deve<br />
la sfida della vita./ La fanciullezza,<br />
solarità dei tuoi coetanei<br />
ormai è in te sparita./ Ma non<br />
del tutto! Di essa infatti ti è rimasto<br />
un raggio». A questo giovane<br />
autore ho voluto abbinare<br />
la poesia La scala <strong>di</strong> cristallo dell’americano<br />
<strong>di</strong> colore Langston<br />
Hughes, del quale quest’anno<br />
si celebra il centenario della<br />
nascita: versi nei quali il poeta<br />
esorta il figlio ad andare sempre<br />
avanti, anche se la vita non<br />
sarà facile. Non è, infatti, una<br />
scala <strong>di</strong> cristallo, ma talvolta ha<br />
chio<strong>di</strong>, schegge, assi sconnesse.<br />
Un’unica ragazza ha affrontato<br />
il tema “Che cos’è la poesia?”,<br />
domanda alla quale molti autori<br />
hanno cercato <strong>di</strong> dare una risposta.<br />
Ecco come questa autrice definisce<br />
la poesia: «È il vocabolario<br />
muto <strong>di</strong> chi non sa parlare,/<br />
è il megafono <strong>di</strong> chi vuol essere<br />
ascoltato,/ è una lama che trafigge<br />
il cuore <strong>di</strong> chi sa leggere,/ è il<br />
rifugio <strong>di</strong> chi sa sentire». Esatto.<br />
Perché la poesia non è fatta solo<br />
<strong>di</strong> parole buttate sulla carta, ma<br />
<strong>di</strong> parole che prendono vita, da<br />
semplici segni che erano, quando<br />
vengono lette.<br />
Nelle poesie da me esaminate<br />
non ho trovato le tematiche<br />
sociali. In un’unica poesia ho<br />
letto la parola “guerra”: era della<br />
ragazza che si poneva tante<br />
domande e tra queste “da dove<br />
nasce la brutalità della guerra?”.<br />
Ma non credo che i giovani siano<br />
insensibili ai gran<strong>di</strong> temi <strong>di</strong><br />
oggi: la pace, la fame nel mondo,<br />
l’immigrazione, l’inquinamento<br />
del pianeta. Semplicemente<br />
non si avventurano in<br />
questi temi perché li ritengono<br />
poco poetici. Ma la poesia moderna<br />
è fatta anche <strong>di</strong> parole<br />
poco poetiche. Attraverso la<br />
poesia si può esprimere anche<br />
il proprio pensiero, ma i giovani<br />
hanno pochi esempi <strong>di</strong> poesia a<br />
contenuto sociale. Prevale quin<strong>di</strong><br />
nelle loro composizioni l’io,<br />
la sfera è quella intima degli affetti,<br />
della sofferenza, raramente<br />
della gioia. Mi hanno rallegrato<br />
perciò questi versi <strong>di</strong> una giovane<br />
studentessa del ginnasio: «Io<br />
sarò la ragazza che canta alla luna./<br />
Tu solo il ragazzo dalle mani<br />
gran<strong>di</strong>./ Mi specchierò nelle<br />
gocce <strong>di</strong> rugiada […]/ Quanta<br />
voglia che ho/ <strong>di</strong> sorridere./<br />
E tu?». Naturalmente a questa<br />
poesia ho abbinato I ragazzi che<br />
si amano <strong>di</strong> Prevert.<br />
Tra tante poesie non poteva<br />
mancare una sulla mamma, scritta<br />
da un ragazzo: «Ero una barchetta<br />
<strong>di</strong> carta/ e tu mi hai dato<br />
la sicurezza./ Ero una barchetta<br />
<strong>di</strong> sughero e tu mi hai dato la<br />
voglia <strong>di</strong> vivere./ Ora sono una<br />
nave che cavalca la vita./ Tu sei<br />
<strong>di</strong>ventata l’ancora,/ il più grande<br />
aiuto per non affondare».<br />
La vita: senz’altro la parola<br />
più usata da questi giovani, oggi<br />
che non si usa più la rima “cuore-amore”.<br />
Desidero concludere con pochi<br />
versi proprio sulla vita, scritti<br />
da un ragazzino sopra uno striscione<br />
<strong>di</strong> carta a Gubbio, nel<br />
maggio <strong>di</strong> quest’anno, alla manifestazione<br />
“Poesie in città”, in<br />
concomitanza al Premio Montale:<br />
«La vita è come le mie tasche.<br />
Ci trovo sempre qualcosa <strong>di</strong> nuovo».<br />
Ed è proprio questo senso<br />
<strong>di</strong> nuovo che auguro a tutti i<br />
giovani. La “meraviglia” è molto<br />
importante nella poesia e nella<br />
vita. •<br />
Manuali <strong>di</strong> letteratura<br />
Riflessioni e qualche proposta<br />
Marilia Martinelli<br />
Tra i compiti più problematici<br />
ed inquietanti del ruolo<br />
docente oggi, va senza dubbio<br />
annoverata la scelta del libro<br />
<strong>di</strong> testo <strong>di</strong> letteratura. Rispetto<br />
infatti all’incrollabile punto <strong>di</strong><br />
riferimento rappresentato in passato<br />
dalla rettilinea successione<br />
cronologica <strong>di</strong> autori ed opere<br />
(integrata, in epoche più recenti,<br />
da scelte antologiche e da quadri<br />
<strong>di</strong> riferimento storico-culturali<br />
più o meno ampi) ci si trova ora<br />
<strong>di</strong>nanzi ad una mole <strong>di</strong> proposte<br />
tra le quali è spesso <strong>di</strong>fficile<br />
orientarsi.<br />
Appare evidente che, consumatasi<br />
irrevocabilmente la stagione<br />
del metodo storicistico e <strong>di</strong> quello<br />
linguistico e strutturale, e venuta<br />
meno anche l’ipotesi ancora praticata<br />
<strong>di</strong> un compromesso tra <strong>di</strong><br />
loro, si sente il <strong>bisogno</strong> <strong>di</strong> reimpostare<br />
lo stu<strong>di</strong>o letterario attraverso<br />
nuove angolazioni.<br />
<strong>Il</strong> problema, già da tempo affrontato<br />
in ambito accademico,<br />
risulta particolarmente urgente<br />
nella scuola secondaria superiore<br />
dove all’indebolimento dello<br />
statuto teorico della <strong>di</strong>sciplina si<br />
accompagna la quoti<strong>di</strong>ana constatazione<br />
della sua per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> valore<br />
e <strong>di</strong> centralità, la sua riduzione a<br />
repertorio archeologico <strong>di</strong> dati<br />
e nozioni esemplificati, in nome<br />
del sacrale “richiamo al testo”,<br />
da frammentarie letture, scelte<br />
secondo criteri non sempre identificabili,<br />
dagli insegnanti o dalle<br />
case e<strong>di</strong>trici.<br />
Indubbiamente i termini della<br />
questione vanno anzitutto posti<br />
nella pratica <strong>di</strong>dattica.<br />
La ridefinizione dello stu<strong>di</strong>o<br />
letterario comporta infatti la<br />
consapevolezza delle sue finalità<br />
perché solo la costruzione <strong>di</strong> un<br />
progetto (se possibile largamente<br />
con<strong>di</strong>viso), dal quale emergano<br />
chiaramente le mete da raggiungere,<br />
aiuta a reperire una “chiave<br />
<strong>di</strong> lettura” nella valanga <strong>di</strong> manuali<br />
dalla veste e<strong>di</strong>toriale innovativa<br />
per in<strong>di</strong>viduare quello più<br />
coerente con le proprie scelte<br />
teoriche e <strong>di</strong> conseguenza più<br />
efficace. Non va del resto nemmeno<br />
trascurato il fatto che qualunque<br />
strategia d’insegnamento<br />
si realizza attraverso una relazione<br />
umana favorevole, grazie alla<br />
quale il docente si pone come<br />
autorevole me<strong>di</strong>atore culturale e<br />
che dunque spetta a lui il compito<br />
<strong>di</strong> plasmare qualunque libro<br />
<strong>di</strong> testo, secondo criteri fissati dai<br />
bisogni formativi degli alunni,<br />
dalle proprie capacità culturali e<br />
creative, dalle proprie esigenze<br />
progettuali.<br />
Nonostante questa premessa,<br />
l’esigenza <strong>di</strong> uno strumento <strong>di</strong>dattico<br />
che rappresenti una gui-<br />
da, sia pur problematica, per docenti<br />
e alunni, emerge con particolare<br />
forza nell’attuale clima <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>sagio intellettuale e operativo.<br />
A questo punto non resta perciò<br />
che attraversare i libri <strong>di</strong> testo più<br />
<strong>di</strong>ffusi, alla ricerca <strong>di</strong> eventuali<br />
no<strong>di</strong> irrisolti, <strong>di</strong> aporie non riassorbite<br />
dalle scelte concrete, non<br />
per livore <strong>di</strong>sfattista ma per fornire<br />
un modesto contributo alle<br />
ipotesi <strong>di</strong> rinnovamento.<br />
Già ad un rapido sguardo ad<br />
alcune “proposte <strong>di</strong> adozione”<br />
inviate ai docenti, o alle “presentazioni”<br />
introduttive, risaltano<br />
alcuni aspetti su cui s’insiste in<br />
modo particolare: la “novità” dell’impianto<br />
e della presentazione<br />
<strong>di</strong> opere e autori, la modularità,<br />
l’“approccio <strong>di</strong>namico” per<br />
sviluppare “itinerari <strong>di</strong> lettura in<br />
archi temporali non rigidamente<br />
precostituiti”. Sembrano magiche<br />
formule salvifiche, atte a rendere<br />
il docente automaticamente “innovativo”<br />
e a segnare la sua promozione<br />
<strong>di</strong> merito rispetto agli<br />
arretrati apologeti dell’ormai vieta<br />
<strong>di</strong>dattica storicistica e filologica.<br />
Tuttavia la lettura più interna<br />
apre una prospettiva un po’ meno<br />
ottimistica sulla possibilità <strong>di</strong> facili<br />
rivoluzioni. Spesso l’articolazione<br />
già predeterminata in moduli (<strong>di</strong><br />
cui non sempre è chiara l’origine<br />
tematica, <strong>di</strong> genere o storico culturale)<br />
rappresenta un vincolo<br />
molto forte alla costruzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorsi<br />
alternativi. Agli autori canonici<br />
viene de<strong>di</strong>cato un’estensione<br />
sovra<strong>di</strong>mensionata rispetto agli<br />
abituali limiti temporali del contesto<br />
scolastico e in più l’assenza<br />
o l’esiguità <strong>di</strong> spazio de<strong>di</strong>cato alla<br />
loro attualizzazione finisce con il<br />
rendere piuttosto tra<strong>di</strong>zionale e<br />
irrigi<strong>di</strong>ta nelle consuete etichette<br />
storicistiche, l’impostazione dei<br />
testi. Lo stesso “sfondamento cronologico”<br />
dei percorsi, in genere<br />
episo<strong>di</strong>co, sembra esaurirsi a volte<br />
nell’originalità della proposta<br />
anziché rispondere al vantaggio<br />
<strong>di</strong> mostrare, ad esempio, le modalità<br />
<strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong> un tema o<br />
<strong>di</strong> un genere o comprendere la<br />
storicità interna alle <strong>di</strong>verse interpretazioni<br />
<strong>di</strong> un’opera o <strong>di</strong> un<br />
autore. Gli “approfon<strong>di</strong>menti”,<br />
spesso apposti a fugare il sentore<br />
<strong>di</strong> riduzioni eccessive delle problematiche<br />
culturali, lungi dal<br />
proporre collegamenti con altre<br />
arti o a sollecitare consultazioni<br />
<strong>di</strong> altri testi, si risolvono in ulteriori<br />
in<strong>di</strong>cazioni nozionistiche. E,<br />
elemento ancor più importante<br />
in opere che si propongono <strong>di</strong><br />
costruire un lettore “esperto”, le<br />
analisi testuali, ridotte nella loro<br />
funzione <strong>di</strong> supporto per la lettura,<br />
si limitano a proporre esercizi<br />
<strong>di</strong> riassunto o <strong>di</strong> ricerca, in sé<br />
conclusa, <strong>di</strong> tracce retoriche o <strong>di</strong><br />
espressioni e immagini ricorrenti.<br />
Mi fermo qui.<br />
Chiaramente non penso che la<br />
questione si risolva in una scansione<br />
manichea tra <strong>di</strong>fensori e<br />
denigratori dell’una o dell’altra<br />
strategia <strong>di</strong>dattica.<br />
Vorrei solo mettere in guar<strong>di</strong>a<br />
dal rischio <strong>di</strong> semplificazioni e<br />
banalizzazioni <strong>di</strong> contenuti e <strong>di</strong><br />
modalità analisi o <strong>di</strong> riduzione<br />
della complessità dei fenomeni<br />
letterari, tanto più che spesso le<br />
prove <strong>di</strong> verifica (per lo più strutturate)<br />
consistono nell’accertare<br />
l’acquisizione <strong>di</strong> definizioni stereotipate<br />
e <strong>di</strong> concetti, già in<strong>di</strong>cati<br />
come “essenziali” nei moduli (o<br />
capitoli?) del testo.<br />
D’altro canto, anche quando la<br />
novità dell’impostazione appare<br />
non solo aprioristicamente <strong>di</strong>chiarata<br />
e consiste nella volontà<br />
<strong>di</strong> presentare il fenomeno letterario<br />
nella sua pluri<strong>di</strong>mensionalità,<br />
ad<strong>di</strong>tando <strong>di</strong>verse e stimolanti<br />
modalità <strong>di</strong> approccio anche inter<strong>di</strong>sciplinari,<br />
le risposte fornite<br />
suscitano dubbi non facilmente<br />
risolvibili. A volte, ad esempio, affiora<br />
la contrad<strong>di</strong>zione tra il corredo<br />
interpretativo assai ricco e <strong>di</strong><br />
alto profilo professionale e l’invito<br />
a docenti e alunni a costruire<br />
autonomamente e creativamente<br />
propri modelli alternativi.<br />
In altri casi, le proposte <strong>di</strong>dattiche<br />
sono così “comode” e precise<br />
che sembrano scoraggiare<br />
l’uso più autonomo e duttile del<br />
libro <strong>di</strong> testo.<br />
Sembra, in altri termini, che<br />
nell’attuale fase <strong>di</strong> ricerca <strong>di</strong> vie<br />
metodologiche “altre” dai vecchi<br />
imperativi categorici non più<br />
proponibili, e del resto per molti<br />
insod<strong>di</strong>sfacenti, prevalga negli autori<br />
dei manuali l’ansia <strong>di</strong> fornire<br />
agli insegnanti e agli alunni delle<br />
griglie, delle prove, delle piste<br />
tracciate, magari da loro stessi<br />
richieste, ma da cui poi essi non<br />
riescano più ad uscire.<br />
Questa, comunque, non vuole<br />
essere la <strong>di</strong>fesa incon<strong>di</strong>zionata<br />
<strong>di</strong> qualche tentativo <strong>di</strong> eliminare<br />
spunti <strong>di</strong> analisi e linee introduttive<br />
ai testi in nome dell’autonomia<br />
interpretativa degli alunni e<br />
della loro “spontaneità” <strong>di</strong> lettura.<br />
L’educazione alla comprensione<br />
del testo letterario, delle sue<br />
caratteristiche contenutistiche e<br />
formali, della sua storicità e del<br />
suo valore è un’abilità da costruire<br />
con pazienza nel tempo con il<br />
supporto dell’insegnante ma anche<br />
del libro <strong>di</strong> testo che devono<br />
in<strong>di</strong>care gli strumenti interpretativi<br />
necessari. Tuttavia se l’obiettivo<br />
è quello <strong>di</strong> formare citta<strong>di</strong>ni in<br />
grado <strong>di</strong> assumere decisioni consapevoli<br />
e non superficiali, dopo<br />
la rigorosa e riflessiva analisi dei<br />
dati in loro possesso, occorre che<br />
gli allievi vengano in<strong>di</strong>rizzati a<br />
porsi delle domande, senza che<br />
si suggeriscano loro risposte che<br />
possano apparire scontate.<br />
L’idea è dunque quella <strong>di</strong> costruire<br />
una letteratura multiprospettica<br />
ma anche orientata nella<br />
propria scelta etica e culturale, e<br />
pertanto sorda sia alle <strong>di</strong>ffuse mode<br />
enciclope<strong>di</strong>che spesso improponibili<br />
nella realtà della <strong>di</strong>dattica<br />
dell’italiano che alle richieste<br />
<strong>di</strong> comode soluzioni operative,<br />
soprattutto in vista delle prove <strong>di</strong><br />
esame; che costituisca per gli insegnanti<br />
uno stimolante strumento<br />
per l’impostazione del lavoro ma<br />
che al tempo stesso li costringa a<br />
“mettersi in gioco” e ad elaborare<br />
<strong>di</strong> volta in volta le prove <strong>di</strong> verifica<br />
e percorsi più appropriati alla<br />
classe e alla propria impostazione<br />
teorica. •<br />
Le nostre scuole sono spesso<br />
sporche, trascurate e fatiscenti:<br />
è <strong>di</strong>fficile in questi<br />
luoghi, per noi e per i/le ragazzi/e<br />
sentirsi attivi, partecipi,<br />
protagonisti. Naturalmente<br />
questa constatazione porterebbe<br />
con sé necessarie riven<strong>di</strong>cazioni<br />
<strong>di</strong> investimenti nell’e<strong>di</strong>lizia<br />
scolastica, oltre a riflessioni<br />
sul ruolo del personale A.T.A. e<br />
delle cooperative cui sono affidate<br />
le pulizie, e sul vandalismo<br />
giovanile. Qui però mi voglio<br />
fermare a raccontare la storia<br />
<strong>di</strong> alcune piccole esperienze<br />
che hanno consentito a un’insegnante<br />
qualsiasi, in alcune<br />
scuole qualsiasi, <strong>di</strong> riappropriarsi<br />
con i suoi ragazzi dello<br />
spazio dell’aula per renderlo<br />
più <strong>nostro</strong>, luogo la cui conformazione<br />
si piega alle esigenze<br />
del <strong>nostro</strong> lavoro laboratoriale<br />
e al tempo stesso specchio, riflesso,<br />
<strong>di</strong> un work in progress.<br />
Mi è capitato, nella mia esperienza<br />
<strong>di</strong> insegnamento nel<br />
biennio, <strong>di</strong> avere una prima <strong>di</strong><br />
liceo socio-psico-pedagogico in<br />
una scuola piuttosto fatiscente:<br />
non è stato facile ottenere dal<br />
preside il permesso, ma quel<br />
sabato pomeriggio passato a ri<strong>di</strong>pingere<br />
l’aula e a rimettere a posto<br />
i banchi, dopo aver formato<br />
gruppi <strong>di</strong> lavoro che gestivano i<br />
vari aspetti <strong>di</strong> reperimento del<br />
materiale e <strong>di</strong> organizzazione<br />
del lavoro, ha attivato una serie<br />
<strong>di</strong> relazioni fra ragazzi che perlopiù<br />
non si conoscevano e ha<br />
dato subito un taglio “fattuale”<br />
al <strong>nostro</strong> modo <strong>di</strong> stare insieme<br />
e in classe, oltre ad aver probabilmente<br />
reso un poco più cauti<br />
gli studenti nei confronti della<br />
tentazione <strong>di</strong> “decorare” l’aula<br />
con i loro personali ricor<strong>di</strong>…<br />
Ogni lavoro <strong>di</strong> gruppo, durante<br />
l’anno (particolarmente<br />
frequenti per materie quali geografia<br />
ed educazione civica) si<br />
concludeva sempre con la produzione<br />
<strong>di</strong> cartelloni, utilizzati<br />
per esporre al resto della classe<br />
il risultato del proprio lavoro,<br />
ma poi appesi a in<strong>di</strong>care un percorso<br />
fatto, a ricordare il contributo<br />
<strong>di</strong> ognuno, a testimoniare<br />
la nostra storia.<br />
Ricordo alcune ore passate in<br />
uno stanzino polveroso a srotolare<br />
enormi carte storiche e<br />
geografiche anti<strong>di</strong>luviane: data<br />
la congenita mancanza <strong>di</strong> fon<strong>di</strong><br />
della scuole (sempre curiosamente<br />
più <strong>di</strong>sponibili per materiale<br />
informatico che per quello<br />
cartaceo) bisogna accontentarsi,<br />
Chichibìo<br />
Numero 21/22 – anno V, gennaio-aprile 2003<br />
Rie<strong>di</strong>zione elettronica a cura <strong>di</strong> Palumbo multime<strong>di</strong>a<br />
I corpi nella scuola<br />
Lo spazio-classe come palestra per la comunità ermen<strong>eu</strong>tica<br />
Elena Fumi<br />
ma nella mia esperienza si trova<br />
sempre qualche reperto che si<br />
presti a funzioni decorative (come<br />
si fa a sviluppare il gusto del<br />
bello in luoghi sempre così brutti?)<br />
e al tempo stesso <strong>di</strong>dattiche<br />
(quanto spesso non ci accorgiamo<br />
che i luoghi nominati nel<br />
corso delle nostre conversazioni<br />
si collocano nebulosamente in<br />
qualche area più o meno indeterminata<br />
del planisfero?).<br />
Ho sempre cercato <strong>di</strong> recuperare<br />
un arma<strong>di</strong>etto, nel quale tenere<br />
<strong>di</strong>zionari (che consultiamo<br />
spessissimo),<br />
Costituzione,<br />
testi scolastici<br />
vari con i quali<br />
arricchire il<br />
<strong>nostro</strong> percorso<br />
<strong>di</strong> ricerca e ho<br />
trovato utilizzatissima<br />
anche<br />
dai ragazzi la<br />
bacheca, sulla<br />
quale all’inizio<br />
ero solo io ad attaccare la programmazione<br />
e gli articoli <strong>di</strong><br />
giornale che credevo potessero<br />
loro interessare, ma che poi si<br />
arricchiva <strong>di</strong> programmi <strong>di</strong> cinema<br />
e teatro, avvisi <strong>di</strong> eventi<br />
o spettacoli in città e – perché<br />
no? – anche <strong>di</strong> un calendario<br />
sul quale erano magari segnati<br />
gli interventi dei vari lavori <strong>di</strong><br />
gruppo, ma anche, per esempio,<br />
vacanze, date <strong>di</strong> gite e visite guidate,<br />
compleanni…<br />
Tutti questi strumenti sono<br />
<strong>di</strong>ventati parte integrante del<br />
mio modo <strong>di</strong> stare in classe con i<br />
ragazzi anche nel triennio, benché<br />
spesso le funzioni cambino:<br />
le pareti risultano meno colorate<br />
(pochissimi o inesistenti i<br />
cartelloni, moltissimi gli articoli<br />
<strong>di</strong> giornale, sui più vari argomenti).<br />
Con le nuove classi e le nuove<br />
aule, i primi giorni de<strong>di</strong>cati alla<br />
sistemazione <strong>di</strong> stecche lungo<br />
tutte le pareti, alla scelta e alla<br />
collocazione delle carte geografiche,<br />
alla pre<strong>di</strong>sposizione della<br />
bacheca, al trasporto o alla<br />
“messa in uso” dell’arma<strong>di</strong>etto<br />
sono momenti che coinvolgono<br />
tutta la classe con uno stile <strong>di</strong> laboratorio<br />
basato sul fare che mi<br />
sembra la preparazione migliore<br />
al lavoro cui ci accingiamo. <strong>Il</strong> fatto<br />
che i ragazzi si approprino <strong>di</strong><br />
uno spazio che solitamente sentono<br />
come estraneo se non ad<strong>di</strong>rittura<br />
minaccioso e nemico li<br />
pone nell’atteggiamento giusto<br />
nei confronti <strong>di</strong> ciò che in quel-<br />
« come si fa<br />
a sviluppare<br />
il gusto del bello<br />
in luoghi sempre<br />
così brutti? »<br />
lo spazio, insieme, saremo chiamati<br />
a fare. È vero che all’inizio<br />
sono l’unica che appende alle<br />
stecche gli articoli <strong>di</strong> giornale,<br />
ma con il passare del tempo i<br />
ragazzi non si limitano a leggere<br />
nei momenti liberi qualche articolo<br />
o a portarne a casa qualcuno:<br />
portano e appendono i loro<br />
contributi, talvolta eterodossi,<br />
offerti a docenti e compagni.<br />
Anche le pareti si arricchiscono<br />
delle tracce <strong>di</strong> un percorso<br />
comune, con poster <strong>di</strong> mostre<br />
che abbiamo visitato insieme, o<br />
<strong>di</strong> spettacoli cui<br />
abbiamo assistito…<br />
L’aspetto più<br />
rilevante, però,<br />
quello cui vorrei<br />
de<strong>di</strong>care ora<br />
un’attenzione<br />
particolare, riguarda<br />
la <strong>di</strong>stribuzione<br />
nello<br />
spazio-classe dei<br />
banchi e della cattedra, e la collocazione<br />
dei corpi <strong>di</strong> docenti<br />
ed alunni.<br />
Se la classe deve essere lo<br />
spazio in cui c’è una progettazione<br />
ed elaborazione comune<br />
rispetto alla quale il docente si<br />
propone come facilitatore e garante<br />
dei processi, è necessario<br />
che i banchi <strong>di</strong>ventino mobili e<br />
la prospettiva muti, variando il<br />
centro e lo sguardo reciproco.<br />
La collocazione dei banchi su<br />
file che guardano la cattedra<br />
raramente sarà quella adeguata<br />
a coinvolgere gli studenti in un<br />
clima <strong>di</strong> ricerca e <strong>di</strong>battito, a<br />
meno che il docente stesso non<br />
si sposti nell’aula invitando, anche<br />
con la propria presenza e<br />
vicinanza fisica, all’intervento e<br />
alla <strong>di</strong>scussione. Questa <strong>di</strong>sposizione<br />
si presterà ad attività specifiche,<br />
in cui i singoli studenti<br />
siano chiamati alla cattedra a<br />
esporre a tutta la classe un lavoro<br />
fatto, e al docente sarà utile<br />
mutare la propria prospettiva<br />
sul gruppo-classe guardandolo<br />
dal fondo, cogliendo le posture<br />
e le relazioni, ponendosi in posizione<br />
<strong>di</strong> ascolto delle <strong>di</strong>namiche<br />
del gruppo-classe. Anche per<br />
gli studenti è formativo parlare<br />
rivolgendosi <strong>di</strong>rettamente a un<br />
u<strong>di</strong>torio e, dopo le prime volte<br />
in cui nessuno oserà intervenire<br />
perché pensano si tratti <strong>di</strong><br />
un’interrogazione camuffata,<br />
più facilmente la presentazione<br />
darà spunto al <strong>di</strong>battito e all’elaborazione<br />
comune.<br />
Una variante <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>sposizione<br />
è quella che si può realizzare<br />
per le “tavole rotonde”, in<br />
cui è un gruppo <strong>di</strong> studenti ad<br />
aver affrontato un argomento o<br />
un testo da <strong>di</strong>versi punti <strong>di</strong> vista,<br />
per cui nell’esporre <strong>di</strong>alogano<br />
fra loro, ma sempre rivolti al<br />
resto del gruppo classe.<br />
Secondo me resta vero che la<br />
<strong>di</strong>sposizione circolare dei banchi<br />
– spesso in uso ancora nella<br />
scuola me<strong>di</strong>a – è quella che<br />
maggiormente facilita il coinvolgimento<br />
<strong>di</strong> ogni singolo alunno<br />
nel <strong>di</strong>battito ermen<strong>eu</strong>tico, rendendolo<br />
autenticamente partecipe<br />
della palestra <strong>di</strong> democrazia<br />
<strong>di</strong> cui parla Luperini (<strong>Il</strong> professore<br />
come intellettuale), ma è vero che<br />
spesso l’elevato numero degli<br />
allievi non consente tale <strong>di</strong>sposizione,<br />
ed allora bisogna ripiegare<br />
su soluzioni <strong>di</strong>verse.<br />
Naturalmente i banchi saranno<br />
utilizzati per i lavori o i<br />
compiti a coppie, e verranno a<br />
costituire delle isole per i lavori<br />
<strong>di</strong> gruppo, preparatori alle<br />
attività <strong>di</strong> cui si è detto sopra, o<br />
finalizzati a produrre contributi<br />
scritti.<br />
Un’ultima <strong>di</strong>sposizione che<br />
mi pare utile in certi momenti<br />
particolari della vita della classe<br />
è quella che sposta tutti i banchi<br />
alle pareti e realizza un cerchio<br />
<strong>di</strong> se<strong>di</strong>e in cui il docente<br />
si trova anche fisicamente allo<br />
stesso livello degli altri.<br />
Ogni alunno, in qualsiasi punto<br />
della classe si collochi (e qualsiasi<br />
docente sa bene che <strong>di</strong>fficilmente<br />
queste collocazioni sono<br />
casuali), deve sentirsi coinvolto<br />
nel lavoro comune.<br />
Qualche parola meriterebbe<br />
forse anche l’uso più generale<br />
degli spazi della scuola:<br />
au<strong>di</strong>torium o aula magna – in<br />
cui poter incontrare persone<br />
significative o presentare un<br />
proprio lavoro in un contesto<br />
più ampio e più formalizzato<br />
–, biblioteca, ma anche spazi<br />
all’esterno in cui poter svolgere<br />
lezioni meno formali e<br />
forse più piacevoli in occasione<br />
<strong>di</strong> giornate <strong>di</strong> bel tempo.<br />
Anche qui mi sembra che il<br />
senso potrebbe essere quello<br />
<strong>di</strong> sentire la scuola più propria,<br />
<strong>di</strong> scoprirla come spazio<br />
in cui ci si può esprimere e<br />
stare bene, anche con i nostri<br />
corpi, che troppo spesso, nella<br />
scuola italiana, hanno <strong>di</strong>ritto<br />
<strong>di</strong> citta<strong>di</strong>nanza a malapena in<br />
palestra. •<br />
9
10<br />
Chichibìo<br />
Numero 21/22 – anno V, gennaio-aprile 2003<br />
Rie<strong>di</strong>zione elettronica a cura <strong>di</strong> Palumbo multime<strong>di</strong>a<br />
Intelligenza Artificiale,<br />
multime<strong>di</strong>alità e <strong>di</strong>dattica<br />
<strong>Il</strong> paradosso della corporeità<br />
Sergio Guarente<br />
Artificiale (IA)<br />
si è affermata come <strong>di</strong>sci-<br />
L’Intelligenza<br />
plina tecnico-scientifica<br />
autonoma a partire dal 1956, proponendosi<br />
quale obiettivo fondamentale<br />
l’imitazione o riproduzione,<br />
attraverso la costruzione <strong>di</strong><br />
macchine elettroniche, dell’attività<br />
mentale umana. Infatti, le ambizioni<br />
iniziali dell’IA non si sono<br />
in<strong>di</strong>rizzate all’impresa, ingenua<br />
e impossibile, <strong>di</strong> ricostruire una<br />
creatura simile all’uomo nel suo<br />
complesso, quanto piuttosto alla<br />
simulazione <strong>di</strong> una sola parte del<br />
<strong>nostro</strong> essere: la mente, o meglio<br />
l’intelligenza computante, considerata<br />
l’aspetto più importante e<br />
caratteristico dell’uomo. <strong>Il</strong> computer<br />
è stato pertanto innalzato<br />
dall’IA degli inizi a “metafora della<br />
mente”, in grado <strong>di</strong> illuminare<br />
i vari aspetti del pensiero, compresi<br />
quelli più complessi e flessibili.<br />
In particolare, l’IA classica<br />
ha cercato <strong>di</strong> esprimere in forma<br />
algoritmica tutte le conoscenze e<br />
tutte le abilità, comprese quelle<br />
legate al senso comune che ci<br />
guidano nell’agire quoti<strong>di</strong>ano,<br />
per poi tradurle in programmi<br />
<strong>di</strong> computer. In realtà, dopo gli<br />
entusiasmi iniziali, questa trasposizione<br />
si è rivelata assai problematica:<br />
mentre il livello del pensiero<br />
logico-formale (considerato<br />
il più alto) è stato raggiunto in<br />
tempi abbastanza rapi<strong>di</strong>, il livello<br />
del senso comune (considerato<br />
il meno importante) si è rivelato<br />
il più <strong>di</strong>fficile da programmare.<br />
Le realizzazioni dell’IA degli ultimi<br />
quarant’anni hanno condotto<br />
a notevoli successi (abbiamo<br />
a esempio dei computer ottimi<br />
giocatori <strong>di</strong> scacchi), ma anche<br />
a cocenti delusioni (si pensi all’incapacità<br />
dei sistemi esperti <strong>di</strong><br />
padroneggiare il linguaggio naturale<br />
o <strong>di</strong> reagire adeguatamente a<br />
situazioni nuove ed impreviste).<br />
Molti ricercatori hanno ormai<br />
maturato la convinzione che, al<br />
fine <strong>di</strong> replicare compiutamente<br />
l’intelligenza umana (ammesso<br />
che questo sia lo scopo dell’IA),<br />
anche le macchine intelligenti<br />
non possano fare a meno dell’equivalente<br />
<strong>di</strong> un corpo con tutta<br />
la sua attività cognitiva profonda<br />
ed almeno in parte probabilmente<br />
non algoritmica. Se infatti<br />
un’intelligenza <strong>di</strong>sincarnata è da<br />
considerare limitata ed incompleta,<br />
una simulazione sod<strong>di</strong>sfacente<br />
dell’intelligenza naturale potrà<br />
forse realizzarsi soltanto andando<br />
oltre la riproduzione degli aspetti<br />
simbolici e formali della cognizione<br />
umana, attraverso l’aggiunta al<br />
“calcolatore-cervello” <strong>di</strong> un “robot-corpo”<br />
che possa immergersi<br />
nell’ambiente.<br />
La “rivalutazione del corpo”,<br />
che accomuna alcune delle principali<br />
critiche filosofiche dell’IA<br />
classica, può dunque in<strong>di</strong>rizzare<br />
verso nuovi orizzonti le realizzazioni<br />
nel campo dei calcolatori<br />
<strong>di</strong>gitali, nella prospettiva dell’acquisizione,<br />
da parte delle future<br />
macchine intelligenti, <strong>di</strong> una<br />
maggiore flessibilità ed adattabilità<br />
alle situazioni attraverso un<br />
corpo artificiale. E tuttavia, le<br />
o<strong>di</strong>erne tecnologie multime<strong>di</strong>ali<br />
sembrano prefigurare un tale scenario,<br />
nel senso <strong>di</strong> favorire processi<br />
<strong>di</strong> pensiero in qualche modo<br />
legati alla sensorialità, anche<br />
se filtrata, raffreddata e trasmessa<br />
dalla virtualità dei me<strong>di</strong>a elettronici.<br />
Ci troviamo <strong>di</strong> fronte ad un<br />
nodo importante della riflessione<br />
più recente sull’IA e le sue implicazioni<br />
pedagogico-<strong>di</strong>dattiche,<br />
ossia al vero e proprio paradosso<br />
del modello computazionale<br />
che per così <strong>di</strong>re “tra<strong>di</strong>sce” se<br />
stesso e si propone come “immersione”<br />
nel sensorio globale,<br />
nella corporeità<br />
sia pure tradotta<br />
dalla tecnologia<br />
informatica. In<br />
altri termini, la<br />
recente <strong>di</strong>scussioneconcernente<br />
le potenzialità<br />
dell’IA<br />
sul piano pedagogico-<strong>di</strong>dattico<br />
si è in<strong>di</strong>rizzata<br />
ad un chiaro e<br />
paradossale collegamento<br />
tra il<br />
computer – inteso<br />
come strumentomultime<strong>di</strong>ale<br />
– e i processi <strong>di</strong> conoscenza<br />
e <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento riconducibili<br />
al vissuto. Sulla scorta dell’in<strong>di</strong>rizzo<br />
teorico definito teoria della<br />
complessità (che annovera autori<br />
come Edgar Morin, <strong>Il</strong>ya Prigogine,<br />
Francisco J. Varela), è possibile<br />
parlare <strong>di</strong> una vera e propria<br />
conversione a livello pedagogico<strong>di</strong>dattico<br />
del modello computazionale,<br />
tipico della tecnologia<br />
informatica ed elettronica, in modello<br />
dell’apertura al corporeo.<br />
Una <strong>di</strong>dattica rinnovata dovrebbe<br />
infatti, secondo alcuni stu<strong>di</strong>osi,<br />
puntare al superamento – o quanto<br />
meno all’integrazione – del<br />
tra<strong>di</strong>zionale appren<strong>di</strong>mento cerebrale<br />
(fondato sull’astrazione)<br />
« le nuove<br />
frontiere dell’IA<br />
permetterebbero<br />
la realizzazione <strong>di</strong><br />
una nuova <strong>di</strong>dattica<br />
centrata sulla<br />
valorizzazione<br />
del corporeo »<br />
in favore <strong>di</strong> un appren<strong>di</strong>mento<br />
corporale (fondato sull’immersione).<br />
È questa la tesi <strong>di</strong> fondo<br />
<strong>di</strong> Roberto Maragliano, tra i più<br />
entusiasti sostenitori <strong>di</strong> una sorta<br />
<strong>di</strong> scompaginamento dei processi<br />
dell’educazione e dell’istruzione<br />
legati al testo scritto ad opera delle<br />
tecnologie au<strong>di</strong>ovisuali e multime<strong>di</strong>ali.<br />
Secondo Maragliano,<br />
andrebbe in primo luogo combattuta<br />
la pretesa<br />
che l’unica<br />
forma <strong>di</strong> conoscenza<br />
“valida”<br />
sia rappresentata<br />
dalla comunicazione<br />
scritta o<br />
monome<strong>di</strong>ale. <strong>Il</strong><br />
prevalere <strong>di</strong> una<br />
concezione “gutenberghiana”<br />
nella definizione<br />
delle caratteristichedell’app<br />
r e n d i m e n t o<br />
avrebbe infatti<br />
comportato una<br />
formalizzazione<br />
ed astrazione della conoscenza,<br />
una sorta <strong>di</strong> scissione tra la componente<br />
epistemica dell’uomo e<br />
le sue <strong>di</strong>mensioni psico-sensoriali.<br />
L’opportunità offerta da una<br />
<strong>di</strong>dattica multime<strong>di</strong>ale, centrata<br />
sull’uso del computer, è appunto<br />
l’immersione del soggetto che<br />
apprende in una esperienza globale,<br />
in cui il sensoriale non sia<br />
più sacrificato al primato del pensiero<br />
astratto. Le nuove frontiere<br />
dell’IA permetterebbero proprio<br />
la realizzazione <strong>di</strong> una nuova <strong>di</strong>dattica<br />
centrata sulla valorizzazione<br />
del corporeo, in quanto il<br />
computer è una macchina in grado<br />
<strong>di</strong> attivare processi mentali e<br />
sensoriali <strong>di</strong> tipo reticolare e non<br />
sequenziale, quin<strong>di</strong> non riconducibili<br />
semplicemente alla logica<br />
formale e “calcolante”.<br />
Lo strumento fondamentale <strong>di</strong><br />
tale rinnovamento sembra essere<br />
l’oralità secondaria della nostra<br />
era elettronica, che al tempo stesso<br />
rimanda e si oppone all’oralità<br />
primaria precedente la scrittura.<br />
<strong>Il</strong> <strong>di</strong>battito che si è aperto negli<br />
ultimi anni in Italia, relativamente<br />
all’introduzione delle nuove<br />
tecnologie informatiche ed elettroniche<br />
nella scuola, si è incentrato<br />
in buona misura proprio<br />
sulla nozione <strong>di</strong> oralità secondaria<br />
in rapporto alla scrittura ed<br />
alla testualità del libro a stampa.<br />
Da un lato, i sostenitori più o meno<br />
entusiasti – a partire appunto<br />
da Maragliano – delle opportunità<br />
connesse alla “tecnocomunicazione”<br />
intendono l’esperienza<br />
multime<strong>di</strong>ale (ed iperme<strong>di</strong>ale)<br />
come luogo della flui<strong>di</strong>tà e dell’interattività,<br />
come privilegiamento<br />
dell’affettività del vissuto,<br />
troppo spesso <strong>di</strong>sconosciuta dalla<br />
modalità epistemica del pensiero<br />
rappresentata dalla scrittura; le<br />
immagini e i suoni, proponendo<br />
la possibilità <strong>di</strong> nuove pratiche <strong>di</strong>dattiche<br />
legate all’“immersione”<br />
nel contesto, valorizzerebbero<br />
il ruolo attivo del fruitore, non<br />
più passivo utente del messaggio<br />
monome<strong>di</strong>ale e uni<strong>di</strong>rezionale<br />
(autore-lettori) del libro a stampa.<br />
Dall’altro, abbiamo coloro<br />
che invece tendono a sottolineare<br />
i rischi e gli svantaggi sul<br />
piano educativo <strong>di</strong> una adesione<br />
acritica alla <strong>di</strong>mensione multime<strong>di</strong>ale<br />
dell’IA: se infatti il computer<br />
è, in misura crescente, uno<br />
strumento utilizzato per vedere<br />
immagini e una parte essenziale<br />
della multime<strong>di</strong>alità consiste<br />
nella sostituzione del testo scritto<br />
con immagini, non è affatto scontato<br />
che tale sostituzione implichi<br />
un effettivo arricchimento delle<br />
modalità comunicative; paradossalmente,<br />
proprio la “cultura<br />
delle immagini” comporterebbe<br />
una forma <strong>di</strong> comunicazione uni<strong>di</strong>rezionale<br />
(mentre, come si è<br />
visto, i fautori “entusiasti” della<br />
<strong>di</strong>dattica multime<strong>di</strong>ale imputano<br />
piuttosto al testo scritto il carattere<br />
dell’uni<strong>di</strong>rezionalità). Queste<br />
in<strong>di</strong>cazioni – espresse ad esempio<br />
da stu<strong>di</strong>osi come Lucio Russo<br />
e Tomás Maldonado – hanno<br />
senz’altro il merito <strong>di</strong> introdurre<br />
nel <strong>di</strong>battito in corso un appello<br />
a non <strong>di</strong>menticare l’importanza<br />
della razionalità formale-scientifica<br />
come strumento fondamentale<br />
<strong>di</strong> analisi ed interpretazione<br />
della realtà, da non abbandonare<br />
in favore <strong>di</strong> una approssimativa<br />
e acritica adesione al messaggio<br />
sensoriale trasmesso dalla comunicazione<br />
elettronica.<br />
In conclusione, se è certamente<br />
con<strong>di</strong>visibile l’esigenza <strong>di</strong><br />
un’apertura alla multi<strong>di</strong>mensionalità<br />
dell’esperienza, che può<br />
essere favorita dalle nuove tecnologie<br />
legate all’IA, è altrettanto<br />
auspicabile non perdere <strong>di</strong> vista<br />
nell’azione <strong>di</strong>dattica le abilità logico-astratte<br />
proprie del pensiero<br />
scientifico e storicamente legate<br />
all’alfabetizzazione tipografica,<br />
ricordando la <strong>di</strong>fesa della ragione<br />
che ha caratterizzato gli esor<strong>di</strong><br />
dell’Intelligenza Artificiale. •<br />
Le paRoLe<br />
deL NostRo<br />
scoNteNto<br />
La rubrica ha due sole regole del gioco:<br />
partire da un sostantivo, un aggettivo,<br />
un avverbio, un verbo, una frusta parola<br />
che non amiamo; chiudere nel giro <strong>di</strong><br />
1500/2000 battute.<br />
professionalità<br />
<strong>Il</strong> culto della professionalità non<br />
è nato ieri: è nato anche prima<br />
del capitalismo; il capitalismo ha<br />
tenuto sempre la professionalità in alta<br />
considerazione; ma è salita alle stelle<br />
grazie all’ondata del neoliberismo. È<br />
evidente che il culto ha buone ragioni<br />
dalla sua parte: chiunque svolga un<br />
lavoro, chiunque assolva una funzione,<br />
deve possedere competenza e<br />
mirare all’efficienza. Ma modello <strong>di</strong><br />
professionalità si possono considerare<br />
le formiche. Valorizzando senza<br />
limiti la professionalità, si finisce per<br />
valorizzare la me<strong>di</strong>ocrità impeccabile<br />
e per deprimere l’originalità, la ricerca<br />
del nuovo, la capacità <strong>di</strong> iniziativa,<br />
l’estro. Meglio seguire l’autore del<br />
trattato Sul sublime, uno dei massimi<br />
critici letterari dell’antichità: meglio il<br />
poeta sublime, che qualche volta cade,<br />
del poeta me<strong>di</strong>ocre, che non spicca<br />
mai il volo. <strong>Il</strong> culto della professionalità<br />
è molto <strong>di</strong>ffuso nelle Università, e ciò<br />
contribuisce ad accrescerne il grigiore.<br />
Antonio La Penna<br />
(«l’immaginazione», 192, novembre 2002)<br />
progettualità<br />
<strong>Il</strong> culto della professionalità ha molti<br />
adepti (catecumeni e presbiteri<br />
e profeti) anche a scuola. Una<br />
delle sue più invadenti liturgie è<br />
quella che viene quoti<strong>di</strong>anamente<br />
officiata sull’altare della progettualità.<br />
L’imperativo categorico della<br />
scuola postmoderna è: progettare.<br />
La progettualità progettante ha<br />
prodotto uno zampillare <strong>di</strong> iniziative,<br />
alcune <strong>di</strong> ineffabile incongruità. C’è<br />
chi malinconicamente si attarda a<br />
sostenere che la scuola a furia <strong>di</strong><br />
progettarla si finisce col non farla. Ma<br />
è una tesi retriva, che apertamente<br />
sconfessiamo. La nostra, infatti, non<br />
è nostalgia del buon tempo andato –<br />
nessuno vuole tornare all’età dell’oro<br />
(o similoro) dell’approssimazione e del<br />
fai-da-te –, è piuttosto una reazione<br />
dettata dall’istinto <strong>di</strong> sopravvivenza.<br />
Si progetti dunque, con juicio. Ma se<br />
per avere in classe un arma<strong>di</strong>o dove<br />
riporre libri, vocabolari, videocassette,<br />
una mela, si deve re<strong>di</strong>gere un progetto,<br />
allora qualcosa nel sistema-scuola è<br />
impazzito. Rinunzieremo all’arma<strong>di</strong>o;<br />
ci arrangeremo, come al solito in<br />
maniera preprogettuale.<br />
Chichibìo ha un legittimo sospetto<br />
sugli attuali fasti della progettualità:<br />
che eserciti una funzione <strong>di</strong> supplenza,<br />
che sia la spia <strong>di</strong> un’assenza. In tempi<br />
grami si può surrogare il caffè con la<br />
cicoria, si può perfino magnificare la<br />
cicoria autarchica, argomentare che è<br />
meglio del caffè <strong>di</strong> dubbia provenienza<br />
oltramontana. Resta il fatto che il<br />
caffè è caffè e la cicoria è cicoria. Alias:<br />
che una progettazione ineccepibile e<br />
à la page da sola non basta a gettare<br />
un ponte tra cattedra e banchi.<br />
Occorre qualcos’altro. Purtroppo<br />
questo qualcos’altro è <strong>di</strong>fficilmente<br />
progettabile.<br />
Una cosa però ci convince nella<br />
progettualità: l’etimologia. L’idea <strong>di</strong><br />
un gettare (gettarsi) avanti. Non alla<br />
Enrico Toti: mantenendo la stampella,<br />
il cuore e soprattutto la testa sempre<br />
al <strong>di</strong> qua dello steccato. Se si riuscirà<br />
a salvare questo versante avventuroso<br />
e illuministico della progettualità e a<br />
oscurare quello burocratico e paraaziendale,<br />
ci stiamo. Altrimenti rinunziamo<br />
ai progetti e alle loro pompe.<br />
F.M.<br />
LEttERE<br />
A CHICHIBìO<br />
Chichibìo sottoscrive la lettera<br />
degli insegnanti dell’ITIS «A.<br />
Volterra» <strong>di</strong> San Donà <strong>di</strong> Piave<br />
(VE) e anzi, nella convinzione che<br />
davvero il controllo dai libri alle<br />
persone abbia passo breve, si augura<br />
che l’iniziativa sollevi lo sdegno e la<br />
protesta <strong>di</strong> tutti i docenti italiani.<br />
Contro ogni censura<br />
Caro Chichibìo,<br />
come docenti inten<strong>di</strong>amo manifestare<br />
la nostra forte preoccupazione e il<br />
fermo <strong>di</strong>ssenso, in merito alla risoluzione<br />
approvata dalla Commissione<br />
Cultura della Camera, con cui si sollecita<br />
l’esecutivo a controllare l’insegnamento<br />
della Storia nella scuola<br />
italiana. Non ci riteniamo pacificati<br />
dalle <strong>di</strong>chiarazioni del Ministro per<br />
i rapporti col Parlamento – che pur<br />
saggiamente, ha <strong>di</strong>chiarato “irricevibile”<br />
per il governo tale risoluzione<br />
– perché leggiamo la vicenda come<br />
passo ulteriore, e più alto, sulla strada<br />
già aperta qualche anno fa dalla Regione<br />
Lazio. La scelta <strong>di</strong> sollevare la<br />
questione dell’imparzialità dei testi <strong>di</strong><br />
Storia, nelle forme decise oggi dalla<br />
Commissione Cultura della Camera,<br />
appare con tutta evidenza pretestuosa.<br />
Perché si comincia controllando<br />
i libri, si continua controllando le<br />
persone. Se il governo intendesse<br />
assumere la tutela dell’insegnamento<br />
della Storia, si metterebbe nella<br />
con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> «assicurarsi che gli insegnanti<br />
obbe<strong>di</strong>scano al ruolo loro<br />
assegnato» (M. Salvadori, «la Repubblica»,<br />
12.12.02). Questa prospettiva<br />
liberticida fa una cosa sola con la<br />
tendenza evidente a ignorare l’opinione<br />
degli insegnanti – autonoma<br />
da quella espressa nei libri, qualsiasi<br />
essa sia! – in questioni così nevralgiche<br />
per la formazione dell’identità<br />
collettiva dei citta<strong>di</strong>ni, com’è quella<br />
dell’insegnamento della storia. Anche<br />
in questa vicenda, come nella<br />
precedente iniziativa della Regione<br />
Lazio si ignora totalmente l’esistenza<br />
degli insegnanti e vale il giu<strong>di</strong>zio<br />
dato a suo tempo dallo storico Enzo<br />
Collotti: «Ciò si può interpretare in<br />
vari mo<strong>di</strong>: come ignoranza del ruolo<br />
che essi svolgono nella scuola e come<br />
sopravvalutazione invece della parte<br />
dei manuali della <strong>di</strong>dattica; o come<br />
nostalgia <strong>di</strong> un pensiero unico da<br />
imporre in primo luogo agli insegnanti<br />
attraverso il libro <strong>di</strong> testo. In<br />
ogni caso il ruolo ad essi assegnato<br />
si configura come un ruolo passivo,<br />
quasi che essi non avessero né la capacità<br />
<strong>di</strong> operare la scelta dei testi né<br />
quella <strong>di</strong> usare, integrare e criticare i<br />
testi stessi».<br />
Noi riteniamo che in una società<br />
democratica, l’unica istanza abilitata<br />
a dare una valutazione dei libri <strong>di</strong><br />
testo, o <strong>di</strong> qualsiasi altro prodotto<br />
letterario, o documentario, è costituita<br />
dalla libera lettura critica. Ogni<br />
interferenza del potere politico altro<br />
non è che censura e non può non<br />
avere, quali che ne fossero le intenzioni,<br />
una valenza intimidatoria. Riteniamo<br />
altresì un dovere, civile e<br />
politico, dare una risposta energica<br />
alla permanente volontà antidemocratica<br />
<strong>di</strong> controllo sugli strumenti<br />
della <strong>di</strong>dattica liberamente scelti. Un<br />
dovere <strong>di</strong> tutti, ma in primo luogo <strong>di</strong><br />
quei docenti che vogliano tutelare<br />
non il semplice “posto <strong>di</strong> lavoro”, ma<br />
il loro specifico ruolo professionale,<br />
ribadendo il carattere costituzionale<br />
della libertà d’insegnamento, a prescindere<br />
dalle maggioranze <strong>di</strong> governo<br />
al potere.<br />
Gli insegnanti dell’ItIS «A. Volterra»<br />
<strong>di</strong> San Donà <strong>di</strong> Piave (VE)<br />
<strong>Il</strong> titolo del presente intervento<br />
potrebbe far sobbalzare sulla<br />
se<strong>di</strong>a qualche lettore. Non è<br />
contrad<strong>di</strong>ttorio associare la laicità<br />
alla religione? È forse compito<br />
della scuola insegnare il fatto religioso?<br />
La religione non è affare<br />
degli addetti ai lavori? Ebbene, se<br />
l’Italia fosse un paese “normale”<br />
un titolo del genere atterrebbe all’ambito<br />
della ovvietà; se in Italia<br />
ci fosse meno laicità proclamata e<br />
più laicità vissuta, si coglierebbe<br />
subito che res de nobis loquitur,<br />
specialmente in relazione al contesto<br />
o<strong>di</strong>erno.<br />
È infatti sotto gli occhi <strong>di</strong> tutti<br />
il fatto che l’Europa (e quin<strong>di</strong><br />
anche l’Italia, anche se qualcuno<br />
fa finta <strong>di</strong> non accorgersene)<br />
presenta ormai uno scenario<br />
post-ideologico e post-cristiano:<br />
da un lato, il bipolarismo <strong>di</strong> ieri<br />
è <strong>di</strong>ventato sempre più evanescente<br />
e al suo posto si assiste ad<br />
un rimescolamento <strong>di</strong> posizioni<br />
<strong>di</strong>verse che faticano a trovare<br />
una sintesi feconda; dall’altro, il<br />
monoconfessionalismo, nelle sue<br />
varianti cattolica e protestante,<br />
ha lasciato il posto al pluralismo<br />
religioso, dovuto non soltanto<br />
all’ondata migratoria, ma anche<br />
allo sgretolamento delle identità<br />
in<strong>di</strong>viduali e collettive che,<br />
nella società postmoderna, non<br />
sono più legate all’appartenenza<br />
religiosa, o perlomeno non solo<br />
a quella. In Europa <strong>di</strong>ventano<br />
sempre più labili le frontiere tra<br />
culture, fe<strong>di</strong>, stili <strong>di</strong> vita, scelte<br />
etiche, identità <strong>di</strong>verse.<br />
Tale scenario pone un interrogativo:<br />
come realizzare una<br />
feconda convivenza civile in cui<br />
le <strong>di</strong>fferenze culturali, etniche e<br />
religiose siano fonte <strong>di</strong> arricchimento<br />
anziché <strong>di</strong> conflitto? La<br />
risposta politically correct mostra<br />
tutti i suoi limiti nel momento<br />
in cui la sacrosanta <strong>di</strong>fesa del<br />
pluralismo delle <strong>di</strong>fferenze genera<br />
una sorta <strong>di</strong> neotribalismo:<br />
l’acritica valorizzazione delle <strong>di</strong>fferenze<br />
conduce al narcisismo<br />
autocontemplativo, alla autoreferenzialità<br />
orgogliosa. La salvaguar<strong>di</strong>a<br />
del pluralismo non deve<br />
generare una pluralità <strong>di</strong> ghetti:<br />
ci troveremmo <strong>di</strong> fronte ad una<br />
società-patchwork alla quale ognuno<br />
si sentirebbe legittimato ad<br />
aggiungere la propria toppa più<br />
o meno colorata.<br />
Una risposta più seria può invece<br />
giungere dal modello della<br />
democrazia laica, in base al<br />
quale, in una società complessa,<br />
le <strong>di</strong>fferenze possono convivere<br />
senza dar luogo a spazi separati<br />
– e quin<strong>di</strong> potenzialmente conflittuali<br />
– solo se vengono fatte interagire<br />
in un <strong>di</strong>battito pubblico,<br />
laico, in cui ciascuno – pur non<br />
ab<strong>di</strong>cando alla propria identità<br />
– possa argomentare le proprie<br />
tesi non nel chiuso <strong>di</strong> una comunità<br />
ghetto ma nell’ambito pubblico,<br />
fino a giungere, attraverso<br />
una negoziazione paziente, ad<br />
una comprensione reciproca. In<br />
questa nuova agorà pubblica ogni<br />
posizione religiosa deve rinunciare<br />
a qualcosa in più per sé: solo<br />
così si può giungere ad un patto<br />
<strong>di</strong> convivenza che fissi regole<br />
comuni, che ognuno poi si deve<br />
impegnare ad osservare. Nessuno<br />
deve rinunciare alla propria identità,<br />
ma, al tempo stesso, nessuno<br />
Chichibìo<br />
Numero 21/22 – anno V, gennaio-aprile 2003<br />
Rie<strong>di</strong>zione elettronica a cura <strong>di</strong> Palumbo multime<strong>di</strong>a<br />
Insegnamento religioso<br />
e laicità della scuola<br />
Una questione aperta<br />
Luciano Zappella<br />
deve pretendere privilegi che derivino<br />
da un’appartenenza religiosa<br />
(chiesa cattolica in testa!) e<br />
accettare i principi democratici <strong>di</strong><br />
convivenza. Così si realizza quella<br />
“solidarietà tra estranei” <strong>di</strong> cui<br />
parla J. Habermas.<br />
Questo <strong>di</strong>battito pubblico laico<br />
mette al riparo dal rischio<br />
del buonismo e della genericità,<br />
perché si tratta <strong>di</strong> un confronto<br />
che avviene all’interno <strong>di</strong> un<br />
perimetro ben delimitato qual è<br />
quello della Carta Costituzionale<br />
(alla faccia <strong>di</strong><br />
chi vorrebbe riscriverla!).<br />
Nello<br />
spazio pubblico<br />
garantito dalla<br />
Costituzione<br />
sono ammesse<br />
tutte le <strong>di</strong>fferenze,<br />
salvo quelle<br />
che non riconoscono<br />
i principi<br />
costituzionali:<br />
senza democrazia<br />
infatti le <strong>di</strong>fferenze non esisterebbero,<br />
ma le <strong>di</strong>fferenze lasciate<br />
a se stesse possono mettere a repentaglio<br />
la democrazia.<br />
Occorre quin<strong>di</strong> superare il concetto<br />
<strong>di</strong> laicità tipico dello schema<br />
liberale classico, in base al<br />
quale si poneva l’accento sulla<br />
separazione tra Stato e chiese.<br />
Nell’o<strong>di</strong>erno contesto multiculturale,<br />
il fatto religioso non può<br />
più essere confinato nella sfera<br />
del privato, per la semplice ragione<br />
che, se le <strong>di</strong>fferenze religiose<br />
non si confrontano nello spazio<br />
pubblico, si arriva ad una recrudescenza<br />
dei conflitti. <strong>Il</strong> nuovo<br />
concetto <strong>di</strong> laicità <strong>di</strong>ce che le<br />
visioni <strong>di</strong>verse vanno confrontate<br />
e argomentate (e scontrarsi<br />
con le argomentazioni è meglio<br />
che scontrarsi con le bombe): un<br />
fondamentalismo che deve fare i<br />
conti con le regole del <strong>di</strong>battito<br />
democratico è costretto o a correggere<br />
se stesso oppure a uscire<br />
dalla scena pubblica. Se lo spazio<br />
« un confronto<br />
e la relativa<br />
conoscenza tra culture<br />
non può prescindere<br />
da un confronto<br />
tra le religioni »<br />
pubblico non può più essere n<strong>eu</strong>trale<br />
<strong>di</strong> fronte al fatto religioso,<br />
ne consegue che il principio <strong>di</strong><br />
laicità dello Stato (e della scuola)<br />
non si riduce più alla mera non<br />
interferenza o all’anomalia tutta<br />
italica <strong>di</strong> un insegnamento religioso<br />
confessionale, ma <strong>di</strong>venta,<br />
in positivo, il presi<strong>di</strong>o del pluralismo,<br />
un pluralismo agito e non<br />
solo proclamato.<br />
È su questo versante che la<br />
scuola può e deve offrire un contributo<br />
insostituibile. Essa infatti,<br />
luogo “pubbli-<br />
co” per antonomasia,<br />
è il<br />
laboratorio privilegiato<br />
<strong>di</strong> questo<br />
modello <strong>di</strong><br />
democrazia laica.<br />
Spesso si <strong>di</strong>ce<br />
che la scuola<br />
deve preparare<br />
alla vita i futuri<br />
citta<strong>di</strong>ni, salvo<br />
poi <strong>di</strong>menticare<br />
che essa stessa è già la vita e che<br />
i nostri alunni sono già citta<strong>di</strong>ni.<br />
Ebbene, la scuola è (speriamo<br />
lo rimanga a lungo) la prima<br />
occasione che gli alunni hanno<br />
<strong>di</strong> confrontare e argomentare le<br />
proprie convinzioni (culturali,<br />
etiche, politiche o religiose che<br />
siano) all’interno <strong>di</strong> uno spazio<br />
pubblico in cui vigono le regole<br />
del confronto democratico. La<br />
scuola è l’unico spazio pubblico<br />
in cui si costruisce la citta<strong>di</strong>nanza<br />
democratica. E questo, sia detto<br />
per inciso, vale o dovrebbe valere<br />
anche per le scuole non statali.<br />
Se dunque le <strong>di</strong>fferenze devono<br />
essere argomentate nello<br />
spazio pubblico e se la scuola è lo<br />
spazio pubblico per eccellenza,<br />
ne deriva che la scuola deve porsi<br />
come un laboratorio <strong>di</strong> ricerca<br />
sulle <strong>di</strong>fferenze. Ma affinché le<br />
<strong>di</strong>fferenze siano argomentate,<br />
occorre avere una approfon<strong>di</strong>ta<br />
conoscenza della propria e dell’altrui<br />
identità, pena il rischio <strong>di</strong><br />
Le immagini <strong>di</strong> questo numero <strong>di</strong> Chichibìo sono tratte dal numero 508 <strong>di</strong> “Tex” e da Palestina. Una nazione occupata <strong>di</strong> Joe Sacco.<br />
11<br />
un <strong>di</strong>alogo generico o, peggio ancora,<br />
esotico, tipico, per esempio,<br />
della retorica multiculturalista<br />
che vede la <strong>di</strong>versità come semplice<br />
curiosità.<br />
Ora, un confronto, e la relativa<br />
conoscenza, tra culture non può<br />
prescindere da un confronto tra<br />
religioni. A <strong>di</strong>spetto della presenza<br />
confessionale cattolica e<br />
<strong>di</strong> troppi rimasugli <strong>di</strong> laicismo<br />
veteroliberale (cosa ben <strong>di</strong>versa<br />
dalla laicità!), l’insegnamento del<br />
fatto religioso a scuola mi sembra<br />
assumere sempre più i caratteri<br />
dell’urgenza.<br />
Per esigenze <strong>di</strong> spazio sottolineo<br />
solo due ragioni. Anzitutto,<br />
perché non si possono confrontare<br />
tra<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong>verse se si ignora<br />
l’influenza della religione sugli<br />
eventi storici e sulle espressioni<br />
culturali e politiche. Tutti sanno<br />
quanto la storia culturale, sociale<br />
e politica dell’Occidente sia stata<br />
influenzata dalle tre religioni<br />
monoteistiche, ma come si può<br />
argomentare tale influenza se si<br />
ignorano i fondamenti teologici e<br />
l’evoluzione storica dell’ebraismo,<br />
del cristianesimo e dell’islam? In<br />
secondo luogo, uno stu<strong>di</strong>o del<br />
fatto religioso eviterebbe il riproporsi<br />
<strong>di</strong> ciò che spesso le religioni<br />
hanno rappresentato nella<br />
storia in fatto <strong>di</strong> intolleranza e <strong>di</strong><br />
conflitti. Le religioni, e quin<strong>di</strong> le<br />
civiltà, hanno <strong>di</strong>alogato allorché<br />
si sono sforzate <strong>di</strong> conoscersi. Da<br />
ultimo: come insegnare il fatto<br />
religioso? In estrema sintesi: no al<br />
monoconfessionalismo cattolico<br />
(spesso insegnamento <strong>di</strong> varia<br />
umanità); no alla parcellizzazione<br />
degli insegnamenti religiosi (si<br />
correrebbe il rischio <strong>di</strong> un supermarket<br />
delle confessioni in cui si<br />
<strong>di</strong>aloga, infruttuosamente o integralisticamente,<br />
tra uguali); no al<br />
laicismo che confina le religioni<br />
nello spazio privato (la storia ha<br />
<strong>di</strong>mostrato che così non è stato);<br />
sì invece ad un insegnamento <strong>di</strong><br />
tipo curricolare e dalla forte impronta<br />
storico-fenomenologica e<br />
quin<strong>di</strong> aconfessionale.<br />
Dunque: laicità dell’educazione<br />
come educazione alla laicità;<br />
religioni nello spazio dell’agorà<br />
pubblica e non solo nello spazio<br />
della coscienza; dalla tolleranza<br />
ingenua alla conoscenza argomentata;<br />
insegnamento storicofenomenologico<br />
e aconfessionale<br />
delle religioni. Bisogna cioè<br />
mettere in moto il circolo virtuoso<br />
per cui solo uno Stato laico<br />
genera una scuola laica, ma<br />
al tempo stesso solo una scuola<br />
laica genera uno Stato (cioè citta<strong>di</strong>ni)<br />
laico.<br />
È quin<strong>di</strong> veramente triste<br />
che un ministro dell’Istruzione<br />
(pubblica) faccia propria la<br />
richiesta wojtiliana <strong>di</strong> esporre<br />
il crocifisso quale segno identitario<br />
<strong>di</strong> una civiltà in cui la<br />
croce ha sì generato luminosi<br />
esempi <strong>di</strong> apertura, ma anche<br />
tetre immagini <strong>di</strong> intolleranza e<br />
<strong>di</strong> sopraffazione. A parte l’ovvio<br />
invito ad occuparsi dei problemi<br />
seri della scuola, vorrei sommessamente<br />
far notare alla signora<br />
Moratti che, per un cristiano, il<br />
crocifisso è segno <strong>di</strong> scandalo,<br />
<strong>di</strong> infamia e <strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>zione,<br />
non un trofeo da esibire gloriosamente<br />
o un marchio etnico in<br />
funzione antislamica. •
12<br />
I nipoti <strong>di</strong> Chamisso<br />
La letteratura interculturale in Germania<br />
Daniela Roversi<br />
Adalbert von Chamisso non<br />
avrebbe mai pensato <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>ventare il capostipite <strong>di</strong><br />
intere generazioni <strong>di</strong> emigranti.<br />
Nato in Francia ma costretto<br />
in seguito alle prime avvisaglie<br />
rivoluzionarie ad emigrare con<br />
la famiglia in Germania, riesce<br />
a <strong>di</strong>ventare una delle maggiori<br />
personalità del secondo romanticismo<br />
tedesco. Ciononostante,<br />
questo nobile francese, <strong>di</strong>venuto<br />
poeta tedesco, rimane per tutta<br />
la vita un deraciné, uno sra<strong>di</strong>cato,<br />
anche quando accetta la Germania<br />
come nuova patria.<br />
<strong>Il</strong> fenomeno si ripete oggi moltiplicato,<br />
quando ci si muove,<br />
non sempre per libera scelta, in<br />
una realtà geograficamente, culturalmente<br />
e linguisticamente <strong>di</strong>versa<br />
da quella d’origine. Quando<br />
il proprio “essere <strong>di</strong>versi” viene<br />
misurato sull’“essere uguali”<br />
<strong>di</strong> una maggioranza cui non si<br />
appartiene. In questi casi può<br />
succedere, come già a Chamisso,<br />
che dallo scontro della propria<br />
naturale pulsione all’omologazione<br />
con l’altrettanto naturale<br />
desiderio <strong>di</strong> non voler rinunciare<br />
alla propria peculiare identità<br />
<strong>di</strong> minoranza nasca l’impulso <strong>di</strong><br />
scrivere. E quando la scrittura<br />
sulla estraneità biografica acquista<br />
lo status <strong>di</strong> un parlare letterario<br />
sull’estraneità, <strong>di</strong>venta fattore<br />
creativo.<br />
Prende corpo in questo modo<br />
una letteratura che, nei paesi <strong>di</strong><br />
lunga tra<strong>di</strong>zione d’immigrazione,<br />
quali gli Stati Uniti o il Canada,<br />
o <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione coloniale, come<br />
la Gran Bretagna o la Francia,<br />
trova da tempo una collocazione<br />
“ufficiale” nell’ambito delle <strong>di</strong>scipline<br />
letterarie. La letteratura<br />
delle Antille in Gran Bretagna o<br />
quella magrebina in Francia, per<br />
citare solo due esempi, sono considerate<br />
tasselli costitutivi del più<br />
ampio mosaico della letteratura<br />
“co<strong>di</strong>ficata”.<br />
Diversa la situazione in quei<br />
paesi come la Germania che, essendo<br />
più giovani nell’esperienza<br />
della plurietnicità, si <strong>di</strong>mostrano<br />
più resistenti ad accogliere all’interno<br />
della loro “mono-cultura”<br />
nazionale forme <strong>di</strong> interculturalità<br />
sempre più emergenti. Basti<br />
pensare che manca a tutt’oggi<br />
una definizione univoca <strong>di</strong> questo<br />
settore della germanistica.<br />
Carmine Chiellino – scrittore e<br />
poeta <strong>di</strong> origine italiana residente<br />
in Germania dal 1970 e tra i<br />
maggiori conoscitori e stu<strong>di</strong>osi<br />
della letteratura <strong>di</strong> autori stranieri<br />
– scriveva infatti nel 1985<br />
che questa letteratura: «continua<br />
ad essere vista dai critici letterari<br />
come una creatura androgina,<br />
che riguarda gli stu<strong>di</strong>osi del linguaggio<br />
e delle scienze sociali.<br />
Essa rappresenta un serbatoio <strong>di</strong><br />
letteratura secondaria per tutti i<br />
settori <strong>di</strong> ricerca che si occupano<br />
della questione degli stranieri in<br />
Germania» (Literatur und Identität<br />
in der Fremde. Zur Literatur<br />
italienischer Autoren in der Bundesrepublik,<br />
Kiel 1989 2 ).<br />
<strong>Il</strong> pericolo è che questi autori<br />
vengano ridotti a meri portavoce<br />
<strong>di</strong> problematiche legate all’emigrazione<br />
e/o all’emarginazione,<br />
e che si trascuri invece il<br />
Chichibìo<br />
Numero 21/22 – anno V, gennaio-aprile 2003<br />
Rie<strong>di</strong>zione elettronica a cura <strong>di</strong> Palumbo multime<strong>di</strong>a<br />
loro portato innovativo sul piano<br />
estetico e linguistico e il valore<br />
conoscitivo dei loro scritti.<br />
Le prime prove letterarie della<br />
minoranza straniera in Germania,<br />
risalenti alla fine degli anni<br />
Settanta, furono ironicamente e<br />
provocatoriamente definite, sia<br />
dalla critica sia dagli stessi autori,<br />
“Gastarbeiterliteratur”: la definizione<br />
“Gastarbeiter” (“lavorato-<br />
razione tra le <strong>di</strong>verse minoranze<br />
nazionali da un lato e tra i lavoratori<br />
stranieri e quelli tedeschi<br />
dall’altro.<br />
Gli autori stranieri con i loro<br />
scritti volevano interagire con la<br />
società tedesca per mo<strong>di</strong>ficarne<br />
gli aspetti più chiusi e intolleranti,<br />
perciò, alla stregua <strong>di</strong> altri<br />
soggetti marginali (donne, omosessuali,<br />
carcerati...) – impegnati<br />
in quegli stessi anni in una critica<br />
politica serrata – sono stati inseriti<br />
nella “Literatur der Betroffenheit”<br />
(“letteratura dello sgomento”).<br />
Da alcuni, tra cui Hiltrud Arens<br />
(in Kulturelle Hybri<strong>di</strong>tät in der d<strong>eu</strong>tschen<br />
Minoritätenliteratur der 80er<br />
Jahre, Tubinga 2000), grazie alla<br />
loro autocoscienza etnica, è stata<br />
riconosciuta in questi scrittori<br />
la capacità <strong>di</strong> problematizzare<br />
in termini sociali e giuri<strong>di</strong>ci la<br />
questione dell’identità tedesca,<br />
considerata una categoria “includente”<br />
piuttosto che emarginante.<br />
Alla successiva “Minderheitenliteratur”<br />
(“letteratura delle<br />
minoranze”) si è affiancata la<br />
più intenzionalmente generica<br />
definizione <strong>di</strong> “Ausländerliteratur”<br />
(“letteratura degli stranieri”) che<br />
raggruppa in<strong>di</strong>stintamente al suo<br />
interno ogni forma <strong>di</strong> scrittura<br />
<strong>di</strong> e su stranieri in Germania e<br />
fuori <strong>di</strong> essa; o quella <strong>di</strong> “Literatur<br />
auslän<strong>di</strong>scher Autoren in der<br />
BRD” (“letteratura degli autori<br />
stranieri nella RFT”), preferita<br />
da Immacolata Amodeo che, riven<strong>di</strong>cando<br />
il suo valore estetico,<br />
ha avvicinato la produzione degli<br />
“autori” stranieri a quella dei colleghi<br />
tedeschi.<br />
Più <strong>di</strong> recente si sono affermate<br />
due nuove categorie critiche:<br />
“Migrantenliteratur” (“letteratura<br />
degli emigranti”) e “Literatur der<br />
Migration” (“letteratura della migrazione”).<br />
Entrambe si pongono<br />
provocatoriamente contro il<br />
punto <strong>di</strong> vista nazional-centrico<br />
che riconosce la letteratura degli<br />
autori stranieri unicamente come<br />
La scrittura e l’interpretazione<br />
Collana <strong>di</strong>retta da Romano Luperini<br />
Scopo <strong>di</strong> questa collana è anzitutto <strong>di</strong> rendere più<br />
agevole, documentato e approfon<strong>di</strong>to lo stu<strong>di</strong>o degli<br />
autori più significativi della letteratura italiana moderna e<br />
contemporanea fornendo sia una interpretazione originale<br />
della loro opera, sia tutti gli strumenti necessari a meglio<br />
conoscerla, a partire dalla ricostruzione accurata e puntuale<br />
della storia della ricezione e della critica. Inoltre, essa<br />
si propone una ripresa del <strong>di</strong>battito critico e teorico e<br />
dell’interesse per le metodologie critiche in un momento,<br />
come l’attuale, <strong>di</strong> in<strong>di</strong>fferenza e <strong>di</strong> generico eclettismo.<br />
Ogni volume si sud<strong>di</strong>vide in due parti, critica l’una,<br />
informativa e documentaria l’altra. A sua volta,<br />
la prima parte contiene due capitoli: un profilo critico<br />
dell’autore, tracciato <strong>di</strong>acronicamente, tenendo conto della<br />
successione delle opere e del contesto storico-culturale,<br />
e una trattazione sistematica della storia della ricezione<br />
(“orizzonte d’attesa” e pubblico, le prime reazioni dei lettori,<br />
le recensioni e il <strong>di</strong>battito letterario) e della interpretazione<br />
critica, ricostruita anche per tendenze e per meto<strong>di</strong> critici.<br />
La seconda parte offre informazioni, apparati, documenti,<br />
e precisamente: una nota biografica; una esauriente e<br />
aggiornata nota bibliografica delle opere e della critica<br />
(quest’ultima sud<strong>di</strong>visa per temi e argomenti, in modo da<br />
favorire le ricerche <strong>di</strong> studenti e stu<strong>di</strong>osi); una antologia<br />
della critica in cui sono presentate le pagine più significative<br />
della ricezione e dell’interpretazione critica relative<br />
all’autore trattato.<br />
G. B. Palumbo E<strong>di</strong>tore<br />
« la letteratura<br />
interculturale<br />
continua ad essere<br />
vista come una<br />
creatura androgina »<br />
re ospite”) – coniata negli anni<br />
Cinquanta quando la Germania,<br />
vivendo una fase <strong>di</strong> forte espansione<br />
economica, fu costretta<br />
per mancanza <strong>di</strong> forza lavoro<br />
interna al sistematico reclutamento<br />
<strong>di</strong> manodopera straniera<br />
– rispecchiava l’atteggiamento<br />
<strong>di</strong> quei politici che sostenevano<br />
che la Repubblica federale non<br />
intendeva <strong>di</strong>ventare un paese<br />
d’immigrazione. I lavoratori stranieri<br />
erano “ospiti a termine” e<br />
in quanto tali tenuti allo scadere<br />
del permesso <strong>di</strong> soggiorno a fare<br />
ritorno ai rispettivi paesi d’origine.<br />
“Gastarbeiterliteratur”, dunque,<br />
fu considerata la letteratura <strong>di</strong>,<br />
per e su i “lavoratori ospiti” in<br />
Germania il cui scopo era quello<br />
<strong>di</strong> contribuire a superare la sepa-<br />
P. CATALDI<br />
MonTALE<br />
volume <strong>di</strong> pp. 276<br />
M. GANERI<br />
iL “CASo” ECo<br />
volume <strong>di</strong> pp. 324<br />
L. LENZINI<br />
GozzAno<br />
volume <strong>di</strong> pp. 260<br />
N. LORENZINI<br />
D’Annunzio<br />
volume <strong>di</strong> pp. 270<br />
L. BARILE<br />
SEREni<br />
volume <strong>di</strong> pp. 236<br />
M. BERTONE<br />
ToMASi<br />
Di LAMPEDuSA<br />
volume <strong>di</strong> pp. 288<br />
G. CONTINI<br />
SvEvo<br />
volume <strong>di</strong> pp. 300<br />
F. RAPPAZZO<br />
viTToRini<br />
volume <strong>di</strong> pp. 288<br />
A. CAVALLI PASINI<br />
DE RoBERTo<br />
volume <strong>di</strong> pp. 288<br />
P. VOZA<br />
MoRAviA<br />
volume <strong>di</strong> pp. 244<br />
E. URGNANI<br />
novEnTA<br />
volume <strong>di</strong> pp. 226<br />
O. BARBELLA<br />
SCiASCiA<br />
volume <strong>di</strong> pp. 336<br />
P. GIOVANNETTI<br />
LuCini<br />
volume <strong>di</strong> pp. 248<br />
F. ROMBOLI<br />
FoGAzzARo<br />
volume <strong>di</strong> pp. 238<br />
E. ZINATO<br />
voLPoni<br />
volume <strong>di</strong> pp. 260<br />
R. CASTELLANA<br />
Tozzi<br />
volume <strong>di</strong> pp. 296<br />
G. TAVIANI<br />
MiChELSTAEDTER<br />
volume <strong>di</strong> pp. 256<br />
sua sub-categoria. La “letteratura<br />
della migrazione” vuole invece<br />
incoraggiare una trasformazione<br />
della concezione <strong>di</strong> letteratura<br />
da nazionale a culturalmente <strong>di</strong>versificata<br />
e contribuire in questo<br />
modo allo sviluppo <strong>di</strong> un segmento<br />
<strong>di</strong> “letteratura mon<strong>di</strong>ale”<br />
(“Weltliteratur”), che non parta<br />
da improbabili culture nazionali<br />
“omogenee” ma nel quale vi sia<br />
spazio per la particolarità <strong>di</strong> ogni<br />
singolo atto creativo. E in questa<br />
<strong>di</strong>rezione va anche chi considera<br />
questa letteratura parte <strong>di</strong> una<br />
più ampia “letteratura interculturale”<br />
(“interkulturelle Literatur”).<br />
Così titola infatti un recente manuale<br />
curato da Chiellino dove<br />
sono raccolti i contributi <strong>di</strong> numerosi<br />
stu<strong>di</strong>osi che si occupano<br />
<strong>di</strong> questo ambito <strong>di</strong> ricerca (Interkulturelle<br />
Literatur in D<strong>eu</strong>tschland.<br />
Ein Handbuch, Stoccarda<br />
2000). L’obiettivo del volume,<br />
che ripercorre la storia letteraria<br />
della Repubblica federale nel<br />
cinquantennio 1955-2000, consiste<br />
nel proporre le letterature<br />
multilingui delle minoranze etnico-culturali<br />
<strong>di</strong> quella nazione<br />
«come parte <strong>di</strong> una letteratura<br />
interculturale», considerata «una<br />
occasione per liberarsi dalle maglie<br />
<strong>di</strong> una troppo stretta e monoculturale<br />
percezione <strong>di</strong> sé» e<br />
una spinta a scuotere la staticità<br />
dei canoni letterari nazionali e le<br />
metodologie previste per la letteratura<br />
già canonizzata.<br />
Si può concludere con Friedrich<br />
Wolfzettel che i nipoti <strong>di</strong><br />
Chamisso sono in procinto <strong>di</strong><br />
uscire dalla fase in cui la loro<br />
letteratura era scritta e vista solo<br />
come letteratura <strong>di</strong> e per stranieri<br />
o come serbatoio esotico ed elitario.<br />
Come il Peter Schlemihl<br />
dell’omonimo romanzo <strong>di</strong> Chamisso,<br />
non cercano più l’ombra<br />
perduta nella protesta o nella<br />
biografia, ma nell’arte e nella<br />
letteratura. •