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Il nostro bisogno di multiculturalismo - Luzappy.eu

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Chichibìo 21/22<br />

rivista<br />

Numero 21/22 anno V, gennaio-aprile 2003<br />

2 Competenze, problematiche, bisogni 6<br />

<strong>Il</strong> punto della situazione<br />

Enrico Carini<br />

5 Passo doppio<br />

7<br />

Libri per comprendere la cronaca<br />

Cinzia Spingola<br />

Tra piccola<br />

e grande storia<br />

Come si fa a parlare dei mali<br />

della scuola italiana quando<br />

incombono, ben più terrorizzanti,<br />

i mali del mondo? Per chi crede<br />

che insegnare Italiano non sia solo<br />

– come molti vorrebbero – trasmettere<br />

competenze parcellizzate misurabili<br />

e n<strong>eu</strong>tre, questa è una contrad<strong>di</strong>zione<br />

paralizzante. Parlare <strong>di</strong> Moratti<br />

quando spirano i venti <strong>di</strong> guerra <strong>di</strong><br />

Bush jr. sembra espressione <strong>di</strong> provincialismo<br />

culturale, dell’incapacità <strong>di</strong><br />

guardare oltre lo steccato del proprio<br />

me<strong>di</strong>ocre orticello: una trista miscela<br />

<strong>di</strong> ottusità e ingenerosità.<br />

Eppure bisogna inventarsi un modo<br />

per trovare, anche nella attuale tempesta<br />

planetaria, uno spazio e un tempo<br />

<strong>di</strong> riflessione da de<strong>di</strong>care alle vicende<br />

che stanno determinando il <strong>nostro</strong><br />

presente e ri<strong>di</strong>segnando il <strong>nostro</strong> futuro,<br />

non più solo <strong>di</strong> insegnanti ma<br />

<strong>di</strong> citta<strong>di</strong>ni. Chichibìo non ha gli<br />

strumenti per mo<strong>di</strong>ficare <strong>di</strong> un grado<br />

la rotta dei potenti della terra; sul<br />

terreno della grande storia e sui suoi<br />

scacchieri internazionali è inerme;<br />

può solo unire la sua voce a tante<br />

altre, <strong>di</strong> denuncia e <strong>di</strong> protesta. Può,<br />

come Brecht in Primavera 1938, tentare<br />

<strong>di</strong> salvare con una tela <strong>di</strong> sacco<br />

il «magro albicocco» minacciato dalla<br />

bufera <strong>di</strong> neve. Una tela <strong>di</strong> sacco che<br />

non salvò quell’albicocco dal gelo e che<br />

non proteggerà i nostri albicocchi; ma<br />

per rispetto <strong>di</strong> quello in cui cre<strong>di</strong>amo e<br />

<strong>di</strong> noi stessi bisogna provarci.<br />

È sul terreno della piccola storia<br />

della scuola italiana che si può giocare<br />

invece un ruolo più propositivo.<br />

Chichibìo può contribuire alla <strong>di</strong>ffusione<br />

<strong>di</strong> una figura <strong>di</strong> insegnante <strong>di</strong><br />

Italiano che non sia né retore né chimico<br />

della parola né tuttologo né ilare<br />

intrattenitore, ma me<strong>di</strong>atore culturale,<br />

interprete nel senso etimologico della<br />

parola: c’è un pretium – un prezzo,<br />

un valore – da attribuire in una<br />

<strong>di</strong>mensione sociale e <strong>di</strong>alogica inter,<br />

tra, molte persone. E attribuire valore<br />

sarà attribuire senso, a un testo innanzitutto,<br />

alla vita poi. E la ricerca<br />

e l’attribuzione <strong>di</strong> senso può salvarci<br />

dal nichilismo, dalla colonizzazione,<br />

dalla rinuncia e dalla sconfitta.<br />

È a partire da questo che si giustifica<br />

l’esistenza stessa del <strong>nostro</strong> giorna-<br />

Ricordo <strong>di</strong> Valeria Nicodemi<br />

le. Se saremo capaci <strong>di</strong> inverare alla<br />

luce <strong>di</strong> questa prospettiva la nostra<br />

funzione prima che il <strong>nostro</strong> ruolo <strong>di</strong><br />

insegnanti, forse potremo resistere agli<br />

attacchi furibon<strong>di</strong> e concentrici che in<br />

questo momento si scatenano contro<br />

la scuola pubblica: la devoluzione; la<br />

libertà <strong>di</strong> insegnamento minacciata<br />

dall’annuncio <strong>di</strong> un nuovo index<br />

librorum prohibitorum; l’ipotesi <strong>di</strong><br />

un co<strong>di</strong>ce deontologico che – dall’alto<br />

<strong>di</strong> una commissione presieduta da<br />

un car<strong>di</strong>nale – plani sulla scuola,<br />

soffocandola; il panaziendalismo che<br />

assume un unico punto <strong>di</strong> riferimento,<br />

il dato economico, e obbedendo a<br />

questa bussola impazzita orienta i destini<br />

della scuola e del paese verso un<br />

collasso <strong>di</strong> civiltà; la volontà esibita<br />

<strong>di</strong> destrutturare la scuola pubblica,<br />

immiserendola, a tutto vantaggio della<br />

scuola privata: <strong>di</strong> prestigio per le<br />

élites che saranno classe <strong>di</strong>rigente,<br />

dequalificata ma pur sempre abilitata<br />

al rilascio <strong>di</strong> <strong>di</strong>plomi con corso legale<br />

per tutti gli altri.<br />

Sta forse qui il nesso tra piccola e<br />

grande storia. Resistere e presi<strong>di</strong>are<br />

quella che è <strong>di</strong>ventata ormai una trincea<br />

acquista un valore etico e politico<br />

certo locale – valido qui e ora, per noi<br />

– ma anche universale. Se è vero che<br />

quella <strong>di</strong> Croce, combattere il fascismo<br />

spiegando bene un sonetto <strong>di</strong> Petrarca,<br />

era una nobile illusione, è altrettanto<br />

vero che una scuola che non sia autoreferenziale,<br />

affannosamente alla<br />

rincorsa del successo sul mercato, reificata,<br />

può garantire a tutti uno spazio<br />

prezioso <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogicità e criticità, cioè<br />

<strong>di</strong> civiltà; può gettare ponti tra le culture<br />

riconoscendo la <strong>di</strong>versità senza<br />

scagliare anatemi.<br />

È proprio qui il varco: la sfida della<br />

multiculturalità. In un mondo globalizzato<br />

e, insieme, asfitticamente locale<br />

una risposta può venire dall’interazione<br />

e dall’integrazione fra le culture,<br />

unico antidoto agli egoismi complici<br />

e simmetrici del globalismo e del localismo.<br />

Per questo Chichibìo ha scelto<br />

<strong>di</strong> puntare sulla multiculturalità, <strong>di</strong><br />

farne oggetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>battito, ragione <strong>di</strong><br />

sopravvivenza, speranza <strong>di</strong> mutamento.<br />

E con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> pace. •<br />

Franco Marchese<br />

<strong>Il</strong> giorno 2 <strong>di</strong>cembre 2002, all’età <strong>di</strong> cinquant’anni, Valeria Nicodemi ci ha lasciato. La<br />

redazione e i collaboratori <strong>di</strong> Chichibio piangono la per<strong>di</strong>ta della sua intelligenza e<br />

della sua generosità. In una società segnata dalla competizione e dall’avarizia, Valeria<br />

ha saputo testimoniare un’idea <strong>di</strong> sapere e un modello <strong>di</strong> coscienza fondati sulla<br />

collaborazione e sullo scambio. Animatrice insostituibile del CIDI Versilia, riusciva a<br />

trasformare gli innumerevoli incontri organizzati negli ultimi <strong>di</strong>eci anni in occasioni<br />

sempre intense e ricche, abbellite dalla sua personalità autentica e appassionata:<br />

ciascuno dei partecipanti ne veniva trascinato come da una forza buona e umana.<br />

Gli amici che la hanno frequentata e che hanno lavorato con lei sono ora più poveri<br />

e più soli; ma conservano la memoria del suo gesto limpido.<br />

Chichibìo<br />

Didattica dell’antico:<br />

stu<strong>di</strong>o della lingua o solo “civiltà”?<br />

Perché non possiamo rinunciare ai testi originali<br />

Massimo Bruno<br />

Per una “modularità sostenibile”<br />

<strong>Il</strong> Progetto Latino <strong>di</strong> un Liceo <strong>di</strong> La Spezia<br />

Marisa Bernar<strong>di</strong>ni - Roberto Centi<br />

oggi nella scuola<br />

<strong>di</strong> forme <strong>di</strong> <strong>di</strong>dattica nuo-<br />

L’esigenza<br />

ve che sappiano accogliere<br />

la prospettiva interculturale (o,<br />

come è forse più corretto, multiculturale)<br />

viene sostenuta con vari<br />

argomenti; e fra tutti primeggia il<br />

riferimento alla nuova composizione<br />

della nostra società e delle<br />

nostre aule scolastiche, appunto<br />

sempre più segnate dalla <strong>di</strong>mensione<br />

multietnica e multiculturale.<br />

È un argomento fondato e serio.<br />

Tuttavia è anche un argomento<br />

pericoloso ed equivoco, solo che<br />

si intenda limitarne il significato<br />

a ragioni <strong>di</strong> accoglienza e <strong>di</strong> integrazione,<br />

fossero pure le meglio<br />

intenzionate; solo cioè che si ritenga<br />

il <strong>nostro</strong> impegno in questa<br />

<strong>di</strong>rezione de<strong>di</strong>cato ai nuovi soggetti<br />

immigrati e ai loro bisogni,<br />

veri o presunti, anziché proteso<br />

a colmare un <strong>nostro</strong> <strong>bisogno</strong> urgente.<br />

Dobbiamo ammettere invece<br />

che la prospettiva multiculturale è<br />

innanzitutto una nostra esigenza,<br />

un’esigenza, anzi, consustanziale<br />

alla con<strong>di</strong>zione della cultura, soprattutto<br />

moderna. Abbiamo noi<br />

<strong>bisogno</strong> <strong>di</strong> scoprire e conoscere<br />

altre culture, abbiamo noi <strong>bisogno</strong><br />

<strong>di</strong> ascoltare altre voci; come avevamo,<br />

e continuiamo ad avere, <strong>bisogno</strong><br />

<strong>di</strong> conoscere e <strong>di</strong> ascoltare i<br />

greci e i latini. Certo, i cinesi, gli<br />

in<strong>di</strong>ani, gli africani o i sudamericani<br />

non stanno nel <strong>nostro</strong> albero<br />

genealogico, come invece le civiltà<br />

classiche. Ma possiamo davvero<br />

sottoscrivere l’opinione comune<br />

secondo la quale il fascino degli<br />

autori latini, e magari dei greci,<br />

ci verrebbe dalla loro posizione<br />

<strong>di</strong> antenati della nostra cultura e<br />

della nostra civiltà? Secondo questa<br />

opinione leggeremmo Virgilio<br />

e Catullo, leggeremmo Omero e<br />

Saffo alla ricerca del <strong>nostro</strong> passato.<br />

In quel passato rivedremmo<br />

noi stessi, la nostra mentalità, le<br />

nostre emozioni. La scrittura letteraria,<br />

e per certi aspetti la poesia<br />

in modo particolare, avrebbe dunque<br />

il merito <strong>di</strong> metterci a contatto<br />

con forme <strong>di</strong> umanità al tempo<br />

stesso tanto lontane e tanto familiari.<br />

Certo, come non ammettere<br />

che il racconto della battaglia <strong>di</strong><br />

Salamina ci risulta meno prossimo<br />

<strong>di</strong> un frammento <strong>di</strong> Saffo, e che<br />

l’organizzazione sociale della Roma<br />

augustea ci appare più <strong>di</strong>stante<br />

della gelosia <strong>di</strong> Catullo? L’immensa<br />

lontananza <strong>di</strong> quella forma<br />

del mondo è illuminata e redenta,<br />

8<br />

10<br />

nella scrittura letteraria, dalla luce<br />

<strong>di</strong> una soggiacente fraternità. Così<br />

che infine non è la familiarità<br />

sola né la sola <strong>di</strong>versità <strong>di</strong>stante a<br />

conquistarci, ma l’intreccio delle<br />

due esperienze. Abbiamo infatti<br />

<strong>bisogno</strong>, per crescere, <strong>di</strong> protenderci<br />

verso ciò che sta lontano<br />

da noi e non ci appartiene: solo<br />

questa esperienza può salvarci dal<br />

provincialismo della coscienza e<br />

definire la nostra identità senza<br />

farne una cosa infantile e asfittica;<br />

ma d’altra parte abbiamo <strong>bisogno</strong><br />

<strong>di</strong> riconoscere nell’altro una por-<br />

bimestrale <strong>di</strong>retta da<br />

Anna Baglione, Romano Luperini,<br />

Franco Marchese, Cinzia Spingola<br />

Autor. Trib. Civ. <strong>di</strong> Palermo n.10/99 del 26/4/1999<br />

Euro 3,00<br />

Manuali <strong>di</strong> letteratura<br />

Riflessioni e qualche proposta<br />

Marilia Martinelli<br />

Professionalità<br />

Antonio La Penna<br />

Progettualità<br />

Franco Marchese<br />

<strong>Il</strong> <strong>nostro</strong> <strong>bisogno</strong><br />

<strong>di</strong> <strong>multiculturalismo</strong><br />

Lontananza e familiarità<br />

Pietro Catal<strong>di</strong><br />

« abbiamo<br />

<strong>bisogno</strong> <strong>di</strong> scoprire<br />

e conoscere<br />

altre culture »<br />

zione <strong>di</strong> umanità con<strong>di</strong>visibile, <strong>di</strong><br />

riconoscere il generalmente umano<br />

anche in esperienze storiche e<br />

culturali <strong>di</strong>stanti e <strong>di</strong>verse.<br />

Ragionare solamente in termini<br />

genealogici vuol <strong>di</strong>re privilegiare<br />

una logica antiquaria e libresca,<br />

non, come si crede, storica: la storia<br />

non è fatta <strong>di</strong> parentele più <strong>di</strong><br />

quanto sia fatta <strong>di</strong> giustapposizioni<br />

impreve<strong>di</strong>bili e brusche, <strong>di</strong> cortocircuiti<br />

provvidenziali o catastrofici.<br />

Ragionando solo in termini<br />

genealogici, si finisce come quelle<br />

persone che frequentano solo parenti,<br />

fino a non poter capire più<br />

chi non abbia gli stessi usi, i tic, le<br />

manie: l’identità che sembra tanto<br />

rafforzarsi al dunque invece si <strong>di</strong>ssolve,<br />

non potendo reggere l’urto<br />

<strong>di</strong> nessuna <strong>di</strong>versità senza implodere.<br />

Come la genetica, anche la<br />

cultura gra<strong>di</strong>sce matrimoni misti;<br />

aborrisce l’incesto.<br />

Noi oggi balbettiamo nel <strong>di</strong>alogo<br />

con i classici, e talvolta temiamo<br />

che la loro voce non sia più<br />

bastante (dell’utilità non vorremmo<br />

invece dubitare): americanizzati<br />

nell’omologazione mon<strong>di</strong>ale,<br />

abbiamo troppo poco da offrire,<br />

ABBoNAMENto ANNUo<br />

Italia Euro 10,00<br />

Estero Euro 20,00<br />

CCP 16271900 intestato a G. B. Palumbo &<br />

C. E<strong>di</strong>tore S.p.A. Perio<strong>di</strong>ci - Palermo<br />

G. B. Palumbo E<strong>di</strong>tore<br />

nell’incontro con gli antichi, perché<br />

la loro voce non affiochisca.<br />

Anche per questo abbiamo<br />

<strong>bisogno</strong> <strong>di</strong> voci vive e forti che<br />

ci <strong>di</strong>cano chi veramente siamo,<br />

cioè chi vorremmo essere: che<br />

ci in<strong>di</strong>chino un’identità capace<br />

<strong>di</strong> tutelare la nostra storia specifica<br />

e, insieme, il genericamente<br />

umano. In queste con<strong>di</strong>zioni, chi<br />

teme l’esautorazione della nostra<br />

specificità culturale a opera dei<br />

nuovi barbari non si è accorto<br />

che la nostra specificità è ormai<br />

un margine rispetto al flusso che<br />

scorre da New York a Pechino e<br />

ci ha travolto.<br />

Abbiamo <strong>bisogno</strong> <strong>di</strong> culture<br />

<strong>di</strong>verse dalla nostra tanto quanto<br />

abbiamo <strong>bisogno</strong> della nostra.<br />

La sfida del <strong>multiculturalismo</strong><br />

è <strong>di</strong> riven<strong>di</strong>care questa e quelle.<br />

Cioè, anche, <strong>di</strong> avere chiara<br />

la <strong>di</strong>stinzione tra quanto deve<br />

affratellarci agli altri uomini (il<br />

genericamente umano) e quanto<br />

deve <strong>di</strong>stinguercene (la <strong>di</strong>stanza,<br />

cioè la <strong>di</strong>versità, delle esperienze).<br />

Oggi questa <strong>di</strong>stinzione è<br />

mistificata, se il particolarismo<br />

localistico punta proprio sulla<br />

inconciliabilità antropologica <strong>di</strong><br />

privilegi e <strong>di</strong> esclusione; mentre<br />

la globalizzazione annulla e devasta<br />

la <strong>di</strong>versità delle culture.<br />

Ecco, infine: non potremo avviare<br />

l’incontro multiculturale<br />

illudendoci <strong>di</strong> gestire le nostre<br />

scoperte dal punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> una<br />

cultura più solida e forte. L’incontro<br />

potrà attuarsi solamente<br />

nella coscienza della nostra stessa<br />

fragilità e del pericolo per noi;<br />

ricordando cioè, accanto a quanto<br />

è <strong>nostro</strong> dovere offrire, tutto ciò<br />

<strong>di</strong> cui noi stessi, e con urgenza,<br />

abbiamo <strong>bisogno</strong>. •<br />

<strong>Il</strong> cocomero <strong>di</strong> Ronchey<br />

Conversazione con Alberto Papuzzi<br />

su giornalismo e scuola<br />

A cura <strong>di</strong> Stefano Borgarelli<br />

• A PAGinA 3


2<br />

Chichibìo<br />

Numero 21/22 – anno V, gennaio-aprile 2003<br />

Rie<strong>di</strong>zione elettronica a cura <strong>di</strong> Palumbo multime<strong>di</strong>a<br />

Competenze, problematiche, bisogni<br />

<strong>Il</strong> punto della situazione<br />

Enrico Carini<br />

Partirei dall’osser vazione<br />

piuttosto banale che le competenze<br />

<strong>di</strong> un insegnante <strong>di</strong><br />

lettere attengono alla letteratura…<br />

e c’è da chiedersi <strong>di</strong> quale<br />

utilità possono essere tali competenze<br />

oggi, nell’ambito <strong>di</strong> una<br />

istituzione come la scuola che<br />

costa allo Stato investimenti cospicui,<br />

seppur inferiori a quelli<br />

profusi da altri paesi <strong>eu</strong>ropei.<br />

Guidare dei ragazzi all’acquisizione<br />

<strong>di</strong> strumenti che consentano<br />

<strong>di</strong> analizzare nei loro<br />

rapporti reciproci le varie componenti<br />

<strong>di</strong> un sistema complesso<br />

quale è un testo letterario e <strong>di</strong><br />

inserirlo in un contesto storico<br />

e culturale determinato, significa<br />

promuovere in loro un’esperienza<br />

formativa che travalica<br />

i confini specifici della singola<br />

<strong>di</strong>sciplina; più volte Luperini<br />

ha avuto modo <strong>di</strong> sottolineare<br />

come più <strong>di</strong>scipline vengano<br />

coinvolte in tale pratica, d’altro<br />

canto essa stessa, con il suo rigore<br />

<strong>di</strong> metodo, abitua ad operare<br />

criticamente e scientificamente,<br />

rivelandosi momento imprescin<strong>di</strong>bile,<br />

quando ciò che siamo<br />

soliti chiamare “scuola” voglia<br />

essere una forma privilegiata<br />

<strong>di</strong> educazione e non semplice<br />

addestramento, poiché l’inglese,<br />

l’informatica e quant’altro,<br />

nella loro indubbia utilità, se ricondotti<br />

a fini imme<strong>di</strong>atamente<br />

pratici, hanno valore limitato;<br />

paradossalmente proprio lo stu<strong>di</strong>o<br />

<strong>di</strong>sinteressato, cioè mirante<br />

alla costruzione <strong>di</strong> un soggetto<br />

armonico e capace <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>care<br />

e <strong>di</strong> scegliere, è quello che sulla<br />

<strong>di</strong>stanza abilita al “saper cambiare”<br />

i propri mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> pensare<br />

ed agire in relazione ai tempi,<br />

alle circostanze, alle esigenze<br />

mutevoli che <strong>di</strong> volta in volta<br />

insorgono.<br />

Ovviamente il continuo evolversi<br />

delle conoscenze umane<br />

impone sempre nuove definizioni<br />

della mappa dei saperi e,<br />

per ciò che ci riguarda, della<br />

funzione che in essa può svolgere<br />

la letteratura. Non è cosa<br />

facile, come sanno coloro che<br />

si sono cimentati nell’impresa,<br />

a causa dei <strong>di</strong>versi punti <strong>di</strong> vista<br />

e degli interessi contrastanti: la<br />

<strong>di</strong>atriba tra cultura umanistica<br />

e cultura scientifica continua,<br />

sia pure con varia intensità; la<br />

“querelle” tra linguisti e letterati<br />

mi sembra ancora ben lungi dall’essere<br />

risolta; sul piano pratico<br />

un intervento “amministrativo”<br />

come la riforma dell’esame <strong>di</strong><br />

Stato ha <strong>di</strong> fatto ri<strong>di</strong>mensionato<br />

lo stu<strong>di</strong>o della letteratura nelle<br />

me<strong>di</strong>e superiori.<br />

Se consideriamo gli or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong><br />

problemi con i quali oggi debbono<br />

fare i conti coloro che insegnano<br />

essi mi sembrano <strong>di</strong> tre<br />

tipi, tra loro strettamente correlati:<br />

rispetto al passato abbiamo<br />

nuovi studenti; ci muoviamo in<br />

un contesto nuovo; abbiamo a<br />

<strong>di</strong>sposizioni nuovi strumenti.<br />

Gli studenti sono “nuovi” non<br />

solo per noi vecchi docenti, ma<br />

anche per i colleghi più giovani,<br />

a causa del rapido mutamento<br />

dei modelli, che complica ulteriormente<br />

il già problematico<br />

rapporto tra generazioni: valori<br />

come famiglia, amicizia, amore,<br />

lavoro, religione, politica, conoscenza…<br />

mutano, sono intesi in<br />

modo <strong>di</strong>verso e, talora, scompaiono<br />

sostituiti da altro, che ieri<br />

valore non era: per quanti tra i<br />

ragazzi che frequentano le nostre<br />

scuole, ad esempio, lo Stato<br />

costituisce oggi un valore? Quoti<strong>di</strong>anamente<br />

ci lamentiamo che<br />

i giovani manchino <strong>di</strong> memoria<br />

storica, ma chi e come gliela tra-<br />

smette? E quanto la memoria<br />

storica ha spazio nello stesso universo<br />

della società adulta, pressata<br />

dai ritmi frenetici dell’oggi,<br />

spinta ad un oblio <strong>di</strong> comodo<br />

e confusa da interessati revisionismi?<br />

I nostri studenti usano<br />

linguaggi <strong>di</strong>versi dai nostri, anch’essi<br />

in continuo mutamento;<br />

persino quella che per noi è comune<br />

lingua <strong>di</strong> comunicazione<br />

risulta spesso per loro linguaggio<br />

specialistico che necessita <strong>di</strong> continue<br />

spiegazioni.<br />

Mutato è il contesto mon<strong>di</strong>ale;<br />

l’abbattimento del muro <strong>di</strong> Berlino<br />

aveva in molti fatto sorgere<br />

la speranza <strong>di</strong> una società più<br />

giusta e più libera, più culturalmente<br />

aperta e solidale; le cose<br />

sono andate <strong>di</strong>versamente: ci siamo<br />

trovati <strong>di</strong> fronte all’insorgere<br />

<strong>di</strong> particolarismi ed egoismi, <strong>di</strong><br />

integralismi palesi o mascherati,<br />

al proliferare <strong>di</strong> guerre, e ci troviamo<br />

oggi ad essere più barbari<br />

<strong>di</strong> ieri, sotto qualsiasi latitu<strong>di</strong>ne,<br />

con buona<br />

pace <strong>di</strong> chi, per<br />

insipienza o per<br />

calcolo, ama <strong>di</strong>videre<br />

l’umanità<br />

in buoni e cattivi,<br />

in regno del<br />

bene e regno<br />

del male. La<br />

globalizzazione<br />

ha reso più<br />

piccolo questo<br />

pianeta litigioso<br />

e, mentre tarda a mostrare i<br />

vantaggi che pur potrebbe arrecare,<br />

<strong>di</strong>spensa non pochi danni.<br />

Ci avviamo verso una società<br />

multietnica e multiculturale, ma<br />

tale movimento troppo <strong>di</strong> frequente<br />

sembra orientato non<br />

nella <strong>di</strong>rezione da noi auspicata<br />

e auspicabile, <strong>di</strong> arricchimento<br />

e <strong>di</strong> <strong>di</strong>alettica integrazione tra<br />

culture, ma piuttosto in quella<br />

delle contrapposizioni e delle<br />

<strong>di</strong>scriminazioni, cementate da<br />

una funzionale rimozione del<br />

passato quando non anche da<br />

una solida e ostentata ignoranza<br />

Rispetto al passato abbiamo a<br />

<strong>di</strong>sposizione nuovi e stimolanti<br />

strumenti. L’uso degli au<strong>di</strong>ovisivi<br />

ci consente pratiche un tempo<br />

impensabili e può costituire un<br />

prezioso aggancio con i giovani,<br />

particolarmente sensibili ai<br />

messaggi iconici, ma è anche<br />

vero che la cultura dell’immagine<br />

può convertirsi in cultura<br />

dell’apparenza, specie sotto la<br />

spinta dei modelli veicolati dai<br />

mass me<strong>di</strong>a. L’informatica ha<br />

aperto affascinanti prospettive,<br />

l’universo intero ci sembra a<br />

portata <strong>di</strong> clic e le nuove tecniche<br />

sollecitano la creatività <strong>di</strong><br />

studenti e insegnanti. Ma i problemi<br />

non mancano; si ritiene<br />

che tutto si possa trovare nella<br />

rete; in effetti ci si trova quanto<br />

c’è stato messo, e chi ci mette<br />

qualcosa lo fa ovviamente secondo<br />

la sua cultura e i suoi interessi,<br />

che possono essere più o<br />

meno nobili; si è <strong>di</strong> fronte ad un<br />

oceano, ma è assai <strong>di</strong>fficile, se<br />

non impossibile, <strong>di</strong>stinguere in<br />

quest’immensità il vero dal falso,<br />

l’atten<strong>di</strong>bile dall’inatten<strong>di</strong>bile.<br />

Tra i quoti<strong>di</strong>ani esiti controproducenti<br />

non voglio soffermarmi<br />

sulla pratica piuttosto <strong>di</strong>ffusa tra<br />

i ragazzi <strong>di</strong> svolgere “ricerche”<br />

(le famose e famigerate “ricerche”!)<br />

scaricando materiale da<br />

Internet ed esibendolo, stampato<br />

con accattivanti caratteri<br />

e illustrazioni fascinose, senza<br />

averlo neanche letto; penso invece<br />

all’uso dell’ipertesto, che<br />

consente gli accessi più svariati e<br />

i percorsi più personali e soggettivi:<br />

per chi ne è solo fruitore, e<br />

« la cultura<br />

dell’immagine<br />

può convertirsi<br />

in cultura<br />

dell’apparenza »<br />

non entra almeno un po’ nella<br />

logica della progettazione, c’è<br />

il rischio <strong>di</strong> smarrirsi; nel caso<br />

specifico dell’approccio ad un<br />

testo letterario è necessario aver<br />

già chiara in qualche modo la<br />

struttura dell’opera nel suo or<strong>di</strong>ne<br />

materiale e le intenzioni<br />

dell’autore, che potranno ben<br />

essere demistificate dalla nostra<br />

lettura, ma che sono comunque<br />

elemento imprescin<strong>di</strong>bile per la<br />

comprensione; in sostanza chi<br />

già in qualche modo conosce<br />

l’opera e l’autore può trarre<br />

vantaggio, e spesso non poco, da<br />

approcci trasversali e talora precedentemente<br />

inusitati, chi non<br />

ha già questa conoscenza corre<br />

il rischio <strong>di</strong> perdere il messaggio<br />

nel momento stesso in cui pretende<br />

<strong>di</strong> analizzarlo.<br />

Di fronte a questi problemi<br />

come formare gli insegnanti?<br />

Come porli in grado <strong>di</strong> affrontare<br />

gli scenari <strong>di</strong>versi che, <strong>di</strong><br />

volta in volta, compaiono loro<br />

<strong>di</strong>nanzi?<br />

P e r s o n a l -<br />

mente, da varia<br />

posizione, ho<br />

sperimentato il<br />

susseguirsi dei<br />

vari meto<strong>di</strong> per<br />

l’arco <strong>di</strong> oltre<br />

un trentennio:<br />

ho affrontato<br />

l’esame <strong>di</strong> abilitazione<br />

e il concorso<br />

a cattedra<br />

per accedere all’insegnamento;<br />

sono stato docente <strong>di</strong> corso abilitante<br />

negli anni Settanta e tutor<br />

d’aula nell’ultimo corso <strong>di</strong> formazione<br />

per docenti neoassunti;<br />

ho seguito corsi <strong>di</strong> aggiornamento,<br />

vi ho insegnato, li ho organizzati,<br />

li ho <strong>di</strong>retti. Un tempo<br />

nella nostra formazione erano<br />

preminenti in modo quasi esclusivo<br />

gli aspetti <strong>di</strong>sciplinari, e le<br />

nostre conoscenze <strong>di</strong> <strong>di</strong>dattica<br />

erano pressoché nulle; entrando<br />

in classe per la prima volta il<br />

<strong>nostro</strong> modello finiva per essere<br />

quello costituito dai buoni insegnanti<br />

che avevamo avuto al<br />

liceo (se ne avevamo avuti!), ci<br />

sentivamo come Daniele nella<br />

fossa dei leoni, e ci facevamo<br />

le ossa sulla pelle degli studenti,<br />

a darci una mano in genere<br />

era l’entusiasmo, il che non<br />

è poco. Nei decenni successivi<br />

l’interesse per la <strong>di</strong>dattica è andato<br />

progressivamente aumentando,<br />

sono maturate importanti<br />

esperienze, sono state create<br />

istituzioni ad hoc; le offerte in<br />

tal senso si sono moltiplicate, e<br />

se consideriamo gli ultimi anni<br />

le iniziative proposte dai vari<br />

enti e oggetto <strong>di</strong> finanziamenti<br />

finalizzati vertono principalmente<br />

sulla <strong>di</strong>dattica e assai meno<br />

sugli aspetti più specificamente<br />

<strong>di</strong>sciplinari. <strong>Il</strong> pendolo nelle sue<br />

oscillazioni mi sembra andato<br />

dal poco o nulla <strong>di</strong> <strong>di</strong>dattica al<br />

troppo <strong>di</strong> <strong>di</strong>dattica. Talora si ha<br />

l’impressione che lo spessore<br />

figurale della Comme<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Dante<br />

o la struttura <strong>di</strong> un romanzo<br />

<strong>di</strong> Calvino abbiano un rilievo<br />

del tutto marginale nell’ambito<br />

dell’insegnamento e possano<br />

essere agevolmente sostituiti<br />

dalla teoria e dalla pratica del<br />

tresette, gioco per altro nobile e<br />

denso <strong>di</strong> memoria storica! D’altro<br />

canto <strong>di</strong> recente un illustre<br />

personaggio ha invitato a smetterla<br />

col solito Manzoni, poiché<br />

sul mercato internazionale tira<br />

assai poco... Molti <strong>di</strong> noi da tempo<br />

si lamentano del trionfo del<br />

“<strong>di</strong>dattichese”, del proliferare<br />

cioè <strong>di</strong> termini e schemi sempre<br />

più astratti e lontani dalla<br />

pratica dell’insegnamento, che<br />

ingabbiano il <strong>nostro</strong> lavoro; in<br />

un periodo <strong>di</strong> crescente ed asfissiante<br />

burocratizzazione come<br />

quello attuale, siamo sommersi<br />

da prospetti, relazioni, modelli<br />

e quant’altro: paradossalmente<br />

non si è mai consumata nella<br />

scuola tanta carta come da quando<br />

vi ha fatto ingresso l’informatica…<br />

per piacere, salviamo<br />

l’Amazzonia!<br />

Scherzi a parte (ma non scherzavo<br />

poi tanto!), a mio avviso il<br />

pendolo dovrebbe essere riequilibrato.<br />

L’impegno nella formazione<br />

<strong>di</strong>dattica deve essere sostanziato<br />

da una vera e propria<br />

riappropriazione della <strong>di</strong>mensione<br />

specifica delle nostre <strong>di</strong>scipline<br />

in una <strong>di</strong>mensione non<br />

settaria ma aperta e inter<strong>di</strong>sciplinare.<br />

La collaborazione condotta<br />

avanti in questi anni nel Lazio<br />

tra insegnanti, IRR SAE (ora<br />

IRRE) ed Università mi sembra<br />

preziosa e degna d’essere continuata<br />

e potenziata; essa ha avuto<br />

il merito <strong>di</strong> evidenziare ed affrontare,<br />

in vario modo e a vari<br />

livelli, alcuni no<strong>di</strong> problematici<br />

che rispondono ai bisogni della<br />

scuola che cambia: dalla <strong>di</strong>dattica<br />

della letteratura e della storia<br />

letteraria ai linguaggi giovanili,<br />

alla scrittura intesa anche nei<br />

suoi rapporti con la lettura e come<br />

scrittura creativa. <strong>Il</strong> rapporto<br />

con l’Università, inoltre, mettendo<br />

a contatto gli insegnanti con<br />

nuovi in<strong>di</strong>rizzi <strong>di</strong> ricerca e nuove<br />

meto<strong>di</strong>che, contribuisce non solo<br />

a meglio qualificarli scientificamente<br />

ma anche a suscitare in<br />

loro quell’entusiasmo che è in<strong>di</strong>spensabile<br />

nell’insegnamento,<br />

se insegnare è, come è, rapporto<br />

tra persone e non si può certo<br />

coinvolgere gli altri su qualcosa<br />

che non sia da noi sempre <strong>di</strong><br />

nuovo rivissuta e reinterpretata.<br />

Tra i nuovi bisogni che premono<br />

con urgenza vorrei infine<br />

ricordare la necessità <strong>di</strong> aprirci<br />

consapevolmente e fattivamente<br />

ad una <strong>di</strong>mensione interculturale,<br />

per rispondere ad istanze<br />

che ci si impongono, prima che<br />

come insegnanti, come citta<strong>di</strong>ni<br />

e come uomini; il problema<br />

dell’insegnamento dell’Italiano<br />

a studenti <strong>di</strong> altra madre lingua<br />

<strong>di</strong>viene ogni giorno più pressante,<br />

ma la soluzione sembra<br />

tutt’altro che prossima, anche<br />

perché non si tratta solo <strong>di</strong> far<br />

apprendere meccanicamente<br />

una lingua a chi non la sa, ma <strong>di</strong><br />

svolgere una operazione <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione<br />

culturale, per la quale<br />

le competenze <strong>di</strong> un insegnante<br />

<strong>di</strong> lettere possono essere preziose,<br />

ma non certo sufficienti;<br />

appare quin<strong>di</strong> necessaria la creazione<br />

d’una figura professionale<br />

specificamente formata; anche<br />

in quest’ambito però, per sperare<br />

in risultati significativi, e non<br />

affidarsi per l’ennesima volta al<br />

volontarismo, è necessario elaborare<br />

piani organici <strong>di</strong> intervento<br />

e <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> finanziamenti<br />

adeguati e certi. In proposito<br />

desta quanto meno perplessità il<br />

fatto che esista una Commissione<br />

Ministeriale per l’educazione<br />

interculturale, ma che essa non<br />

sia stata più convocata dall’inse<strong>di</strong>amento<br />

del nuovo governo. •<br />

Quello che precede è, con qualche taglio,<br />

il testo della relazione <strong>di</strong> Enrico<br />

Carini all’incontro <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> “Apostoli<br />

o avvelenatori? Identità e professionalità<br />

dell’insegnante <strong>di</strong> lettere”<br />

organizzato dall’ADI-SD in collaborazione<br />

con l’IRRE del Lazio e tenutosi<br />

a Roma presso l’Università “La<br />

Sapienza” il 4 e 5 ottobre 2002.<br />

Hanno collaborato<br />

a questo numero <strong>di</strong> Chichibìo:<br />

Marisa Bernar<strong>di</strong>ni, che insegna Italiano e<br />

Latino in un Liceo scientifico <strong>di</strong> La Spezia<br />

Stefano Borgarelli, che insegna Italiano e<br />

Storia in un I.T.I. a San Donà <strong>di</strong> Piave (VE)<br />

Massimo Bruno, che insegna Latino e<br />

Greco nel Liceo classico <strong>di</strong> Trapani<br />

Enrico Carini, che insegna Italiano e Latino<br />

in un Liceo scientifico <strong>di</strong> Roma<br />

Pietro Catal<strong>di</strong>, che insegna Letteratura<br />

italiana contemporanea all’Università per<br />

stranieri <strong>di</strong> Siena<br />

Roberto Centi, che insegna Italiano e<br />

Latino in un Liceo scientifico <strong>di</strong> La Spezia<br />

ed è supervisore del Tirocinio presso la<br />

SSIS dell’Università <strong>di</strong> Genova<br />

Silvia Ferraresso, che insegna Italiano e<br />

Storia in un I.T.I. a San Donà <strong>di</strong> Piave (VE)<br />

Elena Fumi, che insegna Italiano in un Liceo<br />

socio-psico-pedagogico <strong>di</strong> Pisa<br />

Franca Olivo Fusco, che insegna poesia<br />

italiana e straniera all’Università della<br />

LiberEtà <strong>di</strong> Trieste<br />

Gli specializzan<strong>di</strong> SSIS <strong>di</strong> Torino<br />

Gli insegnanti dell’ITIS «A. Volterra» <strong>di</strong> San<br />

Donà <strong>di</strong> Piave (VE)<br />

Sergio Guarente, che insegna Storia e<br />

Filosofia nel Liceo classico <strong>di</strong> To<strong>di</strong> ed è<br />

supervisore per il tirocinio presso la SSIS<br />

dell’Università <strong>di</strong> Perugia<br />

Maria Luisa Jori, che insegna Italiano<br />

e Storia in un triennio linguistico ed è<br />

supervisore <strong>di</strong> tirocinio alla SSIS <strong>di</strong> Torino<br />

Antonio La Penna, che a lungo ha<br />

insegnato Letteratura latina all’Università<br />

<strong>di</strong> Firenze<br />

Franco Marchese, che insegna Italiano e<br />

Latino in un Liceo scientifico a Palermo<br />

Marilia Martinelli, che insegna Italiano e<br />

Latino in un Liceo scientifico a Napoli<br />

Stefano Nuzzoli, che insegna Italiano e<br />

Latino nel Liceo scientifico <strong>di</strong> Trescore<br />

Balneario (BG)<br />

Daniela Roversi, che insegna Lingua e<br />

Letteratura tedesca in un Liceo linguistico<br />

<strong>di</strong> Bergamo<br />

Cinzia Spingola, che insegna Italiano e<br />

Storia in un I.T.I. a Mestre<br />

Luciano Zappella, che insegna Italiano e<br />

Latino in un Liceo linguistico <strong>di</strong> Bergamo<br />

Emanuele Zinato, che insegna in un I.T.I. a<br />

Cittadella (PD)<br />

Al maestro e amico<br />

Giuseppe Petronio,<br />

scomparso il 14 gennaio 2003,<br />

Chichibìo de<strong>di</strong>cherà alcuni<br />

interventi nel prossimo numero.<br />

Chichibìo<br />

rivista bimestrale<br />

Autor. Trib. Civ. <strong>di</strong> Palermo n.10/99 del 26/4/1999<br />

<strong>di</strong>rettori<br />

Anna Baglione<br />

Romano Luperini<br />

Franco Marchese<br />

Cinzia Spingola<br />

<strong>di</strong>rettore responsabile<br />

Anna Grazia D’Oria<br />

redazioni<br />

piemonte Maria Luisa Jori isa.jori@tin.it (Torino),<br />

Carla Sclaran<strong>di</strong>s sclaran<strong>di</strong>s@tiscalinet.it (Pinerolo)<br />

liguria Sara Cecchini cecchinis@virgilio.it<br />

lombar<strong>di</strong>a Barbara Peroni barbaraperoni@libero.<br />

it (Milano), Luigi Cepparrone luigicepparrone@libero.<br />

it (Bergamo)<br />

veneto Emanuele Zinato emanuele.zinato@tin.it<br />

emilia romagna Marisa Carlà<br />

toscana Li<strong>di</strong>a Marchiani li<strong>di</strong>amarchiani@tin.it<br />

umbria Lina D’Andrea carmdan@tin.it<br />

lazio Gabriella Margadonna etae@iol.it<br />

campania Marilia Martinelli clau<strong>di</strong>o.marilia@tin.it<br />

puglia A. Maria Bufo annambu@libero.it<br />

sicilia Paola Fertitta paolafertitta@virgilio.it<br />

Le lettere a Chichibìo (max 3.000 battute)<br />

e gli eventuali contributi (max 6.000 battute)<br />

– in assenza <strong>di</strong> redazioni regionali <strong>di</strong><br />

riferimento – possono essere inviati a franco.<br />

marchese@libero.it e a plans@libero.it<br />

progetto grafico Vincenzo Marineo<br />

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stampa Luxograph s.r.l. - Palermo<br />

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C. E<strong>di</strong>tore S.p.A. Perio<strong>di</strong>ci - Palermo<br />

Chichibìo<br />

Numero 21/22 – anno V, gennaio-aprile 2003<br />

Rie<strong>di</strong>zione elettronica a cura <strong>di</strong> Palumbo multime<strong>di</strong>a<br />

<strong>Il</strong> cocomero <strong>di</strong> Ronchey<br />

Conversazione con Alberto Papuzzi su giornalismo e scuola<br />

a cura <strong>di</strong> Stefano Borgarelli<br />

La scrittura scolastica del tema come<br />

esercizio retorico deriva da una<br />

rispettabile tra<strong>di</strong>zione. Dalle scuole<br />

alessandrine a quelle gesuitiche, questa<br />

tra<strong>di</strong>zione s’è prolungata fino<br />

a noi. Ra<strong>di</strong>ci così robuste non può<br />

vantarle invece la scrittura dell’articolo.<br />

Accanto al saggio breve tuttavia,<br />

la prova scritta dell’esame <strong>di</strong><br />

Stato prevede appunto la variante<br />

dell’articolo <strong>di</strong> giornale, da scrivere<br />

basandosi sul dossier fornito dal<br />

ministero. Gli insegnanti che non<br />

abbiano cambiato pigramente – e<br />

meccanicamente – solo il cappello al<br />

vecchio tema, hanno perciò dovuto<br />

misurarsi con problemi <strong>di</strong>dattici<br />

ine<strong>di</strong>ti. Al fondo, però, è cruciale la<br />

questione se la domanda <strong>di</strong> capacità<br />

stratificate <strong>di</strong> scrittura che viene<br />

dalla società, debba (e possa) trovare<br />

risposta nella scuola anche attraverso<br />

l’insegnamento delle grammatiche<br />

del giornalismo. Praticando<br />

l’analisi testuale, ma anche facendo<br />

esercitare gli studenti nella redazione<br />

<strong>di</strong> “pezzi” giornalistici veri e propri.<br />

A questo proposito, tommaso Raso<br />

– fondatore, assieme ad altri docenti,<br />

del “Servizio d’Italiano Scritto”<br />

presso l’Università <strong>di</strong> Venezia – in<br />

una conversazione sulla scrittura<br />

apparsa nel giugno scorso sulle pagine<br />

<strong>di</strong> Chichibìo, è stato categorico:<br />

« [...] la scuola non può insegnare<br />

a <strong>di</strong>ventare giornalisti. Né gli insegnanti<br />

sono in grado <strong>di</strong> preparare<br />

a questo mondo, né è giusto chiedere<br />

che lo facciano». Lei che ne pensa?<br />

Tommaso Raso ha ragione<br />

da vendere. La scuola non può<br />

(non deve) insegnare a <strong>di</strong>ventare<br />

giornalisti, come non insegna<br />

a <strong>di</strong>ventare avvocati o me<strong>di</strong>ci o<br />

ingegneri (e nemmeno insegnanti!).<br />

Tuttavia la scuola può<br />

contribuire alla conoscenza del<br />

giornalismo e soprattutto alla<br />

lettura consapevole dei giornali,<br />

innanzi tutto come testi, tenendo<br />

conto che i giornali si avvalgono<br />

al giorno d’oggi <strong>di</strong> quattro supporti:<br />

carta, ra<strong>di</strong>o, televisione,<br />

web, e che i testi giornalistici<br />

comprendono anche la fotografia<br />

e la grafica. Per quanto riguarda<br />

il quadro teorico, ritengo<br />

più che sufficiente la lettura della<br />

sezione VII, I giornali, meno<br />

<strong>di</strong> 50 pagine, nel noto saggio<br />

L’opinione pubblica <strong>di</strong> Walter Lippmann<br />

(Donzelli, Roma 2000).<br />

Per ciò che concerne la pratica<br />

giornalistica, è opportuno considerare<br />

la fondamentale <strong>di</strong>cotomia<br />

tra notizia e opinione, con<br />

modelli testuali strutturalmente<br />

<strong>di</strong>versi per la cronaca (reporting)<br />

e per il commento (view). Nel<br />

momento <strong>di</strong> passare a un’esercitazione<br />

giornalistica, può essere<br />

utile avvalersi <strong>di</strong> due regole. Una<br />

è stata esplicitata e definita: la<br />

cosiddetta regola delle cinque W,<br />

secondo la quale ogni notizia deve<br />

contenere le risposte a cinque<br />

interrogativi che in inglese iniziano<br />

con la lettera W (chi, cosa,<br />

quando, dove, perché). L’altra è<br />

una <strong>di</strong> quelle regole non dette:<br />

nella scrittura giornalistica, le<br />

idee si spiegano attraverso i fatti<br />

e i fatti si raccontano attraverso<br />

le persone.<br />

D’accordo, la scuola non dovrà insegnare<br />

a <strong>di</strong>ventare giornalisti, però<br />

il problema posto dall’esame <strong>di</strong><br />

Stato rimane… Dell’articolo fatto<br />

scrivere in classe salverei, del resto,<br />

la sollecitazione a porsi la questione<br />

del destinatario per cui si progetta<br />

un testo, ma anche la necessità <strong>di</strong><br />

rifarsi a vari modelli comunicativi<br />

me<strong>di</strong>atici. La regola delle cinque W<br />

troneggia in tutte le salse, ormai, nel<br />

capitolo sulla scrittura giornalistica<br />

dei manuali tappa-buco, sfornati<br />

assieme alla riforma. L’altra regola<br />

<strong>di</strong> cui lei parla, invece, quella non<br />

detta, si dovrebbe farla enucleare<br />

agli studenti con una lettura guidata<br />

degli articoli. tutti vali<strong>di</strong>, sotto<br />

questo profilo, i modelli testuali che<br />

si trovano sulle pagine dei giornali<br />

italiani?<br />

<strong>Il</strong> punto <strong>di</strong>scriminante è che<br />

un articolo giornalistico è più o<br />

meno buono in base alle informazioni<br />

che dà, non per come<br />

è scritto. La bella scrittura conta<br />

assai poco nel giornalismo. <strong>Il</strong><br />

cuore del giornalismo resta il<br />

reporting. <strong>Il</strong> giornalista è uno che<br />

raccoglie informazioni – in una<br />

seconda fase ci sono modelli per<br />

dare forma testuale alle notizie.<br />

Mi sembra che la prova d’esame,<br />

com’è stata concepita, rischi<br />

<strong>di</strong> banalizzare la specificità del<br />

giornalismo, perché gli studenti<br />

possono essere portati a pensare<br />

che si tratti <strong>di</strong> scrivere un testo<br />

capace <strong>di</strong> sorprendere il lettore,<br />

per sensazionalismo o per<br />

eccentricità. In questo senso la<br />

regola delle cinque W resta valida,<br />

si tratta <strong>di</strong> imparare che cosa<br />

significa: le cinque W rappresentano<br />

e forzano l’ancoraggio del<br />

testo giornalistico alla fattualità<br />

dell’evento su cui s’informa. La<br />

stessa regola secondo la quale<br />

le idee si raccontano attraverso<br />

fatti e i fatti si raccontano attraverso<br />

personaggi si richiama a<br />

questo <strong>bisogno</strong> <strong>di</strong> concretezza: il<br />

giornalismo è in grado <strong>di</strong> cogliere<br />

la realtà se questa si presenta<br />

sotto forma <strong>di</strong> atto manifesto o<br />

<strong>di</strong> dato quantificabile. Sarebbe<br />

utile una conoscenza minima dei<br />

valori notizia. È chiaro che poi<br />

sono <strong>di</strong>sponibili forme <strong>di</strong>verse<br />

<strong>di</strong> elaborazione dei testi, in ogni<br />

caso riconducibili a dei modelli.<br />

Per quanto riguarda il confronto<br />

con giornali effettivamente<br />

in circolazione, vorrei suggerire<br />

la lettura dell’International Herald<br />

tribune, per due ragioni:<br />

è un prodotto del giornalismo<br />

americano, che resta il migliore<br />

del mondo (almeno per l’élite<br />

delle gran<strong>di</strong> testate); per la sua<br />

funzione tende a proporre testi<br />

costruiti su modelli-base, quin<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> efficace valore <strong>di</strong>dattico.<br />

L’accento che lei pone sul reporting<br />

mi pare sposti l’attenzione dal commento<br />

alla cronaca, ma la strada<br />

più praticabile nella <strong>di</strong>dattica sembra<br />

piuttosto quella del commento.<br />

oltretutto, insegnare a raccogliere<br />

<strong>di</strong>rettamente le informazioni, e poi a<br />

capire cosa faccia notizia tra quelle<br />

raccolte – ammesso che ci si possa<br />

« la bella scrittura<br />

conta assai poco<br />

nel giornalismo »<br />

riuscire – sembra un’attività improbabile,<br />

tra i corridoi d’una scuola…<br />

Invece, la necessità <strong>di</strong> spremere il<br />

dossier all’esame per un “articolo”,<br />

spinge a far cercare dei modelli tra<br />

gli e<strong>di</strong>toriali e le rubriche. Delimitiamo<br />

allora il campo in modo più<br />

netto: quali ferri del suo mestiere potrebbero<br />

entrare anche nella cassetta<br />

degli attrezzi dell’insegnante, e poi<br />

in quella dello studente, facendo in<br />

modo che i due mestieri non rischino<br />

una banalizzazione che, a ben vedere,<br />

sarebbe reciproca?<br />

« cosa sarebbe<br />

la conoscenza<br />

della realtà,<br />

del mondo,<br />

senza i giornali?»<br />

L’aspetto ri<strong>di</strong>colo della prova<br />

d’esame è che impegna gli studenti<br />

su un terreno che nella<br />

professione è riservato ai giornalisti<br />

esperti e affermati – <strong>di</strong><br />

norma un giornalista arriva a<br />

scrivere gli e<strong>di</strong>toriali dopo un<br />

certo tirocinio con il lavoro <strong>di</strong><br />

cronaca. Anche quando non si<br />

avvale <strong>di</strong> una specifica preparazione<br />

teorica, ha però alle spalle<br />

un appren<strong>di</strong>stato empirico. <strong>Il</strong> rischio<br />

per gli studenti è che si risolva<br />

la prova in chiave <strong>di</strong> <strong>di</strong>vulgazione,<br />

mentre la <strong>di</strong>vulgazione<br />

è il contrario del giornalismo.<br />

La soluzione sarebbe impegnare<br />

gli studenti sul terreno del reporting,<br />

fornendo nel dossier note<br />

<strong>di</strong> agenzia e altri dati relativi a<br />

un evento; ma ciò accade con<br />

l’esame <strong>di</strong> Stato per i giornalisti<br />

professionisti: avremmo il<br />

paradosso <strong>di</strong> una prova della<br />

maturità con gli stessi caratteri<br />

<strong>di</strong> un esame <strong>di</strong> Stato. Questo è il<br />

risultato del modernismo comodo<br />

della burocrazia ministeriale.<br />

In ogni caso, visto che l’esame<br />

c’è e che bisogna pur prepararlo,<br />

un compromesso <strong>di</strong>gnitoso<br />

può essere stu<strong>di</strong>are i rapporti tra<br />

cronaca e commento. In realtà<br />

il commento non è svincolato<br />

dall’esigenza <strong>di</strong> aderire ai fatti<br />

– semplicemente ammette l’esercizio<br />

<strong>di</strong> opinioni, esplicitamente<br />

<strong>di</strong>chiarate. Mi spiego con un<br />

aneddoto: quando Alberto Ronchey,<br />

allora corrispondente da<br />

Mosca, scrisse il suo primo e<strong>di</strong>toriale<br />

per «La Stampa», sulla crisi<br />

economica che strozzava l’Urss,<br />

gli venne bocciato, perché troppo<br />

dotto e professorale. L’allora<br />

<strong>di</strong>rettore, Giulio de Benedetti,<br />

lo invitò ad andare al mercato e<br />

raccontare la crisi fra la gente.<br />

Ne uscì un fondo partendo dal<br />

caso <strong>di</strong> una vecchina che voleva<br />

comprare un cocomero; dall’episo<strong>di</strong>o<br />

personale si risaliva al<br />

fenomeno più generale.<br />

Lei <strong>di</strong>ce che sia pure con l’intelligenza<br />

dentro la scrittura, ma senza<br />

il cuore del reporting, perfino un<br />

commento sarà “impossibile”, nel<br />

senso delle famose Interviste <strong>di</strong> Eco,<br />

<strong>di</strong> Calvino, appunto impossibili<br />

– che però ci fanno riflettere criticamente,<br />

<strong>di</strong>vertendoci, molto più <strong>di</strong><br />

certe interviste possibili compiacenti!<br />

Lasciando da parte i velleitarismi<br />

ministeriali che lei stigmatizza, resta<br />

che la scuola italiana, da Rodari<br />

alla Zamponi, a tanti altri, ha già<br />

in<strong>di</strong>cato strade alternative sia al<br />

tema, sia alle scritture strettamente<br />

funzionali (appunti ecc.), senza<br />

per questo voler creare narratori,<br />

enigmisti o poeti <strong>di</strong> mestiere. Ciò che<br />

conta <strong>di</strong> più, insomma, mi pare sia<br />

l’appren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> una logica, <strong>di</strong><br />

un processo. oltre a quello sulle cose<br />

da non fare per i colleghi, è proprio<br />

impensabile un capitolo ipotetico nel<br />

suo bel Manuale del giornalista<br />

– e<strong>di</strong>to da Donzelli – sulle cose da<br />

fare, per insegnanti e studenti non<br />

giornalisti?<br />

È quasi inevitabile che gli insegnanti<br />

preferiscano le interviste<br />

impossibili a quelle reali, o<br />

almeno <strong>di</strong>chiarino questa preferenza.<br />

Provi a domandarsi che<br />

cosa accadrebbe se l’informazione<br />

fosse fatta <strong>di</strong> interviste impossibili.<br />

C’è un certo snobismo<br />

dei professori, in questo atteggiamento:<br />

trovandosi fra i pie<strong>di</strong><br />

questo ingombro, tendono<br />

a padroneggiarlo con i propri<br />

strumenti, con la propria tra<strong>di</strong>zione,<br />

piuttosto che cercare<br />

veramente <strong>di</strong> comprenderne almeno<br />

le basi. Le ho citato Lippmann,<br />

proviamo a leggerlo. Se,<br />

alla fine, lei mi contrappone,<br />

con garbata ironia, le interviste<br />

impossibili – che personalmente<br />

ho sempre trovato un genere<br />

piuttosto scadente – il <strong>nostro</strong><br />

rischia <strong>di</strong> essere un <strong>di</strong>alogo fra<br />

sor<strong>di</strong>. Come <strong>di</strong>rlo? <strong>Il</strong> giornalismo<br />

non è letteratura. Quanto<br />

al capitolo che mi invita a scrivere,<br />

non lo scriverò, perché<br />

non sono un insegnante, non<br />

possiedo i suoi strumenti. Però<br />

le offro un punto d’ingresso<br />

nell’universo del giornalismo,<br />

per i suoi studenti: provate a<br />

chiedervi cosa sarebbe la vostra<br />

conoscenza della realtà, del<br />

mondo, senza i giornali. Lei<br />

contrappone le interviste impossibili<br />

che farebbero riflettere<br />

criticamente <strong>di</strong>vertendo<br />

– e vabbè, passi! – alle interviste<br />

compiacenti. Ma cosa intende<br />

per inter vista compiacente?<br />

L’intervista <strong>di</strong> Pansa a Berlinguer,<br />

segretario dei comunisti<br />

italiani, che negli anni Settanta<br />

produsse un mezzo sconquasso<br />

nella sinistra, venne rivista<br />

dall’intervistato quasi riga per<br />

riga: ciò significa che fosse compiacente?<br />

Provate a chiedervi:<br />

quali sono le fonti della nostra<br />

conoscenza <strong>di</strong> ciò che accade<br />

nel mondo? Quando <strong>di</strong>scutete,<br />

come <strong>di</strong>scuterete, <strong>di</strong> Bush e<br />

Saddam, della guerra e della pace,<br />

del Papa e <strong>di</strong> Berlusconi, dei<br />

no global e del calcio, da dove<br />

prendete le informazioni che vi<br />

permettono <strong>di</strong> elaborare delle<br />

idee e formulare dei giu<strong>di</strong>zi? <strong>Il</strong><br />

punto è che <strong>di</strong> fronte al problema<br />

delle interviste – per restare<br />

in tema –, invece <strong>di</strong> porsi degli<br />

interrogativi sulla tecnica <strong>di</strong><br />

questo genere, che è in assoluto<br />

il più tecnico <strong>di</strong> tutti gli strumenti<br />

giornalistici, si liquida<br />

la cosa con un giu<strong>di</strong>zio esterno<br />

(interviste compiacenti) e ci si<br />

rifugia nel comodo escamotage<br />

letterario delle interviste impossibili<br />

– perché lì l’insegnante <strong>di</strong><br />

lettere si sente a suo agio, certo<br />

della sua attrezzatura. Ma se<br />

vuole occuparsi <strong>di</strong> giornalismo,<br />

l’insegnante dovrebbe stu<strong>di</strong>arlo.<br />

O no? •<br />

Alberto Papuzzi (Bolzano, 1942) è<br />

caporedattore della sezione “Cultura<br />

e Spettacoli” del quoti<strong>di</strong>ano «La<br />

Stampa». Ha insegnato teoria e<br />

tecniche del linguaggio giornalistico<br />

all’Università <strong>di</strong> torino. Fra i suoi<br />

libri: <strong>Il</strong> provocatore, Einau<strong>di</strong>,<br />

torino 1976, Portami su quello<br />

che canta, Einau<strong>di</strong>, torino 1977,<br />

Professione giornalista, Donzelli,<br />

Roma 1998. Ha curato l’Autobiografia<br />

<strong>di</strong> Norberto Bobbio (Laterza,<br />

Bari 1997).<br />

3


Documento<br />

degli<br />

specializzan<strong>di</strong><br />

SSiS <strong>di</strong> Torino<br />

Chichibìo<br />

Numero 21/22 – anno V, gennaio-aprile 2003<br />

Rie<strong>di</strong>zione elettronica a cura <strong>di</strong> Palumbo multime<strong>di</strong>a<br />

«Era una notte buia e tempestosa»<br />

Creatività e ragione nella scrittura<br />

Silvia Ferraresso<br />

L’<br />

attenzione sull’appren<strong>di</strong>mento<br />

della scrittura si è<br />

potenziata negli ultimi anni,<br />

nella consapevolezza <strong>di</strong> compiti<br />

ed abilità mentali <strong>di</strong>versi a<br />

cui fa riferimento. Aumentano<br />

ultimamente le pubblicazioni<br />

sulla scrittura creativa e si attivano<br />

corsi, spesso gestiti da<br />

scrittori professionisti, linguisti<br />

o insegnanti, che ottengono vasto<br />

consenso. Nelle scuole elementari<br />

nazionali la scrittura<br />

creativa è abbastanza frequente,<br />

con risultati lodevoli e testimonianze<br />

prestigiose, i bambini<br />

danno spazio alla loro creatività,<br />

giocano con le parole, si<br />

affidano al loro istinto lu<strong>di</strong>co.<br />

Alle superiori questa pratica<br />

può esprimere al meglio potenzialità<br />

<strong>di</strong>dattiche e pedagogiche<br />

se abbinata ad una lettura<br />

letteraria esperta e consapevole,<br />

che <strong>di</strong>a cre<strong>di</strong>to alle parole<br />

dello scrittore e che comporti<br />

<strong>di</strong>sponibilità ed accettazione<br />

della finzione, nel rifiuto delle<br />

moderne pratiche <strong>di</strong> speed rea<strong>di</strong>ng<br />

(lettura veloce). Occorre<br />

consapevolezza narratologica,<br />

capacità <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduazione dei<br />

segni del testo, comprensione<br />

della funzione fabulatrice. La<br />

narrazione letteraria nei suoi<br />

elementi costitutivi viene utilizzata<br />

come modello, facendo<br />

entrare in gioco la libertà<br />

<strong>di</strong> pensiero. Lettura e scrittura<br />

<strong>di</strong>ventano elementi <strong>di</strong> un processo<br />

unico d’assimilazione e<br />

<strong>di</strong> scambio d’idee. Pratiche <strong>di</strong><br />

scrittura creativa si traducono<br />

in utile strumento per acquisire<br />

competenze letterarie e linguistiche,<br />

in quanto temi e forma<br />

<strong>di</strong>vengono oggetto <strong>di</strong> scrittura.<br />

È proficuo proporre obiettivi<br />

ben definiti, graduali su cui<br />

avviare frequenti esercitazioni.<br />

Una vasta serie d’esercizi costituisce<br />

l’altro elemento car<strong>di</strong>ne<br />

per l’appren<strong>di</strong>mento della scrittura<br />

creativa, occorre scrivere<br />

parecchio, anche stilando testi<br />

brevi, dando consuetu<strong>di</strong>ne all’operazione<br />

<strong>di</strong> revisione e <strong>di</strong><br />

emulazione.<br />

Dando centralità all’esercitazione<br />

collettiva in classe, gli studenti<br />

esprimono il meglio <strong>di</strong> lo-<br />

ro in un contesto socializzante;<br />

il lavoro comunitario, il mettere<br />

insieme proposte e soluzioni<br />

rende evidente il significato comunicativo<br />

della scrittura, che<br />

si esprime in un incisivo contesto<br />

sociale: l’ambiente-scuola.<br />

Rendere note le <strong>di</strong>fficoltà e le<br />

contromisure contribuisce all’appropriazione<br />

<strong>di</strong> un’efficace<br />

consapevolezza del processo<br />

<strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento. <strong>Il</strong> carattere<br />

frequentemente lu<strong>di</strong>co <strong>di</strong> questa<br />

modalità espressiva non ne<br />

esaurisce le potenzialità, ma costituisce<br />

<strong>di</strong> certo un incentivo<br />

alla motivazione.<br />

Presento come esempio un<br />

testo (che ha le vantaggiose caratteristiche<br />

della brevità, utili<br />

in questa sede) <strong>di</strong> un ragazzo<br />

<strong>di</strong> prima superiore dell’ITIS «V.<br />

Volterra» <strong>di</strong> San Donà <strong>di</strong> Piave.<br />

In classe ho favorito il meccanismo<br />

della scoperta, nella volontà<br />

d’evitare <strong>di</strong> trasmettere<br />

conoscenze già pronte ed ho<br />

fatto in<strong>di</strong>viduare agli studenti le<br />

particolarità espressive del “flusso<br />

<strong>di</strong> coscienza”. Essi hanno notato<br />

la mancanza dei segni d’interpunzione,<br />

l’importanza dei<br />

connettivi, lo scar<strong>di</strong>namento<br />

della struttura logico-sintattica,<br />

la frequente presenza <strong>di</strong> ampie<br />

<strong>di</strong>gressioni, la presentazione del<br />

pensiero nella sua durata. Nelle<br />

esercitazioni ho in<strong>di</strong>cato dei<br />

criteri che vincolassero l’atto<br />

Negli ultimi mesi si è molto<br />

parlato su Chichibìo dell’esperienza<br />

formativa<br />

delle SSIS. Oggi il destino professionale<br />

degli specializzati e<br />

specializzan<strong>di</strong> è quanto mai incerto:<br />

assorbiti a tempo pieno in<br />

un percorso formativo <strong>di</strong> grande<br />

impegno, ci troviamo a doverci<br />

destreggiare in una giungla legislativa<br />

in continua evoluzione,<br />

nonché assolutamente priva <strong>di</strong><br />

punti <strong>di</strong> riferimento. Per questo<br />

siamo rimasti silenti, fino a quando<br />

l’approvazione del <strong>di</strong>segno <strong>di</strong><br />

legge n. 1306 presentato al Senato<br />

il 13 novembre scorso, non ci<br />

ha posti seriamente in allarme:<br />

l’articolo 5 infatti sottintende la<br />

cancellazione delle SSIS. Come<br />

se non bastasse le immissioni in<br />

ruolo sono sostanzialmente bloccate<br />

ormai da tempo, con la conseguente<br />

impossibilità <strong>di</strong> trovare<br />

una soluzione seria e sensata al<br />

precariato.<br />

La SSIS <strong>di</strong> Torino sta portando<br />

avanti in queste settimane una serie<br />

<strong>di</strong> iniziative volte a sensibilizzare<br />

gli organi politici, sindacali<br />

e giornalistici in merito ai danni<br />

strutturali che rischia <strong>di</strong> subire<br />

il sistema scolastico italiano: la<br />

creativo a livello contestuale e<br />

cognitivo: in questo caso bisognava<br />

pensarsi in una situazione<br />

favorevole alla riflessione e<br />

scegliere degli elementi, anche<br />

ricorrenti, che permettessero<br />

<strong>di</strong>vagazioni.<br />

Questo è il risultato:<br />

Mi sembra <strong>di</strong> essere qui con lei<br />

benché sia passato molto tempo il<br />

profumo che mi ha regalato anche se<br />

ormai finito continuo a tenerlo qui<br />

« la creatività<br />

non si esplica<br />

svincolata<br />

dalla sorveglianza<br />

della ragione »<br />

sul mobiletto ma lei mi penserà ancora<br />

quanti momenti belli trascorsi insieme<br />

ma ormai è tutto finito perfino<br />

in <strong>di</strong>scoteca non smetto un attimo <strong>di</strong><br />

guardarla quando balla sul cubo è<br />

così bella poi stasera esco e mi metto<br />

una delle tante magliette che mi ha<br />

regalato benché se mi vedesse non<br />

farebbe niente per salutarmi inoltre<br />

quel profumo è stato il suo primo<br />

regalo quanto vorrei solo per un’ora<br />

appena riaverla ancora solo per me<br />

ma so che non sarà mai possibile.<br />

manifestazione nazionale svoltasi<br />

a Roma il 15 novembre scorso è<br />

stata il primo passo per ottenere<br />

visibilità e riven<strong>di</strong>care un equo<br />

riconoscimento del <strong>nostro</strong> percorso<br />

formativo. Nelle settimane<br />

seguenti sono state poste le basi<br />

per un <strong>di</strong>alogo aperto e sereno<br />

con le istituzioni: in questa <strong>di</strong>rezione<br />

vanno le lettere pubblicate<br />

su varie testate giornalistiche e<br />

gli incontri con alcuni esponenti<br />

del Parlamento e del governo.<br />

Date le polemiche sollevatesi<br />

da più parti nei mesi scorsi, vorremmo,<br />

in quanto <strong>di</strong>rettamente<br />

coinvolti nella vicenda, puntualizzare<br />

che il percorso <strong>di</strong> queste<br />

scuole prevede:<br />

1. esame <strong>di</strong> ammissione basato<br />

sui programmi del concorso<br />

or<strong>di</strong>nario;<br />

2. due anni <strong>di</strong> frequenza obbligatoria<br />

per un totale <strong>di</strong> 1200<br />

ore;<br />

3. valutazioni in itinere ed esame<br />

annuale per ciascun corso<br />

previsto dall’or<strong>di</strong>namento <strong>di</strong><br />

ogni classe <strong>di</strong> concorso;<br />

4. ogni corso prevede un doppio<br />

canale <strong>di</strong> valutazione: il primo<br />

sul piano strettamente <strong>di</strong>sciplinare<br />

a cura del docente uni-<br />

<strong>Il</strong> testo testimonia l’acquisizione<br />

degli aspetti formali più<br />

significativi. Una scrittura <strong>di</strong><br />

questo tipo è una realizzazione<br />

originale. La presenza <strong>di</strong> un attivo,<br />

partecipe processo <strong>di</strong> pensiero<br />

dà spazio alle esperienze<br />

personali e agli elementi emotivi<br />

e analogici. L’atto creativo si<br />

esplica nell’istituzione <strong>di</strong> collegamenti<br />

ine<strong>di</strong>ti tra le situazioni<br />

e nell’accettazione <strong>di</strong> una visione<br />

più fluida delle cose; si mo<strong>di</strong>ficano<br />

consapevolmente i dati<br />

dell’esperienza e, nel rifiuto del<br />

conformismo, si danno forma a<br />

nuove corrispondenze.<br />

Nel lavoro seguente, <strong>di</strong> cui<br />

propongo solo uno spezzone,<br />

ho fatto adottare dalla scolaresca<br />

la metodologia che Calvino<br />

nel capitolo Visibilità contenuto<br />

in Lezioni americane propone come<br />

propria: ovvero raccontare<br />

verbalmente partendo dall’osservazione<br />

<strong>di</strong> quadri celebri o<br />

<strong>di</strong> figure che ispirino emozioni.<br />

Un ragazzo che ha scelto il quadro<br />

L’urlo <strong>di</strong> Munch ha scientemente<br />

applicato la strategia<br />

narrativa del narratore e del<br />

punto <strong>di</strong> vista interno per dare<br />

espressione ad una sequenza<br />

riflessiva dal ritmo incalzante:<br />

Sarò forse stato creato per rappresentare<br />

la sofferenza? <strong>Il</strong> blu<br />

dell’acqua, il verde dell’erba ed il<br />

rosso sanguigno del cielo durante<br />

il tramonto al mio occhio simboleg-<br />

versitario incaricato, il secondo<br />

sul piano <strong>di</strong>dattico a cura <strong>di</strong> un<br />

docente <strong>di</strong> ruolo nella scuola statale<br />

che collabora con la SSIS;<br />

5. laboratori obbligatori <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>mento;<br />

6. tesi finale per ciascuna classe<br />

<strong>di</strong> abilitazione;<br />

7. esame finale abilitante all’insegnamento<br />

con valore concorsuale;<br />

8. 300 ore <strong>di</strong> tirocinio da effettuarsi<br />

nel corso dei due anni<br />

presso scuole statali;<br />

9. materie <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o in ambito<br />

<strong>di</strong>dattico, psico-pedagogico, sociologico<br />

e docimologico.<br />

L’impegno intellettuale, le<br />

ore <strong>di</strong> frequenza, lo stu<strong>di</strong>o e la<br />

spesa richiesti dalla Scuola <strong>di</strong><br />

Specializzazione sono ingenti<br />

e gravosi. Per affrontarli sono<br />

necessari notevoli sacrifici: per<br />

questo riteniamo che il punteggio<br />

riconosciuto all’abilitazione<br />

rilasciata dalla SSIS sia solo in<br />

parte rispondente all’impegno<br />

profuso e alla preparazione ricevuta.<br />

Onde fugare i dubbi relativi<br />

al punteggio previsto vogliamo<br />

puntualizzare che:<br />

a) i 30 punti dell’abilitazione<br />

SSIS sono la risultante <strong>di</strong>: 12<br />

giano la purezza della natura che,<br />

consapevole della sua forza, decide<br />

il corso degli eventi e non li subisce,<br />

come invece sto facendo io. E, cosa<br />

più importante, non si dà mai per<br />

vinta… Mi sento talmente solo ed<br />

incompreso, che in questo momento<br />

potrei commettere qualche pazzia.<br />

Molte volte da questo maestoso e<br />

quasi surreale ponte mi sarei voluto<br />

gettare, ma la paura <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare<br />

la mia vita me lo impe<strong>di</strong>sce, dandomi<br />

<strong>di</strong> nuovo una ragione <strong>di</strong> sopravvivenza…<br />

A volte vorrei gridare a<br />

tutto ed a tutti la <strong>di</strong>sperazione che<br />

porto nell’anima, e che mi opprime<br />

portandomi quasi alla pazzia. Penso<br />

proprio che prima o poi lo farò,<br />

sì, lo farò. Forse anche subito…<br />

Attraverso <strong>di</strong>verse tecniche <strong>di</strong><br />

scrittura gli alunni apprendono<br />

che una stessa vicenda può<br />

essere espressa in mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi<br />

e che ad una scelta stilistica corrisponde<br />

un affinamento del<br />

pensiero e del ragionamento, la<br />

narrazione creativa è <strong>di</strong> conseguenza<br />

un’operazione completa<br />

e critica. <strong>Il</strong> ricorso all’emulazione<br />

ed all’allenamento specifico<br />

con scopi definiti rende l’appren<strong>di</strong>mento<br />

consapevole ed<br />

attivo. Gli alunni acquisiscono<br />

un vantaggioso schema d’appren<strong>di</strong>mento,<br />

anche teorico,<br />

secondo il quale bisogna mettere<br />

a fuoco gli scopi, misurarsi<br />

concretamente con le <strong>di</strong>fficoltà,<br />

attuare delle scelte che in fase<br />

successiva possono essere perfezionate.<br />

Una produzione nuova, ine<strong>di</strong>ta,<br />

ha <strong>bisogno</strong> <strong>di</strong> dati <strong>di</strong> partenza<br />

su cui lavorare e <strong>di</strong> una<br />

serie <strong>di</strong> vincoli testuali, cognitivi,<br />

situazionali che in<strong>di</strong>rizzino<br />

la creatività. L’impegno costruttivo<br />

deve essere valutato dal docente,<br />

la creatività non si esplica<br />

svincolata dalla sorveglianza<br />

della ragione, ma appartiene<br />

ad in<strong>di</strong>vidui che cuciono insieme<br />

dati formali e narratologici,<br />

elaborazione del pensiero e ricezione<br />

attiva, favorendo abilità<br />

con le caratteristiche della persistenza<br />

e della completezza. •<br />

punti per il primo anno +12<br />

punti per il secondo anno (pari<br />

al punteggio <strong>di</strong> due anni <strong>di</strong><br />

servizio nelle scuole) + 6 punti<br />

relativi all’abilitazione;<br />

b) essi sono stati sanciti dal<br />

Decreto Interministeriale n. 268<br />

del /06/2001, e la loro legittimità<br />

riba<strong>di</strong>ta dalla sentenza del<br />

TAR del Lazio del 20/05/2002<br />

secondo il principio della compensazione<br />

«in sostituzione della<br />

borsa <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o o <strong>di</strong> retribuzione,<br />

nonché dell’esonero dall’espletamento<br />

dell’attività <strong>di</strong> istituto».<br />

In considerazione dei fatti citati,<br />

chie<strong>di</strong>amo a tutti gli organi <strong>di</strong><br />

stampa, a tutti i rappresentanti<br />

delle parti politiche e sociali,<br />

alle scuole e ai nostri colleghi<br />

insegnanti <strong>di</strong>:<br />

a) battersi per una migliore<br />

qualità del sistema scolastico, che<br />

rischia seriamente <strong>di</strong> essere compromessa<br />

dalla “logica dei tagli”<br />

messa in opera dal governo;<br />

b) rilanciare e sostenere con<br />

forza l’esperienza formativa delle<br />

SSIS.<br />

Gli specializzan<strong>di</strong> SSIS<br />

<strong>di</strong> Torino<br />

Chichibìo<br />

Numero 21/22 – anno V, gennaio-aprile 2003<br />

Rie<strong>di</strong>zione elettronica a cura <strong>di</strong> Palumbo multime<strong>di</strong>a<br />

Dal senso comune al sapere<br />

Letture e conoscenza<br />

Maria Luisa Jori<br />

Alle classi terminali della<br />

scuola superiore gli studenti,<br />

e soprattutto le<br />

studentesse, non sempre arrivano<br />

così <strong>di</strong>giuni/e <strong>di</strong> letture<br />

narrative quanto si legge nelle<br />

statistiche sulla <strong>di</strong>ffusione della<br />

lettura in Italia. Intanto bisogna<br />

ammettere che, anche se<br />

si proclama che la scuola non<br />

funziona, non <strong>di</strong> rado, qualora si<br />

tratti pure <strong>di</strong> giovani poco o per<br />

niente amanti del libro, allievi e<br />

allieve giungono all’ultimo anno<br />

dell’istruzione secondaria con<br />

almeno una minima dotazione<br />

<strong>di</strong> letture eseguite per obbligo<br />

durante il curriculum scolastico.<br />

Ma ci sono anche i casi in cui,<br />

soprattutto da parte delle ragazze,<br />

accanto allo stu<strong>di</strong>o scolastico<br />

sono state frequentate privatamente<br />

letture scelte e condotte<br />

per il piacere della narrazione.<br />

C’è <strong>di</strong> tutto in questo genere<br />

<strong>di</strong> fruizione libera, basata sulle<br />

esigenze in<strong>di</strong>viduali ed adolescenziali<br />

<strong>di</strong> intrattenimento: dai<br />

romanzi rosa a quelli polizieschi,<br />

narrazioni ps<strong>eu</strong>dopsicologiche,<br />

paraletteratura <strong>di</strong> tutti i generi<br />

insomma, in mezzo alla quale<br />

capita però <strong>di</strong> incontrare qualche<br />

opera contemporanea più<br />

vicina alla qualità letteraria, come<br />

per esempio la produzione<br />

<strong>di</strong> scrittori giovani, emergenti e<br />

pubblicizzati tramite i me<strong>di</strong>a, come<br />

Culicchia o Baricco o Brizzi<br />

oppure Ammanniti. Ma studenti<br />

e studentesse pur dotati/e del<br />

gusto della lettura <strong>di</strong>fficilmente<br />

sono in grado <strong>di</strong> parlare dei loro<br />

libri pre<strong>di</strong>letti, che hanno usato<br />

per immedesimarsi in situazioni<br />

e forme <strong>di</strong> vita possibili e per<br />

trovare conferme alle proprie<br />

emozioni nel loro affacciarsi all’esistenza.<br />

Anche se l’avventura<br />

dell’immaginazione è sempre<br />

proficua per la formazione e<br />

umanamente arricchente (esercita<br />

la riflessione sull’esperienza<br />

e allena le facoltà creative), se<br />

rimane a questo livello <strong>di</strong> ingenuità<br />

la lettura non promuove<br />

la crescita della conoscenza, cioè<br />

non favorisce l’elevazione del<br />

senso comune in sapere.<br />

Insegnare la cultura del Novecento<br />

dal punto <strong>di</strong> vista letterario<br />

fino alla nostra contemporaneità<br />

non può non<br />

comportare la<br />

formazione <strong>di</strong> capacitàinterpretative<br />

– in testi prodotti<br />

da scrittori<br />

del <strong>nostro</strong> tempo<br />

– delle concezioni<br />

del mondo,<br />

tra le quali si<br />

svolge la nostra<br />

vita. Prima <strong>di</strong><br />

tutto quin<strong>di</strong> non<br />

possiamo lasciare<br />

uscire dalla scuola<br />

secondaria i<br />

giovani senza<br />

averli avvicinati<br />

almeno a qualche<br />

accessibile<br />

opera contemporanea,<br />

letta con<br />

riflessione e interpretata<br />

con la<br />

guida <strong>di</strong> un lettore<br />

esperto qual<br />

è l’insegnante.<br />

Ma ancora più<br />

importante forse<br />

è recuperare le<br />

letture <strong>di</strong> chi ha<br />

fruito liberamente<br />

delle narrazioni<br />

romanzesche<br />

per il puro gusto<br />

adolescenziale <strong>di</strong><br />

vivere con l’immaginazione<br />

in<br />

mon<strong>di</strong> possibili. Sarebbe un grave<br />

errore per un docente <strong>di</strong> letteratura<br />

trascurare il patrimonio<br />

<strong>di</strong> esperienze <strong>di</strong> lettura dei propri<br />

allievi e delle proprie allieve,<br />

limitando l’insegnamento del<br />

Novecento ai testi <strong>di</strong> un rispettabile,<br />

ma rigidamente preconfezionato,<br />

programma scolastico.<br />

L’insegnante <strong>di</strong> Italiano deve invece<br />

cercare <strong>di</strong> conoscere quali<br />

libri ogni studente della propria<br />

classe ha letto per proprio conto,<br />

riconoscerli come risorse valide<br />

nel tortuoso processo <strong>di</strong> formazione<br />

culturale dell’in<strong>di</strong>viduo, e<br />

in<strong>di</strong>viduare tra questi i più significativi,<br />

anche se minori, rispetto<br />

al canone letterario, e/o rappre-<br />

« bisogna<br />

orientare i ragazzi<br />

tra le molteplici<br />

letture che<br />

<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>natamente<br />

offre loro<br />

la carta stampata »<br />

sentativi della vita e della cultura<br />

attuale. Oggi infatti più che mai<br />

bisogna orientare i ragazzi e le<br />

ragazze tra le molteplici letture<br />

che <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>natamente offre<br />

loro il facile accesso al mondo<br />

della carta stampata. Non deve<br />

essere <strong>di</strong>sprezzata l’esplorazione<br />

anche onnivora, ma è necessario<br />

offrire occasioni e strumenti<br />

per far scoprire la <strong>di</strong>fferenza tra<br />

quanto è valido per approfon<strong>di</strong>re<br />

le conoscenze e quanto invece<br />

costituisce soltanto un piacevole<br />

strumento <strong>di</strong> consumo, un passatempo<br />

o una semplice – ma<br />

rassicurante – conferma dei propri<br />

fantasmi. Se solo sulle letture<br />

del primo tipo l’insegnante può<br />

contare per introdurre i <strong>di</strong>scenti,<br />

attraverso analisi e riflessioni<br />

guidate, all’interpretazione della<br />

cultura contemporanea, la fruizione<br />

della narrativa più commerciale<br />

costituisce comunque<br />

un utile termine <strong>di</strong> confronto<br />

per far riconoscere la qualità artistica,<br />

originale, innovativa, significativamente<br />

espressiva della<br />

comunicazione letteraria.<br />

Una classificazione dei romanzi<br />

del Novecento secondo<br />

gli stili e i soggetti trattati, a<br />

cui conduce lo stu<strong>di</strong>o critico<br />

della letteratura del Novecento,<br />

esercita l’attenzione dei giovani<br />

a in<strong>di</strong>viduare il rapporto tra<br />

tra<strong>di</strong>zione e innovazione anche<br />

nei testi narrativi, ai quali in<br />

passato si sono avvicinati magari<br />

casualmente o, più spesso, in<br />

conformistica ottemperanza alle<br />

scelte circolanti nel gruppo dei<br />

pari. Prima <strong>di</strong> tutto il compito<br />

dell’insegnante consiste però<br />

nel far richiamare alla memoria<br />

il contenuto e il linguaggio dei<br />

libri pre<strong>di</strong>letti, che <strong>di</strong> solito hanno<br />

lasciato nei ragazzi e nelle ragazze<br />

soltanto una traccia emozionale<br />

e nessuna conoscenza<br />

oggettiva. Dunque gli studenti<br />

e le studentesse devono essere<br />

messi/e <strong>di</strong> fronte alla necessità<br />

<strong>di</strong> parlare dei libri letti, in modo<br />

da dover da una parte riscontrare<br />

in tali testi aspetti rivelatori<br />

della cultura e della mentalità<br />

contemporanea, e dall’altra<br />

in<strong>di</strong>viduare elementi stilistici<br />

e narrativi che permettano la<br />

descrizione delle singole opere.<br />

Quando infatti ingenui/e lettori<br />

e lettrici sono indotti/e a offrire<br />

informazioni sulle proprie letture<br />

si verifica necessariamente<br />

un cambiamento <strong>di</strong> prospettiva<br />

nei confronti <strong>di</strong> queste ultime:<br />

dall’incanto emozionale della<br />

fruizione edonistica essi/e allora<br />

passano alla considerazione<br />

oggettiva della forma e del<br />

contenuto della comunicazione<br />

narrativa.<br />

Finché la lettura (anche quella<br />

<strong>di</strong> opere <strong>di</strong> valore letterario) viene<br />

ricordata e definita soltanto<br />

per le sensazioni che ha saputo<br />

suscitare nel suo fruitore, essa si<br />

limita alla trasmissione, o meglio<br />

alla riconferma, in questo, del<br />

senso comune. Per tradursi in<br />

conoscenze e concorrere alla costruzione<br />

del sapere del lettore<br />

l’opera <strong>di</strong> narrativa deve poter<br />

essere da lui rievocata e descritta<br />

nella sua piena consistenza e<br />

qualità comunicativa, secondo<br />

criteri anche <strong>di</strong><br />

confronto con<br />

testi contemporanei<br />

e precedenti<br />

dello stesso<br />

o <strong>di</strong> analogo genere.<br />

La scuola<br />

che rinuncia a<br />

sfruttare come<br />

risorse per la formazioneculturale<br />

degli studenti<br />

le loro letture<br />

edonistiche, cioè<br />

a recuperarle alla<br />

conoscenza e<br />

capitalizzarle come<br />

sapere, limita<br />

quin<strong>di</strong> l’efficacia<br />

dell’educazione<br />

letteraria e fa sì<br />

che proprio quei<br />

giovani che tendono<br />

a <strong>di</strong>ventare<br />

adulti più seriamenteimpegnati<br />

si allontanino<br />

dalla lettura, come<br />

da un gioco<br />

che deve essere<br />

a b b a n d o n a t o<br />

con il superamento<br />

dell’età<br />

adolescenziale. •<br />

Passo doppio<br />

Libri per comprendere la cronaca<br />

Cinzia Spingola<br />

clandestini asfissiati<br />

nel tir». Così titolavano<br />

«Cinque<br />

il 1° settembre scorso le<br />

prime pagine dei giornali italiani.<br />

Clandestini prima che uomini; cur<strong>di</strong><br />

per puro accidente <strong>di</strong> cronaca,<br />

venuti a morire in Italia e per<br />

giunta a ridosso dell’11 settembre,<br />

un anno dopo. Già pronte<br />

le lacrime e le <strong>di</strong>rette satellitari<br />

da New York, poco spazio<br />

per altre pietà, nessuno per<br />

l’approfon<strong>di</strong>mento. In<strong>di</strong>fferenza<br />

incombente: una<br />

<strong>di</strong>sgrazia da sventurati come<br />

altre, senza colpevoli.<br />

Clandestini: ci si libera da<br />

ogni colpa addossandola<br />

interamente alle vittime. Cos’altro<br />

c’è da <strong>di</strong>re, cosa da capire?<br />

Uomini sotto il sole <strong>di</strong> Ghassan Kanafani,<br />

scritto nel 1963 ma ripubblicato<br />

<strong>di</strong> recente da Sellerio (Palermo<br />

2001, pp. 115, € 5,16), in<br />

poco meno <strong>di</strong> cento pagine narra<br />

la vicenda <strong>di</strong> un’altra fuga clandestina<br />

<strong>di</strong> tre profughi palestinesi<br />

verso il ricco Kuwait. Sul piano tematico,<br />

nonostante le <strong>di</strong>fferenze,<br />

il racconto richiama <strong>Il</strong> lungo viaggio<br />

<strong>di</strong> Leonardo<br />

Sciascia, un testo<br />

a n t o l o g i z z a t o<br />

in passato per<br />

le scuole me<strong>di</strong>e<br />

da riproporre<br />

oggi utilmente<br />

agli studenti più<br />

gran<strong>di</strong>. In questo<br />

gli emigranti<br />

siciliani, dopo<br />

un<strong>di</strong>ci notti <strong>di</strong><br />

viaggio per un mare dal “respiro<br />

<strong>di</strong> belva”, vengono sbarcati non<br />

in America, secondo gli accor<strong>di</strong>,<br />

ma nella Sicilia dalla cui in<strong>di</strong>genza<br />

volevano fuggire; in quello <strong>di</strong><br />

Kanafani invece il tragitto infernale<br />

ha un epilogo tragico come<br />

nella realtà dei nostri giorni. I tre<br />

uomini infatti – <strong>di</strong>visi tra pena per<br />

l’abbandono della loro terra e<br />

speranza per la nuova destinazione<br />

– moriranno asfissiati dentro<br />

un’autocisterna rovente, sotto il<br />

sole del deserto iracheno. Scrive<br />

Vincenzo Consolo nell’introduzione<br />

al bel racconto: «cos’è la letteratura,<br />

[…] imme<strong>di</strong>atamente o<br />

me<strong>di</strong>atamente, se non politica?» e<br />

subito – quasi a prevenire le obiezioni<br />

<strong>di</strong> qualcuno – aggiunge che<br />

naturalmente il linguaggio letterario,<br />

in modo <strong>di</strong>verso da altri, «fa sì<br />

che il fatto narrato sia quello storico,<br />

sia quello politico, ma insieme<br />

sia altro […] nel senso della generale<br />

ed eterna con<strong>di</strong>zione umana»<br />

(pp. 11-12). La “mala storia” e la<br />

cattiva politica si ricostruiscono<br />

attraverso i frequenti flashback che<br />

aprono sul passato dei clandestini<br />

finestre private e <strong>di</strong>sperate, comuni<br />

tuttavia a tanti loro simili<br />

(cur<strong>di</strong>, albanesi, pakistani, ecc.)<br />

senza riparo <strong>di</strong> fronte alla belva<br />

che si rivela per loro il mondo. Un<br />

libro prezioso, dunque, che da un<br />

lato, attraverso la speciale lente<br />

letteraria e il necessario rinvio<br />

alla storia <strong>di</strong> lungo periodo, rende<br />

più comprensibile la cronaca;<br />

dall’altro getta un ponte cre<strong>di</strong>bile<br />

nella scuola verso la letteratura interculturale,<br />

in questo caso quella<br />

araba, capace <strong>di</strong> cogliere in profon<strong>di</strong>tà<br />

alcune delle più scottanti<br />

contrad<strong>di</strong>zioni del mondo attuale.<br />

<strong>Il</strong> testo non indugia mai in descrizioni<br />

morbose o d’effetto e anzi le<br />

sequenze più drammatiche sono<br />

inchiodate alla scarna essenzialità<br />

dello stile; ogni in<strong>di</strong>fferenza<br />

« cos’è<br />

la letteratura,<br />

imme<strong>di</strong>atamente<br />

o me<strong>di</strong>atamente,<br />

se non politica? »<br />

tuttavia si spezza<br />

anche nel lettore (e<br />

nel citta<strong>di</strong>no) meno avvertito<br />

<strong>di</strong> fronte al pensiero martellante<br />

che nel capitolo conclusivo balena<br />

nella testa del camionista che per<br />

15 <strong>di</strong>nari ha traghettato i tre uomini<br />

verso la morte oltre frontiera<br />

e che ora «fissa le tenebre con le<br />

pupille sgrana-<br />

te»: «Perché non<br />

hanno battuto<br />

sulle pareti della<br />

cisterna?» (p.<br />

101).<br />

Perché? Palestina.<br />

Una nazione<br />

occupata, del<br />

maltese Joe Sacco<br />

(Mondadori,<br />

Milano 2002, pp.<br />

1 1, € 17,00) è un altro libro utile<br />

per capire che «c’è in tutta questa<br />

storia qualcosa <strong>di</strong> più forte che lo<br />

schifo». Di fronte ai quoti<strong>di</strong>ani<br />

orrori israelo-palestinesi, la sua<br />

lettura può aiutare a scuotere la<br />

rassegnata (e spesso in<strong>di</strong>spettita)<br />

noncuranza <strong>di</strong> tanti studenti (e<br />

non solo) cui in realtà sfuggono<br />

il senso e le ragioni <strong>di</strong> quella politica.<br />

Si tratta <strong>di</strong> un reportage a<br />

fumetti, dunque realistico e <strong>di</strong>rei<br />

quasi inospitale come la terra in<br />

cui è ambientato, prodotto dopo<br />

un soggiorno del suo autore nei<br />

Territori Occupati, tra il 1991 e il<br />

1992. A <strong>di</strong>spetto del suo genere,<br />

il libro – che testimonia fin nelle<br />

piccole cose la trage<strong>di</strong>a <strong>di</strong> un popolo<br />

– evita la leggerezza sia narrativa<br />

sia grafica, tenendosi alla<br />

larga da ogni epilogo consolatorio<br />

attualmente improbabile. Più<br />

<strong>di</strong> tutto colpiscono i <strong>di</strong>segni degli<br />

ulivi palestinesi <strong>di</strong>strutti, senza<br />

riparo dalla vendetta come le vite<br />

senza speranza dei più giovani.<br />

Nella prefazione, Edward W. Said<br />

considera le parole e i <strong>di</strong>segni<br />

poco accattivanti del fumetto <strong>di</strong><br />

Sacco un antidoto contro la <strong>di</strong>sinformazione<br />

me<strong>di</strong>atica e scrive: «<strong>Il</strong><br />

personaggio Joe è lì per immedesimarsi<br />

in loro, non solo perché<br />

Gaza è un posto così significativo<br />

nei suoi spazi espropriati, sovraffollati<br />

e al tempo stesso sra<strong>di</strong>cati,<br />

ma anche per affermare che bisogna<br />

darne conto in termini <strong>di</strong><br />

umanità». Ed è questo forse uno<br />

dei suoi meriti maggiori.<br />

Spiegare attraverso materiali <strong>di</strong>sciplinari<br />

(o a questi riconducibili)<br />

che anche nella cronaca c’è molto<br />

da capire è <strong>di</strong> certo un compito<br />

gravoso della scuola <strong>di</strong> massa, oggi<br />

del tutto inelu<strong>di</strong>bile per l’insegnamento<br />

della letteratura che resta<br />

una delle rare vie per ovviare alla<br />

frettolosa (e cinica) vaghezza dell’informazione.<br />

•<br />

5


6<br />

Chichibìo<br />

Numero 21/22 – anno V, gennaio-aprile 2003<br />

Rie<strong>di</strong>zione elettronica a cura <strong>di</strong> Palumbo multime<strong>di</strong>a<br />

Didattica dell’antico:<br />

stu<strong>di</strong>o della lingua o solo “civiltà”?<br />

Perché non possiamo rinunciare ai testi originali<br />

Massimo Bruno<br />

Prospettata anche in ambienti<br />

ministeriali (con “ministeriali”<br />

intendo riferirmi agli<br />

elementi <strong>di</strong> continuità <strong>di</strong> una<br />

linea Berlinguer-De Mauro-Moratti,<br />

che, lo <strong>di</strong>co con <strong>di</strong>spiacere,<br />

non sono né pochi né trascurabili)<br />

come una soluzione efficace e<br />

praticabile della crisi degli stu<strong>di</strong><br />

classici e come un loro necessario<br />

adeguamento a nuove e non<br />

ben precisate esigenze, la proposta<br />

<strong>di</strong> eliminare – o, almeno, <strong>di</strong><br />

ridurre fortemente – lo stu<strong>di</strong>o<br />

delle lingue antiche e, <strong>di</strong> conseguenza,<br />

la lettura dei testi in lingua<br />

originale, va nella <strong>di</strong>rezione<br />

<strong>di</strong> una sostanziale vanificazione<br />

della <strong>di</strong>dattica <strong>di</strong> queste <strong>di</strong>scipline,<br />

<strong>di</strong> una loro riduzione a mera<br />

e inutile parvenza, senz’altro più<br />

dannosa <strong>di</strong> una loro sostituzione<br />

con altre <strong>di</strong>scipline (per esempio<br />

lingue straniere) che potrebbero<br />

svolgere un ruolo altrettanto<br />

importante, anche se – mi pare<br />

fuor <strong>di</strong> dubbio – non equivalente.<br />

Di fatto l’eliminazione dello<br />

stu<strong>di</strong>o linguistico dal curricolo<br />

del Latino e del Greco è epistemologicamente<br />

insostenibile e<br />

quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>datticamente rovinosa.<br />

Nessuna utilizzazione <strong>di</strong>dattica,<br />

nessun criterio <strong>di</strong> utilità può travisare<br />

lo statuto epistemologico<br />

<strong>di</strong> una <strong>di</strong>sciplina, può cioè tra<strong>di</strong>re<br />

e snaturare la scienza e la<br />

ricerca che <strong>di</strong> quella <strong>di</strong>sciplina<br />

costituiscono il presupposto e<br />

il fondamento irrinunciabile; e<br />

questo vale, ovviamente, anche<br />

per le scienze umane. Anche nel<br />

<strong>nostro</strong> caso questa scienza esiste,<br />

con la sua storia, il suo linguaggio,<br />

i suoi meto<strong>di</strong>, ed è la filologia<br />

classica, che, al <strong>di</strong> là del significato<br />

tecnico più ristretto <strong>di</strong><br />

textkritik, si configura ormai da<br />

tempo (Wilamowitz e Pasquali<br />

sono i protagonisti del pieno<br />

compimento <strong>di</strong> tale mutamento<br />

<strong>di</strong> prospettiva) come storia della<br />

cultura e delle civiltà classiche<br />

attraverso le testimonianze scritte<br />

(in particolare, ma non solo,<br />

quelle letterarie), ed ha dunque<br />

nel documento scritto, cioè nei<br />

testi e nella lingua, il principale<br />

e imprescin<strong>di</strong>bile canale d’accesso<br />

al suo oggetto.<br />

Compreso dunque in un ambito<br />

<strong>di</strong>sciplinare che non può<br />

non essere quello linguisticoletterario,<br />

lo stu<strong>di</strong>o del Latino<br />

e del Greco ha svolto e può (deve?)<br />

continuare a svolgere – non<br />

certo in posizione dominante<br />

né tanto meno esclusiva, ma insieme<br />

all’Italiano e alle Lingue<br />

Straniere – un ruolo fondamentale<br />

e insostituibile per la formazione<br />

<strong>di</strong> persone che non solo<br />

abbiano piena consapevolezza<br />

delle matrici storiche della cultura<br />

italiana ed <strong>eu</strong>ropea, ma che<br />

<strong>di</strong>spongano anche degli strumenti<br />

linguistici e concettuali<br />

per muoversi agilmente nei vari<br />

campi del sapere, e in particolare<br />

proprio in quello dei saperi<br />

scientifici, i cui linguaggi sono<br />

ricchi <strong>di</strong> termini <strong>di</strong> derivazione<br />

greca o latina.<br />

Inoltre, in considerazione del<br />

fatto che – per usare una terminologia<br />

oggi <strong>di</strong> moda – la prima<br />

e imprescin<strong>di</strong>bile competenza<br />

“trasversale” è l’uso corretto ed<br />

efficace della lingua madre, allora<br />

lo stu<strong>di</strong>o dell’Italiano, se sostenuto,<br />

arricchito e potenziato<br />

da quello del Latino e del Greco,<br />

avrà una valenza formativa, ma<br />

anche, se si vuole, una “spen<strong>di</strong>bilità”<br />

pratica <strong>di</strong> profilo superiore.<br />

La conoscenza delle lingue<br />

classiche non ha quin<strong>di</strong> solo un<br />

valore strumentale, in quanto<br />

permette <strong>di</strong> accedere in lingua<br />

originale ai testi che sono alle ra<strong>di</strong>ci<br />

del <strong>nostro</strong> mondo culturale<br />

(sul piano non solo linguistico<br />

e letterario, ma anche su quello<br />

concettuale e valoriale): essa dà<br />

anche un contributo notevole, e<br />

non facilmente sostituibile con<br />

altri mezzi, ad un possesso della<br />

lingua italiana che si realizzi in<br />

« l’insegnamento<br />

del Latino e del Greco<br />

non è soltanto<br />

una nobile tra<strong>di</strong>zione<br />

da conservare »<br />

termini <strong>di</strong> padronanza lessicale,<br />

correttezza ed efficacia espressiva,<br />

competenza nei vari linguaggi<br />

specialistici, e come strumento<br />

non solo <strong>di</strong> comprensione della<br />

realtà, ma anche <strong>di</strong> intervento in<br />

essa a vari livelli.<br />

Inoltre una formazione pr<strong>eu</strong>niversitaria<br />

che comprenda lo<br />

stu<strong>di</strong>o della lingua latina e greca<br />

è fortemente raccomandabile<br />

per tutti i futuri studenti dei corsi<br />

<strong>di</strong> laurea in Lettere, Storia,<br />

Filosofia, ma anche delle Facoltà<br />

<strong>di</strong> Giurisprudenza, Scienze Politiche<br />

e, non ultima, Scienze della<br />

Formazione.<br />

Dunque l’insegnamento del<br />

Latino e del Greco non solo non<br />

è un fasti<strong>di</strong>oso residuo da cancellare,<br />

ma neppure soltanto una<br />

nobile tra<strong>di</strong>zione da <strong>di</strong>fendere e<br />

conservare; e non avrebbe senso<br />

mantenere un in<strong>di</strong>rizzo classico<br />

unicamente come luogo in cui<br />

imbalsamare e custo<strong>di</strong>re un patrimonio<br />

preziosissimo sì ma ormai<br />

inerte, da riservare ai “futuri<br />

antichisti”.<br />

È molto significativo e, con i<br />

tempi che corrono, davvero consolante<br />

il fatto che gli argomenti<br />

più convincenti – molto più utili<br />

<strong>di</strong> appassionate quanto inconcludenti<br />

<strong>di</strong>fese – a sostegno della valenza<br />

formativa del Latino e del<br />

Greco sono venuti spesso non da<br />

antichisti o cultori a qualunque<br />

titolo delle <strong>di</strong>scipline classiche,<br />

ma da scienziati, i quali peraltro<br />

si sono soffermati non tanto sul<br />

valore formativo generale <strong>di</strong> questi<br />

stu<strong>di</strong> né sulla loro funzione<br />

<strong>di</strong> veicolo <strong>di</strong> conoscenza delle<br />

civiltà antiche, ma proprio sulla<br />

loro utilità nello sviluppo <strong>di</strong> capacità<br />

scientifiche attraverso lo<br />

stu<strong>di</strong>o linguistico e, in particolare,<br />

attraverso la prassi traduttiva.<br />

È stato sottolineato come l’esercizio<br />

<strong>di</strong> traduzione dalle lingue<br />

classiche, contrassegnate da una<br />

elevata complessità morfo-sintattica<br />

e semantica, anche in con-<br />

seguenza della <strong>di</strong>stanza storicoculturale<br />

che ci separa da esse,<br />

implichi un lavoro intellettuale<br />

impegnativo e complesso, non<br />

eseguibile meccanicamente, ma<br />

che richiede ed attiva una serie<br />

<strong>di</strong> operazioni mentali che sono<br />

tipiche della ricerca scientifica:<br />

induzione, deduzione, analisi,<br />

sintesi, comparazione, formulazione<br />

e verifica <strong>di</strong> ipotesi <strong>di</strong><br />

soluzione, utilizzazione positiva<br />

dell’errore, passaggio da un problema<br />

ad altri più complessi, ecc.<br />

<strong>Il</strong> genetista Luca Cavalli Sforza è<br />

giunto ad affermare («la Repubblica»<br />

del 27.11.1993) che, tra<br />

tutte le esperienze scolastiche, la<br />

traduzione dalle lingue classiche<br />

è «l’attività più vicina alla ricerca<br />

scientifica, cioè alla comprensione<br />

<strong>di</strong> ciò che è sconosciuto».<br />

È chiaro che questa perdurante<br />

e anzi rinnovata centralità degli<br />

stu<strong>di</strong> classici deve comunque<br />

prendere atto dell’improponibilità<br />

oggi <strong>di</strong> un Liceo Classico<br />

come scuola del Latino e del<br />

Greco, né in senso esclusivo, ma<br />

neppure in senso gerarchico:<br />

questo sì retaggio del passato che<br />

va eliminato, deformazione ideologica<br />

della classicità da cancellare.<br />

Lo stu<strong>di</strong>o delle lingue e della<br />

civiltà classica, proprio per la sua<br />

natura e il suo statuto scientifico,<br />

deve essere inserito nel quadro<br />

<strong>di</strong> una sintesi dei saperi che sappia<br />

coniugare la comprensione<br />

della realtà contemporanea, in<br />

tutti i suoi aspetti, con la memoria<br />

storica, le scienze linguisticoletterarie<br />

con le altre dell’ambito<br />

umanistico e con quelle fisiche,<br />

matematiche e naturali, senza<br />

trascurare la familiarizzazione<br />

con l’informatica e le nuove tecnologie,<br />

ormai strumento in<strong>di</strong>spensabile<br />

e veicolo <strong>di</strong>ffuso <strong>di</strong><br />

conoscenza in tutti i settori del<br />

sapere e della vita sociale.<br />

Dunque una scuola che possa<br />

garantire una formazione elastica,<br />

flessibile (ma in un senso che<br />

ha ben poco a che fare con la<br />

flessibilità <strong>di</strong> impronta aziendalistica<br />

e neoliberista), capace cioè<br />

<strong>di</strong> adattarsi ad esigenze sempre<br />

nuove e a situazioni in continua<br />

trasformazione, deve essere in<br />

grado <strong>di</strong> fornire conoscenze, capacità<br />

e competenze utilizzabili<br />

negli ambiti più <strong>di</strong>versi, ben al <strong>di</strong><br />

là <strong>di</strong> quelli <strong>di</strong> provenienza.<br />

Ebbene, proprio gli stu<strong>di</strong> classici<br />

possono dare oggi un contributo<br />

decisivo ad una educazione<br />

che si configuri in termini non<br />

solo <strong>di</strong> un sapere <strong>di</strong> alto profilo<br />

(formazione culturale) e <strong>di</strong> un<br />

sapere essere persone e citta<strong>di</strong>ni<br />

(formazione umana e civile), ma<br />

anche <strong>di</strong> un saper fare che, acquisito<br />

attraverso i contenuti più<br />

elevati della nostra tra<strong>di</strong>zione<br />

culturale, sia valido oltre essi e<br />

permetta consapevoli scelte esistenziali<br />

e professionali. •<br />

Noi, gli antichi e gli altri<br />

La lettura dei classici<br />

in una <strong>di</strong>mensione interculturale<br />

Stefano Nuzzoli<br />

<strong>Il</strong> confronto-scontro tra le culture<br />

non è un problema nuovo<br />

per l’Occidente, che molte volte<br />

nella sua storia si è confrontato<br />

col <strong>di</strong>verso. Ancora oggi Roma<br />

costituisce l’esempio migliore della<br />

volontà <strong>di</strong> integrazione globale<br />

che la società occidentale ha<br />

sempre cercato. Nel riflettere su<br />

questo argomento non dobbiamo<br />

<strong>di</strong>menticare,<br />

però, che la testimonianza<br />

che<br />

ci rimane dello<br />

scontro e della<br />

successiva integrazione<br />

è quella<br />

dei vincitori.<br />

L’espansionismo<br />

e poi l’imperialismoromano<br />

non sono nati<br />

da un preciso<br />

<strong>di</strong>segno politico,<br />

ma sono stati la<br />

conseguenza <strong>di</strong> una lenta e progressiva<br />

maturazione <strong>di</strong> un’idea<br />

<strong>di</strong> superiorità e del desiderio dei<br />

popoli conquistati <strong>di</strong> identificarsi<br />

con la cultura romana.<br />

Questa concezione, che trovava<br />

convinta adesione tra i Romani,<br />

come ci suggerisce Virgilio nell’Eneide<br />

(«Ricordati, Romano…»,<br />

VI, 851-853), otteneva consensi<br />

anche in culture <strong>di</strong>verse, come<br />

prova la testimonianza <strong>di</strong> Polibio,<br />

il quale nelle sue Storie riconosce<br />

tale “ineluttabilità”.<br />

Ma la <strong>di</strong>sponibilità a riconoscere<br />

la supremazia romana è in realtà<br />

più problematica <strong>di</strong> quanto può<br />

sembrare, e infatti c’era una certa<br />

pluralità <strong>di</strong> pensiero, sia pure negli<br />

spazi ridotti <strong>di</strong> chi non detiene<br />

il potere politico. D’altra parte lo<br />

stesso «sterminare i superbi» <strong>di</strong><br />

Virgilio – esempio <strong>di</strong> identificazione<br />

nella politica imperiale <strong>di</strong><br />

Augusto – non era certo riferito ai<br />

violenti o ai cattivi dell’epoca, ma<br />

all’eliminazione dei <strong>di</strong>ssidenti. Per<br />

quanto riguarda Polibio, invece, il<br />

suo appoggio alla politica estera<br />

romana era dovuta anche alla posizione<br />

privilegiata che egli occupava<br />

in quanto membro del circolo<br />

<strong>di</strong> Scipione l’Emiliano, <strong>di</strong> cui era<br />

stato educatore. Un posto non<br />

secondario merita anche Tacito,<br />

che nell’Agricola mette in bocca al<br />

britannico Càlgaco il proverbiale<br />

«(I Romani) hanno fatto il deserto<br />

e lo chiamano pace».<br />

Ma quali meccanismi culturali<br />

contribuirono alla formazione <strong>di</strong><br />

tale idea <strong>di</strong> superiorità? Certamente<br />

i Romani non conobbero il moderno<br />

pregiu<strong>di</strong>zio razziale in senso<br />

stretto, cioè <strong>di</strong> tipo biologico. Per<br />

loro lo schiavo era solo barbaro o<br />

greco, italico o africano o asiatico,<br />

e veniva impiegato nelle sue mansioni<br />

non in base al colore della<br />

« può la lettura<br />

dei classici educare<br />

il citta<strong>di</strong>no moderno<br />

alla tolleranza<br />

e all’integrazione<br />

in una società<br />

multiculturale? »<br />

pelle, ma per le sue qualità fisiche<br />

e per le sue attitu<strong>di</strong>ni culturali.<br />

Tutta la civiltà letteraria latina,<br />

e dobbiamo pensare anche la società,<br />

è stata influenzata da una<br />

doppia linea ideologica: la prima<br />

fu quella conservatrice <strong>di</strong> Catone<br />

il Censore, strenuo <strong>di</strong>fensore dei<br />

mores maiorum e baluardo contro<br />

l’invasione delle filosofie orientali;<br />

la seconda<br />

fu quella del cosiddetto<br />

Circolo<br />

degli Scipioni,<br />

propugnatrice <strong>di</strong><br />

una politica più<br />

aperta alle infiltrazioniculturali,<br />

che poi prese<br />

il sopravvento.<br />

La prova più oggettivadell’affermarsi<br />

<strong>di</strong> questa<br />

seconda linea sta<br />

nell’origine geografica<br />

dei principali esponenti<br />

della letteratura latina. Quando gli<br />

interessi <strong>di</strong> Roma, dopo aver conquistato<br />

l’Italia centrale, andavano<br />

verso sud, incontriamo scrittori e<br />

poeti dell’area magno-greca (Livio<br />

Andronico ed Ennio, ma anche<br />

Gneo Nevio ed altri), e spingendoci<br />

ancora più a sud, al <strong>di</strong> là del<br />

mare, fino a Cartagine, Terenzio;<br />

quando gli interessi <strong>di</strong> Roma si<br />

<strong>di</strong>rigevano a nord, si aggiungono<br />

quelli provenienti dall’area Cisalpina<br />

(i poetae novi), poi ancora,<br />

superate le Alpi, Fedro, Seneca,<br />

Lucano e via elencando.<br />

Di contro ad un’immagine dei<br />

Romani così <strong>di</strong>sposti all’integrazione<br />

dello straniero, anche in<br />

questo caso non dobbiamo tralasciare<br />

l’esistenza a Roma <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>cati<br />

e popolari pregiu<strong>di</strong>zi verso altre<br />

popolazioni e particolarmente nei<br />

confronti degli Ebrei, come ci riporta<br />

in<strong>di</strong>rettamente Tacito nella<br />

sua “archeologia giudaica” (Historiae,<br />

V, 2-5).<br />

Ma c’è inevitabilmente da osservare<br />

che la fortuna dell’Impero<br />

non consistette in realtà solo nelle<br />

conquiste militari dell’esercito, o<br />

almeno questo fu solo il punto <strong>di</strong><br />

partenza, ma fu frutto soprattutto<br />

del processo <strong>di</strong> assimilazione ed<br />

integrazione che i popoli sconfitti<br />

accettarono, anzi in alcuni<br />

casi pare richiesero. Greci d’Italia,<br />

Cartaginesi, Galli abbandonarono<br />

presto la loro coscienza <strong>di</strong> popolo<br />

per aderire alla “civiltà” del conquistatore,<br />

per accaparrarsene,<br />

in un primo momento, favori e<br />

benevolenza, poi per cosciente<br />

adesione allo stile <strong>di</strong> vita.<br />

L’esempio della creazione <strong>di</strong><br />

antiche forme <strong>di</strong> impero costruite<br />

anche sulla base del consenso<br />

sociale e culturale, come quello<br />

romano, può aiutarci a comprendere<br />

la natura della nuova riorganizzazione<br />

mon<strong>di</strong>ale, che chiamiamo<br />

globalizzazione.<br />

Cosa possiamo e dobbiamo<br />

chiedere alla cultura classica? Può<br />

la lettura dei classici educare il<br />

moderno citta<strong>di</strong>no alla tolleranza<br />

e all’integrazione in una società<br />

multiculturale? Martha C.<br />

Nussbaum (Coltivare l’umanità. I<br />

classici, il <strong>multiculturalismo</strong>, l’educazione<br />

contemporanea, Carocci, Roma<br />

1999, pp. 23 e ss.) crede in una<br />

cultura che «libera la mente dalle<br />

catene dell’abitu<strong>di</strong>ne e della tra<strong>di</strong>zione,<br />

formando persone in grado<br />

<strong>di</strong> operare con sensibilità e prontezza<br />

come citta<strong>di</strong>ni del mondo».<br />

Alla base <strong>di</strong> questa educazione c’è<br />

per lei solo la lettura dei classici,<br />

per mezzo dei quali possiamo comprendere<br />

la struttura del mondo<br />

contemporaneo. <strong>Il</strong> confronto col<br />

<strong>di</strong>verso da noi aiuterebbe a superare<br />

i localismi e i particolarismi e<br />

a sentirci appartenenti ad un unico<br />

mondo nel senso culturalmente<br />

più vasto del termine.<br />

Aggiungiamo, però, che tutto<br />

questo deve avvenire anche me<strong>di</strong>ante<br />

una lettura delle pagine<br />

degli scrittori antichi <strong>di</strong>retta e non<br />

solo me<strong>di</strong>ata da commenti e traduzioni,<br />

lettura inoltre non separata<br />

dal contesto storico in cui i<br />

classici sono stati prodotti. Dice<br />

Seneca: «(Noi Romani)… ci siamo<br />

aperti alla relazione con tutto<br />

il mondo ed abbiamo affermato<br />

<strong>di</strong> avere il mondo come patria,<br />

perché fosse possibile offrire alla<br />

virtù un campo più vasto». Però<br />

per ben intendere il pensiero <strong>di</strong><br />

Seneca, ricor<strong>di</strong>amo che il cosmopolitismo<br />

era strumento dell’Impero<br />

romano per <strong>di</strong>ffondere la<br />

“virtù” del vincitore, che permetteva<br />

<strong>di</strong> accettare la cultura degli<br />

altri solo quando questa serviva a<br />

consolidare il potere. Voglio <strong>di</strong>re<br />

che una conoscenza attraverso<br />

una altrui traduzione, o ad<strong>di</strong>rittura<br />

per scelta <strong>di</strong> brani antologici,<br />

porta ad una conoscenza frammentaria<br />

ed artefatta del messaggio<br />

storico. Come non possiamo<br />

capire la bontà <strong>di</strong> un film unicamente<br />

dal suo trailer, così, anche<br />

con i limiti <strong>di</strong> una conoscenza<br />

linguistica non tecnica, dobbiamo<br />

avere la possibilità <strong>di</strong> emettere un<br />

giu<strong>di</strong>zio autonomo sul messaggio<br />

antico, per misurarlo sulla contemporaneità.<br />

Lo scopo ultimo<br />

non è dunque quello <strong>di</strong> tradurre<br />

(trasportare) un testo da un contesto<br />

culturale passato a quello<br />

in corso, o <strong>di</strong> conoscere come le<br />

cose funzionavano nell’antichità,<br />

ma <strong>di</strong> “sfruttare” quel testo e quel<br />

messaggio per in<strong>di</strong>viduare i meccanismi<br />

storici e sociali che hanno<br />

portato alla sua produzione, quei<br />

meccanismi (e non unicamente il<br />

messaggio storico) potranno poi<br />

essere trasposti e misurati sulla<br />

società contemporanea. <strong>Il</strong> testo<br />

classico da solo non ci spiega il<br />

mondo né antico né moderno,<br />

anzi in alcuni casi forse ce lo può<br />

fare rifiutare, ma ci costringe ad<br />

un confronto <strong>di</strong>alettico con esso;<br />

ci fornisce una forse unica strada<br />

privilegiata per andare incontro<br />

a tutto ciò che ci appare <strong>di</strong>verso,<br />

per aiutarci a comprenderlo. Come<br />

sostiene Luciano Canfora, la<br />

strada da percorrere è quella della<br />

conoscenza per <strong>di</strong>fferentiam.<br />

Per essere oggi un buon citta<strong>di</strong>no<br />

è necessario saper elaborare<br />

delle tecniche <strong>di</strong> ragionamento<br />

molto più complesse <strong>di</strong> quelle <strong>di</strong><br />

una volta, necessarie a <strong>di</strong>fendere<br />

la democrazia e la propria libertà,<br />

oggi attaccate non più da nemici<br />

espliciti e <strong>di</strong>chiarati, ma celati e<br />

ben vestiti, che approfittano <strong>di</strong><br />

una <strong>di</strong>ffusa ignoranza, derivante<br />

non da una mancanza <strong>di</strong> conoscenze<br />

in senso assoluto, ma dal<br />

mancato uso delle capacità riflessive<br />

<strong>di</strong> chi si lascia trascinare in<br />

atteggiamenti e decisioni spesso<br />

istintivi e passionali. Un’educazione<br />

umanistica significa dunque<br />

sottoporre al giu<strong>di</strong>zio della ragione<br />

critica e storica le proprie<br />

certezze e alla fine imparare a<br />

ragionare con la propria testa. •<br />

La sfida dell’insegnamento del<br />

Latino non è battaglia <strong>di</strong> retroguar<strong>di</strong>a<br />

per conservatori;<br />

l’incontro con la cultura classica<br />

si può ritenere fondamentale per<br />

l’identità linguistico-culturale delle<br />

nuove generazioni. Sta a noi<br />

docenti valorizzare e rinnovare<br />

i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>dattici <strong>di</strong> tale incontro,<br />

al <strong>di</strong> là della sterile <strong>di</strong>fesa dei nostri<br />

spazi orari e delle ricorrenti<br />

lamentazioni sul <strong>di</strong>sinteresse e<br />

sull’ignoranza delle nuove generazioni.<br />

Noi docenti <strong>di</strong> Lettere del Liceo<br />

scientifico «A. Pacinotti» della<br />

Spezia abbiamo deciso <strong>di</strong> non<br />

ignorare le <strong>di</strong>fficoltà della motivazione<br />

e del coinvolgimento<br />

nello stu<strong>di</strong>o del Latino <strong>di</strong> ragazzi<br />

per i quali il “classico” non è<br />

scelta vocazionale e che spesso<br />

quin<strong>di</strong> subiscono un percorso <strong>di</strong><br />

cui non riescono più a cogliere<br />

il senso; d’altra parte ci siamo a<br />

nostra volta rifiutati <strong>di</strong> subire rassegnati<br />

la progressiva marginalizzazione<br />

della <strong>di</strong>sciplina e della<br />

sua incidenza nella formazione<br />

liceale. Abbiamo inserito perciò<br />

un complessivo rinnovamento<br />

dei contenuti e dei meto<strong>di</strong> dell’insegnamento<br />

curricolare del<br />

Latino nella ristrutturazione dell’organizzazione<br />

scolastica, nella<br />

convinzione che i due aspetti si<br />

potenzino vicendevolmente: è<br />

nato così il Progetto Latino 2000.<br />

Da tali premesse derivano <strong>di</strong>rettamente<br />

le finalità e gli obiettivi<br />

su cui abbiamo lavorato, sia<br />

sul versante educativo (accesso<br />

<strong>di</strong>retto e approfon<strong>di</strong>to ad uno<br />

dei segmenti più antichi della<br />

cultura occidentale e quin<strong>di</strong> ad<br />

un patrimonio <strong>di</strong> civiltà nel quale<br />

si fonda la consapevolezza della<br />

propria identità; recupero storico,<br />

comprensione critica e capacità<br />

<strong>di</strong> relativizzare le ra<strong>di</strong>ci e gli<br />

archetipi <strong>di</strong> tale identità), sia sul<br />

versante <strong>di</strong>dattico (dalla capacità<br />

<strong>di</strong> confrontare il passato con il<br />

presente per le classi prime alla<br />

capacità <strong>di</strong> contestualizzare nel<br />

sistema letterario e culturale e<br />

storico per le classi terze).<br />

Sono stati quin<strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduati<br />

per ogni fascia-classe <strong>di</strong>versi argomenti,<br />

<strong>di</strong>versi nuclei aggreganti<br />

– in pratica moduli – ma con caratteristiche<br />

tali che dei moduli<br />

in senso stretto, come si precisa<br />

oltre, evitano alcuni fattori <strong>di</strong><br />

grave rischio per la formazione.<br />

I moduli, tanti quante le sezioni<br />

del Liceo, devono mettere a frutto<br />

le migliori competenze reali<br />

degli insegnanti – che non è vero<br />

sappiano tutti le stesse cose e facciano<br />

tutti con piacere le stesse<br />

cose – e contemporaneamente<br />

offrono agli allievi opzioni varie e<br />

capaci <strong>di</strong> rispondere ad interessi<br />

<strong>di</strong>versi: gli insegnanti lavorano<br />

cioè con gli stessi obiettivi, ma<br />

l’allievo sceglie l’approccio a lui<br />

più congeniale, percorre la strada<br />

a partire dall’argomento che<br />

lo sollecita <strong>di</strong> più. Nelle mutate<br />

con<strong>di</strong>zioni socio-culturali in cui ci<br />

troviamo, alla filologia, alla linguistica<br />

e all’indagine storico-letteraria<br />

della tra<strong>di</strong>zione <strong>di</strong>dattica del<br />

Latino, possono infatti, e devono,<br />

affiancarsi “altri” mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> guardare<br />

il classico, più coinvolgenti<br />

forse per gli allievi e comunque<br />

capaci <strong>di</strong> articolare in profon<strong>di</strong>tà<br />

la <strong>di</strong>sciplina. Tutto questo <strong>di</strong>venta<br />

per i ragazzi più evidente anche<br />

solo me<strong>di</strong>ante il nuovo modo <strong>di</strong><br />

raggruppare contenuti e testi tra<strong>di</strong>zionalmente<br />

<strong>di</strong>stribuiti nella<br />

<strong>di</strong>acronia dei manuali <strong>di</strong> storia<br />

letteraria o nelle ripartizioni dettate<br />

da programmi e libri <strong>di</strong> testo<br />

su <strong>di</strong> essi modellati.<br />

Naturalmente lo svolgimento <strong>di</strong><br />

tali moduli è inserito in una revi-<br />

Chichibìo<br />

Numero 21/22 – anno V, gennaio-aprile 2003<br />

Rie<strong>di</strong>zione elettronica a cura <strong>di</strong> Palumbo multime<strong>di</strong>a<br />

Per una “modularità sostenibile”<br />

<strong>Il</strong> Progetto Latino <strong>di</strong> un Liceo <strong>di</strong> La Spezia<br />

Marisa Bernar<strong>di</strong>ni - Roberto Centi<br />

sione complessiva del programma<br />

<strong>di</strong> or<strong>di</strong>namento, ri<strong>di</strong>stribuito in<br />

una sorta <strong>di</strong> “canone” d’Istituto<br />

per nuclei essenziali e no<strong>di</strong> significativi,<br />

affinché tutti gli allievi<br />

svolgano un minimo irrinunciabile<br />

(soprattutto in termini <strong>di</strong> contenuti,<br />

ma anche <strong>di</strong> competenze)<br />

nel proprio gruppo classe con il<br />

proprio insegnante; <strong>di</strong>venta necessario<br />

anche adottare nuove<br />

metodologie per ottimizzare lo<br />

sfruttamento del <strong>di</strong>minuito tempo-scuola<br />

nel gruppo-classe. È importante<br />

notare<br />

che l’introduzione<br />

<strong>di</strong> questa attività<br />

modulare<br />

è stata bilanciata<br />

da uno speculare<br />

rinforzo<br />

della <strong>di</strong>acronia<br />

nel programma<br />

curricolare <strong>di</strong><br />

storia letteraria,<br />

sia con l’eliminazione<br />

<strong>di</strong> tutte<br />

le sfasature tra<br />

“letture <strong>di</strong> autori” e stu<strong>di</strong>o manualistico<br />

nei vari anni <strong>di</strong> corso,<br />

sia con un’attenzione particolare<br />

all’uso, anche per le riflessioni<br />

linguistiche e le prove <strong>di</strong> traduzione,<br />

<strong>di</strong> testi riconducibili alla storia<br />

letteraria via via affrontata.<br />

Vengono svolti nel corso dell’anno<br />

scolastico due moduli,<br />

uno per quadrimestre: il primo<br />

nel periodo novembre-<strong>di</strong>cembre,<br />

il secondo nel periodo marzoaprile;<br />

i moduli si articolano in<br />

sette lezioni, una alla settimana,<br />

<strong>di</strong> due ore ciascuna, per un totale<br />

<strong>di</strong> 1 ore, <strong>di</strong> cui le ultime 2<br />

<strong>di</strong> verifica sommativa. Gli allievi,<br />

senza alcun vincolo <strong>di</strong> livelli<br />

<strong>di</strong> ren<strong>di</strong>mento o <strong>di</strong> esigenze <strong>di</strong><br />

approfon<strong>di</strong>mento segnalati dagli<br />

insegnanti <strong>di</strong> classe, scelgono<br />

il modulo cui partecipare, sulla<br />

base dei propri interessi, previa<br />

informazione me<strong>di</strong>ante dépliant<br />

sui contenuti e sulle articolazioni<br />

<strong>di</strong> tutti i moduli programmati per<br />

la loro fascia-classe, e a quello si<br />

iscrivono: lasciati liberi <strong>di</strong> selezionare<br />

le preferenze in termini <strong>di</strong><br />

argomento (“come in un supermercato”,<br />

è stato anche detto in<br />

tono critico), essi vengono coinvolti<br />

più facilmente nell’appren<strong>di</strong>mento<br />

e nelle letture. Si creano<br />

in tal modo nuovi gruppi-classe<br />

(classi aperte), che si aggregano<br />

una volta alla settimana per tutto<br />

il periodo <strong>di</strong> svolgimento del<br />

modulo, usufruendo <strong>di</strong> una delle<br />

forme <strong>di</strong> flessibilità regolate dall’autonomia<br />

delle istituzioni scolastiche.<br />

L’autovalutazione conclusiva<br />

ha permesso <strong>di</strong> verificare<br />

che ai ragazzi è piaciuto cambiare<br />

compagni e provare nuovi insegnanti:<br />

hanno giu<strong>di</strong>cato l’esperienza<br />

“interessante”, “positiva” e<br />

ad<strong>di</strong>rittura “<strong>di</strong>vertente”.<br />

« la cultura classica<br />

è fondamentale<br />

per l’identità<br />

linguistico-culturale<br />

delle nuove<br />

generazioni »<br />

Sono necessari per lo svolgimento<br />

<strong>di</strong> moduli <strong>di</strong> tal genere:<br />

– l’adozione <strong>di</strong> libri <strong>di</strong> testo<br />

uguali in tutte le sezioni, a cui si<br />

aggiunge per ogni modulo il materiale<br />

pre<strong>di</strong>sposto dall’insegnante<br />

(<strong>di</strong>spense, fotocopie, testi integrali<br />

complementari); riscuotono<br />

naturalmente notevole successo<br />

presso gli allievi l’uso <strong>di</strong> materiale<br />

multime<strong>di</strong>ale e lo svolgimento <strong>di</strong><br />

visite guidate, in questo caso veramente<br />

significativi perché collegati<br />

in profon<strong>di</strong>tà alle esigenze<br />

dei contenuti<br />

affrontati;<br />

– la creazione<br />

<strong>di</strong> adeguata<br />

strumentazione<br />

burocratica: registri,<br />

moduli <strong>di</strong><br />

iscrizione, avvisi<br />

alle famiglie;<br />

– un orario<br />

scolastico che<br />

preveda il vincolo<br />

della sovrapposizione<br />

<strong>di</strong> due<br />

ore <strong>di</strong> Latino almeno un giorno<br />

alla settimana in tutte le classi<br />

coinvolte;<br />

– un attento lavoro <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento<br />

nel Dipartimento, soprattutto,<br />

da una parte, per in<strong>di</strong>viduare<br />

i livelli <strong>di</strong> partenza degli allievi<br />

del modulo, che provengono da<br />

classi <strong>di</strong>verse e quin<strong>di</strong> da storie<br />

<strong>di</strong>verse, dall’altra parte, per gestire<br />

la verifica sommativa finale<br />

del modulo, la cui valutazione<br />

viene recepita fra quelle assegnate<br />

dall’insegnante <strong>di</strong> classe per la<br />

me<strong>di</strong>a conclusiva quadrimestrale<br />

dei “suoi” allievi (il che potrebbe<br />

creare qualche <strong>di</strong>fficoltà in caso<br />

<strong>di</strong> palese <strong>di</strong>fformità). In tutti i<br />

moduli allora sono previste omogenee<br />

tipologie <strong>di</strong> verifica, preparate<br />

e corrette collegialmente<br />

dal Dipartimento e in particolare<br />

dalla responsabile collaborazione<br />

<strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong> lavoro costituito<br />

dall’insegnante del modulo e dagli<br />

insegnanti i cui allievi abbiano<br />

scelto <strong>di</strong> partecipare a quel modulo:<br />

questo impegno migliora<br />

in modo sensibile la capacità <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>scutere e <strong>di</strong> confrontarsi tra<br />

colleghi dello stesso Istituto.<br />

Questo progetto, come si vede,<br />

nasce proprio dall’esigenza <strong>di</strong><br />

accogliere alcuni spunti significativi<br />

insiti nell’insegnamento per<br />

moduli senza per questo accettare<br />

tout court l’impostazione <strong>di</strong><br />

una totalizzante <strong>di</strong>dattica modulare,<br />

che può presentare notevoli<br />

ombre e rischi, sia per quanto<br />

riguarda l’effettiva ricaduta in termini<br />

<strong>di</strong> preparazione <strong>di</strong>sciplinare<br />

sia per il più generale problema<br />

della formazione dello studente e<br />

del citta<strong>di</strong>no.<br />

Si potrebbe <strong>di</strong>re che il tentativo<br />

operato è quello <strong>di</strong> una<br />

“modularità sostenibile”, che<br />

non spezza l’asse cronologico<br />

della programmazione tra<strong>di</strong>zionale,<br />

ritenuto irrinunciabile<br />

nell’ambito delle <strong>di</strong>scipline<br />

storiche quale è il Latino, ma<br />

sperimenta le potenzialità dell’approfon<strong>di</strong>mento<br />

tematico <strong>di</strong><br />

livello specialistico inserendolo<br />

armonicamente in un quadro<br />

che salvaguarda la tra<strong>di</strong>zione<br />

della nostra scuola. In questo<br />

senso quin<strong>di</strong>, più che <strong>di</strong> moduli,<br />

si dovrebbe parlare <strong>di</strong> percorsi<br />

tematici <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>mento a<br />

classi parallele aperte. È evidente,<br />

pertanto, che nel momento<br />

in cui si parla <strong>di</strong> rischi insiti<br />

nella <strong>di</strong>dattica modulare, si fa<br />

riferimento ai moduli propriamente<br />

detti, visto che negli ultimi<br />

anni in Italia, a livello sia <strong>di</strong><br />

amministrazione centrale e periferica,<br />

sia <strong>di</strong> singole realtà, sia <strong>di</strong><br />

e<strong>di</strong>toria scolastica, sembra sussistere<br />

notevole confusione sul<br />

termine, tanto che in qualche<br />

caso sono definiti moduli persino<br />

quelli che un tempo erano i<br />

capitoli <strong>di</strong> un libro <strong>di</strong> testo.<br />

La storia dell’insegnamento<br />

per moduli intesi in senso stretto<br />

non sembra portare elementi a<br />

sostegno della sua applicabilità in<br />

una realtà liceale, visto che esso<br />

nasce durante la seconda guerra<br />

mon<strong>di</strong>ale per fare acquisire a<br />

lavoratori specializzati ulteriori<br />

abilità e competenze precise in<br />

tempi ristretti e che sempre, da<br />

allora in poi, anche nell’ambito<br />

della formazione tecnica e professionale,<br />

esso è stato applicato<br />

per generare specializzazione su<br />

competenze e conoscenze già acquisite,<br />

non per incar<strong>di</strong>nare nei<br />

<strong>di</strong>scenti un sapere <strong>di</strong> base.<br />

È rispetto a tale modularità che<br />

si segnalano o si riba<strong>di</strong>scono – in<br />

conclusione – alcuni rischi da cui<br />

paiono esenti i percorsi tematici<br />

a classi parallele aperte realizzati<br />

dal <strong>nostro</strong> Progetto:<br />

1. essi si incar<strong>di</strong>nano su un programma<br />

organico, sistematico e<br />

progressivo, cioè sviluppato secondo<br />

un solido impianto cronologico<br />

(senza che questo significhi<br />

trattare tutti gli autori e tutti i<br />

testi, perché si operano tagli);<br />

2. nell’arco dell’anno scolastico<br />

sottraggono allo svolgimento del<br />

“programma” (il termine viene<br />

provocatoriamente mantenuto<br />

perché non se ne coglie alcuna<br />

connotazione negativa ) uno spazio<br />

temporale sostenibile;<br />

3. danno un saggio dei possibili<br />

traguar<strong>di</strong> <strong>di</strong>dattici e formativi <strong>di</strong><br />

una ricerca, svolta anche a livello<br />

raffinato e specialistico, senza tagliare<br />

tutto il curricolo annuale in<br />

base alle scelte dell’insegnante, il<br />

quale, applicando una modularità<br />

stricto sensu, preconfeziona ai suoi<br />

studenti sei-sette-otto moduli, con<br />

un atto <strong>di</strong> libertà (tanto sban<strong>di</strong>erato)<br />

che è suo, ma non sempre è<br />

avvertito come tale da loro;<br />

4. non considerano la cultura<br />

come parcellizzabile e spen<strong>di</strong>bile<br />

a segmenti, ma come un insieme<br />

organico in cui “tutto si tiene”;<br />

5. consentono inferenze inter<strong>di</strong>sciplinari<br />

e aprono a una metodologia<br />

che permette <strong>di</strong> creare<br />

ulteriori percorsi senza che l’insegnante<br />

determini a priori tutto;<br />

6. sono riducibili o espan<strong>di</strong>bili,<br />

nei loro contenuti, a seconda delle<br />

reazioni dei gruppi classe, laddove<br />

i moduli, per la presenza <strong>di</strong><br />

continui monitoraggi strutturati,<br />

sembrano essere più rigi<strong>di</strong>;<br />

7. non comportano ra<strong>di</strong>cali<br />

e significativi tagli <strong>di</strong> contenuti<br />

(anche in questo caso è voluto<br />

l’uso <strong>di</strong> un termine ormai ostracizzato<br />

nella scuola) e non partono<br />

dall’assioma che l’acquisizione<br />

<strong>di</strong> competenze, il cui raggiungimento<br />

forse è più significativo<br />

nell’ambito delle <strong>di</strong>scipline tecniche<br />

e scientifiche rispetto a<br />

quelle storiche, sia preferibile<br />

rispetto all’acquisizione <strong>di</strong> un<br />

continuum cronologico organico<br />

<strong>di</strong> conoscenze. •<br />

7


8<br />

I giovani e la poesia<br />

Un incontro in un liceo triestino<br />

Franca olivo Fusco<br />

I<br />

giovani e la poesia: due mon<strong>di</strong><br />

che amo, anche se il primo mi<br />

è meno noto. La giovinezza<br />

è un’età che ormai non mi appartiene<br />

e proprio per questo<br />

ho una gran voglia <strong>di</strong> conoscere<br />

i giovani <strong>di</strong> oggi, le loro idee, il<br />

loro mondo interiore.<br />

Ciò che scrivo sul rapporto<br />

che i giovani hanno con la poesia<br />

è frutto <strong>di</strong> una mia <strong>di</strong>retta<br />

esperienza presso il liceo classico<br />

«Dante Alighieri» <strong>di</strong> Trieste. Lo<br />

scorso maggio sono stata invitata<br />

dalla Preside a declamare, in un<br />

incontro aperto al pubblico, le<br />

poesie che alcuni studenti avevano<br />

tirato fuori dal cassetto.<br />

Pochissimi autori avevano firmato<br />

le composizioni, altri avevano<br />

preferito l’anonimato, rinunciando<br />

così a salire sulla pedana per<br />

ricevere l’applauso. Un atteggiamento<br />

questo molto coerente<br />

perché il giovane scrive per se<br />

stesso. Molti poeti adulti <strong>di</strong>cono<br />

altrettanto ma io credo che questa<br />

affermazione sia sincera al<br />

cento per cento solo se proviene<br />

dai ragazzi.<br />

Ho accettato l’incarico con<br />

grande entusiasmo perché mi<br />

rendeva estremamente felice poter<br />

conoscere ciò che i giovani<br />

scrivono, naturalmente alcuni,<br />

perché non tutti amano la poesia.<br />

Ecco il punto fondamentale:<br />

la poesia è imposta, è un obbligo.<br />

<strong>Il</strong> tempo a <strong>di</strong>sposizione<br />

degli insegnanti è sempre poco.<br />

<strong>Il</strong> Novecento viene maltrattato rispetto<br />

ai secoli precedenti. Ecco<br />

allora che i ragazzi non hanno<br />

un visione completa e attuale<br />

della poesia. Per non parlare poi<br />

della letteratura straniera. Sui<br />

banchi <strong>di</strong> scuola si legge soltanto<br />

qualche poesia <strong>di</strong> autori francesi,<br />

inglesi o tedeschi dell’Ottocento;<br />

ma il resto è ignorato. Chi conosce<br />

i versi <strong>di</strong> Neruda, <strong>di</strong> Prevert,<br />

<strong>di</strong> Nazim Hikmet? Soltanto pochi<br />

fortunati che, frequentando<br />

le librerie e avvicinandosi ai miseri<br />

scaffali de<strong>di</strong>cati alla poesia,<br />

hanno potuto trovare un loro<br />

libro.<br />

Ma come scrivono oggi i ragazzi?<br />

Da quanto ho avuto modo <strong>di</strong><br />

leggere, in maniera molto libera<br />

ed autonoma. Naturalmente<br />

non in rima. Spesso sono prose<br />

poetiche. Un dato è certo: non<br />

copiano gli autori stu<strong>di</strong>ati a scuola,<br />

anche perché sarebbe <strong>di</strong>fficile<br />

e sciocco (mentre sono gli adulti<br />

che ancora scrivono «e navigar<br />

mi è dolce in questo mare»!).<br />

Ritornando alla mia esperienza,<br />

sono rimasta molto sorpresa<br />

dalla <strong>di</strong>versità dei contenuti e<br />

dello stile. Ho letto poesie molto<br />

mature. Solo alcune, scritte<br />

da una ragazza che si era firmata,<br />

erano fresche, fanciullesche.<br />

Parlavano <strong>di</strong> animali, anzi ognuna<br />

era de<strong>di</strong>cata a una bestiola.<br />

Arrivata al riccio, ho avuto una<br />

illuminazione: anche Montale,<br />

nella poesia A pianterreno, parla<br />

<strong>di</strong> un porcospino… Perché allora<br />

non abbinare alle poesie dei<br />

ragazzi una poesia <strong>di</strong> un autore<br />

famoso? Quasi una specie <strong>di</strong><br />

buon augurio. E devo <strong>di</strong>re che<br />

l’abbinamento per alcuni non è<br />

stato facile.<br />

Quali tematiche affrontano<br />

oggi i ragazzi nei loro versi? Soprattutto<br />

la vita, l’amore, la morte.<br />

Sì, mi sono meravigliata, la<br />

morte è molto presente e rappresentata<br />

con parole crude, più<br />

forti che in Pavese. Una ragazza<br />

se<strong>di</strong>cenne ha scritto: «L’unica<br />

cosa che posso toccare ormai/ è<br />

la terra fredda e insolita./ Tutto<br />

il resto è perso, perso. / […] <strong>Il</strong><br />

buio mi culla come una madre<br />

culla suo figlio pensando a quel-<br />

lo che <strong>di</strong>venterà:/ fiera del suo<br />

sguardo da impren<strong>di</strong>tore…». Ho<br />

chiesto a questa ragazza se avesse<br />

avuto qualche lutto in famiglia,<br />

mi ha risposto negativamente.<br />

La poesia rappresentava un suo<br />

brutto sogno, la paura della morte.<br />

Tremen<strong>di</strong> anche i versi che<br />

seguono, <strong>di</strong> un’altra ragazza, nei<br />

quali si evoca la morte dell’amato:<br />

«E ricor<strong>di</strong> quel giorno,/ ti<br />

portai vicino a me,/ <strong>di</strong>ssi una cosa,/<br />

forse troppo tar<strong>di</strong>,/ la fine<br />

nei tuoi occhi,/ ormai spenti,/<br />

incantesimo spezzato, questione<br />

<strong>di</strong> destini,/ arrivò la strega/ […]<br />

« la vita<br />

è come le mie tasche:<br />

ci trovo sempre<br />

qualcosa <strong>di</strong> nuovo »<br />

interruppe la magia/ e mentre<br />

precipitavi,/ io <strong>di</strong>ssi <strong>di</strong> amarti,/<br />

forse troppo tar<strong>di</strong>,/ questione<br />

<strong>di</strong> destini». Fortunatamente era<br />

tutto inventato, mi ha confessato<br />

la ragazza. Talvolta il poeta è un<br />

fingitore (parola <strong>di</strong> Pessoa).<br />

Restando in tema <strong>di</strong> dolore,<br />

ecco come una giovane autrice<br />

descrive la vita <strong>di</strong> una lacrima:<br />

«La vita <strong>di</strong> una lacrima è quasi<br />

impercettibile,/ è come un battito<br />

d’ali,/ come un brivido in un<br />

momento <strong>di</strong> felicità./ È come<br />

un colpo <strong>di</strong> pistola». Alla ragazza<br />

ho abbinato Paul McCartney,<br />

celeberrimo cantante, sconosciuto<br />

ai giovani come poeta.<br />

Dalla sua poesia Giacca nera: «Le<br />

lacrime non sono lacrime./ Sono<br />

palline/ <strong>di</strong> ilarità/ immerse<br />

nel sale».<br />

Se è vero, come <strong>di</strong>ce Alda Merini,<br />

che le più belle poesie nascono<br />

dalla sofferenza, i giovani<br />

non vogliono essere da meno e<br />

rappresentano nei loro versi le<br />

pene dell’animo, esattamente<br />

come fanno gli adulti. Scrive un<br />

anonimo: «Strano destino quello<br />

del mio amore per te./ Mi consuma<br />

in silenzio, crudelmente<br />

mi ritrae vincolando il mio cammino./<br />

[…] Come un ladro, si<br />

impossessa della mia vita, del<br />

mio sangue, delle mie /azioni,<br />

del mio letto, dei miei occhi […]<br />

Muore nel dolore, rinasce in me<br />

sempre presente./ Non mi lascia<br />

mai».<br />

Ma per fortuna l’amore non<br />

dà solo sofferenza. L’amore dà<br />

risposte a tutto: «Una volta ero<br />

sola, parlavo solo con me e…<br />

Una volta spesso mi domandavo<br />

da dove potesse iniziare la vita,<br />

quella vera./ Una volta mi facevo<br />

tante domande/ e mi stancavano,<br />

m’indebolivano, perché ero<br />

sola... sola… sola./ Adesso, qui,<br />

con te, […] rispondo! …».<br />

L’amore è gioia: «Se potessi<br />

fermare il tempo, sarebbe adesso,/<br />

in un momento privo <strong>di</strong><br />

parole,/ solo quelle dei miei<br />

occhi/ finalmente specchio <strong>di</strong><br />

gioia». Una gioia vissuta in mezzo<br />

alle bellezze del creato: «<strong>Il</strong><br />

mare oggi è mio, blu, immenso.<br />

Dirigo un’orchestra, faccio delle<br />

onde le mie note e del mare il<br />

riassunto <strong>di</strong> tutti gli strumenti».<br />

Molto belli ed originali questi<br />

versi. Ma non c’è solo il mare;<br />

c’è anche il cielo, «amico e compagno<br />

sincero dell’uomo solo,/<br />

nemico del superbo».<br />

Manca invece la luna nei versi<br />

che ho letto, ignorata dai<br />

ragazzi forse per non doversi<br />

confrontare con Leopar<strong>di</strong>! A<br />

proposito, il pessimismo leopar<strong>di</strong>ano<br />

ha contagiato un unico<br />

ragazzo, ma non del tutto:<br />

Chichibìo<br />

Numero 21/22 – anno V, gennaio-aprile 2003<br />

Rie<strong>di</strong>zione elettronica a cura <strong>di</strong> Palumbo multime<strong>di</strong>a<br />

«Innanzi si staglia un fosco paesaggio/<br />

per chi affrontar deve<br />

la sfida della vita./ La fanciullezza,<br />

solarità dei tuoi coetanei<br />

ormai è in te sparita./ Ma non<br />

del tutto! Di essa infatti ti è rimasto<br />

un raggio». A questo giovane<br />

autore ho voluto abbinare<br />

la poesia La scala <strong>di</strong> cristallo dell’americano<br />

<strong>di</strong> colore Langston<br />

Hughes, del quale quest’anno<br />

si celebra il centenario della<br />

nascita: versi nei quali il poeta<br />

esorta il figlio ad andare sempre<br />

avanti, anche se la vita non<br />

sarà facile. Non è, infatti, una<br />

scala <strong>di</strong> cristallo, ma talvolta ha<br />

chio<strong>di</strong>, schegge, assi sconnesse.<br />

Un’unica ragazza ha affrontato<br />

il tema “Che cos’è la poesia?”,<br />

domanda alla quale molti autori<br />

hanno cercato <strong>di</strong> dare una risposta.<br />

Ecco come questa autrice definisce<br />

la poesia: «È il vocabolario<br />

muto <strong>di</strong> chi non sa parlare,/<br />

è il megafono <strong>di</strong> chi vuol essere<br />

ascoltato,/ è una lama che trafigge<br />

il cuore <strong>di</strong> chi sa leggere,/ è il<br />

rifugio <strong>di</strong> chi sa sentire». Esatto.<br />

Perché la poesia non è fatta solo<br />

<strong>di</strong> parole buttate sulla carta, ma<br />

<strong>di</strong> parole che prendono vita, da<br />

semplici segni che erano, quando<br />

vengono lette.<br />

Nelle poesie da me esaminate<br />

non ho trovato le tematiche<br />

sociali. In un’unica poesia ho<br />

letto la parola “guerra”: era della<br />

ragazza che si poneva tante<br />

domande e tra queste “da dove<br />

nasce la brutalità della guerra?”.<br />

Ma non credo che i giovani siano<br />

insensibili ai gran<strong>di</strong> temi <strong>di</strong><br />

oggi: la pace, la fame nel mondo,<br />

l’immigrazione, l’inquinamento<br />

del pianeta. Semplicemente<br />

non si avventurano in<br />

questi temi perché li ritengono<br />

poco poetici. Ma la poesia moderna<br />

è fatta anche <strong>di</strong> parole<br />

poco poetiche. Attraverso la<br />

poesia si può esprimere anche<br />

il proprio pensiero, ma i giovani<br />

hanno pochi esempi <strong>di</strong> poesia a<br />

contenuto sociale. Prevale quin<strong>di</strong><br />

nelle loro composizioni l’io,<br />

la sfera è quella intima degli affetti,<br />

della sofferenza, raramente<br />

della gioia. Mi hanno rallegrato<br />

perciò questi versi <strong>di</strong> una giovane<br />

studentessa del ginnasio: «Io<br />

sarò la ragazza che canta alla luna./<br />

Tu solo il ragazzo dalle mani<br />

gran<strong>di</strong>./ Mi specchierò nelle<br />

gocce <strong>di</strong> rugiada […]/ Quanta<br />

voglia che ho/ <strong>di</strong> sorridere./<br />

E tu?». Naturalmente a questa<br />

poesia ho abbinato I ragazzi che<br />

si amano <strong>di</strong> Prevert.<br />

Tra tante poesie non poteva<br />

mancare una sulla mamma, scritta<br />

da un ragazzo: «Ero una barchetta<br />

<strong>di</strong> carta/ e tu mi hai dato<br />

la sicurezza./ Ero una barchetta<br />

<strong>di</strong> sughero e tu mi hai dato la<br />

voglia <strong>di</strong> vivere./ Ora sono una<br />

nave che cavalca la vita./ Tu sei<br />

<strong>di</strong>ventata l’ancora,/ il più grande<br />

aiuto per non affondare».<br />

La vita: senz’altro la parola<br />

più usata da questi giovani, oggi<br />

che non si usa più la rima “cuore-amore”.<br />

Desidero concludere con pochi<br />

versi proprio sulla vita, scritti<br />

da un ragazzino sopra uno striscione<br />

<strong>di</strong> carta a Gubbio, nel<br />

maggio <strong>di</strong> quest’anno, alla manifestazione<br />

“Poesie in città”, in<br />

concomitanza al Premio Montale:<br />

«La vita è come le mie tasche.<br />

Ci trovo sempre qualcosa <strong>di</strong> nuovo».<br />

Ed è proprio questo senso<br />

<strong>di</strong> nuovo che auguro a tutti i<br />

giovani. La “meraviglia” è molto<br />

importante nella poesia e nella<br />

vita. •<br />

Manuali <strong>di</strong> letteratura<br />

Riflessioni e qualche proposta<br />

Marilia Martinelli<br />

Tra i compiti più problematici<br />

ed inquietanti del ruolo<br />

docente oggi, va senza dubbio<br />

annoverata la scelta del libro<br />

<strong>di</strong> testo <strong>di</strong> letteratura. Rispetto<br />

infatti all’incrollabile punto <strong>di</strong><br />

riferimento rappresentato in passato<br />

dalla rettilinea successione<br />

cronologica <strong>di</strong> autori ed opere<br />

(integrata, in epoche più recenti,<br />

da scelte antologiche e da quadri<br />

<strong>di</strong> riferimento storico-culturali<br />

più o meno ampi) ci si trova ora<br />

<strong>di</strong>nanzi ad una mole <strong>di</strong> proposte<br />

tra le quali è spesso <strong>di</strong>fficile<br />

orientarsi.<br />

Appare evidente che, consumatasi<br />

irrevocabilmente la stagione<br />

del metodo storicistico e <strong>di</strong> quello<br />

linguistico e strutturale, e venuta<br />

meno anche l’ipotesi ancora praticata<br />

<strong>di</strong> un compromesso tra <strong>di</strong><br />

loro, si sente il <strong>bisogno</strong> <strong>di</strong> reimpostare<br />

lo stu<strong>di</strong>o letterario attraverso<br />

nuove angolazioni.<br />

<strong>Il</strong> problema, già da tempo affrontato<br />

in ambito accademico,<br />

risulta particolarmente urgente<br />

nella scuola secondaria superiore<br />

dove all’indebolimento dello<br />

statuto teorico della <strong>di</strong>sciplina si<br />

accompagna la quoti<strong>di</strong>ana constatazione<br />

della sua per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> valore<br />

e <strong>di</strong> centralità, la sua riduzione a<br />

repertorio archeologico <strong>di</strong> dati<br />

e nozioni esemplificati, in nome<br />

del sacrale “richiamo al testo”,<br />

da frammentarie letture, scelte<br />

secondo criteri non sempre identificabili,<br />

dagli insegnanti o dalle<br />

case e<strong>di</strong>trici.<br />

Indubbiamente i termini della<br />

questione vanno anzitutto posti<br />

nella pratica <strong>di</strong>dattica.<br />

La ridefinizione dello stu<strong>di</strong>o<br />

letterario comporta infatti la<br />

consapevolezza delle sue finalità<br />

perché solo la costruzione <strong>di</strong> un<br />

progetto (se possibile largamente<br />

con<strong>di</strong>viso), dal quale emergano<br />

chiaramente le mete da raggiungere,<br />

aiuta a reperire una “chiave<br />

<strong>di</strong> lettura” nella valanga <strong>di</strong> manuali<br />

dalla veste e<strong>di</strong>toriale innovativa<br />

per in<strong>di</strong>viduare quello più<br />

coerente con le proprie scelte<br />

teoriche e <strong>di</strong> conseguenza più<br />

efficace. Non va del resto nemmeno<br />

trascurato il fatto che qualunque<br />

strategia d’insegnamento<br />

si realizza attraverso una relazione<br />

umana favorevole, grazie alla<br />

quale il docente si pone come<br />

autorevole me<strong>di</strong>atore culturale e<br />

che dunque spetta a lui il compito<br />

<strong>di</strong> plasmare qualunque libro<br />

<strong>di</strong> testo, secondo criteri fissati dai<br />

bisogni formativi degli alunni,<br />

dalle proprie capacità culturali e<br />

creative, dalle proprie esigenze<br />

progettuali.<br />

Nonostante questa premessa,<br />

l’esigenza <strong>di</strong> uno strumento <strong>di</strong>dattico<br />

che rappresenti una gui-<br />

da, sia pur problematica, per docenti<br />

e alunni, emerge con particolare<br />

forza nell’attuale clima <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sagio intellettuale e operativo.<br />

A questo punto non resta perciò<br />

che attraversare i libri <strong>di</strong> testo più<br />

<strong>di</strong>ffusi, alla ricerca <strong>di</strong> eventuali<br />

no<strong>di</strong> irrisolti, <strong>di</strong> aporie non riassorbite<br />

dalle scelte concrete, non<br />

per livore <strong>di</strong>sfattista ma per fornire<br />

un modesto contributo alle<br />

ipotesi <strong>di</strong> rinnovamento.<br />

Già ad un rapido sguardo ad<br />

alcune “proposte <strong>di</strong> adozione”<br />

inviate ai docenti, o alle “presentazioni”<br />

introduttive, risaltano<br />

alcuni aspetti su cui s’insiste in<br />

modo particolare: la “novità” dell’impianto<br />

e della presentazione<br />

<strong>di</strong> opere e autori, la modularità,<br />

l’“approccio <strong>di</strong>namico” per<br />

sviluppare “itinerari <strong>di</strong> lettura in<br />

archi temporali non rigidamente<br />

precostituiti”. Sembrano magiche<br />

formule salvifiche, atte a rendere<br />

il docente automaticamente “innovativo”<br />

e a segnare la sua promozione<br />

<strong>di</strong> merito rispetto agli<br />

arretrati apologeti dell’ormai vieta<br />

<strong>di</strong>dattica storicistica e filologica.<br />

Tuttavia la lettura più interna<br />

apre una prospettiva un po’ meno<br />

ottimistica sulla possibilità <strong>di</strong> facili<br />

rivoluzioni. Spesso l’articolazione<br />

già predeterminata in moduli (<strong>di</strong><br />

cui non sempre è chiara l’origine<br />

tematica, <strong>di</strong> genere o storico culturale)<br />

rappresenta un vincolo<br />

molto forte alla costruzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorsi<br />

alternativi. Agli autori canonici<br />

viene de<strong>di</strong>cato un’estensione<br />

sovra<strong>di</strong>mensionata rispetto agli<br />

abituali limiti temporali del contesto<br />

scolastico e in più l’assenza<br />

o l’esiguità <strong>di</strong> spazio de<strong>di</strong>cato alla<br />

loro attualizzazione finisce con il<br />

rendere piuttosto tra<strong>di</strong>zionale e<br />

irrigi<strong>di</strong>ta nelle consuete etichette<br />

storicistiche, l’impostazione dei<br />

testi. Lo stesso “sfondamento cronologico”<br />

dei percorsi, in genere<br />

episo<strong>di</strong>co, sembra esaurirsi a volte<br />

nell’originalità della proposta<br />

anziché rispondere al vantaggio<br />

<strong>di</strong> mostrare, ad esempio, le modalità<br />

<strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong> un tema o<br />

<strong>di</strong> un genere o comprendere la<br />

storicità interna alle <strong>di</strong>verse interpretazioni<br />

<strong>di</strong> un’opera o <strong>di</strong> un<br />

autore. Gli “approfon<strong>di</strong>menti”,<br />

spesso apposti a fugare il sentore<br />

<strong>di</strong> riduzioni eccessive delle problematiche<br />

culturali, lungi dal<br />

proporre collegamenti con altre<br />

arti o a sollecitare consultazioni<br />

<strong>di</strong> altri testi, si risolvono in ulteriori<br />

in<strong>di</strong>cazioni nozionistiche. E,<br />

elemento ancor più importante<br />

in opere che si propongono <strong>di</strong><br />

costruire un lettore “esperto”, le<br />

analisi testuali, ridotte nella loro<br />

funzione <strong>di</strong> supporto per la lettura,<br />

si limitano a proporre esercizi<br />

<strong>di</strong> riassunto o <strong>di</strong> ricerca, in sé<br />

conclusa, <strong>di</strong> tracce retoriche o <strong>di</strong><br />

espressioni e immagini ricorrenti.<br />

Mi fermo qui.<br />

Chiaramente non penso che la<br />

questione si risolva in una scansione<br />

manichea tra <strong>di</strong>fensori e<br />

denigratori dell’una o dell’altra<br />

strategia <strong>di</strong>dattica.<br />

Vorrei solo mettere in guar<strong>di</strong>a<br />

dal rischio <strong>di</strong> semplificazioni e<br />

banalizzazioni <strong>di</strong> contenuti e <strong>di</strong><br />

modalità analisi o <strong>di</strong> riduzione<br />

della complessità dei fenomeni<br />

letterari, tanto più che spesso le<br />

prove <strong>di</strong> verifica (per lo più strutturate)<br />

consistono nell’accertare<br />

l’acquisizione <strong>di</strong> definizioni stereotipate<br />

e <strong>di</strong> concetti, già in<strong>di</strong>cati<br />

come “essenziali” nei moduli (o<br />

capitoli?) del testo.<br />

D’altro canto, anche quando la<br />

novità dell’impostazione appare<br />

non solo aprioristicamente <strong>di</strong>chiarata<br />

e consiste nella volontà<br />

<strong>di</strong> presentare il fenomeno letterario<br />

nella sua pluri<strong>di</strong>mensionalità,<br />

ad<strong>di</strong>tando <strong>di</strong>verse e stimolanti<br />

modalità <strong>di</strong> approccio anche inter<strong>di</strong>sciplinari,<br />

le risposte fornite<br />

suscitano dubbi non facilmente<br />

risolvibili. A volte, ad esempio, affiora<br />

la contrad<strong>di</strong>zione tra il corredo<br />

interpretativo assai ricco e <strong>di</strong><br />

alto profilo professionale e l’invito<br />

a docenti e alunni a costruire<br />

autonomamente e creativamente<br />

propri modelli alternativi.<br />

In altri casi, le proposte <strong>di</strong>dattiche<br />

sono così “comode” e precise<br />

che sembrano scoraggiare<br />

l’uso più autonomo e duttile del<br />

libro <strong>di</strong> testo.<br />

Sembra, in altri termini, che<br />

nell’attuale fase <strong>di</strong> ricerca <strong>di</strong> vie<br />

metodologiche “altre” dai vecchi<br />

imperativi categorici non più<br />

proponibili, e del resto per molti<br />

insod<strong>di</strong>sfacenti, prevalga negli autori<br />

dei manuali l’ansia <strong>di</strong> fornire<br />

agli insegnanti e agli alunni delle<br />

griglie, delle prove, delle piste<br />

tracciate, magari da loro stessi<br />

richieste, ma da cui poi essi non<br />

riescano più ad uscire.<br />

Questa, comunque, non vuole<br />

essere la <strong>di</strong>fesa incon<strong>di</strong>zionata<br />

<strong>di</strong> qualche tentativo <strong>di</strong> eliminare<br />

spunti <strong>di</strong> analisi e linee introduttive<br />

ai testi in nome dell’autonomia<br />

interpretativa degli alunni e<br />

della loro “spontaneità” <strong>di</strong> lettura.<br />

L’educazione alla comprensione<br />

del testo letterario, delle sue<br />

caratteristiche contenutistiche e<br />

formali, della sua storicità e del<br />

suo valore è un’abilità da costruire<br />

con pazienza nel tempo con il<br />

supporto dell’insegnante ma anche<br />

del libro <strong>di</strong> testo che devono<br />

in<strong>di</strong>care gli strumenti interpretativi<br />

necessari. Tuttavia se l’obiettivo<br />

è quello <strong>di</strong> formare citta<strong>di</strong>ni in<br />

grado <strong>di</strong> assumere decisioni consapevoli<br />

e non superficiali, dopo<br />

la rigorosa e riflessiva analisi dei<br />

dati in loro possesso, occorre che<br />

gli allievi vengano in<strong>di</strong>rizzati a<br />

porsi delle domande, senza che<br />

si suggeriscano loro risposte che<br />

possano apparire scontate.<br />

L’idea è dunque quella <strong>di</strong> costruire<br />

una letteratura multiprospettica<br />

ma anche orientata nella<br />

propria scelta etica e culturale, e<br />

pertanto sorda sia alle <strong>di</strong>ffuse mode<br />

enciclope<strong>di</strong>che spesso improponibili<br />

nella realtà della <strong>di</strong>dattica<br />

dell’italiano che alle richieste<br />

<strong>di</strong> comode soluzioni operative,<br />

soprattutto in vista delle prove <strong>di</strong><br />

esame; che costituisca per gli insegnanti<br />

uno stimolante strumento<br />

per l’impostazione del lavoro ma<br />

che al tempo stesso li costringa a<br />

“mettersi in gioco” e ad elaborare<br />

<strong>di</strong> volta in volta le prove <strong>di</strong> verifica<br />

e percorsi più appropriati alla<br />

classe e alla propria impostazione<br />

teorica. •<br />

Le nostre scuole sono spesso<br />

sporche, trascurate e fatiscenti:<br />

è <strong>di</strong>fficile in questi<br />

luoghi, per noi e per i/le ragazzi/e<br />

sentirsi attivi, partecipi,<br />

protagonisti. Naturalmente<br />

questa constatazione porterebbe<br />

con sé necessarie riven<strong>di</strong>cazioni<br />

<strong>di</strong> investimenti nell’e<strong>di</strong>lizia<br />

scolastica, oltre a riflessioni<br />

sul ruolo del personale A.T.A. e<br />

delle cooperative cui sono affidate<br />

le pulizie, e sul vandalismo<br />

giovanile. Qui però mi voglio<br />

fermare a raccontare la storia<br />

<strong>di</strong> alcune piccole esperienze<br />

che hanno consentito a un’insegnante<br />

qualsiasi, in alcune<br />

scuole qualsiasi, <strong>di</strong> riappropriarsi<br />

con i suoi ragazzi dello<br />

spazio dell’aula per renderlo<br />

più <strong>nostro</strong>, luogo la cui conformazione<br />

si piega alle esigenze<br />

del <strong>nostro</strong> lavoro laboratoriale<br />

e al tempo stesso specchio, riflesso,<br />

<strong>di</strong> un work in progress.<br />

Mi è capitato, nella mia esperienza<br />

<strong>di</strong> insegnamento nel<br />

biennio, <strong>di</strong> avere una prima <strong>di</strong><br />

liceo socio-psico-pedagogico in<br />

una scuola piuttosto fatiscente:<br />

non è stato facile ottenere dal<br />

preside il permesso, ma quel<br />

sabato pomeriggio passato a ri<strong>di</strong>pingere<br />

l’aula e a rimettere a posto<br />

i banchi, dopo aver formato<br />

gruppi <strong>di</strong> lavoro che gestivano i<br />

vari aspetti <strong>di</strong> reperimento del<br />

materiale e <strong>di</strong> organizzazione<br />

del lavoro, ha attivato una serie<br />

<strong>di</strong> relazioni fra ragazzi che perlopiù<br />

non si conoscevano e ha<br />

dato subito un taglio “fattuale”<br />

al <strong>nostro</strong> modo <strong>di</strong> stare insieme<br />

e in classe, oltre ad aver probabilmente<br />

reso un poco più cauti<br />

gli studenti nei confronti della<br />

tentazione <strong>di</strong> “decorare” l’aula<br />

con i loro personali ricor<strong>di</strong>…<br />

Ogni lavoro <strong>di</strong> gruppo, durante<br />

l’anno (particolarmente<br />

frequenti per materie quali geografia<br />

ed educazione civica) si<br />

concludeva sempre con la produzione<br />

<strong>di</strong> cartelloni, utilizzati<br />

per esporre al resto della classe<br />

il risultato del proprio lavoro,<br />

ma poi appesi a in<strong>di</strong>care un percorso<br />

fatto, a ricordare il contributo<br />

<strong>di</strong> ognuno, a testimoniare<br />

la nostra storia.<br />

Ricordo alcune ore passate in<br />

uno stanzino polveroso a srotolare<br />

enormi carte storiche e<br />

geografiche anti<strong>di</strong>luviane: data<br />

la congenita mancanza <strong>di</strong> fon<strong>di</strong><br />

della scuole (sempre curiosamente<br />

più <strong>di</strong>sponibili per materiale<br />

informatico che per quello<br />

cartaceo) bisogna accontentarsi,<br />

Chichibìo<br />

Numero 21/22 – anno V, gennaio-aprile 2003<br />

Rie<strong>di</strong>zione elettronica a cura <strong>di</strong> Palumbo multime<strong>di</strong>a<br />

I corpi nella scuola<br />

Lo spazio-classe come palestra per la comunità ermen<strong>eu</strong>tica<br />

Elena Fumi<br />

ma nella mia esperienza si trova<br />

sempre qualche reperto che si<br />

presti a funzioni decorative (come<br />

si fa a sviluppare il gusto del<br />

bello in luoghi sempre così brutti?)<br />

e al tempo stesso <strong>di</strong>dattiche<br />

(quanto spesso non ci accorgiamo<br />

che i luoghi nominati nel<br />

corso delle nostre conversazioni<br />

si collocano nebulosamente in<br />

qualche area più o meno indeterminata<br />

del planisfero?).<br />

Ho sempre cercato <strong>di</strong> recuperare<br />

un arma<strong>di</strong>etto, nel quale tenere<br />

<strong>di</strong>zionari (che consultiamo<br />

spessissimo),<br />

Costituzione,<br />

testi scolastici<br />

vari con i quali<br />

arricchire il<br />

<strong>nostro</strong> percorso<br />

<strong>di</strong> ricerca e ho<br />

trovato utilizzatissima<br />

anche<br />

dai ragazzi la<br />

bacheca, sulla<br />

quale all’inizio<br />

ero solo io ad attaccare la programmazione<br />

e gli articoli <strong>di</strong><br />

giornale che credevo potessero<br />

loro interessare, ma che poi si<br />

arricchiva <strong>di</strong> programmi <strong>di</strong> cinema<br />

e teatro, avvisi <strong>di</strong> eventi<br />

o spettacoli in città e – perché<br />

no? – anche <strong>di</strong> un calendario<br />

sul quale erano magari segnati<br />

gli interventi dei vari lavori <strong>di</strong><br />

gruppo, ma anche, per esempio,<br />

vacanze, date <strong>di</strong> gite e visite guidate,<br />

compleanni…<br />

Tutti questi strumenti sono<br />

<strong>di</strong>ventati parte integrante del<br />

mio modo <strong>di</strong> stare in classe con i<br />

ragazzi anche nel triennio, benché<br />

spesso le funzioni cambino:<br />

le pareti risultano meno colorate<br />

(pochissimi o inesistenti i<br />

cartelloni, moltissimi gli articoli<br />

<strong>di</strong> giornale, sui più vari argomenti).<br />

Con le nuove classi e le nuove<br />

aule, i primi giorni de<strong>di</strong>cati alla<br />

sistemazione <strong>di</strong> stecche lungo<br />

tutte le pareti, alla scelta e alla<br />

collocazione delle carte geografiche,<br />

alla pre<strong>di</strong>sposizione della<br />

bacheca, al trasporto o alla<br />

“messa in uso” dell’arma<strong>di</strong>etto<br />

sono momenti che coinvolgono<br />

tutta la classe con uno stile <strong>di</strong> laboratorio<br />

basato sul fare che mi<br />

sembra la preparazione migliore<br />

al lavoro cui ci accingiamo. <strong>Il</strong> fatto<br />

che i ragazzi si approprino <strong>di</strong><br />

uno spazio che solitamente sentono<br />

come estraneo se non ad<strong>di</strong>rittura<br />

minaccioso e nemico li<br />

pone nell’atteggiamento giusto<br />

nei confronti <strong>di</strong> ciò che in quel-<br />

« come si fa<br />

a sviluppare<br />

il gusto del bello<br />

in luoghi sempre<br />

così brutti? »<br />

lo spazio, insieme, saremo chiamati<br />

a fare. È vero che all’inizio<br />

sono l’unica che appende alle<br />

stecche gli articoli <strong>di</strong> giornale,<br />

ma con il passare del tempo i<br />

ragazzi non si limitano a leggere<br />

nei momenti liberi qualche articolo<br />

o a portarne a casa qualcuno:<br />

portano e appendono i loro<br />

contributi, talvolta eterodossi,<br />

offerti a docenti e compagni.<br />

Anche le pareti si arricchiscono<br />

delle tracce <strong>di</strong> un percorso<br />

comune, con poster <strong>di</strong> mostre<br />

che abbiamo visitato insieme, o<br />

<strong>di</strong> spettacoli cui<br />

abbiamo assistito…<br />

L’aspetto più<br />

rilevante, però,<br />

quello cui vorrei<br />

de<strong>di</strong>care ora<br />

un’attenzione<br />

particolare, riguarda<br />

la <strong>di</strong>stribuzione<br />

nello<br />

spazio-classe dei<br />

banchi e della cattedra, e la collocazione<br />

dei corpi <strong>di</strong> docenti<br />

ed alunni.<br />

Se la classe deve essere lo<br />

spazio in cui c’è una progettazione<br />

ed elaborazione comune<br />

rispetto alla quale il docente si<br />

propone come facilitatore e garante<br />

dei processi, è necessario<br />

che i banchi <strong>di</strong>ventino mobili e<br />

la prospettiva muti, variando il<br />

centro e lo sguardo reciproco.<br />

La collocazione dei banchi su<br />

file che guardano la cattedra<br />

raramente sarà quella adeguata<br />

a coinvolgere gli studenti in un<br />

clima <strong>di</strong> ricerca e <strong>di</strong>battito, a<br />

meno che il docente stesso non<br />

si sposti nell’aula invitando, anche<br />

con la propria presenza e<br />

vicinanza fisica, all’intervento e<br />

alla <strong>di</strong>scussione. Questa <strong>di</strong>sposizione<br />

si presterà ad attività specifiche,<br />

in cui i singoli studenti<br />

siano chiamati alla cattedra a<br />

esporre a tutta la classe un lavoro<br />

fatto, e al docente sarà utile<br />

mutare la propria prospettiva<br />

sul gruppo-classe guardandolo<br />

dal fondo, cogliendo le posture<br />

e le relazioni, ponendosi in posizione<br />

<strong>di</strong> ascolto delle <strong>di</strong>namiche<br />

del gruppo-classe. Anche per<br />

gli studenti è formativo parlare<br />

rivolgendosi <strong>di</strong>rettamente a un<br />

u<strong>di</strong>torio e, dopo le prime volte<br />

in cui nessuno oserà intervenire<br />

perché pensano si tratti <strong>di</strong><br />

un’interrogazione camuffata,<br />

più facilmente la presentazione<br />

darà spunto al <strong>di</strong>battito e all’elaborazione<br />

comune.<br />

Una variante <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>sposizione<br />

è quella che si può realizzare<br />

per le “tavole rotonde”, in<br />

cui è un gruppo <strong>di</strong> studenti ad<br />

aver affrontato un argomento o<br />

un testo da <strong>di</strong>versi punti <strong>di</strong> vista,<br />

per cui nell’esporre <strong>di</strong>alogano<br />

fra loro, ma sempre rivolti al<br />

resto del gruppo classe.<br />

Secondo me resta vero che la<br />

<strong>di</strong>sposizione circolare dei banchi<br />

– spesso in uso ancora nella<br />

scuola me<strong>di</strong>a – è quella che<br />

maggiormente facilita il coinvolgimento<br />

<strong>di</strong> ogni singolo alunno<br />

nel <strong>di</strong>battito ermen<strong>eu</strong>tico, rendendolo<br />

autenticamente partecipe<br />

della palestra <strong>di</strong> democrazia<br />

<strong>di</strong> cui parla Luperini (<strong>Il</strong> professore<br />

come intellettuale), ma è vero che<br />

spesso l’elevato numero degli<br />

allievi non consente tale <strong>di</strong>sposizione,<br />

ed allora bisogna ripiegare<br />

su soluzioni <strong>di</strong>verse.<br />

Naturalmente i banchi saranno<br />

utilizzati per i lavori o i<br />

compiti a coppie, e verranno a<br />

costituire delle isole per i lavori<br />

<strong>di</strong> gruppo, preparatori alle<br />

attività <strong>di</strong> cui si è detto sopra, o<br />

finalizzati a produrre contributi<br />

scritti.<br />

Un’ultima <strong>di</strong>sposizione che<br />

mi pare utile in certi momenti<br />

particolari della vita della classe<br />

è quella che sposta tutti i banchi<br />

alle pareti e realizza un cerchio<br />

<strong>di</strong> se<strong>di</strong>e in cui il docente<br />

si trova anche fisicamente allo<br />

stesso livello degli altri.<br />

Ogni alunno, in qualsiasi punto<br />

della classe si collochi (e qualsiasi<br />

docente sa bene che <strong>di</strong>fficilmente<br />

queste collocazioni sono<br />

casuali), deve sentirsi coinvolto<br />

nel lavoro comune.<br />

Qualche parola meriterebbe<br />

forse anche l’uso più generale<br />

degli spazi della scuola:<br />

au<strong>di</strong>torium o aula magna – in<br />

cui poter incontrare persone<br />

significative o presentare un<br />

proprio lavoro in un contesto<br />

più ampio e più formalizzato<br />

–, biblioteca, ma anche spazi<br />

all’esterno in cui poter svolgere<br />

lezioni meno formali e<br />

forse più piacevoli in occasione<br />

<strong>di</strong> giornate <strong>di</strong> bel tempo.<br />

Anche qui mi sembra che il<br />

senso potrebbe essere quello<br />

<strong>di</strong> sentire la scuola più propria,<br />

<strong>di</strong> scoprirla come spazio<br />

in cui ci si può esprimere e<br />

stare bene, anche con i nostri<br />

corpi, che troppo spesso, nella<br />

scuola italiana, hanno <strong>di</strong>ritto<br />

<strong>di</strong> citta<strong>di</strong>nanza a malapena in<br />

palestra. •<br />

9


10<br />

Chichibìo<br />

Numero 21/22 – anno V, gennaio-aprile 2003<br />

Rie<strong>di</strong>zione elettronica a cura <strong>di</strong> Palumbo multime<strong>di</strong>a<br />

Intelligenza Artificiale,<br />

multime<strong>di</strong>alità e <strong>di</strong>dattica<br />

<strong>Il</strong> paradosso della corporeità<br />

Sergio Guarente<br />

Artificiale (IA)<br />

si è affermata come <strong>di</strong>sci-<br />

L’Intelligenza<br />

plina tecnico-scientifica<br />

autonoma a partire dal 1956, proponendosi<br />

quale obiettivo fondamentale<br />

l’imitazione o riproduzione,<br />

attraverso la costruzione <strong>di</strong><br />

macchine elettroniche, dell’attività<br />

mentale umana. Infatti, le ambizioni<br />

iniziali dell’IA non si sono<br />

in<strong>di</strong>rizzate all’impresa, ingenua<br />

e impossibile, <strong>di</strong> ricostruire una<br />

creatura simile all’uomo nel suo<br />

complesso, quanto piuttosto alla<br />

simulazione <strong>di</strong> una sola parte del<br />

<strong>nostro</strong> essere: la mente, o meglio<br />

l’intelligenza computante, considerata<br />

l’aspetto più importante e<br />

caratteristico dell’uomo. <strong>Il</strong> computer<br />

è stato pertanto innalzato<br />

dall’IA degli inizi a “metafora della<br />

mente”, in grado <strong>di</strong> illuminare<br />

i vari aspetti del pensiero, compresi<br />

quelli più complessi e flessibili.<br />

In particolare, l’IA classica<br />

ha cercato <strong>di</strong> esprimere in forma<br />

algoritmica tutte le conoscenze e<br />

tutte le abilità, comprese quelle<br />

legate al senso comune che ci<br />

guidano nell’agire quoti<strong>di</strong>ano,<br />

per poi tradurle in programmi<br />

<strong>di</strong> computer. In realtà, dopo gli<br />

entusiasmi iniziali, questa trasposizione<br />

si è rivelata assai problematica:<br />

mentre il livello del pensiero<br />

logico-formale (considerato<br />

il più alto) è stato raggiunto in<br />

tempi abbastanza rapi<strong>di</strong>, il livello<br />

del senso comune (considerato<br />

il meno importante) si è rivelato<br />

il più <strong>di</strong>fficile da programmare.<br />

Le realizzazioni dell’IA degli ultimi<br />

quarant’anni hanno condotto<br />

a notevoli successi (abbiamo<br />

a esempio dei computer ottimi<br />

giocatori <strong>di</strong> scacchi), ma anche<br />

a cocenti delusioni (si pensi all’incapacità<br />

dei sistemi esperti <strong>di</strong><br />

padroneggiare il linguaggio naturale<br />

o <strong>di</strong> reagire adeguatamente a<br />

situazioni nuove ed impreviste).<br />

Molti ricercatori hanno ormai<br />

maturato la convinzione che, al<br />

fine <strong>di</strong> replicare compiutamente<br />

l’intelligenza umana (ammesso<br />

che questo sia lo scopo dell’IA),<br />

anche le macchine intelligenti<br />

non possano fare a meno dell’equivalente<br />

<strong>di</strong> un corpo con tutta<br />

la sua attività cognitiva profonda<br />

ed almeno in parte probabilmente<br />

non algoritmica. Se infatti<br />

un’intelligenza <strong>di</strong>sincarnata è da<br />

considerare limitata ed incompleta,<br />

una simulazione sod<strong>di</strong>sfacente<br />

dell’intelligenza naturale potrà<br />

forse realizzarsi soltanto andando<br />

oltre la riproduzione degli aspetti<br />

simbolici e formali della cognizione<br />

umana, attraverso l’aggiunta al<br />

“calcolatore-cervello” <strong>di</strong> un “robot-corpo”<br />

che possa immergersi<br />

nell’ambiente.<br />

La “rivalutazione del corpo”,<br />

che accomuna alcune delle principali<br />

critiche filosofiche dell’IA<br />

classica, può dunque in<strong>di</strong>rizzare<br />

verso nuovi orizzonti le realizzazioni<br />

nel campo dei calcolatori<br />

<strong>di</strong>gitali, nella prospettiva dell’acquisizione,<br />

da parte delle future<br />

macchine intelligenti, <strong>di</strong> una<br />

maggiore flessibilità ed adattabilità<br />

alle situazioni attraverso un<br />

corpo artificiale. E tuttavia, le<br />

o<strong>di</strong>erne tecnologie multime<strong>di</strong>ali<br />

sembrano prefigurare un tale scenario,<br />

nel senso <strong>di</strong> favorire processi<br />

<strong>di</strong> pensiero in qualche modo<br />

legati alla sensorialità, anche<br />

se filtrata, raffreddata e trasmessa<br />

dalla virtualità dei me<strong>di</strong>a elettronici.<br />

Ci troviamo <strong>di</strong> fronte ad un<br />

nodo importante della riflessione<br />

più recente sull’IA e le sue implicazioni<br />

pedagogico-<strong>di</strong>dattiche,<br />

ossia al vero e proprio paradosso<br />

del modello computazionale<br />

che per così <strong>di</strong>re “tra<strong>di</strong>sce” se<br />

stesso e si propone come “immersione”<br />

nel sensorio globale,<br />

nella corporeità<br />

sia pure tradotta<br />

dalla tecnologia<br />

informatica. In<br />

altri termini, la<br />

recente <strong>di</strong>scussioneconcernente<br />

le potenzialità<br />

dell’IA<br />

sul piano pedagogico-<strong>di</strong>dattico<br />

si è in<strong>di</strong>rizzata<br />

ad un chiaro e<br />

paradossale collegamento<br />

tra il<br />

computer – inteso<br />

come strumentomultime<strong>di</strong>ale<br />

– e i processi <strong>di</strong> conoscenza<br />

e <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento riconducibili<br />

al vissuto. Sulla scorta dell’in<strong>di</strong>rizzo<br />

teorico definito teoria della<br />

complessità (che annovera autori<br />

come Edgar Morin, <strong>Il</strong>ya Prigogine,<br />

Francisco J. Varela), è possibile<br />

parlare <strong>di</strong> una vera e propria<br />

conversione a livello pedagogico<strong>di</strong>dattico<br />

del modello computazionale,<br />

tipico della tecnologia<br />

informatica ed elettronica, in modello<br />

dell’apertura al corporeo.<br />

Una <strong>di</strong>dattica rinnovata dovrebbe<br />

infatti, secondo alcuni stu<strong>di</strong>osi,<br />

puntare al superamento – o quanto<br />

meno all’integrazione – del<br />

tra<strong>di</strong>zionale appren<strong>di</strong>mento cerebrale<br />

(fondato sull’astrazione)<br />

« le nuove<br />

frontiere dell’IA<br />

permetterebbero<br />

la realizzazione <strong>di</strong><br />

una nuova <strong>di</strong>dattica<br />

centrata sulla<br />

valorizzazione<br />

del corporeo »<br />

in favore <strong>di</strong> un appren<strong>di</strong>mento<br />

corporale (fondato sull’immersione).<br />

È questa la tesi <strong>di</strong> fondo<br />

<strong>di</strong> Roberto Maragliano, tra i più<br />

entusiasti sostenitori <strong>di</strong> una sorta<br />

<strong>di</strong> scompaginamento dei processi<br />

dell’educazione e dell’istruzione<br />

legati al testo scritto ad opera delle<br />

tecnologie au<strong>di</strong>ovisuali e multime<strong>di</strong>ali.<br />

Secondo Maragliano,<br />

andrebbe in primo luogo combattuta<br />

la pretesa<br />

che l’unica<br />

forma <strong>di</strong> conoscenza<br />

“valida”<br />

sia rappresentata<br />

dalla comunicazione<br />

scritta o<br />

monome<strong>di</strong>ale. <strong>Il</strong><br />

prevalere <strong>di</strong> una<br />

concezione “gutenberghiana”<br />

nella definizione<br />

delle caratteristichedell’app<br />

r e n d i m e n t o<br />

avrebbe infatti<br />

comportato una<br />

formalizzazione<br />

ed astrazione della conoscenza,<br />

una sorta <strong>di</strong> scissione tra la componente<br />

epistemica dell’uomo e<br />

le sue <strong>di</strong>mensioni psico-sensoriali.<br />

L’opportunità offerta da una<br />

<strong>di</strong>dattica multime<strong>di</strong>ale, centrata<br />

sull’uso del computer, è appunto<br />

l’immersione del soggetto che<br />

apprende in una esperienza globale,<br />

in cui il sensoriale non sia<br />

più sacrificato al primato del pensiero<br />

astratto. Le nuove frontiere<br />

dell’IA permetterebbero proprio<br />

la realizzazione <strong>di</strong> una nuova <strong>di</strong>dattica<br />

centrata sulla valorizzazione<br />

del corporeo, in quanto il<br />

computer è una macchina in grado<br />

<strong>di</strong> attivare processi mentali e<br />

sensoriali <strong>di</strong> tipo reticolare e non<br />

sequenziale, quin<strong>di</strong> non riconducibili<br />

semplicemente alla logica<br />

formale e “calcolante”.<br />

Lo strumento fondamentale <strong>di</strong><br />

tale rinnovamento sembra essere<br />

l’oralità secondaria della nostra<br />

era elettronica, che al tempo stesso<br />

rimanda e si oppone all’oralità<br />

primaria precedente la scrittura.<br />

<strong>Il</strong> <strong>di</strong>battito che si è aperto negli<br />

ultimi anni in Italia, relativamente<br />

all’introduzione delle nuove<br />

tecnologie informatiche ed elettroniche<br />

nella scuola, si è incentrato<br />

in buona misura proprio<br />

sulla nozione <strong>di</strong> oralità secondaria<br />

in rapporto alla scrittura ed<br />

alla testualità del libro a stampa.<br />

Da un lato, i sostenitori più o meno<br />

entusiasti – a partire appunto<br />

da Maragliano – delle opportunità<br />

connesse alla “tecnocomunicazione”<br />

intendono l’esperienza<br />

multime<strong>di</strong>ale (ed iperme<strong>di</strong>ale)<br />

come luogo della flui<strong>di</strong>tà e dell’interattività,<br />

come privilegiamento<br />

dell’affettività del vissuto,<br />

troppo spesso <strong>di</strong>sconosciuta dalla<br />

modalità epistemica del pensiero<br />

rappresentata dalla scrittura; le<br />

immagini e i suoni, proponendo<br />

la possibilità <strong>di</strong> nuove pratiche <strong>di</strong>dattiche<br />

legate all’“immersione”<br />

nel contesto, valorizzerebbero<br />

il ruolo attivo del fruitore, non<br />

più passivo utente del messaggio<br />

monome<strong>di</strong>ale e uni<strong>di</strong>rezionale<br />

(autore-lettori) del libro a stampa.<br />

Dall’altro, abbiamo coloro<br />

che invece tendono a sottolineare<br />

i rischi e gli svantaggi sul<br />

piano educativo <strong>di</strong> una adesione<br />

acritica alla <strong>di</strong>mensione multime<strong>di</strong>ale<br />

dell’IA: se infatti il computer<br />

è, in misura crescente, uno<br />

strumento utilizzato per vedere<br />

immagini e una parte essenziale<br />

della multime<strong>di</strong>alità consiste<br />

nella sostituzione del testo scritto<br />

con immagini, non è affatto scontato<br />

che tale sostituzione implichi<br />

un effettivo arricchimento delle<br />

modalità comunicative; paradossalmente,<br />

proprio la “cultura<br />

delle immagini” comporterebbe<br />

una forma <strong>di</strong> comunicazione uni<strong>di</strong>rezionale<br />

(mentre, come si è<br />

visto, i fautori “entusiasti” della<br />

<strong>di</strong>dattica multime<strong>di</strong>ale imputano<br />

piuttosto al testo scritto il carattere<br />

dell’uni<strong>di</strong>rezionalità). Queste<br />

in<strong>di</strong>cazioni – espresse ad esempio<br />

da stu<strong>di</strong>osi come Lucio Russo<br />

e Tomás Maldonado – hanno<br />

senz’altro il merito <strong>di</strong> introdurre<br />

nel <strong>di</strong>battito in corso un appello<br />

a non <strong>di</strong>menticare l’importanza<br />

della razionalità formale-scientifica<br />

come strumento fondamentale<br />

<strong>di</strong> analisi ed interpretazione<br />

della realtà, da non abbandonare<br />

in favore <strong>di</strong> una approssimativa<br />

e acritica adesione al messaggio<br />

sensoriale trasmesso dalla comunicazione<br />

elettronica.<br />

In conclusione, se è certamente<br />

con<strong>di</strong>visibile l’esigenza <strong>di</strong><br />

un’apertura alla multi<strong>di</strong>mensionalità<br />

dell’esperienza, che può<br />

essere favorita dalle nuove tecnologie<br />

legate all’IA, è altrettanto<br />

auspicabile non perdere <strong>di</strong> vista<br />

nell’azione <strong>di</strong>dattica le abilità logico-astratte<br />

proprie del pensiero<br />

scientifico e storicamente legate<br />

all’alfabetizzazione tipografica,<br />

ricordando la <strong>di</strong>fesa della ragione<br />

che ha caratterizzato gli esor<strong>di</strong><br />

dell’Intelligenza Artificiale. •<br />

Le paRoLe<br />

deL NostRo<br />

scoNteNto<br />

La rubrica ha due sole regole del gioco:<br />

partire da un sostantivo, un aggettivo,<br />

un avverbio, un verbo, una frusta parola<br />

che non amiamo; chiudere nel giro <strong>di</strong><br />

1500/2000 battute.<br />

professionalità<br />

<strong>Il</strong> culto della professionalità non<br />

è nato ieri: è nato anche prima<br />

del capitalismo; il capitalismo ha<br />

tenuto sempre la professionalità in alta<br />

considerazione; ma è salita alle stelle<br />

grazie all’ondata del neoliberismo. È<br />

evidente che il culto ha buone ragioni<br />

dalla sua parte: chiunque svolga un<br />

lavoro, chiunque assolva una funzione,<br />

deve possedere competenza e<br />

mirare all’efficienza. Ma modello <strong>di</strong><br />

professionalità si possono considerare<br />

le formiche. Valorizzando senza<br />

limiti la professionalità, si finisce per<br />

valorizzare la me<strong>di</strong>ocrità impeccabile<br />

e per deprimere l’originalità, la ricerca<br />

del nuovo, la capacità <strong>di</strong> iniziativa,<br />

l’estro. Meglio seguire l’autore del<br />

trattato Sul sublime, uno dei massimi<br />

critici letterari dell’antichità: meglio il<br />

poeta sublime, che qualche volta cade,<br />

del poeta me<strong>di</strong>ocre, che non spicca<br />

mai il volo. <strong>Il</strong> culto della professionalità<br />

è molto <strong>di</strong>ffuso nelle Università, e ciò<br />

contribuisce ad accrescerne il grigiore.<br />

Antonio La Penna<br />

(«l’immaginazione», 192, novembre 2002)<br />

progettualità<br />

<strong>Il</strong> culto della professionalità ha molti<br />

adepti (catecumeni e presbiteri<br />

e profeti) anche a scuola. Una<br />

delle sue più invadenti liturgie è<br />

quella che viene quoti<strong>di</strong>anamente<br />

officiata sull’altare della progettualità.<br />

L’imperativo categorico della<br />

scuola postmoderna è: progettare.<br />

La progettualità progettante ha<br />

prodotto uno zampillare <strong>di</strong> iniziative,<br />

alcune <strong>di</strong> ineffabile incongruità. C’è<br />

chi malinconicamente si attarda a<br />

sostenere che la scuola a furia <strong>di</strong><br />

progettarla si finisce col non farla. Ma<br />

è una tesi retriva, che apertamente<br />

sconfessiamo. La nostra, infatti, non<br />

è nostalgia del buon tempo andato –<br />

nessuno vuole tornare all’età dell’oro<br />

(o similoro) dell’approssimazione e del<br />

fai-da-te –, è piuttosto una reazione<br />

dettata dall’istinto <strong>di</strong> sopravvivenza.<br />

Si progetti dunque, con juicio. Ma se<br />

per avere in classe un arma<strong>di</strong>o dove<br />

riporre libri, vocabolari, videocassette,<br />

una mela, si deve re<strong>di</strong>gere un progetto,<br />

allora qualcosa nel sistema-scuola è<br />

impazzito. Rinunzieremo all’arma<strong>di</strong>o;<br />

ci arrangeremo, come al solito in<br />

maniera preprogettuale.<br />

Chichibìo ha un legittimo sospetto<br />

sugli attuali fasti della progettualità:<br />

che eserciti una funzione <strong>di</strong> supplenza,<br />

che sia la spia <strong>di</strong> un’assenza. In tempi<br />

grami si può surrogare il caffè con la<br />

cicoria, si può perfino magnificare la<br />

cicoria autarchica, argomentare che è<br />

meglio del caffè <strong>di</strong> dubbia provenienza<br />

oltramontana. Resta il fatto che il<br />

caffè è caffè e la cicoria è cicoria. Alias:<br />

che una progettazione ineccepibile e<br />

à la page da sola non basta a gettare<br />

un ponte tra cattedra e banchi.<br />

Occorre qualcos’altro. Purtroppo<br />

questo qualcos’altro è <strong>di</strong>fficilmente<br />

progettabile.<br />

Una cosa però ci convince nella<br />

progettualità: l’etimologia. L’idea <strong>di</strong><br />

un gettare (gettarsi) avanti. Non alla<br />

Enrico Toti: mantenendo la stampella,<br />

il cuore e soprattutto la testa sempre<br />

al <strong>di</strong> qua dello steccato. Se si riuscirà<br />

a salvare questo versante avventuroso<br />

e illuministico della progettualità e a<br />

oscurare quello burocratico e paraaziendale,<br />

ci stiamo. Altrimenti rinunziamo<br />

ai progetti e alle loro pompe.<br />

F.M.<br />

LEttERE<br />

A CHICHIBìO<br />

Chichibìo sottoscrive la lettera<br />

degli insegnanti dell’ITIS «A.<br />

Volterra» <strong>di</strong> San Donà <strong>di</strong> Piave<br />

(VE) e anzi, nella convinzione che<br />

davvero il controllo dai libri alle<br />

persone abbia passo breve, si augura<br />

che l’iniziativa sollevi lo sdegno e la<br />

protesta <strong>di</strong> tutti i docenti italiani.<br />

Contro ogni censura<br />

Caro Chichibìo,<br />

come docenti inten<strong>di</strong>amo manifestare<br />

la nostra forte preoccupazione e il<br />

fermo <strong>di</strong>ssenso, in merito alla risoluzione<br />

approvata dalla Commissione<br />

Cultura della Camera, con cui si sollecita<br />

l’esecutivo a controllare l’insegnamento<br />

della Storia nella scuola<br />

italiana. Non ci riteniamo pacificati<br />

dalle <strong>di</strong>chiarazioni del Ministro per<br />

i rapporti col Parlamento – che pur<br />

saggiamente, ha <strong>di</strong>chiarato “irricevibile”<br />

per il governo tale risoluzione<br />

– perché leggiamo la vicenda come<br />

passo ulteriore, e più alto, sulla strada<br />

già aperta qualche anno fa dalla Regione<br />

Lazio. La scelta <strong>di</strong> sollevare la<br />

questione dell’imparzialità dei testi <strong>di</strong><br />

Storia, nelle forme decise oggi dalla<br />

Commissione Cultura della Camera,<br />

appare con tutta evidenza pretestuosa.<br />

Perché si comincia controllando<br />

i libri, si continua controllando le<br />

persone. Se il governo intendesse<br />

assumere la tutela dell’insegnamento<br />

della Storia, si metterebbe nella<br />

con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> «assicurarsi che gli insegnanti<br />

obbe<strong>di</strong>scano al ruolo loro<br />

assegnato» (M. Salvadori, «la Repubblica»,<br />

12.12.02). Questa prospettiva<br />

liberticida fa una cosa sola con la<br />

tendenza evidente a ignorare l’opinione<br />

degli insegnanti – autonoma<br />

da quella espressa nei libri, qualsiasi<br />

essa sia! – in questioni così nevralgiche<br />

per la formazione dell’identità<br />

collettiva dei citta<strong>di</strong>ni, com’è quella<br />

dell’insegnamento della storia. Anche<br />

in questa vicenda, come nella<br />

precedente iniziativa della Regione<br />

Lazio si ignora totalmente l’esistenza<br />

degli insegnanti e vale il giu<strong>di</strong>zio<br />

dato a suo tempo dallo storico Enzo<br />

Collotti: «Ciò si può interpretare in<br />

vari mo<strong>di</strong>: come ignoranza del ruolo<br />

che essi svolgono nella scuola e come<br />

sopravvalutazione invece della parte<br />

dei manuali della <strong>di</strong>dattica; o come<br />

nostalgia <strong>di</strong> un pensiero unico da<br />

imporre in primo luogo agli insegnanti<br />

attraverso il libro <strong>di</strong> testo. In<br />

ogni caso il ruolo ad essi assegnato<br />

si configura come un ruolo passivo,<br />

quasi che essi non avessero né la capacità<br />

<strong>di</strong> operare la scelta dei testi né<br />

quella <strong>di</strong> usare, integrare e criticare i<br />

testi stessi».<br />

Noi riteniamo che in una società<br />

democratica, l’unica istanza abilitata<br />

a dare una valutazione dei libri <strong>di</strong><br />

testo, o <strong>di</strong> qualsiasi altro prodotto<br />

letterario, o documentario, è costituita<br />

dalla libera lettura critica. Ogni<br />

interferenza del potere politico altro<br />

non è che censura e non può non<br />

avere, quali che ne fossero le intenzioni,<br />

una valenza intimidatoria. Riteniamo<br />

altresì un dovere, civile e<br />

politico, dare una risposta energica<br />

alla permanente volontà antidemocratica<br />

<strong>di</strong> controllo sugli strumenti<br />

della <strong>di</strong>dattica liberamente scelti. Un<br />

dovere <strong>di</strong> tutti, ma in primo luogo <strong>di</strong><br />

quei docenti che vogliano tutelare<br />

non il semplice “posto <strong>di</strong> lavoro”, ma<br />

il loro specifico ruolo professionale,<br />

ribadendo il carattere costituzionale<br />

della libertà d’insegnamento, a prescindere<br />

dalle maggioranze <strong>di</strong> governo<br />

al potere.<br />

Gli insegnanti dell’ItIS «A. Volterra»<br />

<strong>di</strong> San Donà <strong>di</strong> Piave (VE)<br />

<strong>Il</strong> titolo del presente intervento<br />

potrebbe far sobbalzare sulla<br />

se<strong>di</strong>a qualche lettore. Non è<br />

contrad<strong>di</strong>ttorio associare la laicità<br />

alla religione? È forse compito<br />

della scuola insegnare il fatto religioso?<br />

La religione non è affare<br />

degli addetti ai lavori? Ebbene, se<br />

l’Italia fosse un paese “normale”<br />

un titolo del genere atterrebbe all’ambito<br />

della ovvietà; se in Italia<br />

ci fosse meno laicità proclamata e<br />

più laicità vissuta, si coglierebbe<br />

subito che res de nobis loquitur,<br />

specialmente in relazione al contesto<br />

o<strong>di</strong>erno.<br />

È infatti sotto gli occhi <strong>di</strong> tutti<br />

il fatto che l’Europa (e quin<strong>di</strong><br />

anche l’Italia, anche se qualcuno<br />

fa finta <strong>di</strong> non accorgersene)<br />

presenta ormai uno scenario<br />

post-ideologico e post-cristiano:<br />

da un lato, il bipolarismo <strong>di</strong> ieri<br />

è <strong>di</strong>ventato sempre più evanescente<br />

e al suo posto si assiste ad<br />

un rimescolamento <strong>di</strong> posizioni<br />

<strong>di</strong>verse che faticano a trovare<br />

una sintesi feconda; dall’altro, il<br />

monoconfessionalismo, nelle sue<br />

varianti cattolica e protestante,<br />

ha lasciato il posto al pluralismo<br />

religioso, dovuto non soltanto<br />

all’ondata migratoria, ma anche<br />

allo sgretolamento delle identità<br />

in<strong>di</strong>viduali e collettive che,<br />

nella società postmoderna, non<br />

sono più legate all’appartenenza<br />

religiosa, o perlomeno non solo<br />

a quella. In Europa <strong>di</strong>ventano<br />

sempre più labili le frontiere tra<br />

culture, fe<strong>di</strong>, stili <strong>di</strong> vita, scelte<br />

etiche, identità <strong>di</strong>verse.<br />

Tale scenario pone un interrogativo:<br />

come realizzare una<br />

feconda convivenza civile in cui<br />

le <strong>di</strong>fferenze culturali, etniche e<br />

religiose siano fonte <strong>di</strong> arricchimento<br />

anziché <strong>di</strong> conflitto? La<br />

risposta politically correct mostra<br />

tutti i suoi limiti nel momento<br />

in cui la sacrosanta <strong>di</strong>fesa del<br />

pluralismo delle <strong>di</strong>fferenze genera<br />

una sorta <strong>di</strong> neotribalismo:<br />

l’acritica valorizzazione delle <strong>di</strong>fferenze<br />

conduce al narcisismo<br />

autocontemplativo, alla autoreferenzialità<br />

orgogliosa. La salvaguar<strong>di</strong>a<br />

del pluralismo non deve<br />

generare una pluralità <strong>di</strong> ghetti:<br />

ci troveremmo <strong>di</strong> fronte ad una<br />

società-patchwork alla quale ognuno<br />

si sentirebbe legittimato ad<br />

aggiungere la propria toppa più<br />

o meno colorata.<br />

Una risposta più seria può invece<br />

giungere dal modello della<br />

democrazia laica, in base al<br />

quale, in una società complessa,<br />

le <strong>di</strong>fferenze possono convivere<br />

senza dar luogo a spazi separati<br />

– e quin<strong>di</strong> potenzialmente conflittuali<br />

– solo se vengono fatte interagire<br />

in un <strong>di</strong>battito pubblico,<br />

laico, in cui ciascuno – pur non<br />

ab<strong>di</strong>cando alla propria identità<br />

– possa argomentare le proprie<br />

tesi non nel chiuso <strong>di</strong> una comunità<br />

ghetto ma nell’ambito pubblico,<br />

fino a giungere, attraverso<br />

una negoziazione paziente, ad<br />

una comprensione reciproca. In<br />

questa nuova agorà pubblica ogni<br />

posizione religiosa deve rinunciare<br />

a qualcosa in più per sé: solo<br />

così si può giungere ad un patto<br />

<strong>di</strong> convivenza che fissi regole<br />

comuni, che ognuno poi si deve<br />

impegnare ad osservare. Nessuno<br />

deve rinunciare alla propria identità,<br />

ma, al tempo stesso, nessuno<br />

Chichibìo<br />

Numero 21/22 – anno V, gennaio-aprile 2003<br />

Rie<strong>di</strong>zione elettronica a cura <strong>di</strong> Palumbo multime<strong>di</strong>a<br />

Insegnamento religioso<br />

e laicità della scuola<br />

Una questione aperta<br />

Luciano Zappella<br />

deve pretendere privilegi che derivino<br />

da un’appartenenza religiosa<br />

(chiesa cattolica in testa!) e<br />

accettare i principi democratici <strong>di</strong><br />

convivenza. Così si realizza quella<br />

“solidarietà tra estranei” <strong>di</strong> cui<br />

parla J. Habermas.<br />

Questo <strong>di</strong>battito pubblico laico<br />

mette al riparo dal rischio<br />

del buonismo e della genericità,<br />

perché si tratta <strong>di</strong> un confronto<br />

che avviene all’interno <strong>di</strong> un<br />

perimetro ben delimitato qual è<br />

quello della Carta Costituzionale<br />

(alla faccia <strong>di</strong><br />

chi vorrebbe riscriverla!).<br />

Nello<br />

spazio pubblico<br />

garantito dalla<br />

Costituzione<br />

sono ammesse<br />

tutte le <strong>di</strong>fferenze,<br />

salvo quelle<br />

che non riconoscono<br />

i principi<br />

costituzionali:<br />

senza democrazia<br />

infatti le <strong>di</strong>fferenze non esisterebbero,<br />

ma le <strong>di</strong>fferenze lasciate<br />

a se stesse possono mettere a repentaglio<br />

la democrazia.<br />

Occorre quin<strong>di</strong> superare il concetto<br />

<strong>di</strong> laicità tipico dello schema<br />

liberale classico, in base al<br />

quale si poneva l’accento sulla<br />

separazione tra Stato e chiese.<br />

Nell’o<strong>di</strong>erno contesto multiculturale,<br />

il fatto religioso non può<br />

più essere confinato nella sfera<br />

del privato, per la semplice ragione<br />

che, se le <strong>di</strong>fferenze religiose<br />

non si confrontano nello spazio<br />

pubblico, si arriva ad una recrudescenza<br />

dei conflitti. <strong>Il</strong> nuovo<br />

concetto <strong>di</strong> laicità <strong>di</strong>ce che le<br />

visioni <strong>di</strong>verse vanno confrontate<br />

e argomentate (e scontrarsi<br />

con le argomentazioni è meglio<br />

che scontrarsi con le bombe): un<br />

fondamentalismo che deve fare i<br />

conti con le regole del <strong>di</strong>battito<br />

democratico è costretto o a correggere<br />

se stesso oppure a uscire<br />

dalla scena pubblica. Se lo spazio<br />

« un confronto<br />

e la relativa<br />

conoscenza tra culture<br />

non può prescindere<br />

da un confronto<br />

tra le religioni »<br />

pubblico non può più essere n<strong>eu</strong>trale<br />

<strong>di</strong> fronte al fatto religioso,<br />

ne consegue che il principio <strong>di</strong><br />

laicità dello Stato (e della scuola)<br />

non si riduce più alla mera non<br />

interferenza o all’anomalia tutta<br />

italica <strong>di</strong> un insegnamento religioso<br />

confessionale, ma <strong>di</strong>venta,<br />

in positivo, il presi<strong>di</strong>o del pluralismo,<br />

un pluralismo agito e non<br />

solo proclamato.<br />

È su questo versante che la<br />

scuola può e deve offrire un contributo<br />

insostituibile. Essa infatti,<br />

luogo “pubbli-<br />

co” per antonomasia,<br />

è il<br />

laboratorio privilegiato<br />

<strong>di</strong> questo<br />

modello <strong>di</strong><br />

democrazia laica.<br />

Spesso si <strong>di</strong>ce<br />

che la scuola<br />

deve preparare<br />

alla vita i futuri<br />

citta<strong>di</strong>ni, salvo<br />

poi <strong>di</strong>menticare<br />

che essa stessa è già la vita e che<br />

i nostri alunni sono già citta<strong>di</strong>ni.<br />

Ebbene, la scuola è (speriamo<br />

lo rimanga a lungo) la prima<br />

occasione che gli alunni hanno<br />

<strong>di</strong> confrontare e argomentare le<br />

proprie convinzioni (culturali,<br />

etiche, politiche o religiose che<br />

siano) all’interno <strong>di</strong> uno spazio<br />

pubblico in cui vigono le regole<br />

del confronto democratico. La<br />

scuola è l’unico spazio pubblico<br />

in cui si costruisce la citta<strong>di</strong>nanza<br />

democratica. E questo, sia detto<br />

per inciso, vale o dovrebbe valere<br />

anche per le scuole non statali.<br />

Se dunque le <strong>di</strong>fferenze devono<br />

essere argomentate nello<br />

spazio pubblico e se la scuola è lo<br />

spazio pubblico per eccellenza,<br />

ne deriva che la scuola deve porsi<br />

come un laboratorio <strong>di</strong> ricerca<br />

sulle <strong>di</strong>fferenze. Ma affinché le<br />

<strong>di</strong>fferenze siano argomentate,<br />

occorre avere una approfon<strong>di</strong>ta<br />

conoscenza della propria e dell’altrui<br />

identità, pena il rischio <strong>di</strong><br />

Le immagini <strong>di</strong> questo numero <strong>di</strong> Chichibìo sono tratte dal numero 508 <strong>di</strong> “Tex” e da Palestina. Una nazione occupata <strong>di</strong> Joe Sacco.<br />

11<br />

un <strong>di</strong>alogo generico o, peggio ancora,<br />

esotico, tipico, per esempio,<br />

della retorica multiculturalista<br />

che vede la <strong>di</strong>versità come semplice<br />

curiosità.<br />

Ora, un confronto, e la relativa<br />

conoscenza, tra culture non può<br />

prescindere da un confronto tra<br />

religioni. A <strong>di</strong>spetto della presenza<br />

confessionale cattolica e<br />

<strong>di</strong> troppi rimasugli <strong>di</strong> laicismo<br />

veteroliberale (cosa ben <strong>di</strong>versa<br />

dalla laicità!), l’insegnamento del<br />

fatto religioso a scuola mi sembra<br />

assumere sempre più i caratteri<br />

dell’urgenza.<br />

Per esigenze <strong>di</strong> spazio sottolineo<br />

solo due ragioni. Anzitutto,<br />

perché non si possono confrontare<br />

tra<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong>verse se si ignora<br />

l’influenza della religione sugli<br />

eventi storici e sulle espressioni<br />

culturali e politiche. Tutti sanno<br />

quanto la storia culturale, sociale<br />

e politica dell’Occidente sia stata<br />

influenzata dalle tre religioni<br />

monoteistiche, ma come si può<br />

argomentare tale influenza se si<br />

ignorano i fondamenti teologici e<br />

l’evoluzione storica dell’ebraismo,<br />

del cristianesimo e dell’islam? In<br />

secondo luogo, uno stu<strong>di</strong>o del<br />

fatto religioso eviterebbe il riproporsi<br />

<strong>di</strong> ciò che spesso le religioni<br />

hanno rappresentato nella<br />

storia in fatto <strong>di</strong> intolleranza e <strong>di</strong><br />

conflitti. Le religioni, e quin<strong>di</strong> le<br />

civiltà, hanno <strong>di</strong>alogato allorché<br />

si sono sforzate <strong>di</strong> conoscersi. Da<br />

ultimo: come insegnare il fatto<br />

religioso? In estrema sintesi: no al<br />

monoconfessionalismo cattolico<br />

(spesso insegnamento <strong>di</strong> varia<br />

umanità); no alla parcellizzazione<br />

degli insegnamenti religiosi (si<br />

correrebbe il rischio <strong>di</strong> un supermarket<br />

delle confessioni in cui si<br />

<strong>di</strong>aloga, infruttuosamente o integralisticamente,<br />

tra uguali); no al<br />

laicismo che confina le religioni<br />

nello spazio privato (la storia ha<br />

<strong>di</strong>mostrato che così non è stato);<br />

sì invece ad un insegnamento <strong>di</strong><br />

tipo curricolare e dalla forte impronta<br />

storico-fenomenologica e<br />

quin<strong>di</strong> aconfessionale.<br />

Dunque: laicità dell’educazione<br />

come educazione alla laicità;<br />

religioni nello spazio dell’agorà<br />

pubblica e non solo nello spazio<br />

della coscienza; dalla tolleranza<br />

ingenua alla conoscenza argomentata;<br />

insegnamento storicofenomenologico<br />

e aconfessionale<br />

delle religioni. Bisogna cioè<br />

mettere in moto il circolo virtuoso<br />

per cui solo uno Stato laico<br />

genera una scuola laica, ma<br />

al tempo stesso solo una scuola<br />

laica genera uno Stato (cioè citta<strong>di</strong>ni)<br />

laico.<br />

È quin<strong>di</strong> veramente triste<br />

che un ministro dell’Istruzione<br />

(pubblica) faccia propria la<br />

richiesta wojtiliana <strong>di</strong> esporre<br />

il crocifisso quale segno identitario<br />

<strong>di</strong> una civiltà in cui la<br />

croce ha sì generato luminosi<br />

esempi <strong>di</strong> apertura, ma anche<br />

tetre immagini <strong>di</strong> intolleranza e<br />

<strong>di</strong> sopraffazione. A parte l’ovvio<br />

invito ad occuparsi dei problemi<br />

seri della scuola, vorrei sommessamente<br />

far notare alla signora<br />

Moratti che, per un cristiano, il<br />

crocifisso è segno <strong>di</strong> scandalo,<br />

<strong>di</strong> infamia e <strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>zione,<br />

non un trofeo da esibire gloriosamente<br />

o un marchio etnico in<br />

funzione antislamica. •


12<br />

I nipoti <strong>di</strong> Chamisso<br />

La letteratura interculturale in Germania<br />

Daniela Roversi<br />

Adalbert von Chamisso non<br />

avrebbe mai pensato <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ventare il capostipite <strong>di</strong><br />

intere generazioni <strong>di</strong> emigranti.<br />

Nato in Francia ma costretto<br />

in seguito alle prime avvisaglie<br />

rivoluzionarie ad emigrare con<br />

la famiglia in Germania, riesce<br />

a <strong>di</strong>ventare una delle maggiori<br />

personalità del secondo romanticismo<br />

tedesco. Ciononostante,<br />

questo nobile francese, <strong>di</strong>venuto<br />

poeta tedesco, rimane per tutta<br />

la vita un deraciné, uno sra<strong>di</strong>cato,<br />

anche quando accetta la Germania<br />

come nuova patria.<br />

<strong>Il</strong> fenomeno si ripete oggi moltiplicato,<br />

quando ci si muove,<br />

non sempre per libera scelta, in<br />

una realtà geograficamente, culturalmente<br />

e linguisticamente <strong>di</strong>versa<br />

da quella d’origine. Quando<br />

il proprio “essere <strong>di</strong>versi” viene<br />

misurato sull’“essere uguali”<br />

<strong>di</strong> una maggioranza cui non si<br />

appartiene. In questi casi può<br />

succedere, come già a Chamisso,<br />

che dallo scontro della propria<br />

naturale pulsione all’omologazione<br />

con l’altrettanto naturale<br />

desiderio <strong>di</strong> non voler rinunciare<br />

alla propria peculiare identità<br />

<strong>di</strong> minoranza nasca l’impulso <strong>di</strong><br />

scrivere. E quando la scrittura<br />

sulla estraneità biografica acquista<br />

lo status <strong>di</strong> un parlare letterario<br />

sull’estraneità, <strong>di</strong>venta fattore<br />

creativo.<br />

Prende corpo in questo modo<br />

una letteratura che, nei paesi <strong>di</strong><br />

lunga tra<strong>di</strong>zione d’immigrazione,<br />

quali gli Stati Uniti o il Canada,<br />

o <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione coloniale, come<br />

la Gran Bretagna o la Francia,<br />

trova da tempo una collocazione<br />

“ufficiale” nell’ambito delle <strong>di</strong>scipline<br />

letterarie. La letteratura<br />

delle Antille in Gran Bretagna o<br />

quella magrebina in Francia, per<br />

citare solo due esempi, sono considerate<br />

tasselli costitutivi del più<br />

ampio mosaico della letteratura<br />

“co<strong>di</strong>ficata”.<br />

Diversa la situazione in quei<br />

paesi come la Germania che, essendo<br />

più giovani nell’esperienza<br />

della plurietnicità, si <strong>di</strong>mostrano<br />

più resistenti ad accogliere all’interno<br />

della loro “mono-cultura”<br />

nazionale forme <strong>di</strong> interculturalità<br />

sempre più emergenti. Basti<br />

pensare che manca a tutt’oggi<br />

una definizione univoca <strong>di</strong> questo<br />

settore della germanistica.<br />

Carmine Chiellino – scrittore e<br />

poeta <strong>di</strong> origine italiana residente<br />

in Germania dal 1970 e tra i<br />

maggiori conoscitori e stu<strong>di</strong>osi<br />

della letteratura <strong>di</strong> autori stranieri<br />

– scriveva infatti nel 1985<br />

che questa letteratura: «continua<br />

ad essere vista dai critici letterari<br />

come una creatura androgina,<br />

che riguarda gli stu<strong>di</strong>osi del linguaggio<br />

e delle scienze sociali.<br />

Essa rappresenta un serbatoio <strong>di</strong><br />

letteratura secondaria per tutti i<br />

settori <strong>di</strong> ricerca che si occupano<br />

della questione degli stranieri in<br />

Germania» (Literatur und Identität<br />

in der Fremde. Zur Literatur<br />

italienischer Autoren in der Bundesrepublik,<br />

Kiel 1989 2 ).<br />

<strong>Il</strong> pericolo è che questi autori<br />

vengano ridotti a meri portavoce<br />

<strong>di</strong> problematiche legate all’emigrazione<br />

e/o all’emarginazione,<br />

e che si trascuri invece il<br />

Chichibìo<br />

Numero 21/22 – anno V, gennaio-aprile 2003<br />

Rie<strong>di</strong>zione elettronica a cura <strong>di</strong> Palumbo multime<strong>di</strong>a<br />

loro portato innovativo sul piano<br />

estetico e linguistico e il valore<br />

conoscitivo dei loro scritti.<br />

Le prime prove letterarie della<br />

minoranza straniera in Germania,<br />

risalenti alla fine degli anni<br />

Settanta, furono ironicamente e<br />

provocatoriamente definite, sia<br />

dalla critica sia dagli stessi autori,<br />

“Gastarbeiterliteratur”: la definizione<br />

“Gastarbeiter” (“lavorato-<br />

razione tra le <strong>di</strong>verse minoranze<br />

nazionali da un lato e tra i lavoratori<br />

stranieri e quelli tedeschi<br />

dall’altro.<br />

Gli autori stranieri con i loro<br />

scritti volevano interagire con la<br />

società tedesca per mo<strong>di</strong>ficarne<br />

gli aspetti più chiusi e intolleranti,<br />

perciò, alla stregua <strong>di</strong> altri<br />

soggetti marginali (donne, omosessuali,<br />

carcerati...) – impegnati<br />

in quegli stessi anni in una critica<br />

politica serrata – sono stati inseriti<br />

nella “Literatur der Betroffenheit”<br />

(“letteratura dello sgomento”).<br />

Da alcuni, tra cui Hiltrud Arens<br />

(in Kulturelle Hybri<strong>di</strong>tät in der d<strong>eu</strong>tschen<br />

Minoritätenliteratur der 80er<br />

Jahre, Tubinga 2000), grazie alla<br />

loro autocoscienza etnica, è stata<br />

riconosciuta in questi scrittori<br />

la capacità <strong>di</strong> problematizzare<br />

in termini sociali e giuri<strong>di</strong>ci la<br />

questione dell’identità tedesca,<br />

considerata una categoria “includente”<br />

piuttosto che emarginante.<br />

Alla successiva “Minderheitenliteratur”<br />

(“letteratura delle<br />

minoranze”) si è affiancata la<br />

più intenzionalmente generica<br />

definizione <strong>di</strong> “Ausländerliteratur”<br />

(“letteratura degli stranieri”) che<br />

raggruppa in<strong>di</strong>stintamente al suo<br />

interno ogni forma <strong>di</strong> scrittura<br />

<strong>di</strong> e su stranieri in Germania e<br />

fuori <strong>di</strong> essa; o quella <strong>di</strong> “Literatur<br />

auslän<strong>di</strong>scher Autoren in der<br />

BRD” (“letteratura degli autori<br />

stranieri nella RFT”), preferita<br />

da Immacolata Amodeo che, riven<strong>di</strong>cando<br />

il suo valore estetico,<br />

ha avvicinato la produzione degli<br />

“autori” stranieri a quella dei colleghi<br />

tedeschi.<br />

Più <strong>di</strong> recente si sono affermate<br />

due nuove categorie critiche:<br />

“Migrantenliteratur” (“letteratura<br />

degli emigranti”) e “Literatur der<br />

Migration” (“letteratura della migrazione”).<br />

Entrambe si pongono<br />

provocatoriamente contro il<br />

punto <strong>di</strong> vista nazional-centrico<br />

che riconosce la letteratura degli<br />

autori stranieri unicamente come<br />

La scrittura e l’interpretazione<br />

Collana <strong>di</strong>retta da Romano Luperini<br />

Scopo <strong>di</strong> questa collana è anzitutto <strong>di</strong> rendere più<br />

agevole, documentato e approfon<strong>di</strong>to lo stu<strong>di</strong>o degli<br />

autori più significativi della letteratura italiana moderna e<br />

contemporanea fornendo sia una interpretazione originale<br />

della loro opera, sia tutti gli strumenti necessari a meglio<br />

conoscerla, a partire dalla ricostruzione accurata e puntuale<br />

della storia della ricezione e della critica. Inoltre, essa<br />

si propone una ripresa del <strong>di</strong>battito critico e teorico e<br />

dell’interesse per le metodologie critiche in un momento,<br />

come l’attuale, <strong>di</strong> in<strong>di</strong>fferenza e <strong>di</strong> generico eclettismo.<br />

Ogni volume si sud<strong>di</strong>vide in due parti, critica l’una,<br />

informativa e documentaria l’altra. A sua volta,<br />

la prima parte contiene due capitoli: un profilo critico<br />

dell’autore, tracciato <strong>di</strong>acronicamente, tenendo conto della<br />

successione delle opere e del contesto storico-culturale,<br />

e una trattazione sistematica della storia della ricezione<br />

(“orizzonte d’attesa” e pubblico, le prime reazioni dei lettori,<br />

le recensioni e il <strong>di</strong>battito letterario) e della interpretazione<br />

critica, ricostruita anche per tendenze e per meto<strong>di</strong> critici.<br />

La seconda parte offre informazioni, apparati, documenti,<br />

e precisamente: una nota biografica; una esauriente e<br />

aggiornata nota bibliografica delle opere e della critica<br />

(quest’ultima sud<strong>di</strong>visa per temi e argomenti, in modo da<br />

favorire le ricerche <strong>di</strong> studenti e stu<strong>di</strong>osi); una antologia<br />

della critica in cui sono presentate le pagine più significative<br />

della ricezione e dell’interpretazione critica relative<br />

all’autore trattato.<br />

G. B. Palumbo E<strong>di</strong>tore<br />

« la letteratura<br />

interculturale<br />

continua ad essere<br />

vista come una<br />

creatura androgina »<br />

re ospite”) – coniata negli anni<br />

Cinquanta quando la Germania,<br />

vivendo una fase <strong>di</strong> forte espansione<br />

economica, fu costretta<br />

per mancanza <strong>di</strong> forza lavoro<br />

interna al sistematico reclutamento<br />

<strong>di</strong> manodopera straniera<br />

– rispecchiava l’atteggiamento<br />

<strong>di</strong> quei politici che sostenevano<br />

che la Repubblica federale non<br />

intendeva <strong>di</strong>ventare un paese<br />

d’immigrazione. I lavoratori stranieri<br />

erano “ospiti a termine” e<br />

in quanto tali tenuti allo scadere<br />

del permesso <strong>di</strong> soggiorno a fare<br />

ritorno ai rispettivi paesi d’origine.<br />

“Gastarbeiterliteratur”, dunque,<br />

fu considerata la letteratura <strong>di</strong>,<br />

per e su i “lavoratori ospiti” in<br />

Germania il cui scopo era quello<br />

<strong>di</strong> contribuire a superare la sepa-<br />

P. CATALDI<br />

MonTALE<br />

volume <strong>di</strong> pp. 276<br />

M. GANERI<br />

iL “CASo” ECo<br />

volume <strong>di</strong> pp. 324<br />

L. LENZINI<br />

GozzAno<br />

volume <strong>di</strong> pp. 260<br />

N. LORENZINI<br />

D’Annunzio<br />

volume <strong>di</strong> pp. 270<br />

L. BARILE<br />

SEREni<br />

volume <strong>di</strong> pp. 236<br />

M. BERTONE<br />

ToMASi<br />

Di LAMPEDuSA<br />

volume <strong>di</strong> pp. 288<br />

G. CONTINI<br />

SvEvo<br />

volume <strong>di</strong> pp. 300<br />

F. RAPPAZZO<br />

viTToRini<br />

volume <strong>di</strong> pp. 288<br />

A. CAVALLI PASINI<br />

DE RoBERTo<br />

volume <strong>di</strong> pp. 288<br />

P. VOZA<br />

MoRAviA<br />

volume <strong>di</strong> pp. 244<br />

E. URGNANI<br />

novEnTA<br />

volume <strong>di</strong> pp. 226<br />

O. BARBELLA<br />

SCiASCiA<br />

volume <strong>di</strong> pp. 336<br />

P. GIOVANNETTI<br />

LuCini<br />

volume <strong>di</strong> pp. 248<br />

F. ROMBOLI<br />

FoGAzzARo<br />

volume <strong>di</strong> pp. 238<br />

E. ZINATO<br />

voLPoni<br />

volume <strong>di</strong> pp. 260<br />

R. CASTELLANA<br />

Tozzi<br />

volume <strong>di</strong> pp. 296<br />

G. TAVIANI<br />

MiChELSTAEDTER<br />

volume <strong>di</strong> pp. 256<br />

sua sub-categoria. La “letteratura<br />

della migrazione” vuole invece<br />

incoraggiare una trasformazione<br />

della concezione <strong>di</strong> letteratura<br />

da nazionale a culturalmente <strong>di</strong>versificata<br />

e contribuire in questo<br />

modo allo sviluppo <strong>di</strong> un segmento<br />

<strong>di</strong> “letteratura mon<strong>di</strong>ale”<br />

(“Weltliteratur”), che non parta<br />

da improbabili culture nazionali<br />

“omogenee” ma nel quale vi sia<br />

spazio per la particolarità <strong>di</strong> ogni<br />

singolo atto creativo. E in questa<br />

<strong>di</strong>rezione va anche chi considera<br />

questa letteratura parte <strong>di</strong> una<br />

più ampia “letteratura interculturale”<br />

(“interkulturelle Literatur”).<br />

Così titola infatti un recente manuale<br />

curato da Chiellino dove<br />

sono raccolti i contributi <strong>di</strong> numerosi<br />

stu<strong>di</strong>osi che si occupano<br />

<strong>di</strong> questo ambito <strong>di</strong> ricerca (Interkulturelle<br />

Literatur in D<strong>eu</strong>tschland.<br />

Ein Handbuch, Stoccarda<br />

2000). L’obiettivo del volume,<br />

che ripercorre la storia letteraria<br />

della Repubblica federale nel<br />

cinquantennio 1955-2000, consiste<br />

nel proporre le letterature<br />

multilingui delle minoranze etnico-culturali<br />

<strong>di</strong> quella nazione<br />

«come parte <strong>di</strong> una letteratura<br />

interculturale», considerata «una<br />

occasione per liberarsi dalle maglie<br />

<strong>di</strong> una troppo stretta e monoculturale<br />

percezione <strong>di</strong> sé» e<br />

una spinta a scuotere la staticità<br />

dei canoni letterari nazionali e le<br />

metodologie previste per la letteratura<br />

già canonizzata.<br />

Si può concludere con Friedrich<br />

Wolfzettel che i nipoti <strong>di</strong><br />

Chamisso sono in procinto <strong>di</strong><br />

uscire dalla fase in cui la loro<br />

letteratura era scritta e vista solo<br />

come letteratura <strong>di</strong> e per stranieri<br />

o come serbatoio esotico ed elitario.<br />

Come il Peter Schlemihl<br />

dell’omonimo romanzo <strong>di</strong> Chamisso,<br />

non cercano più l’ombra<br />

perduta nella protesta o nella<br />

biografia, ma nell’arte e nella<br />

letteratura. •

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