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No.02 - Alcovacreativa.Org

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il secchio<br />

il secchio<br />

02.11<br />

inside IO<br />

performaces<br />

sottraggo<br />

l'ossessione anoressico-bulimica<br />

diventa performance<br />

di Giovanna Lacedra<br />

movimenti<br />

ARTE sincretica<br />

Movimenti artistici contemporanei<br />

di Angelo Mazzoleni ed Emanuela Dho<br />

talenti<br />

Amelia Ferrari<br />

Pittura plastica...<br />

di Amelia Ferrari e Luigi Crescibene<br />

eventi<br />

Dal buco della serratura<br />

Apre con la sua prima collettiva a tema<br />

il neonato movimento artistico indipendente<br />

St’Art over Art<br />

di Stefania Colizzi e Renato Iannone<br />

respirARTE<br />

Turista Napoletano...<br />

breve viaggio alla scoperta<br />

del cuore antico di Napoli<br />

di Gabriella Pesacane<br />

il rospo<br />

in the cage<br />

avventura nel malallestimento museale<br />

di Renato Iannone<br />

il periodico gratuito dedicato alle ARTI di ogni tempo<br />

interamente realizzato in esclusiva da ALCOVACREATIVA.org il portale delle Arti figurative in rete<br />

il progetto ALCOVACREATIVA è completamente ideato realizzato e curato da Renato R. Iannone


performaces<br />

IO sottraggo<br />

l'ossessione anoressico-bulimica<br />

diventa performance<br />

di Giovanna Lacedra<br />

Io Sottraggo, Performancehappening<br />

di Giovanna Lacedra<br />

presso la Galleria Famiglia Margini il<br />

30 giugno<br />

Trasformare in arte la patologia.<br />

Fare in modo che il corpo,<br />

da anni ostaggio di rituali ossessivi,<br />

da anni contenitore di vuoti affettivi,<br />

di assenze e di mancanze,<br />

da anni vittima e carnefice di se<br />

stesso,<br />

diventi racconto espressivo e<br />

creativo di una tra le più paradossali<br />

malattie:<br />

il disturbo anoressico-bulimico.<br />

Mangiare niente come mangiare<br />

tutto.<br />

Svuotarsi come ingombrarsi.<br />

Mettere dentro il mondo intero, o il<br />

mondo intero rifiutare.<br />

Sbranare pulsionalmente l’amore che non si ha, o scegliere stoicamente la rinuncia.<br />

Controllare il corpo per illudersi di controllare la vita intera.<br />

Operare calcoli minuziosi, e istituire una vera e propria aritmetica del desiderio.<br />

Sottrarsi chili per sottrarsi ai desideri.<br />

Scarnificarsi e rischiare la vita, pur di rendersi visibili.<br />

Fingersi inarrivabili, perché il contatto è già una ferita.<br />

Non ho bisogno di niente. Non ho bisogno di cibo. Non ho bisogno di te<br />

Trasformare in arte la patologia.<br />

Con un corpo che hai stancato, creare.<br />

Mettere in scena il dolore, la rabbia, l’ossessività.<br />

Mettere in scena il paradosso dell’anoressia.<br />

Il paradosso della fame. Il paradosso della dismorfofobia.<br />

Ricavare, da una esperienza reale e personale, nuovo materiale espressivo.<br />

La performance che ho, con grande fatica emotiva, ideato e progettato, grazie al<br />

sostegno della mia curatrice Grace Zanotto, è totalmente autobiografica, e quindi<br />

visceralmente mia.<br />

Da 14 anni la mia vita dondola sull’altalena dell’anoressia-bulimia.<br />

E non è facile. Non è facile per niente.<br />

Ora ho deciso di scendere, e provare a raccontarla, a modo mio. Con un happening,<br />

del quale sarò la sola protagonista.<br />

“IO SOTTRAGGO” vuole essere la rappresentazione di quel luogo immaginario, ma dai<br />

confini ben delineati, in cui finisci per autoblindarti, una volta diventata vittima di<br />

questa paradossale patologia. E’ un luogo isolato, matematizzato, stretto e raccolto; è<br />

il luogo dei rituali ossessivi e della triangolazione cibo-corpo-peso.<br />

il secchio


IO sottraggo<br />

l'ossessione anoressico-bulimica<br />

diventa performance<br />

Un luogo che lentamente diventa tutto lo spazio di cui<br />

disponi.<br />

Diventa la vita intera, e non lascia spazio per nient’altro, se<br />

non per quella martellante triangolazione che illusoriamente<br />

ti sterilizza da ogni altro desiderio vitale.<br />

A quattro anni ero una bambina che camminava per ore<br />

lungo il perimetro quadrato dell’ampio salone vuoto di un<br />

asilo.<br />

Senza che nessuno mi fermasse. Senza che nessuno mi<br />

abbia mai fermata.<br />

A trentatre anni sono una donna che invisibilmente<br />

cammina lungo il triangolare perimetro di un’ossessione:<br />

farmi vuota.<br />

Sottrarre da me l’ingombranza.<br />

Sottrarre da me ogni sporgenza, ogni morbidezza, ogni<br />

eccesso, ogni evidenza.<br />

Sottrarre da me ogni appetito.<br />

Svuotarmi del desiderio.<br />

Voglio soltanto sentirmi leggera.<br />

E per questo, sottraggo.<br />

Razzio la materia.<br />

Sferro colpi algebrici.<br />

Io no, non sono anoressica.<br />

Sono soltanto<br />

la presentificazione di una mancanza.<br />

IO SOTTRAGGO<br />

Performance di Giovanna Lacedra<br />

cura di Grace Canotto<br />

30 giugno 2011 - ore 19.30<br />

Galleria Famiglia Margini<br />

Via Simone D’Orsenigo, 6<br />

20135 Milano<br />

il secchio


performances: Giovanna Lacedra<br />

il secchio<br />

performances: Giovanna Lacedra


opera: Angelo Mazzoleni<br />

movimenti<br />

ARTE sincretica<br />

Movimenti artistici contemporanei<br />

di Angelo Mazzoleni ed Emanuela Dho<br />

IL MANIFESTO<br />

Con il presente Manifesto, sulla base della comunanza di alcuni elementi di fondo della<br />

nostra indagine poetica, intendiamo porre le basi per un progetto di sperimentazione<br />

di nuovi percorsi artistici , attraverso la fondazione del gruppo ”nuova arte sincretica"<br />

: una ricerca di sintesi e<br />

rielaborazione personale dei<br />

linguaggi della storia umana ,sia in<br />

senso diacronico che sincronico, in<br />

chiave interculturale ed interetnica<br />

,con il fine della creazione di una<br />

opera globale ed universale .<br />

Ci accomuna il viaggio interiore<br />

attraverso il tempo e la storia, tra<br />

passato e presente,tra le diverse<br />

culture del mondo,alla riscoperta<br />

delle nostre origini e radici e<br />

intendiamo percorrerla per scelta<br />

consapevole in modo piu’ ampio<br />

rispetto a quanto già è stato<br />

realizzato in passato.<br />

Come artisti, riteniamo inoltre di<br />

dover dare il nostro contributo ad<br />

una difficile iniziativa contro il<br />

degrado culturale , dell'arte e il<br />

conformismo mediatico presente<br />

nella nostra società globalizzata...<br />

L’arte sincretica, pur ponendo al<br />

centro della sua dinamica operativa<br />

la sperimentazione e l’innovazione, vuole perseguire senza schemi precostituiti o<br />

mercantili , in modo libero ,istintivo e nel contempo meditato, un’arte “totale” e<br />

interiore, basata sul recupero di ciò che oggi e' andato perso, a causa di alcune<br />

degenerazioni prodotte da un certo mercato oligopolistico: valori espressivi,simboli<br />

ancestrali ,problematiche del mondo contemporaneo viste dall’interno ed in<br />

prospettiva storico-universalistica. Cio’ significa anche: un continuo confronto tra<br />

contemporaneità ed il mondo delle nostre origini e dei valori più alti espressi dalla<br />

storia, quindi la riscoperta di un nuovo umanesimo contro la decadenza di valori<br />

artistici ed umani prodotti da una certa cultura mediatico-tecnologica .Proponiamo in<br />

forme nuove una ricerca ispirata al recupero del concetto di bellezza ed universalità<br />

dell’opera d’arte trasposto nel mondo attuale.<br />

Proponiamo il ritorno, in modo nuovo, ad un processo creativo che riporti però l’uomo<br />

e le sue emozioni al centro dell’universo-opera, ai suoi valori profondi, riportando l’arte<br />

nei luoghi che le competono: case, chiese, antiche dimore ecc., in modo che le opere<br />

accompagnino nel tempo la vita di chi le abita. Non a caso utilizziamo, accanto a quelli<br />

tradizionali, materiali che abbiano la caratteristica di essere il più possibile “naturali”,<br />

"vecchi", per poter raccontare una storia o infinite storie accanto alla nostra ed a<br />

quella di chi ci ha preceduto.<br />

il secchio


ARTE sincretica<br />

Movimenti artistici contemporanei<br />

Speriamo che le nostre opere sappiano evocare, con le emozioni, anche la riscoperta<br />

della humanitas oggi parzialmente perduta e possano ricondurre l’osservatore verso le<br />

fonti sorgive istintuali dell’essere , della nostra storia e del nostro presente. L’ arte<br />

sincretica non può essere più di tanto definita né spiegata ma solo vista attraverso la<br />

continua evoluzione delle nostre opere come un continuo libero processo dinamicocreativo<br />

da noi stimolato e prodotto ed è perciò, solo una delle tracce di passaggio del<br />

gruppo,una cornice comune di riferimento nella quale ognuno possa operare<br />

liberamente , in continua ricerca evolutiva verso altri orizzonti e nuove<br />

sperimentazioni.<br />

BERGAMO 3-Novembre-2004<br />

I fondatori del gruppo-movimento "Neosincretico": Angelo Mazzoleni, Marco<br />

Ceravolo, Tommaso Cocco, Carlo Oberti, Alfonso Rocchi.<br />

opera: Angelo Mazzoleni<br />

il secchio


ARTE sincretica<br />

Movimenti artistici contemporanei<br />

Intervista di Emanuela Dho al Maestro<br />

Angelo Mazzoleni , cofondatore del gruppo -<br />

movimento della "Nuova Arte Sincretica".<br />

In ogni epoca, c’è un tempo per creare e<br />

un tempo per distruggere, un tempo per<br />

agire e un tempo per riflettere, un tempo<br />

per giudicare ed un tempo per ascoltare.<br />

"Irak" periodo del sincretismo<br />

contemporaneo<br />

In ogni epoca, ci sono eventi che<br />

travolgono gli uomini e uomini che scrivono<br />

la Storia, in un divenire incessante per cui<br />

nulla cambia e nulla è mai uguale, tutto<br />

torna sotto forme diverse e irriconoscibili,<br />

reminescenze distinte e inconsapevoli,<br />

memoria ancestrale di un passato comune<br />

che si fa strada attraverso le ombre del<br />

subconscio. Così, nel ciclico ingranaggio del<br />

tempo, l’Arte si muove senza vincoli,<br />

benigna divinità dispensatrice di bellezza,<br />

luminosa depositaria dei segreti<br />

dell’essenza. Nel suo linguaggio universale,<br />

in continua evoluzione, molteplici sono i<br />

simboli, illimitate le chiavi interpretative,<br />

ma una sola è la ricerca di un significato<br />

superiore, in un cammino senza soluzione<br />

di continuità dove il particolare si dissolve<br />

in una visione più ampia dell’esistenza,<br />

dove le ere si accavallano e s’intrecciano,<br />

lasciando vecchie risposte e nuovi<br />

interrogativi, dove l’innato anelito<br />

dell’uomo verso il sacro conduce ad un più<br />

profondo livello di saggezza.<br />

È il respiro dell’assoluto che si ritrova<br />

nell’arte di Angelo Mazzoleni, ideatore e cofondatore<br />

del Gruppo-Movimento<br />

“Neosincretico”, sintesi concettuale di stili e<br />

tecniche diverse, provenienti da epoche ed<br />

esperienze distinte ma assimilabili in un<br />

processo di creazione che guarda oltre i<br />

confini del tempo e dello spazio, arrivando<br />

alla scintilla vitale dell’Io. Ma come nasce<br />

questo movimento, che pare attingere<br />

tanto dall’arte, quanto dalla storia e dalla<br />

filosofia, proponendo e rielaborando<br />

concetti e teorie, spalancando le porte della<br />

percezione e della conoscenza? Lo<br />

chiediamo al Maestro Angelo Mazzoleni,<br />

cofondatore ed autore del manifesto del<br />

gruppo.<br />

“Anni fa, in una lettera pubblicata da<br />

Stefano Zecchi su arte Mondadori, sulla<br />

base di una mia osservazione<br />

dell’accentuarsi di tendenze sincretiche<br />

nell’arte contemporanea e naturalmente<br />

alla luce della mia ricerca artistica<br />

personale, ebbi già modo di anticipare<br />

sinteticamente i motivi della mia idea di<br />

fondare il gruppo artistico della “Nuova<br />

Arte Sincretica”.<br />

Pare incredibile, quasi un caso di empatia o<br />

telepatia, ma allora ancora non sapevo che,<br />

l’anno prima, in un suo libro “Capire l’arte”,<br />

Stefano Zecchi aveva già parlato del<br />

crescente diffondersi tendenze sincretiche<br />

nell’arte contemporanea. In questo suo<br />

libro, che lessi solo in seguito, Zecchi<br />

sosteneva la tesi, da me oggi condivisa,<br />

che queste tendenze erano legate<br />

essenzialmente alla mancanza di idee<br />

nuove e ad una certa confusione in certe<br />

ricerche artistiche contemporanee.<br />

La fondazione del gruppo ”Nuova Arte<br />

Sincretica” nasceva tuttavia proprio dalla<br />

necessità , da un lato di rendere palese e<br />

programmatica questa tendenza presente<br />

nell’arte contemporanea, cercando però di<br />

svilupparne i motivi positivi di fondo,<br />

uscendo dall’ambiguità e dalle<br />

contraddizione sottolineate giustamente da<br />

Zecchi e di cui noi stessi eravamo<br />

consapevoli, dall’altro di condurre una<br />

sperimentazione in grado di trovare nuovi<br />

percorsi di ricerca cercando di proporre un<br />

arte sincretica nuova, capace di andare<br />

oltre lo stesso concetto sincretico di<br />

il secchio


opera: Angelo Mazzoleni<br />

ARTE sincretica<br />

Movimenti artistici contemporanei<br />

partenza.<br />

Dal confronto tra i vari artisti del<br />

gruppo, già allora accumunati da<br />

un tipo di sperimentazione affine,<br />

era emerso chiaramente che uno<br />

dei modi per andare oltre,<br />

evitando il rischio di rielaborazioni<br />

confuse o di scadere nella<br />

semplice imitazione del passato,<br />

era quello di ripercorrerlo in modo<br />

consapevole, attraverso<br />

l’approfondimento interno e lo<br />

studio delle arti e delle culture nel<br />

tempo. In altri termini, il nostro<br />

intento artistico e filosofico era<br />

quello di ridare nuovo spessore e<br />

valore ai nostri sentimenti ed alla<br />

nostra ricerca esplorando più a<br />

fondo, nel cuore della dimensione<br />

storica per poi reinterpretarla in<br />

forme del tutto nuove, alla luce<br />

della realtà del nostro presente.<br />

E’ quello che ognuno di noi,<br />

secondo la propria sensibilità,<br />

sperimentando modi e percorsi<br />

diversi, ha cercato di fare in<br />

questi anni. “<br />

Al di là delle impressioni<br />

immediatamente suscitate da<br />

opere come “Memorie sincretiche”<br />

o “Memorie sacra”, manifesti<br />

viventi del movimento, dove la<br />

lezione dell’arte rinascimentale<br />

dialoga liberamente con le grandi<br />

avanguardie del ‘900, senza<br />

dimenticare le proprie origini<br />

primitive, quali sono gli elementi portanti del progetto neosincretico, quali sono i<br />

suoi fondamenti filosofici e, soprattutto, in che modo li interpreta il suo<br />

fondatore?<br />

"Della filosofia di fondo ho già in parte risposto sopra, posso aggiungere<br />

sinteticamente che la nostra arte sincretica si bassa sostanzialmente su una<br />

difficile ricerca di sintesi interculturale, storica ed interetnica, volta a produrre un<br />

opera universale, capace di parlare al nostro tempo .<br />

Personalmente ho cercato di sviluppare la mia sperimentazione a tuttotondo, cioè<br />

esplorando arte, storia e culture partendo dalle origini (arte primitiva ) fino ai<br />

nostri giorni per poi reinterpretala sia interiormente che nella dimensione storica<br />

attraverso tre cicli sperimentali :<br />

il sincretismo storico,contemporaneo e spirituale. Come dire, dal passato al futuro<br />

il secchio


ARTE sincretica<br />

Movimenti artistici contemporanei<br />

attraverso il presente. Aggiungo che ,da<br />

questa mia esperienza ho tratto la<br />

convinzione che, a patto di una grande<br />

operazione di rielaborazione originale del<br />

passato , sia possibile produrre<br />

artisticamente qualcosa di nuovo e nel<br />

contempo controcorrente rispetto alla<br />

confusione ed alle contraddizioni prodotte<br />

oggi da un certo sistema di mercato<br />

dell’arte .<br />

Sono convinto che questa operazione non<br />

sarebbe stata possibile se non gettando<br />

un ponte tra passato e presente,<br />

operando, ripeto, “per scelta<br />

consapevole”, una faticosa ricerca di<br />

sintesi e conciliazione dei linguaggi nel<br />

tempo.<br />

Nelle ultime mie opere ,al di là del<br />

giudizio estetico che ognuno può darne,<br />

spero di essere riuscito nel mio intento,<br />

volando oltre, o, forse, entrando<br />

nell’anima stessa del concetto sincretico<br />

di partenza, creandoun mio linguaggio<br />

che spero possa ridare ed evocare<br />

emozioni nel nostro presente. "<br />

Dunque, dopo decenni di rifiuto<br />

apparente del passato, di rottura dei<br />

legami con tutto ciò che è già stato detto<br />

e scritto, il Gruppo-Movimento<br />

“Neosincretico” segna un’inversione di<br />

tendenza, una sorta di riabilitazione della<br />

tradizione artistica di ogni epoca, una<br />

presa di coscienza dell’innegabile bagaglio<br />

di umana esperienza, che costituisce il<br />

retaggio irrinunciabile di ogni<br />

generazione, poiché “chi dimentica il<br />

proprio passato è condannato a riviverlo”.<br />

Solo dalla conoscenza nasce la vera<br />

libertà: è proprio questa finalità catartica<br />

che si intuisce nell’arte neosincretica, arte<br />

totale ed essenziale insieme, colta ed<br />

istintiva, per questo destinata ad<br />

attraversare il tempo, senza mai esserne<br />

schiacciata.<br />

opera: Angelo Mazzoleni<br />

il secchio


talenti<br />

Amelia Ferrari<br />

Pittura plastica...<br />

di Amelia Ferrari e Luigi Crescibene<br />

Amelia Ferrari nasce a Cassino nel 1976.<br />

Fino al 1996 vive a Isernia dove consegue<br />

la Maturità Classica e, successivamente,<br />

quella Artistica entrando in contatto con la<br />

pittrice molisana Anna Maria Farina e lo<br />

scultore Benvenuto Succi.<br />

Nel 1997 si iscrive all'Accademia di Belle<br />

Arti di Roma dove, sotto la guida<br />

dell'artista Antonia Ciampi, approfondisce<br />

ed indirizza la propria impostazione<br />

artistica verso un interesse per la figura<br />

umana e le possibilità espressive delle sue<br />

forme anatomiche.<br />

Nel 1998 si trasferisce all'Accademia di<br />

Belle arti di Firenze ed entra in contatto<br />

con gli artisti Cesare Pacitti, Rodolfo<br />

Ceccotti ed, in particolare, con il pittore e<br />

scultore Francesco Preverino che la spinge<br />

verso una maggiore libertà espressiva e le<br />

consente di maturare a pieno il proprio<br />

linguaggio.<br />

Negli anni successivi compie viaggi in<br />

Irlanda , Germania e Stati Uniti<br />

approfondendo le proprie conoscenze<br />

sull'arte europea e arricchendo i propri<br />

mezzi espressivi.<br />

Nel 2002 si diploma a pieni voti in<br />

Decorazione all'Accademia di Belle Arti di<br />

Firenze sostenendo la tesi in tecniche<br />

dell'incisione "Le incisioni di Kathe<br />

Kollwitz, tra Naturalismo ed<br />

Espressionismo".<br />

Attualmente vive a Modena, dividendosi<br />

tra pittura e insegnamento.<br />

il secchio


opera: Amelia Ferrari<br />

Amelia Ferrari<br />

Pittura plastica...<br />

Nella luce del tempo<br />

La consistenza e l’evanescenza, il piacere e il dolore, la sconfitta e<br />

l’accensione, la tensione, lo sfinimento, le dissolvenze, i sussulti, i<br />

ripiegamenti e l’incanto vibrano, lampi di equilibrio, nell’intimo sentire. La<br />

pittura di Amelia Ferrari si arpiona, così, agli occhi ed al cuore. Fionda<br />

sensazioni elitarie, rasserenamenti inquieti, tenerezze ardenti,<br />

smemoranti abbandoni, acquisizione del vero oltre l’opaco apparire. Un<br />

mondo di urgenze interiori, uno sciame di voci bisbiglianti, raccolte,<br />

balenanti di luci, snervate di ombre splendenti, carezzate, disperse,<br />

rianimate, reinverate, sono tanta<br />

parte della stupefacente resa<br />

pittorica della grande Amelia<br />

Ferrari. Il niente si fa tutto. Si<br />

disfa, scompare, ritorna ancora,<br />

baluginio, scintillio di luce e<br />

colore, giallo fulgente, riflessi<br />

d’oro, nastri di rosso e di nero,<br />

nitore, bagliore, splendore di sole<br />

e di cielo, lame ebbre di chiaro,<br />

intrico di limpido vero, di mesto<br />

apparire, di mistero affatturante.<br />

La grande Amelia Ferrari, dalla<br />

sorvegliata e rigorosa<br />

consapevolezza tecnica, va tanto<br />

oltre i rigidi moduli di tendenze e<br />

di scuole. Non riporta il dato<br />

oggettivo. Lo decontestualizza e<br />

destruttura. Lo scompone, lo<br />

ritempra e rinnova. Gli esiti<br />

fattuali, mai statici, pulsanti,<br />

energici, vibranti, rimandano a<br />

rammemorazioni, evocazioni,<br />

allusioni, alla esigenza di<br />

disvelare il vero apparente e<br />

attingere quello segreto, più vero,<br />

più puro che si salda con la<br />

stringente necessità di esplicitare<br />

stati d’animo, i raccordi, le<br />

discrasie con una realtà ora<br />

appagante e ristoratrice, più<br />

spesso insipiente, asfittica e bara. Ma la Ferrari non affida all’alido<br />

concettualismo la sua suggestiva comunicazione pittorica. Ne scansa le<br />

secche risucchianti, si libera di un abbraccio tentacolare, come di morte.<br />

L’arte non può essere militante, non può dipingere soltanto idee. Esse<br />

scaturiscono dalle cose, da quelle che per l’artista diventano meta e mezzo<br />

di accostamento e evasione, di fuga e raccoglimento, di palpito vivo, di<br />

il secchio


Amelia Ferrari<br />

Pittura plastica...<br />

tenerezza inquieta. Amelia Ferrari ne è consapevole. In un’apparente fissità, fa<br />

riemergere l’interna evidenza delle cose, le lievitanti consistenze, l’intimo<br />

messaggio, lo “slancio vitale”. Il segno e il colore, che si caricano di significazione,<br />

circoscrivono il bello, la sua vaghezza, il suo fascino eterno ed uguale, la<br />

mormorante sensuosità, l’inebriante divenire. E la luce buca e accende anche<br />

l’ombra, le figure immote, irrigidite, ma onde di luce e colore, creano atmosfere<br />

turgide e rarefatte, pencolanti fra la terra ed il cielo, sospensione di tensioni e<br />

passioni. L’emozione fluttua, ardente e silenziosa, lieve, fervente, eccitata,<br />

incantata. Alimenta echi, attese, ritorni. Ma l’ansia del bello cerca e trova conforto.<br />

L’armonia trascorre la forma e il colore. Le autoilluminazioni della Ferrari travestono<br />

e vivificano il dato reale, lo adagiano, tra energia e seduzione, purezza e lievitante<br />

distacco nel bello mai freddo ed inerte in un vertiginoso e inesondabile scenario che<br />

dilata le mordenti e placate emozioni. La Ferrari dipinge la vita. Ne fissa, sulla tela,<br />

tremori, stupori, sospiri, l’intima essenza della complessità umana. La stilizzazione<br />

asseconda l’empito creativo in una consapevolezza misurata che si scolla da<br />

risoluzioni tumultuose, corrosive e scomposte, e cerca e trova varchi nelle<br />

abbaglianti urgenze di equilibrio dei tempi del cuore.<br />

opera: Amelia Ferrari<br />

il secchio


opera: Amelia Ferrari<br />

Amelia Ferrari<br />

Pittura plastica...<br />

opera: Amelia Ferrari<br />

il secchio


eventi<br />

Dal buco della serratura<br />

Apre con la sua prima collettiva a tema<br />

il neonato movimento artistico indipendente<br />

St’Art over Art<br />

di Stefania Colizzi e Renato Iannone<br />

St'Art over Art<br />

CHI Siamo<br />

Siamo prevalentemente artisti operanti nel settore dell'Arte da diversi<br />

anni con un bagaglio di esperienza da mettere al servizio di tutti!<br />

Siamo fortemente motivati e pronti ad operare in "prima linea" per<br />

creare e, migliorare un settore oramai saturo di false promesse ed<br />

iniziative non sempre a favore dell'artista! Ci autogestiamo e, ci<br />

stiamo organizzando grazie anche all'aiuto degli artisti in primis e di<br />

tutti coloro che credono in questa iniziativa di accorpamento di ideali<br />

e forze!!!<br />

Siamo a disposizione di chiunque voglia aderire al progetto e, darci<br />

sostegno in ogni forma ed in base alle proprie esigenze e possibilità!!!<br />

Siamo aperti a tutti: artisti e persone motivate e/o amanti dell'arte!!!<br />

Non c'è limitazione ideologica, di colore e politica: SOLO UNICAMENTE<br />

COMUNIONE DI INTENTI ED ARTE!!!!!<br />

Il nostro è il desiderio e l'ambizione di voler "costruire" un canale fluido di arte ed<br />

informazione volta anche al sociale!!! Gli artisti, meritano ogni onore e gloria che non<br />

sia solo mero ricordo e rappresentanza di una mostra, ma, bensì, progetto concreto da<br />

consolidarsi unitamente a tutte le forze positive e buone di chi, come noi e moltissimi<br />

altri con noi, vuole "correggere" con leggerezza e semplicità un settore "inficiato" e<br />

fruibile dei pochi eletti!!! L'Arte è di tutti!!! Tutti coloro in grado di poterla seminare<br />

con intelligenza sono degni d'essere chiamati "Artisti"!!!!!<br />

W il gruppo<br />

La VERA concreta forza di azione sul territorio!!!!!!!!<br />

il secchio


Dal buco della serratura<br />

Apre con la sua prima collettiva a tema<br />

il neonato movimento artistico indipendente<br />

St’Art over Art<br />

Dal buco della serratura ovvero...<br />

Una prospettiva che orienta gli artisti ad esprimersi in ordine alla propria<br />

visione introspettiva, onirica, simbolica e tutto ciò che ispira il tema proposto.<br />

"Buco della serratura" inteso non solo come riferimento oggettivo del<br />

simbolo, ma come "apertura" o "chiusura" legata alla percezione di questo<br />

"impalpabile" scenario nel quale l'occhio e la fantasia si affacciano.<br />

Questa visione è compartecipe all’universo estetico: compito dell'artista è<br />

aprire più scenari a questa interpretazione.<br />

il secchio


Dal buco della serratura<br />

Apre con la sua prima collettiva a tema<br />

il neonato movimento artistico indipendente<br />

St’Art over Art<br />

il secchio


Dal buco della serratura<br />

Apre con la sua prima collettiva a tema<br />

il neonato movimento artistico indipendente<br />

St’Art over Art<br />

Come sempre dietro la forza<br />

delle Arti, la naturalezza<br />

esplosiva degli eventi e la<br />

compiutezza degli obiettivi c'è il<br />

fuoco freddo di chi genera tutto<br />

uesto. Fuoco freddo... Già. Quel<br />

fuoco che da sì calore e tepore,<br />

che sa ardere più o meno<br />

consapevolmente sul piano dei<br />

comuni buoni intenti e delle<br />

sane idee... Ma che puoi<br />

attraversare come se non ci<br />

fosse... Puoi carezzare come<br />

compagno e su cui puoi contare<br />

come buon viatico di complicità<br />

e comunione.... E allora Fuoco<br />

Freddo per tutti<br />

il secchio


espirARTE<br />

Turista Napoletano...<br />

breve viaggio alla scoperta<br />

del cuore antico di Napoli<br />

di Gabriella Pesacane<br />

Tempo addietro, un’amica mi ha chiesto di preparare per la sua<br />

agenzia di viaggi un itinerario turistico di Napoli che si discostasse<br />

da quelli tradizionali, la mente è subito andata a quei luoghi posti<br />

tra Piazza Cavour e via Tribunali, ovvero al centro antico della città.<br />

In epoca greco – romana il centro fisico e culturale della zona era il<br />

Foro, un ampio spiazzo rettangolare che interrompeva il decumano<br />

maggiore oggi via Tribunali. Circondato probabilmente da porticati<br />

che sorreggevano loggiati al piano superiore, era frequentato da<br />

tutti coloro che al mattino tenevano mercato, vi si potevano perciò<br />

trovare le botteghe più ricche, i banchi dei venditori di carni, erbe,<br />

generi commestibili e, proprio come in un odierno mercato rionale,<br />

si potevano acquistare calzature e abiti usati; anche gli “antichi<br />

disoccupati” frequentavano il Foro intrattenendosi a suonare oppure<br />

ad aspettare un qualche padrone che avesse bisogno dei loro<br />

servigi.<br />

Nel Foro si ritrovavano cittadini e forestieri, gli Alessandrini, gli<br />

Orientali riconoscibili dagli orecchini pendenti, oppure i Greci che<br />

calzavano sandali ed infine i Romani togati. Tuttavia al Foro si<br />

disbrigavano prevalentemente gli affari, nella taberne argentariae<br />

ad esempio, si prendeva il denaro ad usura oppure si compravano e<br />

vendevano oggetti preziosi. La scuola pubblica aveva sede nel Foro,<br />

gli allievi assistevano alle lezioni seduti sui banchi, con il libri aperti<br />

sulle ginocchia, mentre il maestro “barbato e vestito di lunga toga”<br />

stava in piedi. Non meno importante era la presenza dei templi, sul lato<br />

settentrionale del Foro era edificato il Tempio dei Dioscuri. Secondo il Capasso,<br />

esso doveva risalire alla fondazione della città in quanto questi erano una delle tre<br />

maggiori divinità patrie, sia perché le “sostruzioni” murarie erano in tufo reticolato,<br />

tecnica costruttiva del V secolo a.C.<br />

Parte del Tempio si ritrova nella chiesa di San Paolo, due busti marmorei<br />

incastrati nella facciata e due colonne ricongiunte alla chiesa per mezzo dell’antico<br />

architrave.<br />

L’antica insula era luogo di delizia e svago grazie alla presenza di un impianto<br />

termale, di uno stadio e di un ippodromo, e dei due teatri, quello più piccolo e<br />

coperto, l’Odèo, fu molto caro a Nerone il quale convinto di essere un<br />

ineguagliabile cantante, volle esibirsi anche a Napoli proprio nel teatro piccolo.<br />

Nei secoli la zona ha subito notevoli trasformazioni, mantenendo pressoché<br />

intatto il suo tracciato viario, si è arricchita di abitazioni prima e si è consolidato<br />

poi come insula monastica a partire dal 1500; da questo momento storico inizia il<br />

nostro viaggio, proviamo dunque a prendere la metropolitana, scendiamo alla<br />

fermata di Piazza Cavour, attraversiamo la strada e incontriamo Porta San<br />

Gennaro. E’ stata l’unico accesso alla città dall’epoca greca come riporta<br />

Bartolomeo Capasso, fino al XVI secolo, posta in tempi antichi più indietro rispetto<br />

a dove è oggi, fu spostata nel 1537 ed intitolata a San Gennaro perché da detta<br />

porta, secondo alcune fonti, si dipartiva la strada che porta alle catacombe dove<br />

era sepolto il santo, o perché bisognava passarvi per andare alla Basilica di San<br />

Gennaro extra moenia secondo altre. L’attuale struttura cinquecentesca è stata<br />

il secchio


Turista Napoletano...<br />

breve viaggio alla scoperta del cuore antico di Napoli<br />

arricchita dopo la peste del 1656 da un’edicola affrescata poi da Mattia Preti. Questa<br />

era in realtà un ex voto fatto dai cittadini per la conclusione dell’epidemia. Affreschi<br />

simili furono posti sulle altre porte vicine, ma non vi è più traccia di entrambi.<br />

L’affresco di Porta San Gennaro,raffigurava i santi Gennaro, Rosalia e Francesco<br />

Saverio, fatto questo che suscitò le ire dei padri teatini che intendevano annoverare<br />

il beato Gaetano Thiene tra i Patroni della città. Pertanto fu loro concesso di porre<br />

statue o busti del Beato sulle porte della città, sicché nella parte interna della porta,<br />

si trova un busto del beato di modesta fattura. Sotto la porta, a destra, è posta<br />

un’edicola marmorea con un quadro della Vergine, altro ex voto eretto per lo<br />

scampato morbo asiatico del 1884.<br />

Superata la Porta, è possibile scorgere l’Edicola di via Settembrini, fondata nei primi<br />

anni del Settecento ma rifatta nel 1913, si ricorda in quanto in essa è posta la figura<br />

di un Ecce Homo in cartapesta. A coloro che in questo luogo rivolgevano una prece,<br />

il papa Leone X concesse nel 1878 delle indulgenze.<br />

Proseguendo nel nostro cammino, ci troviamo dinanzi ad un’imponente facciata,<br />

quella della chiesa di Gesù delle Monache voluta nei primi anni del Quattrocento da<br />

Giovanna II sotto il regno di Ferrante I. La semplice architettura della chiesa, ad una<br />

navata con quattro cappelle, presenta uno schema tipico di molte chiese napoletane.<br />

L’interno della chiesa è stato più volte rimaneggiato a partire dal 1517. In particolare<br />

alla fine del Seicento, la chiesa fu ammodernata in sintonia con il nuovo gusto<br />

barocco, di particolare interesse è la piccola cupola ellittica soprastante la zona<br />

absidale realizzata su progetto di Arcangelo Gugliemelli, così come il soffitto ligneo<br />

realizzato dalle maestranze napoletane intorno al 1680.<br />

Sorgeva nei pressi anche il monastero oggi sede di una scuola, in una zona ad alta<br />

densità conventuale come questa non era inusuale assistere alle ricorrenti liti tra le<br />

monache, in particolare con quelle del vicino monastero di Donnaregina che all’inizio<br />

del ‘700 costruirono una nuova terrazza turbando la tranquillità delle suore di Gesù.<br />

La controversia oltre ad avere risvolti legali sfociò in vere e proprie risse durante le<br />

quali piovvero sassate dall’alto dei conventi. Al di là<br />

dell’aneddotica, il monastero vanta opere di gran<br />

pregio artistico come il pavimento maiolicato<br />

realizzato nell’800, un omaggio alle recenti scoperte<br />

archeologiche di Pompei; detto pavimento era uno<br />

dei primi prodotti della fabbrica Giustiniani la cui<br />

tecnica di lavorazione giunse ad un tale livello di<br />

maestria da essere paragonata alla celeberrima<br />

fabbrica di Wedgwood.<br />

Se ci spostiamo nel vicino Vico Limoncello troviamo<br />

i resti di una chiesa chiamata San Gennaro degli<br />

Spogliamorti perché vi si portavano i cadaveri dei<br />

poveri; questi, una volta spogliati dei loro abiti,<br />

venivano seppelliti nel cimitero comune di San<br />

Gennaro. Pare che gli ebrei abitanti di questa zona<br />

fino all’espulsione nel 1540, acquistassero questi<br />

abiti per poi rivenderli negli ospedali, ma la notizia<br />

è stata smentita. Di origine alto medievale, questa<br />

chiesetta fu abbandonata quando cadde in disuso<br />

l’antica tradizione. Oggi l’edificio è il deposito di un<br />

artigiano e della facciata non resta che il portale.Lo<br />

il secchio


Turista Napoletano...<br />

breve viaggio alla scoperta del cuore antico di Napoli<br />

stesso vicolo era detto secondo il Doria, dè Giudei o Spogliamorti, tuttavia questa<br />

lugubre denominazione, agli inizi del ‘600 venne mutata in Vico Limoncello, forse dalla<br />

presenza sporadica di qualche albero di limone.<br />

Facendo attenzione ai motorini che ci sfrecciano di fianco, entriamo nel Complesso<br />

degli Incurabili, vale la pena accennare alla bella storia di questo nobile nosocomio.<br />

Fondato dalla nobildonna catalana Maria Longo miracolosamente guarita da una<br />

paralisi nel 1510, ella decise di dedicare la sua vita alla cura degli ammalati; quindi<br />

acquistò delle case sul lato orientale della collina di Caponapoli per ospitare i primi frati<br />

cappuccini che vennero a Napoli al seguito di E.Vernazza. Questi era un predicatore<br />

che in altre città italiane aveva fondato case di cura per gli ammalati incurabili. Intorno<br />

a questo nucleo sorse l’Ospedale in questione dove si trasferirono tutti gli ammalati<br />

ricoverati al San Nicola al Molo, attraverso una singolare processione, i derelitti<br />

attraversarono a piedi la città. Al contempo insieme a San Gaetano, all’epoca suo<br />

confessore, la nobildonna fondò la chiesa annessa ed un<br />

monastero per le “convertite”, Santa Maria di Gerusalemme<br />

o delle Trentratrè, questo era il numero delle aspiranti alla<br />

clausura a testimonianza del legame ideale che l’ordine<br />

intendeva rappresentare con l’esperienza terrena di Cristo.<br />

Qui si ritirò definitivamente a vita di clausura nel 1535 per<br />

morirvi sei anni dopo. La farmacia è il luogo forse più<br />

conosciuto del complesso. L’aspetto attuale si deve a B.<br />

Vecchione che grazie ad un cospicuo lascito, progettò nel<br />

1747 la Sala Grande e la Sala Laboratorio alle quali si<br />

accede attraverso una breve scala a doppia rampa, le<br />

dimensioni differenti delle sale sono accomunate da un<br />

stiglio in noce impiallacciato in radica che si stende tra le<br />

pareti. La farmacia conserva ancora il corredo di vasi<br />

originale, ve ne erano in passato 480. Nella Sala grande<br />

sui vasi di maggior dimensione, sono dipinte ben 32 scene bibliche.<br />

Sulla parete destra di questa sala si trova inoltre una teca che conserva uno scudo che<br />

reca al centro una ferita suturata, allegoria del parto cesareo, mentre ai lati dello<br />

stesso sono ancora fissati a due ganci i ferri necessari alla pratica.<br />

All’interno del complesso si trovano altri luoghi di culto poco noti, autentici gioielli<br />

dell’architettura e dell’arte italiana. Visitiamoli, almeno solo idealmente poiché l’incuria<br />

del tempo li ha in parte sottratti alla nostra vista.<br />

La Cappella dè Bianchi il cui nome deriva dal colore del saio con cappuccio conico<br />

indossato dai frati che accompagnavano i condannati sul patibolo, risale al<br />

Cinquecento, fu ridecorata nel ‘600 su progetto di Dionisio Lazzari. L’ambiente<br />

adiacente che era adibito alla vestizione dei fratelli, è dipinta ad affresco dal De<br />

Matteis. Alla fine dell’800 Salvatore. Di Giacomo, attento lettore della vita cittadina, nel<br />

consultare l’archivio della confraternita, scoprì un mezzo busto di cera custodito in una<br />

bacheca; raffigurava una donna, la “ Donna Scandalosa” atrocemente divorata da topi<br />

e vermi, creata e lì posta in antico, a monito per tutte le donne che conducono un vita<br />

cattiva. Non manchiamo di visitare il chiostro di fattura cinquecentesca della Chiesa di<br />

Santa Maria delle Grazie a Caponapoli, con i pilastri e gli archi in piperno nonché le<br />

decorazioni dipinte da Paolo Bril. Questi, pittore fiammingo, eseguì nel 1600 paesaggi<br />

e ornati vegetali, riaffermando motivi ornamentali derivati dall’ambiente romano.<br />

Passando sotto un ponticello formato dal piano superiore dell’ospedale e percorrendo<br />

via Armanni, ci ritroviamo nella zona che fu dei teatri; al loro posto il Complesso di<br />

il secchio


Turista Napoletano...<br />

breve viaggio alla scoperta del cuore antico di Napoli<br />

Santa Patrizia, uno dei monasteri più antichi della citta, pare anzi, che la sua<br />

fondazione sia dovuta ad una principessa bizantina. Nulla resta dell’originario<br />

convento più volte trasformato. All’epoca del Sanfelice, il complesso constava di due<br />

chiese, quelle esterna più piccola aperta al culto quotidianamente, in sostanza un’aula<br />

con atrio affrescata da B. Corinzio. A causa dell’ultimo conflitto bellico quasi tutto è<br />

andato distrutto tranne l’altare maggiore, opera del Sanfelice, che presenta un<br />

gradino aperto in quanto, in antico tempo, custodiva il più prezioso ciborio oggi al<br />

museo di Capodimonte come altre opere d’arte della chiesa e della sagrestia; la<br />

stessa urna con il corpo di Santa Patrizia si trova a S. Gregorio Armeno. L’isolato è<br />

chiuso da Santa Maria Regina Coeli , oggi è una scuola ma mantiene la chiesa il cui<br />

assetto attuale è quello conferitogli nel 1500 allorquando, demolito il primo impianto,<br />

furono acquistate altre case e giardini dai frati. Questi erano noti<br />

presso il popolo come Bottazzielli o Vottazzielli perché vendevano<br />

ai soldati spagnoli il vino delle loro terre in piccole botti. La<br />

vicinanza con gli Incurabili, rese la vita difficile ai frati,si narra<br />

che nella notte del 4 novembre 1728, le monache dell’ospedale,<br />

particolarmente aggressive, abbattuti i muri divisori del<br />

convento, cacciarono via i frati. I Pisani riebbero la chiesa solo<br />

nel 1832 ma ormai, il convento era stato inglobato nell’ospedale.<br />

La chiesa dal 1953 in poi è stata abbandonata totalmente come<br />

la massima parte della nostra memoria storica e architettonica.<br />

La fabbrica iniziata nel 1590 ad opera del Mormando era in<br />

origine una casa con giardini acquistata 30 anni prima dalle<br />

canonichesse lateranensi. Dei molti interventi che si sono<br />

succeduti per due secoli, si ricordano la sistemazione del<br />

chiostro,opera seicentesca del Picchiatti, ed il ponte che unisce i<br />

due corpi conventuali su via Pisanelli. All’interno della chiesa a<br />

navata unica, si possono ammirare i dipinti su tela di Massimo<br />

Stanzione,gli affreschi di Micco Spadaro tra i finestroni della<br />

navata. Molto significativa la presenza di Luca Giordano con gli<br />

affreschi della volta, notevoli anche i marmi di Serravezza usati<br />

per decorare la tribuna.<br />

Per ora la nostra passeggiata termina qui, fa caldo e tanto; vi<br />

andrebbe una granita caffè prima di ripartire?<br />

il secchio


il rospo<br />

in the cage<br />

avventura nel malallestimento museale<br />

di Renato Iannone<br />

La passione e l'interesse per le Arti non può prescindere dal sapore inebriante<br />

delle visite itineranti presso gallerie, mostre, musei, eventi particolari e<br />

quantaltro riesca a mettere nelle mani del fruitore entusiasta tutto quanto il<br />

necessario bagaglio di percezione e sensazione legato alla fruizione fisica e<br />

intima delle Opere. E' pur vero che oggi, i media ed il web facilitano non poco<br />

la divulgazione ma ovviamente restano mezzi monchi della parte più preziosa<br />

della verifica esperienziale.<br />

Unitamente a tale ovvia riflessione ecco il sempre più vivo accendersi di<br />

eventi, fiere e quant'altro alle Arti dedicato.<br />

Quindi tanto per numero che per oggettiva valutazione, il mondo<br />

dell'Espositivo fisico resta strumento principe ed importantissimo.<br />

L'Arte in mostra, l'arte vissuta, vista, osservata e magari... toccata è<br />

l'auspicio più importante e significativo che l'addetto ai lavori, lo studioso,<br />

l'appassionato possano augurarsi legato a qualsiasi nuovo Talento o Storica<br />

figura.<br />

Premesso ciò bisogna dire quanto tutto questo dovrebbe essere ben<br />

registrato con la solita doppia violenza di chi si occupa degli allestimenti di<br />

tali eventi. Doppia perchè scindibile in interesse al business; ovvero imbottire<br />

di presenze le rassegne per aumentare potenziali e fattivi guadagni; ed<br />

interesse al far lievitare il numero di presenze quasi a sostenere un fittizio<br />

peddegree di associazioni, movimenti e trovate celebrative, sostenendo che la<br />

maggior quantità sia sintomo di miglior qualità.<br />

Ecco quindi un brulicare di "cages" (gabbie) dove al posto delle sbarre<br />

troviamo issati a parete due, tre ed anche quattro ordini di dipinti incastellati<br />

il secchio


in the cage<br />

avventura nel malallestimento museale<br />

più o meno disordinatamente, persino con una pretesa di<br />

spiegazione concettuale!<br />

Mille altre violenze poi sono all'ordine del giorno in gallerie e<br />

mostre dove per supplire a manutenzioni adeguate,<br />

ricostruzioni... O peggio, per non pensar mai a progettare<br />

con cura prima di tutto il proscenio di un evento e poi<br />

"piazzarci" le opere, questo pur con una presumibile<br />

ipersensibilità da addetti ai lavori che dovrebbero lamentare<br />

questa insana approssimazione.<br />

Invece?<br />

Invece basta far visita con buon intento almeno alla metà dei<br />

siti che celebrano le Arti o dovrebbero, per accorgersi del<br />

caos che struttura una presentazione di opere.<br />

Ricordiamo che l'Arte figurativa come teatro e musica,<br />

meritano silenzio, certa studiata illuminazione, adeguata<br />

segnaletica e storiografia; così pittura, scultura, fotografia<br />

ecc. Hanno assoluto bisogno di un proscenio dedicato e<br />

studiato che non solo tenda a nobilitar le opere stesse ma<br />

che aiuti il visitatore a percepirne al meglio ogni rivolo<br />

essenziale.<br />

Questo ahimè difficilmente accade.<br />

Troppo piccoli ed effimeri siti, troppo mal illuminati, quattro<br />

bigliettini in fotocopia o peggio scritti di pugno, musiche<br />

celtiche passate al magnetofono e poi....<br />

Drappi colorati, brochure buttate su di un tavolo, scarsissima<br />

presenza degli stessi tutor dell'evento o degli Artisti<br />

impegnati fanno il resto e sono tutte cose all'ordine del<br />

giorno.<br />

Spesso sarebbe meglio in coscienza non fare invece di far<br />

male.<br />

il secchio

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