MOLINI • PASTIFICI • MANGIMIFICI • SILI - Avenue media
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ORGANO UFFICIALE ITALMOPA
MOLINI • PASTIFICI • MANGIMIFICI • SILI
MILLS • PASTA INDUSTRIES • ANIMAL FEED INDUSTRIES • SILOS
in questo numero
N.5 ANNO LVII
SICUREZZA CEREALI: UN SISTEMA
DI CONTROLLO NEI SILI
Tariffe R.O.C. Poste Italiane • Sped. in Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1 comma 1 DCB Bologna • Contiene I.P.
2006
L’INDUSTRIA ALIMENTARE ITALIANA
E GLI OBIETTIVI PER ESSERE COMPETITIVI
MAGGIO 2006
MOLINI • PASTIFICI • MANGIMIFICI • SILI
MILLS • PASTA INDUSTRIES • ANIMAL FEED INDUSTRIES • SILOS
Fondato nel 1950
da Pasquale Barracano
N.5 ANNO LVII
MAGGIO 2006
Direttore Editoriale
IVANO VACONDIO
Direttore Responsabile
CLAUDIO VERCELLONE
Coordinamento
IVANO BAROCCI
Pubblicità
MASSIMO CARPANELLI
Comitato di redazione
FABRIZIO VITALI
TULLIO PANDOLFI
PIER LUIGI PIANU
RANIERO FINICELLI
EDIZIONE,DIREZIONE,REDAZIONE,
PUBBLICITÀ E AMMINISTRAZIONE
Avenue media ® srl
Via Riva Reno, 61
40122 BOLOGNA
Tel. +39 051 6564311 (r.a.)
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del 31 luglio 1992 n. 612
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e successive modificazioni ed integrazioni.
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è documento idoneo e sufficiente ad ogni effetto contabile.
La redazione non si ritiene responsabile
per variazioni e/o imprecisioni di date e notizie
Organo
ufficiale
dell’ITALMOPA
Associazione Industriali
Mugnai e Pastai d’Italia
www.italmopa.it
EDITORIALE _ EDITORIAL
7 L’orgoglio di un mestiere bellissimo
Proud of a wonderful job
di Ivano Vacondio
ATTUALITÀ _ WHAT’S ON
11 Fatti e Notizie _ Facts and News
15 Eco di Bruxelles _ Echo of Bruxelles
17 World Grain
ARTICOLI _ CONTENTS
19 La granella di frumento immaturo:
ingrediente per alimenti funzionali
The grain of immature wheat as a functional food ingredient
Sommario
Index
di M. G. D’Egidio, M. C. Casiraghi, M. Zardi, G. Bottega, C. Cecchini, M. A. Pagani
33 Sicurezza dei cereali: un sistema
sperimentale di controllo nei sili
Safety of cereals: an experimental system for silos control
di G. Aureli, R. Brandini, D. Polselli, E. Polselli, A. Bucarelli, M. G. D’Egidio
47 L’industria alimentare italiana
e gli obiettivi per essere competitivi
The Italian food industry: strategies to remain competitive
a cura della Redazione
57 Vacondio: “Siamo competitivi se c’è dialogo”
Vacondio: “We are competitive if we communicate”
di Delia Sebelin
65 “Molini in rete”, un progetto
per migliorare la produttività
”Molini in rete project: strategies to improve productivity
di V. Giannetti, E. M. Mosconi, S. Dalla Libera
RUBRICHE _ DEPARTMENTS
74 Le Aziende Informano _ News from Companies
75 Notiziario Italmopa _ Italmopa News
76 Fiere e Convegni _ Fairs and Meetings
MOLINI
d’Italia
5
L’
andamento
l’industria molitoria e i rapporti con il mondo
economico del settore, la sicurezza
alimentare, l’approvvigionamento del-
agricolo, sono stati alcuni fra i temi centrali della mia
relazione all’Assemblea annuale dell’ITALMOPA svoltasi
a Roma il 15 maggio scorso.
Riguardo all’andamento del settore (vedi tabella a
pagina 9, ndr), secondo le nostre valutazioni, sui dati
assoluti non destagionalizzati, nel 2005 per il comparto
del grano duro si è registrato un andamento
positivo con un + 2,4%, cui fa riscontro, per il comparto
del tenero, un modesto + 0,2%.
Nel nostro settore, tuttavia,
permane una fragilità di fondo
rispetto alle sfide che ci attendono:
l’allargamento dei
mercati, l’emergere di aree ad
elevati tassi di sviluppo e l’applicazione
di nuove tecnologie.
Queste ultime, in particolare,
dovranno essere adattate
alle specifiche esigenze
delle aziende, al fine di incrementarne il grado di
competitività.
Il nostro settore, in sostanza, ha gli stessi problemi di
tutto il sistema produttivo italiano, che deve riproporsi
con maggiore vitalità sulla scena economica nazionale
ed internazionale.
L’andamento stentato dell’economia italiana ha infatti
origine, come rilevato dai commenti dei più autorevoli
esperti, dalle carenze del nostro mondo produttivo,
che appare statico, incapace di ristrutturarsi
e di assumere dimensioni più consone alle nuove sfide
del mercato.
La nostra Associazione si è posta da tempo il problema
dell’aumento delle dimensioni d’impresa. Nell’analisi
effettuata sullo stato del settore nel 2003,
quindi con circa tre anni di anticipo rispetto alle racco-
Editoriale | Editorial
L’orgoglio di un mestiere
bellissimo
di Ivano Vacondio
Proud of a wonderful job
“
mandazioni oggi incalzanti sull’esigenza di una ristrutturazione
del sistema produttivo italiano, l’ITAL-
MOPA ha sottolineato la necessità di processi di aggregazione
da parte dell’industria molitoria per incrementare
la propria dimensione economica. Un requisito
ritenuto necessario per poter competere in un
mercato complesso e dinamico.
Nel primo anno della mia Presidenza l’attività dell’Associazione
si è concentrata in particolare su tre temi.
In primo luogo, l’assistenza fornita alle aziende in
vista dell’applicazione delle normative nel settore
igienico - sanitario.
Il nostro settore
deve riproporsi
con maggiore vitalità
sulla scena economica
nazionale
ed internazionale
”
Si tratta di una materia di
fondamentale importanza.
Infatti, essa si pone
come prerequisito a tutta
l’attività delle nostre
aziende, che sono inserite
nelle maggiori filiere dell’alimentazione.
La salubrità
delle farine e delle
semole è da sempre considerata una pregiudiziale
a tutto il processo produttivo.
In secondo luogo, i problemi connessi all’approvvigionamento
della materia prima, relativamente alla
qualità, alla quantità, ai listini e alla logistica.
É stata intensificata l’attività di relazione con il
mondo agricolo organizzato e con i traders internazionali
e, per la prima volta, anche con i commercianti
dediti al mercato interno, che rappresentano
una quota di mercato non irrilevante. In tale contesto
i nostri interlocutori sono stati Confagricoltura,
Unione Seminativi, Anacer e Compag. Sul piano
delle Istituzioni, va ricordato il nostro coinvolgimento
nel Tavolo di filiera cerealicolo istituito dal
Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.
In quella sede, abbiamo presentato una proposta
MAGGIO 2006 MOLINI
d’Italia
7
FATTURATO (milioni di euro)
EXPORT (.000 di tonn.)
EXPORT (milioni di euro)
IMPORT (.000 di tonn.)
IMPORT (milioni di euro)
SALDO COMM. (milioni di euro)
PRODUZIONE (.000 di tonn.)
ADDETTI (numero)
operativa suggerendo gli obiettivi delle Intese, considerate
pregiudiziali agli Accordi quadro e ai contratti
di coltivazione e fornitura. Inoltre, abbiamo
indicato le Linee Guida per un piano di ristrutturazione
della filiera del frumento. Il Tavolo di filiera
cerealicolo è stata un'esperienza che ha lasciato
un segno. Innanzitutto, perché è stato condiviso
nei successivi approfondimenti in sede ministeriale;
inoltre, perché i contenuti discussi sono stati
portati su alcuni tavoli regionali dove, contemporaneamente
a quanto avviene a livello nazionale,
si sta lavorando alla predisposizione delle programmazioni
per i Piani di Sviluppo Agricolo per il
periodo 2007-2013.
In terzo luogo, in questo ultimo anno l’ITALMOPA
ha affrontato con attenzione il problema delle importazioni.
Argomento complesso e spinoso, anche
perché proprio nei confronti delle importazioni una
parte consistente del mondo agricolo ha manifestato
- spesso con enfasi eccessiva - il suo dissenso.
Da parte nostra, abbiamo espresso in molte occasioni
la disapprovazione dell’Associazione per queste
campagne avverse alle importazioni. Riteniamo,
infatti, che esse si basino su motivazioni strumentali.
Bisogna sottolineare, invece, che dalle importazioni
dipende non soltanto l’avvenire delle
I NUMERI DELL’INDUSTRIA MOLITORIA
Dati 2005 e variazione % sul 2004
Editoriale | Editorial
2005 Var. %
2.205 -11,3 %
453,2 +22 %
91,3 -6 %
71,6 -46 %
8,9 -47 %
82,4 +2 %
10.990 +1,2%
5.100 -
nostre aziende, ma anche l’equilibrio del mercato
dei prodotti finiti e quindi l’interesse dei consumatori.
Questi ultimi, infatti, avrebbero tutto da perdere
se prevalesse un’impostazione di tipo autarchico,
con conseguenze negative sia sui prezzi che sulla
qualità dei prodotti.
Ho notato con piacere che la partecipazione dei Soci
all’Assemblea annuale è stata consistente, segno che
il legame delle Aziende con l’Associazione è forte.
Concludo, quindi, con l’augurio di ritrovare il prossimo
anno una categoria più coesa e orgogliosa della sua
capacità di fare impresa.
Apparteniamo ad una classe sociale che svolge un
ruolo decisivo e che produce ricchezza per il sistema
Paese. Non siamo come quella parte del mondo imprenditoriale
che fa solo finanza e che, per errori o per
mala fede, sta mettendo in cattiva luce e, di fatto, delegittimando
la classe imprenditoriale.
Vivere l’impresa con passione, costruire un prodotto,
vederlo crescere, collocarlo sul mercato, andarlo ad
“incassare”: tutto questo insieme di azioni costituiscono
un esercizio difficile, ma esaltante. Dobbiamo
essere consapevoli delle nostre capacità. Dobbiamo
essere orgogliosi del mestiere che facciamo, che è senza
dubbio un mestiere bellissimo.
MAGGIO 2006 MOLINI
d’Italia
9
Aumento di fatturato per Mill Service
Mill Service, azienda padovana
che opera nel campo delle
macchine ed impianti per l’industria
alimentare, con specifica
applicazione nel settore
della lavorazione dei cereali e
dei loro derivati, ha riconfermato
anche nel 2005
la sua crescita. Vi è stato,
infatti, un forte aumento del
fatturato che si è attestato a
oltre 14.400.000 euro.
Accompagnando la tendenza
delle più evolute aziende ali-
Il Dipartimento delle Politiche
di sviluppo, Direzione generale
per la Tutela del Consumatore,
del Ministero per le Politiche
Agricole e Forestali, in collaborazione
con l'Università Cattolica
del Sacro Cuore, ha realizzato
un opuscolo rivolto ai
consumatori, che si pone
l'obiettivo prioritario di metterli
in condizione di ricono-
mentari, i dirigenti della Mill
Service hanno deciso un ulteriore
passo in avanti, costituendo
un nucleo snello, efficiente,
professionale e reinvestire
gli utili a favore della ricerca
tecnologica, dei servizi
e dell’assistenza offerti alla
clientela, caratteristica che
oggi poche imprese possono
permettersi, per offrire al mercato
un servizio adatto alla
realtà delle moderne aziende
alimentari.
Manuale sulla sicurezza alimentare: che rischio c’è?
scere i principali fattori di rischio
alimentare, fornendo i
mezzi per ridurre tali pericoli
attraverso comportamenti che
garantiscano la sicurezza e
l’igiene. Titolo della pubblicazione
è "Che rischio c'è?
Alimenti e sicurezza".
L’agile manuale, composto di
poco di meno di cinquanta pagine
scritte con linguaggio
semplice e diretto, fornisce in
maniera chiara, dettagliata ed
esauriente tutta una serie di
preziose informazioni relative
ai rischi esistenti, ma anche ai
comportamenti virtuosi che è
possibile adottare per ridurli.
Indicazioni efficaci, resi comprensibili
grazie a schemi e a disegni
esplicativi e a una grafica
leggera e accattivante.
Fatti & Notizie | Fact & News
Pizza, business nel mondo
Negli Stati Uniti e in Australia
“pizza” significa soprattutto
business ed è terreno di scontro
tra diversi grossi gruppi
industriali che si combattono
i clienti principalmente a colpi
di marketing.
Domino’s, per esempio, è un
marchio non ancora noto a noi
italiani, ma è sinonimo di pizza
nel mondo.
Questo successo è stato costruito
grazie alla vincente formula
del franchising.
Dalla prima apertura negli Stati
Uniti nel lontano 1960, la
compagnia ha saputo sviluppare
un’efficace e capillare
strategia di penetrazione commerciale
che le ha permesso di
affermarsi in cinquantacinque
differenti nazioni e di arrivare
a ben centoquarantacinquemila
dipendenti.
Con ben più di ottomila negozi,
di cui oltre l’85% è in franchising,
trecentoventidue
nuove aperture solo nell’ultimo
anno e un fatturato che
supera i quattro miliardi di
euro è l’azienda leader del
settore.
MAGGIO 2006 MOLINI
d’Italia
11
Pasta & Benessere:
binomio vincente anche negli USA
Finalmente anche gli americani,
votati al fast food, si stanno
convertendo alla dieta mediterranea.
A conferma di ciò riportiamo
il giudizio di uno dei maggiori
fisiologi d'America, D.R.
Hodgdon, Rettoredell'Università
di
New
York,
presidente
del
Collegio medico
di Hannemann
e dell'Ospedale di Chicago,
in un rapporto diretto all'Istituto
Nazionale Americano
dei prodotti alimentari egli scrive:
"Il consumo di pasta va
aumentando rapidamente
da alcuni anni, in questo paese
(negli USA, ndr). E con ragione:
essa ha preziose proprietà nutritive.
Degno di nota il fatto che
questo magnifico cibo, diversamente
da molti altri, contiene
una ben piccola traccia, o non
ne contiene affatto, di sostanze
pregiudizievoli al sistema dei
vasi sanguigni ed al fegato. Invero
essa non produce acido
urico. Costituisce quindi un alimento
utile e
favorevole
per chi
soffre
di lombaggini,reumatismi,
arteriosclerosi,
gotta, diabete. Per i piccoli la
pasta costituisce un cibo eccezionale
sia per la vivace azione
nutritiva che per la rapida e agevole
digestione”.
RICERCA AGENTE
La Pasta di Gragnano è candidata
al marchio d'indicazione
geografica protetta, con tutto il
suo straordinario
bagaglio di
sapori, di
storia e di
tradizioni.
Con l'inizio
della procedura di riconoscimento,
la
Pasta di Gragnano
diventa la prima pasta
in assoluto ad aver
avviato l'istruttoria per l'attribuzione
del marchio di qualità
in sede comunitaria. I produttori
della Pasta di Gragnano
sono riuniti nel Consorzio Gragnano
Città della Pasta. Il Con-
CERCASI AGENTE DI VENDITA MACCHINE E ATTREZZATURE PER L’AGROINDUSTRIA
CON CONOSCENZA DELLA LINGUA INGLESE E TEDESCA.
PREGASI INVIARE CURRICULUM AL SEGUENTE INDIRIZZO DI POSTA ELETTRONICA:
zagabo@tin.it
Fatti & Notizie | Fact & News
La Pasta di Gragnano si candida
al marchio IGP
sorzio raggruppa il 98% della
produzione dell'area sia in termini
di volumi che di fatturato.
I nove stabilimenti
della
Pasta di
Gragnano
ricoprono
circa il 7%
della produzione
nazionale di pasta
(più di duecentoventimilatonnellate
l'anno).Ogni anno
si producono oltre quattrocentocinquanta
milioni di pacchi
di Pasta di Gragnano per un
bacino di consumatori stimato
attorno ai sette milioni di persone.
La Pasta di Gragnano
rappresenta circa il 10% dell'export
di pasta italiano e
viene rivenduta in quarantadue
Paesi: i mercati principali
sono USA, Gran Bretagna,
Giappone, Germania, Africa
Occidentale.
MAGGIO 2006 MOLINI
d’Italia
13
In aumento gli aiuti all’agroindustria
La proposta di modifica degli
aiuti che possono essere concessi
dagli Stati membri senza
la necessaria autorizzazione
dell’Unione europea, prevede
di elevare l’importo massimo
degli aiuti all’agroindustria fino
a 150mila euro in tre anni.
In base al regolamento attualmente
in vigore, invece, l’importo
erogabile non può superare
il limite di 100mila euro,
sempre con riferimento a un
arco temporale di tre anni.
Il nuovo regolamento sugli
aiuti, che dovrebbe entrare in
vigore a partire dal prossimo
anno, prevede l’estensione
del campo di applicazione del
regime “de minimis” agli
“aiuti a favore delle imprese
che operano nella produzione,
trasformazione e commercializzazione
di prodotti agricoli
che rientrano nell’allegato
1° del Trattato”.
In pratica, secondo il nuovo
regolamento, un aiuto di Sta-
to non dovrà essere in rapporto
con la quantità prodotta
o con il prezzo dei prodotti
di un’impresa agroalimentare
e, soprattutto, non dovrà avere
benefici diretti sui produttori
agricoli.
Il nuovo massimale di 150mila
euro (lordi e spalmati su un arco
di tre anni) per gli aiuti “de
minimis” deve fare riferimento
all’importo complessivo
dell’aiuto.
Dall'entrata in vigore della
normativa comunitaria sull'agricoltura
biologica nel
1992, diecimila aziende si
sono convertite a questo sistema,
in risposta ad una
maggiore consapevolezza
dei consumatori per quanto
riguarda i prodotti ottenuti
con metodi biologici e al
conseguente aumento della
domanda di questo tipo di
Eco di Bruxelles | Echo of Bruxelles
Progetto Ue contro l’agropirateria
L’Italia è una delle nazioni più
colpite dai “falsi d’autore” dell’alimentazione.
Ora, la Commissione
europea ha rimesso
sul tavolo un progetto di direttiva
che qualifichi la contraffazione
come reato essa medesima,
nonché “il tentativo, la
complicità e l'incitamento”.
Si tratta di una direttiva che,
una volta approvata dal Parlamento
e dal Consiglio europeo,
imporrà a tutti gli Stati
L’agricoltura biologica tra gli obiettivi della PAC
prodotti. Non a caso, un'agricoltura
e un ambiente sostenibili
sono attualmente uno
degli obiettivi fondamentali
della Politica Agricola Comune,
secondo cui: “Lo sviluppo
sostenibile deve conciliare
produzione alimentare,
conservazione delle risorse
non rinnovabili e protezione
dell'ambiente naturale, in
modo da soddisfare i bisogni
membri un decisivo giro di vite:
per la prima volta, infatti,
l’Europa intende comminare il
carcere e multe molto pesanti
nei confronti di chi fabbrica o
commercia prodotti falsi.
La proposta di direttiva della
Commissione Ue può rappresentare,
dunque, un utile strumento
per contribuire a debellare
la contraffazione, che attualmente
rappresenta un elemento
di grande preoccupazione.
della popolazione attuale
senza compromettere le possibilità
delle popolazioni future
di soddisfare i propri”.
Per tale ragione, gli agricoltori
dovranno tenere conto
degli effetti che avrà la loro
attività sul futuro dell'agricoltura
e dell'impatto ambientale
dei sistemi da loro
utilizzati.
MAGGIO 2006 MOLINI
d’Italia
15
Grazie all’eccedenza della propria produzione
estiva di grano, il Governo pakistano
sta valutando la proposta ricevuta dall’India
di barattare il grano con lo zucchero,
prodotto che scarseggia nel Paese da un
anno a questa parte. A causa della carenza
di zucchero, in Pakistan il prezzo di questo
prodotto ha registrato negli ultimi mesi
una forte impennata.
Da quanto viene riferito, le fonti ufficiali
avrebbero dichiarato che il Governo pakistano
sta prendendo in considerazione
l’ipotesi di barattare il grano con lo zucchero
indiano, "in quanto il paese dispone
quest’anno di un’eccedenza di produzione
di grano".“Una proposta al riguardo è
stata avanzata dalle Autorità indiane e
potrebbe essere presto accolta”, ha riportato
il Daily Times, senza identificare la
fonte d’informazione.
Il Governo ha dichiarato che sta lavorando
sulla proposta, ma la decisione finale sarà
presa una volta ottenuto il nuovo raccolto
di grano, aggiungendo, inoltre, che limiterà
presto le importazioni.
In base alle cifre ufficiali, il Pakistan dispone
di un’eccedenza di grano in riserva pari
a 2.149.805 tonnellate.
Il 15 aprile si è iniziato a raccogliere il grano
nel Sindh e oggi s’inizia nel Punjab.
I depositi alimentari della provincia, nonché
i magazzini PASSCO, sono già pieni
di scorte di grano e hanno poco spazio
per stoccarne altre. Il Punjab dispone di
1.398.994 tonnellate di scorte di grano,
il Sindh 273.436 tonnellate, NWFP
137.202 tonnellate e Balochistan
54.236 tonnellate, mentre PASSCO ha
285.937 tonnellate.
La situazione ha creato una fase di incertezza
a livello decisionale sull’opportunità
o meno di accettare l’offerta avanzata dal-
World Grain
Selezione di notizie dal sito internet di World Grain a cura della Redazione
L’India propone al Pakistan di barattare il grano con lo zucchero
l’India. Il Ministero dell’Agricoltura e dell’Alimentazione
ha altresì proposto che la
Commissione di coordinamento economico
vieti o limiti l’importazione di grano in
modo tale che anche il settore privato possa
iniziare a raccogliere il grano.
La Polonia vuole il divieto delle colture OGM
La Camera Alta del Parlamento polacco
potrebbe vietare il commercio e le piantagioni
di semi geneticamente modificati
(OGM), mettendo così Varsavia in rotta di
collisione con Bruxelles per l’approvazione
di una legge che viola le normative dell’Unione
europea.
Il presidente della
Commissione agricoltura
al Senato, Jerzy
Chroscikowski, ha dichiarato
di aspettarsi
che i senatori del Partito
conservatore Legge
e Giustizia al Governo,
nonché numerose frange,
sostengano il progetto di legge che è
già stato approvato dalla Camera Bassa
del Parlamento.
I piani della Polonia per quello che è di fatto
un divieto nazionale degli OGM, hanno
sollevato le critiche della Commissione
europea, dell’esecutivo dell’Ue, per la minaccia
di violazione delle leggi comunitarie,
soprattutto quelle finalizzate a preser-
vare il mercato unico interno dell’Unione.
La Commissione ritiene che se una regione
vuole vietare le coltivazioni di OGM, tale
restrizione deve essere scientificamente
motivata e relativa a coltivazioni specifiche,
e non quindi un divieto generalizzato
su tutti i semi o colture biotecnologiche.
In Polonia non è
stato piantato alcun
seme biotecnologico
e i conservatori
al Governo,
i quali affermano
da tempo di voler
liberare la Polonia
dagli OGM, temono
che le eventuali future semine di
colture geneticamente modificate possano
contaminare altre colture.
Le cosiddette leggi di coesistenza, o regole
per separare le colture biotecnologiche
dalle varietà organiche e tradizionali, sono
diventate l’argomento più controverso nei
dibattiti sulla biotecnologia in tutta l’Ue.
I gruppi ambientalisti dell’Unione dichiarano
che nessun OGM dovrebbe essere
coltivato in Europa fintanto che una legge
di coesistenza non entrerà in vigore in tutta
l’Ue. L’industria biotecnologia non vede
alcun inconveniente nel coltivare colture
OGM accanto a colture non OGM.
Il delegato del Ministro dell’Agricoltura,
Jan Krzysztof Ardanowski, ha dichiarato
che il Governo intende vietare la semina di
piante OGM per tutelare l’immagine della
Polonia quale Stato attento alle problematiche
ambientali e potrebbe cercare di
apportare delle modifiche alla politica dell’Unione
sulla biotecnologia.
MAGGIO 2006 MOLINI
d’Italia
17
Uno studio per ottenere nuove tipologie di pasta
La granella di frumento immaturo:
ingrediente per alimenti funzionali
di M. G. D’Egidio a , M. C. Casiraghi b , M. Zardi b , G. Bottega b , C. Cecchini a , M. A. Pagani b
I cereali immaturi
rappresentano
una fonte naturale
di sostanze che riducono
il rischio di patologie
a livello intestinale.
Per tale ragione,
sono in fase di studio
tipi di pasta secca
prodotti con semole
arricchite con granella
immatura
di frumento duro.
a CRA - Istituto Sperimentale per la
Cerealicoltura, Via Cassia 176, Roma
b
DISTAM - Università degli Studi di Milano,
Via Celoria 2, Milano
The grain of immature wheat as a functional food ingredient
Negli ultimi anni si è assistito ad
un’evoluzione del concetto di alimenti
che vengono oggigiorno
considerati un po’ meno come veicolo di
macronutrienti (raramente in difetto nelle
società sviluppate) e sempre più “vettori
di benefici”, per la presenza in essi di
componenti “non nutrienti” ma attivi dal
punto di vista biologico che influenzano
positivamente lo stato di salute del consumatore.
Si è così arrivati al concetto di
“alimento funzionale”, il cui ruolo si differenzia
e si integra con quello strettamente
nutrizionale dei gruppi alimentari
tradizionali.
Alimenti, non pillole
L’innovazione realizzata in questi moderni
prodotti alimentari può essere di prodotto
o di processo. Nel primo caso si realizzano
modificazioni solo a livello di ingredienti
previsti per la formulazione del prodotto
stesso, nel secondo caso vi è l’impiego di
un vero e proprio nuovo approccio su uno
o più livelli della filiera di produzione. Per
questi alimenti, una buona definizione,
tuttavia considerata ancora non definitiva,
è stata concordata a livello europeo
(European Commission Concerted Action
on Functional Food Science in Europe -
FUFOSE): “un alimento può essere considerato
funzionale se si è dimostrato in
modo soddisfacente che è in grado di influenzare
positivamente una o più funzioni
dell’organismo, in un modo che è rile-
vante o per migliorare lo stato di salute e
di benessere e/o per ridurre il rischio di patologie.
Gli alimenti funzionali devono rimanere
alimenti e devono dimostrare i loro
effetti se consumati in quantità considerate
normali all’interno di una dieta:
non sono pillole o capsule, ma sono una
parte di un normale regime alimentare”…
(Diplock A.T. et al., 1999).
L’industria alimentare propone oggi alimenti
light, cioè alleggeriti di specifici nutrienti
(il cui eccesso è ritenuto dannoso
per la salute), alimenti fortificati con micronutrienti
a rischio di subcarenza (per
esempio alcune vitamine o sali minerali),
novel foods, ossia alimenti frutto delle
moderne biotecnologie, e infine alimenti
funzionali, ossia prodotti capaci di promuovere
effetti positivi per la salute.
Numerosissimi sono i componenti o gli ingredienti
che si possono impiegare per
formulare un prodotto funzionale.
Antiossidanti, probiotici, prebiotici, fibra
alimentare, minerali, acidi grassi polinsaturi
e altri fitoelementi sono tipici composti
funzionali che vengono aggiunti nelle
più diverse formulazioni alimentari
(Young, 1996).
Inulina e frutto-oligosaccaridi
Tra i vari componenti funzionali, inulina e
frutto-oligosaccaridi (FOS), vengono definiti
prebiotici in quanto, sfuggendo alla digestione
del primo tratto gastrointestinale,
vengono fermentati nel grosso intestino
MAGGIO 2006 MOLINI
d’Italia
19
dove stimolano selettivamente la
crescita e/o l’attività di alcune specie
microbiche endogene (bifidobatteri
e batteri lattici), favorendo
così lo stato di salute dell’ospite
(Gibson G.R., 1999). I requisiti fondamentali
di queste sostanze sono
quindi la resistenza all’acidità gastrica
e alla digestione da parte del
pool enzimatico e dunque l’impossibilità
di essere assorbite nel tratto
gastroenterico, nonché la selettività
nell’induzione della crescita e/o dell’attività
di specie microbiche già
presenti nell’intestino dell’ospite.
Dal punto di vista chimico i fruttooligosaccaridi
(FOS) sono polimeri
del fruttosio con una molecola di
glucosio in posizione terminale. In
funzione della lunghezza della catena
fruttosidica si distinguono appunto
i FOS, con un grado di polimerizzazione
(DP) medio inferiore a
9, e l’inulina che presenta un DP superiore
a 9. I FOS presentano circa il 30% del potere
dolcificante del saccarosio ed un valore
calorico di circa 1.5 kcal/g.
“
Il consumo di
frutto-oligosaccaridi
sembra promettente
nel controllo
del metabolismo
lipidico
”
Questi oligosaccaridi si ottengono prevalentemente,
per estrazione con acqua, da
alcune fonti vegetali particolarmente ricche
quali le radici di cicoria ed il topinambur.
Sono presenti in quantità discrete anche
in aglio, cipolla, carciofi e nei cereali,
in particolare nelle cariossidi immature,
ovvero a livello di maturazione lattea (granella
immatura). L’effetto funzionale più
rilevante del consumo di prebiotici riguarda
l’aumento delle cariche di bifidobatteri
(Gibson et al., 1995); oltre agli effetti specifici
sull’ecosistema intestinale l’impiego
Figura 1 - Caratteristiche compositive della granella immatura di frumento duro.
dei prebiotici sembra promettente anche
in termini di prevenzione e/o nella terapia
di diverse patologie a carico del grosso intestino
ed anche nel controllo del metabolismo
lipidico (Gibson et al., 2004).
I cereali: fonte naturale di FOS
Da alcuni anni i cereali immaturi sono oggetto
di studi in quanto fonte naturale di
FOS. Studi (D’Egidio et al., 1997) sull’accumulo
di questi composti nei cereali hanno
individuato nella specie e nell’ambiente
i fattori principali che influenzano la
produzione di tali oligomeri. Elevate temperature
nel periodo post-antesi inducono
una rapida diminuzione dei FOS; basse
temperature, invece, determinano un rallentamento
del metabolismo della pianta
e favoriscono un surplus di saccarosio che
viene immagazzinato sotto forma di FOS,
confermando il ruolo degli stessi come
carboidrati di riserva (Chatterton et al.,
1989;Tognetti et al., 1989).
Le cariossidi di frumento, e in particolare
di frumento duro, raccolte allo stadio di
maturazione lattea (circa 15 giorni dopo
la fioritura) sono dunque un prodotto na-
turale ricco in FOS, che si propone come
materia prima interessante per la produzione
di alimenti funzionali.
Le cariossidi
di frumento duro,
raccolte circa 15 giorni
dopo la fioritura,
sono ricche
di frutto-oligosaccaridi
(FOS)
Oltre a rappresentare una fonte naturale
di FOS, le cariossidi immature sono caratterizzate
da un più basso tenore in amido
e in amilosio, a cui fa riscontro un più elevato
contenuto in fibra alimentare e in
zuccheri semplici, nonchè una più elevata
attività α-amilasica, parametri che indicano
dunque una intensa attività metabolica
(D’Egidio e Cecchini, 1998).
La maturazione è associata ad un aumento
della quantità di amido totale e ad una
diminuzione del quantitativo di FOS e di
zuccheri solubili.
MAGGIO 2006 MOLINI
d’Italia
“
”
21
Figura 2 - Caratteristiche dell’amido presente nella granella immatura di frumento.
Al contrario le proteine totali non mostrano
variazioni dal punto di vista quantitativo
ma solo a livello qualitativo/conformazionale;
nelle cariossidi immature infatti
risulta prevalente la frazione proteica
idrosolubile (albumine)
mentre è piuttosto limitato il livello
di gliadine e glutenine. Questa
diversa composizione proteica, è
associata ad una peculiare composizione
amminoacidica, caratterizzata
da una più equilibrata composizione
in amminoacidi essenziali
(Nardi et al., 2003) e in particolare
da un più elevato tenore in lisina,
superiore di circa il 30% rispetto
alla granella a maturazione commerciale.
Infine, le proteine insolubili,
gliadine e glutenine, allo stadio
di “maturazione lattea” non
sono ancora in grado di strutturarsi
nel complesso del glutine (D’Egidio
e Cervigni, 1999; Bonomi et
al., 2004) (figura 1).
È inoltre interessante sottolineare
i cambiamenti a carico del-
l’amido che sono rilevabili durante
la maturazione della ca-
riosside. Studi di microscopia ottica
(D’Egidio et al., 2005) hanno messo in
evidenza variazioni nelle dimensioni dei
granuli d’amido in funzione del grado di
maturazione del chicco. Si è osservato
infatti che nei chicchi a
maturazione completa è presente
una numerosa popolazione di
granuli di piccole dimensioni (figura
2), conformazione che potrebbe
favorire l’accessibilità enzimatica,
in quanto gli enzimi
amilolitici disporrebbero di una
maggiore superficie d’attacco;
nelle cariossidi immature, invece,
i granuli appaiono più grossi e
quindi verosimilmente meno accessibili
agli enzimi digestivi
(D’Egidio et al., 1996), caratteristica
che potrebbe ridurre l’impatto
glicemico di prodotti formulati
con questa materia prima.
La GI nella produzione
di paste
L’impossibilità di creare il reticolo
glutinico impedisce l’utilizzo della GI
(granella immatura) da sola per la produzione
di alimenti base a largo consumo,
quali ad esempio la pasta, mediante i
Figura 3 - Caratteristiche compositive dei prodotti sperimentali con integrazione di GI a confronto con quelle di
paste commerciali.
MAGGIO 2006 MOLINI
d’Italia
23
normali processi di trasformazione. L’arricchimento
mediante questi sfarinati di
semole commerciali ha permesso tuttavia
di valorizzare la GI nella produzione
di paste con interessanti proprietà funzionali.
“
Figura 4 - Comportamento in cottura dei prodotti sperimentali ottenuti con integrazione di GI a confronto
con quello di paste commerciali.
Le paste arricchite
di granella immatura
(GI) evidenziano
un comportamento
in cottura
comparabile
con le paste
ottenute
da sola semola
Sono state studiate formulazioni per la
produzione di pasta secca, utilizzando
GI di frumento duro (cv Duilio) nell’integrazione
al 30% di una semola commerciale
di riferimento con buone qualità
pastificatorie.
24
MOLINI
d’Italia
”
La pasta, formato spaghetto del diametro
di 1.65 mm, è stata ottenuta secondo
un processo di pastificazione convenzionale.
L’essiccazione è stata condotta
adottando, sia un ciclo a bassa temperatura
(LT) (Tmax= 50°C) che ad alta temperatura
(HT) (Tmax= 90°C). Le caratteristiche
delle paste integrate sono state
confrontate con quelle della pasta ottenuta
da sola semola nelle stesse condizioni
sperimentali di pastificazione.
Paste sperimentali:
colore e suscettibilità termica
Nei campioni di pasta secca sperimentale,
l’aggiunta della granella immatura è associata
ad interessanti ed in parte attesi
cambiamenti sia di aspetto sia compositivi.
L’integrazione con GI provoca variazioni
sensibili nel colore degli spaghetti:
in particolare vi è una netta diminuzione
dell’indice di giallo e un aumento dell’indice
di bruno e di rosso. I parametri di
colore appaiono fortemente influenzati
non solo dalle caratteristiche della materia
prima, ma anche dalle condizioni ap-
plicate nei diagrammi di essiccazione.
L’effetto negativo più vistoso
è osservabile negli spaghetti
essiccati HT, che raggiungono
elevati valori di indici di
bruno e di rosso, paragonabili a
quelli rilevati nelle paste integrali
commerciali. Questi risultati
suggeriscono che le miscele di
semola arricchite con GI, materia
prima caratterizzata da una
rilevante quota di zuccheri riducenti
e da un’intensa attività αamilasica
(7.5 UI/g s.s.), abbiano
un’elevata suscettibilità al danno
termico.
L’effettiva entità del danno termico
dei campioni di pasta integrata
al 30% con GI ed essiccata
con diagramma HT è evidenziata
dai valori di furosina riscontrati
(755 mg di furosina/ 100 g di
proteine), che permettono di stimare
perdite di lisina disponibile
superiori al 30% (Resmini et al., 1990;
Resmini e Pellegrino, 1994).
Le caratteristiche compositive dei prodotti
sperimentali integrati con GI sono
state confrontate con quelle valutate in
due prodotti commerciali, una comune
pasta integrale ed un prodotto destinato
all’alimentazione dei diabetici, caratterizzato
da un contenuto dichiarato in fibra
del 15%, di cui inulina 2%.
I risultati riportati in figura 3 mostrano che
l’integrazione con GI determina, come atteso,
un abbassamento del contenuto in
amido totale. D’altra parte, nelle paste
commerciali arricchite in fibra tale componente
è presente in quantità ancora più ridotte.
La pasta integrata con GI risulta
inoltre più ricca in fibra totale della pasta
sperimentale di sola semola, sebbene non
si raggiungano le quantità presenti nei
campioni integrali commerciali. Particolarmente
interessante è il contenuto in
FOS nei prodotti sperimentali: la percentuale
di questa frazione raggiunge livelli
pari al 5.2 % s.s., del tutto comparabili a
quelli presenti nel campione per diabetici
addizionato di inulina.
MAGGIO 2006
Figura 5 - Digeribilità dell’amido in vitro nei prodotti sperimentali ottenuti con integrazione di GI a confronto con
quella di paste commerciali.
Comportamento alla cottura
In merito agli effetti dell’integrazione con
GI sulle caratteristiche di qualità in cottura,
valutate in condizioni sperimentali
standardizzate (D’Egidio et al., 1993), le
paste sperimentali evidenziano nel complesso
un comportamento in cottura del
tutto comparabile con quelle ottenute da
sola semola. Per le formulazioni integrate
tuttavia si è osservato un lieve scadimento
del parametro “nerbo”, imputabile probabilmente
al fatto che l’aggiunta di GI alla
semola comporta una riduzione del tenore
in glutine e, contemporaneamente, un
aumento del contenuto in fibra, caratteristica
che indebolisce ulteriormente il reticolo
proteico.
Nelle paste sperimentali inoltre si è rilevato
un miglior comportamento in cottura
nei campioni essiccati HT rispetto a quelli
LT; questo risultato è da mettere in relazione
alle note modificazioni che le alte temperature
inducono a livello della frazione
proteica (Resmini e Pagani, 1982).
Relativamente alle paste commerciali, la
pasta di semola integrale ha avuto un giu-
dizio comparabile a quello delle paste
sperimentali arricchite di GI, mentre il prodotto
specifico per diabetici si è mostrato
di qualità nettamente inferiore a tutti i
campioni esaminati soprattutto per la
spiccata collosità.
Sia i campioni commerciali contenenti
inulina sia quelli sperimentali hanno mostrato
un calo nel quantitativo di FOS
mantenuto dopo cottura: tuttavia, sebbene
la cottura comporti una perdita in
FOS dai prodotti integrati di entità pari al
30-35%, la frazione di questi composti
ancora presente nel prodotto al momento
del consumo risulta essere, per una comune
porzione di pasta di 80 g, pari a circa
1 g. Questa quantità, per quanto limitata,
potrebbe essere comunque in grado
di indurre effetti prebiotici, se si considera
il diffuso consumo di pasta alimentare
da parte della popolazione italiana (Turrini
et al., 2001).
La digeribilità dell’amido
La valutazione delle proprietà nutrizionali
in relazione alla digeribilità dell’amido è
stata focalizzata solo sui campioni
essiccati LT, caratterizzati, come
già discusso, da un minor
danno termico.
Nella figura 5 sono riportate le
cinetiche di digeribilità in vitro
della frazione amilacea nei campioni
oggetto di studio, ottenute
secondo la procedura proposta
da Brighenti (1995). E’ evidente
come l’aggiunta del 30% di GI
comporti una diminuzione significativa
(p
prodotto sperimentale integrato con GI
sono risultati tuttavia lievemente superiori,
ma non significativamente diversi, sia
rispetto agli analoghi di sola semola sia rispetto
a quelli ottenuti per le paste commerciali,
classificando comunque il prodotto
integrato tra gli alimenti a mediobasso
indice glicemico (Casiraghi et al.,lavoro
in preparazione).
La differenza tra i risultati di accessibilità
enzimatica ottenuti in vitro e le risposte
glicemiche osservate in vivo è probabilmente
da attribuire alla minore tenacità
della maglia proteica del prodotto integrato
con GI rispetto al prodotto convenzionale.
La GI presenta infatti proteine
“immature”, incapaci di strutturarsi nel
complesso glutinico. L’integrazione con
questa materia prima può quindi aver reso
meno compatto il reticolo proteico della
pasta integrata, rendendo i granuli d’amido
più accessibili durante il reale processo
digestivo. Questo meccanismo può, a sua
volta, aver minimizzato l’effetto di rallentamento
della digestione dovuto alla
conformazione dei granuli d’amido della
GI, di dimensioni maggiori rispetto a
quelli del frumento maturo e, quindi,
aventi minor superficie disponibile all’attacco
enzimatico.
I risultati degli studi
L’insieme dei risultati degli studi compiuti
per valorizzare l’impiego della granella
immatura come ingrediente per la formulazione
di alimenti funzionali dimostra che
nei convenzionali processi di pastificazione,
basati sulla formazione di una struttura
glutinica continua e integra, è possibile
l’utilizzo di GI in miscela con sfarinati di
frumento in percentuale fino al 30%.
E’ importante sottolineare che questo approccio
permette l’arricchimento di prodotti
“convenzionali e tradizionali” come
la pasta, con componenti funzionali (FOS e
fibra) senza ricorrere all’aggiunta di ingredienti
“estranei” al chicco ma sfruttando le
caratteristiche intrinseche della stessa materia
prima.
In merito alle condizioni operative, in particolare,
appare opportuno al momento
applicare diagrammi di essiccazione a
bassa temperatura (temperature inferiori
ai 50°C). Queste condizioni, infatti, non
solo inducono una particolare organizzazione
strutturale dei granuli d’amido associata
nella pasta cotta ad una più lenta digeribilità
in vitro di tale costituente, ma
consentono anche di contenere il danno
termico correlato alla reazione di Maillard.
La pasta arricchita con GI, infatti, è un sistema
particolarmente suscettibile a tale
reazione in quanto presenta un elevato tenore
in lisina e in zuccheri riducenti (sia
costituzionali che di neo-formazione a seguito
dell’azione dell’α-amilasi).
Una problematica emersa in queste indagini,
e attualmente oggetto di studio, è
rappresentata dalla solubilizzazione e dalla
conseguente parziale perdita dei FOS
durante la cottura in acqua, fenomeno che
riduce il potenziale valore funzionale dell’alimento
arricchito.
Per ovviare a tale risultato, sono attualmente
in corso prove mirate a verificare se
particolari trattamenti fisici condotti direttamente
sulle cariossidi di GI (quali ad es.
la parboilizzazione, seguita da fasi prolungate
di raffreddamento) prima della loro
trasformazione in sfarinato, siano in grado
MAGGIO 2006 MOLINI
d’Italia
29
di ridurre l’accessibilità enzimatica dell’amido
mediante una maggior strutturazione
dello stesso, migliorando ulteriormente
le proprietà funzionali del prodotto
finito, anche a seguito della possibile formazione
di una quota consistente di amido
resistente.
L’aggiunta di GI nella pasta fresca
Altra opportunità, oggetto attualmente di
studio, potrebbe essere l’utilizzo preferenziale
della GI nella produzione di pasta
fresca, che potrebbe permettere di limitare
drasticamente le perdite di FOS nell’acqua
di cottura data la brevissima durata di
tale operazione per questa tipologia di
prodotto.Tuttavia, le peculiari caratteristiche
di porosità della pasta fresca (la cui
formatura non avviene mediante estrusione
sotto pressione ma per laminazione),
associate alla gelatinizzazione dell’amido
indotta dai trattamenti termici di successiva
pastorizzazione del prodotto, potrebbero
favorire una più rapida idrolisi enzimatica
dell’amido, non permettendo dunque
di esaltare le peculiari caratteristiche
dell’amido presente nelle cariossidi immature
di frumento.
Relazione presentata al III Pasta World
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Young J. 1996.A perspective on functional foods. Food Sci
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Disponibilità di materiali, macchine, linee e ricambi d’occasione nello stato, revisionati e/o rimessi a nuovo dallo stoccaggio delle materie prime all’imballaggio,
per pasta di semola, speciale e/o ripiena.
d’Italia 31
MAGGIO 2006 MOLINI
Prevenire il rischio di contaminazione da micotossine
Sicurezza dei cereali: un sistema
sperimentale di controllo nei sili
Il rilevamento
della temperatura
può costituire
un mezzo efficace
di controllo
per la corretta
conservazione
della derrata.
Il sistema qui esposto
ha riguardato l’ideazione,
lo studio di fattibilità
e la realizzazione
di un sistema
di monitoraggio
della temperatura
dei cereali insilati.
a CRA - Istituto Sperimentale per la
Cerealicoltura, Via Cassia 176, Roma
b Molino Polselli, Arce (FR)
di G. Aureli a , R. Brandini a , D. Polselli b , E. Polselli b , A. Bucarelli c , M. G. D’Egidio a
c I.R.S.A.M. - Istituto Ricerca S. Alberto Magno
Safety of cereals: an experimental system for silos control
In questi ultimi anni viene posta sempre
maggiore attenzione ai temi riguardanti
la sicurezza alimentare e la sanità
delle derrate, entrambi legate principalmente
all’aspetto igienico-sanitario ed alle
caratteristiche proprie della materia prima,
con ricadute significative sia sulle trasformazioni
tecnologiche sia sulla qualità dei
prodotti finiti.
A tale riguardo, assume una particolare importanza
la prevenzione del rischio di contaminazione
da micotossine,sostanze naturali
sintetizzate da alcune specie di funghi tossigeni,
le quali, a seguito dell’ingestione di
alimenti contaminati, possono causare effetti
tossici sugli animali e sull’uomo.
La presenza di micotossine nelle materie
prime vegetali,come conseguenza di contaminazione
fungina di colture in pieno campo
e/o di derrate in fase di conservazione (o
trasformazione), rappresenta tuttora un
grave problema sanitario.
Dai dati forniti dalla FAO risulta che circa il
25% dei raccolti di tutto il mondo risulta essere
contaminato, con una ricaduta economica
negativa che è stata valutata dell’ordine
di molti miliardi di dollari.Negli Stati Uniti
la perdita annuale dovuta a derrate contaminate
supera i 400 milioni di dollari (Tonelli,
2001; Battilani et al., 2005).
I cereali come fonte
di esposizione alle micotossine
Fra le derrate alimentari di origine vegetale
i cereali rappresentano una delle matri-
ci a più alto rischio di contaminazione da
micotossine, qualora si instaurino le condizioni
idonee per la produzione e l’accumulo
delle stesse, non solo in campo ma
lungo tutte le fasi della filiera (produzione,
conservazione e trasformazione). L’infezione
delle piante da parte di funghi patogeni
durante la coltivazione può comportare
la permanenza dei funghi stessi (e/o
delle micotossine da essi prodotte) non
solo nella materia prima tal quale (cariossidi,
sfarinati, mangimi) ma anche nei prodotti
finiti (pane e pasta). Pertanto, considerato
l’ampio consumo nell’alimentazione
umana, i cereali assumono un ruolo
tutt’altro che trascurabile nell’apporto di
sostanze tossiche direttamente al consumatore.
A tale riguardo, ed a titolo di
esempio, uno studio volto alla determinazione
del livello di esposizione della popolazione
europea all’ocratossina A (OTA),
ha evidenziato una contaminazione pari
al 55% delle matrici cerealicole esaminate
tramite le quali il contributo all’assunzione
di tale tossina risulta essere pari al
50% del totale (Miraglia et al., 2003).
La gestione del rischio
Attualmente la gestione del rischio dovuto
all’esposizione verso sostanze tossiche di
origine fungina viene affrontato sia con
l’adozione di adeguati sistemi di prevenzione,
sia attraverso la definizione dei limiti
massimi di concentrazione consentiti
nelle varie matrici alimentari. Considerata
MAGGIO 2006 MOLINI
d’Italia
33
la generale stabilità delle micotossine, e la
resistenza di tali molecole ai trattamenti
termici e chimici, il mezzo più efficace per
gestire il rischio di contaminazione risulta
essere l’azione preventiva applicata a tutta
la filiera produttiva.
Per quanto riguarda le condizioni di campo,
fattori come le pratiche agronomiche
adottate, l’andamento stagionale nelle
zone di produzione (in particolare quantità
e frequenza delle piogge) ed il grado di
suscettibilità varietale all’infezione fungina
costituiscono elementi fortemente condizionanti
l’entità e la diffusione della
contaminazione nei raccolti. La conservazione
delle derrate cerealicole, inoltre, può
rappresentare una fase delicata dal punto
di vista del mantenimento della sanità
delle derrate stesse, qualora le condizioni
di conservazione non siano ottimali e permettano,
quindi, l’instaurarsi e/o il progredire
dello sviluppo fungino con possibilità
di produzione ed accumulo di metaboliti
tossici nella matrice.
A tale scopo il controllo di alcuni parametri
fisici come temperatura ed umidità risulta
essere fondamentale per la corretta gestione
della conservazione dei cereali. In
relazione all’umidità, in particolare, è soprattutto
il mantenimento dell’attività dell’acqua
(aw) delle derrate al di sotto del va-
lore “soglia” (aw=0,70) che fornisce le
maggiori garanzie di prevenzione dello sviluppo
fungino (Magan et al., 2000; Bottalico,
2002). L’attività dell’acqua, come noto,
rappresenta la quota attiva (acqua libera)
del contenuto di umidità totale del substrato,
ad una data temperatura, che può
essere effettivamente utilizzata dai vari microrganismi
presenti sul substrato stesso
per le proprie funzioni metaboliche (es.:
sviluppo e moltiplicazione).
La “respirazione” della derrata
I cereali, ad eccezione del mais, non vengono
generalmente essiccati (o condizionati)
ad umidità uniforme e possono avere
tassi di umidità assoluta variabili, in genere
dal 9 al 16%, con valori di temperatura
generalmente compresi tra i 18 ed i
45°C. In tali condizioni la “respirazione”
della derrata cerealicola durante la fase di
conservazione può non attenuarsi, e ancor
meno bloccarsi; in concomitanza
quindi di idonei valori di umidità, temperatura
e tasso di respirazione della matrice,
può verificarsi la formazione di fenomeni
di condensa lungo le pareti della
struttura di conservazione (es.: silos) che,
come noto, possono costituire di per sé
zone di proliferazione microbica facil-
Figura 1 - Temperature medie (gennaio - novembre 2005)
Il rilevamento “ dell’aumento
della temperatura
nel silos
può costituire
un segnale
per effettuare
un controllo
delle condizioni
di conservazione
mente estensibili alla massa dell’insilato
con conseguenze dannose sulla qualità e
sanità dello stesso.
Un aspetto importante riguardante le derrate
conservate è costituito dalla progressiva
rarefazione dell’ossigeno e dall’aumento
di anidride carbonica durante la
permanenza nel silos. Infatti, a seguito
dell’immissione della massa nel silos, ed
all’instaurarsi dell’attività respiratoria sopra
accennata, può verificarsi un rapido
consumo di ossigeno con produzione di
anidride carbonica, acqua e calore e con
conseguente perdita di peso: si valuta che
in un mese un cereale con un tasso di umidità
al 15% e conservato alla temperatura
di 30°C, perda circa lo 0,30% in peso
MAGGIO 2006 MOLINI
d’Italia
”
35
mentre alla temperatura di 10°C la perdita
non superi lo 0,02%. Gran parte delle
perdite in peso dei cereali nel corso della
loro conservazione sono riconducibili allo
sviluppo ed all’accumulo di calore nella loro
massa: si valuta che le perdite dovute
alle conseguenze dell’accumulo di calore
nei cereali superino il 10-15% nel corso di
una stagione (Zanotti, 2002).
All’accumulo di calore possono concorrere
fattori interni (es.: la respirazione) ed
esterni (es.: irraggiamento delle pareti
esterne del silos). Pertanto, il rilevamento
di un eccessivo aumento di temperatura
può costituire, di per sé, un segnale attendibile
per una attenta valutazione ed un
effettivo controllo delle condizioni di conservazione
in atto.
Attività sperimentale
Lo svolgimento dell’attività
sperimentale ha riguardato
l’ideazione, lo studio di fattibilità
e la realizzazione di un sistema
di monitoraggio per il rilevamento
della temperatura dei
cereali insilati.
La sperimentazione suddetta,
svolta nell’ambito di un progetto
M.I.U.R. (D.M. 593 dell’8
agosto 2000), è stata realizzata
nell’impianto industriale del
Figura 2 - Temperature massime (gennaio - novembre 2005)
Temp. (°C)
Molino Polselli di Arce (FR) (vedi riquadro
a pagina 45, ndr).
La struttura del molino è costituita da 22
singole celle, adiacenti l’una all’altra, ciascuna
delle quali disposta con diverso
orientamento ed esposizione rispetto all’ambiente
esterno.
Per la realizzazione del sistema di controllo
della temperatura, su ciascuna delle 22
celle sono state installate 10 sonde di rilevamento;
le sonde medesime sono state
allineate in senso verticale lungo la parete
di ogni cella, e posizionate ad una distanza
di circa 2 metri l’una dall’altra. Sono
stati quindi individuati 10 livelli (strati di
materiale), dal livello 1 (estremità superiore
della cella) al livello 10 (estremità inferiore
della cella).
La Sae Engineering srl, ha fornito le sonde
per il controllo della temperatura all’interno
della massa di cereale insilato ed ha
realizzato un software di acquisizione e
gestione dei dati in grado di:
acquisire in continuo i dati ed effettuare
una elaborazione di base degli stessi in
modo completamente automatizzato;
selezionare e rappresentare graficamente
le informazioni richieste dall’operatore
al fine di ottenere una rapida
visualizzazione dei valori di temperatura
sia delle diverse celle contemporaneamente
(di tutte o solo di alcune a
scelta) che dei livelli delle medesime.
Il programma suddetto, attualmente in
funzione presso il Molino Polselli, messo a
punto ed adattato alle esigenze della strut-
Figura 3 - Temperature massime (gennaio - novembre 2005)
MAGGIO 2006 MOLINI
d’Italia
Celle
37
tura molitoria sulla base delle indicazioni
ricevute, è caratterizzato da una procedura
di registrazione (in continuo) dei dati che
permette l’interrogazione del sistema relativamente
a periodi brevi (monitoraggio
giornaliero), medi (monitoraggio mensile)
e lunghi (monitoraggio su più mesi) con relativa
visualizzazione grafica del risultato
dell’interrogazione medesima.
Risultati: temperature
e stratificazioni
L’acquisizione e l’elaborazione dei dati,
realizzata su un periodo di 11 mesi (gennaio-novembre
2005) ha coperto tutte le
stagioni ed ha permesso di valutare l’andamento
delle temperature di tutti i livelli
di ciascuna cella attraverso la
registrazione dei valori massimi,
medi e minimi. In figura 1 (a pagina
35, ndr) sono riportati i valori
medi delle temperature, relative
ai singoli livelli di ogni cella
nel periodo considerato, dalla
quale appare evidente che in
tutti i livelli l’oscillazione dei valori
è piuttosto contenuta, dato
che è inferiore ai 9,0°C di differenza
(dai 17,5 ai 25,3°C).
Inoltre, è interessante notare il
diverso andamento dei dati relativi
ai livelli estremi delle celle:
mentre per lo strato inferiore
40
MOLINI
d’Italia
Figura 4 - Temperature minime (gennaio - novembre 2005)
Temp. (°C)
(livello 10) l’oscillazione è compresa fra i
18,3 ed i 25,3°C, i valori relativi allo strato
superiore (livello 1) vanno dai 17,5 ai
20,1°C; in ogni caso, soltanto i livelli dal 6 al
10 si avvicinano o superano i 22,0°C (zona
cerchiata). Tale diverso andamento può trovare
forse giustificazione nel fatto che gli
strati inferiori risentono maggiormente della
pressione esercitata dalla massa sovrastante
con conseguenze negative anche sulla dispersione
di calore la quale, invece, sarebbe
maggiormente favorita negli strati più alti.
Per quanto riguarda, invece, la maggiore
ampiezza dell’oscillazione delle temperature
negli strati inferiori è verosimilmente attribuibile
soprattutto all’effetto dovuto alla
movimentazione (es.: svuotamento parziale
delle celle) del cereale insilato.
Le temperature “critiche”
Di particolare interesse è la valutazione
dell’andamento delle temperature massime
nel periodo considerato le quali, come
già accennato,rappresentano l’aspetto più
significativo e “critico” ai fini della sicurezza
delle derrate in fase di conservazione.
Nella figura 2 si può osservare che la media
dei valori massimi risulta compresa fra
i 29,0 ed i 39,7°C mentre sono indicate
(aree cerchiate) le celle nelle quali, a tutti i
livelli, sono state registrate le temperature
massime superiori ai 30,0°C.A tale riguardo,
e con riferimento al confronto dei vari
livelli di ciascuna cella, si può osservare
che la cella 9 presenta la minore oscillazione
dei valori intorno alla media mentre
Figura 5 - Temperature minime (gennaio - novembre 2005)
Celle
MAGGIO 2006
Figura 6 - Planimetria del Molino Polselli sulla base della media delle temperature massime di tutti i livelli di ogni cella
(gennaio - novembre 2005)
in tutte le altre celle tale oscillazione risulta
di ampiezza variabile. Da quanto illustrato
nella figura 3, nella quale sono riportate
le temperature massime degli
estremi opposti di ciascuna cella, cioè del
livello 1 (estremità superiore) e del livello
10 (estremità inferiore) e le medie dei valori
massimi di tutti i livelli, risulta evidente
che, ad eccezione delle celle 3, 5, 9, 10
e 13, le medie sono sempre uguali o superiori
ai 30°C e che la tendenza ai valori più
alti appare più marcata nell’area del molino
compresa fra le celle 14 e 19 (area cerchiata);
nella stessa area, infatti, si evidenzia
il maggiore rialzo termico rispetto alle
celle circostanti, con valori massimi raggiunti
nel livello 1 (38,4°C) e nel livello 10
(40°C) della cella 17.
L’andamento delle temperature minime
registrate in tutti i livelli delle celle sono illustrate
nelle figure 4 e 5. Nella prima figura
si può notare che la tendenza ai valori
medi più bassi si registra nella zona
compresa fra le celle 17 e 22 (area cerchiata)
con l’eccezione della cella 18 situata
in posizione interna e, quindi, senza
pareti esposte all’esterno; la minore oscillazione
dei dati intorno al valore medio è
osservabile nella cella 21 nella quale, tra
l’altro, tale valore risulta essere il più basso.
In figura 5, relativa alle temperature
minime dei livelli degli estremi opposti (livello
1 e 10) di ciascuna cella ed alla media
di tutti i livelli, è sufficientemente evi-
denziabile che nella zona compresa fra le
celle 17 e 22 (zona cerchiata), ad eccezione
della cella 18, la temperatura minima
del livello più alto (livello 1) non supera
mai il valore di 2,6°C. Dall’insieme dei dati
riportati nelle figure 2, 3, 4 e 5 sembra possibile
individuare una “zona” del molino,
compresa fra la cella 14 e la cella 22, nella
quale le temperature massime raggiungono
i valori più alti ed i valori medi delle stesse risultano
essere comunque sempre superiori
ai 30°C, mentre le temperature minime raggiungono
i valori più bassi.Tale “zona”, appare
caratterizzata, quindi, da una maggiore
variabilità riguardo alla distribuzione ed
agli scambi di calore, e di conseguenza soggetta
ad escursioni termiche più ampie rispetto
al resto della struttura.
La “mappa termica”
Pertanto, sulla base dei valori medi delle
temperature massime, registrate nei punti
monitorati del molino nel periodo di tempo
considerato, è stato possibile predisporre
una “mappa termica” delle celle
costituenti l’intera struttura molitoria, illustrata
nella figura 6, nella quale la differente
colorazione delle celle si riferisce ai
diversi intervalli di temperatura massima
(media dei 10 livelli) raggiunti da ciascuna
di esse. La diversa predisposizione delle
singole celle al rialzo termico può essere
verosimilmente attribuita a più fattori
quali, ad esempio, l’orientamento, la posizione
nell’ambito della struttura (presenza
o assenza di pareti esterne), lo stato di
riempimento e la frequenza di movimentazione
dei cereali all’interno di ogni cella.
La corretta gestione del molino
Sulla base di risultati ottenuti si può concludere
che un sistema di rilevamento ed
elaborazione dati, quale quello presentato,
si dimostra idoneo per una gestione più
consapevole del molino, in particolare riguardo
ai seguenti aspetti:
individuazione dei "punti critici" del silos,ossia
quelle strutture (celle) o parti di
esse (livelli) maggiormente a rischio per
quanto riguarda i fenomeni di riscaldamento
delle derrate in esse contenute;
valutazione dell'entità dell'oscillazione
(medio, massimo e minimo) dei valori di
temperatura delle derrate, in relazione
ai periodi stagionali ed alla disposizione
delle singole strutture o parti di esse
nell'ambito del silos;
rilevamento, in tempo utile, di valori
anomali di temperatura ai fini dell’intervento
tempestivo (es.: movimentazione
delle derrate) per prevenire il danneggiamento
degli insilati.
In conclusione, si può affermare che il monitoraggio
delle temperature, applicato su
impianti industriali come, appunto, una
struttura molitoria, può rappresentare un
MAGGIO 2006 MOLINI
d’Italia
43
Il molino sede della sperimentazione
La Polselli SpA, fondata nella prima metà del novecento, con sede in Arce (FR), si sviluppa
su una superficie di circa 25.000 mq ed è dotata di un impianto di macinazione,
con una potenzialità produttiva di 3.000 q.li al giorno, e di un impianto di stoccaggio
per le materie prime (70.000 q.li) e per i prodotti finiti (35.000 q.li).
L’azienda è fornita di una moderna ed ampia struttura che, grazie ad uno stretto rapporto
di collaborazione con Istituti di ricerca ed aziende leader nella costruzione e sviluppo
di impianti per l’industria molitoria, viene costantemente migliorata ed adattata
alle necessità dell’industria alimentare.
La Polselli SpA, certificata ISO 9001-2000, pone particolare attenzione alla qualità dei
propri prodotti.La gamma completa di farine,capace di soddisfare ogni esigenza sia del
consumatore finale che dell’industria di trasformazione, vanta una linea completa di
prodotti destinata alla produzione di pane, pizza, pasta fresca, dolci e biscotti.
mezzo efficace di controllo delle condizioni
di mantenimento delle derrate ai fini del
miglioramento della qualità delle materie
prime in fase di conservazione. Occorre
sottolineare che, se da un lato sussistono
fattori esterni che sono “ineluttabili” come,
ad esempio gli effetti dovuti alla variabilità
del clima durante le varie stagioni e
durante le diverse annate, dall’altro vi so-
no fattori interni al sistema di stoccaggio
che sono determinati dall’“operatore” e
che, in un’ottica di “gestione oculata”
possono essere modificabili, e quindi controllabili,
anche con un sistema di controllo
di base qui illustrato. E’ comunque opportuno
sottolineare che la realizzazione
di un sistema di monitoraggio delle temperature
nell’ambito di una struttura indu-
striale rappresenta solo una prima tappa
di un percorso che ha come obiettivo finale
il controllo di altri parametri importanti
ai fini della prevenzione della contaminazione
microbica, come ad esempio, l’attività
dell’acqua.
Bibliografia
Tonelli G., 2001. Le micotossine nella filiera dei cereali.
Tecnica Molitoria: (4) 388-390.
Battilani P., Pietri A. e Piva G., 2005. Micotossine, dal campo alla
tavola. L’informatore agrario: (12), 7-11.
Miraglia M., Brera C., Debegnac F, Grossi S., 2003. I cereali come
fonte primaria di esposizione all’ocratossina A da parte della
popolazione europea: i risultati della SCOOP TASK 3.2.7”.
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Zanotti, 2000. La refrigerazione nella conservazione dei cereali.Tecnica
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MAGGIO 2006 MOLINI
d’Italia
45
“Made in Italy” tra stili di vita e contraffazioni
L’industria alimentare italiana
e gli obiettivi per essere competitivi
Il Presidente di
Federalimentare,
Luigi Rossi di Montelera,
all’Assemblea annuale,
analizza lo
“stato di salute”
del comparto
produttivo italiano
e delinea le strategie
per il consolidamento
del settore
agroalimentare.
a cura della Redazione
The Italian food industry: strategies to remain competitive
Nella cornice di Cibus 2006, il Salone
Internazionale dell’Alimentazione,
la più prestigiosa vetrina
del Made in Italy alimentare nel nostro
Paese, Federalimentare conferma il suo
impegno per la sicurezza e la qualità dei
prodotti alimentari e presenta le sue proposte
programmatiche al nuovo Parlamento.
Qui di seguito riportiamo, in sintesi,
la Relazione del Presidente di Federalimentare:
Luigi Rossi di Montelera analizza
lo “stato di salute” del comparto produttivo
italiano alla luce di quanto avvenuto
in questi ultimi cinque anni nel nostro
Paese, in Europa e nel mondo, e delinea
le possibili strategie che dovranno
permettere il consolidamento del settore
agroalimentare italiano.
Crescita della produzione
La fotografia dell’industria alimentare italiana
che emerge dai più recenti dati 2005
è ritornata sostanzialmente positiva.
L’industria alimentare rimane uno dei pilastri
dell’economia nazionale.
Il fatturato ha toccato quota 107 miliardi
di euro, con un aumento del +1,9%
sull’anno precedente. Mentre la produzione
ha segnato una crescita del +0,9%, in
accelerazione rispetto al +0,5% del 2004.
Ma il trend di fondo della produzione
alimentare, in realtà, è stato ancora migliore.
In base agli indici corretti a parità di
giornate lavorative (che consentono confronti
omogenei con l’anno precedente),
la produzione dell’industria alimentare ha
raggiunto un aumento sul 2004 superiore,
pari al +1,7%. La spinta che sta dietro il
trend produttivo 2005 si spiega, in gran
parte, con la recente ripresa dei consumi
alimentari interni. I consumi alimentari
delle famiglie italiane hanno raggiunto
quota 193 miliardi di euro, con un incremento
sull’anno precedente del
+2,4%, in valuta corrente. Tale crescita,
tuttavia, rappresenta in parte un rientro,
dopo i cali del 2004.
Va sottolineato che il differenziale tra i
trend di produzione alimentare e
del totale industria è migliore, indipendentemente
dagli indici utilizzati, di 3
punti, nel confronto 2004-2005, mentre
supera i 13 punti, nel confronto
2000-2005. Sono “forbici” che la dicono
lunga, da un lato, sulle capacità anticicliche
del settore, e, dall’altro, sulla pesante
crisi strutturale attraversata fin qui dall’industria
del nostro Paese.
Contrazione dei prezzi
Tuttavia, i prezzi alimentari alla produzione
hanno continuato a contrarsi,
nel corso del 2005, con variazioni oscillanti
tra il -1,6% di gennaio e il +0,1% di
dicembre. Quest’ultima variazione ha visto
riaffacciarsi il segno “più” dopo tredici
mesi di ininterrotte flessioni. Il fenomeno
ha sottolineato più che mai il ruolo
calmieratore del settore. Si è perpetuata
la “forbice” tra andamento dei
MAGGIO 2006 MOLINI
d’Italia
47
prezzi alla produzione e al consumo
del settore, tra il -2,7% di gennaio e il
-0,7% di dicembre 2005.
Sono rimasti perciò, e in molti casi si sono
appesantiti, i problemi di tenuta dei
margini dell’industria, soprattutto delle
piccole aziende che hanno minore capacità
contrattuale di fronte alla distribuzione
moderna.
Ma il nostro settore mantiene intatte tutte
le potenzialità per confermare e rilanciare
il suo ruolo nell’economia del nostro Paese.
Questi punti di forza sono il valore del
Made in Italy, l'attenzione alla sicurezza
alimentare, il saper coniugare tradizione e
innovazione.Vediamole nel dettaglio.
La forza del Made in Italy
Noi siamo il vero Made in Italy alimentare
e continueremo a esserlo anche nei
prossimi anni. La crescita dell’export, nel
2005, ha registrato un positivo +2,7%,
superando il tetto dei 15 miliardi di euro,
pari a oltre il 14% del fatturato totale
del comparto.
Migliora notevolmente il saldo positivo
della bilancia commerciale, che ha raggiunto
quota 2,4 miliardi.Tuttavia, il trend
di crescita non risponde appieno alle potenzialità.
Esso risulta inferiore all’export
dell’industria italiana nel suo complesso
(+4,0%) e non è in linea con le performance
dei nostri concorrenti.
Il 4° Rapporto Federalimentare-Ismea, attualmente
in fase di ultimazione, dedicato
al Made in Italy, evidenzia che, se guardiamo
ai 10 “Campioni del Made in Italy alimentare”
(vino, pasta, formaggi, ortaggi
in scatola, olio di oliva, pane/dolci, salumi/insaccati,
frutta fresca, risi, succhi di
frutta, che insieme coprono il 60% del totale
export), il saldo complessivo delle loro
performance, negli ultimi 5 anni, è migliorato
del 4% annuo.
E soprattutto ha viaggiato in controtendenza
con quello generale del settore
agricolo ed industriale, che ha registrato
un peggioramento complessivo sempre al
ritmo, speculare, del -4% annuo. Ma se
guardiamo i 10 anni precedenti, lo stesso
I prodotti di marca ad elevato contenuto di qualità e tipicità, mostrano nell’export un trend di crescita
migliore rispetto ai prodotti indifferenziati.
gruppo di prodotti aveva corso, acquisendo
il vantaggio del quale ancora oggi godiamo,
con livelli di crescita a due cifre, pari
al +14%.
Paesi come la Francia, la Spagna, l’Australia,
lo stesso Belgio e l’Olanda insidiano
sempre più da vicino i nostri primati nel
settore alimentare, anche se lo studio dimostra
che lì dove la nostra specializzazione
è maggiore, i nostri concorrenti sono
meno numerosi e agguerriti.
“
Noi siamo il vero
Made in Italy
alimentare
e continueremo a
esserlo anche nei
prossimi anni
Sono, infatti, proprio i prodotti di marca
ad elevato contenuto di qualità e tipicità,
anche diversi da Dop e Igp, a mostrare
performance migliori rispetto ai
prodotti indifferenziati, posizionati su
segmenti medio bassi del mercato, dove
la concorrenza a livello di prezzi e di
costo della mano d’opera ci vede decisamente
perdenti.
Sicurezza alimentare
Un altro punto di forza del settore è dato
dall'attenzione dell’industria alimentare
nei confronti della sicurezza, che non è
mai stata così alta. Nell’ambito della sola
attività di autocontrollo vengono effettuate
oltre 1 miliardo di analisi l’anno, relative
alla sicurezza e qualità del prodotto.
L’onere derivante da queste attività è valutato
in circa 1.700 milioni di euro: una
somma pari all’1,7% del fatturato totale
del settore. Ai controlli interni, di routine,
ogni anno si aggiungono poi oltre 720 mila
visite ispettive pubbliche, con costi stimati
in 320 milioni di euro (0,3% del fatturato),
senza contare le attività permanenti
di verifica da parte di veterinari pubblici,
istituti zooprofilattici, guardia di finanza
e dogane. Nel complesso, quindi,
oltre il 2% del fatturato del settore industriale
alimentare - una cifra che supera
ampiamente i 2.000 milioni di euro - è impegnato
per garantire la sicurezza alimentare
e gli standard di qualità così elevati
dei nostri prodotti.
Ma tutto ciò non basta. Sono trascorsi ormai
tre anni da quando abbiamo avanzato
una richiesta chiara e netta per rendere
ancor più sicuro il sistema: “coordinare
MAGGIO 2006 MOLINI
d’Italia
”
49
meglio gli interventi e le competenze delle diverse autorità
locali e nazionali, migliorare l’efficienza nella comunicazione
tra i diversi organismi di controllo, garantire l’efficacia,
la trasparenza, l’affidabilità e l’indipendenza dei controlli
pubblici”. Dobbiamo prendere atto che si tratta di nodi a
tutt’oggi non ancora risolti.
“
Presenteremo
una proposta per ottenere
l'etichettatura nutrizionale
e salutistica
che fornirà al consumatore
una informazione
più completa
Etichettatura nutrizionale
Altrettanto alto è l’impegno dell’industria alimentare nel
dare risposte concrete alle nuove sensibilità del
consumatore. Negli ultimi anni, abbiamo iniziato una decisa
azione per contribuire ad affrontare le problematiche
emergenti relative al diffondersi del sovrappeso e dell’obesità.
A tal fine, abbiamo avviato con il Ministero dell’Istruzione
un Progetto che ha portato alla elaborazione delle
prime “Linee Guida per la scuola” dedicate alla diffusione
di una corretta alimentazione ed un adeguato movimento
fisico.
Non solo. A breve presenteremo una proposta per ottenere
l'etichettatura nutrizionale e salutistica che fornirà
al consumatore una informazione più completa e uno
strumento ulteriore per favorire le scelte di consumo.
Tradizione e innovazione
”
Sappiamo coniugare con crescente successo tradizione e
innovazione, destinando ogni anno il 2,6% del nostro
fatturato a alla ricerca applicata. Oggi, l’alimentare
classico (pasta, conserve, formaggi, vino) copre circa il
66% del fatturato totale mentre un altro 10% è assicurato
dai prodotti tipici e dal biologico. Questo significa che un
25% del nostro fatturato - pari a quasi 27 miliardi di euro -
è dato dalla somma del “tradizionale evoluto” (sughi pronti,
oli aromatizzati, condimenti freschi, surgelati) e dei veri e
propri “nuovi prodotti”, cibi ad alto valore aggiunto e ad
elevato contenuto salutistico e di servizio, nella creazione
dei quali l’innovazione diventa un fattore determinante. Ricerca
e innovazione diventano quindi leve importanti per favorire
il rilancio della competitività a livello internazionale.
MAGGIO 2006 MOLINI
d’Italia
51
I consumi alimentari delle famiglie italiane nel 2005 hanno raggiunto
quota 193 miliardi di euro, con un incremento sul 2004 del 2,4%.
CCNL e Industria alimentare
C’è poi un ulteriore aspetto estremamente
positivo che riguarda il nostro settore industriale:
nel mese di luglio del 2003 e nel
settembre 2005 le Associazioni - con il coordinamento
della Struttura Sindacale della
Federazione - hanno rinnovato il Contratto
Collettivo Nazionale di Lavoro per i
dipendenti dell’Industria alimentare.
Le Parti hanno inoltre concluso un’intesa
di carattere normativo, concernente la disciplina
del part-time e dell’apprendistato
professionalizzante, nell’ottica di offrire
ad imprese e lavoratori, da un lato, maggiore
flessibilità e, dall’altro, un inserimento
accompagnato da una adeguata formazione
e contemporaneamente incentivi
sotto il profilo contributivo e assistenziale.
I fattori per restare competitivi
Mentre registriamo che i contenuti che
hanno caratterizzato i rinnovi contrattuali
successivi a quello del settore alimentare
ne confermano la validità, riteniamo opportuno
in prospettiva futura sottolineare
la necessità che a livello di Confederazioni
si ricostituisca un clima di concertazione e
siano condivise regole idonee a restituire
alla contrattazione collettiva la fluidità che
ha caratterizzato i primi anni novanta.
Se questo è il panorama 2005, tutto som-
52
MOLINI
d’Italia
mato abbastanza positivo,
esistono elementi
critici che non possono
essere ignorati nel medio-lungo
periodo.
La competitività della
nostra industria è a rischio,
l'export cresce
lentamente, il consumatore
è disorientato.
La competitività dell’industria
alimentare, come
del resto quella dell’intero
sistema industriale,
è a rischio.
Il nostro sistema produttivo
risulta appesantito
da molti gap sul
fronte infrastrutturale e logistico, energetico,
creditizio e dei servizi, che si aggiungono
a quelli conseguenti il peccato d’origine
del comparto: una estrema frammentazione
che vede solo il 20% delle aziende
oltre la soglia dei 9 addetti e le restanti
30.000 unità vincolate a una dimensione
così piccola (3-9 addetti).
Questo, rende impensabile qualsiasi forma
di competitività con le dinamiche globalizzate
adottate dai nostri concorrenti.
Senza contare che la redditività del settore
è molto inferiore a quella media dell’industria
italiana e nei prossimi anni sembra risultare
ulteriormente in calo.
Aumentare la produttività
Il Paese è penalizzato dalla natura stessa
dell’ordinamento italiano, che risulta tra i
più restrittivi e vincolanti e i meno favorevoli
all’attività d’impresa. Uno studio condotto
recentemente da Confindustria sul
tema dimostra che una riforma delle regole
in chiave di liberalizzazione che eliminasse
l’enorme distanza tra i Paesi europei
e quelli più liberali dell’OCSE (come gli
Stati Uniti), determinerebbe un aumento
della produttività totale per l’Italia quantificato
in un +0,70% annuo. Nel complesso
dei Paesi europei ne deriverebbe un incremento,
in termini di produzione e valore
aggiunto, pari a 33 miliardi di euro. Sa-
lirebbero i consumi, il tasso di occupazione
crescerebbe di 600.000 posti di lavoro.
La riduzione della redditività risulta
diversa, inoltre, a seconda della dimensione
aziendale.
Le implicazioni sono importanti: le economie
di scala risultano fondamentali per
garantire la presenza e la competitività sui
mercati nazionali e internazionali.
Per cui l’azione di sostegno dovrà essere
improntata a ridurre la frammentazione
aziendale e a favorire azioni di fusione ed
accorpamento d’imprese.
Tutelare i marchi
L’export cresce troppo timidamente rispetto
al passo che tengono i nostri concorrenti:
la quota dei prodotti italiani presenti
nei mercati mondiali negli ultimi anni è
calata dal 4,8% al 4,3%, mentre siamo
scesi dal settimo all’ottavo posto nella
graduatoria dei Paesi esportatori di prodotti
agroalimentari.
“
La tutela
dei marchi
e la difesa
e promozione del
Made in Italy
sono una priorità
strategica
per il settore
”
La nostra proiezione esportativa è insufficiente,
e i prezzi unitari all’export 2005 del
settore sono diminuiti del -0,9%, mentre
quelli dell’industria nel suo complesso sono
saliti del +4%.
Vanno anche considerate le quote di mercato
da recuperare, oggi sottratte dalla
contraffazione e dall’Italian sounding.
In giro per il mondo il mercato dei prodotti
imitativi, rispetto a quello dei veri
campioni del Made in Italy alimentare,
vale almeno quattro volte tanto (56 miliardi
di euro contro 15). La tutela dei marchi
e la difesa e promozione del Made in
MAGGIO 2006
Italy diventano una priorità strategica
per il settore, senza la quale la conquista
di nuovi mercati all’estero risulterà sempre
più difficile.
Una quota crescente di persone guardano
con preoccupazione agli alimenti che portano
sulle proprie tavole. Per fortuna, da
un'indagine demoscopica dell’Astra Ricerche
emerge che la fiducia nella sicurezza
di quel che mangiamo e beviamo è media
o alta per il 64% della popolazione
adulta che, pur auspicandone l’intensificazione,
si fida degli autocontrolli e dei
pubblici controlli in materia.
Tale fiducia è massima nei confronti degli
alimenti prodotti in Italia (per l’80%), anche
da imprese internazionali ma espressione
delle tradizioni nostrane, della sapienza
del Made in Italy.
Le richieste al nuovo Governo
Per quanto riguarda il nuovo Governo, in
sintonia con Confindustria, ribadiamo
l’assoluta necessità di mettere l’economia
e l’impresa al centro dell’agenda del Paese
e l’esigenza di riforme strutturali e di interventi
mirati per poter cogliere e consolidare
i primi, modesti, segnali di ripresa
dell’economia europea.
Si tratta in sostanza di operare sui tre piani
strategici più volte indicati da Confindustria:
ciò che riguarda direttamente l’operatività
delle imprese, dalla tassazione e
dal cuneo fiscale alla capacità di innovare
e di internazionalizzarsi;
tutto quello che riguarda l’ambiente
economico, normativo in cui le imprese
operano, in altri termini il modo in cui
funzionano le istituzioni dell’economia,
dalle istituzioni “fisiche” (le reti), a
quelle immateriali (mercati e concorrenza,
sistema finanziario), alle norme
che regolano gli spazi di comportamento
delle imprese;
infine, per gestire il cambiamento, occorrono
istituzioni politiche e sociali efficienti.
Per ciò che ci riguarda più da vicino:
il sistema delle relazioni tra parti
sociali, la nuova articolazione di re-
E N G I N E E R I N G
SILOS E SERBATOI
“LIPP SYSTEM”
SILOS BULLONATI
E SALDATI A PARETE LISCIA
IN FERRO, ACCIAIO ZINCATO,
INOX E ALLUMINIO
TRASPORTATORI ORIZZONTALI:
A NASTRO,
A CATENA, A PALETTE,
A VIBRAZIONE, COCLEE
TRASPORTATORI VERTICALI:
ELEVATORI A TAZZE,
ELEVATORI A CATENA,
COCLEE VERTICALI
ESTRATTORI PLANETARI
ESTRATTORI A COCLEA,
FONDI VIBRANTI
FILTRI
sponsabilità tra Stato, Regioni e altri
enti di governo locale, la macchina amministrativa.
Anche il rilancio della competitività
dell’agroindustria nazionale passa necessariamente
attraverso una logica di riduzione
del carico fiscale, una strategia
di liberalizzazione che tocchi logistica e
trasporti, ordini professionali e una politica
di riduzione del costo dell’energia.
Da questo punto di vista ben vengano le
proposte di Confindustria, che noi sottoscriviamo,
per l’abolizione dell’Irap, la
riduzione del cuneo fiscale di 5 punti per il
primo anno e del costo dell’energia del
20%, nell’arco dei prossimi 5 anni.
Ben venga anche un percorso che aiuti le
piccole e medie imprese a risolvere i problemi
di accesso al credito conseguenti
agli effetti di Basilea 2 e incida su una politica
fiscale che di fatto oggi crea barriere
ulteriori a quelle già naturalmente poste
dalla globalizzazione. Ed anche per il nostro
settore diventa decisivo l’impegno
per la ricerca e l’innovazione: l’indu-
Sviluppo Progettazione Costruzione Montaggio
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MAGGIO 2006 MOLINI
d’Italia
53
stria alimentare investe già in questa direzione
il 2,6% del proprio fatturato, ma
non basta. Per questo, pensando soprattutto
alle PMI, appoggiamo le richieste di
Confindustria al Governo per riconoscere
un credito d’imposta pari al 50% delle
spese per progetti di ricerca dei privati assegnati
alle università e un credito d’imposta
pari al 10% delle spese totali delle
imprese per almeno 10 anni.
Valorizzare l'Italian Style
Per quanto riguarda il nostro settore,diventa
sempre più fondamentale valorizzare
l’Italian Style per promuovere il nostro cibo.
Ci sono Paesi emergenti come la Cina, la
Russia, il Brasile, l’India dove si delineano,
accanto ai nuovi “super ricchi” (circa
100.000 superfortunati) e ai ricchi (circa
10 milioni di persone), centinaia di milioni
di potenziali consumatori che possono cominciare
a permettersi gli stessi prodotti di
gamma alta che fanno status symbol in
Europa e Nord America. Il problema è che
nessuna astratta strategia d’internazionalizzazione
potrà farli diventare consumatori
dei prodotti alimentari italiani in assenza
di una conoscenza diretta dello “stile
italiano”, del contesto nel quale anche
il prodotto alimentare è inserito (la tradizione,
la storia, le ricette).
“
Per il nostro
settore
diventa sempre
più fondamentale
valorizzare
l’Italian Style
per promuovere
il nostro cibo
Non a caso, i giapponesi sono diventati
consumatori di prodotti italiani “dopo”
essere diventati conoscitori e “consumatori”
dell’Italian Style: cultura, bellezze
paesaggistiche, e così via. La strategia
sta quindi nel “vendere il nostro stile
di vita”. Il tutto investendo tempestivamente
su quella fascia di giovani (25-44
anni) neo-ricchi che nei Paesi economicamente
emergenti oggi determinano l’evoluzione
dei trend di consumo, amano viaggiare
e si rivelano “brand oriented”, come
dimostrano le prime ricerche che stanno
cominciando a prenderli in esame.
Da questo punto di vista occorre investire
anche nel consolidamento di un polo fieristico,
che si affermi come vetrina del sistema
agroalimentare italiano - e più in generale
dell’Italian Style - agli occhi dei
buyers esteri.
I rapporti di filiera
Un altro elemento che occorre sottolineare
riguarda i rapporti di filiera.
Il problema delle relazioni con la distribuzione
e con gli operatori commerciali rischia
di pregiudicare seriamente il futuro
dell’industria alimentare nazionale e di
tutto l’agroalimentare del Paese. Occorro-
MAGGIO 2006 MOLINI
d’Italia
”
55
no perciò iniziative di rafforzamento del
capitale della distribuzione, per renderla
più competitiva ed internazionale.
Occorre che i tre segmenti di filiera ricerchino
concrete iniziative comuni. In questo
senso, che gli operatori varino in prima
persona, a breve, un numero limitato ma
qualificato di progetti di filiera, circoscritti
ad aree e/o prodotti specifici, capaci di
avere ricadute positive e di creare un “fall
out” positivo per tutto il sistema.
Devono essere attivati subito tavoli di lavoro,
riservati in modo speciale alle forze
imprenditoriali più giovani e aperte dei tre
segmenti, diretti a individuare tali progetti.
Il ruolo delle Organizzazioni imprenditoriali
è vitale, in questo senso.
Tre interventi nei primi 100 giorni
La prima richiesta che rivolgiamo al Governo
è soprattutto di “metodo”. Chiediamo
di convocare con urgenza una sessione
straordinaria del Tavolo agroalimentare,
dei veri e propri Stati generali
di filiera, una sede strategica di
confronto tra tutte le componenti di filiera
e il Governo stesso.
Garantendo a tutti pari opportunità e “peso”
nel portare il proprio contributo ad un
grande piano di ristrutturazione delle logiche
interne di filiera, in chiave maggiormente
competitiva per l’intero sistema.
Mai come in questo momento nessuno
può farcela da solo di fronte alle sfide della
globalizzazione.Anche il nuovo Governo
dovrà comprendere che il comparto ali-
mentare è un sistema
integrato e che
non ha alcun senso
favorire e assistere
la fase agricola a
discapito di quella
industriale o distributiva
se vuole
davvero rilanciare
la nostra competitività
verso i mercati
esteri. Qui di
seguito, le tre priorità
sulle quali concentrarsi
- nella sessione straordinaria del
Tavolo agroalimentare - già nei primi 100
giorni di lavoro del Governo.
Il sistema produttivo italiano è appesantito sul fronte infrastrutturale e logistico.
Questo è un problema da risolvere per restare competitivi a livello industriale.
56
MOLINI
d’Italia
Un sottosegretario alle PMI
Innanzitutto, va varato un vero e proprio
piano per il rilancio della competitività
della industria alimentare sui
mercati internazionali, che permetta di
porre finalmente le basi per favorire concretamente
la crescita della dimensione
d’impresa.
Su questo punto l’energia di una risorsa
dedicata, come quella ipotizzata da Confindustria
di un sottosegretario alle PMI, si
dimostrerà preziosa.
Solo la crescita delle imprese infatti, determinerà
l’effettiva capacità di presidiare i
mercati internazionali.Altrimenti, ci si renderà
conto di quanto poco attuale sia lo
slogan “piccolo è bello”.
Tra 10 anni piccolo sarà a rischio per il
90% delle aziende del nostro settore.
E’ al loro sviluppo che bisognerà pensare
nell’impostare i lavori del Tavolo Agroalimentare
e le strategie di internazionalizzazione
del sistema Paese.
Favorire il “fenomeno Italia”
Come seconda priorità, occorre definire
una cabina di regia unica per ridare
slancio al Made in Italy alimentare,
favorendo un vero e proprio “fenomeno
Italia” in grado di attrarre l’interesse
dei milioni di “nuovi consumatori” che
si stanno affacciando sui mercati internazionali.
Questo significa creare un unico organismo
che gestisca le risorse disponibili per
la promozione del “sistema alimentare”
in una logica d’impresa e di tutela dei
marchi e non di promozione del singolo
prodotto, eliminando così la diseconomia
di veder gestire gli oltre 200 milioni di euro
l’anno destinati alla promozione dell’alimentare
italiano nel mondo da ben
22 soggetti diversi, a livello nazionale, regionale
e locale.
Ressicurare il consumatore
Infine, in tema di sicurezza alimentare,
chiediamo un intervento urgente che
contribuisca a ridare serenità al consumatore
e riduca l’incertezza con la quale
siamo costretti, tutti, a convivere.
Federalimentare ritiene necessario attribuire
a una struttura dedicata, operante
all’interno dell’Istituto Superiore di Sanità,
opportunamente integrata delle necessarie
competenze scientifico-istituzionali,
la piena competenza a operare per
la valutazione del rischio ed al tempo
stesso confermando la competenza della
gestione del rischio e della comunicazione
in capo al Dipartimento del Ministero
della Salute.
Condividere obiettivi strategici
Su questi temi apriremo il confronto con il
mondo politico-istituzionale (con tutte le
forze politiche e con il nuovo Governo) e
con le forze economiche e sociali.
I prossimi anni che ci attendono saranno
infatti decisivi per l’assetto dell’intero
comparto agroalimentare e la convergenza
dei diversi attori coinvolti su
obiettivi strategici condivisi appare dunque
essenziale.
Al nuovo Governo, oltre ad affidargli le
nostre preoccupazioni e proposte, offriamo
tutto l’apporto delle nostre esperienze
e offriamo e chiediamo un dialogo sempre
aperto e costruttivo.
MAGGIO 2006
Industria molitoria e agricoltura: un rapporto strategico
Vacondio:“Siamo competitivi
se c’è dialogo”
Al Convegno
“Nuovi grani
per nuove farine”,
l’Italmopa
ha colto l’occasione
per sottolineare
la necessità
di collaborazione
tra i due settori.
Lanciata l’idea
di un grano
di “nicchia”.
di Delia Sebelin
Vacondio: “We are competitive if we communicate”
Rilanciare il territorio, rivalutando il
passato ma anche lanciando idee e
progetti per il futuro. Questo è l’obbiettivo
di un ampio programma di valorizzazione
territoriale denominato “Ostiglia
- Revere - un ponte sul grande fiume”
che coinvolge la Regione Lombardia, la
Provincia di Mantova, il Comune di Revere
e il Comune di Ostiglia.
Proprio per far conoscere e riscoprire il fascino
della vita sul Po, il Comune di Revere
(MN) ha recentemente inaugurato un
molino galleggiante, ricostruito secondo i
canoni degli antichi molini che, fino al
1940, erano in funzione lungo le rive del
grande fiume, e ristrutturato il suo quattrocentesco
Palazzo Ducale che ospita oggi
il Museo del Po (vedi l’articolo sul numero
di aprile di Molini d’Italia, ndr).
Per celebrare questi due grandi risultati, il
comune mantovano ha organizzato una
serie di eventi che hanno riscosso notevole
successo.
Di particolare interesse, il Convegno “Nuovi
grani per nuove farine - Rapporto tra
agricoltura e arte molitoria”, promosso in
collaborazione con ITALMOPA.
L’arte molitoria tra passato e futuro
Il Convegno, svoltosi il 28 aprile all’interno
della splendida cornice del Palazzo Ducale
di Revere, ha visto la partecipazione
di diverse Autorità, nonché del Presidente
e del Direttore di ITALMOPA, Ivano Vacondio
e Tullio Pandolfi.
Se il molino galleggiante e il Museo del Po
rievocano il passato della vita dei comuni
rivieraschi, con il Convegno si è voluto lanciare
uno sguardo al presente: non a caso,
Tullio Pandolfi ha illustrato al folto pubblico
presente “Chi è ITALMOPA”, mentre
Ivano Vacondio ha spiegato cosa significhi,
ai nostri giorni, “fare il mugnaio”.
Al Convegno si è poi voluto dare uno
sguardo al futuro perché, come ha sottolineato
il Consigliere Regionale Carlo Maccari,
intervenuto all’incontro anche nelle
veci dell’Assessore all’Agricoltura della
Regione Lombardia, Viviana Beccalossi,
“rilanciare il territorio non significa promuoverlo
esclusivamente a livello turistico
e culturale, come ha dimostrato di saper
fare in modo eccellente il Comune di Revere
costruendo il molino galleggiante e
Il molino galleggiante costruito
a Revere (MN) è stato realizzato
studiando i molini natanti che
operavano sulla sponda del Po
fino agli inizi del Novecento.
MAGGIO 2006 MOLINI
d’Italia
57
Tullio Pandolfi - Direttore ITALMOPA
inaugurando il Museo del Po. Rilanciare il
territorio vuol dire far capire che i comuni
rivieraschi possono essere importanti luoghi
dove fare impresa”. Non a caso, nella
seconda parte del suo intervento,Ivano Vacondio
ha affrontato l’argomento del difficile
rapporto tra agricoltura e industria molitoria.“Noi
industriali - ha sottolineato Vacondio
- dobbiamo dialogare con gli agricoltori
e stabilire delle alleanze, delle collaborazioni,
altrimenti il commercio organizzato
ci metterà in condizioni difficili”.
L’intervento di Pandolfi:
ITALMOPA a tutela del settore
“L'ITALMOPA, Associazione Industriali
Mugnai e Pastai d'Italia - ha spiegato
Pandolfi - è l'Associazione di categoria
che rappresenta in Italia, in via principale,
l'Industria molitoria, articolata nei
due comparti della macinazione del frumento
tenero e della macinazione del
frumento duro. In generale l’Associazione
ha per scopo il compimento di qualsiasi
attività finalizzata alla tutela dell’industria
della macinazione dei cereali e della pastificazione,
nonché la rappresentanza, la
difesa ed il coordinamento, anche presso
le Pubbliche Amministrazioni, di interessi
e di diritti degli Associati, sia come categorie
che come ditte singole.
Essa si propone principalmente:
• di provvedere alla tutela ed alla rappresentanza
delle Imprese Associate - come
categoria e singolarmente - presso le
pubbliche Autorità in tutti i rapporti che
hanno attinenza con la loro industria, di
tutelarne gli interessi, provvedendo alla
difesa dei loro diritti su loro espresso
mandato ogni qualvolta possa ravvisarsi
un interesse di carattere generale;
• di costituire un valido punto di riferimento
per gli organismi normativi, tecnici
ed economici nazionali, comunitari
ed internazionali;
• di promuovere e favorire lo sviluppo
tecnico ed economico delle Imprese Associate;
• di fornire agli Associati servizi di informazione
e di consulenza sulle materie
di maggiore interesse comune;
• di promuovere e favorire iniziative finalizzate
al miglioramento tecnico ed economico
dell’industria della macinazione
e della pastificazione, anche mediante
la partecipazione a quelle eventualmente
assunte da altri enti ed organismi, sia
in Italia che all’estero, curando pubblicazioni,
organizzando convegni”.
Cosa piace agli italiani
Infine, il Direttore di ITALMOPA ha brevemente
analizzato l’evoluzione dei consumi
delle farine di frumento tenero in Italia
dal 2000 al 2005. Dopo aver sottolineato
che in Italia si producono 4.287.000 tonnellate
di farina, che corrispondono
5.800.000 tonnellate di frumento, Pandolfi
ha evidenziato che il consumo procapite
di pane tende a diminuire, probabilmente
a causa dell’aumento del flusso di
immigrati e turisti stranieri. Tuttavia, è aumentata
la richiesta di farine per prodotti
dolciari e per pizza, perché gli italiani di
oggi dimostrano di gradire particolarmente
questi prodotti.
“L’analisi dell’evoluzione dei quantitativi
di sfarinati di frumento tenero in rapporto
alle loro utilizzazioni - ha sottolineato
Pandolfi - consente di evidenziare, nel
mercato interno, che produce 3.956.000
tonnellate di farina, i seguenti dati: l’utilizzazione
per pane ha registrato una flessione
di circa 100.000 tonnellate; ugualmente
in flessione negli ultimi tre anni il
consumo di farine per pasta (circa 5000
tonnellate in meno negli ultimi tre anni);
in flessione anche le farine per usi dome-
stici, con una contrazione rispetto al
2000 di circa 35.000 tonnellate; in aumento
le farine per prodotti dolciari (che
hanno registrato un trend crescente fino
alle attuali 540.000 tonnellate; in aumento
anche le farine per pizze e altri usi
alimentari (+ 24.000 t rispetto al 2000).
Il consumo pro-capite di pane tende a diminuire
costantemente. Questa riduzione
sarebbe stata molto più sensibile in
assenza del flusso di immigrazione e dell’incremento
del turismo straniero, che
hanno portato la popolazione presente a
circa 59.000.000 di unità nel 2005. Si rileva,
peraltro, nelle abitudini degli italiani,
una maggiore attenzione al consumo
di prodotti a più elevato indice di gradimento
(prodotti dolciari) e un leggero e
costante aumento di pasti fuori casa in
particolare nelle pizzerie. Per quanto riguarda
l’export, nel totale si è registrata,
rispetto al 2000, una flessione marcata
(circa il 50% in meno), anche se quest’anno
si stima un leggero aumento per
l’export farina (303.000 tonnellate)”.
L’intervento di Vacondio:
il mugnaio tra arte e tecnologia
Il Presidente Ivano Vacondio, nella prima
parte del suo intervento, ha spiegato cosa
significhi, ai nostri giorni,“fare il mugnaio”.
“Gli operatori che gravitano attorno al nostro
mondo - ha spiegato Vacondio - non si
rendono conto di quanto sia complessa la
produzione della farina. Si pensi, per
esempio, che nella panificazione artigianale,
a seconda dell’area o della regione
Ivano Vacondio - Presidente ITALMOPA
MAGGIO 2006 MOLINI
d’Italia
59
dove si producono i tipi di pane si utilizzano
capitolati specifici. Nell’industria, invece,
si richiedono farine con caratteristiche
standard. Per tale ragione, noi mugnai
dobbiamo andare alla ricerca di grani che
diano farine in grado di soddisfare
queste caratteristiche. Mi spiego,
non c’è un tipo di grano
buono in assoluto, perché la
qualità del grano è in funzione
del prodotto che si
deve ottenere: quel tipo di
grano sarà buono se mi dà
la farina giusta per il tipo di
prodotto finale che voglio
creare. Un’ottima farina per
biscotti, per esempio, non
va assolutamente bene per
il panettone. Ma come fa il mugnaio a capire
com’è la farina e a che cosa è adatta?
Decisivo è il lavoro del laboratorio dove ormai
sistematicamente tutti i grani vengono
analizzati prima di andare in produzione e
dove si preparano le miscele-base. Gli strumenti
che vanno per la maggiore sono il
Farinografo Brabender e l’Alveografo Chopin
che servono essenzialmente per valorizzare
la forza dell’impasto, la sua tenacità,
estensibilità e la stabilità, nonché l’assorbimento
dell’acqua (vedi il riquadro in
questa pagina e nella seguente, ndr).
Si tratta di analisi complesse che, comunque,
da sole non bastano per definire la
qualità della farina e/o grano ma sono utili
per completare altre analisi. Le analisi cominciano
ad essere esaustive aggiungendo
il dato della quantità del glutine, visto e
considerato che quest’elemento è quello
che crea il reticolo proteico che trattiene i
gas della fermentazione: maggiore è la
quantità di glutine, migliore è la qualità
dell’impasto. Infine, volendo chiudere il
cerchio, sarebbe opportuno valutare anche
l’attività fermentativa della farina/grano”.
Agricoltura e industria
Il Presidente Vacondio non si è dilungato
su quest’ultima valutazione, avendo già a
questo punto raggiunto l’obiettivo che desiderava
nei confronti del folto pubblico
E’ un’impastatrice a doppia lama in cui vengono poste una quantità fissa di farina (300
grammi) e una quantità di acqua tale da raggiungere un certo grado di resistenza (500
unità Brabender). Lo strumento registra quindi la resistenza (in unità Brabender) che le
lame incontrano durante l’impastamento della miscela farina-acqua.
Proseguendo l’impastamento si ha, per un certo periodo di tempo (che dipende
dalla stabilità dell’impasto) una resistenza costante, poi l’impasto
“collassa”, diventa cioè appiccicoso e la resistenza diminuisce.
Lo strumento registra la prova tracciando un diagramma,
chiamato farinogramma, che può variare
in forma e lunghezza. Si otterrà così una
curva su di un grafico. Questo grafico presenta,
in ascissa, il tempo espresso in minuti, e in ordinata
una scala da 0 a 1.000 che esprime la consistenza
dell’impasto, in unità Brabender o in
unità farinografiche. La curva del farinogramma
sale a forma di picco fino a quando l’impasto
raggiunge la massima consistenza, successivamente la curva tende a scendere quando
l’impasto inizia a collassare, diventando appiccicoso.
Le caratteristiche dell’impasto
Il Farinografo Brabender
Questa analisi permette quindi di conoscere alcune caratteristiche fondamentali dell’impasto:
L’assorbimento: è la quantità di acqua, espressa in percentuale, che viene richiesta
dalla farina per dare una consistenza fissa di 500 u.B.
Lo sviluppo della pasta in minuti: è il tempo necessario a raggiungere la massima
consistenza (punto t del farinogramma). Questo dato è direttamente proporzionale
alla quantità di glutine presente nella farina.
La stabilita in minuti: è l’intervallo di tempo durante il quale l’impasto rimane alla
massima consistenza, maggiore è questo valore, migliore è la farina utilizzata. Un valore
elevato di stabilità indica che la farina può sopportare sia lunghe fermentazioni
che prolugate sollecitazioni meccaniche.
Il grado di rammollimento: è la caduta o lo sfibramento dell’impasto. Rappresenta la
differenza tra la massima consistenza e quella che si ottiene dopo 10/20 minuti. E’ inversamente
proporzionale alla forza della farina e insieme alla stabilità fornisce informazioni
indispensabili sulla capacità di una farina a sopportare frementazioni più o
meno lunghe ed elevati stress meccanici.
L’elasticità: cioè lo spessore della banda. Un elevato valore di estensibilità indica che
l’impasto durante la fermentazione avrà la capacità di aumentare notevolmente il
suo volume.
intervenuto al Convegno: far capire quanto
sia difficile gestire un’impresa di prima
trasformazione.
Vacondio ha desiderato, però, nella seconda
parte del suo intervento, affrontare un
altro argomento: il difficile rapporto tra
agricoltura e industria molitoria. In tal modo,
il Presidente ha voluto non solo foto-
grafare il presente del nostro settore, ma
anche offrire lo spunto per affrontare il
domani in modo propositivo e collaborativo:“Noi
industriali - ha sottolineato Vacondio
- dobbiamo stabilire delle alleanze
con gli agricoltori, altrimenti il commercio
organizzato ci metterà in condizioni
difficili”.
MAGGIO 2006 MOLINI
d’Italia
61
In questo strumento si sottopone un impasto, ottenuto in condizioni opportune, all’azione
di un gas a pressione crescente, in modo che si formi al suo interno una bolla.
Poi, si registrerà la pressione del gas in funzione del raggio della bolla.
L’impasto si ottiene miscelando, in
un’opportuna impastatrice, farina,
acqua e sale, fino ad ottenere un impasto
al 45% di umidità.
Si impasta per un tempo che varia dai
6 agli 8 minuti, secondo al forza della
farina.
Al termine, l’impasto viene rullato fino
a spessore costante e si ricavano
da questo dei dischetti di pasta con
dimensioni predeterminate che vengono
posti a riposo per 20 minuti a
25 gradi.
Infine, il cilindretto va collocato nello
strumento, dove viene sottoposto alla crescente
pressione dell’aria immessa dal basso.
Mentre le dimensioni della bolla che si crea nel cilindro di pasta aumentano continuamente
(fino alla rottura della bolla stessa), la pressione del gas, dopo un incremento iniziale,
diminuisce a causa della formazione di piccoli pori nell’impasto. La pressione
scende a zero quando la bolla si rompe.
Tenacità dell’impasto
Alveografo di Chopin
Un’ impasto molto tenace non si gonfia, creando di conseguenza forti pressioni all’interno
della bolla, mentre un impasto estensibile si gonfia facilmente, anche a bassi valori
di pressione.Al termine otterremo un grafico riportato su uno stampato:
w
Identificare prospettive
di mercato
per nuovi prodotti
ad alto valore aggiunto.
Questo l’obiettivo
di un programma di ricerca
realizzato dalla
Sae Engineering
per le imprese
e svolto in collaborazione
con il Dipartimento
di Controllo
e Gestione delle Merci
e del loro Impatto
sull’Ambiente
dell’Università
“La Sapienza” di Roma.
Ricerca industriale e settore molitorio
“Molini in rete”, un progetto
per migliorare la produttività
a Dipartimento di Controllo e Gestione delle Merci
e del loro Impatto sull’Ambiente, Università
degli Studi di Roma “La Sapienza”
b Dipartimento di Studi Aziendali, Tecnologici e
Quantitativi, Università degli Studi della Tuscia
c Sae Engineering srl, Impianti elettrici industriali,
quadri elettrici, automatismi, servizi e software
personalizzati per le aziende, Padova
di V. Giannetti a , E. M. Mosconi b , S. Dalla Libera c
“Molini in rete” project: strategies to improve productivity
La posizione di leadership dell’industria
molitoria italiana, sia per numero
d’impianti sia per la capacità
totale di macinazione e produzione, è il risultato
dello sforzo di ricerche dell’eccellenza
a livello di prodotto e di processo.
Sicuramente in un settore come questo,
dove il valore aggiunto è basso, le strategie
migliorative tese in prevalenza alla
qualificazione aziendale nei confronti dei
clienti, risentono dei forti vincoli sia normativi
sia gestionali.
Tra i fattori strategici, quello dell’ottimizzazione
delle componenti tecnico-organizzative
interne all’impresa, sono di sostanziale
rilievo. L’interesse per progetti di
ricerca industriale in collaborazione con le
istituzioni scientifiche, quali Università e
Centri di Ricerca, proviene dalla presa di
coscienza che questi sono elementi prioritari
per la competitività delle imprese e
che costituiscono una prospettiva concreta
di qualificazione del settore.
Una piattaforma tecnologica comune
Il programma “Molini in rete”, realizzato
dalla Sae Engineering coinvolge 18 stabilimenti.
Esso avvia una reale collaborazione
integrata tra differenti realtà produttive del
settore molitorio con l’Università, permettendo
di delineare un quadro di convergenza
sulla base degli obiettivi prefissati.
Complessivamente, a livello politico il programma
garantisce una stretta collaborazione
dei diversi molini nella ricerca strate-
gica di comuni denominatori sia a livello di
prodotto sia di processo; cercando inoltre,
di dare visibilità alle iniziative che promuovono
lo scambio di conoscenza, con
riferimento a politiche e programmi, e ad
assicurarne la diffusione.
A livello tecnico la Sae Engineering progetterà
invece, una piattaforma tecnologica
comune condivisibile da tutte le parti
interessate, permettendo la realizzazione
di piani d’azione sulle differenti tematiche,
attraverso un modello comune
per lo scambio d’informazioni su programmi
e politiche industriali. Tutto ciò,
permetterebbe alle aziende di sviluppare
la propria attività in modo integrato a livello
di ricerca industriale.
Tra i suoi obiettivi il programma mira ad
identificare le prospettive di mercato per
nuovi prodotti ad alto valore aggiunto e
ad individuare possibili miglioramenti nelle
procedure utilizzate per la certificazione
di qualità e per l’analisi dei prodotti/semilavorati
di molino.
È coinvolto il dipartimento di Controllo e
Gestione delle Merci e del loro Impatto
sull’Ambiente de “La Sapienza” di Roma,
con le sue strutture e staff di ricerca composto
da venti unità tra professori, ricercatori,
assegnisti e dottorandi. Il dipartimento
svolge la propria attività di ricerca
nel campo del controllo quali-quantitativo
di prodotti appartenenti a diverse categorie
merceologiche. Le attività vanno
dall’analisi chimica a quella economica
delle merci, alla valutazione tecnica ed
MAGGIO 2006 MOLINI
d’Italia
65
Le pratiche agricole inadatte sono tra i principali
fattori che causano lo sviluppo delle micotossine.
economica della gestione ambientale,
sino alle tecnologie dell’informazione e
della comunicazione.
Il progetto di ricerca avviato verte su temi
specifici e sperimentazioni che vanno dall’analisi
delle relazioni cariossidi e farine,
protocolli di gestione delle anomalie, indagini
valutative per l’identificazione di
prodotti ad alto valore aggiunto all’ottimizzazione
dei processi di certificazione
della qualità. In questo ambito, assumono
notevole importanza alcuni aspetti di ricerca
industriale, oggi oggetto di notevole
interesse sia per gli aspetti legislativi, che
condizionano il comportamento di molti
produttori, sia per le opportunità e gli
spunti di diversificazione strategica che
essi possono offrire.
Ricerca industriale:
ridurre il rischio micotossine
Come oramai noto le micotossine sono
sostanze con attività tossica, prodotte in
opportune condizioni microclimatiche da
funghi filamentosi microscopici noti come
“muffe”. I funghi produttori appartengono
ad un numero indefinito di ceppi capaci
di elaborare, in determinate condizioni,
uno o più metaboliti tossici. Il potenziale
tossigeno può essere estremamente va-
66
MOLINI
d’Italia
riabile a seconda dei ceppi. Le derrate alimentari,
le granaglie ed i mangimi per gli
animali rappresentano i substrati ideali
per l’accrescimento dei funghi produttori.
Le micotossine, prodotte da specie fungine
differenti, oltre a presentare proprietà
chimiche assai diverse, mostrano una notevole
gamma di effetti biologici dovuti alla
loro capacità di interagire con diversi organi
e/o sistemi bersaglio, come DNA,
RNA, proteine funzionali, cofattori enzimatici,
costituenti di membrane. Per tale
ragione, esse sono classificate in immunotossine,
cancerogene e teratogene.
Gli effetti tossici osservati consentono di
classificare le patologie in micotossicosi
acute, che talvolta risultano mortali, dovute
all’ingerimento di micotossine in quantità
molto elevate, in un periodo di tempo
molto ristretto. Al contrario, l’accumulo di
micotossine può generare sintomatologie
di tipo cronico come la micotossicosi cronica,
fenomeno meno pericoloso sul breve
termine. Il rischio di micotossicosi è sia
animale che umano.
Lo sviluppo di muffe tossigene e la successiva
sintesi di micotossine possono avvenire
in qualsiasi delle fasi del ciclo produttivo
dell’alimento, lavorazione, trasporto e
conservazione del prodotto, a partire dalle
piante infettate nel campo fino ad arrivare
al consumo. Le micotossine possono giungere
al nostro tavolo sia direttamente attraverso
le derrate vegetali contaminate,
che mediante ingestione da parte del bestiame
e successiva metabolizzazione e
stoccaggio nei tessuti.
Attualmente sono note più di 300 micotossine,
ma solo il 7% circa si ritrova negli alimenti
a livelli significativamente elevati tali
da costituire un pericolo per la salute umana.
Le tipologie di prodotti a rischio
E’ stato calcolato che nel mondo circa il
25% dei raccolti sono soggetti alla contaminazione
da micotossine nelle varie fasi
del processo, che va dalla produzione all’immagazzinamento
del prodotto. La definizione
delle caratteristiche intrinseche
dell’alimento in grado di favorire la conta-
minazione da micotossine è alquanto
complessa, ma in generale substrati ricchi
in carboidrati e lipidi sono risultati più
esposti a questo tipo di contaminazione.
Le muffe produttrici di micotossine, si sviluppano
principalmente su prodotti alimentari
di origine vegetale, ed in alcuni
casi di origine animale. Gli alimenti maggiormente
a rischio di contaminazione sono
i cereali (frumento, mais, orzo, avena,
segale etc.), i semi oleaginosi (arachidi, girasole,
semi di cotone etc.), i legumi, la
frutta secca ed essiccata (mandorle, noci,
nocciole, fichi secchi etc.), frutta e verdura
(uva, mele, pere, carote, pomodori etc.), il
caffé, il cacao ed il tè verde, le spezie (peperoncino,
pepe, zenzero etc.).
Anche i formaggi e gli insaccati possono
essere contaminati a causa della crescita
di muffe sulla loro superficie. Inoltre, se gli
animali sono alimentati con mangimi contaminati,
possono risultare contaminati
anche i prodotti da questi derivati, come
carne, latte e uova. Questo tipo di contaminazione
indiretta può assumere una rilevanza
considerevole poiché i mangimi
sono preparati utilizzando soprattutto le
parti più esterne dei cereali, che sono
quelle dove si possono trovare i livelli più
alti di micotossine. Infine, anche alcuni alimenti
trasformati, come vino e birra non
sono esenti da rischio, se prodotti da materie
prime contaminate.
Le cause di sviluppo delle micotossine
La presenza di funghi tossigeni in un alimento
non indica automaticamente la
presenza di tossine, così come l’assenza
dei funghi non significa assenza di micotossine,
dal momento che queste possono
persistere nell’alimento per un lungo tempo
dopo la crescita vegetativa e la morte
e/o l’eliminazione del fungo. Lo sviluppo
di funghi, e la conseguente sintesi di micotossine,
può essere favorito, già nella fase
di coltivazione dei vegetali, cui non si presta
in genere molta attenzione, da una serie
di fattori che, provocando stress alle
piante, possono aumentare la loro suscettibilità
alle infezioni fungine.
MAGGIO 2006
I principali fattori, che consentono la tossicogenesi
sono:
Fattori intrinseci, legati al ceppo fungino;
Fattori chimici, chimico-fisici e fisici, cui
la pianta è stata sottoposta, quali l’eccessiva
umidità, l’acqua libera (aw), le
temperature elevate, la natura del substrato,
le condizioni di estrema aridità
del campo, carenze di minerali;
Fattori biologici, quali gli insetti, sia come
vettori di spore fungine che come
agenti di lesioni alle cariossidi, favorendo
l’insediamento delle muffe;
Le pratiche agricole inadatte, come la
mancanza di rotazione delle colture oppure
un improprio sistema d’irrigazione.
Il frumento ed il mais sono i prodotti più
colpiti. Il fungo persiste a lungo nel suolo
e nei residui di tessuti vegetali sotto forma
di ascospore e macroconidie che rappresentano
le sue forme di sopravvivenza.
Il più alto contenuto di micotossine nei
cereali sembra dovuto alle piogge, in particolare
durante l’ultima fase di accrescimento
della pianta e prima della raccolta.
Durante le fasi di trasporto e di stoccaggio,
i fattori che maggiormente influenzano
la colonizzazione delle specie fungine
e la produzione di micotossine sono
l’umidità, la temperatura e il tempo di
permanenza. La sintesi delle micotossine
da Fusarium (zearalenone, vomitossina,
etc.) avviene principalmente durante la
fase di coltivazione, mentre la sintesi da
Aspergillus e Penicillium (aflatossina,
ocratossina) si verifica soprattutto durante
lo stoccaggio degli alimenti.
I fattori di prevenzione
della contaminazione
Per prevenire la contaminazione delle derrate
alimentari da micotossine, occorre
impedire la crescita fungina.
Per fare ciò bisogna prendere un insieme
di misure che scaturiscono dalle leggi che
regolano la vita delle muffe.
I funghi hanno bisogno di acqua, di ossigeno
(almeno 1-2%), di tempo e di temperatura
adeguata (variabile in funzione
delle specie).
Le condizioni ideali di sviluppo sono:
Umidità ambientale o acqua libera
(aw): la colonizzazione fungina degli
alimenti si verifica a livelli di aw < 0.85,
questo non perché i funghi non possano
crescere a tenori più elevati, ma piuttosto
perché a valori di aw compresi tra
0.85 e 1.00, i batteri sono fortemente
competitivi e diventano la microflora
predominante.
Temperatura: le temperature ideali per lo
sviluppo di una muffa sono comprese tra
15 e 30°C, con un optimum di 20-25°C.
PH: il controllo del pH è fondamentale,
visto che lo sviluppo del micelio avviene
a valori compresi tra 4 e 8.
Ossigeno: il basso tenore di ossigeno è
l’altro fattore per lo sviluppo di funghi
tossigeni.
Lo studio qui esposto mira a progettare una serie
di procedure operative per la riduzione del rischio
di contaminazione da micotossine.
Se sussistono le condizioni ambientali sopra
descritte, lo sviluppo delle muffe negli
alimenti è poco influenzato dalla natura
del substrato, al contrario il tipo di substrato
è l’elemento che probabilmente più di
ogni altro influenza la tossicogenesi (produzione
di micotossine). E’ ormai noto che
la produzione di micotossine è favorita nei
vegetali, più dei substrati animali, ed è soprattutto
la presenza di amido che sembra
incrementare la micotossinogenesi.
L’attuazione da parte delle Autorità delle
opportune misure per evitare che il consumatore
sia raggiunto da questo tipo di
contaminazione ha portato alla definizione
di limiti massimi accettabili e di controlli
particolarmente importanti.
Le strategie del progetto
Esistono alcune strategie preventive che
permettono di eliminare o ridurre le micotossine
negli alimenti e nei mangimi.
Il progetto ha lo scopo di fornire elementi
operativi di supporto alle decisioni delle
imprese nelle fasi che vanno dall’approvvigionamento
alla commercializzazione,
permettendo di realizzare indicatori importanti
per i clienti che richiedono garanzia
di qualità, e per le aziende che possono
comunicare il valore intrinseco dei propri
prodotti. Lo studio mira in particolare
ad individuare le relazioni esistenti tra il
prodotto, quale farine e sottoprodotti di
lavorazione, i tipi di cariossidi ed additivi
utilizzati ed il processo di produzione. In
una seconda fase, la ricerca porta a progettare
e a sperimentare una serie di protocolli
e procedure operative che pongono
sotto controllo le variabili in gioco per la riduzione
del rischio. Le fasi di produzione
coinvolte, vanno dalla scelta delle granaglie
e additivi, dei fornitori, del processo di
lavorazione delle farine fino all’utilizzo dei
sottoprodotti. In questo ambito le procedure
saranno indirizzate verso:
Orientamenti agronomici per la produzione
di cereali a basso contenuto di
micotossine;
Valutazione in campo della vulnerabilità
alle micotossine di materiali commerciali;
Indagine faunistica sui litofagi del
mais in relazione alle specie che possono
favorire lo sviluppo o il trasporto
i funghi tossigeni;
Influenza delle tecniche di decorticazione
dei cereali in termini di igenicità e salubrità
dei prodotti finiti.
Biocombustibili: nuovi scenari
per l’industria molitoria
All’interno del progetto, assume notevole
rilevanza l’attività d’indagine mirata
alla realizzazione ed allo sfruttamento di
nuovi prodotti. Attività che scaturisce
dalla sincronizzazione tra studi a livello
di prodotto commisurato ad analisi dell’ambiente
competitivo.
MAGGIO 2006 MOLINI
d’Italia
67
Paese .000 Tons*
Germania 1.669
Francia 492
Italia 396
Rep. Ceca 133
Polonia 100
Austria 85
Slovacchia 78
Spagna 73
Danimarca 71
Regno Unito 51
Slovenia 8
Estonia 7
Lituania 7
Lettonia 5
Grecia 3
Malta 2
Belgio 1
Cipro 1
Portogallo 1
Svezia 1
TOTALE 3.184
* migliaia di tonnellate
FONTE: European biodiesel board
Tab.1 Paesi produttori di biocarburante nel 2005 in Ue.
I sottoprodotti della lavorazione, quali
cruscami, tritelli e farinacei sono largamente
e diffusamente impiegati in alimentazione
animale, come buone fonti
proteiche, minerali ed in particolare di fosforo.
La crusca, per esempio, è molto apprezzata
per le sue funzioni dietetiche,
mentre il germe è gradito per il suo valore
di lipidi, vitamine e proteine.
Nella ricerca della diversificazione del
prodotto e della corretta gestione dei
sottoprodotti di lavorazione nell’ottica
della sostenibilità, assumono oggi particolare
rilievo le strategie in campo energetico
messe in atto a livello europeo.
Tali strategie, aprono nuovi scenari di
sperimentazione nel campo della filiera
cerealicola in generale e dell’industria
molitoria in particolare. Il termine "biocombustibili"
si riferisce all’insieme di biomasse
e di prodotti da esse derivanti che
presentano caratteristiche fisico-chimiche
tali da renderli utilizzabili in processi di
68
MOLINI
d’Italia
combustione od altra trasformazione termochimica.
L’entrata in vigore della Legge
81/2006 prevede, l'obbligo di miscelare a
partire da Luglio benzina e gasolio con
l’1% di carburante di origine agricola. La
quota di biocarburanti, calcolata sul totale
dei consumi 2005 (circa 15 milioni di
tonnellate di benzina e 23 di diesel), dovrà
crescere di un punto l'anno fino al 2010,
portando al 5% la quota finale. La norma
prevede la necessità di utilizzare biocarburanti,
biodiesel e bioetanolo, con l’obbligo
che questi vengano da accordi di filiera
col mondo agricolo nazionale o europeo.
I biocombustibili, in funzione del loro
stato, possono essere classificati in: solidi
(legno, paglie, pellets, ecc.), liquidi (oli vegetali,
alcoli, eteri, esteri, ecc.) e gassosi
(biogas da digestione anaerobica ecc.).
I carburanti di origine agricola
Sono sostanze che derivano dalla lavorazione
di alcune piante o semi particolari e
si dividono principalmente in due tipi:
Oleosi estratti da piante oleaginose
(colza, soia e girasole), usati allo stato
greggio come olio vegetale, o trattati
chimicamente, come il biodiesel utilizzato
nei motori a ciclo Diesel.
Alcoli ottenuti da culture zuccherine
(bietola e canna da zucchero), amidacee
(mais, sorgo, frumento, orzo), da
sottoprodotti dell’industria agroalimentare
(vinacce), da residui ligno-cellulosici
(paglia di cereali, stocchi di
mais, sottoprodotti legnosi), come il
bioetanolo utilizzato nei motori a ciclo
Otto (motori a benzina).
I combustibili ottenuti in questo modo risultano
molto meno inquinanti di quelli
fossili e soprattutto sono rinnovabili poiché
derivano da colture annuali o comunque
rinnovabili in tempi molto brevi.
Nel 2005 l'Unione Europea ha aumentato
del 65% la produzione di biodiesel, ottenuto
da coltivazioni agricole come la colza,
passando dai quasi due milioni di
tonnellate (1.933.000) del 2004 ai
3.184.000,prodotte per la metà in Germania
(tabella 1).
Questo anche a conferma del fatto che
l’Europa, al pari dei maggiori produttori
come Brasile, USA, Cina, sta pianificando
un intensissimo incremento nella produzione
di biocombustibili nei prossimi
quindici anni.
Il biodisel: utilizzabile
come carburante
Il biodiesel è un prodotto naturale utilizzabile
come carburante in autotrazione e come
combustibile nel riscaldamento, con le
caratteristiche indicate rispettivamente
nelle norme UNI 10946 ed UNI 10947.
É utilizzabile direttamente poiché non
richiede, alcun tipo d’intervento sulla
produzione dei sistemi che lo utilizzano
(motori e bruciatori), può essere utilizzato
sia puro sia miscelato con il normale
gasolio;
É rinnovabile, in quanto ottenuto dalla
coltivazione di piante oleaginose di ampia
diffusione;
É biodegradabile, cioè se disperso nell’ambiente
si dissolve nell’arco di pochi
giorni, mentre i sottoprodotti dei
consueti carburanti permangono molto
a lungo;
Garantisce un rendimento energetico
pari a quello dei carburanti e dei combustibili
minerali ed un’ottima affidabilità
nelle prestazioni dei veicoli e degli
impianti di riscaldamento.
Gli oli vegetali più utilizzati per l’ottenimento
dei combustibili liquidi sono quello
di colza e di girasole e, negli Stati Uniti, di
soia. Il procedimento di spremitura implica
generalmente un trattamento meccanico
e/o chimico. Da tali trattamenti si ricavano
anche sottoprodotti utilizzabili per
l’alimentazione del bestiame con elevato
contenuto di sostanze grasse, e dal trattamento
chimico (successivo a quello fisico)
si ottengono le farine. L’olio grezzo ottenuto
dalla spremitura dei semi, necessita
di essere depurato e poi raffinato.
Ciò fatto si passa alla “reazione di transesterificazione”
(figura 1), il cui scopo è
quello di ottenere un combustibile meno
viscoso per il cui utilizzo non si rendano
MAGGIO 2006
Figura1 - Schema esemplificativo del processo di “transesterificazione”.
necessarie sostanziali modifiche a motori
e caldaie. Con tale procedimento, da
1.000 Kg di olio raffinato e 100 Kg di metanolo
si ottengono1.000 Kg di biodiesel
e 100 Kg di glicerolo. La produzione di
biodiesel è del tutto ecologica, poiché
non presuppone la generazione di residui,
o sottoprodotti di lavorazione. Il glicerolo
viene, infatti, raffinato e venduto
all’industria farmaceutica, come glicerina,
“sottoprodotto” nobile dall’elevato
valore aggiunto, della quale sono noti oltre
800 diversi utilizzi.
Il bioetanolo: componente
per le benzine
Il bioetanolo è un alcool (etanolo o alcool
etilico) ottenuto mediante un processo di
fermentazione (figura 2) di diversi prodotti
agricoli ricchi di carboidrati e zuccheri
quali i cereali (mais, sorgo, frumento, orzo),
le colture zuccherine (bietola e canna
da zucchero), frutta, patata e vinacce.
Il bioetanolo può essere utilizzato direttamente
come componente per benzine (fino
al 30% non comporta modifiche del
motore), puro (adottando alcuni accorgimenti
tecnici) oppure come ETBE (EtilTer-
ButilEtere), additivo per benzine. Nonostante
l'elevato costo di produzione, pari a
circa due volte quello della benzina, il
bioetanolo può risultare ancora fonte di
profitto quando si considerino le attuali
agevolazioni fiscali (regolamento n. 96
70
MOLINI
d’Italia
del 20 febbraio 2004, pubblicato sulla
G.U. n. 87 del 18 aprile 2004) ed i finanziamenti
di origine governativa legate alla
caratteristica "rinnovabile" di questa
fonte energetica. Inoltre, finalmente anche
in Italia, le associazioni dei coltivatori
hanno siglato degli accordi (23 febbraio
2005) per aumentare in maniera significativa
la produzione di bioetanolo aiutando
anche l'agricoltura.
L’ottenimento di etanolo richiede il trattamento
della materia prima per ottenere la
soluzione zuccherina (processo di estrazione),
l’utilizzo di lieviti o batteri per la
conversione dello zucchero in etanolo
(fermentazione aerobica), la distillazione
dell’etanolo dal substrato di coltura e, se
necessaria, la deidratazione.
L’etanolo ricavato, dopo ulteriori trattamenti,
può essere utilizzato come combustibile.
L’ottenimento degli zuccheri dal
granoturco è leggermente differente, poiché
si parte dagli amidi invece che da zuccheri
semplici. La procedura più comune è
la macinazione ad umido che consente di
ottenere, oltre all’etanolo, anche sottoprodotti
per l’alimentazione animale e
olio di mais per utilizzo umano.
Oggi, pur non avendo ancora riscontrato
molto successo nei Paesi europei (unici
produttori sono Spagna, Polonia, Svezia,
Rep. Ceca), a livello mondiale è sicuramente
il biocarburante di maggior diffusione e
quello che mostra il miglior compromesso
tra prezzo, disponibilità e prestazioni.
Aspetti ambientali
L’energia è una delle più importanti
risorse naturali che incidono
direttamente sul benessere
dell’umanità, ma la maggior
parte dei problemi ambientali
sono correlati proprio ad essa.
Più del 75% di tutta l’energia
primaria proviene da giacimenti
di combustibile fossile con conseguente
produzione di emissioni
nocive. La combustione di fonti
di energia fossile contribuisce
largamente al fenomeno dell’“effetto
serra”, causato dall’aumento
della concentrazione di anidride carbonica
nell’atmosfera.
L’Italia, uno dei 170 paesi coinvolti nel
protocollo di Kyoto, si è assunta l’impegno
di ridurre tra il 2008 e il 2012 l’emissione
di gas serra dell’8% rispetto al 1990, in
particolare lo sforzo richiesto al nostro
paese si quantifica in una diminuzione pari
a 100 milioni di tonnellate di anidride
carbonica. Una possibile soluzione potrebbe
essere un modello di sviluppo sostenibile
attraverso nuove tecnologie ovvero
l’utilizzo di energie alternative.
Il materiale utilizzato nei biocombustibili
fornisce il vantaggio di essere neutrale rispetto
alle emissioni di anidride carbonica,
poiché l’anidride carbonica emessa
durante la combustione nel motore è
controbilanciata da quella che la pianta
fissa durante la fase di accrescimento
avendo un bilancio finale praticamente
pari a zero, non contribuendo quindi all’effetto
serra.
A ciò si aggiunge l’entrata in vigore della
Direttiva 2003/17/CE sui nuovi limiti per
l’emissione di zolfo. Lo zolfo è quasi completamente
assente sia negli alcoli sia negli
oli per questo non producono quelle sostanze
altamente inquinanti, come il monossido
di zolfo, consentendo inoltre maggiore
efficienza alle marmitte catalitiche.
Il problema del monossido di carbonio viene
altamente diminuito (-35%) poiché
l’utilizzo di alcoli abbassa la temperatura
di combustione sfavorendone la presenza.
MAGGIO 2006
Figura 2 - Schema esemplificativo del processo di “fermentazione”.
Inoltre la presenza di ossigeno nelle molecole
dei combustibili vegetali contribuisce
ad una migliore combustione che abbassa
a sua volta la possibilità del formarsi
del monossido.
Le emissioni di particolato sono complessivamente
il 32% di quelle del gasolio (il
particolato sotto i 10 µm, altamente nocivo,
inferiore del 68%).
L’utilizzo di oli vegetali abbassa notevolmente
(anche fino all’80%) l’emissione
dell’inquinante PM10, diminuendo, rispetto
al gasolio, la fumosità dei gas di
scarico emessi dai motori diesel.
Sostanze come idrocarburi aromatici
(benzene, toluene ed omologhi) o policiclici
aromatici, pericolosissimi per la salute
umana, non sono contenute nei combustibili
alternativi.
Inoltre, non presentando pericoli di autocombustione
e la loro totale biodegradabilità
consente, in caso di fuoriuscite o dispersioni
accidentali, di non creare disastri
ambientali.
Considerazioni economiche
La domanda energetica continua a crescere
così come i costi del petrolio, nel 2004
si è raggiunto il prezzo record, con un aumento
del 20.7% in più dell’anno precedente.
Le ragioni dell’impennata risiedono
nella combinazione di diversi fattori, riconducibili
alla forza della domanda e alle
difficoltà dell’offerta, infatti, il prelievo
umano di idrocarburi sta avvenendo con
un ritmo di gran lunga più veloce del tempo
di rinnovabilità, e pertanto, i giacimenti
si esauriranno presto.
Nel 2004 la produzione mondiale di bioetanolo
come combustibile ha raggiunto i
30 miliardi di litri, cioè circa il 2% dell’utilizzo
di petrolio, per cui un importante
contributo al futuro energetico potrà essere
offerto da queste fonti.
Con la riforma della PAC attuata nel
2003, il sostegno al reddito degli agricoltori
non è più vincolato alla produzione
agricola, ma essi possono rispondere liberamente
alla crescente domanda di
colture energetiche.
La riforma, ha inoltre introdotto uno speciale
regime di “aiuto alle colture energetiche”
e mantenuto la possibilità di
utilizzare i terreni soggetti ad obbligo di
“ritiro dalla produzione” per l’impianto
di colture con finalità diverse da quelle
alimentari. In passato, solo una fascia limitata
di colture energetiche poteva fruire
degli aiuti, attraverso il regime di ritiro
dalla produzione.
La riforma ha offerto agli agricoltori la
possibilità di impiantare più colture energetiche,
comprese le colture a breve ciclo
di rotazione e altre colture perenni.
Il Programma Nazionale Biocombustibili
(PROBIO) è stato predisposto dal Ministero
delle Politiche Agricole e Forestali in ottemperanza
all’art. 3 della Legge 2 dicembre
98, n. 423, "Interventi strutturali e urgenti
nel settore agricolo, agrumicolo e
zootecnico" per avviare le azioni nazionali
derivanti dall’applicazione delle determinazioni
adottate dalla conferenza di Kyoto
per la riduzione delle emissioni gassose.
La necessità di puntare ad un maggiore
sfruttamento delle potenzialità offerte
dai biocombustibili è stata ribadita re-
centemente dalla Coldiretti.
L’associazione ha stimato che,
l’applicazione della legge dell’obbligo
di miscelazione dei
biocarburanti in Italia, porterebbe
nel primo anno all’aggiunta
di 400.000 tons di biocarburanti
ai normali carburanti
ottenibili indirizzando a coltivazioni
energetiche circa 273
mila ettari di terreno nazionale.
Le stime prevedono anche che
l’incremento nell’utilizzo di questi combustibili
porterà prevedibilmente ad un
incremento delle relative coltivazioni fino
ad arrivare ad un milione e 400 mila ettari
nel 2010.
Gli obiettivi della ricerca integrata
I progetti di ricerca industriale condotti a
livello integrato hanno la peculiarità di generare
una convergenza di forze e competenze
che permettono di aumentarne la
produttività; quest’ultima intesa come riduzione
dei fallimenti e velocità nella realizzazione
di nuovi prodotti e processi. Il
programma “molini in rete” risulta alquanto
innovativo e complesso nel panorama
dei molini in Italia.
Di particolare importanza per le ricadute in
termini di benefici e di perseguimento degli
obiettivi, risultano le scelte d’impostazione
delle tematiche di ricerca industriale.
Tra i driver fondamentali nell’individuazione
dei miglioramenti all’interno delle
procedure di gestione della lavorazione,
non possono essere tralasciati fattori
quali la sicurezza e la qualità.
In particolare, in tema di micotossine nelle
farine la gestione del rischio da parte
dei produttori si lega inevitabilmente al
tema sulla sicurezza dei prodotti a marchio.
È perciò di fondamentale importanza
comprendere l'impatto economico
delle micotossine sulla sicurezza dei prodotti
per trarre beneficio dall'analisi del
rischio ed il controllo delle micotossine
nella produzione primaria in un’ottica di
approccio di filiera per il miglioramento
delle garanzie igienico-sanitarie.
MAGGIO 2006 MOLINI
d’Italia
71
Micotossine: una sfida “scientifica”
Le micotossine, anche se identificate e studiate
negli ultimi decenni, certamente hanno
causato problemi all’uomo e agli animali
da sempre.Tutti i continenti sono interessati
dai problemi connessi alla contaminazione
da micotossine, in particolare quelli
caratterizzati da sistemi agricoli scarsamente
sviluppati, ma i problemi non mancano,
anche nei Paesi con sistemi agricoli
avanzati. Come accennato in precedenza,
la presenza di micotossine negli alimenti
coinvolge tutta la filiera produttiva per cui,
solo una visione globale della filiera, che
coinvolga competenze di tipo agronomico,
climatologico, fitopatologico, chimico, molecolare,
zootecnico, nutrizionale, medico e
ingegneristico, può consentire un approccio
gestionale sistematico. In questo modo,
si può mirare ad una corretta valutazione e
gestione del rischio micotossine.
In particolare, si possono avere elementi
per la definizione degli aspetti normativi, a
tutela del consumatore e del benessere animale,
secondo un approccio etico che tenga
presente la sostenibilità economica delle
decisioni,alla luce del livello evolutivo dei
sistemi produttivi. Le micotossine sono
quindi una sfida; una visione pessimistica
farebbe pensare ad un serio problema, talvolta
all’apparenza irrisolvibile, ma una visione
ottimistica potrebbe invece individuarle
come elemento base per costruire
collaborazioni tra ricercatori di varie discipline,
operatori della filiera produttiva e differenti
Paesi.Dalle informazioni scientifiche
acquisite, le micotossine nella graduatoria
dei possibili rischi cronici da alimentazione,
devono essere collocate ai primi posti. E’
importante quindi, che le Autorità attuino
le opportune misure (definizione dei limiti
massimi accettabili) ed i produttori attuino
gli opportuni controlli con metodologie armonizzate
a livello comunitario, insieme
con azioni preventive in campo.
Una filiera nazionale di biocarburanti
In tema energetico, a livello europeo, la
maggiore diffusione dei carburanti di ori-
72
MOLINI
d’Italia
gine vegetale rappresenta un tassello fondamentale
e strategico. Questo per attenuare
il peso delle importazioni petrolifere
e per farne una delle azioni strategiche
per il rispetto degli obblighi imposti dal
Protocollo di Kyoto.
Così, la recente normativa apre, di fatto,
nel nostro Paese una fase iniziale per lo
sviluppo di una filiera nazionale di biocarburanti.
Le filiere cerealicole si stanno attrezzando
per lo sfruttamento di quest’opportunità.
Applicazioni di ricerca industriale in questo
senso possono apportare evidenti benefici,
sia in termini di valore per il riutilizzo
di sottoprodotti di lavorazione sia in
termini di sostenibilità della produzione.
I vantaggi apportati dalla produzione di
biocombustibile sono molti.
Fabbisogno energetico nazionale: crescita
dell’auto-produzione nazionale di
carburanti con conseguente miglioramento
dell'autosufficienza energetica
nazionale.
Occupazione nel settore agricolo: la
produzione agricola per fini energetici
favorisce l'occupazione nel settore
agricolo ben distribuita sul territorio
nazionale.
Maggiore redditività delle imprese agricole
nazionali: la domanda dei biocarburanti
non mancherebbe, lo dimostra il
crescente fenomeno illegale per l'olio di
colza alimentare (materia prima agricola
da distinguere dai biocarburanti). I
biocarburanti rappresenterebbero una
valida attività di reddito complementare
per le aziende agricole oltre che una
possibilità di autoconsumo senza dover
dipendere dalle oscillazioni del prezzo
del petrolio.
I biocarburanti riducono lo smog in città.
Riducono l'effetto serra: i biocarburanti
rilasciano nell'aria la stessa quantità di
CO2 assorbita dalla pianta per crescere.
Il bilancio con l'ambiente si chiude in
pareggio e non si alimenta l'effetto serra.
Favorisce pertanto il raggiungimento
degli obiettivi di Kyoto.
Maggiore indipendenza dal petrolio: il
petrolio è ormai una vera e propria tas-
sa per tutti i cittadini. Soltanto le Casse
dello Stato beneficiano tramite le accise
dall'incremento del prezzo del petrolio,
tutti i cittadini e le imprese sono invece
penalizzate nel potere di acquisto e nei
costi.Aumentare la quota dei biocarburanti
frenerebbe questa situazione e la
minore dipendenza dai paesi produttori
di petrolio favorirebbe una caduta del
prezzo del petrolio.
E’ necessario sottolineare che le ricadute
degli effetti delle ricerche e l’efficacia relativa
allo loro sviluppo, dipenderà comunque
dai risultati ottenuti nelle analisi e
sperimentazioni empiriche e dei quali si
elaboreranno le dovute conclusioni.
Bibliografia
Progetto E01/0661/01/X02.
Programma “i molini in rete”.
Webzine Sanità Pubblica Veterinaria,15 marzo 2003 (dati pubblicati
dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e
delle Marche).
Istituto Superiore di Sanità, Workshop Laboratorio Nazionale
di Riferimento, Debegnach, 29 dicembre 2005.
Istituto Superiore di Sanità,Workshop Analisi del rischio, Miraglia,
29 dicembre 2005.
ERSA,Agricoltura e Bioenergia, 2005.
APAT, Bioenergia e cambiamenti climatici, 2005.
Hoogwijk M., Faaij A., Van den Broek R., Berndes G., Turkenburg
W., Biomass and Bioenergy, 25 (2), 2002.
Wright L., Perlack, R., Bioenergy Developments, 8, 2000.
IPCC, Climate Change 2000 Synthesis Report, 2001.
DIRETTIVA 2003/96/CE DEL CONSIGLIO del 27 ottobre 2003
che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti
energetici e dell'elettricità.
legge 2.12.98, n.423, "Interventi strutturali e urgenti nel settore
agricolo, agrumicolo e zootecnico.
DIRETTIVA 2003/30/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL
CONSIGLIO dell'8 maggio 2003 sulla promozione dell'uso dei
biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti.
COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE Bruxelles,
07.12.2005 COM(2005) 628 definitivo “Piano d’azione per la
biomassa” {SEC(2005) 1573}.
Agenzia delle dogane: Determinazione n. 7512 del
16/11/2005. Biodiesel. Assegnazione del contingente agevolato
per l’annualità 2006.
Agenzia delle dogane: Determinazione n. 9041 del 2/1/2006.
Biodiesel. Assegnazione del contingente agevolato per l’annualità
2006.
MAGGIO 2006
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MOLINI • PASTIFICI • MANGIMIFICI • SILI
MILLS • PASTA INDUSTRIES • ANIMAL FEED INDUSTRIES • SILOS
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Le Aziende Informano | News from Companies
Test rapidi a flusso laterale per l’analisi delle micotossine
Un’importante novità nella gamma dei
prodotti R-Biopharm è il RIDA ® QUICK per
l‘aflatossina, un test immunocromatografico
per la semplice e rapida determinazione
semiquantitativa dell‘aflatossina.
Questo innovativo sistema di rilevamento
a flusso laterale agisce sulla base della
proporzione diretta, ovvero se l‘aflatossina
non è presente nel campione oppure è
presente in quantità inferiori al limite di riferimento,
non compare nessuna banda
reattiva. Se, invece, l‘aflatossina è presente,
si forma una banda reattiva.
Una banda di controllo, che documenta la
74
MOLINI
d’Italia
funzionalità, compare sempre dopo al
massimo 2 minuti. A seconda dei tempi
d‘incubazione e dell‘eventuale comparsa
della banda reattiva, si può procedere a
una valutazione semiquantitativa dei risultati
del test.
I tempi d‘incubazione variano tra i 4 e i 16
minuti, trascorsi i quali il risultato viene
letto ad occhio nudo. In questo modo, per
rilevare eventuali contaminazioni da aflatossine,
è possibile analizzare rapidamente
e in maniera attendibile il mais, il grano,
come anche altri tipi di cereali e persino le
matrici difficili (noci, fichi, pistacchi e, in
parte, le spezie).
Il kit contiene 20 strisce reattive, insieme
ad una soluzione tampone e a una scheda
d‘interpretazione dei risultati.
I test RIDA ® QUICK DON e RIDA ® QUICK
Fumonisin contengono 25 strisce reattive
che possono essere interpretate a occhio
nudo dopo una semplice preparazione del
campione (omogeneizzazione e estrazione)
e un tempo di incubazione di 5-10 minuti.
Il limite di riferimento è stabilito a cir-
ca 1,25 ppm (mg/kg) per DON e circa 1
ppb (µg/kg) per la fumonisina.
Qualora dovesse rendersi necessaria
un‘analisi di conferma sulla base della positività
di un campione oppure a fini di
controllo, si possono usare le colonne di
immunoaffinità di R-Biopharm in combinazione
con la cromatografia liquida ad
alta risoluzione. Anche in questo caso, il
cliente potrà confidare nella pluriennale
esperienza e competenza di R-Biopharm
nel settore delle analisi immunologiche e
della preparazione dei campioni.
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MAGGIO 2006
Codice ambientale: pubblicati i nuovi decreti
In attuazione del Codice dell’Ambiente,
sono stati pubblicati sulla Gazzetta
Ufficiale della Repubblica Italiana n.
108 dell’11 maggio 2006, altri otto decreti
attuativi del d. lgs. n. 152/2006.
Ecco nel dettaglio i nuovi decreti:
1. Istituzione dell’Autorità di vigilanza
sulla risorse idriche e sui
rifiuti ai sensi dell’art. 159, comma
1 del d. lgs. n. 152/06;
2. Individuazione delle tipologie
di beni in polietilene rientranti
nel campo di applicazione dell’art.
234 del d. lgs. n. 152/06 (il
decreto elenca i beni in polietilene,
come teli e reti per uso agricolo, al
fine di rendere chiaro il campo di applicazione
dell’art. 234 e porre fine
al rilevante contenzioso derivante
dall’art. 48 del d. lgs. n. 22/97);
3. Riorganizzazione del catasto
dei rifiuti, ai sensi dell’art. 189 del
36 AECO | www.aecosensors.com
2 • 3 ANSELMO | www.anselmoitalia.com
54 APRIM | www.aprim.it
48 BOSCARO | www.boscaropasqualino.it
53 BSP | www.bspengineering.it
II COPERTINA • 1 BÜHLER | www.buhlergroup.com
20 CAPITANIO | www.capitanio.it
34 COLOMBO | www.colombopietro.it
16 CUSINATO | www.cusinato.com
60 EURO IMP. EL. | www.euroimpel.it
62 • 64 F.LLI BORGHI | www.borghigroup.it
46 FASOLI | www.officinefasoli.com
38 • 39 FAVA | www.fava.it
50 FPM | fpmsrl@tin.it
29 FOSS | www.foss.dk
d. lgs. n. 152/2006 (il decreto adegua
l’organizzazione del catasto dei
rifiuti al d. lgs. n. 152/06 e allo sviluppo
delle tecnologie informatiche
per la trasmissione dei dati, al fine di
agevolare la consultazione da parte
di operatori e autorità di controllo);
4. Istituzione dell’elenco dei rifiuti:
il decreto trasforma la direttiva
del Ministero dell’Ambiente e della
Tutela del Territorio del 9 aprile
2002 in decreto, aggiornando i codici
CER alla luce delle disposizioni del
d. lgs. n. 152/06, nonché del decreto
di aggiornamento del D.M. 5/2/98,
in corso di pubblicazione;
5. Aggiornamento degli standard
europei fissati dal Comitato europeo
di normazione (CEN), in
conformità ai requisiti essenziali
stabiliti dall’art. 9 della dir.
94/62/CE sugli imballaggi e rifiuti di
ELENCO INSERZIONISTI
INDEX OF ADVERTISERS
COPERTINA GBS GROUP | www.gbsgroupspa.it
18 IMPAC | www.impac.it
45 INTECH | www.intechsrl.it
III COPERTINA ITALSAVE | www.italsave.it
31 LA NUOVA LAMPA | www.nuovalampa.com
IV COPERTINA LANDUCCI | www.landucci.it
74 MARANI | www.marani.it
15 MAZZETTI | www.mazzettisas.com
12 MILL SERVICE | www.ms-italia.com
41 MORIONDO | www.moriondo.it
13 MOUSE | www.derattizzazione.it
4 NICCOLAI | www.niccolai.com
6 OCRIM | www.ocrim.com
8 OGNIBENE | www.ognibene.bo.it
25 PAGLIERANI | www.paglierani.com
Notiziario Italmopa | Italmopa News
imballaggio (art. 226 comma 3 del d.
lgs. n. 152/06) - il decreto rende praticabile
e controllabile il rispetto degli
standard europei relativi ai requisiti essenziali
sugli imballaggi e sui rifiuti da
imballaggi;
6. Fissazione delle norme tecniche
per i veicoli fuori uso non disciplinati
dal d. lgs. 24 giugno (art. 231
comma 13 del d. lgs. n. 152/06);
7. Gestione delle entrate derivanti
dall’Albo dei gestori ambientali
(art. 212 comma 16 del d. lgs. n.
152/06);
8. Semplificazione delle procedure
amministrative relative alle rocce e
terre da scavo provenienti da cantieri di
piccole dimensioni la cui produzione
non superi i seimila metri cubi di materiale
(art. 266 comma 7 del d. lgs. n.
152/06).
(LP)
51 PI.SA. | www.pi-sa.it
14 PAVAN | www.pavan.com
28 RAM | www.ramelettronica.it
11 R-BIOPHARM | www.r-biopharm.com
22 S.COM | www.sicom-italy.com
I.P. • 10 SAE | www.saeengineering.com
69 SIAB | www.siabweb.com
44 SIAT | www.siat.it
42 SEVEN | www.sevensrl.it
18 TECHNIPES | www.technipes.com
58 TECHNOBINS | www.technobins.it
55 VISENTIN | www.antenorevisentin.com
32 VOMM | www.vomm.it
26 ZAMBELLI | www.zambellionline.com
30 ZANIN | www.zanin-italia.com
MAGGIO 2006 MOLINI
d’Italia
75
Fiere e Convegni | Fairs and Meetings
76
MOLINI
d’Italia
9/12 GIUGNO 2006
BARI
TIAM - Salone mediterraneo
per l’industria alimentare
Ipack-Ima · Corso Sempione, 4 · Milano
tel. 02 3191091
e.mail ipackima@ipackima.it
14 GIUGNO 2006
LONDRA (GRAN BRETAGNA)
IGC 2006 - Conferenza annuale
del Consiglio Internazionale dei Cereali
International Grains Council · 1 Canada Square
Canary Wharf · Londra · Gran Bretagna
fax +44 20 75130630
e.mail conf@igc.org.uk
7/10 SETTEMBRE 2006
BOLOGNA
SANA - 18° Salone internazionale
del naturale, alimentazione, salute e ambiente
Fiere e Comunicazioni · Via S.Vittore, 14 · Milano
tel. 02 86451078
e.mail info@sana.it
17/20 SETTEMBRE 2006
SAN FRANCISCO (USA)
WORLD GRAINS SUMMIT
Conferenza mondiale sui cereali
per uso alimentare
AACC · 3340 Pilot Knob Road · St. Paul · MN · USA
fax +1 651 4540766
e.mail aacc@scisoc.org
17/20 SETTEMBRE 2006
SAN FRANCISCO (USA)
Meeting annuale dell’Associazione
Americana Chimici Cerealisti
AACC · 3340 Pilot Knob Road · St. Paul · MN · USA
fax +1 651 4540766
e.mail aacc@scisoc.org
21/23 SETTEMBRE 2006
BOLOGNA
GRANOITALIA - Giornate di studio sui cereali
Avenue media · Via Riva Reno, 61 · Bologna
tel. 051 6564311
fax 051 6564334
e.mail congressi@avenuemedia.it
web www.avenuemedia.it
3/9 OTTOBRE 2006
MONACO (GERMANIA)
IBA 2006 - Salone mondiale
di panificazione e pasticceria
GHM · Willy Brandt Allee, 1 · Monaco · Germania
fax +49 89 94955239
e.mail info@ghm.de
12/14 OTTOBRE 2006
VICENZA
IMPATEC - 6°Salone internazionale
dell’imballaggio
Fiera di Vicenza · Via dell’Oreficeria, 16 · Vicenza
tel. 0444 969111
fax 0444 969000
e.mail info@vicenzafiera.it
15/19 NOVEMBRE 2006
BOLOGNA
EIMA - 37 a Esposizione internazionale
delle macchine per l’agricoltura e giardinaggio
Unacoma · Via L. Spallanzani, 22/A · Roma
tel. 06 442981
fax 06 4402722
e.mail eima@unacoma.it
20/24 NOVEMBRE 2006
PARIGI (FRANCIA)
IPA/EMBALLAGE - Saloni internazionali
per l’industria alimentare e dell’imballaggio
Saloni Internazionali Francesi
Via Caradosso, 10 · Milano
tel. 02 4343531
e.mail salonifranc@iol.it
MAGGIO 2006