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Web Gnomonices! - Gnomonica by Nicola Severino

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<strong>Web</strong> <strong>Gnomonices</strong>!<br />

La prima rivista digitale italiana di <strong>Gnomonica</strong> <strong>by</strong> <strong>Nicola</strong> <strong>Severino</strong> 2004<br />

Numero 2 Febbraio 2004<br />

Frammento di meridiana romana rinvenuto ad Aquino (FR) e ivi conservato nel locale Museo<br />

Archeologico. Foto di N. <strong>Severino</strong><br />

In questo numero:<br />

Denis Savoie, Passaggio al meridiano e meridiano (trad. di Riccardo Anselmi)<br />

Giacomo Agnelli, La meridiana catottrica di S. Cristo a Brescia<br />

<strong>Nicola</strong> <strong>Severino</strong>, Due frammenti di meridiane romane nel museo di Aquino<br />

Cartoons di G. Agnelli: La precisione assoluta<br />

<strong>Web</strong> <strong>Gnomonices</strong>!<br />

By <strong>Nicola</strong> <strong>Severino</strong> –<br />

nicolaseverino@libero.it


RIPRISTINATA UNA MERIDIANA CATOTTRICA DEL ‘700<br />

NEL CONVENTO SAVERIANO DI SANCRISTO A BRESCIA-CITTA’<br />

Di Giacomo Agnelli<br />

Nel convento dell’Annunciata, a Piancogno in Valcamonica, esistono tre meridiane, di cui una catottrica<br />

del ‘700 di pregevole fattura, con indicazioni in ore italiche, cui furono aggiunte anche le francesi all’inizio<br />

dell’800, dotata di specchio in perfetta positura e ornata con fregi e sonetto poetico. Nel n.1-2 Anno II - 1997<br />

(TERZA SERIE) della Rivista BRIXIA SACRA, pp. da 73 a 80 - era stato descritto questo notevole<br />

manufatto.<br />

Un’altra meridiana, simile e coeva di quella, esiste anche nel convento di Sancristo di Brescia, alle<br />

pendici del Cidneo, ora di proprietà dei Saveriani. I due conventi presentano entrambi notevoli affreschi: il<br />

primo, dipinti da Pietro da Cemmo nel XV secolo, ed il secondo da artisti vari, i quali hanno dipinto la volta<br />

del tempio ad imitazione della Cappella Sistina, entrambi relativi alla storia di Cristo e della Madonna.<br />

Lo scorso anno 2002, essa é stata liberata dall’imbiancatura a calce – applicata in periodi d’epidemie,<br />

secondo le profilassi d’allora, che la rendeva semi nascosta - e si é provveduto al suo restauro ed è stato<br />

anche necessario ricollocare adeguatamente il sistema riflettente. Mons. Vigilio Olmi - in una delle sue ultime<br />

funzioni ufficiali come Vescovo ausiliare di Brescia – ha benedetto questa “rinascita” il 22 maggio dello<br />

stesso anno.<br />

Qui si descrive la meridiana e la tecnica per il suo ripristino. Gli allievi della Scuola di restauro di Botticino<br />

(S.Gallo) hanno rimesso in luce i magnifici affreschi all’interno del tempio bresciano, mentre i tecnici del<br />

restauro conservativo - il decoratore Sergio Taini della ditta Oikia e soci - hanno operato con pazienza e<br />

competenza, sponsorizzato dai Sommelier bresciani.<br />

Il convento di Sancristo a Brescia<br />

Dal 1960, il convento è passato in proprietà dei Missionari Saveriani di Parma ed ospita le<br />

attività editoriali del loro Istituto e una libreria. Esso è posto nel cuore del Centro storico cittadino,<br />

alle pendici del colle Cidneo, ed è notevole per le sue ricchezze architettoniche ed artistiche.<br />

E’ costituito da una Chiesa del XV secolo, ad ala unica, di stile tardo-gotico, costruita dai Frati<br />

Gesuati – detti anche Laici bianchi, dediti all’assistenza negli ospedali - e da tre chiostri adiacenti,<br />

che furono edificati dal 1467.Attualmente è in atto un’opera di restauro, in avanzata fase di<br />

compimento, tendente a riportare gli edifici all’impronta originale ed a ridare splendore ai numerosi<br />

dipinti, quelli del tempio soprattutto, che comprendono scene della vita di Cristo, gli Evangelisti con<br />

i libri aperti, scene dell’Antico Testamento a tema eucaristico, con le valenze ecclesiali ed<br />

escatologiche, e – fra tant’altre opere, dipinte sulla volta e sulle pareti, come si vede nella Cappella<br />

Sistina in Vaticano - un Giudizio Universale con il Cristo assiso sulle nubi.<br />

La Chiesa ed i chiostri ebbero una storia di rifacimenti, poiché già nel XII secolo, sullo stesso<br />

terreno, esisteva un antico convento, forse di Canonichesse Agostiniane, con la Chiesa di S. Pietro<br />

a Ripa e prima ancora un’altra dedicata a S. Bartolomeo. Essa fu affrescata nel 1490 da Pietro da<br />

Cemmo e Gerolamo da Brescia e consacrata nel 1501. Ritoccata nel XVII secolo, con la copertura<br />

degli affreschi quattrocenteschi, e con l’aggiunta (1640) di tre nuove cappelle, fu ridipinta per opera<br />

del Gesuato Fra Benedetto Marone; quindi, adornata con opere del Bagnadore, di Pompeo Ghitti,<br />

di Francesco Paglia e di tele e tempere del Moretto.<br />

Nel chiostro adiacente sono visibili altri dipinti, un’Ultima Cena, la Preghiera di Gesù nel<br />

Getsemani ed altri che sono tuttora da liberare della calce che fu sovrapposta a difesa d’epidemie.<br />

Così pure negli altri due chiostri, negli atri d’ingresso e nel Refettorio.<br />

Fra questi, nel primo chiostro (figg. 1 e 2), in corrispondenza dell’ingresso alle antiche scale -<br />

ora soppresse e con la porta murata - campeggia la meridiana catottrica, come si vede in fig. 3.<br />

Da quanto si può appurare, essa è molto simile a quella dell’Annunciata di Piancogno: non si<br />

conoscono i nomi dei realizzatori, ma si ritiene non improbabile che sia opera della stessa mano.<br />

Le pagine di BRIXIA SACRA - citate in premessa - indicano già quanto riportato nel seguente<br />

paragrafo: si è ritenuta opportuna una sintesi per chi non avesse sottomano tali pagine ed in<br />

queste cose la ridondanza non guasta mai...


Com’è fatto un sistema catottrico?<br />

In generale: il sole manda un raggio di luce per riflessione - mediante un minuscolo<br />

specchietto - gettando una piccola macchia luminosa nella penombra del soffitto sotto la volta.<br />

Infatti, il vocabolo Catottrico (dal greco Kaltroptron = specchio) appartiene alla Scienza dell’Ottica<br />

geometrica e dicesi di sistema che utilizzi superfici riflettenti.<br />

In particolare: la progettazione di un orologio che si legga sotto le volte dei chiostri è in ogni<br />

caso possibile, ma si ha una complicazione nel fatto che la luce va a finire su delle superfici<br />

incurvate e che si intersecano secondo il gusto dell’architetto (fig. 4).<br />

Le Ore Italiche indicate dalle meridiane: queste ore, dette anche Ore Uguali Ab Occasu<br />

(dal tramonto al tramonto, in contrapposizione di quelle Ab Ortu, dall’alba all’alba), sono contate in<br />

24 iniziando dal tramonto del sole, proseguendo durante tutta la notte, poi arrivando il mattino e<br />

proseguendo per tutta la giornata fino al nuovo tramonto. La Chiesa ha sempre privilegiato, nel<br />

corso della sua storia, le ore all’italiana - non più usate perché anacronistiche oggidì – giacché nei<br />

secoli passati vigeva la Civiltà contadina e la giornata terminava al tramonto del sole, indicando<br />

l’ora XXIV. La necessità di far segnare le 24 ore in tutto l’anno allorquando il tramonto varia di<br />

giorno in giorno, massimamente in inverno che tramonta molto presto rispetto all’estate, rende<br />

l’interpretazione nostra un po’ difficoltosa.<br />

Supponiamo, infatti, un giorno d’inverno in cui il sole tramonti alle attuali ore 17, vale a dire alle<br />

5 del pomeriggio, ovvero 5 ore dopo le 12 (l’ora che noi chiamiamo del Mezzogiorno Civile, ma che<br />

in realtà non corrisponde affatto al Mezzogiorno Vero), l’ora del mezzodì nostro (in cui<br />

tradizionalmente si va a pranzo) diventerebbe 24 - 5 = 19, ossia l’orologio segnerebbe le ore 19 al<br />

mezzodì; parimenti, supponendo un giorno d’estate con il sole che tramonti alle 20, vale a dire alle<br />

8 di sera, il pranzo sarà per le 24 - 8 = 16, ovvero il mezzodì sarebbe alle 16. Tale é l’indicazione<br />

della Linea Meridiana delle ore italiche, segnata con l’emblema di una campanella. Per quanto<br />

attiene l’alba, il computo è subito fatto: si contano all’indietro tante ore quante ne passano dal<br />

mezzodì al tramonto. Nei giorni dell’Equinozio (dal latino Aequa nox, che accade il 21 marzo ed il<br />

23 settembre) - dove in tutto il mondo si hanno esattamente 12 ore di buio e 12 ore di luce - si nota<br />

che l’alba ed il mezzodì sono rispettivamente le ore 12 e le ore 18, dove ovviamente le 24, come di<br />

regola, corrispondono al momento del tramonto.<br />

Di solito, le campane dei conventi (ma anche quelle delle Torri Civiche e dei Campanili<br />

Parrocchiali) suonano l’ora del pranzo con l’Angelus del mezzodì e dalla meridiana, a quei tempi,<br />

si rilevava il momento preciso in cui il campanaro doveva tirare le corde. Con la costruzione degli<br />

ingegnosi meccanismi degli Orologi da torre - capaci di far suonare automaticamente le campane<br />

sia per il Batter dell’ore e dei loro quarti, sia per i rintocchi dell’Angelus nei tre momenti della<br />

preghiera giornaliera (al Vespero = inizio del nuovo giorno, la sera dopo il tramonto, all’alba del<br />

mattino seguente ed al mezzodì) fu istituita una semplificazione degli orari al variare dei mesi, in<br />

modo che la regolazione delle cammes, collegate con il ruotismo dell’orologio meccanico,<br />

avvenisse ad intervalli più distanziati e non tutti i giorni.<br />

Le ore italiche sono tracciate in modo trasversale e danno immediatamente la visione di quanto<br />

manca al tramonto in base alla lettura della macchia di luce, con riferimento al periodo stagionale<br />

in cui si è.<br />

La riforma napoleonica: con la discesa di Napoleone in Italia - verso la fine del XVIII secolo<br />

- e la costituzione della Repubblica Cisalpina, furono abolite per decreto le ore all’italiana per<br />

istituire le ore alla francese. Queste - che sono quelle analoghe alle attuali, definitivamente in<br />

auge in tutto il mondo, ma oggi rigorosamente scaglionate in fusi orari - erano dette allora<br />

Equinoziali, Ultramontane, Comuni o anche Volgari, ma chiamate dai Francesi: moderne! Il<br />

vincitore obbligò i frati ad aggiungere anche quelle a tutte le meridiane esistenti.<br />

Tale modo di computare le ore, stabiliva che il termine della giornata avvenisse 12 ore dopo<br />

che il sole era passato al suo Punto culminante - ovvero dal momento in cui l’ombra era passata<br />

sulla Linea meridiana - quindi con l’indicazione delle 12 al Mezzogiorno vero e delle 24 alla<br />

Mezzanotte. La grande differenza tra le ore italiche e quelle francesi sta appunto in questo fatto,<br />

pur computando entrambi ventiquattro ore nell’arco dell’intera giornata. Le linee che indicano<br />

questo nuovo tipo d’ore sono tracciate in rosso ed hanno un andamento radiale, con il punto


d’incontro alla base dello gnomone. Per quanto attiene gli orologi meccanici, la cosa si risolse nel<br />

rimettere le lancette al punto giusto, secondo la disposizione governativa.<br />

Nonostante le imposizioni del conquistatore, la gente - ma soprattutto i Cappuccini -<br />

continuarono ad usare il vecchio sistema per qualche generazione, e ciò fino a ché l’unificazione<br />

dettata dai moderni sistemi via via utilizzati (era stato nel frattempo inventato il telegrafo, il treno<br />

ormai univa le varie Regioni d’Italia ed anche l’estero, era stata istituita la scuola per tutti, ecc...)<br />

fece diventare necessario adottare il sistema ormai accettato da tutta l’Europa, com’era avvenuto<br />

per il Sistema metrico decimale.<br />

Come si legge questa meridiana a riflessione?<br />

Le indicazioni della meridiana catottrica: il visitatore - più o meno capace di leggere l’ora<br />

su un orologio -meridiana posto su di una superficie piana - guardando quella catottrica ha un<br />

senso iniziale di sbigottimento dovuto ad un insieme intricato di linee e di grafici strani. Questa<br />

sensazione di disagio, già messa a dura prova per la presenza nel monastero di una ricchezza<br />

d’opere pittoriche che vanno capite e di simboli suggestivi, lascia il posto alla ammirazione ed alla<br />

contemplazione se si ha la fortuna di ascoltare le indicazioni di un competente in materia...<br />

Un tabellone (fig.5) è stato applicato nelle vicinanze di quest’opera, con lo scopo di guidare, in<br />

modo sia pur sintetico, alla lettura di essa e - poiché si ritiene che sia del tutto paragonabile a<br />

quella dell’Annunciata - anche quella camuna.<br />

Qui è descritta più compiutamente. Per prima cosa c’è da osservare che esiste una linea nera<br />

che va da Nord (parte interna) al Sud (verso il chiostro): essa è la Linea meridiana e la macchia di<br />

sole riflessa - con una concentrazione molto luminosa - si posa su di essa in un luogo dipendente<br />

dalla stagione in cui siamo. Ciò avviene nel momento del Mezzogiorno vero, ossia quando il sole<br />

raggiunge il Punto culminante nel cammino di quel giorno specifico. La linea non è appartenente<br />

ad una retta, perché é tracciata su di una superficie arcuata ma è contenuta nel piano N-S. Con<br />

questa si incrociano, trasversalmente ad essa (e dalla stessa divise a metà), sette linee curve che<br />

delimitano le sei doppie zone dei Mesi zodiacali, tre dell’Inverno e tre della Primavera, lette dalla<br />

parte sinistra (quando il sole é in continua ascesa giorno dopo giorno) e tre dell’Estate e tre<br />

dell’Autunno, lette invece a destra (quando il sole è in continua discesa).<br />

Dette sei doppie zone, cominciando dalla parete di fondo - dove esiste la linea curva del<br />

Solstizio d’Inverno (21 dicembre) - sono rispettivamente: Capricorno (a sin.) e Sagittario (a dx), poi<br />

Acquario e Scorpione, quindi Pesci e Bilancia, essendo chiaro che trattasi di zone bivalenti,<br />

comuni alle indicazioni dell’Inverno e dell’Autunno, seguite poi da quelle comuni alla Primavera ed<br />

all’Estate. La linea di separazione tra Inverno-Autunno con la Primavera-Estate è la Linea degli<br />

Equinozi, sia di Primavera che d’Autunno (quando si ha il giorno e la notte d’egual durata, vale a<br />

dire il 21 marzo ed il 23 settembre). Le tre zone seguenti sono: Ariete e Vergine, poi Toro e<br />

Leone, quindi Gemelli e Cancro, che terminano alla linea curva del Solstizio d’Estate (21 giugno).<br />

Trattandosi di manufatto in ambiente religioso, i Francescani - interpretando i detti della Chiesa<br />

- hanno voluto dare a quest’opera un aspetto sacro. Già il fatto di utilizzare il soffitto della volta<br />

richiama alla mente la Contemplazione del Creato e la volta stessa rappresenta la Volta del Cielo,<br />

ove in penombra brilla la luce riflessa del sole ad indicare, come l’Amore che proviene da Dio, la<br />

vita che scorre ciclicamente. Nei quattro momenti importanti dell’anno sono state poste, con<br />

trascurabili errori dovuti alle valutazioni dell’epoca, le quattro Feste importanti per la Liturgia sacra:<br />

al Solstizio d’Inverno il Natale di Cristo (25 dicembre in luogo del 21); all’Equinozio di Primavera<br />

l’Annunciazione (25 marzo, vale a dire nove mesi prima della nascita di Gesù, anziché il 21); al<br />

Solstizio d’Estate la nascita di S. Giovanni Battista, nato sei mesi prima di Cristo (24 giugno<br />

anziché il 21); all’Equinozio d’Autunno la Festa dei Santi Michele e Gabriele, gli Arcangeli che<br />

hanno, rispettivamente, sconfitto il demonio ed annunciato a Maria una speranza di Salvezza per<br />

l’uomo (29 settembre anziché il 23).<br />

Il passaggio giornaliero della macchia solare indica anche il passare delle ore, con la doppia<br />

indicazione temporaria: per le Ore italiche e per quelle Francesi, tracciate in linee blu le prime ed in<br />

linee rosse le seconde. Ecco allora spiegato l’intreccio fra le linee orarie blu e rosse: si nota<br />

l’appartenenza all’uno o all’altro sistema osservando la linea meridiana nera N-S, che è luogo del<br />

mezzogiorno vero, dove per le prime - facendo corrispondere alle 24 il momento in cui il sole


tramonta - l’ora del mezzodì non è mai indicata alle 12, ma varia con il variare della posizione del<br />

sole nell’arco diurno, mentre per le seconde il mezzodì è costantemente alle ore 12. Ecco allora<br />

che si spiegano le scritte della strana numerazione oraria, che fa corrispondere il mezzogiorno<br />

italico fra le 15 e le 16 in estate (sulla linea del solstizio estivo) e fra le 19 e le 20 in inverno (sulla<br />

linea del solstizio invernale). Per la stagione intermedia, l’ora del mezzogiorno varia<br />

continuamente, come si è detto, e la si legge all’incrocio delle linee orarie con quella nera del<br />

meridiano.<br />

La lettura si semplifica tenendo presente questi fatti ed in base alle linee zodiacali è possibile<br />

stabilire l’ora indicativa del pranzo per tutta la durata dell’anno: da ciò il campanaro traeva le<br />

informazioni per il suono della campana all’Angelus, cosa che fu modificata per l’unificazione<br />

stagionale allorquando si passò all’uso dell’automatismo nelle torri campanarie.<br />

Indicazioni di località geografiche: si dà qui un’ultima segnalazione - che vale per tutte e<br />

due le meridiane di cui si parla - naturalmente tenendo conto della diversa collocazione geografica.<br />

Sotto la linea invernale ci sono tanti fiocchi distribuiti lungo la curva e portano il nome di parecchie<br />

località note (fig.7). Sono i luoghi in cui il sole passa al loro meridiano durante la giornata, cosicché<br />

possiamo conoscerne il momento o sapere a che ora è il Mezzogiorno vero in tali località.<br />

Essendo stata costruita sul meridiano passante per il luogo in cui il manufatto si trova (per quella<br />

camuna é Borno, che è località principale rispetto a Piancogno, e per la bresciana è ovviamente<br />

Brescia), la meridiana indica col fiocco principale tale località, mentre sulla sinistra si leggono<br />

quelle ad oriente e sulla destra quelle ad occidente.<br />

Come sono state superate alcune difficoltà di ricostruzione? Giunto il momento del<br />

restauro, fu fatto qualche assaggio, ancora quando c’erano i calcinacci, e sono poi stati eseguiti<br />

dei calcoli definitivi. Ciò è stato possibile ed opportuno: infatti, furono liberate alcune zone del<br />

manufatto all’uopo di poter fare delle valutazioni in merito ai tracciati – sia pur approssimate – in<br />

punti caratteristici, quali appartenenti alla Linea Solstiziale ed alla Linea Meridiana, che sulle<br />

superfici piane sono entrambe giacenti in ben definiti piani verticali, ma qui è tutt’altra cosa… e ci<br />

sono state difficoltà anche a quei tempi per la costruzione.<br />

Infatti, mentre la tracciatura delle meridiane sulle superfici piane può essere oggidì trattata con<br />

gran facilità mediante l’uso del computer – utilizzando programmi appropriati e la Plottatura grafica,<br />

è possibile ottenere dei disegni a tutta grandezza che servono allo “spolvero” delle linee principali,<br />

da integrare con i motivi decorativi ed i motti per il completamento del manufatto - non così, invece,<br />

quando si voglia iniziare la costruzione di un’opera gnomonica su delle superfici curve.<br />

Uno strumento che rinasce dal passato: il Trigono<br />

Il Trigono, illustrato in fig. 6, era stato molto usato in passato sia per le superfici piane sia per<br />

quelle curve, poiché, definiti alcuni parametri delle coordinate terrestri, non richiedeva altre<br />

soluzioni geometriche e, tanto meno, il calcolo matematico. Soprattutto, il suo impiego era<br />

indispensabile per tracciare i punti caratteristici delle Linee Solstiziali e dell’Equinoziale sulle<br />

superfici non piane, come ad esempio per le meridiane catottriche sotto la volta dei chiostri nei<br />

conventi, delle quali si parla. Esso era stato abbandonato negli ultimi secoli ed ora è riproposto per<br />

la costruzione di orologi solari sulle superfici curve (o sulle grandi estensioni piane) mediante<br />

l’impiego delle nuove tecnologie, come il Laser nel caso in questione.<br />

Come funziona lo strumento? Innanzi tutto è necessario piazzare l’asse del trigono nel<br />

Piano Meridiano ed in modo che risulti parallelo all’Asse Terrestre, come a dire secondo la<br />

Longitudine. Poi si deve fare in modo di ubicare esattamente il centro C del ventaglio laddove si<br />

vuole il Punto Gnomonico e provvedere, in qualche modo, a “portar fuori” il prolungamento delle<br />

indicazioni su di esso segnate, raggiungendo la parete interessata e ottenendo per punti i luoghi<br />

che definiscono le linee dell’Orologio Solare sulla parete stessa, che può essere sia piana sia<br />

anche incurvata.<br />

Anticamente, era usato uno spago, tenuto diligentemente nel piano del ventaglio e ad esso<br />

aderente, cosa di non facile attuazione. Tenuto conto poi che, nel Piano Equatoriale<br />

(perpendicolare all’asse), il sole si muove di 15° ogni ora, non risulta difficile avere, sempre per<br />

punti, tutte le necessarie indicazioni per le linee orarie. Lo strumento che è ora proposto si avvale


di un Laser, che ha la possibilità di proiettare un fascio di luce cilindrica monocromatica, cosicché –<br />

dopo aver provveduto a centrare l’asse proiettivo con il centro O – risulterà agevole ottenere tutti i<br />

punti necessari muovendo passo per passo entrambi i ventagli di cui lo strumento è munito.<br />

L’utilizzazione del trigono per superfici piane - orizzontali o inclinate (fig. 6) -quando le<br />

dimensioni superano le usuali scelte che normalmente sono fatte per meridiane a parete, si presta<br />

benissimo per trovare punto per punto i luoghi raggiunti dalle ombre dello gnomone che si intende<br />

applicare.<br />

Nel caso di una piazza, la cui pavimentazione potrebbe seguire pendenze predeterminate (ad<br />

es. per gli scarichi dell’acqua piovana, ecc.), tale impiego si rende addirittura necessario. Stessa<br />

cosa per ampie superfici coniche alla base di monumenti o altro del genere.<br />

Il ripristino della meridiana sotto le volte del chiostro<br />

Il risultato è stato questo, come si può vedere dalla fig. 5: la linea meridiana risulta leggermente<br />

disassata rispetto alla mezzeria dell’arco frontale. Si vedono tutte sei le curve dei passaggi<br />

zodiacali, le due estreme, ovvero le solstiziali, quella invernale e quella estiva e quelle stagionali.<br />

Sono evidenti molte linee radiali, le quali indicano le Ore Francesi, mentre quelle ad Ore Italiche<br />

sono oblique. Si notano i fiocchi delle località estere, ove il sole passa in quel momento dal loro<br />

meridiano, come pure alcune diciture a sfondo morale. Stessa cosa per quella del complesso<br />

dell’Annunciata di Piancogno: tutto ciò avvalora la convinzione che questa meridiana sia copia – o<br />

viceversa – di quella di Brescia ed eseguita, fors’anche, dalla stessa persona, che può aver<br />

sfruttato l’esperienza precedente.<br />

L’orientamento del chiostro - a differenza di quanto risulta in quello camuno, come si vede dalle<br />

linee Equinoziali delle meridiane a parete – non è esattamente costruito secondo i punti cardinali.<br />

Infatti, dopo aver provveduto al rilievo accurato dell’asse Nord-Sud, si evince un errore contenuto<br />

in circa 2°, ciò che spiega il lieve disassamento della linea meridiana, come detto più sopra.<br />

Non esisteva più il tirante fra le due colonne, quello che è preposto a reggere lo specchietto. E’<br />

quindi stato nuovamente applicato e, su di esso, è stato messo il supporto che regge lo<br />

specchietto. Tale supporto ha dovuto essere riprogettato a hoc, concepito in modo da ricercare<br />

praticamente l’esatta posizione dello specchietto stesso, adottando un sistema regolabile che<br />

consenta libertà di ubicazione, da bloccare definitivamente all’ottenimento della esatta positura.<br />

Il supporto dello specchietto: un procedimento studiato ad arte è stato recentemente<br />

oggetto di una relazione del sottoscritto al XII Seminario Nazionale di <strong>Gnomonica</strong> a Rocca di Papa.<br />

Si ritiene di presentarne qui i principi messi in opera.<br />

Mentre i tecnici del restauro conservativo hanno operato con pazienza e competenza, per<br />

quanto riguarda, invece, la determinazione del luogo ove giaceva lo specchietto – andato<br />

irrimediabilmente perduto – si è dovuto provvedere a fare quanto necessario per fornire lo<br />

Specchietto Riflettente (ed il suo supporto) e fatto i calcoli per piazzarlo nell’esatta posizione. Il<br />

procedimento adottato ci ha condotti via via ad individuare il punto di riflessione originale, fissato<br />

dal costruttore.<br />

Per prima cosa è stato fatto un rilievo dell’orientazione del chiostro, mediante un attrezzo<br />

apposito, una Tavoletta rilevatrice con la quale si è proceduto a determinare l’orientamento del<br />

chiostro rispetto al Meridiano, costatando un errore di circa 2° rispetto ad esso, ossia nei confronti<br />

della Linea Nord-Sud, cosa verificata perfettamente anche sullo stesso tracciato solare, dove, in<br />

effetti, la Linea Meridiana parte alla sommità di un arco ma devia rispetto alla cuspide d’incontro fra<br />

i volumi arcuati del soffitto. Individuata e verificata, in tal modo, la linea delle Ore 12 alla Francese,<br />

si è proceduto ad individuare i punti caratteristici dei Solstizi e dell’Equinozio e le linee intermedie<br />

di tutte le Fasce Zodiacali.<br />

Nella seconda fase, è stato fatto un disegno - in scala sufficientemente grande – del<br />

sottoportico (come mostra la fig.3, che ne indica la sezione lungo la Linea Meridiana). Per<br />

l’esecuzione di detto disegno si è cercato un Punto O e per far ciò ci si è serviti di una sorta di<br />

lucido - sul quale è riportato un Settore con un’apertura rispetto all’asse di + / - 23,5 – piazzandolo<br />

nelle adiacenze di un ipotetico sostegno dello specchietto. Da O, tenuto conto della Latitudine del


luogo (Brescia si trova praticamente a 45°N), si è fatto partire lo stesso settore, in modo che siano<br />

rappresentati i raggi del Sole nei due Solstizi (quello invernale a – 23,5° e quello estivo a + 23,5°) e<br />

con gli Equinozi sulla bisettrice del settore stesso. Le quote a e b sono state ottenute leggendole<br />

nella scala sul disegno ed hanno consentito - almeno da un punto di vista teorico - di piazzare lo<br />

specchietto. Tale disegno mostra anche la Linea uscente dal Punto O, che altri non è se non la<br />

Normale al Piano dello Specchio. A questo punto il gioco era fatto e non restava altro che<br />

materializzare le quote a e b e piazzare lo specchio nel rispetto degli angoli dedotti.<br />

Nella terza fase (o fase di controllo e di esatta messa a punto) si è ritenuto opportuno fare una<br />

prova mediante il Trigono (fig.8) – presentato negli “Atti del IX Seminario di <strong>Gnomonica</strong>, tenuto a<br />

San Felice del Benaco (BS) nel 1999” - uno strumento costruito per tracciare le meridiane su delle<br />

superfici non piane.<br />

Questo strumento, che è rinato dal passato ed è stato rimodernato con le nuove tecnologie,<br />

doveva servire, in questo caso, a controllare che i raggi fossero diretti sui diversi punti salienti<br />

dell’intera Meridiana Catottrica, ma si è notata una difficoltà pratica nell’uso. Si è reso necessario<br />

rivedere il progetto di esso, per renderlo agevole e adatto a risolvere il problema.<br />

Controllo pratico della posizione calcolata: Si ritiene non inutile dire due parole<br />

sull’uso che se ne voleva fare del Trigono, sostituito poi dal nuovo attrezzo, che ne ha reso<br />

possibile ed agevole il risultato. Innanzi tutto – nell’uso generico dell’uno o dell’altro nuovo<br />

strumento - è necessario piazzare il suo asse nel Piano Meridiano ed in modo che risulti parallelo<br />

all’Asse Terrestre, come a dire secondo la Longitudine.<br />

Poi si deve fare in modo di ubicare esattamente il Centro C del Ventaglio laddove si vuole il<br />

Punto O, detto Punto Gnomonico. Quindi si provvede a “portar fuori” il prolungamento delle<br />

indicazioni su di esso segnate, raggiungendo la parete interessata e ottenendo per punti i luoghi<br />

che definiscono le linee dell’Orologio Solare sulla parete stessa, che è incurvata. Anticamente, era<br />

usato uno spago, tenuto diligentemente nel piano del ventaglio e ad esso aderente, cosa di non<br />

facile attuazione. Tenuto conto poi che, nel Piano Equatoriale (perpendicolare all’asse), il sole si<br />

muove di 15° ogni ora, non risulta difficile avere, sempre per punti, tutte le necessarie indicazioni<br />

per le linee orarie. Entrambi gli strumenti si avvalgono di un Laser, che ha la possibilità di<br />

proiettare un fascio di luce cilindrica monocromatica, cosicché – dopo aver provveduto a centrare<br />

l’asse proiettivo con il Centro in O – risulterà possibile ottenere tutti i punti necessari, muovendo<br />

passo per passo entrambi i Ventagli di cui il primo strumento è munito.<br />

Si è poi costatato in pratica che il piazza-mento del Trigono avrebbe richiesto un sostegno suo,<br />

con difficoltà di verificare che il suo Centro C sia il Punto O calcolato e con l’Asse Perpendicolare<br />

alla Bisettrice del Settore di primo piazzamento. Da qui la decisione dei rivedere meglio il problema<br />

e la progettazione del nuovo attrezzo, semplificato, e direttamente applicato sul supporto regolabile<br />

dello specchietto, sostituendo – per questa verifica – la parte orientabile dello specchietto stesso.


Nuovo strumento e supporto dello specchietto: il supporto dello specchietto è stato<br />

previsto con tutti i movimenti d’aggiustamento, sia nello spazio - rappresentato dalla terna delle<br />

coordinate X, Y, Z (centrati sul Centro C = Punto O, con l’asse X lungo il Meridiano verificato in<br />

precedenza) - sia per l’angolazione R dello stesso (fig.11).<br />

Nel riconsiderare bene il problema, si è addivenuti nella convinzione che se lo specchietto –<br />

verificata, con la necessaria precisione, l’ubicazione dello stesso nel Piano Meridiano e controllata<br />

la corrispondenza dei luoghi su di esso dei due solstizi e dell’equinozio comune - è piazzato a<br />

dovere, questo basta ed avanza. Infatti, dipende poi tutto dal come l’originale meridiana sia stata<br />

costruita: lo specchietto, messo come nell’originale, ripeterà le effettive posizioni dei raggi del sole,<br />

giusto o meno che sia stato il tracciato del manufatto.<br />

Il disegno e le fotografie del nuovo strumento (figg.11 e 12), rimpicciolito e semplificato rispetto<br />

al Trigono, dal quale deriva, sono abbastanza facili per l’interpretazione della sua costruzione e del<br />

suo uso. Dal confronto si nota che manca il Ventaglio, dal momento che non ci siamo più serviti<br />

delle linee orarie, ma soltanto della Linea Meridiana. Vediamo come - sostituito lo specchietto con<br />

l’attrezzo, applicato mediante il perno P – sia stato possibile ottenere i risultati voluti.<br />

Il Goniometro dello strumento, montato su apposito Settore orientabile S, consente di ricercare<br />

il Punto corrispondente agli Equinozi – che è poi il Punto Gnomonico = O, che è lo “Zero (0)” – ed<br />

è possibile la prima regolazione del goniometro mediante la Vite a Galletto A. Di seguito, mediante<br />

la Piastrina Porta Laser L, si possono verificare le posizioni dei due Solstizi ( con le angolazioni + o<br />

– 23 ½ °) ed i vari altri punti significativi, conoscendo i valori della declinazione del sole.<br />

Materiale costituente lo specchietto: tale specchietto non è costruito in materiale vetroso,<br />

ma in acciaio-inox e ciò è molto opportuno, poiché è esposto alle intemperie, ossia alla pioggia ed<br />

al sole, al gelo ed al caldo torrido, nonché alla brina ed alla rugiada, e tutto ciò non deve intaccare<br />

per nulla la superficie riflettente.<br />

Nella pagina seguente si vedono le tavole con le immagini a corredo di questo articolo. Le<br />

immagini con una migliore risoluzione sono disponibili nel sito <strong>Web</strong> <strong>Gnomonices</strong>! alla sezione<br />

apposita per gli articoli di questa rivista.


Traduzione di Riccardo Anselmi<br />

Passaggio al meridiano e meridiano<br />

di Denis Savoie<br />

Sovente ci si impegna, quando si traccia un orologio solare, o a rilevare l’orientamento del muro, o a materializzare, sul<br />

suolo, la linea Nord-Sud, altrimenti detta il meridiano locale.<br />

In generale, si ricorre al sole, calcolando per mezzo delle effemeridi, l’istante del suo passaggio al meridiano del luogo;<br />

in questo istante ci si serve o dell’ombra di un filo a piombo o di un gnomone verticale.<br />

Ora è talvolta precisato che questo rilevamento deve essere eseguito al secondo, avendo avuto cura di regolare il proprio<br />

orologio sull’ora del segnale orario: questa raccomandazione che potrebbe sembrare superflua, è però basata su una<br />

particolarità del movimento del sole, la cui omissione può avere delle conseguenze spiacevoli sulla precisione futura del<br />

quadrante solare.<br />

1- Variazione dell’azimut<br />

Il grafico n°1 mostra il cambiamento<br />

dell’azimut del sole in funzione dell’angolo<br />

orario ( da cui l’ora) al solstizio di giugno alla<br />

latitudine di 48°. Si constata che in prossimità<br />

del mezzodì, la pendenza della funzione è<br />

aumentata. Al fine di studiare in dettaglio ciò<br />

che accade, si cerca in un primo tempo la<br />

relazione che esiste tra la variazione<br />

dell’azimut A del sole e il suo angolo orario H.<br />

A tal scopo si parte da due classiche relazioni<br />

di trigonometria sferica, in cui z è la distanza<br />

zenitale (complementare all’altezza):<br />

sin z sin A = cosδ<br />

sin H (1)<br />

sin z cos A = sin Φ cosδ<br />

cos H − cos Φ sin δ (2)<br />

Differenziando le due formule, si<br />

ottiene:<br />

(1bis)<br />

sin A cos z dz = cosδ<br />

cos H dH − sin zsin<br />

H dA<br />

(2bis)<br />

cos A cos z dz = sin z sin A dA − sin Φ cosδ<br />

sin H dH<br />

quindi, eguagliando le due espressioni, dopo alcune semplificazioni, si ottiene<br />

dA<br />

(3) sin z = cosδ<br />

( cos A cos H + sin Φ sin H sin A)<br />

dH<br />

il termine tra parentesi non è altro che il coseno dell’angolo all’astro 1 (chiamato spesso S), poco utilizzato in<br />

dA cosδ cos S<br />

astronomia. La (3) può, dunque, scriversi : = .<br />

dH sin z<br />

Ora è facile mostrare che esiste una relazione contenente l’angolo all’astro, tale che:<br />

cosδ cos S = sin Φ sin z + cos Φ cos z cos A da cui, finalmente , si ottiene, dopo aver sostituito la distanza zenitale con<br />

dA<br />

l’altezza del sole: = sin Φ + cos Φ tanh cos A (4).<br />

dH<br />

Questa formula esprime la variazione dell’azimut del sole in funzione della variazione del suo angolo orario. Se il sole<br />

dA<br />

sorge o tramonta, si ha allora h = 0°, da cui = sin Φ . Detto in altre parole, la derivata dell’azimut rispetto all’angolo<br />

dH<br />

orario è uguale a sin Φ sull’orizzonte.<br />

1 In astronomia nautica è conosciuto come angolo parallattico, ma è poco usato (ndr).


dA 1<br />

2<br />

Quando il sole è al meridiano, il suo azimut è nullo, da cui si deduce che: =<br />

.<br />

dH sin Φ − cos Φ tan δ<br />

La formula (4), sviluppata in funzione dei<br />

parametri primari, può essere messa sotto la<br />

forma:<br />

In cui<br />

A = cos<br />

2<br />

B = 2 sin Φ cos Φ cos<br />

C = sin δ<br />

2<br />

2<br />

Φ cos δ sin δ<br />

3<br />

δ<br />

2 2<br />

2 2<br />

( 1−<br />

sin δ sin Φ − 2 sin Φ cos δ )<br />

2<br />

2<br />

dA sin Φ cos δ − cos Φ cosδ<br />

sin δ cos Η<br />

=<br />

dH<br />

2<br />

cos h<br />

(4bis) . Il grafico (2) mostra l’evoluzione della<br />

derivata dell’azimut rispetto all’angolo orario al<br />

solstizio di giugno e a quello di dicembre. Si<br />

nota che la curva d’estate non è strettamente<br />

crescente (o decrescente), ma presenta due fasi<br />

il mattino e il pomeriggio in cui l’azimut sembra<br />

variare in modo meno sensibile. Questa<br />

considerazione ci porta a studiare la derivata<br />

seconda dell’azimut con lo scopo di determinare<br />

gli istanti in cui si annulla.<br />

Si ottiene<br />

2<br />

2 ( A cos H − B cos H C)<br />

d A sin H cosδ<br />

cos Φ<br />

+<br />

=<br />

2<br />

4<br />

dH<br />

cos h<br />

d A<br />

sin Φ cos δ − sin Φ − sin δ<br />

Si ha = 0 per H = 0°<br />

e, anche per, cos H =<br />

2<br />

dH<br />

cos Φ cosδ<br />

sin δ<br />

(due risposte simmetriche in rapporto al mezzodì ma di segno opposto)<br />

Per esempio per Φ = 48 ° , la derivata seconda si annulla per H = 0°<br />

e per H = ± 90 . 508°<br />

. Per H = 0°<br />

, l’azimut subisce<br />

la massima variazione mentre essa è minima per H = ± 90 . 508°<br />

. È interessante osservare che, lungi dall’essere<br />

intuitivo, l’azimut del sole conosce al mattino e alla sera una fase di rallentamento seguita nuovamente da<br />

un’accelerazione.<br />

2-Applicazioni<br />

Le formule stabilite in precedenza permettono di fare delle interessanti considerazioni. Il grafico 2 mostra bene che la<br />

variazione dell’azimut del sole in funzione del suo angolo orario è tanto più grande quanto più in alto si trova il sole.<br />

È dunque al momento della culminazione (passaggio al meridiano) che l’azimut del sole varia più velocemente; è<br />

dunque in estate, al momento del solstizio, che questa variazione sarà maggiore per le nostre latitudini 3 . Questo<br />

significa ugualmente che più in alto il sole sale nel cielo, più velocemente l’azimut varia: dunque più la latitudine è<br />

vicina al tropico del Cancro, maggiormente questa variazione aumenta (per il 21 di giugno).<br />

A titolo d’esempio, ecco la variazione del sole in azimut il 21 giugno per tre latitudini:<br />

per Φ = 48° l’azimut varia di circa 33’ in un minuto di tempo<br />

per Φ = 40° l’azimut varia di circa 48’ in un minuto di tempo<br />

dA cosδ<br />

2 La 3 per A = 0 e H = 0 diventa = ; la 2 per A = 0 e<br />

dH sin z<br />

dA 1<br />

H = 0 diventa sin z = sin Φ cosδ<br />

− cos Φ sin δ ⇒ =<br />

, (ndr)<br />

dH sin Φ − cos Φ tan δ<br />

3 Nota di D.Savoie: per l’altezza del sole avviene il contrario: essa varia pochissimo al meridiano, ma molto rapidamente quando il<br />

sole passa nel piano verticale Est e Ovest (azimut = ± 90)<br />

2<br />

2


per Φ = 30° l’azimut varia di circa 2° in un minuto di tempo<br />

Per quest’ultima latitudine, un errore di 10 secondi di tempo provoca un errore di 20’ nell’azimut. Se ora ci si<br />

porta a 25° di latitudine, l’azimut varia di 8’ 25” in un secondo. In tal modo un errore di dieci secondi provoca un<br />

errore di 1° 24’.<br />

Sul grafico n°3, si traccia la variazione dell’azimut del sole in funzione dell’angolo orario per le latitudini di<br />

48°, 40° e 30° al solstizio di giugno.<br />

Si vede chiaramente che la variazione è molto<br />

forte per le “basse” latitudini. A titolo<br />

d’esempio, mettiamoci sul meridiano il giorno<br />

del solstizio di giugno 2001, sul meridiano di<br />

Parigi ma alla latitudine di 23° 30’; secondo le<br />

effemeridi, il sole passa al meridiano alle 11h<br />

52m 22s UT. Se si calcola l’azimut del sole in<br />

questo istante e a questa latitudine, l’azimut del<br />

sole non vale zero, ma 0° 26’ 35”. In altre<br />

parole, è necessario usare almeno il centesimo di<br />

secondo nell’ora del passaggio del sole al<br />

meridiano per ottenere esattamente un azimut<br />

nullo.<br />

Si possono dunque trarre degli insegnamenti utili<br />

da questi calcoli; in primo luogo, è preferibile<br />

tracciare una meridiana al sole invernale, alle<br />

nostre latitudini, poiché in quest’epoca, l’azimut<br />

del sole varia più lentamente al mezzogiorno<br />

vero: in un minuto, l’azimut varia di circa 15’,<br />

ossia due volte meno che in estate ( grafico n°2 ). Conviene, malgrado tutto, mantenere un grande rigore nell’operazione<br />

di tracciatura, rispettando perfettamente l’istante del passaggio del sole al meridiano. Senza queste misure il quadrante<br />

non sarà esattamente orientato sull’asse Nord-Sud, ciò che comporterà un errore d’eccentricità nella lettura dell’ora.


Due frammenti di meridiane romane ad Aquino<br />

di <strong>Nicola</strong> <strong>Severino</strong><br />

Mi occupo di gnomonica dal 1988. Ho rovistato in lungo e in largo tutta la mia provincia, ovvero la<br />

provincia di Frosinone, in ogni possibile angolo dove pensavo potesse esserci qualche orologio<br />

solare. Ho visitato molti musei della zona e conosciuto anche diversi cultori della storia locale dei<br />

paesi limitrofi a quello in cui risiedo, cioè Roccasecca. Ho sempre chiesto se avessero notizie<br />

dell’esistenza di antiche meridiane notate o conservate da qualche parte, ma nessuno mi ha mai dato<br />

indizi interessanti. Ironia del caso…sono passato innumerevoli volte davanti al piccolo museo<br />

archeologico locale di Aquino, aperto di recente e che si trova a soli 6 km da casa mia, ed ogni volta<br />

che ci sono passato davanti mi sono chiesto se mai ci fosse andato a finire qualche resto di orologio<br />

solare romano. La sorte ha voluto che non avessi avuto mai modo di fermarmi per darci<br />

un’occhiata. Cosi’, continuando questa strana ironia, in una delle mie innumerevoli ricerche in<br />

internet, alla scoperta di curiosità gnomoniche nuove, mi sono imbattuto per puro caso in una<br />

pagina che recensiva un recentissimo articolo a firma di Giovanni Murro, della nota rivista storica<br />

locale Studi Cassinati, n° 9, pag. 13, il cui titolo è Frammento di meridiana romana nel museo di<br />

Aquino. In due intense pagine il Murro accenna alla storia degli orologi solari nell’antichità, ma il<br />

fatto che egli non sia uno gnomonista risulta subito evidente e l’analisi ed interpretazione che offre<br />

dei due frammenti, alla fine, risulta totalmente errata.<br />

Per quanto riguarda il ritrovamento del primo frammento, riporto testualmente le indicazioni di<br />

Murro:<br />

Il contesto di provenienza (del reperto) è sconosciuto nei particolari, ma è quasi certo che si tratti<br />

dell’area urbana dell’Aquinum romana. Il pezzo è in travertino, materiale litico molto comune e<br />

molto usato nella zona, ed è relativo ad un orologio solare a semicerchi definito polos….Misura<br />

29x21 cm, lo spessore è di circa 15 cm.<br />

Risparmio la descrizione relativa all’identificazione del frammento con un orologio del tipo<br />

hemisphaerium, in quanto nella realtà si tratta invece di un hemicyclium del tipo sferico. L’altra<br />

importante notizia che il Murro ci offre è quella relativa ad un secondo ritrovamento di un altro<br />

frammento (purtroppo andato perso) di meridiana romana, sempre nell’area di Aquino. Egli scrive:<br />

“E’ opportuno ricordare che diversi anni fa, in località San Pietro Vetere, sempre nell’area urbana<br />

dell’Aquino romana, fu rinvenuto un altro frammento di meridiana dello stesso tipo, pubblicato poi<br />

dal Giannetti nel 1986. Il pezzo è in travertino locale. Misura in altezza 24,5 cm, in larghezza 17<br />

cm, e nello spessore circa 10 cm. Risulta conservato per metà, rappresentando, in alto a sinistra,<br />

parte del foro per lo stilo. In basso a sinistra, nella parte retrostante l’oggetto è munito di un foro<br />

per grappa e un altro doveva simmetricamente presentarsi a destra….(…)…Purtroppo non è noto il<br />

luogo di conservazione di suddetto frammento e quindi non è possibile fare un confronto con quello<br />

conservato nel Museo di Aquino. Rimanendo sul semplice piano delle congetture, non è<br />

improbabile che i due frammenti facciano parte del medesimo orologio solare….(…)… Per quel<br />

che riguarda la datazione, non ci sono molti elementi per una collocazione cronologica precisa.<br />

Tuttavia, dall’analisi del contesto di ritrovamento, si potrebbe pensare di attribuire il pezzo all’età<br />

augustea o all’epoca del triumvirato.<br />

A parte queste indicazioni e nonostante il Murro si avvalesse della consultazione del libro di Bosca<br />

G. e Stroppa P. Meridiane e orologi solari, Milano 1992, l’interpretazione gnomonica dei due<br />

reperti archeologici risulta essere del tutto errata.


Dopo la lettura dell’articolo di Murro, ho conattato il direttore della rivista Studi Cassinati, dr.<br />

Emilio Pistilli che gentilmente mi ha concesso le fotocopie delle pagine del libro di Giannetti<br />

(Antonio Giannetti, Spigolature di varia antichità nel settore del medio Liri, a cura della Banca<br />

Popolare del Cassinate, Cassino, 1986, pag. 65 e seg.) in cui si descrive il secondo reperto. Il giorno<br />

successivo ho visitato il Museo di Aquino e ho potuto vedere, misurare e fotografare il reperto.<br />

La mia interpretazione, credo piuttosto verosimile, di questi due reperti che si possono vedere nelle<br />

immagini è la seguente ed è tratta dal primo articolo pubblicato su Studi Cassinati n. 10, 2004.<br />

Avverto il lettore che prima delle conclusioni sul reperto ho aggiunto dei brevissimi cenni storici.<br />

L’oggetto di cui andiamo a parlare è un pezzo di pietra. A prima vista non desta alcuna importanza<br />

e curiosità. Giusto il fatto che reca un paio di linee può suscitare, a volte, un minimo interesse se per<br />

fortuna capita nelle mani di qualche studioso, dopo essere stato dissotterrato in chissà quale angolo<br />

del Mediterraneo. Pezzi di pietra così ne sono stati trovati molti e, spesso, la loro sorte è stata<br />

segnata proprio dal fortunato caso che mani di esperti studiosi sono riuscite a rilevarle e a portarle<br />

poi nei luoghi giusti. La pietra di cui ci occupiamo è molto modesta, ma vanta una storia millenaria<br />

ed appartiene ad una cultura scientifica che deriva direttamente dall’astronomia ed è antica quanto<br />

questa. Si narra che fosse il sacerdote egizio Beroso ad aver divulgato gli orologi solari per la prima<br />

volta in Grecia, arrivati direttamente dall’Egitto. Ma prima di lui altri tipi di “orologi solari” erano<br />

in uso ed in cosa consistessero tali “orologi solari” non è dato sapere con precisione, visto che si<br />

parla semplicemente di “gnomone” come un pezzo d’asta che funge da “indicatore”, di una parola<br />

strana come “scaphen” che dovrebbe indicare una scodella e di certi movimenti strani del Sole che<br />

in questa scodella sarebbero rappresentati da linee che l’ombra dello gnomone percorre per mezzo<br />

del movimento del sole nel cielo. Su questi tre elementi si sono arrovellate le menti piu’ sofisticate<br />

della storia umana nell’impossibile scopo di cercare il significato di alcune frasi che storici come<br />

Erodoto, Plinio ecc. ci hanno tramandato nelle loro opere.<br />

All’epoca di Beroso (citato da Vitruvio come l’inventore del tipo di orologio solare di cui ci<br />

occupiamo), era in uso principalmente il metodo di misurazione del tempo detto “Stoicheion” in<br />

alternativa del “Polos”, entrambi citati da Aristofane, per i quali abbiamo solo delle ipotesi di


interpretazione. Senza entrare nei dettagli delle ricerche effettuate, concludo che prima del III<br />

secolo a.C., il tempo poteva essere misurato con strumenti denominati “Heliotropia”o<br />

“Horoscopion” che secondo alcuni autori potevano consistere semplicemente in uno scafo, o solo di<br />

uno gnomone verticale atto ad indicare il movimento del sole nel cielo durante le stagioni (un<br />

indicatore di stagioni, un calendario); il Polos, o “scaphen” che è il prototipo di orologio solare<br />

come lo conosciamo, ovvero una scodella con lo gnomone verticale posizionato al centro la cui<br />

punta indica l’ora e la posizione calendariale del sole sul reticolato di linee che si trova nella<br />

scodella; lo “Stoicheion”, “Decempedalis” o semplicemente “piede”, più misterioso, ovvero un<br />

metodo di misura del tempo attraverso la misurazione nell’unità detta “piede” della lunghezza<br />

dell’ombra di uno gnomone verticale piantato in terra (da qui le famose citazioni di Aristofane ed<br />

altri scoliasti e grammatici antichi su impegni e cene da effettuarsi all’ora dei “dodici piedi” ecc.).<br />

Per farla breve, l’uso di orologi solari nell’antichità era talmente importante che ha dato vita ad una<br />

materia ben precisa: la <strong>Gnomonica</strong>. Termine certamente antico che deriva dal verbo greco γνωµον,<br />

che significa “indagatore di cose” e quindi “gnomone” come “ago” indicatore dell’ora. Dal greco<br />

invece deriva l’etimologia della parola “Sciotherica”, da σχιο che significa ombra, e τηρεω che<br />

significa “catturare”. Le parole insieme valgono “catturare le ombre” e tali termini sono stati usati<br />

dal passato fino al secolo scorso (ovvero le stesse ombre che Anassimene e Anassimandro<br />

dovevano vedere prodotte dallo gnomone appunto nelle loro “scodelle” a Sparta). Finalmente<br />

l’abbiamo detta. La parola <strong>Gnomonica</strong> porta con se alcune migliaia di anni di storia perché l’uso di<br />

misurare il tempo, come detto, risale alle prime civiltà babilonesi.<br />

Tagliamo corto e diciamo subito che la nostra pietra appartiene alla gnomonica dei Greci, e piu’<br />

precisamente a quella probabilmente inventata da Democrito e Apollonio e sviluppatasi poi anche


come artigianato locale, arrivando al massimo apice nel periodo compreso tra il II secolo a.C. e il I<br />

secolo d.C.<br />

Basti pensare che Vitruvio, fortunatamente, ci ha tramandato in tutta solitudine (nel senso che non<br />

ci sono altri riscontri storici da altri autori) nella sua celebre “De Architecturae”, Libro 9, cap. 9,<br />

addirittura un elenco degli orologi solari più usati nella sua epoca.<br />

Elenco degli orologi di Vitruvio e relativo inventore! Questi sono:<br />

1) Hemicyclium Beroso Caldeo<br />

2) Scaphen o Hemisphaerium Aristarco di Samo<br />

3) Discum in Planitia Aristarco di Samo<br />

4) Arachnen Eudosso di Cnido<br />

5) Plinthium Scopa Siracusano<br />

6) Pros ta istoroumena Parmenione<br />

7) Pros pan clima Theodosio e Andrea<br />

8) Pelecinon Patrocle<br />

9) Conum Dionisidoro<br />

10) Pharetram Apollonio<br />

11) Gonarchen ?<br />

12) Engonaton ?<br />

13) Antiboraeum ?<br />

14) Viatoria Pensilia ?<br />

Io ho avuto il piacere di scrivere in Italia, nella nota rivista Nuovo Orione attorno al 1990, un<br />

articolo proprio sul primo ritrovamento archeologico del XVIII secolo di un Hemicyclium,. Da<br />

allora ne sono venuti fuori diversi che hanno fatto impazzire gli archeologi, che non sapevano né<br />

classificarli, né descriverli, e gli astronomi che avevano il piacere di calcolare le loro linee secondo i<br />

calcoli più belli dell’Astronomia di posizione. Da allora ad oggi, ne è venuto fuori che l’area del<br />

Maditerraneo è uno scrigno di questi tesori archeologici. Già nel ‘700 l’Antonini tentò una prima<br />

catalogazione degli esemplari di meridiane romane che lui aveva visto e disegnato e che erano<br />

sparse un po’ ovunque, in musei e case di prestigiosi personaggi. Tuttavia uno studio catalografico<br />

(ancora unico al mondo) fu pubblicato solo da Sharon Gibbs nel 1976 presso la Yale University.<br />

Dal 1976 ad oggi solo alcuni autori hanno descritto e pubblicato sporadicamente in riviste<br />

specialistiche, i successivi ritrovamenti e segnalazioni di questi straordinari strumenti di<br />

misurazione del tempo. Nell’ottobre del 2003, il vostro autore ha presentato al XII Seminario<br />

Nazionale di <strong>Gnomonica</strong>, tenutosi a Rocca di Para (Roma), il primo CD-R di aggiornamento e<br />

catalogazione dei nuovi reperti ritrovati dal 1976 ad oggi con alcune integrazioni di testi e notizie<br />

relativi ad altre meridiane già descritte da Gibbs.<br />

Sarebbe troppo lungo raccontare l’avventura di ricerca di questi reperti, durata oltre 5 anni,<br />

iniziando dal 1997. La cosa incredibile però è che mi è del tutto sfuggita questa pietra, questo<br />

frammento di meridiana romana che si trova nel piccolo museo di Aquino.<br />

Ma occupiamoci ora del nostro frammento che, nel frattempo e dopo tutto questo dire, è certamente<br />

divenuto più importante di un semplice pezzo di pietra come presentato appositamente all’inizio.<br />

Il reperto del Museo Archeologico di Aquino rappresenta un frammento della conca destra di una<br />

meridiana romana denominata Hemicyclium del tipo Sferico. Se vogliamo rifarci al catalogo di<br />

Gibbs, dovremmo dire che si tratta di uno “Spherical dial”, o al massimo di uno “spherical variant”,<br />

cioè di un hemicyclium sferico con qualche caratteristica diversa dalla normale tipologia, che nel<br />

catalogo di Vitruvio è riportato semplicemente come Hemicyclium. La classificazione di questi tipi<br />

di orologi solari è precisissima grazie proprio all’opera di Vitruvio che così li descrive:


“Hemicyclium excavatum ex quadrato, ad enclimaque succisum Berosus chaldeo dicitur invenisse.<br />

Schaphen, sive hemisphaerium, Aristarchus samius….”<br />

L’hemicyclium non è altro, quindi, che una pietra quadrata scavata in forma di sfera all’interno<br />

sulla faccia anteriore e tagliata sotto di un angolo pari alla latitudine del luogo, mentre lo Scaphen è<br />

una pietra quadrata scavata informa di sfera sulla faccia superiore.<br />

Meridiana romana hemicyclium, conica, nel Museo Archeologico di Velletri<br />

Foto di <strong>Nicola</strong> <strong>Severino</strong>, 2003.<br />

Frammento di orologio solare sferico e ricostruzione come Hemicyclium sferico<br />

Rinvenuto a Herdonia, l’attuale Ordona (Foggia).<br />

Hemicyclium di tipo conico ritrovato a Stabiae. Si nota il foro centrale di<br />

alloggiamento dello gnomone.


Oltre alla differenza tra l’hemicyclium e lo scaphen, esiste una differenza di tipologia anche tra lo<br />

stesso Hemicyclium ad enclima succisum in quanto potevano essere realizzati in vari modi.<br />

Principalmente si distinguono in hemicyclium di tipo sferico, quando strutturalmente sono identici,<br />

ma la cavità che ospita le linee orarie è sferica; di tipo conico, quando la stessa cavità è intagliata in<br />

modo conico, cioè da formare un cono avente l’asse coincidente con l’asse del mondo e vertice<br />

rivolto quindi verso il polo nord. Inoltre la stessa tipologia sferica può essere “acentrica” se il<br />

vertice dello gnomone, che è sempre disposto orizzontalmente sulla base orizzontale superiore, non<br />

coincide con il centro della sfera celeste. Di tipologia normale invece sono quelli in cui la punta<br />

dello gnomone coincide con il centro di omotetia della sfera celeste.<br />

Sulla base di queste considerazioni, passiamo ad esaminare la descrizione di Murro.<br />

Murro: “Il pezzo è in<br />

travertino….ed è relativo ad un<br />

orologio solare a semicerchio<br />

definito polos”<br />

Il frammento di meridiana del<br />

Museo di Aquino non appartiene<br />

ad un “Polos” (termine peraltro<br />

non sufficientemente chiaro e<br />

avvolto ancora da qualche<br />

mistero, ma indicante certamente<br />

lo gnomone di uno scaphen, o in<br />

riferimento a tutto l’orologio del<br />

tipo hemisphaerium), ma ad un<br />

“Hemicyclium” di tipo sferico.<br />

Murro: “Prima di essere posizionato, l’orologio veniva regolato secondo la latitudine del luogo…”<br />

Anche qui bisogna dire che l’orologio non veniva “regolato”, ma calcolato preventivamente per la<br />

latitudine del luogo in cui doveva essere usato.<br />

Murro: “Notiamo che le stesse aste orarie, in prossimità della curva del solstizio estivo, sono<br />

rispettivamente munite di un piccolo foro. Tali fori hanno la stessa posizione sulle aste orarie, e<br />

sono identificabili come alloggiamenti per i perni metallici che sostenevano i numeri, ovviamente<br />

anch’essi metallici, contrassegnanti le aste orarie…”.<br />

Questa interpretazione è errata in quanto non potrà mai essere suffragata da alcuna prova, né<br />

archeologica, né storiografica. Tutte le meridiane romane di questo tipo non recano alcun segno di<br />

iscrizioni numeriche in corrispondenza delle linee orarie. Tuttavia è bene ricordare che in qualche<br />

sporadico caso, si è trovata qualche meridiana che reca incise allo stesso modo di come sono incise<br />

le linee orarie ed in loro corrispondenza, le lettere greche con le quali nei testi venivano distinte le<br />

ore. Mai sono state trovate meridiane recanti placche che contrassegnavano le linee orarie con<br />

numeri.<br />

Tali fori, che ho potuto constatare essere di circa 5 mm di diametro e 2-3 mm di profondità, se non<br />

sono frutto dell’erosione della pietra nel tempo, possono essere addebitati più facilmente al lavoro<br />

di scalpellatura da parte dell’artigiano, che poteva forse usare un filo legato a piccoli pioli conficcati<br />

in questi fori per tracciare più correttamente ed in modo più lineare le linee orarie.<br />

Il frammento è abbastanza grande e indica che la meridiana originale era anch’essa bella grande. Le<br />

misure che ho preso sono le seguenti:


Altezza del reperto 22 cm, larghezza 28 cm, profondità 20 cm. Sono presenti tracce di due sole<br />

linee orarie e di buona parte del solco del solstizio estivo distante circa 0,5 cm dal bordo estremo<br />

della conca. La cosa strana è che la distanza lungo il solstizio estivo delle due linee orarie è molto<br />

grande, ovvero di circa 13,5 cm tra le prime due e circa 14,5 cm tra l’ultima e la spaccatura di destra<br />

che pressappoco dovrebbe quasi coincidere con la successiva linea oraria. Non è quindi come le<br />

normali meridiane sferiche di questa grandezza in cui la distanza tra le linee orarie misurata lungo il<br />

solstizio estivo è di circa 5-6 cm. L’unica spiegazione possibile e che ci troviamo di fronte ad un<br />

raro caso di linee orarie temporarie canoniche adottate poi nel medioevo dalla Chiesa. Ovvero<br />

sull’orologio erano incise (in questo caso) solo le linee orarie corrispondenti alla Prima, Terza,<br />

Sesta, Nona e Vespri. La spaccatura coinciderebbe quindi pressappoco con la linea oraria (che però<br />

non c’è) dell’ora Sesta e le due rimanenti sarebbero da identificare con la “Prima” e “Terza” (da<br />

sinistra a destra). L’andamento delle linee orarie, se ci si fa caso, è leggermente curvato rispetto ad<br />

una retta, ed è la dimostrazione che la meridiana è di tipo sferica e non conica (in cui le linee orarie<br />

sono matematicamente delle rette uscenti dal vertice del cono). Nel libro di Gibbs Greek and<br />

Roman Sundials, Yale University, 1976, ho trovato una sola immagine di meridiana sferica recante<br />

principalmente le linee orarie relative a Prima, Terza, Sesta e Nona, ma con la differenza che sulla<br />

fascia coincidente con il solstizio estivo sono aggiunti segmenti relativi alla normale suddivisione in<br />

dodici ore temporarie. Questa meridiana però è conservata al Museo Archeologico di Strasburgo, in<br />

Francia, ed è un pezzo archeologico molto importante.<br />

La meridiana del nostro reperto doveva essere larga approssimativamente 60 cm: grandicella! Le<br />

due linee orarie possono dirci molte cose e noi possiamo fare una congettura che è la piu’<br />

importante. L’orologio potrebbe non essere più antico del II o III secolo d.C., perché quella di<br />

Strasburgo, simile, che riporta le stesse linee orarie, è del II o III secolo d.C. e perché lo è un’altra<br />

meridiana che riporta contrassegnate le ore Terza, Sesta e Nona, canonica, mentre tutte le meridiane<br />

romane risalenti al periodo fino al I secolo d.C., recano tutte la classica suddivisione oraria in 12<br />

parti delle ore temporarie. Le meridiane che recano principalmente le linee della Terza, Sesta e<br />

Nona, erano impiegate non tanto nell’uso civile, ma in quello religioso. Non è escluso neppure che<br />

il reperto fosse appartenuto all’abbazia di Montecassino dove, stranamente, non si è mai ritrovata<br />

una meridiana, né antica, né moderna!<br />

Il secondo frammento di meridiana romana rinvenuta ad Aquino<br />

Esiste un secondo frammento di meridiana romana rinvenuta, come ricorda Murro, in località San<br />

Pietro Vetere, nell’area urbana archeologica di Aquino, della quale abbiamo per fortuna una<br />

fotografia, prima che andasse persa, pubblicata nel libro Spigolature di varia antichità nel settore<br />

del medio Liri, di Antonio Giannetti, edizioni a cura della Banca Popolare del Cassinate, Cassino,<br />

1986, che il dr. Emilio Pistilli mi ha gentilmente concesso affinché la potessi analizzare. Purtroppo<br />

il Giannetti da una interpretazione completamente errata del reperto, scambiandolo per un<br />

“Hemicyclium” ma, come già detto, gli errori in questo campo sono talmente frequenti tra i non<br />

addetti ai lavori che non ci si fa più caso.<br />

Il contenuto delle mie ipotesi è il risultato della sola visione di suddetta foto, ma le conclusioni<br />

credo possano considerarsi della massima attendibilità, secondo la mia esperienza nel settore della<br />

gnomonica. Tali conclusioni le elenco nei seguenti punti:<br />

1) Questo secondo frammento di meridiana romana è senza alcun dubbio di importanza<br />

maggiore del primo perché più completo e raro;


2) Trattasi, molto probabilmente (per non dire sicuramente), di un frammento di meridiana<br />

verticale ad ore temporarie risalente ad epoca tardo romana;<br />

La Gibbs distingue tre tipologie per gli orologi solari romani verticali:<br />

a. Verticale, con piano parallelo al Primo Verticale (ossia il cui piano è rivolto<br />

esattamente a Sud);<br />

b. Verticale Meridiano, con piano perpendicolare al Primo Verticale (ossia il cui piano<br />

è rivolto esattamente a Est o ad Ovest);<br />

c. Verticale declinante, con il piano che giace parallelo ad un cerchio orario qualsiasi<br />

compreso tra Est e Ovest (ossia il cui piano è declinante dai punti Est e Ovest;<br />

Detto questo, possiamo trarre le<br />

seguenti considerazioni. Il<br />

frammento, stando a quello che si<br />

vede in foto, è grande ed indica<br />

che la meridiana originale doveva<br />

avere delle dimensioni abbastanza<br />

grandi. Generalmente, le meridiane<br />

di questo tipo descritte da Gibbs,<br />

hanno altezza compresa tra 42 e 54<br />

cm. La nostra sembra essere<br />

decisamente di dimensioni<br />

maggiori e ciò sarebbe visibile<br />

oltre che dal confronto con lo<br />

sgabello sulla quale poggia nella<br />

foto, anche dal fatto che la<br />

porzione mostra la parte superiore<br />

del tracciato orario dove si vede<br />

chiaramente che lo spazio tra le<br />

linee orarie è bello grande, mentre<br />

nelle meridiane di dimensioni<br />

normali è molto più stretto. Inoltre,<br />

lo spessore della pietra è anch’esso<br />

maggiore che negli altri casi in cui<br />

è più sottile.<br />

Passiamo al tracciato, cioè alle<br />

linee che si vedono ancora incise<br />

sulla superficie. Si distinguono<br />

chiaramente 6 linee orarie del sistema temporario (cioè le ore ineguali degli antichi) e due linee<br />

trasversali relative al solstizio invernale (quella superiore a sinistra di chi guarda) ed equinoziale<br />

verso il centro. Dalle nozioni di <strong>Gnomonica</strong> risulta che la proiezione ortogonale del Circolo<br />

Massimo della Sfera Celeste sul piano è una retta, quindi l’ora di Sesta, coincidente con il circolo<br />

orario celeste del Mezzogiorno vero locale, deve formare un angolo retto con la linea equinoziale<br />

che rappresenta la proiezione sul piano del cerchio massimo dell’Equatore Celeste. Questo, dalla<br />

foto, sembra che possa dirsi dell’ultimo stralcio di linea oraria visibile verso l’alto. Era<br />

probabilmente quella, l’ora Sesta. A scendere, quindi, troviamo l’ora Quinta, Quarta, Terza,<br />

Seconda e Prima, cioè tutta la parte antimeridiana. Visualmente, l’osservatore deve calcolare uno<br />

spazio visuale almeno doppio per avere un’idea molto approssimativa di dove possa trovarsi la terza<br />

linea mancate, quella del solstizio estivo. Quindi, si osservi lo spazio tra la linea del solstizio<br />

invernale e la linea equinoziale. Lo si raddoppi verso destra di chi guarda e li doveva trovarsi una<br />

volta sulla parte mancante, la linea solstiziale estiva ed il limite del tracciato orario.


E’ probabile che ci troviamo di fronte ad una meridiana verticale di tipo “meridiano”, cioè in questo<br />

caso che guarda esattamente ad Est (ecco perché si vede il tracciato orario completo delle ore<br />

mattutine).<br />

Infine, ultima considerazione, ma non per questo meno importante, è lo stile del tracciamento delle<br />

linee. Dalla foto si ha la netta sensazione che le linee orarie non siano proprio delle linee rette<br />

perfette. Lo si evince soprattutto da quelle meglio visibili in basso. L’unica spiegazione di questa<br />

apparente “stranezza” è che le linee orarie temporarie, teoricamente e praticamente, non possono<br />

essere delle rette, ma delle “curve un po’ bizzarre” come dimostrò e le definì il grande matematico<br />

Montucla nel secolo XIX. Su questo argomento, ho rapportato tutto quanto è dato sapere dalla<br />

documentazione storica nel mio libro Storia della <strong>Gnomonica</strong>, del 1992. In pratica le linee orarie<br />

temporarie, se tracciate con la massima accuratezza, sarebbero delle linee non proprio rette ma<br />

leggermente serpeggianti, come si vede bene nella foto della meridiana romana. Anche se in molte<br />

meridiane romane esse sono tracciate come rette perché questa approssimazione non compromette<br />

in alcun modo la lettura dell’ora, in quelle più precise e meglio calcolate, a volte erano tracciate con<br />

le loro bizzarra natura di linee serpentine. Anche per questo, e per il fatto che tali meridiane<br />

verticali d’epoca romana sono molto rare, tale frammento si rivela decisamente più interessante del<br />

primo. Peccato che sia stato perso. Se è capitato invece nelle mani di un appassionato, o<br />

collezionista che sta leggendo, il mio appello è che venga rimesso di nuovo e al più presto alla<br />

memoria storica dei nostri luoghi, patrimonio culturale dell’umanità.<br />

Giacomo Agnelli Cartoons:<br />

la precisione assoluta

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