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mensile - € 0,00<br />
RIVISTA DIGITALE<br />
SULLE NUOVE TENDENZE<br />
CULTURALI DEL NOSTRO TEMPO.<br />
DALLE 18.30 ALLE 6<br />
PER LE STRADE DI GENOVA,<br />
ASPETTANDO IL MIRACOLO<br />
JETLAG<br />
“ON THE AIR”<br />
GUEST CONCEPT ALBUM<br />
IL MERCANTE DI VENEZIA<br />
DI NUOVO AL CINEMA LA SENSIBILITÀ<br />
E IL GENIO DI SHAKESPEARE<br />
NUOVI STILI<br />
MARY VILLA<br />
FASHION STYLIST<br />
nr.<br />
marzo 2005
[ ]<br />
SpazioARGO via Puccini,3<br />
dal 13-18 aprile<br />
Party: 13 aprile h. 18.00<br />
Conferenza stampa<br />
12 aprile h.18<br />
lampade e accessori<br />
Installazioni in cristallo<br />
e pietre colorate di<br />
Gli esclusivi palmari HP iPAQ con eBook Design edition sono perfetti strumenti di lavoro e di intrattenimento per giornalisti ed<br />
operatori del settore: dotati dell’eBook <strong>ARPANet</strong> Design Edition, contengono date e info su tutti gli appuntamenti del design al<br />
Fuori Salone 2005. Per non mancare agli eventi che contano, e registrare poi dal vivo le tue impressioni, grazie al microfono<br />
integrato, alla fotocamera (inclusa in alcuni modelli) o, ancora, a Pocket Word, su cui potrai scrivere con la stilo, in modo<br />
naturale, o con la tastiera virtuale.<br />
La gamma di modelli comprende l’HP iPAQ HX4700, con il processore più potente della sua categoria, basato su tecnologia<br />
Intel PXA270 a 624 Mhz, il palmare-telefono cellulare HP iPAQ H6340, GSM/GPRS, l’HP RX3715, con fotocamera integrata,<br />
l’HX2750, con lettore biometrico delle impronte digitali.<br />
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Gli appuntamenti del design<br />
sul tuo palmare.<br />
© 2005 Hewlett-Packard Development Company, L.P. © 2005 <strong>ARPANet</strong> Srl. Il logo Intel è un marchio registrato di Intel Corporation o di società controllate da Intel negli Stati Uniti o in altri Paesi. Il logo Windows è un marchio registrato di Microsoft Corporation negli<br />
Stati Uniti o negli altri Paesi. I loghi <strong>ARPANet</strong>, ARPABook, eBook Law Edition sono marchi registrati di <strong>ARPANet</strong> Srl. Altri marchi e denominazioni potrebbero essere rivendicati da terzi. I prodotti raffi gurati possono non corrispondere alle descrizioni fornite.
12<br />
22<br />
17<br />
Sommario.<br />
8<br />
28<br />
10
voody \\ silicato \\<br />
I BadFriend aspettano<br />
i vostri racconti per iniziare<br />
l’invasione delle soffitte...<br />
tossicitrato \\ zeolitee<br />
\\ ossido \\ solfatoo<br />
\\ xilitio \\ crotoloo<br />
Inventa la loro storia o un racconto<br />
\\ mr mutandina\\<br />
provocate dal loro aspetto!<br />
voody \\ silicato \\<br />
che li veda protagonisti.<br />
Il tema è libero... lasciati ispirare<br />
dalle sensazioni e dalle emozioni<br />
La Redazione di <strong>ARPANet</strong> sceglierà i migliori<br />
tra quelli pervenuti per allegarli al BadFriend<br />
a cui l’autore si è ispirato.<br />
tossicitrato \\ zeolitee<br />
Non perdere l’occasione di “dare vita”<br />
a queste strane creature...<br />
\\ ossido \\ solfatoo<br />
\\ xilitio \\ crotoloo<br />
Scoprili su...<br />
<strong>ARPANet</strong>.org/BadFriend
Editoriale.<br />
In uno scenario in cui, negli ultimi mesi, diversi<br />
periodici hanno annunciato la chiusura - è<br />
accaduto con Carnet, e ora con ben quattro testate<br />
del gruppo Hachette-Rusconi (Donna, diretto<br />
da Daria Bignardi, Photo, Vitalità e Il Nostro<br />
Budget) - <strong>ARPANet</strong> rilancia, con una veste grafi ca<br />
completamente nuova, la propria Rivista digitale,<br />
ARPA, trasformando sensibilmente format ed<br />
impaginazione.<br />
L'obiettivo è di posizionarsi nel segmento delle<br />
riviste di attualità, dedicando, come sempre,<br />
una particolare attenzione alle nuove tendenze<br />
culturali nei campi della letteratura, del design,<br />
della tecnologia e delle arti in genere: dal cinema<br />
alla musica, dal teatro a tutte le altre espressioni<br />
creative contemporanee.<br />
Solo per i suoi lettori, ARPA presenterà le migliori<br />
produzioni culturali italiane e straniere, mettendo<br />
a confronto eventi, personaggi, tendenze e stili già<br />
affermati con quanto di nuovo emergerà domani.<br />
In questo <strong>numero</strong>, ecco ricorrere, nell’intervista<br />
ai Jetlag, il tema della contaminazione: l’album<br />
“On the air” è un viaggio in cui ospiti illustri<br />
si alternano attraverso stili e generi diversi, per<br />
accostare il mondo del pop a differenti ambiti<br />
artistici. Onirot è invece un progetto musicale<br />
sperimentale, condotto seguendo il fi lo psichico<br />
sottile che lega la città di Torino al dark ambient<br />
e all’esoterismo, attraverso sonorità decadenti e<br />
oscure, tracciando spunti per un viaggio che ogni<br />
volta è assolutamente personale.<br />
È la città di Genova, poi, a fare da quinta notturna<br />
al racconto di Stefano Paolocci, “Dalle 18.30<br />
alle 6.00”: il lettore è traslato nell’ordinaria vita<br />
quotidiana di un netturbino, e può sbirciare<br />
nei suoi pensieri, dove si accatastano sogni ed<br />
aspirazioni di una tenerezza disarmante. Come<br />
disarmante è il silenzio e la magia di “Ferro 3”,<br />
un fi lm in grado di miscelare armoniosamente<br />
la poesia e l’atmosfera orientali agli aspetti di<br />
una realtà violenta e permeata dai simboli della<br />
ricchezza - prettamente occidentali. Una fotografi a<br />
elegante e sorprendente caratterizza anche la<br />
nuova trasposizione cinematografi ca di uno tra<br />
i capolavori di Shakespeare, “Il Mercante di<br />
Venezia”, dove incantevoli sono le ambientazioni<br />
della città lagunare, perfetti i costumi e curata<br />
l’attenzione ai dettagli in ogni scena.<br />
La fotografi a, l’immagine, il design: ARPA<br />
introduce gli eventi del prossimo Fuori Salone, in<br />
programma ad aprile, e racconta, nel frattempo,<br />
gli esiti di cinque esposizioni-evento a Milano,<br />
durante la settimana della moda: un piccolo diario<br />
ci conduce, giorno per giorno, dalla Triennale al<br />
Castello Sforzesco, passando per la Rotonda della<br />
Besana, attraverso ambienti fatti di suggestioni<br />
visive ed inediti accostamenti.<br />
Altrettanto inediti, gli accostamenti dei soggetti<br />
scelti da Salvatore Zappalà per le sue tele si svelano<br />
attraverso brillanti colori acrilici: segnaletica<br />
stradale, cartelli pubblicitari, bidoni risaltano in<br />
primo piano su scenari naturali e quieti, come<br />
tracce nel silenzio, ripercorribili visitando la<br />
mostra in programma alla Casa A. Volta di Lazzate<br />
(Mi), a partire dal 26 marzo prossimo.<br />
E poi ancora contaminazione, nella recensione a<br />
Breaking Grounds, il libro autobiografi co scritto<br />
da Libeskind intorno alla fi losofi a, sua propria, con<br />
cui dà corpo ai progetti architettonici più noti in<br />
tutto il mondo. Ancora letteratura, per fi nire, con<br />
la presentazione della saga di Marco Didio Falco e<br />
con la poesia di Riccardo Borghi.<br />
Una rivista interattiva, dove possano trovare spazio<br />
le espressioni dei lettori stessi: artisti, scrittori,<br />
designers o, semplicemente (!), creativi!<br />
Un periodico digitale che si trasformi in un<br />
mezzo concreto di diffusione delle culture<br />
emergenti, e possa formarsi della pluralità di voci,<br />
contaminandosi ogni volta e ogni volta offrendo<br />
spunti nuovi e nuove chiavi di lettura dei fenomeni<br />
artistici, culturali – in una parola, ancora, creativi<br />
– raccontati.<br />
Buona lettura!<br />
di Paco Simone<br />
Milano, marzo 2005. La città è sotto la neve!<br />
Veduta del campanile di Sant’Eustorgio dal Parco delle Basiliche.<br />
(photo: <strong>ARPANet</strong>)<br />
. AR RPA . 5
dal Web.<br />
...in rosa<br />
6 . ARPA .<br />
Fingerose -“Pet Trees”<br />
L’idea di attaccare al cellulare<br />
piccoli “pet trees” è coreana, ma tutto<br />
il mondo l’ha accolta con entusiasmo.<br />
È moda in Giappone e negli Usa..<br />
Un “pet tree” è una<br />
minuscola pianta<br />
che cresce in un’ampolla<br />
di vetro. Tutto ciò<br />
di cui necessita<br />
per vivere e crescere<br />
è contenuto<br />
nell’ampolla.<br />
www.fi ngerose.com<br />
“ONE CRYSTAL PER SONG”<br />
iPod mini - Più chic proprio non si può!<br />
Questi iPod mini da 4 Gb con cristalli Swarovsky<br />
sono dedicati a persone molto originali...<br />
www.crystalmini.com<br />
E-go, un notebook che parla di me<br />
Presentato al CeBit,<br />
E-go è un prodotto europeo<br />
che racchiude in sè le tecnologie<br />
più avanzate e un design innovativo.<br />
Un “lifestyle”notebook dal design unico e,<br />
volendo, personalizzato.<br />
Dovremo aspettare un po’ per portare a spasso<br />
questo pezzo di design.<br />
Verrà messo in vendita nel prossimo autunno.<br />
www.tulip-ego.com
Design.<br />
anticipazioni dal circuito fuori Salone<br />
di Francesca Fasoli<br />
Fervono i preparativi per il Salone del Mobile 2005, la più grande esposizione del mondo di design. La settimana del design animerà<br />
Milano dal 13 al 18 aprile, con centinaia di eventi collaterali che spaziano dall’arte alla moda passando per la musica elettronica, con la<br />
TDK Dance Marathon (www.tdkdancemarathon.it).<br />
Ormai al quarto anno di vita, Zona Tortona è diventato un appuntamento fondamentale durante il Salone del Mobile.<br />
Le premesse sono ottime, a cominciare dal Press Point 2005, ubicato negli spazi Gallery e Loft di SuperstudioPiù e pensato come un luogo non<br />
solo di informazione, ma anche di svago. Uno spazio molto ampio, dove Issey Miyake organizzerà un percorso olfattivo, Caffarel offrirà delle<br />
degustazioni creative e saranno presentati i gioielli KIDULT.<br />
Flavio Lucchini: I Dress-Memory, <strong>ultimo</strong> step del suo percorso artistico,<br />
sono bassorilievi bianchi in resina e poliestere che evocano classicità e pop<br />
art. È molto conosciuto nel mondo della cultura e dell’immagine, e ha fondato<br />
riviste come: Donna, Vogue Italia, Gioia (al SuperStudio Più).<br />
Marcel Wanders per Bisazza progetta<br />
un’installazione: un’auto coupé con una<br />
preziosissima carrozzeria in mosaico a<br />
motivi pop ed un improbabile optional,<br />
la vasca termale a rimorchio, che verrà<br />
parcheggiata all’ingresso di due atipiche suites<br />
di un altrettanto improbabile Bisazza Hotel,<br />
categoria cinque stelle. Non mancheranno<br />
suggestive zone wellness - anch’esse<br />
completamente rivestite in mosaico -<br />
popolate da presenze umane rese statuarie da<br />
una preziosa pelle di tessere in mosaico d’oro<br />
24 carati (SuperStudio Più)<br />
Seduta Lazy di B&B<br />
imperdibile presentazione<br />
presso lo store<br />
di via Durini 14.<br />
DAL 13 AL 18 APRILE 2005<br />
Design London, al Super Studio 13, farà incontrare designers, distributori e produttori per creare<br />
un’area londinese a Milano e sarà un test per il prossimo<br />
London Festival di settembre 2005.<br />
Allo Spazio Stendhal, via Stendhal 36,<br />
Established & Sons presenterà la sua prima<br />
collezione innovativa d’arredamento.<br />
Un party per il lancio, una mostra della durata<br />
di una settimana per celebrare la prima<br />
collezione di questi prodotti spettacolari,<br />
creati da alcuni dei più grossi nomi nel mondo<br />
del design internazionale.<br />
La mostra presenterà installazioni grafi che<br />
e mediatiche del team di designers<br />
MadeThought e dell’artista/fi lmaker Andrei<br />
Cross.<br />
Anche quest’anno, presso la<br />
Fondazione Industria di Milano (via<br />
Gaspare Bugatti 5), in occasione di<br />
Milan Design Week, si terrà Sos<br />
Design, mostra-mercato di oggetti<br />
di design per fi nanziare un progetto<br />
umanitario.<br />
Organizzata da Connexine, il<br />
progetto no-profi t propone prodotti,<br />
prototipi, schizzi donati da aziende<br />
di design (tra cui Agape, Alessi,<br />
Bonaldo, Foscarini, Liv’it-Fiam<br />
Italia, Zanotta, Zeus Nota e<br />
Zucchetti Rubinetterie) e da<br />
progettisti, come Massimo Iosa<br />
Ghinin e Marco Zanuso, in vendita<br />
a prezzi solidali per sostenere le<br />
attività di Don Gino Rigoldi e di<br />
www.comunitanuova.it.<br />
www.sosdesign.org<br />
Presso il Museo di Storia Naturale,<br />
all’interno dei giardini pubblici milanesi<br />
di Porta Venezia, Bang & Olufsen<br />
presenta In-Naturevolution,<br />
installazione di Peter Bottazzi, curata<br />
da Tanja Solci.<br />
Prodotti storici e ultimi nati del marchio<br />
danese vengono presentati attorniati<br />
da diorami, animali tassidermizzati,<br />
reperti fossili e minerali, in un’atmosfera<br />
caratterizzata da presenze sonore e<br />
visive estranianti.<br />
. ARPA . 7
Design&Moda.<br />
In Triennale, quattro mostre dedicate alla moda, un’importante<br />
rassegna fotografi ca alla Rotonda della Besana, organizzata dalla<br />
Fondazione Pitti Immagine, e una mostra al Castello Sforzesco<br />
per esporre le donazioni della signora Bernasconi.<br />
Tutt’intorno alla settimana della moda.<br />
under 30<br />
over 87<br />
Il mio giro di mostre è iniziato alla Triennale, dove ho visitato<br />
diverse esposizioni: gioielli, fotografi e, ma soprattutto abiti. La<br />
mia è stata una visita da spettatrice e non da addetta ai lavori,<br />
limitandomi ad osservare!<br />
L’esperienza è stata decisamente divertente, anche se in alcune<br />
occasioni, per esempio proprio in Triennale, alla mostra British<br />
Fashion in Milan, è stato praticamente impossibile ottenere una<br />
cartella stampa. Ho comunque respirato aria di novità e creatività:<br />
gli abiti erano esposti dietro a cornici ai lati di un lungo corridoio<br />
che conduceva al banco stampa.<br />
di Francesca Fasoli<br />
Lì, in agguato, si nascondeva una giovane giapponese che offriva<br />
una consulenza gratuita per il look: girando l’angolo, ci si trovava di<br />
fronte Tony&Guy, per l’occasione in trasferta, che in dieci minuti ti<br />
phonava un po’, consigliandoti il “taglio perfetto”!<br />
Ma, imbarazzo a parte, la mostra era molto ben fatta e all’esposizione
di giovani si arrivava sino ai capi di Stella<br />
McCartney, John Galliano… ed altri noti.<br />
Dressing Ourselves era una mostra d’arte<br />
e moda organizzata da Yoox: un unico<br />
corridoio dov’erano esposti “abiti-opered’arte”<br />
indossati da sculture polimateriche,<br />
raffi guranti, in scala naturale, gli autori, e<br />
realizzate dall’artista Attilio Tono.<br />
Andrea Branzi indossava macchie di<br />
muschio, Alessandro Mendini si vestiva<br />
da Arlecchino, Ettore Sottsass sembrava<br />
un astronauta, Gaetano Pesce creava una<br />
esplosione di iuta...<br />
Nel complesso, una piccola esposizione<br />
con poche informazioni, anche se l’idea era<br />
molto divertente.<br />
Giovedì 24, ero all’inaugurazione della<br />
mostra fotografi ca Lo sguardo Italiano,<br />
fotografi e italiane di moda dal 1951 a<br />
oggi, organizzata dalla Fondazione Pitti<br />
Immagine Discovery. Purtroppo, una sera<br />
piovosa e fredda, ma l’elegante e minimale<br />
buffet (all’aperto sotto i portici) prevedeva<br />
cioccolata calda o tisana alla menta.<br />
Le foto erano esposte in un tunnel nero<br />
ed emergevano come proiezioni dal buio.<br />
Il risultato è stato molto suggestivo, ma<br />
l’ambiente era piccolo e la gente tanta:<br />
non ho riconosciuto nessuno, a parte<br />
Carla Sozzani (direttrice della famosa<br />
galleria in Como 10). Riuscire a guardare<br />
le fotografi e è stato quasi impossibile, avrei<br />
dovuto sfogliarle pazientemente estraendole<br />
dai cassettoni neri e leggerne il <strong>numero</strong>,<br />
facendo spostare almeno cinque persone<br />
per raggiungere la legenda e scorgere data e<br />
autore.<br />
No, ho preferito vivere la sensazione<br />
generale dell’ambiente e della gente.<br />
Ascoltando i discorsi delle persone, ho<br />
captato quello di una ex-modella che, fi era,<br />
“Lo sguardo italiano”<br />
Rotonda della Besana, Milano<br />
fi no al 20 marzo<br />
Museo Maxxi, Roma<br />
fi no all’8 maggio<br />
www.losguardoitaliano.com<br />
“La moda come passione e come professione”<br />
Castello Sforzesco, Milano<br />
fi no al 31 maggio<br />
mostrava al marito le foto di quando aveva<br />
vent’anni (trent’anni fa, circa) scattate da<br />
non so quale famosissimo fotografo.<br />
Penultima tappa del mio tour di moda<br />
è stata l’inaugurazione della mostra La<br />
moda come passione e come professione – La<br />
donazione di Silvana Bernasconi. Venerdì<br />
25, alle 19,00, si è aperto il portone in ferro<br />
battuto del Castello Sforzesco di Milano.<br />
Ho attraversato il cortile centrale del<br />
Castello e, seguendo la folla, ho raggiunto<br />
le sale panoramiche - ovviamente in alto,<br />
ma per niente panoramiche!<br />
La signora Silvana Bernasconi, giornalista<br />
e illustratrice nel dopoguerra, negli anni<br />
dell’affermazione della moda in Italia, ha<br />
scritto per “Vogue Italia”, “Vogue France”<br />
e “Harper’s Bazar”, ma è stata anche<br />
responsabile delle relazioni pubbliche per<br />
aziende o talenti emergenti.<br />
Quello che mi ha colpito di più è stata l’età<br />
media degli astanti.<br />
Gli invitati erano tutti più o meno<br />
coetanei della signora Bernasconi (88 anni<br />
compiuti), presente alla serata, ma non<br />
distinguibile. Nella folla ho riconosciuto<br />
invece un altro famoso signore: Ottavio<br />
Missoni. Che, come sempre, indossava<br />
il suo cappellino, la sua sciarpa e il suo<br />
maglione (e ci tengo a specifi care: “suo”).<br />
Tutti pressati saliamo le scale, e poi<br />
veniamo stipati nell’antibagno, in attesa del<br />
nostro turno per entrare nella piccola sala<br />
espositiva.<br />
Inutile descrivere l’agguerrimento di alcune<br />
anziane signore impellicciate che, forti della<br />
loro esperienza, spintonavano senza ritegno.<br />
Anche la signora del press-point era un<br />
po’ avanti con gli anni e, per ottenere<br />
una orrenda cartellina del Comune, color<br />
azzurrino scolorito, con dentro quattro<br />
fotocopie, ho impiegato almeno dieci<br />
minuti.<br />
Poi, fi nalmente il buffet, un bicchiere di<br />
vino rosso con un particolare fondo di noce<br />
e... la mostra.<br />
Una minuscola sala tutta color grigio topo,<br />
un’illuminazione scarna e praticamente<br />
assente sui cartelloni con le fotografi e e le<br />
spiegazioni. E poi gli abiti sistemati alla<br />
meglio su tristi manichini.<br />
Ma durante la conferenza stampa hanno<br />
spiegato che al Castello, anche grazie<br />
a questa donazione, prenderà l’avvio il<br />
progetto di creazione di un museo della<br />
moda per rendere pubblico il vastissimo<br />
patrimonio tessile di proprietà civica (oltre<br />
22.000 pezzi). Le premesse non sono<br />
ottime, anche se a Milano, effettivamente,<br />
un museo della moda manca ancora.<br />
Domenica 27. Finita la settimana della<br />
moda, ho visitato Eidos in Triennale, nel<br />
suo <strong>ultimo</strong> giorno di programmazione.<br />
Cito la prima frase del catalogo: “L’idea, la<br />
forma, l’essenza, il fi ne”.<br />
Eidos è un progetto che intende far<br />
emergere le forme che danno forma a ciò<br />
che intendiamo per moda.”<br />
Undici stilisti hanno presentato i loro lavori<br />
in una divertente e curata esposizione: il<br />
total white di Giovanni Cavagna, il total<br />
black e le linee fondamentali e pulite<br />
di Daniela Grgis, ma anche ispirazioni<br />
orientali e cappotti, con ricamati pappagalli<br />
colorati di Colomba Leddi e Giampiero<br />
Panepinto.<br />
Nota molto positiva: un’organizzazione<br />
impeccabile, compreso il catalogo omaggio.<br />
Al termine della settimana, le luci si sono<br />
spente, e le mostre, quasi tutte, hanno<br />
chiuso i battenti.<br />
. ARPA . 9
Arte.<br />
Tracce nel silenzio<br />
Bisogna accostarsi in punta di piedi,<br />
quasi trattenendo il respiro, per non<br />
incrinare il silenzio sospeso che pervade<br />
le tele esposte in mostra.<br />
Le opere, contenute nella quantità,<br />
ma opportunamente selezionate nella<br />
varietà dei formati, delle dimensioni e<br />
dei soggetti, coprono un arco temporale<br />
che va dal 1996 ad oggi, rappresentando<br />
la poetica ricorrente di un artista, fedele<br />
da sempre sia al “mestiere” del fare<br />
pittura, sia ad una personale e suggestiva<br />
visione del mondo.<br />
Non deve ingannare l’apparente<br />
semplicità delle immagini, cui<br />
corrisponde un’altrettanto apparente<br />
semplicità dei titoli: “Autunno”,<br />
“Tristezza”, “Neve in città”, “Area di<br />
servizio”, “Dopo il temporale”- per<br />
citarne alcuni - spiegano soltanto in<br />
parte ciò che le opere mostrano.<br />
In effetti, i dipinti di Salvatore<br />
Zappalà comunicano tacitamente<br />
con l’osservatore, trasportandolo in<br />
un’atmosfera tanto più magica quanto<br />
più minutamente riconoscibile: boschi<br />
innevati, corsi d’acqua ritornati alla<br />
quiete dopo il temporale, strade solitarie<br />
che si perdono tra gli alberi, stazioni<br />
di servizio abbandonate, vecchie radici<br />
contorte, ponti rugginosi che si stagliano<br />
contro cieli carichi di nubi. È la realtà<br />
che tutti conosciamo e riconosciamo,<br />
il mondo che appartiene all’uomo, da<br />
cui, però, l’uomo è sparito, lasciando<br />
soltanto tracce del suo passaggio.<br />
10 . ARPA .<br />
Sono, queste tracce, la costante della<br />
pittura di Zappalà e si concretizzano<br />
in elementi di scarto, segnali stradali,<br />
cartelloni pubblicitari, bidoni<br />
ammaccati.<br />
Nella loro schiettezza, i dipinti si caricano<br />
contraddittoriamente d’inquietudine e<br />
di tristezza, non mitigate dai brillanti<br />
colori acrilici, usuali nella produzione<br />
dell’artista siciliano.<br />
Non è facile trovare un termine di<br />
confronto univoco per questa pittura:<br />
realismo, iperrealismo, “natura<br />
morta”, trash sono etichette a volte<br />
impropriamente usate per defi nire lo<br />
stile di Zappalà, che invece sfugge ad<br />
ogni classifi cazione.<br />
Se il suo segno appare sempre preciso,<br />
pur con una maggiore libertà nelle ultime<br />
opere, se il suo colore è controllato da<br />
un’esigenza, quasi maniacale, di armonia<br />
di toni e accostamenti, il signifi cato<br />
<strong>ultimo</strong> delle sue “fi nestre sul mondo”<br />
va oltre ogni ipotizzabile suggestione.<br />
Non è realtà o iperrealtà quella che<br />
l’artista ci mostra, non è soltanto<br />
natura silente riprodotta allo specchio:<br />
la sospensione che vibra nelle sue tele è<br />
forse determinata dal confl itto irrisolto<br />
tra il mondo e l’essere umano che lo<br />
abita. In città o nel bosco, in giardino<br />
o nella stazione di servizio, con la<br />
neve o con il sole, il mondo continua<br />
ad esistere immutabile, splendido<br />
nella sua semplicità, imperturbabile<br />
nell’alternanza dei momenti e delle<br />
di A.B. (storica dell’arte)<br />
stagioni. Le povere, modeste tracce<br />
d’uomo che vi si inseriscono parlano<br />
un altro linguaggio, introducono codici<br />
diversi, come in quel giardino che appare<br />
come amara citazione dell’“hortus<br />
conclusus” di medievale memoria.<br />
È il codice della segnaletica, dell’oggetto<br />
usurato e scartato, della pubblicità fi ne a<br />
se stessa, del divieto di transito, visibile<br />
al termine di una faticosa strada in salita,<br />
intuibile su un gigantesco ponte che,<br />
assurdamente, non porta da nessuna<br />
parte.<br />
Se questi sono i segni lasciati dall’uomo,<br />
si può comprendere perché nei dipinti<br />
di Zappalà manchi la fi gura umana e<br />
predomini il silenzio: è il silenzio stupito<br />
e malinconico di chi guarda e ritrova<br />
nel quadro la personale inquietudine, il<br />
dubbio amaro di un’esistenza inutile, il<br />
timore di un percorso che lasci soltanto...<br />
tracce nel silenzio.<br />
“Tra i codici di un giardino”<br />
Acrilico su tela, 1996<br />
TRACCE NEL SILENZIO<br />
Personale di Salvatore Zappalà<br />
Casa A. Volta<br />
Comune di Lazzate (MI)<br />
26 marzo – 4 aprile 2005
“Neve in città”<br />
Acrilico su tela, 1999<br />
“Sette del pomeriggio”<br />
Acrilico su tela, 1997<br />
. ARPA . 11
Narrativa.<br />
C<br />
’è Pietro di sotto, mi chiama e io scendo facendo<br />
poco fracasso. La signora Amelia, l’inquilina del<br />
piano di sotto nonché proprietaria dello stabile,<br />
si è già lamentata per due volte con Chiara. Dice che<br />
il portone o lo chiudo troppo forte o non lo chiudo<br />
proprio. In macchina Pietro fuma, ma stranamente<br />
l’odore che annuso ogni volta che apro la portiera è<br />
la vaniglia dell’Arbre Magique appeso allo specchietto<br />
retrovisore.<br />
Quell’aroma mi ricorda i dolci di mia nonna.<br />
La strada come al solito è vuota.<br />
Quando scendiamo per il caffè al bar di Gino, non<br />
12 . ARPA .<br />
Dalle 18.30 alle 6.00<br />
di Stefano Paolocci<br />
è diffi cile percepire distintamente i rumori che<br />
provengono dalle fi nestre delle case vicine: la sigla del<br />
TG, lo spazzolino e l’acqua del lavandino, il frigo che si<br />
apre, persino la plastica che si rompe per aprire il pacco<br />
nuovo di biscotti, quelli del supermercato qui dietro,<br />
1KG / 1 euro.<br />
Gino non parla quando ci vede. Lui è sampdoriano, noi<br />
genoani. Oltretutto a quell’ora sfi do chiunque ad aver<br />
voglia di parlare.<br />
Sul lato sinistro del bancone, una foto di Gino e Trevor<br />
Francis fa da cornice ai video poker in bella mostra.<br />
Pietro accende l’ennesima sigaretta.
Io mi fi sso guardando il fi lo di fumo che dal posacenere<br />
sale diritto fi no al soffi tto. Uscendo noi salutiamo e<br />
Gino, come all’entrata, non parla. Montiamo in auto<br />
e puntualmente incrociamo il furgoncino marroneamaranto<br />
della DHL.<br />
Un giorno Pietro non lo incrociò: rimase bloccato per<br />
tre quarti d’ora fi nché non lo vide transitare.<br />
Quel giorno arrivammo tardi al lavoro.<br />
Oggi invece siamo in anticipo.<br />
Parcheggiamo con il muso di fronte ad un muretto di<br />
pietre e rovi, così a nessuno viene in mente di “…fare<br />
picnic sul mio cofano…”, mi dice sempre Pietro.<br />
Gli spogliatoi sono distanti circa duecento metri, da<br />
percorrere all’aperto e fra fango<br />
e buche. Ogni volta che piove<br />
Pietro mi ripete che “..belan,<br />
me ne sarei restato sotto il letto,<br />
oggi…”<br />
Io lo so che lui sotto il letto di<br />
casa non ci sta bene. La moglie<br />
lo maltratta e l’unica luce della<br />
sua vita, il fi glio Antonio, è in<br />
Marina arruolato da ormai due<br />
anni e adesso imbarcato per<br />
non si sa bene dove.<br />
I nostri armadietti sono vicini,<br />
tutti e due con l’adesivo del<br />
Grifo genoano appiccicato<br />
sopra.<br />
Qualche coglione sul mio ha scritto col pennarello<br />
Genoa Merda. Ho provato a cancellarlo, ma non c’è<br />
verso. Ci vestiamo in fretta ed usciamo in attesa del<br />
camion. Io e Pietro siamo seduti dietro. Davanti c’è<br />
Michele e Luca mentre Marzio, e qualche volta Renato,<br />
sono gli autisti.<br />
Durante il breve percorso che facciamo insieme a loro,<br />
non parliamo mai, non abbiamo molti argomenti in<br />
comune su cui discutere.<br />
Poi loro sono giovani e se ne infi schiano del lavoro, noi<br />
due invece è una vita che puliamo strade.<br />
Noi sì che possiamo dire senza smentite che ormai la<br />
gente non fa più caso a quel che butta in terra.<br />
Io aggiungerei che non fa più caso a niente, ma questo<br />
è un altro discorso. Spesso mi chiedo come sia possibile<br />
trovare immondizia a meno di un metro dai cassonetti,<br />
non lo capisco. Sono lì di fronte, due passi e ci sei,<br />
“loro sono giovani<br />
e se ne infi schiano<br />
del lavoro, noi due<br />
invece è una vita che<br />
puliamo strade.”<br />
invece no, si butta in terra.<br />
Chiara, a casa, quando lascio una fetta di pane sul<br />
tavolo, mi dice che è peccato, che c’è gente che muore<br />
di fame e io non posso permettermi di sprecare quel<br />
pezzo di pane.<br />
Chiara ha ragione, è che avere a che fare tutti i santi<br />
giorni con la pigrizia delle persone mi ha imbastardito.<br />
Mentre raccatto le cartacce in terra, Pietro passa con<br />
i secchi. Qualcheduno scende dai palazzi intorno<br />
per accompagnare i cani a fare pipì o peggio per farli<br />
cagare.<br />
Si vergognano un poco quando incrociano il nostro<br />
sguardo, non vogliono farsi vedere assonnati, scarmigliati<br />
ma, soprattutto, succubi di<br />
consorti megere che li seviziano<br />
costringendoli a serviziuncoli<br />
così insignifi canti.<br />
Però non si vergognano -<br />
anzi, se ne fottono - se il loro<br />
stramaledetto cane caga sul<br />
marciapiedi appena pulito!<br />
Ecco perché penso che ormai<br />
la gente se ne frega di ogni<br />
cosa: perché non c’è il minimo<br />
rispetto per nessuno!<br />
Neppure se quel nessuno si<br />
alza alle 3 e 40 del mattino,<br />
sale per cinque ore su<br />
uno stramaledetto camion dell’immondizia, svuota<br />
cassonetti stracolmi di buste stracolme di cibi, guadagna<br />
sì e no il necessario per l’affi tto di un buco ad un passo<br />
dalle acciaierie e “fi nemente” impregnato di silicosi,<br />
per la Gazzetta la domenica e per la pizza surgelata al<br />
martedì!<br />
Finito il lato sinistro della via, Pietro si fuma una<br />
sigaretta mentre io inizio a raccogliere le cartacce<br />
dall’altro lato. È qui, da questa parte, che c’è l’entrata<br />
del Blue Glass, un night club.<br />
Una volta, mentre raccoglievo un sacchetto proprio di<br />
fronte all’entrata, ho sentito delle voci e subito dopo la<br />
porta si è aperta: sono uscite due stangone alte almeno<br />
il doppio di me, tacchi a spillo e minigonne nere, una<br />
bionda e una mora. Parlavano fra loro ridendo, poi la<br />
bionda mi ha fatto l’occhiolino.<br />
Quando sono tornato a casa, Chiara era ancora a letto<br />
e dormiva.<br />
. ARPA . 13
Narrativa.<br />
Allora mi sono svestito in silenzio e mi sono fi ccato<br />
sotto le coperte insieme a lei.<br />
Pensavo alla bionda e l’eccitazione mi saliva, perciò<br />
ho tentato di toccare prima i fi anchi e poi le cosce di<br />
Chiara. C’ho provato per qualche minuto, poi mi sono<br />
girato dall’altro lato e mi sono svegliato che era ora di<br />
pranzo.<br />
Tutte le volte che sono di fronte all’entrata del night,<br />
ripenso a quella volta. Alla bionda invece non ho mai<br />
smesso di pensarci.<br />
Pietro ha fi nito la sigaretta e si avvicina. Lui mi ha<br />
raccontato che uno spogliarello dal vivo lo ha visto<br />
veramente. Era in Olanda per Ajax-Genoa, semifi nale<br />
di UEFA, insieme ad altri due si erano avviati per il<br />
quartiere a luci rosse di Amsterdam.<br />
Dietro ad ogni vetrina, invece di vestiti o scarpe o che ne<br />
so che cosa, c’era una ragazza che cercava di piazzargli la<br />
propria merce. Pietro decise di comprare solo quando<br />
trovò una nera con i capelli viola.<br />
Per 25 euro si spogliano e si fanno toccare, anche lì,<br />
solo da te. Quando una sera l’ho detto a Chiara, lei non<br />
mi ha neppure guardato, poi ha sentenziato: “..che c’è,<br />
allora? Vacci pure tu, no?”<br />
Io volevo solo parlare, ma lei non vuol sentire neppure<br />
il minimo accenno a discorsi simili. Non vanno bene<br />
neppure discorsi sul Genoa o su Pietro. Discorsi sulla<br />
bionda invece sono io che non voglio farli.<br />
Spesso mi chiedo: possibile che la vita sia solo “C’è posta<br />
per te”, la spesa e i pavimenti splendenti, profumati e<br />
incerati?<br />
Abbiamo quasi fi nito la via ed è venuto il momento di<br />
passare alla piazzetta del mercato.<br />
È lì che ci facciamo il culo di mercoledì e oggi è proprio<br />
mercoledì. I banchi del mercato li allestiscono quasi<br />
14 . ARPA .<br />
tutti appena fi niamo noi.<br />
Solo Lamberto e i suoi formaggi puzzolenti arrivano<br />
puntualmente quando siamo al lavoro da poco.<br />
Lamberto scende dai monti dietro Genova, dal<br />
Piemonte.<br />
Mi ha detto che da quelle parti ha una fattoria con una<br />
mucca, due pecore e galline a volontà.<br />
Io gli ho fatto notare che forse era meglio se vendeva<br />
uova. Lui mi ha risposto che mica è scemo: le uova sono<br />
per la sua di tavola, mentre il formaggio, che gli puzza,<br />
non gliene frega niente se c’è o manca.<br />
Un anno fa, approfi ttando di una commissione che<br />
Chiara, ammalata, mi aveva comandato, ho chiesto<br />
a Lamberto del formaggio stagionato (così Chiara<br />
aveva scritto sul retro dello scontrino: 1 etto e mezzo di<br />
formaggio stagionato e pane).<br />
Appena mi ha visto, Lamberto ha iniziato a sbuffare<br />
pensando alla solita cazziata che gli facciamo perché<br />
“intralcia il nostro operato” - così gli aveva urlato una<br />
volta Renato.<br />
Invece ho chiesto del formaggio stagionato.<br />
Mi ha guardato, poi si è voltato ed ha aperto il portellone<br />
posteriore del suo catorcio.<br />
Un olezzo infernale si è mosso simultaneamente<br />
dall’abitacolo sin dentro le più remote cavità delle mie<br />
narici.<br />
Mi sono sentito come se una mandria di bufali impazziti<br />
mi stesse ballando il cha cha cha sullo stomaco.<br />
Sono indietreggiato e ho trovato il sostegno di un<br />
lampione poco distante.<br />
Lamberto rovistava, mugugnava e ad un tratto ha<br />
persino bestemmiato… non c’era proprio bisogno di<br />
farlo.<br />
In tutto quel marasma ne è uscito un coltello ed una<br />
“Quindi si è rivolto a me dicendomi che tutto il servizio faceva tre<br />
euro. Ho pagato e lui ha grugnito.<br />
Chiara non mi ha mai perdonato di averle appestato il frigo quel<br />
giorno, anche se poi il formaggio se l’è mangiato tutto, senza lamentarsi<br />
tanto.<br />
Il mercato che fanno qui è rionale, piccolo, ma ben fornito...”
forma di formaggio.<br />
Dopo aver poggiato il formaggio sul cofano del catorcio<br />
e aver tagliato una fettina, ha preso la pagina di un<br />
quotidiano semi-ingiallito e l’ha incartata alla bene e<br />
meglio.<br />
Quindi si è rivolto a me dicendomi che tutto il servizio<br />
faceva 3 euro.<br />
Ho pagato e lui ha grugnito.<br />
Chiara non mi ha mai perdonato di averle appestato<br />
il frigo quel giorno, anche se poi il formaggio se l’è<br />
mangiato tutto, senza lamentarsi tanto.<br />
Il mercato che fanno qui è rionale, piccolo, ma ben<br />
fornito.<br />
Quando abbiamo riempito il camion per intero e ci<br />
avviamo verso la discarica, ci ripassiamo di fronte.<br />
Certi giorni d’estate gli ombrelloni degli ambulanti<br />
sono talmente fi tti e vicini che è quasi impossibile<br />
vedere il sole.<br />
D’inverno invece, quando magari piove (…e credetemi,<br />
qui a Genova piove!) e di ombrelloni fi tti e vicini ce ne<br />
sarebbe bisogno, niente, tocca bagnarsi fi no al midollo<br />
per avere quelle scarpe che costano poco.<br />
La piazzetta ha una forma strana, non né circolare né<br />
quadrata, è un po’ tutte e due assieme.<br />
Quella che potrebbe essere l’entrata principale è<br />
delimitata ai lati da due palazzi degli anni ’50, decrepiti,<br />
ma belli nella loro imponenza.<br />
Io amo questa piazzetta per due motivi.<br />
Primo perché qui, quando la vengo a pulire, incontro<br />
molte persone garbate e gentili che mi salutano e non<br />
fanno cagare i loro cani sui marciapiedi.<br />
Anche se ho il dubbio sia che mi salutino per cortesia sia<br />
che abbiano un cane.<br />
Forse è più probabile che queste persone proprio non ci<br />
tengano un granché ad avere anche la bocca di un cane<br />
da sfamare.<br />
Oltretutto sono certo che 1 mq per il cesso in casa<br />
l’abbiano trovato e perciò non hanno bisogno di far<br />
cagare proprio nessuno per strada.<br />
Viceversa se avessero un cane o non avessero il cesso,<br />
probabile che cagherebbero anche loro sui marciapiedi.<br />
Il secondo motivo per cui mi piace questa piazzetta<br />
è che sull’insegna della piazza, con lo spray qualcuno<br />
abbia scritto: Piazza Ross “oBlu”, cancellando le ultime<br />
tre lettere “ini “ che invece sono il corretto toponimo di<br />
Piazza Rossini, appunto.<br />
Michele e Luca si trovano al lavoro in una via laterale.<br />
Loro dicono di ammazzarsi di lavoro, ma per me<br />
neppure sanno cosa vuol dire “lavoro”.<br />
Tutte le volte che passiamo a riprenderli, sono seduti<br />
o appoggiati a qualche muro a fumare o a ridere e<br />
scherzare.<br />
Io non ci vedo niente di divertente nel lavoro che<br />
facciamo. A casa, per esempio, rido con i fi lm di Alberto<br />
Sordi, Totò o Stanlio & Ollio, anche se devo aspettare<br />
l’estate per poterne vedere qualcuno.<br />
Quelli sì che fanno ridere!<br />
Chiara mi rimprovera sempre quando mi sbellico.<br />
E, devo dire, anche la Signora Amelia non è tanto felice<br />
del mio ridere chiassoso visto che ogni volta fa intendere<br />
la sua disapprovazione battendo quel cazzo di bastone<br />
sul suo soffi tto!<br />
Ma io non rido mai, e quando rido lo devono sapere<br />
tutti che sto ridendo!<br />
Pietro quando li vede senza far niente dice “…o signor<br />
d’amor acces, t’aves minga mai offes...” che dice lui è in<br />
dialetto milanese (a me, per come lo dice lui, sembra<br />
barese…) e si dice per pregare il Signore di compiere un<br />
qualche miracolo.<br />
Lui dice “il miracolo”, ma quello che chiede è che si<br />
porti via Michele e Luca… il che, con tutta la buona<br />
volontà, troverebbe un tantino in disaccordo Nostro<br />
Signore.<br />
In chiesa, una volta, un miracolo l’ho chiesto anch’io.<br />
Volevo che Pietro la smettesse di assentarsi dal lavoro<br />
per le sedute di chemio che deve fare due volte alla<br />
settimana al San Martino. Oggi pomeriggio Pietro se<br />
ne deve andare via prima dal lavoro per una di queste<br />
sedute. Il miracolo l’ho chiesto quattro mesi fa.<br />
Pietro si è consumato come le sue sigarette durante<br />
questi mesi. Forse c’è ancora tempo per il miracolo.<br />
Michele e Luca sono saliti, sui cassonetti c’è scritto che<br />
l’immondizia si deve buttare dalle 18 e 30 alle 6.<br />
Sono le quasi le 7 e quello stronzo lì con due sacchetti<br />
neri in mano non so se sia uno di quelli che se ne<br />
fotte della gente, uno di quelli che fa cagare i cani<br />
sui marciapiedi o semplicemente uno di quelli che sta<br />
aspettando un miracolo.<br />
. ARPA . 15
Poesia. di<br />
16 . ARPA .<br />
Eri accasciata<br />
sul ciglio del marciapiede sporco<br />
come una puttana già imbevuta,<br />
ed io che ti scrutavo<br />
nel breve tratto prima dell’angolo,<br />
ed io che mi stagliavo inamidato<br />
e sazio da cibi alla carta.<br />
Sotto lo straccio traforato<br />
che ricopriva un corpo umiliato<br />
dai tratti irregolari e sporgenti,<br />
spuntavano due mani giunte,<br />
scure e rugose,<br />
saldamente fuse<br />
dalla chiodata morsa del dolore.<br />
Mi bloccai<br />
e ti gettai tutti i miei spiccioli: la tua vita erano i miei resti.<br />
Riccardo Borghi
Cinema.<br />
Kim Ki-duk, oltre ad essere un<br />
regista, è un pittore. E si vede.<br />
La fotografi a di “Ferro 3 - la casa<br />
vuota” è, a dir poco, sorprendente.<br />
Un fi lm decisamente poetico, ricco<br />
di atmosfere rarefatte e signifi cative.<br />
Due sono i protagonisti: un giovane<br />
ladro e una donna infelice del suo<br />
matrimonio.<br />
Tae-suk non è propriamente un<br />
ladro. Quando è sicuro che la casa<br />
sarà inabitata per qualche giorno,<br />
Tae-suk forza la serratura ed entra.<br />
Entra nella casa vuota, appunto.<br />
Inizia a viverci come se fosse casa<br />
sua: fa il bucato, stende i panni, si<br />
lava, guarda la televisione, si prepara<br />
da mangiare, aggiusta le cose rotte<br />
e si scatta delle fotografi e con la<br />
macchina digitale.<br />
Ogni giorno si ripete lo stesso<br />
copione, fi nché Tae-suk non entra<br />
nella casa di Sun-hwa, una donna<br />
maltrattata dal proprio marito. Le<br />
sequenze che narrano questo incontro<br />
sono una danza suggestiva all’interno<br />
della grande e lussuosa casa di lei.<br />
Sun-hwa osserva il giovane, senza<br />
paura, con silenzioso interesse.<br />
Il legame tra i due si fa ogni giorno<br />
più forte e l’atmosfera del fi lm si fa<br />
irreale quanto un sogno.<br />
Un sogno, il fi lm, in cui i dialoghi<br />
quasi non esistono. Tra i due<br />
protagonisti non c’è dialogo, ma<br />
questo silenzio non appesantisce<br />
la pellicola; anzi, permette di<br />
concentrarsi sulla fotografi a e sugli<br />
eventi.<br />
Protagonista assoluta è la casa: ogni<br />
casa rifl ette i propri inquilini, siano<br />
essi una coppia di anziani, una<br />
famiglia infelice o giovani creativi.<br />
La casa dove ogni personaggio trova<br />
ristoro, dove ogni esistenza trova<br />
la sua collocazione. Le case visitate<br />
dai due protagonisti sono testimoni<br />
segrete del loro amore e conservano<br />
le emozioni vissute (non a caso Sunhwa,<br />
quando viene allontanata da<br />
Tae-suk, si trova a vagare nelle case<br />
che ha visitato con lui, lasciando<br />
esterrefatti gli inquilini).<br />
Una composizione impeccabile<br />
dove l’eleganza - per certi aspetti<br />
asettica - tipica delle culture orientali<br />
viene contrapposta alla violenza,<br />
caratteristica intrinseca della nostra<br />
esistenza.<br />
Debitore a Kitano, il fi lm non<br />
ci preserva da sangue e violenza,<br />
ricordandoci “Dolls” del maestro<br />
giapponese.<br />
Pur perseguendo la ricerca stilistica,<br />
il fi lm non perde il contatto con<br />
la realtà coreana, o meglio con<br />
l’immaginario della nazione: i<br />
simboli della ricchezza, che sono<br />
prettamente occidentali, sono i<br />
protagonisti di molte inquadrature.<br />
Non a caso “Ferro 3” è una mazza<br />
da golf. Ma Ferro 3 è la mazza da<br />
golf meno usata, simbolo della<br />
di Daniela Giordani<br />
Titolo Originale: BINJIP<br />
Regia: Kim Ki-duk<br />
Interpreti: Seoung-yeon Lee, Hee Jae<br />
Durata: h. 1.35<br />
Nazionalità: Corea del Sud<br />
Anno: 2004<br />
Genere: drammatico<br />
trascuratezza. Simbolo di quanto la<br />
ricca borghesia, pur avendo tutto, sia<br />
spesso arida.<br />
Un fi lm da vedere, per godersi un<br />
silenzio meravigliosamente dipinto e<br />
signifi cativo.<br />
. ARPA . 17
Cinema.<br />
Il Mercante di Venezia<br />
“Un ebreo non ha occhi? Non ha mani, un<br />
ebreo, membra, corpo, sensi, sentimenti,<br />
passioni? Non si nutre dello stesso cibo, non<br />
è ferito dalle stesse armi, soggetto alle stesse<br />
malattie, guarito dalle stesse medicine, scaldato<br />
e gelato dalla stessa estate e inverno di un<br />
cristiano...Se ci pungete non sanguiniamo?<br />
Se ci fate il solletico, non ridiamo? Se ci<br />
avvelenate, non moriamo?”<br />
Shylock, atto III<br />
Come non essere attratti, affascinati<br />
e incuriositi dalla rappresentazione<br />
cinematografi ca di uno dei più<br />
bei nonché drammatici capolavori<br />
teatrali e letterari targati Shakespeare?<br />
E anche se alcuni di voi non avessero<br />
ancora avuto il piacere di imbattersi<br />
nella lettura del “Mercante di Venezia”<br />
certamente tutti avrete sentito<br />
parlare, almeno una volta nella vita,<br />
di Antonio, Bassanio, Porzia o di<br />
Shylock. Sono loro i protagonisti di<br />
questo adattamento cinematografi co<br />
su cui si cimenta Michael Radford,<br />
ottenendo un risultato soddisfacente.<br />
Soddisfacente perché il regista, pur<br />
attenendosi precisamente al testo<br />
scritto e rispettandolo fedelmente<br />
18 . ARPA .<br />
di Carlotta Vissani<br />
nella trasposizione su pellicola,<br />
sembra avere timore di osare, di<br />
caratterizzare emotivamente i<br />
personaggi che a tratti risultano<br />
leggermente statici e “molli”.<br />
I costumi sono perfetti, sfarzosi,<br />
ricchi, curati e pensati fi n nei<br />
minimi particolari, l’ambientazione<br />
è una Venezia del sedicesimo secolo<br />
che ipnotizza come sempre con i<br />
suoi canali, le sue gondole, i suoi<br />
palazzi commoventi alla vista, i suoi<br />
sfarzosi e abbondanti banchetti. Ma<br />
è anche una Venezia spietata, dove la<br />
discriminazione regna sovrana, dove<br />
Radford inserisce la drammatica<br />
attualità dell’emarginazione di oggi,<br />
ambientandola 500 anni fa.<br />
Shylock, interpretato da Al<br />
Pacino, è la rappresentazione della<br />
discriminazione, del dolore e della<br />
sofferenza per i soprusi subiti, per<br />
le infamie a cui deve sottostare per<br />
essere ebreo, per non avere altra via se<br />
non quella dell’usura per sostentare la<br />
sua casa e se stesso, per l’abbandono<br />
della fi glia Jessica che lo lascia solo per<br />
sposare un cristiano e divenirlo a sua<br />
volta. Un climax di rammarico e di<br />
sofferenza che si tramuta scena dopo<br />
scena in odio, rabbia, sete di vendetta.<br />
Una vendetta che non gli verrà<br />
comunque concessa, una vendetta<br />
che oltre a non essere soddisfatta lo<br />
costringe a doversi prostrare davanti<br />
agli occhi di un arrendevole e<br />
apparentemente fragile Jeremy Irons<br />
nei panni di Antonio. Antonio che<br />
sacrifi cherebbe la vita per Bassanio,<br />
Antonio che ama Bassanio, non<br />
come un fi glio ama un padre, non<br />
come un amico ama un amico, ma<br />
come un uomo ama un altro uomo,<br />
in maniera incondizionata, senza<br />
limiti, tanto da mettere a repentaglio<br />
Siamo a Venezia, nel XVI secolo.<br />
Bassanio chiede al mercante Antonio un prestito di<br />
3.000 ducati per corteggiare Porzia, bella e ricca<br />
ereditiera di Belmonte.<br />
Antonio è ricco, ma i suoi soldi sono investiti nelle<br />
navi ancora in viaggio.<br />
Per non deludere Bassanio, a cui è legato da un<br />
grandissimo quanto ambiguo affetto, si rivolge<br />
all’ebreo, nonchè usuraio, Shylock, che attende da<br />
tempo l’occasione per vendicarsi delle umiliazioni<br />
subite pubblicamente.<br />
A Venezia, per gli ebrei vige il coprifuoco, non<br />
possono circolare liberamente di notte e un enorme<br />
lucchetto sbarra le porte del ghetto.<br />
L’unico modo che resta loro per guadagnare soldi è<br />
l’usura, motivo per cui vengono tacciati di latrocinio.<br />
Shylock richiederà ad Antonio una libbra esatta della<br />
sua carne, e pretenderà la penale pattuita quando il<br />
mercante si rivelerà impossibilitato a restituire la cifra<br />
stabilita, ma...<br />
Attori: Joseph Fiennes, Al Pacino,<br />
Jeremy Irons, Lynn Collins<br />
Costumi: Sammy Sheldon<br />
Fotografi a: Benoit Delhomme<br />
Montaggio: Luca Zucchetti<br />
Musica: Jocelyn Pook<br />
Regia: Michael Radford<br />
Sceneggiatura: Michael Radford<br />
Scenografi a: Bruno Rubeo<br />
Lynn Collins<br />
La vendetta di Shylock<br />
y
la sua vita, un amore che si carica di<br />
passione fi no quasi a farci credere che<br />
sia più di un amore fraterno. Porzia<br />
rappresenta la dolcezza, l’eleganza,<br />
il fascino sensuale e pudico classico<br />
della femminilità perfetta, incarna<br />
l’astuzia, la fedeltà coniugale,<br />
l’amore in ogni sua sfumatura, la<br />
determinazione, la volontà di difesa<br />
per quello che si ama, la giustizia,<br />
la legge. Le due ore complessive<br />
scorrono appassionatamente ma a<br />
tratti lentamente, la fase del processo<br />
e della sentenza fi nale è forse la<br />
meno entusiasmante, anche perchè<br />
c’è il momento di massimo calo<br />
recitativo per Al Pacino che sembra<br />
quasi essere costretto a smorzare<br />
l’intensità della sua interpretazione<br />
risultando di conseguenza poco<br />
effi cace e molto frenato. Joseph<br />
Fiennes invece è la nota dolente in<br />
questo cast. Senza doversi dilungare,<br />
Bassanio risulta tanto bello quanto<br />
insipido nella sua interpretazione<br />
poco convincente e defi lata. Ed è<br />
un peccato, considerando il suo peso<br />
all’interno della vicenda. Tuttavia,<br />
considerando la mole di critiche<br />
che generalmente piovono quando<br />
si rendono cinematografi che opere<br />
teatrali/letterarie e aggiungendo poi<br />
che “Il mercante di Venezia” non può<br />
giocare la carta dell’effetto sorpresa,<br />
perché il fi nale è già deciso, non si<br />
può certo dire che non valga la pena<br />
vederlo. Personalmente ho gradito e<br />
apprezzato l’attinenza all’originale<br />
anche perchè il discostarsi troppo<br />
da esso avrebbe costituito un<br />
fortissimo rischio e un possibile<br />
canale per le critiche più feroci, ed<br />
è probabilmente questa prudenza,<br />
questo timore che non consente alle<br />
scene di decollare defi nitivamente, di<br />
esprimersi al meglio, lasciando forse<br />
a qualcuno un velo di delusione.<br />
Impossibile in ogni caso non<br />
amare qualsiasi cosa che provenga<br />
dal geniale estro creativo di una<br />
personalità unica quale quella del<br />
drammaturgo inglese.<br />
Al Pacino<br />
Shylock y al cinema<br />
Michael Radford non è il primo ad aver portato<br />
sul grande schermo “Il Mercante di Venezia”<br />
di Shakespeare. Il primo fi lm è datato 1910<br />
ed è italiano. La regia è di G. Lo Savio, e gli<br />
interpreti Ermete Novelli (Shylock) e Francesca<br />
Bertini (Porzia). Nel 1952 è la volta di una coproduzione<br />
italo-francese per la regia di P. Billon<br />
con Michel Simon nei panni dell’usuraio ebreo,<br />
Massimo Serato nelle vesti di Antonio e Anurée<br />
Debar in quelli di Porzia. Ma non basta: nel<br />
1978, G. de Bosio raduna un cast tutto italiano<br />
per una nuova trasposizione del Mercante, con<br />
Gianrico Tedeschi (Shylock), Andrea Giordana<br />
(Bassanio), Emilio Bonucci (Lorenzo), Massimo<br />
Dapporto (Graziano), Ilaria Occhini (Porzia),<br />
Sergio Fantoni (Antonio) e Lina Sastri (Jessica).<br />
L’unico rimpianto è di non essere riusciti a vedere<br />
realizzato un altro Shylock: quello che avrebbe<br />
voluto interpretare Orson Welles, che amò questo<br />
personaggio shakespeariano più di ogni altro, non<br />
riuscendo però mai a portarlo sul grande schermo.<br />
A noi non rimane altro che provare ad immaginare<br />
come sarebbe stato.<br />
Opinioni dalla Redazione...<br />
Forse un po’ lento... Storia<br />
straordinariamente al<br />
femminile e per questo<br />
incredibilmente moderna<br />
Un fi lm rigoroso nel<br />
rappresentare l’affresco<br />
teatrale messo in scena da<br />
Shakespeare: una grande<br />
attenzione è dedicata alla<br />
fotografi a e ai costumi, e trovo<br />
grandi le interpretazioni di<br />
Jeremy Irons e di Al Pacino.<br />
Forse Joseph Fiennes è un po’<br />
fi acchino, ma può darsi che lo<br />
sia di natura.<br />
Nel fi lm, comunque, neanche<br />
i minimi dettagli vengono<br />
trascurati, come, ad esempio, le<br />
targhe degli scrigni della bella<br />
Porzia, con i motti in italiano:<br />
la scena infatti si svolge a<br />
Belmonte, in Italia, e una volta<br />
tanto le ragioni del marketing<br />
globale non hanno prevalso.<br />
“Il Mercante di Venezia” mi<br />
pare possa a buon diritto<br />
essere considerata un’ottima<br />
trasposizione su pellicola di<br />
un’opera di Shakespeare,<br />
insieme a “Molto rumore per<br />
nulla”, di Branagh (anche se<br />
per ragioni completamente<br />
diverse!)<br />
. ARPA . 19
Musica.<br />
20 . ARPA .<br />
di Carlotta Vissani<br />
Onirot: Pura sperimentazione astrale.<br />
“I am the city in the dream, I am the cultus place, I am Onirot”<br />
Che cos’è e che cosa rappresenta il dark ambient per<br />
Onirot?<br />
Herr Doktor: Semplice espressione del nostro lato<br />
oscuro per il risveglio dalla cronicità statica e dal<br />
trasformismo oggettivo; scienza esatta per poter<br />
affrontare il bellissimo squilibrio dell’essere senza<br />
sopperire al divenire, ma vivendolo intensamente.<br />
Dopo il cd-r limitato con cui avete esordito, avete dato vita<br />
al vostro primo full length uffi ciale, “Avgusta Tavrinorvm”.<br />
È un concept album legato a doppio fi lo alla vostra città<br />
natale, alla culla di una cultura esoterica particolarmente<br />
nutrita e di cui spesso si parla, la maggior parte delle volte<br />
senza cognizione di causa e a sproposito. Quale legame<br />
intravedi e percepisci tra il dark ambient, Torino e la<br />
passione per l’esoterismo?<br />
Penso che la musica in generale sia un ottimo tramite<br />
Dare una defi nizione di che cosa sia il dark ambient è<br />
diffi cile. Molto meglio è vivere la musica che ne veicola<br />
il signifi cato e i contenuti, lasciandosi semplicemente<br />
trasportare senza remore in quello che è un vero e proprio<br />
viaggio mentale e spirituale.<br />
Sonorità oscure e profonde, ricreate prevalentemente al<br />
sintetizzatore, registrazioni ambientali, rumori concreti,<br />
voci, cori, suoni della natura, suoni appartenenti alla sfera<br />
industriale, sibili e scricchiolii che conducono la nostra<br />
mente ad atmosfere di decadenza e oscurantismo sonoro.<br />
“Avgvsta Tavrinorvm”, primo e non <strong>ultimo</strong> full length di<br />
Onirot è tutto questo e anche di più, e per quanto possa<br />
essere vissuto con inquietante timore, non può non lasciare<br />
il segno.<br />
Non importa quale critica o commento, o ancora quale<br />
sensazione scaturiranno dall’ascolto; ognuno di noi può<br />
e deve interpretare le note, fi ltrandole secondo la propria<br />
sensibilità. L’importante è il viaggio, la domanda, il<br />
percorso, il senso <strong>ultimo</strong>.<br />
Onirot, un concept sull’aristocratica, affascinante,<br />
misteriosa Torino, nella sua essenza e nel suo divenire, nel<br />
suo non essere mai arrivata poichè tutto è trasformazione e<br />
niente è permanente. Un viaggio che si snoda idealmente<br />
tra i punti cardine, storici, mitici di una città che è tutta<br />
da capire e scoprire. Un viaggio che si protrae dai giardini<br />
alchemici a Villa Genero, all’indicazione geomantica<br />
della Gran Madre sull’ubicazione del Graal secondo la<br />
tradizione catara: la via è corso Francia, la direzione i<br />
Pirenei.<br />
Abbiamo deciso di intervistare una delle due menti che<br />
danno soffi o vitale a questo progetto per capire più in<br />
profondità che cosa si cela dietro alle note.<br />
Aprite l’anima prima delle orecchie e... buon viaggio.
tra il mondo dell’esoterismo e quello<br />
dell’essoterismo (il termine rappresenta<br />
il contrario di esoterismo. Molto<br />
genericamente, il termine essoterico<br />
(od exoterico) indica quanto è dotato<br />
di caratteristiche popolari o volgari.)<br />
Senza dubbi il dark ambient è il<br />
tramite più diretto per arrivare a<br />
comunicare la teatralità ed il dramma<br />
claustrofobico che si vuole narrare.<br />
I legami che scorgo tra il dark<br />
ambient, Torino e l’esoterismo,<br />
sono correnti psichiche sottili e di<br />
diffi cile percezione. Nulla è come<br />
appare, tutto subisce trasformazioni<br />
e trasformismi. Avere la capacità di<br />
osservare la staticità in movimento<br />
della propria città è capacità astratta<br />
quanto tangibile, perché raccontata<br />
sotto forma di non-musica.<br />
Torino è tanto magica quanto è<br />
magica la persona che la osserva e<br />
la vive.<br />
Se sei una bestia senza occhi, Torino<br />
sarà orrenda e non ne subirai il suo<br />
fascino. Torino non è come le grandi<br />
città dallo spessore monumentale<br />
come Roma. A Roma chiunque<br />
rimane a bocca aperta. È talmente<br />
grandiosa, spavalda, sicura, che<br />
è impossibile non rimanerne<br />
abbagliati.<br />
Torino bisogna saperla guardare.<br />
Se saputa guardare, la città stessa<br />
ti condurrà, attraverso i cancelli<br />
dell’ordinarietà, per trasportarti in<br />
una dimensione cittadina molto<br />
particolare.<br />
Il disco fa emergere, dalle sue note,<br />
una Torino degradata, una Torino in<br />
caduta libera. Il senso di asfi ssia sonora<br />
è ben presente, il turbinio nero in cui<br />
si cade altrettanto. Sbaglio a pensare<br />
che questo album voglia rappresentare<br />
la decadenza morale in primis, a cui,<br />
non solo Torino, ma in generale la<br />
nostra società sta andando velocemente<br />
incontro?<br />
Ciò che hai udito è il tuo viaggio.<br />
Onirot è solo il mezzo. Il viaggio può<br />
essere percepito come decadente,<br />
marcio, asfi ssiante ed oltre, perchè<br />
nell’album c’è anche tutto ciò.<br />
Onirot è una pozione alchemica<br />
arcobalenica. Noi tentiamo di essere<br />
alchimisti del suono e per mezzo<br />
del suono cerchiamo di costruire<br />
armonie artifi ciali. Sono però<br />
poi le armonie stesse che devono<br />
trasmettere illusioni oniriche,<br />
tracciando solo spunti per arrivare ad<br />
immaginare il viaggio.<br />
Onirot vuole essere solo un concept<br />
sulla Torino magica ed “Avgvsta<br />
Tavrinorvm” ne è la fotografi a in<br />
spartiti. Se tu hai scorto la decadenza<br />
morale della nostra società ascoltando<br />
il disco, noi non possiamo essere<br />
altro che orgogliosi di avere saputo<br />
trasmettere anche questo.<br />
Quali sono le fonti emotive, mentali,<br />
culturali da cui prende vita questo<br />
progetto? Quali i momenti più propizi<br />
per la composizione artistica?<br />
La fonte d’ispirazione principale<br />
che ci suggerisce le composizioni<br />
dei nostri dischi è il nostro stesso<br />
background “culturale”, fatto di<br />
migliaia di fi lm fuori dal comune,<br />
letture inusuali ed una visione del<br />
mondo degenere, ma molto reale.<br />
Il mondo a cui apparteniamo si<br />
adatta perfettamente alla nostra<br />
musica. Il nostro mondo, la nostra<br />
società, con tutti i suoi perfezionismi<br />
e la sua meschina umanità, non è<br />
altro, a nostro avviso, che un grande<br />
ricettacolo di ipocrisie molto ben<br />
orchestrate. Osservare la società e la<br />
sua falsa morale sotto altre angolature<br />
non può altro che far emergere il<br />
nostro lato freddo e desolante.<br />
Esso è lo specchio esatto del mondo<br />
che noi viviamo subconsciamente
tutti i giorni fi ltrandolo in maniera<br />
repentina attraverso la nostra<br />
dualistica posizione nei confronti di<br />
ciò che ci circonda.<br />
Due facce della stessa medaglia:<br />
Alienazione e Depravazione. Due<br />
aspetti cronici della nostra società.<br />
L’alienazione porta alla depravazione<br />
e viceversa. Questo perché molti di<br />
noi non danno sfogo alla propria<br />
vera volontà, che inesorabilmente<br />
si trasformerà in alienazione prima,<br />
e depravazione dopo. Onirot, nel<br />
suo progetto, vuole fare emergere<br />
entrambi gli aspetti di questo uomo<br />
moderno, agiato, ma terribilmente<br />
alienato e senza equilibri interiori.<br />
Che concetto ha della vita Onirot?<br />
Sei il signore del tuo inferno,<br />
null’altro. Alti e bassi repentini<br />
quanto funesti mi portano a pensare<br />
che l’unica soluzione sia la rottura<br />
di tutti gli schemi. Rompere tutti<br />
gli schemi, aiutandosi ad essere noi<br />
stessi con l’ausilio di qualsiasi mezzo.<br />
Domandatevi e basta, interrogatevi.<br />
Questa vita è solo un surrogato della<br />
vera vita.<br />
La reale libertà di vita, anche solo il<br />
suo profumo, lo si ha dimenticato da<br />
eoni.<br />
Quale importanza e quale peso ha la<br />
natura allo stato incontaminato? Esiste<br />
un modo per comunicare con essa?<br />
Non ne ho idea, nonostante io<br />
abbia vissuto luoghi incredibili e sia<br />
da sempre affascinato dalla natura,<br />
per la quale nutro un profondo ed<br />
atavico legame. So solo che ogni<br />
luogo ha visto la presenza umana, e la<br />
stessa presenza umana in quanto tale<br />
ne ha infranto la naturale purezza...<br />
La mia anima buia, in certi suoi<br />
strati abissali ed ipocondriacamente<br />
malati, trae notevoli spunti dalle<br />
fogne di Torino e dalle discariche<br />
nella periferia.<br />
22 . ARPA .<br />
Casolari tragicamente tossici.<br />
Ecco cosa mi ispira. L’archeologia<br />
industriale nel suo essere viva<br />
nonostante l’aspetto di triste<br />
caducità. Nel marciume io vedo<br />
la decadenza di un’umanità ormai<br />
proiettata verso l’ultima glaciazione<br />
dell’anima.<br />
Quali sono, se esistono, i vostri prossimi<br />
progetti?<br />
Un video-documentario su case<br />
abbandonate a cui parteciperanno,<br />
oltre a noi, altri esimi personaggi.<br />
A breve uscirà il nuovo Onirot.<br />
Il più incredibile della trilogia, a mio<br />
avviso...<br />
Che cosa sia il jetlag più o meno lo sa<br />
longitudini diverse da quelle usuali e ci<br />
ma l’orologio segna mezzogiorno, è l’ora<br />
Tutta la potenzialità della situazione ri<br />
Trasliamo questo concetto su piani diffe<br />
Air”) in cui, tra le altre cose, si sfrutta<br />
partecipano. Abbiamo contattato un Je<br />
rispondere alle nostre domande.<br />
Più volte nelle interviste defi nite “On T<br />
guest concept album: che cosa intendet<br />
defi nizione?<br />
Nel nostro caso, il “concetto” dell’albu<br />
la decontestualizzazione del “guest”. Va<br />
di là di facili giochi di parole, con “On<br />
nostro disco, volevamo percorrere una<br />
pochissimo nella musica italiana. Volev<br />
coinvolgere sui nostri brani artisti ester<br />
centrale di Jetlag - che in sostanza reg<br />
Jacopo e il sottoscritto -, chiamando<br />
collaboratori non solo a interpretare un
ppiamo tutti. Ci troviamo improvvisamente catapultati a latitudini e<br />
sentiamo fi sicamente decontestualizzati: il nostro corpo vorrebbe dormire<br />
di cena ma non sentiamo la fame, etc...<br />
siede proprio nel gap tra il nostro contesto e quello in cui atterriamo.<br />
renti ed ecco che i Jetlag hanno realizzato da poco un album (“On the<br />
la potenzialità che deriva dalla decontestualizzazione degli artisti che vi<br />
tlag, Emilio Cozzi, che ha accolto con entusiasmo e gentilezza l’invito a<br />
he Air” un<br />
e con questa<br />
m è proprio<br />
le a dire, al<br />
the Air”, il<br />
via battuta<br />
amo infatti<br />
ni al nucleo<br />
istra Livio,<br />
ognuno dei<br />
pezzo, ma<br />
il più delle volte a dare un apporto artistico proprio al<br />
brano proposto da noi.<br />
È successo, così, che Giorgia e Martina Topley-<br />
Bird abbiano anche scritto testi e melodie dei brani<br />
interpretati nel disco. O, più semplicemente, che<br />
pezzi con una certa “anima”, dal nostro punto di<br />
vista, cambiassero in mano altrui. Penso a “Martini<br />
Disease” per esempio, che Amanda Lear ha voluto<br />
interpretare recitando Baudelaire. Un’idea sua,<br />
assolutamente. Anche perché, ed era questa la sfi da<br />
più grande per i Jetlag, spesso abbiamo dato ai nostri<br />
ospiti brani lontanissimi dai loro abituali repertori.<br />
di Daniela Giordani<br />
Le atmosfere elettroniche di questo album mettono a dura prova<br />
artisti affermati. Il risultato è senza dubbio interessante.<br />
Il brano con il parlato di Ghezzi apre On the air, in cui si<br />
susseguono pezzi dalle liriche tutt’altro che scontate.<br />
Giorgia si misura nella sfi da di realizzare un brano (di cui<br />
fi rma testo e melodia) decisamente fuori dalle righe: Industrial<br />
– Appuntamenti Maledetti, un brano musicalmente lontano dal<br />
suo stile, ma di cui ha anche fi rmato testo e melodia.<br />
Samuele Bersani, Max Gazzé e Mario Venuti, autori raffi nati e<br />
originali del nuovo panorama italiano, intervengono in tre brani,<br />
sperimentando sonorità a loro meno familiari.<br />
Andy, tastierista dei Bluvertigo e pittore stimato, interpreta<br />
Where I am, un brano davvero eccezionale, di cui ha fi rmato<br />
anche il testo.<br />
Altri artisti partecipano al disco duettando con i Jetlag: Martina<br />
Topley-Bird, vocalist di Tricky, duetta con i Jetlag nella ballad Need<br />
a call, mentre Georgeanne “Gi” Kalweit si cimenta nel cantato di<br />
In altre parole, arrangiata anche da Flavio Ferri.<br />
Fate bene attenzione ai fi ati di Il gangster dell’amore, che sono<br />
interpretati ed arrangiati dalla Banda Osiris.<br />
Altri contributi musicali arrivano anche da Michael Bland e Sonny<br />
T (che provengono dalla New Generation di Prince) e da Elio<br />
Marchesini, percussionista dell’Orchestra della Scala di Milano.<br />
Per fi nire, due personaggi esemplari: Alessandro Haber, che<br />
interpreta NuVolare e la poliedrica artista Amanda Lear, che<br />
declama Baudelaire in Martini Disease.<br />
Un album da ascoltare più volte, per cogliere anche le più sottili<br />
raffi natezze stilistiche.<br />
Un consiglio: ascoltate con attenzione le liriche, ne rimarrete<br />
felicemente sorpresi!<br />
Emilio Cozzi<br />
Musicista e critico cinematografi co. Collabora a Cineforum<br />
ed è redattore delle riviste Zer0 UpDatee Rolling Stone.<br />
Nel 2003 ha tenuto un seminario dedicato alla “scrittura<br />
critica del cinema” all’Università Statale degli Studi di<br />
Milano. All’interno dei Jetlag si occupa, in qualità di autore,<br />
compositore e interprete, della parte musicale e lirica dei<br />
brani.<br />
Livio Magnini<br />
Musicista dei Bluvertigo. Ha collaborato a remix di Mary J.<br />
Blige, Shola Ama e Bill Laswell.<br />
Ha coprodotto il Greatest Hits di Giorgia e ha prodotto<br />
Ladra di vento. Nei Jetlag, Livio – oltre all’aspetto autoriale e<br />
compositivo dei brani – cura la produzione artistica.<br />
Jacopo Rondinelli<br />
Specializzato in make-up ed effettistica (ha collaborato con<br />
Salvatores ai fi lm Nirvana e Metalmeccanico).<br />
Dopo aver realizzato diversi oggetti di design per Alessi,<br />
collabora con il maestro Elio Marchesini (percussionista<br />
dell’Orchestra della Scala e dell’Orchestra Verdi di Milano).<br />
Con Marchesini, esegue concerti suonando il basso elettrico<br />
(mischiando musica elettronica e strumenti acustici realizzati<br />
per l’occasione).
Insomma è impossibile trovare un pezzo come<br />
“Industrial” su un qualsiasi disco di Giorgia. Così<br />
come un brano alla “Slow Burn” diffi cilmente si<br />
troverà su un disco di Mario Venuti - che invece lo<br />
interpreta nel nostro disco.<br />
Ecco perchè Jetlag. Contaminazione,<br />
disorientamento. In tutti i sensi insomma.<br />
Disorientamento sonoro, artistico.<br />
Vista l’entità del progetto, la sua natura di concept,<br />
è possibile sapere già se ci saranno altri album, in<br />
futuro?<br />
È ancora prematuro esprimersi. Adesso siamo<br />
concentrati su “On the Air”, ma di idee ne<br />
abbiamo molte. Solo che, viste anche le peculiarità<br />
del progetto, siamo aperti a qualsiasi cambiamento<br />
e proposta. Ti faremo sapere, più avanti!<br />
Una curiosità, visto che si tratta di nomi importanti<br />
nel panorama musicale italiano ed internazionale:<br />
come hanno reagito i vari guests alla proposta di<br />
partecipare al progetto?<br />
Tutti gli ospiti che hanno partecipato a “On The<br />
Air” l’hanno fatto con entusiasmo! Il più delle<br />
volte portando linfa nuova al progetto e scoprendo<br />
direzioni e sensi nuovi, talvolta imprevisti anche<br />
per noi. Questa era la sfi da di Jetlag.<br />
Qualcuno - vedi Giorgia, alla quale è stato<br />
sottoposto il pezzo forse più diffi cile del disco -<br />
inizialmente ha avuto qualche perplessità. Ma la<br />
sensibilità artistica e l’intelligenza hanno subito<br />
permesso di capire dove volevamo arrivare. E<br />
lavorare insieme è stato, alla fi ne, un processo<br />
estremamente spontaneo. Infatti, attenzione:<br />
Jetlag non è un progetto di convenzionali duetti<br />
discografi ci, di quelli stranoti e per cui le etichette<br />
sborsano fi or di quattrini ai due artisti convenuti.<br />
Nel nostro caso abbiamo contattato direttamente i<br />
nostri ospiti sottoponendo loro i brani e richiedendo<br />
un intervento di qualsiasi tipo, anche al di fuori del<br />
proprio “ambito di provenienza” - e mi riferisco in<br />
questo caso agli interventi di Alessandro Haber o di<br />
Enrico Ghezzi, per esempio.<br />
Quanto sono stati liberi di contaminare il progetto<br />
con le proprie idee?<br />
Come ti ho già accennato prima, non abbiamo<br />
dato alcun vincolo agli interventi dei nostri guests.<br />
24 . ARPA .<br />
In alcuni casi ci è stato semplicemente chiesto<br />
cosa avremmo desiderato che facessero. E, in<br />
quelle occasioni, ci siamo ovviamente sbilanciati<br />
spiegando il nostro punto di vista sul brano. In<br />
altri casi, invece, abbiamo lasciato carta bianca sui<br />
pezzi, concedendo all’artista anche la possibilità di<br />
riscrivere il brano insieme a noi.<br />
Un processo artisticamente rischioso, se ci pensi<br />
bene. Il pezzo che hai concepito improvvisamente<br />
cambia pelle. Diventa qualcosa che non avevi<br />
previsto. Una sorta di fi glio, vero, in questo senso.<br />
L’imprinting è tuo. Il suo futuro però ti appartiene<br />
meno. Ma era questa sfi da che ci allettava.<br />
Erano i Jetlag in primis ad essere disorientati! E<br />
a noi piace così: le cose scontate ci annoiano in<br />
fretta.<br />
Come si colloca il progetto Jetlag e, di conseguenza,<br />
l’album “On the air” nella carriera dei tre ideatori?<br />
Per ciò che riguarda Livio credo che il progetto sia la<br />
logica continuazione di una carriera artistica mossa<br />
sempre dalla duplice esigenza di essere innovativa,<br />
ma mai fi ne a se stessa.<br />
Mi riferisco ai Bluvertigo, ovviamente, ma anche<br />
alla sua carriera di produttore e ai recenti lavori<br />
con Giorgia, un’artista che in “mano sua” ha<br />
effettivamente esplorato direzioni inedite rispetto<br />
al passato...<br />
Jetlag è un po’ il culmine, per ora, di questo<br />
percorso. O, forse, a me piace pensarla così. È<br />
come se fosse la summa, tematica e artistica,<br />
di una strada produttiva coraggiosa, ma anche<br />
molto attenta a comunicare, mai prettamente e<br />
algidamente sperimentale. Per ciò che concerne<br />
Jacopo e il sottoscritto, parrà strano ma il discorso<br />
non cambia molto. Jacopo è un designer, uno<br />
scenografo, realizza effetti speciali.<br />
Io scrivo, mi occupo soprattutto di critica musicale<br />
e cinematografi ca. Ebbene, Jetlag da questo punto<br />
di vista è un progetto sincretico. Somma le nostre<br />
esperienze, le miscela, trae linfa vitale da tutte e<br />
due per generarne altra. Nuova. Ognuno di noi<br />
nel disco può rintracciare chiaramente la propria<br />
personalità, anche professionale.<br />
Qualche esempio?<br />
Penso a Jacopo per le grafi che o al sottoscritto per<br />
tante suggestioni nei brani. In molti hanno detto
che “On the Air” è un disco “visivo”. Credo sia<br />
quello il mio apporto principale. Sia dal punto<br />
di vista melodico che lirico. Per questo ritengo<br />
che i Jetlag siano quasi una tappa inconsciamente<br />
obbligata per tutti i tre.<br />
Dovevamo incontrarci e lavorare insieme. Proprio<br />
in questo momento, e ad un disco come “On the<br />
Air”. Così è successo.<br />
Quindi della grafi ca si è occupato soprattutto Jacopo<br />
Rondinelli…<br />
Diciamo che le idee sul nostro immaginario arrivano<br />
da serate degenerate e degenerative in cui tutti e tre<br />
abbiamo avuto illuminazioni “visive” da jet lag.<br />
Ciò premesso, concretamene è Jacopo ad essersi<br />
occupato della veste grafi ca di tutto il progetto. Un<br />
aspetto, peraltro, che non consideriamo secondario<br />
alla musica. La trasversalità di Jetlag si manifesta<br />
anche in questo senso. Di fi anco al disco c’è un<br />
universo iconografi co cui teniamo molto, e che<br />
stiamo sviluppando anche nella fase di lavorazione<br />
del nostro video per il brano “Don’t Talk to Me”.<br />
Lo vedrete a breve.<br />
Per ora basti pensare a tutto il lavoro fatto per la<br />
copertina e per il booklet di “On the Air”, con<br />
quella poltrona sistemata in mille ambienti diversi,<br />
con quel gioco sul retrocopertina, o con Salazoo,<br />
il simbolo della nostra compagnia di spostamento<br />
immaginario. Anche questa è un’idea di Jacopo e<br />
del suo team.<br />
A proposito, anche il fatto che ci si vesta da piloti di<br />
una fantomatica compagnia aerea è da intepretare<br />
in questo senso. Senza essere fraintesi, dietro a Jetlag<br />
ci sono tantissimi doppi sensi. A volte anche 3 o 4<br />
signifi cati sovrapposti. E se non vi piacciono, ce ne<br />
sono altri ancora, come diceva Groucho Marx.<br />
Insomma, per capire Jetlag, oltre ad ascoltare i<br />
brani, bisogna pure dare un’occhiata. Magari due.<br />
Per cominciare, suggerisco una visita al nostro sito:<br />
www.jetlag.tv, così ci si può anche fare arrivare<br />
qualche impressione “in diretta”.<br />
Sempre riguardo al sito, quando sarà attivo il vostro<br />
E-store? L’idea dei gadget è proprio carina…<br />
Ecco, i gadget! Altro esempio del nostro<br />
immaginario grafi co. Comunque a breve troverete<br />
novità sul nostro sito. Dateci solo il tempo di<br />
concludere un paio di questioni burocratiche e poi<br />
sarà possibile acquistare online il nostro materiale.<br />
Sul sito abbiamo anche predisposto una sezione<br />
concorsi.<br />
Vista l’apertura del nostro progetto, probabilmente<br />
ci piacerebbe chiedere a chiunque fosse interessato<br />
di fornirci idee, spunti o altro in merito a Jetlag.<br />
Ben vengano magari grafi che nuove o gadget<br />
proposti dall’esterno.<br />
Insomma, con noi vale tutto.<br />
Tema centrale di ARPA è la letteratura. Quali sono i<br />
vostri riferimenti culturali in campo letterario e quale<br />
infl uenza hanno avuto sul progetto?<br />
Ti risponderò personalmente (come d’altronde ho<br />
fatto fi no a qui). Ho diverse infl uenze letterarie,<br />
per quanto tutte superfi ciali e, ahimé, talvolta<br />
trascurate.<br />
Per “On the Air”, e lo cito implicitamente in due<br />
passaggi, ho però evocato il divino Goethe di “I<br />
dolori del giovane Werther” (in “Slow Burn”)<br />
e “Faust” (in “Soluzioni novità”), rifacendomi<br />
soprattutto ad una disaffezione per il genere umano<br />
che i più hanno scambiato per testi d’amore.<br />
Contenti loro, a me va pure bene.<br />
Per il resto, mi limito ad elencarti (tipo lista della<br />
spesa) quello che sto leggendo!<br />
Sto adorando - quando non mi fa dormire -, “La<br />
violenza e il sacro” di René Girard - un genio. Sto<br />
abbandonando “Ingannevole è il cuore...” di J.T.<br />
Leroy: con buona pace di Asia Argento, è un libro<br />
un po’ noiosetto.<br />
Mi riprometto di recuperare quanto prima la<br />
lettura di “Glamorama”, di B.E. Ellis, uno dei miei<br />
idoli, e dei capolavori di Joseph.<br />
. ARPA . 25
Libri.<br />
Marco Didio Falco alla riscossa!<br />
Immaginate di trovarvi nel bel mezzo<br />
del quartiere Aventino, a Roma, a sud<br />
del Circo Massimo, al sesto piano di un<br />
condominio maleodorante che lascia<br />
alquanto a desiderare; tornando a casa,<br />
avete svicolato nascondendovi nella<br />
lavanderia di Lenia per evitare Smaractus,<br />
il padrone di casa a cui non pagate da<br />
tempo l'affi tto, e rasentando il muro vi<br />
siete infi lati nell'androne salendo poi<br />
faticosamente gli innumerevoli scalini<br />
che conducono alla vostra abitazione. Da<br />
quassù, la vista sulla città è splendida, e<br />
potete seguire con lo sguardo il percorso<br />
del Tevere che attraversa la fi tta trama<br />
urbana, a lambire palazzi, templi, teatri e<br />
giardini.<br />
Vi state sporgendo da un piccolo balcone,<br />
forse l'unico spazio della casa in ordine.<br />
Avanzi di cibo, otri di vino vuoti,<br />
mucchietti di polvere frettolosamente<br />
spazzati in un angolo, tuniche sporche<br />
si trovano qua e là, come se un attimo<br />
prima fossero stati lanciati in aria, per poi<br />
ricadere mollemente dove li vedete ora.<br />
Ma voi siete Marco Didio Falco,<br />
l'investigatore privato prediletto<br />
dell'Imperatore Vespasiano (se non altro,<br />
perché non contestate più di tanto i<br />
26 . ARPA .<br />
ritardi nell'essere pagati o le arbitrarie<br />
riduzioni di compenso), e dunque siete<br />
sempre in giro per il mondo a salvare<br />
la Patria o, nondimeno, a documentare<br />
intrighi matrimoniali per i vostri clienti,<br />
a svelare piccole truffe, a ritrovare persone<br />
scomparse.<br />
Insomma, si sa mai che, tra quel poco<br />
che viene sganciato dalle casse imperiali<br />
e quello che si può raggranellare<br />
occupandosi delle altrui beghe familiari,<br />
un giorno non possiate mettere insieme la<br />
cifra che vi serve per salire di un gradino<br />
la scala sociale e poter fi nalmente, da<br />
tribuno, sposare la vostra adorata Elena,<br />
fi glia bellissima, intelligente e schietta, del<br />
senatore Camillo Vero, contesa addirittura<br />
con Tito, il fi glio dell'imperatore!<br />
Elena, a dire il vero, sembra non curarsi<br />
troppo della vostra condizione e, sotto<br />
gli sguardi un tantino perplessi della<br />
propria famiglia, vi segue con amore in<br />
molte vostre avventure, spesso aiutandovi<br />
a trovare il bandolo della matassa nei casi<br />
più spinosi.<br />
Tutto questo, e molto di più, è la collana<br />
di romanzi dedicata a Marco Didio Falco,<br />
i cui primi volumi sono usciti in Italia<br />
di Paco Simone<br />
grazie a Tropea Editore.<br />
Lindsey Davis racconta con piacevolissima<br />
freschezza e umorismo la vita del<br />
protagonista nell'antica Roma, al tempo<br />
di Vespasiano, intrecciando, ad una<br />
rigorosa ricerca storica, uno stile asciutto<br />
e diretto, in grado di calare letteralmente<br />
il lettore nella quotidianità di un mondo<br />
non così dissimile da quello di oggi.<br />
Per gli amanti del romanzo storico,<br />
per gli appassionati del giallo, per chi<br />
vuole lasciarsi catturare da una lettura<br />
immediata e divertente: i casi di Marco<br />
Didio Falco sono trascinanti e capaci di<br />
appassionare chiunque inizi uno qualsiasi<br />
dei <strong>numero</strong>si romanzi sinora pubblicati.<br />
In questo periodo è in libreria il sesto<br />
volume della serie, "Ultimo atto a<br />
Palmira", mentre sul sito dell'autrice si<br />
scopre che la produzione è pressoché a<br />
ciclo continuo, essendo disponibili sul<br />
mercato anglosassone ben diciassette<br />
titoli! Tradotti in n Paesi, tra cui anche<br />
Giappone e Repubblica Ceca, gli<br />
episodi della vita di Marco Didio Falco<br />
continueranno qui da noi con "Time to<br />
depart", che dovrebbe essere distribuito in<br />
libreria in primavera 2005.<br />
Tutti mi ripetevano che valeva la pena provarci, anche se era un po’ un<br />
insulto alla mia coscienza repubblicana. Adesso ero un agente imperiale, e<br />
la cosa non mi piaceva. Ero l'<strong>ultimo</strong> arrivato, per cui mi rifi lavano i lavori<br />
peggiori. Questo cadavere, per esempio.<br />
“<br />
”
Daniel Libeskind, Breaking Ground.<br />
Un’avventura tra architettura e vita<br />
(Sperling & Kupfer, € 19,00)<br />
Breaking Ground<br />
è una appassionante e scorrevole fusione tra<br />
autobiografi a e rifl essione sull’architettura<br />
divisa per temi architettonici fondamentali:<br />
fondamenta, luce, materiali, ma anche temi<br />
umani, come la fede, i volti, l’invisibile.<br />
Proprio questa sua profonda attenzione<br />
alla gente ha reso Daniel Libeskind così<br />
popolare, facendo innamorare i cittadini<br />
dei suoi progetti.<br />
Quella di Libeskind è una progettazione<br />
...La nostra successiva emozione era in agguato<br />
e a fornircela fu una combriccola di cristiani.<br />
Potevamo anche accettare che qualche nomade<br />
rubasse la nostra attrezzatura, ma ci parve assolutamente<br />
oltraggioso che i seguaci di una religione<br />
in cerca di anime romane nate libere cercassero<br />
di derubarci. Erano sparpagliati qua e là sulla<br />
strada in un punto dove le carovane erano solite<br />
sostare, così non ci restava scelta: o li aggiravamo<br />
o ci rassegnavamo a conversare con loro. Appena<br />
sorrisero e dissero che piacere era per loro incontrarci,<br />
capimmo che erano dei farabutti.<br />
“Chi sono?” mi sussurrò Musa, sconcertato dal<br />
loro atteggiamento.<br />
“Mentecatti dagli occhi sbarrati che si incontrano<br />
segretamente per cene in onore di quello che<br />
sostengono essere l’unico dio”.<br />
“Unico? Non è un po’ riduttivo?”<br />
“Certo. Dovrebbero essere innocui, ma perseguono<br />
una politica incivile. Si rifi utano di rispettare<br />
l’imperatore”.<br />
“Tu lo rispetti, Falco?”<br />
“Naturalmente no”. A parte il fatto che lavoravo<br />
per il vecchio spilorcio, ero repubblicano. “Ma<br />
io non lo faccio infuriare affermandolo pubblicamente<br />
come loro”.<br />
Quando il fanatico imbonimento arrivò all’offerta<br />
di una garanzia di vita eterna, picchiammo a dovere<br />
i cristiani e li lasciammo lì a piagnucolare.<br />
“<br />
”<br />
ispirata e per simboli, guidata dal<br />
sentimento e dal rispetto per le emozioni.<br />
“Ciò che per me conta di più è che ciascuno di<br />
essi coglie ed esprime i pensieri e le emozioni<br />
che la gente prova” scrive Libeskind,<br />
parlando dei suoi progetti, e raccontando<br />
della sua ricerca di motivazioni profonde<br />
che danno vita a curve, spigoli e rifl essi di<br />
luce. Nei suoi lavori nessuna linea è lasciata<br />
al caso, ogni singolo punto ha un risvolto<br />
simbolico.<br />
Il progetto del Museo Ebraico di Berlino<br />
prevedeva un edifi cio senza ingresso: per<br />
entrare è necessario passare per il vecchio<br />
museo barocco e scendere diversi livelli<br />
sotto quello della strada per far poi risalire<br />
il visitatore attraverso corridoi stretti e<br />
cupi, così da far rivivere a tutti - ebrei e<br />
non - l’esilio degli ebrei da Berlino.<br />
“Ricominciare dalle voragini della terra e<br />
della memoria, perché è li che si possono<br />
ascoltare i ricordi che nutrono”.<br />
Nato in Polonia nel 1946, da genitori<br />
sopravvissuti all’Olocausto, si è trasferito<br />
poi in Israele, a Tel Aviv, ma la ricerca di<br />
una patria lo ha portato, verso la fi ne degli<br />
anni ‘50, a New York, diventata ben presto<br />
la terra promessa della famiglia Libeskind.<br />
Una vita da viaggiatore, in cui si è sentito<br />
spesso fuori posto, senza terra, e queste<br />
sensazioni hanno infl uito non poco sul suo<br />
metodo di progettare.<br />
“Un albero a fi oritura tardiva”, lo defi nisce<br />
la moglie Nina, perché ha iniziato a<br />
costruire dopo i cinquant’anni, arrivando<br />
a fi rmare i più importanti progetti al<br />
di Francesca Fasoli<br />
mondo: dal Museo Ebraico di Berlino<br />
alla ricostruzione di Ground Zero a New<br />
York.<br />
Fondamentale è la fi gura della moglie<br />
Nina che lo sostiene, lo accompagna in<br />
tutti i suoi spostamenti e, pur non essendo<br />
architetto, è diventata la sua insostituibile<br />
assistente.<br />
Hanno lottato insieme per costruire la<br />
nuova ala del museo di Berlino, a partire<br />
dall’inizio del concorso quando, per colpa<br />
delle Poste Italiane (si trovavano a Milano)<br />
non ricevettero in tempo l’invito per<br />
partecipare alla gara, sino poi alla ricerca<br />
dei fondi per procedere alla costruzione.<br />
Insieme, Daniel e Nina hanno visitato<br />
Ground Zero e parlato con i parenti delle<br />
vittime, hanno ascoltato e ricordato. E<br />
Libeskind ha potuto osservare il particolare<br />
taglio di luce tra gli edifi ci intorno a<br />
Ground Zero, lo stesso che nella limpida<br />
mattina dell’11 settembre 2001 dovevano<br />
avere visto le vittime: il loro <strong>ultimo</strong><br />
ricordo.<br />
Nell’architettura di Daniel Libeskind c’è<br />
sempre un forte richiamo alla musica:<br />
giovane promettente musicista, ha smessso<br />
di suonare dopo aver lasciato la Polonia,<br />
ma la musica ancora oggi scandisce e dà<br />
ritmo ai suoi disegni. “Come un brano<br />
musicale, lo spazio ha una struttura, una<br />
voce e una tonalità”. Addirittura, è arrivato<br />
a presentare il progetto del Museo di<br />
Berlino disegnato su un pentagramma<br />
(titolo: “Fra le righe”).<br />
Musica, luce e sensazioni concorrono alla<br />
sua continua ricerca di creazione di spazi e<br />
forme profondamente evocativi.<br />
. ARPA . 27
News/fashion.<br />
Una nuova rubrica di ARPA ci accompagnerà, a partire da questo <strong>numero</strong>, alla<br />
scoperta dei nuovi talenti nei vari ambiti della creatività.<br />
Questo mese abbiamo scelto di presentare la nuova stilista Mary Villa.<br />
Mary Villa, stilista diplomata alla<br />
Marangoni, ha 24 anni e diverse<br />
esperienze professionali alle<br />
spalle. Curiosiamo nel suo<br />
book, tra le sue esperienze<br />
e i suoi pensieri, con una<br />
chiacchierata informale.<br />
Quando hai scelto di fare la stilista?<br />
Le mie amiche volevano fare le<br />
parrucchiere, altri volevano fare gli<br />
astronauti... Io ho sempre voluto fare la<br />
stilista, non ho mai sognato di fare altro.<br />
Anche quando giocavo con le bambole,<br />
il mio gioco consisteva nel vestirle e<br />
nel preparare loro i vari completini.<br />
Diciamo che, da quando ho imparato<br />
a disegnare, i miei soggetti preferiti<br />
sono stati gli abiti. Devo ringraziare<br />
per questa passione mia madre. Lei, in<br />
pratica, faceva la sarta, e io ovviamente<br />
volevo imitarla. Lei cuciva i vestiti e io<br />
le facevo da modella. Ho tanti ricordi<br />
di quando guardavamo “Nonsolomoda”<br />
insieme. Eravamo entrambe innamorate<br />
di Gianni Versace.<br />
Anche quando ho deciso di prendere<br />
seriamente questa strada ho sempre<br />
potuto contare sull’appoggio di mia<br />
madre, che mi ha lasciata libera di<br />
seguire le mie aspirazioni.<br />
Quali scuole hai frequentato?<br />
Mi sono diplomata e poi ho scelto di<br />
iscrivermi alla Marangoni di Milano.<br />
Ho fi nito due anni fa.<br />
Ho saputo che di recente ci sono stati<br />
diversi cambiamenti, sia nella didattica<br />
sia nell’organizzazione interna. Hanno<br />
aperto anche una sede a Londra,<br />
probabilmente apriranno una sede a<br />
Tokio. Il clima della Marangoni è sempre<br />
stato internazionale, i miei compagni di<br />
corso non erano tutti italiani, però le<br />
28 . ARPA .<br />
lezioni erano in pratica tutte in italiano.<br />
La moda italiana è un punto di riferimento<br />
per gli aspiranti stilisti stranieri?<br />
La moda italiana, sì. Anche se, a mio<br />
avviso, in Italia non c’è una grande<br />
ricerca, una grande sperimentazione.<br />
Abbiamo dei bravissimi sarti. Senza<br />
togliere niente a nessuno, prendi un<br />
capo di Armani, che è l’apoteosi del<br />
classico. Ok, si può dire che non c’è<br />
molta innovazione o ricerca nelle linee...<br />
ma i tessuti, le cuciture sono perfette!<br />
La cura che ripone un affermato stilista<br />
italiano nella confezione di un abito è<br />
diffi cile da trovare in altri Paesi. Fa parte<br />
della nostra tradizione.<br />
All’estero l’impostazione della didattica è<br />
diversa?<br />
Ci sono diverse scuole molto valide<br />
all’estero: per esempio, a Londra c’è il<br />
Central Saint Martin College of Arts<br />
and Design, scuola di grandissima<br />
fama e qualità. Il test d’ingresso è<br />
molto selettivo. La didattica ha un’altra<br />
impostazione. Ti “insegnano” ad essere<br />
creativo. Ti spingono a sviluppare la tua<br />
creatività, non ti formano solo al fi ne<br />
di soddisfare il mercato come invece<br />
spesso avviene qui in Italia. Se avessi<br />
avuto la possibilità (anche economica)<br />
di potermi trasferire, sicuramente avrei<br />
fatto la Saint Martin. Da questa scuola<br />
sono usciti grandissimi talenti.<br />
Quindi la scuola ti ha dato solo le basi<br />
teoriche?<br />
La parte tecnica te la devi studiare da<br />
solo, ed è la parte fondamentale della<br />
tua preparazione se vuoi realizzare un<br />
abito bello. Devi conoscere i tessuti, devi<br />
capire come reagiscono al taglio, devi<br />
sapere come trattarli, se no tutto il tuo<br />
lavoro di ricerca e innovazione serve a<br />
ben poco. La modellistica è importante.<br />
Prima di fare la Marangoni, ma anche
mentre frequentavo il primo anno, era<br />
un errore ricorrente disegnare senza<br />
pensare a come poi realizzare l’abito dal<br />
punto di vista tecnico.<br />
Un abito può essere bellissimo, ma se<br />
non lo puoi realizzare è inutile.<br />
Senza contare che cucire l’abito ti da una<br />
soddisfazione grandissima. Prima è solo<br />
un pensiero, poi un disegno, e poi è tra<br />
le tue mani che prende forma. La tecnica<br />
insomma va di pari passo con la ricerca<br />
stilistica.<br />
Parliamo un po’ dei tuoi riferimenti nel<br />
campo della moda… quali sono i tuoi<br />
stilisti preferiti?<br />
Principalmente due. Il primo è senza<br />
dubbio Alexander McQueen. Abbiamo<br />
lo stesso stile, o meglio io ho il suo<br />
stile (non mi permetterei mai di dire<br />
il contrario). Amo i temi che sceglie<br />
per le sue passerelle, le sue creazioni<br />
sono opere d’arte, ti fanno sognare. La<br />
cosa che adoro di lui è che i suoi abiti<br />
sono molto particolari, ma si possono<br />
comunque mettere. Perché c’è ricerca<br />
anche dal punto di vista della tecnica.<br />
Il secondo è Heidi Slimane, che disegna<br />
per Dior Homme. Dietro i suoi abiti<br />
c’è uno studio davvero notevole,<br />
sono pensati per uomini molti magri,<br />
fi liformi. Sono abiti di gran classe.<br />
Tu, personalmente, preferiresti crescere in<br />
un grande gruppo o avere una linea tua?<br />
Penso che avere una propria linea sia<br />
l’ambizione di ogni stilista, perchè<br />
è solo così che ci si può esprimere<br />
completamente senza dover scendere<br />
a compromessi con qualcuno. È il<br />
traguardo.<br />
Però prima dobbiamo formarci. Negli<br />
studi grandi, ovviamente impari meno,<br />
o meglio: impari a fare bene una cosa<br />
sola, disegni e basta.<br />
Nelle realtà più piccole hai una visione a<br />
360° del lavoro, di conseguenza impari<br />
di più.<br />
E com’è l’ingresso nel mondo del lavoro per<br />
un giovane stilista?<br />
Chi ti fa il colloquio ti sceglie se sei nel<br />
suo stile. Ma la bravura di uno stilista<br />
risiede anche nella capacità di disegnare<br />
qualsiasi cosa. Specialmente quello che<br />
non ti piace.<br />
Diciamo che, se riesci a disegnare anche le<br />
cose che non ti interessano, sei sulla buona<br />
strada…<br />
Mi sono trovata a disegnare sportswear,<br />
che non è nel mio stile e non mi piace.<br />
Una piccola sfi da che è andata bene.<br />
Anche se bisogna dire che il nostro campo<br />
è davvero diffi cile e, soprattutto, c’è molto<br />
sfruttamento: spesso ti vengono offerti<br />
solo stage gratuiti o con un rimborso spese<br />
davvero imbarazzante... con la crisi che<br />
c’è, ormai gli studi preferiscono prendere<br />
ragazzi appena usciti dalla scuola, fanno<br />
fare lo stage gratis e poi invece di assumerli<br />
preferiscono prendere nuovi stagisti, e così<br />
via.<br />
Fino ad ora, nelle tue esperienze lavorative,<br />
hai disegnato solo abiti?<br />
Ho disegnato anche oggetti: candele,<br />
posate, tavoli… e mi è piaciuto molto.<br />
Certo, preferisco disegnare abiti ed<br />
accessori, ma non mi dispiace fare anche<br />
altro. Tra l’altro non avevo nessuna<br />
preparazione in questo.<br />
Se potessi disegnare gli abiti dei protagonisti<br />
di un libro?<br />
Domanda diffi cile.<br />
Probabilmente vestirei i personaggi<br />
della “Sonata a Kreutzer” di Lev Tolstoj.<br />
Soprattutto la protagonista di questa<br />
storia d’amore e di gelosia, così truce e<br />
passionale.<br />
I personaggi, nel testo, non sono molto<br />
caratterizzati dal punto di vista dello stile e<br />
quindi la fantasia può spaziare.<br />
Se potessi rifare i costumi di un fi lm?<br />
Hellraiser di Clive Barker, perché è gotico,<br />
dark e anni ‘80. I costumi dei cenobiti del<br />
fi lm sono belli, ma secondo me avrebbero<br />
potuto renderli ancora più aggressivi ed<br />
inquietanti.<br />
Chi vestiresti nel panorama musicale?<br />
Senza dubbio Brian Molko dei Placebo,<br />
perché trovo abbia un fascino particolare;<br />
sembra una creatura ultraterrena... è<br />
il mio punto di riferimento maschile,<br />
quanto a stile. Non a caso McQueen è<br />
uno dei suoi stilisti preferiti.<br />
Tu scrivi?<br />
Ci ho pensato un sacco di volte, ma<br />
non è una cosa che sento mia. Non<br />
ho l’ispirazione. Scriverei, ma senza<br />
essere spontanea. Piuttosto di scrivere,<br />
disegno.<br />
Hai presentato i tuoi abiti in qualche<br />
evento culturale?<br />
Sì, ho partecipato a due eventi, in<br />
particolare. L’organizzazione del Miff<br />
(Milan International Film Festival)<br />
ha scelto gli stilisti diplomati alla<br />
Marangoni e allo Ied che riteneva più<br />
originali e li ha invitati a presentare i<br />
propri abiti. Io ho portato gli outfi t<br />
che avevo preparato per la sfi lata fi nale<br />
alla Marangoni. Poi, l’anno scorso, ho<br />
preparato un outfi t per la serata “Les<br />
G” del Gasoline Club di Milano. Il<br />
mio abito è stato interpretato da una<br />
ballerina. Ho scelto personalmente la<br />
colonna sonora: “Esterminating Angel”<br />
di Siouxie, una canzone straordinaria…
Agenda.<br />
L’ESTASI DELLE COSE.<br />
NEL QUOTIDIANO.<br />
Dal 23 marzo al 12 giugno 2005<br />
Spazio Oberdan<br />
Viale Vittorio Veneto 2, Milano.<br />
(MM1 Porta Venezia)<br />
10-19.30, martedì e giovedì fi no alle 22, lunedì chiuso.<br />
L’ESTASI DELLE COSE.<br />
NELL’ARTE.<br />
Museo di Fotografi a Contemporanea, Villa Ghirlanda<br />
Via Frova 10, Cinisello Balsamo, Milano<br />
(ATM 727 dalla Stazione Centrale; ATM 712 da MM1<br />
- Sesto FS)<br />
Giovedì 15.00 – 23.00; Venerdì e Sabato 15.00 – 19.00;<br />
Domenica 10.00 – 19.00.<br />
INGRESSO UNICO 5 EURO, RIDOTTO 3.50 EURO<br />
30 . ARPA .<br />
Per informazioni:<br />
Museo di Fotografi a Contemporanea<br />
Tel. 02.660.56.61 – 02.660.56.630<br />
www.museofotografi acontemporanea.org<br />
Spazio Oberdan<br />
Tel. 02.77.40.63.00/63.02<br />
www.provincia.milano.it/cultura<br />
Questa grande mostra è dedicata alla presenza e al<br />
signifi cato degli oggetti industriali nella vita dell’uomo<br />
del Novecento.<br />
Nell’arco del secolo passato lo sviluppo industriale,<br />
la crescente mercifi cazione, la nascita delle scuole di<br />
design hanno concorso alla produzione di quantità<br />
sterminate di oggetti, ad ogni livello di qualità e con<br />
qualunque destinazione, da quella funzionale a quella<br />
puramente estetica.<br />
La fotografi a, arte nata all’interno della cultura<br />
industriale, è in questo senso uno strumento ideale<br />
di rappresentazione.<br />
Offre infatti ai nostri occhi uno scenario complesso,<br />
affollato, spesso sorprendente, nel quale l’oggetto,<br />
occupando spazi molto importanti in ogni aspetto<br />
della vita quotidiana, esprime la sua complessa<br />
personalità e desta stupore quasi alla maniera di un<br />
ready made, conducendo l’osservatore ad analizzare<br />
situazioni di vita, abitudini, utilizzi, immaginari di tipo<br />
diverso.<br />
L’insieme di forme estremamente diversifi cate,<br />
materiali, progetti, concetti che le fotografi e mettono<br />
in evidenza produce una rifl essione sulla vita<br />
dell’uomo contemporaneo, che con il procedere e il<br />
maturare della civiltà industriale si allontana sempre<br />
di più dalla natura per affi darsi agli oggetti più vari, dai<br />
più semplici ai più sofi sticati, dai più funzionali ai più<br />
“inutili”, dei quali pare circondarsi totalmente.<br />
In questo senso la mostra offre anche spunti per<br />
una rifl essione di tipo antropologico e sociologico,<br />
per un’analisi del comportamento e del costume<br />
sociale, secondo un’impostazione di carattere quasi<br />
catalogatorio ed enciclopedico nei riguardi della<br />
grandissima varietà delle attività umane.<br />
Fra i principali autori presenti: Eugène Atget, Aldo<br />
Ballo, Olivo Barbieri, Hans Bellmer, Harold Eugene<br />
Edgerton, Peter Fischli e David Weiss, Jean-Louis<br />
Garnell, Luigi Ghirri, John Gossage, André Kertész,<br />
François Kollar, Manolo Laguillo, Reinhard Matz,<br />
Duane Michals, Paul Outerbridge, Federico Patellani,<br />
Walter Peterhans, Albert Renger Patzsch, August<br />
Sander, Anton Stankowski, Edward Steichen, Man Ray,<br />
MARIA DE’ MEDICI.<br />
UNA PRINCIPESSA<br />
FIORENTINA<br />
SUL TRONO DI FRANCIA.<br />
Dal 19 marzo al 4 settembre 2005.<br />
Orario: 8.15-18.30<br />
(la biglietteria chiude un’ora prima<br />
della chiusura del Museo)<br />
Chiusura: primo e <strong>ultimo</strong> lunedì del mese e 1 Maggio<br />
Prezzo del biglietto:<br />
Intero € 6,00<br />
(comprensivo dell’ingresso al Museo degli Argenti ed<br />
al Giardino di Boboli)<br />
Ridotto € 3,00<br />
(per i cittadini della Comunità Europea di età<br />
compresa tra i 18 e i 25 anni<br />
Informazioni e prenotazioni:<br />
Firenze Musei<br />
Tel. 055.26.54.321<br />
www.mariademedici.it<br />
Importante eposizione costruita intorno alla<br />
fi gura di Maria de’ Medici, regina di Francia.<br />
A seguito di una campagna denigratoria promossa<br />
dal cardinale Richelieu, la seconda regina fi orentina<br />
di Francia è sempre stata crudelmente fatta<br />
oggetto di critiche negative, considerata incline<br />
agli sprechi e di scarsa intelligenza politica.<br />
In questa mostra sono invece trattate le sue<br />
qualità di fi ne collezionista e la formazione<br />
fi orentina che le aveva permesso di assimilare<br />
un gusto straordinario nel campo delle arti<br />
decorative.
AR<br />
PA<br />
6 nr. 3<br />
ARPA. Rivista digitale sulle nuove tendenze culturali del nostro<br />
tempo. Numero 63. Marzo 2005.<br />
Periodico iscritto all’USPI (Unione Stampa Periodica Italiana).<br />
Pubblicazione registrata al Tribunale di Milano (n. 454/2002).<br />
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