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419 Deuc¿lƒ‡n√us
Deuc¿lƒ‡n√us, a, um, agg., di Deucalione: Deucalioneae undae,
il diluvio, OV.
d¬unx, deuncis, m., undici dodicesimi (di una libbra o di un
tutto): facit haeredem ex deunce et semuncia Caecinam, fa Cecina
erede di undici dodicesimi e mezzo, CIC. Caecin. 17; unciolam
Proculeius habet, sed Gillo deuncem, Proculeio ottiene
un dodicesimo, ma Gillone undici volte tanto, IUV. 1, 40; potas
deunces, tu bevi coppe di undici ciati, MART. [uncƒa].
d¬‰ro, is, deussi, deustum, ¬re, 3ª tr., bruciare: deustos pluteos
turrium videbant, vedevano bruciare i ripari delle torri,
CAES. B.G. 7, 25, 1; quae propiora sunt mari aquilone maxime
deuruntur, le regioni più vicine al mare sono straordinariamente
bruciate dall’aquilone, CURT. 8, 9, 12 [‰ro].
d¬us, i, m. •voc. deus e dee; nom. pl. dei, dii, di; gen. pl. de‡rum,
deum; dat. e abl. pl. deis, diis, dis 1 dio, divinità: diis volentibus,
con il favore degli dèi; ita me di ament, così mi amino gli dèi;
di immortales! o dèi immortali!; pro deos immortales! in nome
degli dèi immortali!; pro deum atque hominum fidem! in nome
degli dèi e degli uomini!; di meliora ferant! o di meliora velint!
o di melius diunt (= dent)! o di meliora! gli dèi ci assistano!;
deos colere, venerare gli dèi; aliquem ut deum colere, venerare
qualcuno come un dio; di bene vortant, che gli dèi ci assistano,
TER. Phorm. 552; TRASL. (detto di una persona importante): deus
ille noster Plato, il nostro divino Platone, CIC. Att. 4, 16, 3; vae
... puto deus fio, ahimé! credo di essere sul punto di diventare
un dio, SVET. Vesp. 23, 4; o Meliboee, deus nobis haec otia fecit,
o Melibeo, un dio è (stato) l’autore per noi di questa pace,
VERG. Ecl. 1, 6 2 TRASL. statua (o immagine) di un dio: deum
denique nullum Siculis ... reliquit, insomma non ha lasciato ai
Siciliani nessuna immagine sacra, CIC. Verr. 1, 1, 14; deorum
capita, quae in lectis erant, averterunt se, le teste degli dèi, che
erano adagiate sui letti, si voltarono da sé, LIV. 40, 59, 7.
deus Il sostantivo deus “dio, divinità” (da una forma antica deivos
che ha dato luogo anche a divus) viene fatto derivare da una
radice esprimente la nozione di divinità collegata alla luce, dalla
quale proverrebbero parole in molte lingue antiche con significati
oscillanti tra “divinità”, “cielo” e “luce del giorno”: in greco theós
“dio”, dîos “divino”, Zeús “Zeus”; in sanscrito deva “dio”, dyeus
“luce, giorno”, dyauh “cielo”, in antico persiano dava “spirito del
cielo”, in latino, oltre a deus e divus, Iuppiter (genitivo Iovis),
Diana la dea “Diana” (luna “luminosa”), dies “giorno”. In particolare
Iuppiter sarebbe originariamente una forma di vocativo indirizzato
a “Zeus padre” (analogamente all’invocazione greca Zeû
páter e a quella sanscrita Dyauspita), utilizzata in seguito anche
come nominativo. Dal latino divus derivano l’aggettivo divinus
“divino” (da cui il verbo divino “profetizzo”, il sostantivo divinatio
“arte profetica”, ecc.) e il sostantivo divum “cielo scoperto”. Deus,
che nel mondo classico si riferisce a varie divinità o anche, in
certe filosofie, a un’entità superiore, nel linguaggio della religione
cristiana (come in quello di tutte le religioni monoteiste), designa
l’essere supremo, creatore dell’universo. Esiti in italiano di deus
e dei suoi derivati sono, oltre a “Dio” e “dio”, “divino”, “divinità”,
“indovino”, ecc. Con il significato di “Dio” e di “divino” il francese
ha Dieu e divin, lo spagnolo Dios e divino, il portoghese Deus e
divino, ecc. In inglese sono presenti alcuni termini di origine latina
che si affiancano all’anglosassone God e ai suoi derivati (per
esempio divine “divino”, to divine “supporre, indovinare”). Esiti
particolari di divus in italiano sono “divo” e “diva” che designano
personaggi famosi del mondo dello spettacolo.
d¬ussi, perf. [DEURO].
d¬ustƒo, deusti‡nis, f., combustione completa, HIER. [d¬‰ro].
d¬ustus, a, um, part. perf. [DEURO].
deut¬rƒus, a, um, agg., secondario, PLIN. [deut¤rio©].
Deut¬r∆n∆mƒum, ƒi, n., Deuteronomio (libro della Bibbia).
d¬‰tor, ¬ris, de‰ti, 3ª dep. intr., (con l’abl.) abusare di, NEP. [‰tor].
d√v¿gor, ¡ris, ¡ri, 1ª dep. intr., fare una digressione (nel discorso),
IUST. [1.v¿gor].
d√vast¡tƒo, devastati‡nis, f., distruzione, Eccl. [d√vasto].
d√vasto, as, ¡vi, ¡tum, ¡re, 1ª tr. 1 saccheggiare, LIV. e altri
2 distruggere, OV. [vasto].
d√vertƒc…lum d
d√vectƒo, devecti‡nis, f., trasporto, FIRM. [d√v¬ho].
d√vectus, a, um, part. perf. [DEVEHO].
d√v¬ho, is, devexi, devectum, ¬re, 3ª tr. 1 portare, trasportare
(su mezzi di trasporto): has (naves) ... carris iunctis devehit
(pres. storico) noctu milia passuum a castris XXII, trasportò
queste (navi) di notte ciascuna sopra due carri a ventidue
miglia dal campo, CAES. B.C. 1, 54, 3; signa tabulasque,
quibus abundabant Syracusae, Romam devexit, fece portare
a Roma statue e quadri, di cui Siracusa aveva grande abbondanza,
LIV. 25, 40, 2 2 (passivo con valore rifl.) devehi, recarsi,
partire: ego ... Veliam devectus Brutum vidi, mi recai a
Velia e vidi Bruto, CIC. Phil. 1, 9; navem ei ... dedit, qua Corinthum
deveheretur, gli mise a disposizione una nave con cui
andare a Corinto, NEP. Dion. 4, 1 [v¬ho].
d√vello, is, develli e devolsi, devulsum e devolsum, ¬re, 3ª
tr. 1 svellere, strappare: nolito edepol devellisse, non te le strappare,
PL. Poen. 872 2 depilare, SVET. [vello].
d√v√lo, as, ¡re, 1ª tr., scoprire, OV. [v√lo].
d√v¬n¬ror, ¡ris, ¡tus sum, ¡ri, 1ª dep. tr., allontanare (con
preghiere): somnia ... deveneranda mol¡, (effetti di) sogni da
scongiurare con il farro, TIB. 1, 5, 14 [v¬n¬ror].
d√v¬nƒo, is, dev√ni, deventum, ≈re, 4ª intr. 1 venire giù, andare
a finire: ad legionem decimam devenit, giunse alla decima legione,
CAES. B.G. 2, 21, 2; nolebam (tempo epistolare) illum nostrum
familiarem sermonem in alienas manus devenire, non voglio
correre il rischio che queste nostre chiacchiere familiari vadano
a finire in mano a estranei, CIC. Att. 1, 9, 1; id volo vos scire,
quo modo ad hunc devenerim in servitutem, voglio che voi sappiate
in che modo sono finito nelle mani di costui, PL. Mil. 96
2 TRASL. volgersi, ricorrere a: eos ad iuris studium devenire, (vediamo)
che essi si dedicano allo studio del diritto, CIC. Mur. 29;
ad hanc rationem extremam necessariam devenire, ricorrere a
questo estremo e necessario rimedio, CIC. Quinct. 55 [v¬nƒo].
d√v¬nusto, as, ¡vi, ¡tum, ¡re, 1ª tr., deturpare, sfigurare,
GELL. [v¬nusto].
d√verb¬ro, as, ¡vi, ¡tum, ¡re, 1ª tr., percuotere violentemente,
TER. [1.verb¬ro].
d√verbƒum, vedi diverbium.
d√vergentƒa, ae, f., inclinazione, GELL. [vergo].
d√verro (devorro), is, ¬re, 3ª tr. 1 spazzare via, COL. 2
TRASL. divorare tutto, LUCIL. [verro].
d√versƒo, deversi‡nis, f., ritorno, TERT. [d√verto].
d√versƒto, as, ¡re, 1ª intr., (con ad + acc.) soffermarsi a, GELL.
[d√verto].
d√versƒt∆r, deversit‡ris, m. 1 chi alloggia in un albergo, PETR.
2 albergatore, PETR. [d√verto].
1.d√versor, ¡ris, ¡tus sum, ¡ri, 1ª dep. intr., alloggiare, trattenersi:
apud aliquem deversari, alloggiare presso (o in casa
di) qualcuno; Rubrium ... parum laute deversari dicit, dice che
Rubrio non era ben sistemato, CIC. Verr. 2, 1, 64; dixit domi
suae deversatum esse Antiochum, disse che in casa sua si era
fermato Antioco, CIC. Verr. 2, 4, 70; tabernam... in qua is deversabatur,
petere conatus est, tentò di raggiungere l’albergo
in cui egli alloggiava, VAL. MAX. 1, 7(ext), 10 [verso].
2.d√vers∆r (d√vors∆r e d≈vers∆r), devers‡ris, m., ospite,
avventore, CIC. [d√verto].
d√vers‡rƒ∆lum, i, n., alberghetto, CIC., SVET. [d√vers‡rƒum].
d√vers‡rƒus (d√vors‡rƒus), a, um A agg., da alloggio: taberna
deversoria, albergo, PL. B sost. d√vers‡rƒum (diversorium),
i, n. 1 alloggio, albergo, CIC. e altri 2 rifugio,
asilo: studiorum ... suorum M. Varro voluit illud, non libidinum
deversorium, Marco Varrone volle quello come ritiro per
i suoi studi, non per le dissolutezze, CIC. Phil. 2, 105 3 covo,
CIC. [d√verto].
d√versus (d√vorsus), a, um, part. perf. [DEVERTO].
d√verti (d√vorti), perf. [DEVERTO].
d√vertƒc…lum (d√vortƒc…lum e d≈vertƒc…lum), i, n. 1 via
traversa: quae deverticula flexionesque quaesisti (= quaesivi-
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755 ignƒf¬r
mina, come faville e germi delle virtù, CIC. Fin. 5, 18 2 debole
sfavillio (di una gemma), PLIN. [ignis].
ignƒf¬r, ignif¬ra, ignif¬rum, agg., infuocato, che porta fuoco,
CIC. e altri [ignis + f¬ro].
ignƒfl…us, a, um, agg., che emette fuoco, CLAUD. [ignis + fl…o].
ignƒg¬na, ae, m., nato o generato dal fuoco (epiteto di Bacco),
OV. [ignis + g¬no].
ign≈nus, a, um, agg., che vive nel fuoco, APUL. [ignis].
ignƒo, is, ≈vi, ≈tum, ≈re, 4ª tr., accendere, infuocare, Eccl. Vedi
anche part. perf. ignitus [ignis].
ignƒp√s, ignip¬dis, agg., che ha i piedi di fuoco, velocissimo,
STAT. [ignis + p√s].
ignƒp∆tens, ignipotentis A agg., dominatore o signore del
fuoco, VERG. B sost. m., Vulcano. [ignis + possum].
ignis, ignis, m. • abl. -i e -e 1 fuoco, fiamma, incendio: ignem
concipere o comprehendere, prendere fuoco; ignem subicere,
appiccare il fuoco; ferro ignique o ferro atque igni o igni ferroque
vastare, mettere a ferro e fuoco, devastare; ignem operibus
inferunt, appiccano il fuoco alle opere di assedio, CAES. B.C.
2, 14, 1; igne atque omnibus tormentis necat, manda a morte sul
rogo e con ogni genere di torture, CAES. B.G. 7, 4, 10; praedonum
adventum significabat ignis a specula sublatus, un fuoco
appiccato da un posto di vedetta dava il segnale dell’arrivo dei
pirati, CIC. Verr. 2, 5, 93; (hunc) igni spectatum arbitrantur, ritengono
che (costui) abbia passato la prova del fuoco, CIC. Off.
2, 38; quod pluribus simul locis et iis diversis ignes coorti essent,
poiché le fiamme erano divampate contemporaneamente
in più luoghi e per di più lontani (tra loro), LIV. 26, 27, 5; ignem
restinguunt, spengono il fuoco, PL.; clarior ignis auditur, si ode
più distintamente il crepitio delle fiamme, VERG. Aen. 2, 705;
TRASL. huic ordini ignem novum subici non sivistis, non avete
permesso che venisse attizzato nuovamente il fuoco (= l’odio)
contro quest’ordine, CIC. Rab. Post. 14; nisi orientem illum ignem
oppressissent, se non avessero soffocato quel fuoco (= quel pericolo)
che stava per divampare, LIV. 29, 31, 3; LOCUZ. PARTIC.
igni et aqua alicui interdicere, vietare a qualcuno l’acqua e il
fuoco (esiliarlo), CIC. 2 (al pl.) fuochi di guardia o di bivacco:
ignis (= ignes) fieri prohibuit, proibì di accendere fuochi di bivacco,
CAES.; quae castra ut fumo atque ignibus significabatur
amplius ... patebant, l’accampamento che, da quel che appariva
dal fumo e dai fuochi, si estendeva per più (di)..., CAES. B.G. 2,
7, 4; crebri relicti in castri ignes, (furono) lasciati numerosi fuochi
di bivacco nell’accampamento, LIV. 22, 41, 9 3 fiaccola, torcia
accesa, tizzone acceso: Eumenidum ignis, la fiaccola delle
Eumenidi, IUV.; ignibus armata ingens multitudo, una gran turba
armata di fuochi, LIV. 4, 33, 2; dum ... missilem ignem in obsessos
iaculantur, mentre lanciavano proiettili incandescenti contro
gli assediati, TAC. Hist. 2, 21 4 fulmine, lampo, bagliore: Diespiter
igni nubila dividens, Giove che squarcia le nubi con il fulmine,
HOR. C. 1, 34, 6; subito nubium igne (sott.: visum) conlucere
templum, il tempio (fu visto) illuminarsi per un improvviso
bagliore delle nuvole, TAC. Hist. 5, 13; fuls√re ignes, rifulsero
i lampi, VERG. Aen. 4, 167 5 corpo luminoso, stella, astro: micat
... velut inter ignes luna minores, risplende come la luna tra
gli astri minori, HOR. C. 1, 12, 48 6 fuoco (del sole o di altri corpi
celesti), raggio infuocato, luce: sub ignibus ... sidereis, sotto i raggi
infuocati del sole, OV.; si celsior, ignis adurat, se (volerai) troppo
in alto, il sole (le) brucerà, OV. Met. 8, 205 7 luce, splendore:
curvati ignes lunae, la luce falcata della luna, HOR.; TRASL. ignis
oculorum, lo scintillare dello sguardo, CIC.; ignis ob os suffusus,
rossore diffuso sul volto, CIC.; igne micantes oculi, occhi
lampeggianti, OV. Met. 1, 498 8 alta temperatura (corporea), febbre,
OV. e altri 9 ignis sacer, fuoco sacro, carbonchio (malattie
della pelle), VERG. e altri 10 (fuoco o fiamma di) amore, passione:
amoris ignis, fiamma della passione, LUCR.; tuos quoque castissimos
ignes ... cuncta saecula debita admiratione prosequentur,
tutti i secoli (venturi) continueranno ad ammirare anche i tuoi
castissimi sentimenti amorosi, VAL. MAX. 4, 6, 5; regina caeco
ign‡bƒlis i
carpitur igni, la regina è divorata da una nascosta passione, VERG.
Aen. 4, 2; TRASL. meus ignis abest, la mia fiamma (= l’oggetto
del mio amore) è lontana, OV. Am. 2, 16, 11; si quos ... Phyllidis
ignis ... habes, se hai dei carmi d’amore per Fillide, VERG.
11 ira, furore: exars√re ignes animo, il mio animo divampò di
furore, VERG. Aen. 2, 575.
ignis Il sostantivo ignis “fuoco” viene fatto derivare da una radice
EGNI dalla quale provengono parole con il medesimo significato
in alcune lingue antiche (come ugnis in lituano, ognji in
antico slavo, agnih in sanscrito), mentre in altre ricorrono parole
derivanti da una diversa radice PUR (da cui il greco pyˆr, l’umbro
pir, l’antico germanico fiur, da cui a loro volta l’inglese fire e
il tedesco Feuer). Ciò viene spiegato con una originaria differenza
di significato tra le due radici: una, quella di ignis, più antica,
di valore sacrale, l’altra, quella di pyˆr, più recente, riferita al
fuoco come mezzo tecnico. Nel latino popolare e parlato ignis
è stato via via sempre più sostituito da focus, che in origine
designa propriamente il “focolare”, cosicché nelle lingue romanze
non ha dato esiti (se non in parole dotte come “ignifugo”,
“ignifero”, “ignito”, ecc.), mentre da focus derivano “fuoco” italiano,
feu francese, fuego spagnolo, fogo portoghese, foc rumeno,
ecc.
ignisco (LUCR.) vedi ignesco.
ignispƒcƒum, ƒi, n., divinazione per mezzo del fuoco, PLIN.
[ignis + sp¬cƒo].
ign≈t¡b…lum, i, n. 1 esca per il fuoco, SOLIN. 2 TRASL. esca,
MACR. [ignƒo].
ignƒt…lus, a, um, agg., un po’ infiammato, TERT. [ign≈tus].
ign≈tus, a, um, part. perf. [IGNIO] e agg. • compar. ignitƒor,
ƒus; superl. ignitissƒmus, a, um 1 che ha in sé il fuoco, infuocato,
ardente, GELL., APUL. 2 TRASL. vivido, splendente, PRUD.
ign‡bƒlis, e, agg. • compar. ignobilƒor, ƒus; superl. ignobilissƒmus,
a, um 1 sconosciuto, ignoto, oscuro, non importante,
insignificante: civitas ignobilis atque humilis, popolazione di
nessun conto (lett.: sconosciuta e piccola), CAES.; non ignobilis
dicendi magister, famoso maestro di retorica, CIC.; ignobilis
ad supremum diem perventurus, destinato a finire i (suoi)
giorni senza fama, CIC. Tusc. 3, 57; uno oppido ignobili expugnato,
dopo l’espugnazione di una sola e (per di più) sconosciuta
cittadella, LIV. 22, 9, 6; e plebe acervoque ignobili,
dalla plebe e dalla massa degli sconosciuti, SEN. Ben. 3, 38, 1
2 non nobile, di umile nascita, di bassa origine, umile: hominum
ignobilium virtutem persaepe nobilitatis inertiae praetulerunt,
hanno assai spesso anteposto il valore di uomini di umile
origine all’ignavia della nobiltà, CIC. Balb. 51; probatissima
nec ignobilis femina, donna onestissima e di buona famiglia,
SVET.; M. Agrippam ignobilem loco geminatis consulatibus extulit,
elevò Marco Agrippa, di oscuri natali, facendolo eleggere
due volte console, TAC. Ann. 1, 3 3 non glorioso, ignobile, vile:
curam urbis ut ingratam ignobilemque aspernari (inf. storico),
disprezzava il governo della città come compito sgradito e poco
glorioso, LIV. 4, 45, 7; me ... alebat Parthenope studiis florentem
ignobilis oti, Partenope nutriva me rallegrato dalle occupazioni
di un ozio inglorioso, VERG. Geor. 4, 564 [n‡bƒlis].
ignobilis L’aggettivo ignobilis è il contrario (tramite il prefisso
con valore negativo in-) di gnobilis, forma arcaica di nobilis
“noto, conosciuto” e quindi “nobile di nascita”: significa dunque
“sconosciuto, ignoto” e quindi “non nobile, umile”. Entrambi gli
aggettivi derivano dal verbo nosco (forma arcaica gnosco)
“imparo a conoscere, apprendo” (più diffuso nelle forme del
perfetto novi e nel composto cognosco), derivante a sua volta
da una radice GN, esprimente la nozione del conoscere, che si
ritrova in molte parole antiche con tale significato, come il greco
ghignō´skō, e un antico germanico (da cui l’inglese to know e il
tedesco kennen). Da ignobilis derivano nelle lingue romanze
aggettivi appartenenti al linguaggio colto: oltre a “ignobile” in
italiano, ignoble in francese (da cui ignoble in inglese), innoble
in spagnolo, ecc.
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993 2.m¿gis
magis animum cuiuspiam ... possent commovere, portò via
ogni cosa che potesse interessare un po’ di più l’animo di
chiunque, CIC. Verr. 2, 2, 83; magis est quod gratuler tibi
quam quod te rogem, sarebbe il caso che io mi congratulassi
con te più che pregarti, CIC. Att. 16, 5, 2; eruditus ...
sic ut nemo Thebanus magis, così colto che nessun Tebano
(gli fu) superiore, NEP. Epam. 2, 1; quid magis est saxo durum?
che cosa c’è di più duro di un sasso? OV. A.A. 1, 475;
istud magis minusve vitiosum est pro personis dicentium,
codesto (comportamento) è più o meno erroneo a seconda
della personalità degli oratori, QUINT. Inst. 11, 1, 27; quo
magis properandum est, tanto più bisogna affrettarsi, SALL.
Cat. 52, 35; in Gotarzen per occulta et magis fida inclinabat,
in segreto e più sinceramente propendeva per Gotarze,
TAC. Ann. 12, 13 2 piuttosto, preferibilmente: cum Hortensio
mihi magis arbitrabar rem esse, pensavo di dover
gareggiare piuttosto con Ortensio, CIC. Brut. 317; in terra
dimicari magis placebat, preferivano che si combattesse
sulla terraferma, NEP. Them. 3, 1; (nella terminologia giuridica)
magis est ... (con ut + cong. o acc. + inf.), l’opinione
preferibile è che ... , Dig.
2.m¿gis, magƒdis, f. 1 piatto, PLIN. e altri 2 madia, M. EMP.
[mag›©].
magister L’aggettivo e sostantivo magister è formato dall’avverbio
magis “più” (derivante dalla medesima radice del latino
magnus e del greco mégas “grande”) con il suffisso -ter (che
indica comparazione o opposizione tra due elementi, come in
alter, dexter, sinister, ecc.), analogamente a minister formato
da minus + -ter: il suo significato originario è dunque quello di
“più grande, più potente di un altro”, che, applicato alla sfera
religiosa e politica, è diventato “capo, comandante” e “maestro,
precettore”, assumendo più precisi significati se unito ad alcune
specificazioni: per esempio, magister sacrorum è il capo di
un collegio sacerdotale, magister populi è l’antica designazione
del dictator, magister equitum è il comandante della cavalleria,
magister navis quello della nave da guerra o anche l’armatore
o il padrone di una nave mercantile. In età imperiale, poi, magistri
si chiamano coloro che sovrintendono ai vari uffici della
burocrazia di corte (per esempio magister a rationibus “sovrintendente
al bilancio”, magister census “sovrintendente alle finanze”,
ecc.), alle dipendenze di un funzionario di rango superiore,
il magister officiorum. Con il medesimo termine si indica inoltre
l’insegnante (ludi magister), solitamente uno schiavo, cui è affidata
la prima istruzione elementare dei bambini fra i 7 e i 12
anni circa. Da magister derivano, tra gli altri, il sostantivo magistratus
che designa sia la “magistratura”, intesa come carica pubblica,
sia la persona che ricopre tale carica, il “magistrato” nel
senso di pubblico amministratore, funzionario; l’aggettivo magistralis
“proprio del maestro”, da cui è derivata la denominazione
del “maestrale”, considerato il più importante tra tutti i venti.
Gli esiti di magister nelle lingue romanze sono “maestro” e
“mastro” in italiano, maestro in spagnolo, maestru in rumeno,
maître in francese, ecc. Inoltre dal termine latino derivano, sempre
con il significato di “maestro, padrone”, Meister in tedesco
e master in inglese (una variante del quale è mister “signore”).
L’esito francese maître è entrato come prestito nell’italiano con
il significato di “capocameriere” di un ristorante (così come il
suo femminile, oggi in disuso, maîtresse con il significato di
“tenutaria di una casa di tolleranza”).
m¿gist¬r, magistri, m. • nom. magester, QUINT. 1 direttore,
sovrintendente, capo, comandante: magister equitum,
comandante della cavalleria; magister sacrorum, capo di un
collegio sacerdotale; magister vici, capo di un quartiere; magister
scripturae o in scriptura, sovrintendente della dogana;
magister navis, capitano di una nave; magister populi, dittatore;
magister morum, censore; magistris... imperat navium
ut ..., ordina ai capitani delle navi di ..., CAES.; eum militiae
magistrum delegisse Romanos ... qui bellum ratione, non fortun¡
gereret (discorso indir.), i Romani lo avevano scelto
come generale che fosse capace di condurre la guerra servendosi
della ragione, non della fortuna, LIV. 22, 23, 2 2 pa-
m¿gistr¡t…s m
store, guardiano: magister pecoris, guardiano del gregge; leonum
ora a magistris inpune tractantur, le bocche dei leoni
vengono toccate impunemente dai domatori, SEN. Ben. 1, 2,
5 3 conducente, (di animali), LIV. e altri 4 maestro, precettore,
insegnante: ludi magister, maestro elementare; pueros
... magistri castigare ... solent, i maestri sono soliti castigare
i bambini, CIC.; Isocrates ... magnus orator et perfectus magister,
Isocrate, grande oratore e perfetto maestro, CIC. Brut.
32; dicere didicit a dicendi magistris, ha imparato l’arte del
dire dai maestri di eloquenza, CIC. Brut. 119 5 allenatore:
magister ... Samnitium, maestro di gladiatori (armati alla maniera
dei Sanniti), CIC.; exercitationibus nostris ... Graeculus
magister adsistit, assiste alle nostre esercitazioni un allenatore
greco, PLIN. IUN. Pan. 13, 5 6 esperto: est aliquis
scindendi obsonii magister? c’è un esperto del taglio delle
vivande? SEN. Dial. 7, 17, 2 7 consigliere, istigatore, guida:
ut est rerum omnium magister usus, poiché l’esperienza è
maestra di ogni cosa, CAES. B.C. 2, 8, 3; magister ad spoliandum
Dianae templum fuit, istigò a saccheggiare il tempio
di Diana, CIC. Verr. 2, 3, 54; habeo auctores ac magistros
religionum colendarum maiores nostros, ritengo i nostri
antenati ispiratori e guide dell’esercizio del culto, CIC.
Har. Resp. 18; timor ... non diuturnus magister officii, il timore,
guida non duratura del dovere, CIC. Phil. 2, 90
[1.m¿gis].
m¿gist¬rƒum, ƒi, n. 1 carica di sovrintendente, presidenza,
direzione: magisterium equitum, carica di comandante della
cavalleria; magisteria sacerdotii, la carica di capo del collegio
dei sacerdoti, SVET. Calig. 22, 3 2 controllo, guida:
quaedam (animalia) gravia et se magisterio moventia, alcuni
(animali) pesanti, che si muovono sotto la guida (di
altri), SEN. Dial. 6, 18, 7 3 insegnamento, istruzione: in ea
quae tradi solent perveniunt sine longo magisterio, giungono
(alla conoscenza) di quelle virtù che di solito sono
insegnate, senza un lungo periodo di istruzione, SEN. Ep.
95, 36 [m¿gist¬r].
m¿gist¬rƒus, a, um, agg., sovrano (detto del potere di un re
o imperatore), Cod. Theod. [m¿gist¬r].
m¿gist¬ro, vedi magistro.
m¿gistra, ae, f. 1 maestra: historia ... magistra vitae, la storia
maestra di vita, CIC. De Or. 2, 36, magistr¡ ac duce natur¡,
sotto l’insegnamento e la guida della natura, CIC. Fin.
1, 71; quis aetas longa magistra fuit, è stata per loro maestra
una lunga esistenza, OV. Her. 5, 96 2 sovrintendente: (in un
banchetto) ut lex Postumiae iubet magistrae, come vuole la
legge di Postumia, (nostra) regina, CATULL. 27, 3 3 esperta,
MART. [m¿gist¬r].
m¿gistr¡lis, e, agg., del maestro, Hist. August.
[m¿gist¬r].
m¿gistr¡tƒo, magistrati‡nis, f., scuola, Cod. Theod. [m¿gistro].
m¿gistr¡t…s, ‰s, m. 1 magistratura, carica pubblica: magistratum
inire o capere o ingredi, essere investito di una
magistratura; magistratu abire o se abdicare o magistratum
deponere, lasciare una carica; magistratum petere, presentarsi
candidato a una magistratura; qui magistratus multis
annis post decemviros institutus est, magistratura che
fu creata molti anni dopo i decemviri, CIC. Att. 6, 1, 8 2
magistrato: medix tuticus, qui summus magistratus apud
Campanos est, il medix tuticus, che è il più alto magistrato
presso i Campani, LIV. 26, 6, 13; his... magistratibus legati
Karthaginienses Romam venerunt, durante il consolato
di costoro giunsero a Roma degli ambasciatori cartaginesi,
NEP. Hann. 7, 2; Charino magistratu, durante il
governo di Carino, SEN. Ep. 18, 9 3 (sing. collett.) il collegio
dei magistrati: apud maximum magistratum, davanti
al supremo collegio dei magistrati, NEP. Lys. 4, 3
[m¿gist¬r].
© 2007 Paravia Bruno Mondadori Editori