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L'altra agricoltura… - Inea

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pendenza dal mercato per l’acquisizione dei fattori produttivi, ma anche una particolare attenzione a conservare<br />

le basi naturali della produzione agricola. Gli elementi della natura viva (terra, acqua, piante, animali)<br />

sono internalizzati nel processo produttivo, a differenza di quanto succede nell’agricoltura modernizzata,<br />

che utilizza fattori prodotti chimicamente. Inoltre, vengono utilizzate tecnologie skill oriented, che presuppongono<br />

la padronanza del mestiere e che incorporano le conoscenze tradizionali dei contadini. Ricordo<br />

che durante un incontro organizzato da Francesco Di Iacovo con i componenti di un GAS pisano e con alcuni<br />

dei suoi fornitori, questi ultimi avevano offerto diversi esempi di riferimento alle conoscenze dei vecchi contadini<br />

del posto, per l’organizzazione della loro produzione biologica. Al tempo stesso avevano rilevato l’inadeguatezza<br />

delle strutture di formazione tecnica, come gli istituti agrari ai quali si riferiva anche il nostro<br />

assessore, che attualmente non mirano a trasmettere conoscenze locali, ma soltanto nozioni provenienti dall’esterno.<br />

Tutto questo contribuisce a riportare i mezzi di produzione sotto il controllo dell’agricoltore, assicurando quella<br />

che è la caratteristica principale del modello contadino: l’autonomia del produttore. Questa autonomia<br />

non significa tuttavia operare in isolamento dal contesto sociale, dato che per il contadino la collaborazione<br />

tra produttori è una regola fondamentale, a differenza di quanto stabilito per l’imprenditore moderno, orientato<br />

principalmente a valorizzare le proprie capacità individuali. La cooperazione sociale implica la capacità<br />

di stabilire relazioni con diversi soggetti, sia a livello locale che esterno, costruendo reti di scambio e collaborazione.<br />

Arriviamo così al secondo tema che intendo presentare in questa relazione, le cosiddette “reti alternative”,<br />

che da diversi anni hanno richiamato l’attenzione dei ricercatori a livello internazionale e più recentemente<br />

anche nel nostro paese.<br />

Reti alternative<br />

La definizione di reti alternative è utilizzata per rappresentare le diverse forme di organizzazione che si basano<br />

su principi contrapposti a quelli indotti dal mercato e che promuovono pratiche fondate sull’interrelazione<br />

e lo scambio tra i soggetti aderenti (Mance 2003). Queste reti si sono in particolare sviluppate in relazione<br />

alle nuove forme di produzione e di consumo alimentare, che si stanno diffondendo sia nei contesti<br />

rurali sia in quelli urbani. Di tale questione si sono interessati soprattutto i sociologi rurali (Murdoch 2000,<br />

Tovey 2002, Hendrickson M.K. and Heffernan W.D. 2002, Sage 2003, Goodman 2003, Morgan, Marsden and<br />

Murdoch 2006), ma anche gli economisti agrari (Altieri 1987, Brunori 2007, Di Iacovo 2008), i geografi sociali<br />

ed economici (Leyshon, Lee and Williams 2003, Kirwan 2004, Watts, Ilbery and Maye 2005, Holloway<br />

et al. 2007), alimentando un ricco dibattito sulle reti alimentari alternative (Alternative Food Networks -<br />

AFN). La ricerca europea ha analizzato le AFN sia in relazione ai comportamenti individuali e sociali, come<br />

nel caso della ricerca nord-americana, sia alle nuove forme di agricoltura sostenibile ed alle politiche di sviluppo<br />

rurale. Viene in particolare sottolineata l’integrazione delle reti alternative nel nuovo paradigma di<br />

sviluppo rurale territorialmente fondato, la loro utilità ai fini della valorizzazione delle aree rurali ed il ruolo<br />

di sostegno alle strategie di resistenza dei produttori agricoli.<br />

Queste tematiche sono state approfondite negli ultimi anni dal gruppo di ricerca dell’Università della Calabria<br />

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